Per il fatto che sorge su di un’isola, il Carcere Circolare (utilizzato fino al 1965) è noto anche come “l’Alcatraz d’Italia” ed ha ospitato anche alcuni personaggi importanti della storia italiana ed europea. Vediamo dove si trova e che spettacolo offre.
Apre ai turisti l’ALCATRAZ ITALIANA
# Breve storia dell’Alcatraz italiana
credits: ig @isoleitalia
Sull’isola di Santo Stefano, la più piccola dellePontine, a 2 km da Ventotene, sorge un carcere, di costruzione borbonica e di forma circolare.
Costruito fra il 1794 ed il 1795, il Carcere circolare conta 99 celle ed era pensato per i detenuti politici, funzione che ha ricoperto anche durante il ventennio fascista.
Sorge su di un’isoletta che ha pochissimi punti di approdo (ed è disabitata ancora oggi) ed è stato anche il centro nevralgico della paradossale “Repubblica di Santo Stefano”, proclamata dai camorristi detenuti a seguito dello spostamento delle truppe locali dall’isola alla Capua assediata dai garibaldini, che durò dall’ottobre 1860 al gennaio 1861, quando un contingente della Marina del Regno di Sardegna riportò l’ordine.
# I detenuti celebri del carcere
La forma circolare del carcere risultava utile, in quanto poche guardie potevano sorvegliare i detenuti dal cortile esterno. Purtroppo, anche le bellezze dell’isola venivano ritorte contro i carcerati, che venivano lasciati al sole o all’interno delle vasche naturali, senza cibo né acqua.
Fra i detenