Dopo molti mesi è stato abolito il coprifuoco. Per la prima volta la scorsa notte si è potuto uscire di casa liberamente.
Il coprifuoco è stata una misura più di contenimento psicologico che un provvedimento dettato da esigenze sanitarie. La dimostrazione è che nel mondo sono state poche le nazioni che hanno adottato questa misura e non esiste alcuna correlazione sperimentale tra coprifuoco e diminuzione dei contagi. Anzi ci sono studi che sostengono il contrario, che il coprifuoco concentrando più persone in un periodo di tempo più ristretto possa incrementare i contagi.
A parte le diverse opinioni sulla sua utilità è indubbio che questa misura riprende una paura atavica nei confronti del buio. Dracula, l’uomo nero, gli zombie e il lupo mannaro, le creature della notte sono quelle più terrificanti.
La paura del buio è comune a tutti, risale a quando si era molto piccoli e la luce veniva data e tolta dal genitore per farci dormire. Nel momento in cui la luce si spegneva ognuno di noi si ritrova circondato da un mondo ignoto, anche se in realtà si trattava del nostro ambiente quotidiano.
La paura del buio è la paura dell’ignoto ed è uno dei simboli di questi tempi.
Sulla paura del buio che potrebbe nascondere dei pericoli orribili ha fatto leva il mondo dell’informazione, alimentando la diffidenza nei confronti degli altri e di tutto ciò che non viene rivelato dalla scienza ufficiale.
I giovani sono più toccati perché per loro natura sentono il desiderio di esplorare l’ignoto, proprio perché crescere significa affrontare e superare la paura del buio. Anche per questo sono più portati a vivere la notte e a cercare esperienze mai provate.
La grande illusione della nostra epoca è di far credere alle persone di vivere in un mondo buio dove l’unica luce è quella rivelata dal genitore del momento, che può essere lo scienziato o il governante. Quando invece per accedere a una vita adulta è ognuno di noi che nella notte deve accendere la sua luce.
Il Lago di Como è lo scenario ideale per le ville più lussuose in Italia, accessibili solo ha chi ha budget milionari da spendere. Ecco quali sono.
Le 5 VILLE da SOGNO in VENDITA sul Lago di Como (immagini)
#1 La villa di Argegno: si estende per quasi 1.200 mq, ha un parco di circa 2 ettari. Prezzo: 4 milioni di euro
Credits Lionards – Villa Argegno Lago di Como
Questa spettacolare villa storica ad Argegno è immersa nel verde di un parco riccamente piantumato di 18.210 mq, che ospita al suo interno una bellissima serra di 40 mq e una fantastica piscina riscaldata con affaccio privilegiato sul lago. La superficie interna complessiva di 1.170 mq: la proprietà di lusso si compone dell’imponente villa padronale signorile di 870 mq disposta su 3 piani, una dépendance autonoma e indipendente di 160 mq su due livelli e un fabbricato che potrebbe accogliere un’ulteriore residenza. Il prezzo: 4 milioni di euro.
#2 La “Villa pieds dans l’eau” a Blevio, una dimora da oltre 10 milioni di euro
Credits Lionards – Villa pieds dans l’eau
La facciata della residenza è stata progettata per essere in parte decorata e in parte rivestita, con pietra a spacco. La dimora ha una superficie complessiva di 600 mq, circondata da un ampio giardino di 6.000 mq ed è posta in un’oasi segreta di pace, perfetta per gli amanti della tranquillità e delle escursioni in barca.
Questa villa pieds dans l’eau è dotata di un’esclusiva piscina interna collocata nelle vecchie mura rocciose e un ormeggio per la propria barca. Per godere del lusso e della privacy di questa villa da sogno a Blevio, in una delle zone più esclusive d’Italia, bisogna sborsare oltre 10 milioni di euro.
#3 A Moltrasio la villa di oltre 3.000 mq con darsena privata
Credits Lionards – Villa Moltrasio con darsena privata
A Moltrasio, la perla del Lago di Como, sorge una dimora storica fonte lago circondata da un ampio parco della superficie complessiva di 3.000 mq, una darsena privata, una favolosa piscina e una vasca jacuzzi per trascorrere. L’abitazione di lusso si estende per 700 mq ed è così suddivisa: al piano terra tre grandi saloni, due cucine e una sala dedicata alla lettura, nella zona notte otto camere da letto, sette bagni oltre alla zona lavanderia. A tutto questo si aggiungono due dépendance con soggiorno, due cucine, due sale da pranzo, quattro camere da letto e quattro bagni oltre a un garage di pertinenza. La trattativa è riservata.
#4 La villa panoramica con vista a 360 gradi del Lago di Como
Credits Lionard – Villa a Blevio
A Blevio si trova questa residenza d’epoca con vista panoramica a 360 gradi sul Lago di Como. Datata inizi novecento la villa ha una superficie di 470 mq e un delizioso giardino di 415 mq con spazio per una grande piscina. Alta quattro piani oltre a un ulteriore livello mansardato, l’antica residenza di pregio è stata ristrutturata di recente e può anche essere essere abitata interamente o suddivisa in due lussuosi appartamenti indipendenti. All’esterno della prima porzione della proprietà c’è un fantastico porticato panoramico che si apre sulla vista unica che regala il Lago di Como, l’altra parte invece due magnifiche terrazze su due livelli. Anche in questo caso la trattativa riservata.
#5 La dimora di lusso a Blevio con accesso diretto al lago e 12 camere da letto
Credits Lionards – Villa Blevio
Sempre a Blevio c’è una proprietà di lusso, con accesso diretto al lago, immersa nel verde di un grande parco storico pianeggiante e curato a prato lungo le sponde del lago. Questa villa è stata costruita nel 1730 ed è ristrutturata di recente in base un progetto che ne ha valorizzato le originali caratteristiche storiche. La maestosa dimora padronale si estende per 800 mq ed è disposta su tre livelli, oltre all’ultimo piano sottotetto, per un totale di dodici camere da letto. La parete a vetrate che si affaccia sul lago è il vero plus di questa villa perché fa sembrare di essere sospesi sull’acqua. A completare la proprietà troviamo cinque posti auto esterni e la possibilità di realizzarne di coperti all’interno di un garage interrato. Il prezzo è nell’ordine di milioni di euro, ma la trattativa è riservata.
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Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità.
E’ sempre in corso la gara mondiale al grattacielo più bello, più strano, o dal progetto più ambizioso. Sfidando ogni regola tradizionale dell’architettura e a volte anche le leggi fisiche come quella gravitazionale, i grandi architetti vogliono mostrare le loro abilità. Questa volta si tratta del grattacielo orizzontale più alto del mondo.
In costruzione il GRATTACIELO ORIZZONTALE più ALTO al MONDO
# Lanciata la sfida a Singapore
Credits: skyscrapercenter.com Raffle City Chongqing
Chi se non i cinesi potevano immaginarsi una costruzione del genere, ma soprattutto chi se non i cinesi sarebbero riusciti a progettare un grattacielo del genere tanto da garantire la sua stabilità. Sarà realizzato a Chongqing e si chiamerà “The Crysyal” il grattacielo orizzontale che diventerà il più alto e lungo del mondo.
Come riporta webuildvalue.com si tratterà di uno skybridge che andrà a collegare 4 torri alte 250 metri; una struttura in parte molto simile al famoso hotel di Singapore il Marina Bay Sands che però unisce 3 torri di 200 metri di altezza. Il nuovo skybridge di Chongqing vuole battere ogni record: infatti sarà lungo 300 metri, profondo 30 e alto 22,5, andando ad occupare una superficie di quasi 10 mila metri quadrati.
# Raffle City Chongqing
Credits: archdaily.com Raffle City Chongqing
Chongqing è una delle città cinesi che più sta assistendo ad una sua crescita grazie ad un aumento esponenziale degli investimenti per lo sviluppo. Il nuovo skybridge si inserirà in un progetto molto più ambizioso: la realizzazione di una nuova area chiamata Raffles City Chongqing, la cui costruzione è iniziata nel 2012 su progetto dell’architetto Moshe Safdie e che vede come obiettivo la realizzazione di 9 torri.
Safdie è lo stesso architetto del Marina Bay Sands di Singapore e dello Sky Habitat di Bishan, tutti progetti molto simili, uno più ambizioso dell’altro, e ispirati alla tradizione asiatica della vela. Le torri unite da un skybridge, infatti, vogliono ricordare nel loro insieme delle vele gonfiate dal vento.
# Una mini città
Credits: archdaily.com Raffle City Chongqing
La costruzione del Raffles City Chongqing ha richiesto e lo sta facendo tutt’ora un investimento molto alto, ma che già dalle prime residenze abitative acquistate fa credere in un ritorno consistente. L’area sarà adibita a residence, hotel di lusso, uffici e attività commerciali.
Nello specifico nello skybridge, invece, saranno realizzati una piscina a balzo sul vuoto, un punto panoramico, giardini prensili, bar e ristoranti. In poche parole, l’intera area diventerà una sorta di mini-città, con tutto quello che serve a portata di mano, ma tutto di qualità e super lussuoso.
*Rettifica: le torri sono 8 anziché 9 e l’area del Raffles City Chongqing è già stata aperta, ma non ancora completata, infatti sta per essere ultimata soprattutto con la sistemazione degli interni.
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Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità.
Northgate, una società degli UK che si occupa di noleggio veicoli, ha realizzato un’indagine su tariffe e pedaggi sulle principali autostrade in Europa.
Lo scopo? Scovare la più cara. Ed ecco che l’Italia si ritrova sul podio.
Da Milano parte una delle due AUTOSTRADE più CARE d’Europa
# L’indagine tra 44 stati
Northgate, una compagnia britannica che si occupa di noleggio veicoli, ha rivelato quali sono le strade con pedaggio più care d’Europa.
L’indagine ha preso in considerazione 44 Paesi dell’Unione europea, tramite il database dei principali gestori di strade e autostrade a pedaggio d’Europa. Sono stati analizzati ponti, autostrade, strade a pedaggio e persino tutti i tunnel a pagamento di tutta Europa. Lo scopo? Scovare il più caro.
In fondo alla classifica Stati come Finlandia, Estonia e Monaco che scelgono di non fare pagare nessun pedaggio.
A bilanciare il conto ci pensano i paesi che le autostrade le fanno pagare, e anche care.
# Le autostrade più care d’Europa: l’Italia al secondo posto
Credit: initalia.virgilio.it
Al primo posto per l’autostrada più cara d’Europa troviamo la Francia con il tratto A6/A7 che collega Parigi a Marsiglia. Il costo per percorrere questo tratto è di 52,59 sterline.
A seguire sul podio troviamo l’Italia, famosa per i suoi pedaggi non proprio economici.
Il tratto Milano Napoli prevede infatti un costo di 50,73 sterline.
Inaugurata ufficialmente nell’ottobre del 1984, l’autostrada italiana A1 conosciuta anche come “Autostrada del Sole” percorre l’asso meridiano principale d’Italia e collega Milano con Napoli passando per Bologna, Firenze e Roma per una lunghezza complessiva di 760 km.
Il terzo posto per l’autostrada più costosa viene conquistato dalla Norvegia con il collegamento Boda – Oslo che costa 45,16 sterline.
# In Italia anche il tunnel più caro
Non è però l’unico primato che coinvolge l’Italia in questa indagine. Nel nostro paese si trova il tunnel europeo più caro d’Europa: il passaggio tra l’Italia e la Svizzera, conosciuto anche come Gran San Bernardo costa 22,85 sterline.
# Qualche altro dato
Credit: sicurauto.it
Dopo questo podio i dati scendono drasticamente: i costi si dimezzano già a partire dal quarto posto della classifica (che costa infatti 29 euro).
La strada del Regno Unito M6 che gli inglesi considerano costosa, si classifica solo 15esima con il costo di 6,60 sterline a tratta.
A vincere invece il titolo di strada a pedaggio più economica c’è la Macedonia del Nord che fa pagare i 37 km che collegano Petrovec a Veles solo 1,15 sterline.
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Credits: @monicacembrolaforart
Mostra in metro Garibaldi
Finalmente riparte anche l’arte! I musei sono già aperti da qualche mese, ma si sa che non a tutti piace andarci e c’è chi non ha tempo: l’arte però non si arrende e se le persone non vanno alle opere, le opere vanno dalle persone.
Underground Art: la METRO 5 diventa una MOSTRA d’ARTE CONTEMPORANEA
# Underground Art
Credits: @monicacembrolaforart Mostra in metro Garibaldi
“Underground Art” è un progetto dove i protagonisti sono l’arte e la metro lilla di Milano. Si tratta di un percorso di comunicazione visiva che vede la sua effettiva realizzazione con l’esposizione di opere di artisti contemporanei emergenti in alcune stazioni della M5. In questi mesi è fortemente consigliato non stare al telefono mentre si raggiunge la metro e tantomeno camminare troppo velocemente senza osservare ciò che vi circonda, questa volta è meglio guardarsi intorno e ci si renderà conto che sulle pareti di alcune stazioni della M5 ci saranno alcune opere d’arte, immagini che mirano a colpire l’osservatore, suscitando in lui delle emozioni.
Credits: @monicacembrolaforart Mostra in metro Garibaldi
L’obiettivo di “Underground Art” è il dare nuova vita agli spazi interni delle stazioni, stazioni che vengono definite da Marc Augé “non luoghi”, quasi a sottolineare la loro insignificanza. “Underground Art”, invece, vede nelle stazioni un grande potenziale, anche perché sono tra i luoghi più frequentati, e attraverso le opere esposte vuole creare l’occasione per uno scambio d’idee anche su i social media.
# Le date e le stazioni dove è di scena la mostra
Credits: borsaitaliana.it underground art
Ma quali sono le stazioni diventate sede della mostra contemporanea? Grazie a “Monica Cembrola for Art Foundation” e alla collaborazione con IGPDecaux, il 14 giugno sono comparse 80 opere d’arte a Zara, Garibaldi e Lotto e rimarranno lì per quasi tutta l’estate. La metro lilla è l’ultima arrivata (per ora) e rappresenta l’innovazione nel sistema di trasporto; con “Underground art” conferma il suo spirito.
Il progetto, ricorda borsaitaliana.it, parte da un’idea condivisa di IGPDecaux e Monica Cembrola, come spiega quest’ultima “L’arte non ha smesso di ispirare. (…) fonde ricordi, archetipi con immagini future, aperta al mondo”.
Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità.
Parliamo di una delle passeggiate più famose al mondo, un luogo pieno di storia, tradizione, il punto di ritrovo più ricco in assoluto.
Come se non bastassero la fontana della Barcaccia, la scalinata di Trinità dei Monti o la Via dei Condotti, Piazza di Spagna è custode di tante curiosità.
È il momento di scoprirle insieme.
7+1 CURIOSITÀ che forse non sai su PIAZZA DI SPAGNA
#1 La piazza ha perso la Francia
Credit: turismo.it
Verso la metà del 1600, la piazza aveva due nomi, che poi erano quelli legati alle nazioni che avevano stabilito nel quartiere le loro delegazioni, diventate zone di influenza.
La parte nord della piazza ospitava l’Ambasciata francese, portando il nome di Piazza di Francia. La parte meridionale, invece, era l’indirizzo dell’Ambasciata di Spagna presso lo Stato Pontificio, poi Santa Sede.
Per ironia della sorte, le due super potenze rivali hanno finito per occupare lo stesso spazio, fronteggiandosi simbolicamente anche nei lavori di abbellimento della piazza, un antagonismo che ci ha lasciato la vista da sogno di Piazza di Spagna.
L’Ambasciata iberica è rimasta al suo posto dal lontano 1647, quella francese si è spostata.
#2 Gli sberleffi dei geniali artisti
Credit: ArcheoRoma
Quella tra le due potenze europee non è il solo dualismo cui la piazza ha fatto da palcoscenico nel ‘600.
Due illustri personalità dell’architettura barocca, che hanno contribuito a rendere Piazza di Spagna questo immenso capolavoro, erano Borromini e Bernini, in competizione tra loro. Abitavano proprio in Piazza di Spagna, uno di fronte all’altro e se ne sono combinate di tutti i colori.
Borromini decorò le finestre che davano sulla casa del vicino con delle orecchie di asino, lasciando intendere che il rivale fosse un professionista di scarsa bravura. Un permaloso Bernini gli rispose mettendosi a scolpire un enorme fallo, direttamente sul ballatoio che affacciava nella piazza.
I frutti di queste provocazioni tra rivali sono state rimosse per non urtare la decenza e il decoro.
#3 Le liti per la scalinata
Credit: @pepsikolka23
Una delle super star di Piazza di Spagna non è merito spagnolo. La sua realizzazione si è resa necessaria per collegare il quartiere spagnolo con il territorio dell’Ambasciata, ma è stata realizzata interamente per volontà francese, in quanto la lo stato transalpino possedeva i diritti di proprietà di Trinità dei Monti.
Se per una volta francesi e iberici erano in accordo sulla necessità di questa creazione, ci hanno pensato i due architetti responsabili della costruzione della scalinata a tenere alto lo spirito di competizione tra artisti, mettendo pepe nelle reciproche realizzazioni.
I due progettisti erano Alessandro Specchi e Francesco de Santis, faticarono molto a trovare un accordo comune e alla fine ne è scaturito un capolavoro barocco, con
gradini e terrazze nate per ospitare i cittadini, in perfetta armonia con l’urbanizzazione del monte.
#4 Una piazza a luci rosse
Credit: mondodelbelli.blogspot.com
È una storia poco conosciuta e raccontata, tramandata dal poeta romano Giuseppe Gioacchino Belli. Piazza di Spagna, uno dei punti più belli del cuore di Roma, ha ospitato un’intensa attività di prostituzione. Come mai proprio in quella zona?
Risale tutto al periodo dopo il 1527, dopo la caduta del sacco di Roma, in cui la città si stava lentamente riprendendo grazie all’aiuto delle potenze europee di tradizione cattolica. Piazza di Spagna era, ed è tutt’ora, un luogo di facile arrivo da nord, con entrata in città dalla Porta del Popolo.
Facile capire che è diventato il luogo ideale dove far prosperare tutte le attività di rimessaggio di carrozze e cavalli ed ospitalità per il riposo dei viaggiatori.
I più coraggiosi attraversatori delle Alpi erano giovani adulti maschi e questo ha fatto nascere il quartiere a luci rosse, che per alcuni periodi ha anche alimentato sé
stesso, attirando un certo tipo di “viaggio in Italia”.
#5 La casina rossa e la sala da tè
Credit: Sovrintendenza Capitolina
La Casina Rossa custodisce oggi un museo ed una biblioteca aperti al pubblico, di proprietà della Keats-Shelley Memorial House.
In passato è appartenuta alla signora Anna, che ha raccolto la tradizione di ospitalità legata a Piazza di Spagna, ed era solita affittarne le camere ai turisti.
Il poeta inglese Keats ha passato proprio lì gli ultimi istanti della propria vita.
La Casina Rossa si trova sul lato destro della scalinata di Trinità dei Monti mentre, sul lato opposto, si trova un palazzo gemello che ospita la sala da tè Babington’s.
Questa sala, nata su idea di due facoltose donne inglesi, è uno degli elementi più tradizionali di Piazza di Spagna. Il Babington’s ha fatto da cornice agli incontri per numerosi intellettuali, esponenti della politica e della cultura.
Vicino alla sala da tè è visibile una targa che recita integralmente una poesia di Cesare Pavese “Passerò da Piazza di Spagna”.
#6 Trinità del Monte
Credit: Uozzart
Un tempo la Chiesa della SS Trinità dei Monti era appunto denominata Trinità del Monte, in riferimento al Pincio su cui sorge.
Il Parco del Pincio, oggi, vive sui resti dei celeberrimi Horti Luculliani, mentre la villa romana forse più bella di sempre, quella di Lucullo, sorgeva esattamente dove ora c’è la chiesa.
Nel XVI secolo il possedimento è costituito da una vigna, che prospera su alcuni resti dell’antica Roma e viene acquistato dal re di Francia Carlo VIII, che decide di donare «une fabrique propre à loger commodément six religieux», ovvero una fabbrica adeguata per ospitare comodamente sei religiosi appartenenti all’Ordine dei Minimi di S. Francesco di Paola.
La pietra con cui è costruita Trinità dei Monti proviene dalla città francese di Narbonne.
Il quartiere ha mantenuto la sua internazionalità anche nella celebrazione della messa, che a Trinità dei Monti viene tuttora celebrata in francese dalla Comunità dell’Emanuele.
#7 La Colonna dell’Immacolata e il legame coi pompieri
Credit: liberta.it
Ci perdoneranno i Vigili del Fuoco l’uso del nome alter ego del corpo, tanto caro a molti italiani. Ci serve per dedicare a questi instancabili soccorritori un momento affettuoso. Piazza di Spagna, del resto, glielo dedica da moltissimo tempo.
Il 25 dicembre del 1856, un esercito di pompieri issò al centro di Piazza di Spagna, la Colonna dell’Immacolata Concezione.
Si tratta di una scultura imponente, composta da una base ornata di bassorilievi, che innalza una colonna di 11 metri.
L’intero monumento, realizzato in marmo cipollino, è alto 30 metri ed è situato davanti
all’Ambasciata di Spagna, omaggio al paese che più si è adoperato per portare l’adorazione all’Immacolata Concezione nel culto cattolico, introdotto pochi anni prima dell’innalzamento della colonna, nel 1854.
Ancora oggi, il giorno 8 dicembre di ogni anno, i Vigili del Fuoco salgono su una lunga scala per deporre in cima alla colonna una corona di fiori, in una solenne cerimonia alla presenza del Papa e di alcune tra le massime autorità comunali e statali.
# +1 Zona franca internazionale
Credit: romeartlover.it
Di tutte le curiosità di Piazza di Spagna, quella che certamente può dirsi un unicum inaspettato, è il fatto che dal passato ad oggi, si comporta come una vera e propria zona franca.
I secoli in cui la piazza ha fatto da terreno di battaglia diplomatica tra Francia e Spagna hanno tracciato un carattere che fatica ad essere domato.
Si deve ad uno speciale gentlemen agreement tra Spagna e Stato Pontificio. Dopo il rinascimento l’intero quartiere – esteso da Via Condotti a Via Sistina – era sotto la giurisdizione e protezione della Spagna, che aveva facoltà di interdire allo Stato della Chiesa i compiti amministrativi e di polizia.
I vari Papi si guardarono bene dal giungere ad un protocollo, perché avrebbe significato la cessione di una parte della città alla potenza straniera. Dal canto suo la Spagna si è sempre limitata al controllo della sua legazione e della routine ordinaria, senza esagerare o creare problemi territoriali e amministrativi agli interessi dei potenti stati coinvolti nel luogo, soprattutto la dirimpettaia Francia.
Ancora oggi Piazza di Spagna conserva un po’ di questo carattere, ospitando il Palazzo di Propaganda Fide, che è un possedimento extraterritoriale della Santa Sede su suolo italiano, cosa che ovviamente non causa conflitti tra i due paesi.
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Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità.
Siamo in dirittura d’arrivo per la giunta Sala ed è il momento di tirare le somme. Una delle grandi battaglie di questa giunta è stata intrapresa da Marco Granelli, Assessore a Mobilità e Lavori pubblici del Comune di Milano. Con le “sue” ciclabili, inno alla mobilità dolce, ha certamente lasciato il segno, se non altro per la quantità di vernice, speriamo ecologica, con la quale ha dipinto molte strade del capoluogo lombardo. Ma c’è chi protesta.
Utili ai ciclisti o operazioni di greenwashing? La PROTESTA di tre MUNICIPI per le CICLABILI
# I “capolavori urbani” per la mobilità dolce
Ciclabile Harry Potter
A fronte di questi lavori sono molti i cittadini, comitati e Municipi che stanno prendendo una posizione in netto contrasto con quanto fatto sin d’ora. Dai pochi metri di via Maspero, con tanto di cartello che ne indica l’inizio e la fine a pochissimi metri di distanza, alla ciclabile alla Harry Potter di via Bugatti, a quella di Col Moschin che impone un pezzo in contromano con tanto di pericolose rotaie. C’è infine quella doppia di viale Ortles costruita col solo risultato di togliere molti posti auto in una zona che accoglierà, da qui ai prossimi anni, decine di migliaia di nuovi arrivi tra la riqualificazione di una grande area industriale e il futuro villaggio olimpico, un vero colpo da maestro.
Ciclabile via Col Moschin
Non si dovrebbe infierire, ma in un lungo tratto di Viale Ortles c’era tutto lo spazio per piantare tanti alberi e si è preferito una spianata di cemento decisamente poco ecologica. Per non parlare della ciclabile “creativa” che si srotola tra corso Venezia, Buenos Aires e viale Monza, un vero capolavoro di slalom carpiato che metterebbe in seria difficoltà anche il miglior Hirscher.
Sono questi solo alcuni esempi di ciclabili spesso fatte in modo raffazzonato e, forse, più operazioni di greenwashing che risposte a necessità di chi va in bicicletta. Almeno questo è ciò che pensano alcuni municipi e gruppi di cittadini.
# La denuncia dei municipi
Viale Ortles
Da vari Municipi si sono levate numerose proteste, come quella di Raffaele Todaro che dal Municipio 9 reclama una situazione di grande disagio in via Alserio, cosa rimasta completamente inascoltata nonostante le decine di appelli. Oppure alcuni tratti che imbavagliano la zona 7 arrecando grave danno allo scorrimento verso l’ospedale San Paolo con un notevole aumento dello smog, come riferisce il Presidente del Municipio Marco Bestetti. 35 chilometri di piste per velocipedi spesso disgiunte e di difficile percorrenza.
# La guerra alle auto
Via Paselli
Si tenga conto che ad oggi non si è avuta la vera prova generale dell’efficacia dei lavori fatti, avendo un traffico notevolmente ridotto dalla pandemia, ma già in alcune giornate, dove un normale viavai di auto meneghino avrebbe avuto uno scorrimento nella norma, si sono potuti constatare molti preoccupanti rallentamenti.
La guerra alle auto, guerra non dichiarata ma evidente a tutti, si va a scontrare con una più logica razionalizzazione che gioverebbe a Milano. Progetti e realizzazioni che non hanno minimamente tenuto conto dei pareri dei municipi e delle persone che abitano o gravitano nelle vie dove sono state realizzate le piste ciclabili, con risultati finali che sono sotto gli occhi di tutti.
# Si è preferito l’impatto visivo a quello della soluzione al problema traffico
Via Castelbarco
Alcuni tratti auspicati che non causerebbero problemi collaterali, vedi una grande ciclabile, da Milano 3 alla zona Bocconi con gran parte della percorrenza nel parco agricolo Sud, è ferma al palo. Una ciclabile fondamentale che darebbe vigore a quei quartieri periferici che trarrebbero grande vantaggio da un simile progetto.
Le grandi arterie che portano al centro città sono pavimentate in pietra e sono sede di rotaie tranviarie, quindi difficilmente trasformabili in ciclabile a meno che non si voglia mettere a repentaglio chi pedala. Altre vie hanno comunque le rotaie ed altre ancora, vedi via Volta, sono troppo strette per potervi far coesistere strada per auto e ciclabile ed è stata trasformata in una sorta di uso promiscuo piuttosto pericoloso.
L’ideologia che sta dietro a questa trasformazione di Milano sta scontentando moltissimi cittadini, anche perché non ha risolto alcunché in modo definitivo e funzionale. Non crediamo esista una solo a persona contraria alle ciclabili purché siano fatto con criterio e, soprattutto, sicure per chi le percorre. Si tenga conto che in zona centro mancano ancora molti scivoli negli attraversamenti pedonali con grave danno per chi deambula a fatica, questo a significare che si sta perseguendo una battaglia ideologica invece di un vero programma di incentivazione alla mobilità dolce.
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Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità.
Alcuni paesi adottano una governance politica collegiale.
Due esempi antitetici sono la Cina e la Svizzera. In entrambi i casi il potere viene gestito da un comitato e il presidente rappresenta il portavoce delle decisioni del gruppo.
Una logica molto diversa da quella che avviene in altri stati tra cui l’Italia, dove il capo del governo esprime la leadership e su di lui convergono tutte le principali responsabilità dell’esecutivo e le attese dei cittadini.
Con qualche eccezione ad esempio nella Repubblica di Venezia, dal tempo dei consoli romani in poi il potere in Italia è stato concentrato nelle mani di una persona.
Non sarebbe più saggio avvalersi dell’intelligenza collettiva piuttosto che riporre tutta la fiducia sul singolo?
In altri ambiti è molto diffusa la gestione condivisa della direzione. In tutte le grandi aziende c’è il CDA che prende tutte le decisioni strategiche. E perfino nel campo dell’arte, in particolare nel cinema, i grandi registi come Sergio Leone erano circondati dai migliori professionisti e si avvalevano di una sana dialettica con i produttori. Anche gruppi musicali molto celebri, quando si smembrano in carriere soliste quasi mai riescono a mantenere lo stesso livello creativo.
Una grande riforma da mettere sul tavolo per venire incontro ai cronici problemi dei governi italiani sarebbe quella di impostare degli organi collegiali, anche se ristretti, che possano governare i diversi livelli amministrativi.
Potrebbero essere i primi eletti delle tre forze politiche più votate, in modo così anche da rappresentare una maggior porzione dell’elettorato.
Per una politica che sia più simile ai Beatles che al solo Paul Mc Cartney.
La ricerca prende il nome di “Professioni 2030: il futuro delle competenze in Italia” ed è stata condotta da Ernst&Young, un network mondiale di servizi professionali e consulenza. Andiamo a scoprire cosa potrebbe riservarci il futuro per il mondo del lavoro.
Le 5 ABILITÀ personali che saranno più importanti per la CARRIERA nel futuro
# I fattori di cambiamento: crisi e tecnologia
Credits: generazionevincente.it
I risultati della ricerca evidenziano che il futuro dell’occupazione sarà influenzato da due fattori principali: l’evoluzione tecnologica e l’attuale crisi che stiamo attraversando. Ciò riguarderà anche le competenze richieste, le quali dovranno puntare sulla digitalizzazione e sull’iperconnessione per gestire le sfide tecniche e gestionali. Per questo motivo, potrebbe essere necessario sia un aggiornamento degli attuali lavoratori sia nuovi tipi di formazione per gli studenti che lavoreranno in futuro.
# Le proiezioni per i vari settori
Credits: focusjunior.it
I trend mostrano che più di un terzo della forza lavoro attuale è impiegata in professioni che cresceranno nei prossimi 10 anni (circa il 36%), mentre altre rimarranno stabili (per il 20%), la maggior parte decrescerà (per il 44%).
In maniera non troppo sorprendente, forse, oltre ai fattori legati alla tecnologia, sarà in crescita anche la cultura, l’insegnamento e la formazione. Tutti settori fondamentali anche per crescere una nuova generazione più consapevole dei cambiamenti in atto.
Tra i trend più negativi, invece, troviamo l’industria e l’agricoltura, in quanto la proiezione sembra dare maggiore fiducia al settore terziario dei servizi e delle persone.
Credits: controradio.it.
# Le tre grandi trasformazioni nel lavoro
Secondo lo studio, inoltre, le professioni si trasformeranno in tre modalità differenti:
La prima è per scissione, ovvero un’attività che abbiamo sempre considerato competenza di una sola figura professionale sarà divisa in due ruoli separati. Un esempio è lo specialista delle interfacce umane. Abbiamo poi per fusione, quindi il processo inverso al primo, due professioni considerate differenti saranno unite in un’unica mansione. Una nuova professione che si formerà in questo modo sarà il progettista di visite ed eventi virtuali. Infine, la modalità per ibridazione, ovvero professioni che subiranno influenze da altri settori, riguarderà manovali, giornalisti ed esperti legali per le imprese. A basso tasso di ibridazione, invece, troviamo architetti, dentisti e avvocati.
Sarà presente, dunque, uno stravolgimento dei posti e delle competenze così come le conosciamo oggi, unendo o separando più coefficienti.
# Le cinque competenze fondamentali
Credits: formretailblog.it
Parlando di competenze, i dati ne hanno individuate cinque che saranno fondamentali:
La prima è saper risolvere problemi complessi. La capacità chiamata di “problem solving” sarà un punto focale per districarsi in un mondo del lavoro sempre più complesso e superare le avversità da soli o in un team. L’elasticità mentale sarà un fattore imprescindibile per raggiungere i propri obiettivi.
La seconda è l’apprendimento attivo. Si tratta di un tipo di attività opposta all’apprendimento passivo, caratterizzato principalmente dall’ascolto di un docente. In quello attivo, infatti, colui che è apprende è coinvolto in attività in prima persona, fornisce le risposte alle domande, riflette e genera idee.
La terza è l’adattabilità, ossia la capacità di rimanere flessibili nelle situazioni più diverse. In un mondo del lavoro in continuo cambiamento, può capitare sempre più spesso di trovarsi a cambiare ruolo o mansione. Ciò vale anche quando ci si ritrova, all’improvviso, a lavorare con nuove persone che potrebbero avere idee e modi di fare molto diversi dai nostri.
La quarta è saper comprendere gli altri. Sempre parlando dei colleghi, il dialogo è fondamentale per poter lavorare al meglio. Quando è il nostro turno, dobbiamo essere pronti a capire i messaggi che gli altri vogliono comunicarci, in modo da poter eseguire un lavoro di squadra efficiente e senza incomprensioni.
La quinta è ascoltare attivamente. Anche in questo caso, l’ascolto attivo è un processo più profondo di quello passivo. Si tratta di una predisposizione a comprendere il punto di vista altrui, nonché le motivazioni, i pensieri e le aspettative del nostro interlocutore. Ciò è fondamentale per mantenere un atteggiamento aperto e imparziale, per recepire fino in fondo cosa vuole esserci veicolato.
Tutte caratteristiche che, da qui ai prossimi 10 anni, ci porteranno ad un graduale processo di trasformazione a cui dovremo farci trovare preparati.
Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità.
In mezzo al Tevere e collegata alla terraferma dal Ponte Fabricio, sul lato del Capidoglio, e dal Ponte Cestio, sul lato Trastevere, l’isola Tiberina è un piccolo isolotto in mezzo alla Città Eterna. Si dice che questa sia l’isola abitata più piccola del mondo, ma, record o no, l’isola Tiberina rimane particolarmente caratteristica e protagonista di alcune leggende.
A ROMA c’è l’ISOLA abitata più PICCOLA e ANTICA al mondo
# Le leggende su come è nata
Credits: @ig_italy Isola Tiberina
Come sia nata l’Isola Tiberina sembra un mistero, forse proprio per le numerose leggende raccontate. Si crede che l’isola abbia origini molto antiche, addirittura la si fa risalire al 509 a.C., quando l’ultimo re di Roma fu spodestato. Una volta che Lucio Tarquinio il Superbo fu sconfitto, per dimostrare l’odio verso il tiranno, i romani versarono il grano del re nel Tevere e i covoni formarono l’isoletta. Considerando le origini così antiche si potrebbe anche dire che l’isola Tiberina sia la più antica isola abitata del mondo, ma ancora una volta c’è un “forse” proprio perché non si è certi della sua storia.
La leggenda più famosa raccontata sull’isola Tiberina è, però, quella ambientata nel 291a.C., anno di epidemia a Roma. Per fermare la diffusione della peste, i sacerdoti inviarono una delegazione in Grecia ad Epidauro, sede del culto di Esculapio. Di ritorno dalla missione in nave fu portato anche un serpente che scappò proprio all’altezza dell’isola Tiberina; i romani allora per onorare Esculapio (attuale chiesa di San Bartolomeo) ersero un tempio alla divinità sull’isola, la quale fu appositamente costruita come una nave in pietra.
# La gara con l’isola americana: qual è la più piccola?
Credits: piratinviaggio.it Just Room Enough Island
Leggende a parte, l’isola Tiberina secondo alcuni è la più piccola isola abitata del mondo. In realtà in questo caso, almeno parzialmente, bisogna negare il record: l’isola romana infatti compete con la Just Room Enough Island. Conosciuta come Hub Island, quest’ultima si trova nell’arcipelago delle Thousand Island a New York ed è costituita da un’unica casa con un pezzettino di spiaggia come giardino. È stata acquistata nel 1950 dalla famiglia Sizeland che voleva abitare in un posto tranquillo e ha optato per in mezzo al mare.
Senza andare però oltreoceano e considerando le origini dell’isola Tiberina possiamo dire che certamente è una delle isole abitate più piccole al mondo e, a questo punto, forse la più piccola d’Europa. L’isola misura 300m di lunghezza e circa 90 in larghezza e, considerando le sue dimensioni contenute, è spesso affollata.
# Un’isola unica e suggestiva
Credits: destinazioneterra.com via Isola Tiberina
Nel Medioevo l’isola Tiberina divenne l’isola degli ammalati e ancora oggi è conosciuta con questo nome. Oggi camminare per l’isola romana è un’esperienza unica e suggestiva, perché non è il classico centro commerciale a cielo aperto, ma un’isoletta dove poter ritrovare tutta la sua storia semplicemente attraverso un giro per le sue vie.
Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità.
La campagna vaccinale procede spedita nel Regno Unito, la più avanti tra i grandi Paesi a livello mondiale, oltre il 60% della popolazione ha ricevuto almeno una dose di vaccino. La variante indiana ha però stravolto i piani di totale cancellazione delle restrizioni ancora in vigore, con nuove infezioni e ricoveri in crescita di oltre il 40%, passato in poco più di una settimana dal migliaio agli oltre 8.000 nuovi contagi giornalieri. Vediamo come sta evolvendo la situazione che preoccupa anche il nostro Paese.
BOOM di NUOVI CONTAGI in Inghilterra: Freedom Day RINVIATO di un mese
# A causa della variante indiana (delta) la cancellazione delle restrizioni è stata posticipata dal 21 giugno al 19 luglio
Boris Johnson ha comunicato ai britannici che dovranno pazientare a riacquisire tutte le libertà pre-lockdown. Il primo ministro ha confermato che il Freedom Day del 21 giugno è stato posticipato al 19 luglio a causa di un forte aumento dei casi della variante indiana. Ignorando le proteste dei parlamentari conservatori e le preoccupazioni del settore ricettivo e dello spettacolo, Johnson è convinto che l’abolizione di tutte le restrizioni ora potrebbe alimentare l’ondata e quindi i cittadini devono attendere per evitare di tornare di nuovo a una situazione di duro lockdown.
# La media settimanale dei contagi è schizzata del 40%, con un picco di oltre 8.000 casi, così come quella dei ricoveri. I decessi sono arrivati in doppia cifra
Credits: dailymail – Curva contagi UK
Il premier Johnson ha dichiarato: “Stiamo vedendo alcune cose preoccupanti nei dati, chiaramente. Stiamo vedendo la variante Delta (indiana) causare un aumento dei casi, stiamo assistendo a un aumento dei ricoveri“. Circa il 90% delle nuove infezioni sono ora la variante indiana e i casi raddoppiano ogni nove giorni.
Credits dailymail – Crescita ricoveri Uk
Come riporta il DailyMail i casi di Covid hanno continuato ad aumentare di oltre un terzo rispetto alla scorsa settimana a 7.738, la seconda cifra giornaliera più alta da febbraio dopo aver superato gli 8.000 di venerdì 11 giugno, con una media a 7 giorni di 7.490. Anthony Costello dell’University College di Londra, ha però affermato che il vero numero di infezioni giornaliere è probabilmente più del doppio di quelle registrate nei test. Anche i ricoveri sono tornati a salire, in crescita sempre del 40% rispetto alla settimana precedente, e i morti a 18, dopo il record di zero di qualche giorno fa.
# La campagna vaccinale prosegue senza sosta: il 44% della popolazione ha ricevuto la seconda dose, il 62% almeno una
Credits: dailymail – Campagna vaccinale
La crescita impetuosa dei contagi avviene nonostante il Regno Unito sia tra le Nazioni più grandi quella più avanti con il piano vaccinale. Infatti il 44% della popolazione ha ricevuto già entrambe le dosi di vaccino, oltre il 62% almeno una. La variante indiana si sta quindi dimostrando resistente ai vaccini. Dall’inizio di febbraio al 7 giugno, ci sono stati 33.206 casi di variante indiana in Inghilterra e nel 22,6% dei casi si tratta di persone che hanno ricevuto almeno un’iniezione.
Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità.
Credits: teverepost.it
Fabio Cofferati sulla Vespa
“Ma quanto è bello andare in giro con le ali sotto i piedi, se hai una Vespa Special che ti toglie i problemi (…) E la scuola non va. Ma ho una Vespa, una donna non ho. Ho una Vespa, domenica è già. E una Vespa mi porterà (Mi porterà, mi porterà).Fuori città”.
L’impresa impossibile: da MILANO a TOKYO in VESPA
La Vespa che porterà fuori città Fabio Cofferati dovrà fare un bel po’ di chilometri. Sì perché l’uomo ha deciso di fare Milano-Tokyo a bordo dello scooter più famoso del mondo.
# Milano-Tokyo in vespa: sulla scia della mitica impresa di Patrignani
Credits: motoblog.it Roberto Patrignani
Olimpiadi di Tokyo 1964, il pilota motociclista Roberto Patrignani decide di compiere un’impresa in solitario: partire da Milano, arrivare a Tokyo in Vespa e stringere la mano a Daygoro Yasukawa, l’allora Presidente del Comitato Olimpico giapponese.
Patrignani completò i suoi 13mila chilometri in 85 giorni e, a quasi 60 anni dall’accaduto, Fabio Cofferati vuole replicare quanto fatto. Un’impresa certamente faticosa, ma se l’ha già fatto Patrignani perché quella di Cofferati potrebbe essere a rischio?
Cofferati ha un impedimento in più, qualcosa che potrebbe mettergli il bastone tra le ruote: il Covid. L’uomo era, però, deciso a partire e domenica 13 giugno si è messo in sella della sua Vespa 150 Vbb2 del 1963 ed ha lasciato alle spalle Milano.
# Il senso del viaggio di Cofferati
Credits: teverepost.it Fabio Cofferati e la sua vespa
Olimpiadi di Tokyo 2021, data di inizio 23 luglio. Sarà difficile che Fabio Cofferati riesca ad arrivare in tempo per la cerimonia di inizio, ma l’uomo ha ribadito che il motivo principale per cui compie quest’impresa è consolidare la fratellanza tra i popoli, nonché festeggiare il 75° anniversario della nascita della Vespa.
Durante il viaggio, Cofferati intervisterà alcune persone sul dolore cronico, interessandosi innanzitutto sul fatto se conoscono cosa sia e poi ponendo alcune domande in merito alla ricerca delle cure. A fine viaggio scriverà un libro sul dolore incurabile e devolverà il ricavato alla Fondazione Isal per la ricerca contro il dolore cronico.
Principalmente a causa delle restrizioni Covid, Fabio Cofferati non conosce alla perfezione i tempi del suo viaggio: l’obiettivo è quello di passare per la Svizzera, giungere a Mosca entro 5 giorni e poi percorrere 500km al giorno per 3 settimane fino ad arrivare a Tokyo.
Ce la farà? Speriamo di sì. Quando arriverà? Questo è tutto da scoprire.
Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità.
I risultati dello studio condotto dall’Istituto Mario Negri pubblicati su “EClinicalMedicine”, magazine che fa capo a ‘The Lancet. In Italia è attiva da un anno una rete di medici che sostiene le cure a domicilio.
Lancet: Le CURE a DOMICILIO precoci possono EVITARE L’OSPEDALE. La rete dei medici in Italia
# Lo studio dell’Istituto Mario Negri conferma come le cure domiciliari siano fondamentali per ridurre il rischio di ricovero ospedaliero
Credits: bergamonews.it – Remuzzi
Venerdì 11 giugno su “EClinicalMedicine”, magazine che fa capo a ‘The Lancet’, sono stati pubblicati i risultati dello studio elaborato dall’Istituto Mario Negri, sulle terapie domiciliari, che ha individuato un semplice algoritmo per il trattamento domiciliare di pazienti Covid-19 può prevenire il ricovero in ospedale. Secondo la ricerca, condotta in collaborazione con un gruppo di medici di base di Varese e di Teramo, dopo i primi 2-3 giorni in cui il Covid-19 è in fase di incubazione e la persona è asintomatica, la carica virale aumenta nei 4-7 giorni successivi.
Come spiega il professor Giuseppe Remuzzi, direttore del Mario Negri e Fredy Suter, primario emerito dell’Ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo, intervenire in questa fase senza attendere l’esito del tampone iniziando le cure domiciliari trattando il Covid-19 come si farebbe con qualsiasi altra infezione respiratoria aiuterebbe ad accelerare il recupero e a ridurre il ricorso al ricovero.
# Riscontrata una riduzione di oltre il 90% dei giorni di ricovero
Lo studio dell’Istituto Mario Negri ha coinvolto 90 pazienti con Covid-19 lieve, che sono stati trattati a casa dai loro medici di famiglia secondo il protocollo proposto, con farmaci antinfiammatori non steroidei (Fans). I risultati sono stati una riduzione da 13 a 2 pazienti con esigenza di ospedalizzazione e una diminuzione di oltre il 90% del numero complessivo di giorni di ricovero e dei relativi costi di trattamento, rispetto a un gruppo di pazienti che avevano ricevuto altri regimi terapeutici. Un altro gruppo di controllo di 1779 pazienti ha confermato questi risultati.
# Ricercatori inglesi e australiani confermano i risultati dello studio
A conferma dei risultati dello studio italiano è arrivato un articolo pubblicato su The Lancet elaborato da un team di ricercatori inglesi e australiani. Il commento del Professor Remuzzi: “Il nostro studio è imperfetto perché retrospettivoma è interessante che, proprio in questi giorni, un articolo apparso su ‘The Lancet’ di ricercatori inglesi e australiani conferma i nostri risultati con un approccio precoce basato su un preparato anti-asma (che contiene una piccola quantità di cortisone) da somministrare per inalazione nelle primissime fasi della malattia“.
# Le rete di medici in Italia: #TERAPIADOMICILIARECOVID19
Credits: blastingnews.com – Comizio in Piazza Duomo
In Italia è attiva da ormai un anno la rete di medici #terapiadomiciliarecovid19, diffusa in ogni regione, nata su iniziativa dell’Avvocato Erich Grimaldi del Foro di Napoli. Dall’inizio della seconda ondata i medici di questa rete hanno accolto centinaia di pazienti positivi sintomatici ed è diventata un punto di riferimento importante oltre che di conforto per chi non trovava assistenza a livello territoriale evitando al contempo centinaia di ricoveri.
Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità.
A Milano serviva un posto dove rilassarsi e magari leggere un libro in tranquillità anche in estate. Solitamente, per alleviare lo stress della città, in estate si opta per una vacanza al mare: sdraio, ombrellone e abbronzatura, ma non tutti possono sempre permetterselo.
MILANO è BEACH: inaugurato il lido di Porta Nuova
A Milano non manca quasi niente, ma un difetto ce l’ha anche lei: non ha il mare. Forse con il mare a Milano i milanesi non avrebbero questa gran voglia di partire in vacanza per qualche destinazione marittima, o farsi semplicemente un weekend in Liguria. Ma nulla vieta alla città di Milano di ricreare quella sensazione di relax che si prova stando sdraiati sullo sdraio sotto un ombrellone.
# Lido BAM: dove si trova
Credits: @milanoeprovincia Lido BAM Biblioteca degli alberi
Con l’estate alle porte, riapre la spiaggia milanese. Lido BAM è la riproduzione di un classico lido marittimo, ma in pieno centro a Milano. Precisamente si trova nell’area verde di Porta Nuova, la Biblioteca degli Alberi (BAM), il parco urbano inaugurato nel 2018. BAM è un giardino ecosostenibile, realizzato partendo dall’idea di “creare un giardino botanico contemporaneo dove vivere esperienze culturali a contatto con la natura”.
Il nome Biblioteca parte dal fatto che all’interno del parco ci sono 500 alberi e 135mila piante, catalogati e organizzati un po’ come i vari generi di libri in una biblioteca. BAM è vivibile tutto l’anno: qui è possibile fare sport, usufruire della zona pic-nic, dell’area giochi e in generale si può camminare per le sue stradine arricchite da citazioni.
# Come nasce
Credits: milanodascrocco.it Lido Bam
Lido BAM nasce dall’idea di rendere più fruibili gli spazi della città, facendo nascere una cultura degli spazi pubblici propria dei milanesi. Considerando poi che nel 2020, anno in cui apre per la prima volta Lido BAM, molte persone non hanno avuto la possibilità di viaggiare, o in generale hanno preferito stare a casa, la riproduzione di un lido con tanto si sdraio e ombrellone per tutti era la soluzione perfetta. All’interno di Lido Bam, inoltre, vengono spesso organizzati eventi per poter ricreare quella gioia di vivere tipica delle serate al mare.
# Come funziona la Milano Beach per l’estate 2021
Credits: milano.corriere.it Lido Bam
Volendo quindi regalare ai milanesi uno spazio pubblico dove potersi rilassare all’aria aperta senza alcun timore, l’area del lido milanese conta 80 postazioni disposte in semicerchio e divise con 2 sdraio per ombrellone. I lettini vengono igienizzati ogni volta che cambia la persona che usufruisce del servizio.
Lido BAM ha riaperto sabato 12 giugno a ingresso gratuito, ma solo su prenotazione (basta prenotare sull’app e mostrare l’avvenuta prenotazione all’ingresso). Inoltre, si potrà trascorrere qualche ore sotto ombrelloni di prima qualità, realizzati con materiale sostenibile e dotati di un sistema di refrigerazione, e usufruire di uno spazio ristoro, d’altronde cos’è un lido senza un bar dove potersi gustare un gelato o una granita fresca.
Gli orari? Dal lunedì al venerdì sarà aperto solo nel pomeriggio dalle 12:30 alle 20, orario suddiviso in 2 turni per garantire la sanificazione delle postazioni (12:30-14:30 e 15-20). Nel weekend, invece, è possibile accedere a Lido Bam anche la mattina dalle 10 alle 12.
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Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità.
Non possiamo certo negare che negli ultimi trent’anni Milano abbia vissuto un momento di enorme crescita, di recupero urbanistico, e di grande vivacità progettuale.
Oltre alle tante opere architettoniche già concluse ce ne sono tantissime altre sia in avanzata fase di realizzazione che in attesa di essere iniziate.
Potremmo elencare tra i tanti importanti interventi il recupero degli scali ferroviari, la costruzione del polo tecnologico sul sito expo, la costruzione del nuovo policlinico, il recupero dell’area della goccia, il Mind…
Nonostante questo fermento del quale siamo tutti orgogliosi e felici, qualcosa continua a mancare a questa città per completare il suo pieno rilancio.
Ci piacciono i grattacieli e le metropolitane ma non vorremo si focalizzasse troppo su edifici ad indirizzo economico finanziario.
Senza voler peccare di presunzione evidenzieremo le principali mancanze, edifici che potrebbero essere costruiti magari al posto di qualche inutile nuovo centro commerciale, sperando di avere un segnale dalla giunta.
9 cose che MANCANO a Milano
#1 Stazione Hub per i bus
shanghai long distance bus station
A Milano manca un terminal degli autobus! Una vera stazione, come ne esistono già in diverse città straniere (perché non costruire la più grande del Sud Europa!?). Gli autobus sono mezzi economici molto utilizzati e tutto sommato sono anche mezzi di trasporto ecologici.
Il loro impiego sarebbe da incrementare non tanto per sottrarre passeggeri ai treni e agli aerei, ma per diminuire auto dalle strade.
Nella città metropolitana non mancano certo gli spazi adatti per edificarla ne tanto meno mancherebbero i finanziamenti. Ci vorrebbe una stazione dotata di hotel, biglietteria, ufficio del turismo, supermercato, deposito bagagli, ristoranti… Lampugnano non è un terminal dei bus ma semplicemente una fermata in prossimità della metro!
Un luogo squallido popolato da senza tetto, privo di qualunque servizio, non certo degno di una metropoli con ambizioni come la nostra, un pessimo biglietto da visita.
Un enorme giardino botanico con tutte le specie vegetali esistenti al mondo, dotato di parti coperte visitabili tutto l’anno. Un luogo rilassante e piacevole dove trascorrere del tempo tra fiori e piante, profumi e colori, richiamo per scolaresche e studiosi di tutto il mondo. Un luogo che possa essere anche adatto ad ospitare animali e perché no uccelli migratori.
Sarebbe un polmone verde per Milano e dintorni un luogo attrattivo anche dal punto di vista turistico, adatto per lo svolgimento di eventi ed incontri in collaborazione con le università.
Di bellissimi giardini botanici ce ne sono già diversi nel mondo e sono un enorme attrattiva, dal Brooklyn Botanic Garden di New York al Sitio Roberto Burle Marx di Rio
de Janeiro, dal Kew Garden di Londra al Royal Botanic Garden di Melbourne, quest’ultimo conta 1,5 milioni di visitatori all‘anno!
#3 Skate park
Credit: @agapeskatepark
Per tanti giovani e meno giovani una grande passione, un’attività divertente praticata da molti, a Milano purtroppo manca però un luogo adatto per cimentarsi con lo skate. Davvero Milano non ha le possibilità di creare uno spazio sicuro e accogliente per gli skaters ed eventualmente i pattinatori? Magari con corsi tenuti da istruttori qualificati, con musica eventi e punti di info per i giovani?
#4 Canale televisivo RAI
Milano, principale centro dell’informazione, manca di un vero centro di produzione televisivo Rai adatto al nuovo millennio. Si era parlato di un canale in lingua inglese ma poi non se ne fece nulla. Si potrebbe puntare ancora più in alto pensando a canali televisivi in lingua tedesca spagnola e francese. Rivolti alla cittadinanza sempre più internazionale milanese ma non solo. Vedendo la levata di scudi di Roma contro il centro di produzione, tra le tante idee questa sembra la più irrealizzabile. Ma solo per ragioni politiche.
Milano è l’unica grande città europea a non essere nata in riva al mare o lungo un importante fiume. La grandiosa soluzione per ovviare a questo limite fu escogitata dall’ingegno e dalla praticità dei milanesi tramite la costruzione dei Navigli, il più antico sistema di canali navigabili del mondo sciaguratamente coperti durante il fascismo.
In molti oggi a parole si dichiarano favorevolissimi alla riapertura ma nei fatti nessuno fa nulla per riaprirli.
Sarebbe una grande cosa inserire la riapertura in un più ampio progetto di sviluppo e recupero delle idrovie realizzando il grande sogno di collegare Locarno e Colico a Venezia passando per Milano.
Non dimentichiamoci che la Darsena era uno dei principali porti commerciali italiani. Certamente al giorno d’oggi la Darsena non sarebbe adatta per il carico e lo scarico delle merci vista la sua vocazione puramente turistica, si dovrebbe pertanto realizzare un
nuovo porto dotato di carri, ponte e connessioni ferroviarie.
Questo in effetti esiste già e probabilmente non sarebbe il caso di costruirne un altro, certo però quello all’Idroscalo oltre che mal collegato, necessiterebbe di essere rinnovato e reso decisamente più attrattivo.
#7 Moschea
Moschea di Abu Dhabi
Piuttosto di tanti ritrovi furtivi e precari in garage e capannoni malmessi, sarebbe meglio una vera moschea dove andare a pregare, in fondo i cittadini musulmani a Milano non sono pochi e la libertà di praticare una religione giusto o sbagliato che sia è sancito dalla costituzione.
La nuova bella moschea, frutto di un concorso internazionale e progettata da qualche archistar, la si potrebbe far finanziare da un ricco emiro con conseguenti generosi oneri di urbanizzazione a beneficio della città e tacito accordo sul basso volume dei richiami alla preghiera… non tutti i musulmani sono terroristi o fondamentalisti, d’altronde se troviamo legittimo vendere armi all’Arabia Saudita chiudendo entrambi gli occhi a ripetute violazioni dei diritti civili fondamentali dell’uomo non dovremmo trovare scandaloso creare un luogo di culto, senza considerare che nei paesi islamici più civili esistono chiese, come in Siria tanto per citarne uno.
#8 Palazzetto per concerti e comizi
Sinceramente Piazza Duomo nel 2021 la trovo poco adatta per concerti e comizi all’aperto tanto più adesso che i flussi turistici sono parecchio aumentati e le misure di sicurezza da adottare sono decisamente più rigide.
Sarebbe forse giunto momento di studiare una soluzione sostitutiva.
#9 Quartiere gay
San Francisco, Castro-gay village
Sì la zona di Corso Buenos Aires è notoriamente la zona “gay friendly” della città, la comunità LGBT si ritrova e si concentra molto nei vari locali studiati per quel tipo di orientamento e divertimento, il tutto andrebbe però reso più ordinato, curato e meglio strutturato rendendolo meno squallido e più attrattivo come avviene per altri quartieri simili in tante città del mondo , quartieri che diventano tappa obbligata di un tour sia per turisti gay che no.
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Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità.
La linea M6, diventata celebre come la “metro rosa”, è ancora un progetto sulla carta, previsto nel PUMS con orizzonte oltre il 2030, e che verrà realizzata solo se richiesto da future necessità della mobilità cittadina. Vediamo quali curiosità potrebbe riservarci.
Le 5+1 CURIOSITÀ che non conoscete sulla M6, la “METRO ROSA” di Milano
La linea M6 o linea rosa dovrebbe fungere da collegamento tra la periferia nord-ovest e quella sud-est di Milano, passando per il centro della città. Sarebbe la prima linea a percorrere questa direttrice.
La linea rosa sarebbe anche l’ultima linea metropolitana radiale prevista dal PUMS, e che verrebbe realizzata a Milano, e andrebbe a coprire gli ultimi due macro-quadranti della città rimasti scoperti. Un grande beneficio lo avrebbe il Municipio 5 ad oggi provvisto di una sola fermata di metropolitana.
In base all’ultimo progetto redatto nel 2010 la fermate previste sarebbero 37, senza contare le probabili estensioni oltre i confini comunali. Solo la M1 ne avrebbe di più, oggi con 38 e in futuro, con l’estensione a nord fino a Monza-Bettola e ovest fino a Baggio, 43.
#4 Due tracciati allo studio con 4 possibili diramazioni
Credits: contropiede.eu – Linea Rosa
La tratta iniziale prevede i capolinea nelle fermate di Certosa e Tibaldi. Dopo essere passata sotto Corso Sempione attraverserebbe il centro con due ipotesi, una curva ad est con interscambio a Cadorna oppure una curva ad ovest con interscambio a Pagano, e possibili interscambi con tutte le altre linee metropolitane già esistenti: con la M5 a Domodossola FN, con la M3 a Rogoredo e con la futura M4 in base al tracciato prescelto. Le due diramazioni allo studio sono: a nord sono verso Molino Dorino o Baranzate, a sud verso Noverasco o Ponte Lambro.
#5 Cadorna potrebbe diventare l’unica stazione a Milano e in Italia con 3 linee della metropolitana
Cadorna M1-M2-M6
Se si optasse per il tracciato con la curva ad est, procedendo da Corso Sempione, la stazione di Cadorna FS diventerebbe la prima e probabilmente l’unica ad incrociare tre linee metropolitane differenti: la M1, la M2 e appunto la M6.
#5+1 La metropolitana rosa nella prima versione era di colore arancio
Pgt Moratti 2030
La linea M6 non è stata pensata sempre di colore rosa. Nel Pgt con orizzonte 2030 dell’allora Sindaco Moratti fu infatti contrassegnata provvisoriamente dal colore arancione e solo nell’ultima versione è stato scelto il rosa come colore definitivo.
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Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità.
L’architetto Sumet Jumsai stava cercando nuove idee da proporre per un edificio che rappresentasse l’avvento dell’informatica nel mondo bancario.
Mentre brancolava nel vuoto senza progetti interessanti entrò suo figlio con un gioco in mano e lì ebbe il colpo di genio.
Il GRATTACIELO ROBOT: simbolo dello “spirito dei tempi”
# Il grattacielo simbolo dell’informatica
Credit: @clemencefirmin
L’architetto THAI Sumet Jumsai fu contattato dalla Bank of Asia agli inizi degli anni ’80.
La banca stava cercando un progetto per la sua nuova sede a Bangkok, qualcosa che riflettesse l’informatizzazione del settore bancario. Per molto tempo Sumet si concentrò per trovare un design adatto ma senza molti risultati, poi suo figlio entrò nella stanza e l’architetto ebbe il lampo di genio.
Da dove nasce quindi l’idea di fare un edificio a forma di robot? Dal giocattolo del figlio.
Il robot building venne completato nel 1987 in 191 South Sathorn Road nel distretto di Sathorn a Bangkok ed è proprio la rappresentazione gigante dei robot giocattolo tipici di quel periodo.
# La struttura
Credit: @timeoutbangkok
Le linee squadrate e i piani che si restringono al loro salire formando il corpo del robot non sono gli unici dettagli strabilianti.
Il Robot Building sembra infatti un vero e proprio robot grazie alle decorazioni inserite dall’architetto per far sembrare tutto il più realistico possibile.
Sul tetto ci sono due antenne che fungono sia da pali di comunicazione che da parafulmini e due grandi finestre rotonde nella parte superiore ricordano due occhi e fanno sembrare questo grattacielo un robot vivo e anche un po’ assonnato.
Completato con un costo di 10 milioni di dollari, l’edificio di 20 piani era inizialmente l’edificio più alto nel principale quartiere commerciale di Sathorn. Anche se ora è circondato da edifici nettamente più alti, il Robot Building rimarrà l’unico ad essere a forma di robot.
# Il simbolo di uno stile di vita
Credit: @mdgreenb
Il Robot Building oggi è la sede centrale thailandese della UOB, United Overseas Bank, il gruppo bancario di Singapore che ha acquisito la Bank of Asia nel 2005.
Può sembrare strano che sia proprio una delle banche più importanti del paese ad accettare un progetto così buffo e stravagante ma per la Thailandia non è così strano.
Il divertimento fa parte dello stile di vita, un venerato ethos noto come sanuk è stato probabilmente la causa del successo di questo progetto.
# Uno dei “50 edifici fondamentali del secolo”
Credit: @sialsialsial
L’edificio è stato selezionato dal Museum of Contemporary Art di Los Angeles come uno dei 50 edifici fondamentali del secolo.
Questo grattacielo robotico non è ovviamente amato da tutti, ma chi decide di lasciare da parte il cinismo e la serietà trova l’idea di avere un gigantesco robot giocattolo in piedi nel mezzo di una città un’idea geniale e divertente.
E non è ancora più buffo che un immenso robot contenga al suo interno un gruppo di banchieri affaccendati?
Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità.
Facile e un po’ scontato pensare che la bellezza di un viaggio sia solo nel viversi la destinazione. Se si provasse a pensare al momento in cui ci si reca nel posto di vacanza e a quando si sta tornando, ci si renderebbe subito conto di quanti pensieri frullano nella testa guardando fuori dal finestrino dell’auto, del treno, dell’aereo e quanto un semplice momento di attesa e di relax possa suscitare emozioni.
Vediamo la rassegna dei 10 treni panoramici più belli d’Italia scelti dal sito zingarate.com.
I 10 TRENI PANORAMICI più BELLI d’ITALIA (Immagini)
#1 Ferrovia delle Centovalli
Credits: verbanonews.it Ferrovia delle Centovalli
Partendo da Domodossola e arrivando a Locarno, la ferrovia delle Centovalli percorre 52 km, attraversando 2 nazioni, 83 ponti e 31 gallerie. Un viaggio relativamente breve, poco meno di 2 ore, ma che permette di far conoscere le bellezze delle valli italiane e svizzere. Il treno bianco e blu attraversa una natura travolgente e i borghetti delle Centovalli e della Valle Vigezzo, conosciuta anche come Valle dei Pittori per i colori autunnali che la caratterizzano. Il percorso è una vera e propria esperienza turistica: sul treno ci sono audioguide gratuite e nell’acquisto del biglietto è inclusa la possibilità di sostare in una delle cittadine della ferrovia.
Credits: corrieredelconero.it Ferrovia Adriatica nelle Marche
Lo spettacolo del lungomare. Per circa 40 minuti di tratto, da Ancona a San Benedetto del Tronto, la ferrovia costeggia il mar Adriatico che sembra di essere su una nave.
#3 Cinque Terre Express
Credits: zingarate.com Cinque Terre Express
Riomaggiore, Manarola, Corniglia, Vernazza e Monterosso. I 5 borghi tra i più belli della Liguria sono attraversati dal Cinque Terre Express, un treno regionale che in una tratta di circa 1 ora e un quarto fa scoprire le bellezze del panorama ligure. Paesini arroccati sulla scogliera rocciosa a strapiombo sul mare, pittoresche casette colorate e piccoli porti, tutto visto da un finestrino. Un classico è di scendere a ogni fermata per godersi questi luoghi spettacolari così difficili da raggiungere.
#4 Da Grosseto a Siena attraverso la Val d’Orcia
Credits: zingarate.com Treno Val d’Orcia
Lontano dai centri abitati, il treno che porta da Grosseto a Siena attraversa anche la valle toscana Patrimonio Mondiale dell’Umanità UNESCO, la Val d’Orcia. Un percorso di circa un’ora e mezza che passa per i piccoli borghi della zona e che, nel periodo della fioritura, permette di ammirare i campi di girasole e le meraviglie di un paesaggio unico al mondo.
#5 Ferrovia del Bernina
Credits: @antoniosassano91 Treno del Bernina
Il trenino rosso forse più conosciuto al mondo. Collega Tirano, in Lombardia, a St. Moritz, Svizzera, e dal 2008 è diventato patrimonio UNESCO. Un percorso di circa 2 ore e mezza che attraversa distese d’erba, in estate, e paesaggi incantanti dalla neve in inverno. L’esperienza di viaggiare sul Trenino del Bernina è unica, nonché da record: si tratta infatti del treno più alto d’Europa, ma anche dell’espresso europeo più lento. Partendo da 429 metri sul livello del mare, raggiunge fino ai 2253 metri di quota all’Ospizio Bernina.
Tra i due parchi nazionali di Abruzzo e Molise passa la Ferrovia dei Parchi, conosciuta comunemente come la Transiberiana italiana. 128,7 km di Appennini, ampie vallate e strette gole, un tratto che parte da Sulmona e arriva a Isernia, passando anche tra alcuni borghi storici. Ma perché si chiama Transiberiana italiana? Perché le abbondanti nevicate che caratterizzano la zona in inverno la fanno somigliare alla Transiberiana russa che da Mosca arriva a Vladivostok.
Altro record europeo per questo tratto ferroviario italiano. Il Trenino Verde della Sardegna è la rete ferroviaria turistica più lunga d’Europa con i suoi 438 km suddivisi in 5 tratti differenti. Partendo dal cuore della Sardegna si giunge fin al mare attraverso un percorso che fa scoprire la Sardegna più autentica.
I 5 tratti sono: Palau-Tempio, Macomer – Bosa, Mandas – Laconi (a cui è dedicato un intero libro, “Mare e Sardegna” di David Herbert Lawrence), Mandas – Seui e infine Arbatax-Gairo. Attraverso il Trenino Verde è quindi possibile scoprire le montagne, il mare e i profumi dell’isola.
#8 Circumetnea
Credits: @howlett_jack Circumetnea
La ferrovia Circumetnea offre la possibilità di percorrere le pendici dell’Etna lungo 110 km di coltivazioni di agrumi, ulivi e fichidindia, distese nere di lava e il blu del mar Mediterraneo. Partendo da Catania, si raggiungono i primi segni lasciati dall’Etna nel 1669 e si passa per il lago di Gurrida, le coltivazioni di Passo Zingaro per poi tornare a Catania.
#9 Trenino del Renon
Credits: @marmuz Trenino del Renon
Un treno che attraversa le cime delle Dolomitiportandoti allo stesso tempo indietro nel tempo. Il Trenino del Renon nasce nel 1907 e ai tempi percorreva il tratto da Bolzano a Maria Assunta, facendo un dislivello di 1000metri, per poi proseguire per la parte pianeggiante fino a Collalbo. Un trenino di montagna che pian piano è stato abbandonato, ma oggi riscoperto con vagoni d’epoca e altri moderni, anche se con un percorso ridotto da Soprabolzano a Collabo e Maria Assunta.
#10 Ferrovia Genova Casella
Credits: lamialiguria.it Trenino di Casella
C’è chi ci vede un mini Orient-Express e chi invece salirebbe subito per partire nel magico mondo di Harry Potter, perché il trenino di Casella ricorda proprio anche il famoso Hogwarts Express.
Si tratta della ferrovia storica meglio conservata in Italia, con i suoi colori del rosso, crema e azzurro, e collega Genova alla montagna dell’entroterra ligure. Con 25km di tratta, il treno attraversa le valli Bisagno, Polcevera e Scrivia e, quando c’è bel tempo, dal finestrino si può ammirare contemporaneamente il mare, il monte Portofino e addirittura la Corsica.
Un tempo veniva utilizzato per portare a Genova dall’entroterra gli operai. Oggi è una meta obbligata per gli amanti del trekking e, quando è stagione, dei funghi.
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Per il fatto che sorge su di un’isola, il Carcere Circolare (utilizzato fino al 1965) è noto anche come “l’Alcatraz d’Italia” ed ha ospitato anche alcuni personaggi importanti della storia italiana ed europea. Vediamo dove si trova e che spettacolo offre.
Apre ai turisti l’ALCATRAZ ITALIANA
# Breve storia dell’Alcatraz italiana
credits: ig @isoleitalia
Sull’isola di Santo Stefano, la più piccola dellePontine, a 2 km da Ventotene, sorge un carcere, di costruzione borbonica e di forma circolare.
Costruito fra il 1794 ed il 1795, il Carcere circolare conta 99 celle ed era pensato per i detenuti politici, funzione che ha ricoperto anche durante il ventennio fascista.
Sorge su di un’isoletta che ha pochissimi punti di approdo (ed è disabitata ancora oggi) ed è stato anche il centro nevralgico della paradossale “Repubblica di Santo Stefano”, proclamata dai camorristi detenuti a seguito dello spostamento delle truppe locali dall’isola alla Capua assediata dai garibaldini, che durò dall’ottobre 1860 al gennaio 1861, quando un contingente della Marina del Regno di Sardegna riportò l’ordine.
# I detenuti celebri del carcere
La forma circolare del carcere risultava utile, in quanto poche guardie potevano sorvegliare i detenuti dal cortile esterno. Purtroppo, anche le bellezze dell’isola venivano ritorte contro i carcerati, che venivano lasciati al sole o all’interno delle vasche naturali, senza cibo né acqua.
Fra i detenuti “celebri” deportati a Santo Stefano ci sono stati, in epoca preunitaria, l’illuminista (e poi Senatore del Regno d’Italia) Luigi Settembrini, il feroce brigante lucano Carmine Crocco e Gaetano Bresci, l’assassino di Re Umberto I. Durante il regime fascista, Santo Stefano ospitò anche Umberto Terracini e Sandro Pertini; il primo sarà Presidente dell’Assemblea Costituente, il secondo della Repubblica.
# Un investimento di 70 milioni di euro per rilanciare il carcere e l’Isola di Santo Stefano
credits: ig @emergenzacultura
La volontà di creare su Santo Stefano un’esperienza completamente diversa dalla tragica detenzione del passato cui l’isola è legata comincia a diventare realtà proprio in questi giorni; il progetto di restituire Santo Stefano alla società civile ha fatto sì che lo Stato stanziasse circa 70 milioni di euro.
Si prevede di destinare questi fondi alla costruzione di nuovi approdi, nuovi alberghi e strutture ricettive, oltre che per creare luoghi che possano ospitare iniziative culturali. Questo “doppio rilancio”, culturale ed economico è particolarmente importante, specie in epoca post-COVID.
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Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità.
Credits: lefreaks.it
Giro delle sette chiese in bici
L’espressione fare il giro delle 7 chiese viene utilizzata per descrivere un percorso fatto lentamente e con molte soste, oppure una sorta di pellegrinaggio alla ricerca di qualcuno che ci ascolti. Ma da dove deriva?
“Fare il GIRO delle SETTE CHIESE”: da dove nasce questo modo di dire
# Da pellegrinaggio a percorso di trekking
Credits: siviaggia.it Basilica di San Pietro
L’espressione fare il giro delle 7 chiese, viene utilizzato per descrivere un percorso fatto lentamente e con molte soste, oppure una sorta di pellegrinaggio alla ricerca di qualcuno che ci ascolti.
È un modo di dire che nasce da una tradizione cristiana della Roma medievale e che riguarda il giro delle sette principali basiliche e santuari della città. Viene proposto anche come itinerario turistico lento, per unire turismo e cultura
Nel corso dei secoli le modalità del pellegrinaggio, hanno subito molte modifiche. Per i fedeli è un appuntamento da onorare in maggio, oppure in solitaria durante il triduo pasquale con inizio la sera di Giovedì Santo. È una penitenza composta da preghiere al cospetto del Santissimo Sacramento. Tassativa la partenza da San Pietro in Vaticano, per poi lasciare la visita delle altre 6 basiliche il giorno successivo.
In un solco moderno, il Giro delle Sette Chiese riesce a rivivere anche in periodi meno canonici di quelli indicati dall’odierno calendario liturgico, trasformandosi in un vero e proprio percorso di trekking urbano.
# Il percorso
Credits: lefreaks.com percorso oggi
Per comodità viene consigliato di reinterpretarlo, percorrendo l’intera Via delle Sette Chiese per circa 3 km, facendo la prima tappa a San Paolo Fuori le Mura e ritrovandosi a San Sebastiano. Qui è consigliata una visita, anche veloce, per ammirare almeno una volta l’opera che il Bernini scolpì ormai 82enne, il busto del Salvator Mundi. Si prosegue poi verso San Giovanni in Laterano, Santa Croce in Gerusalemme, San Lorenzo, Santa Maria Maggiore e si conclude alla basilica San Pietro.
Un tragitto un po’ a ritroso sia nello spazio che nel tempo, che i camminatori più abili riescono a fare in un giorno solo, per un totale di 27 km. Per un percorso che coniuga cultura e sport, il Giro delle Sette Chiese si può affrontare anche in bicicletta.
# Le chicche e le curiosità del giro
Credits: ilmessaggero.it La scala santa
Il suggerimento di molti, assolutamente corretto, è di suddividerlo in almeno due giorni, per godere di un giro culturale imperdibile delle basiliche papali, senza perdere di vista curiosità e chicche sul tragitto. Lungo il Giro è possibile ammirare, su Via delle Sette Chiese, le catacombe di Domitilla e quelle di Callisto, lambendo la Garbatella e passando per Via Cristoforo Colombo. Sul retro di San Giovanni si trova un antico battistero e la leggenda narra che l’imperatore Costantino sia stato battezzato proprio qui. Di fronte invece si può ammirare la scala santa, che pare sia quella che salì Gesù per andare da Ponzio Pilato e che sia stata portata a Roma dalla madre di Costantino. Nei pressi della basilica di San Lorenzo, potrebbe essere una tappa quasi obbligata la visita al cimitero monumentale del Verano, un museo a cielo aperto con un patrimonio impressionante di opere d’arte.
# La nascita di un antichissimo rito
Credits: romaslowtour.com stampe antiche 7 chiese
Le prime notizie reperibili circa la nascita del Culto delle Sette Chiese, si trovano su fonti medievali che raccontano la vita della badessa Begga, la capostipite della dinastia Carolingia. Di ritorno da un pellegrinaggio a Roma, compiuto prima di ritirarsi nel suo eremo, volle far costruire sette oratori, che diedero il nome al monastero di Sept-Eglises. L’usanza dei Papi dell’epoca, era quella di seguire un calendario liturgico che portava la Chiesa a celebrare 89 messe in 43 chiese di Roma, le cosiddette chiese stazionali. Il calendario è poi rimasto quasi immutato, ma il numero delle chiese è stato notevolmente ridotto alle 5 patriarcali con l’aggiunta di Santa Croce in Gerusalemme e San Sebastiano.
È con l’istituzione dei Giubilei da parte di Papa Bonifacio VIII, il 22 febbraio 1300, con il perfezionamento della ricerca dell’assoluzione e il perdono dai peccati, che vengono definitivamente indicate le Sette Chiese, nelle quali si poteva chiedere l’indulgenza plenaria: San Giovanni in Laterano, San Pietro in Vaticano, San Paolo Fuori le Mura, Santa Maria Maggiore, Santa Croce in Gerusalemme e San Sebastiano.
# San Filippo Neri rivitalizza il pellegrinaggio nelle basiliche
Credits: romaslowtour.com percorso San Filippo
L’atmosfera del Medioevo impose ai Papi di allora di celebrare questo primo culto delle Sette Chiese, officiando alcuni riti sacri, possibilmente preceduti da un pellegrinaggio penitenziale notturno. Il calendario liturgico iniziò quindi a privilegiare i luoghi di sepoltura dei primi martiri o degli apostoli, che per i praticanti cristiani iniziavano ad assumere un’importanza fondamentale, onorandone la memoria e chiedendo intercessioni ai potenti Santi. Il Medioevo è stato altresì un periodo in cui la Chiesa cattolica non ha saputo rinnovarsi, pertanto la tradizione nata nel 1300 cadde in disuso.
Fu un giovane sacerdote fiorentino, Filippo Neri, a riprendere l’abitudine di recarsi in pellegrinaggio nei luoghi dell’originario culto devozionale ai primi Santi e Martiri, trasformandolo in “visite” che duravano per giorni e che prevedevano momenti di grande socialità, come picnic, per interessare la popolazione. L’iniziativa coinvolse sempre più fedeli, tanto che San Filippo Neri dovette stilare un prontuario a disposizione dei pellegrini, carico della matrice penitenziale e in linea con la controriforma cattolica dell’epoca.
# Un Rinascimento anche per il Giro delle Sette Chiese
Credits: ilfaroonline.it Santa Maria Maggiore
Il 25 febbraio del 1552 nasce quindi il Giro delle Sette Chiese come codificato e giunto fino ai tempi moderni. Si decise che doveva essere svolto giovedì grasso, per iniziare la penitenza dopo gli eccessi del carnevale, e venne anche scelta la durata di due giorni. Il pellegrinaggio rinascimentale prevede una partenza di sera da San Girolamo della Carità, con prima tappa in visita agli ammalati dell’ospedale di Santo Spirito in Sassia e, da qui, in San Pietro in Vaticano per passare la prima notte.
Il giorno seguente, di buon mattino, i fedeli si riunivano a San Paolo Fuori le Mura per concludere il giro a Santa Maria Maggiore, per intonare una lode alla Madonna. San Filippo Neri prescrisse che, durante il cammino, venissero recitati i salmi penitenziali per chiedere perdono dai vizi capitali e ricevere in cambio le virtù che potessero scacciarli. Ebbe così tanto successo tra i fedeli che Papa Sisto V riconobbe il Giro delle Sette Chiese nella bolla papale del 1586.
# Il Giro delle Sette Chiese in epoca moderna
Credits: gliscritti.it Giro delle Sette Chiese
Del giro istituito da San Filippo Neri è rimasto immutato lo spirito, ma è cambiato il percorso, così come il periodo del calendario liturgico. Oggi si può fare il Giro delle Sette Chiese la notte tra l’11 e il 12 maggio, partendo da San Pietro e concludendo in Santa Maria Maggiore. Nel Giubileo del 2000, Papa Woytila decise di sostituire la Basilica di San Sebastiano fuori le Mura con il Santuario della Madonna del Divino Amore.
Che si tratti di un cammino religioso, che viene intrapreso anche in solitaria, o di un itinerario turistico e culturale, il Giro delle Sette Chiese nel nuovo millennio rappresenta uno dei percorsi ad anello urbani più belli per scoprire Roma.
# Un modo per scoprire Roma e un’idea anche per altre città
Credits: lefreaks.it Giro delle sette chiese in bici
Percorrerlo a piedi, in bici o coi mezzi pubblici, è il modo per vivere lentamente la città in cui è nata la storia moderna del nostro continente, senza perdere le curiosità e le bellezze disseminate lungo il percorso. Inoltre è il sistema più efficace per beffare scherzosamente il modo di dire, concludendo qualcosa di importante nel giro più lungo, con più soste e con più richieste della tradizione cristiana. I più curiosi poi, potranno replicare il giro delle sette chiese anche in moltissime altre città, alla ricerca di altre tradizioni, diversi monumenti e curiosità di molti altri capoluoghi italiani. Compresa Milano.
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Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità.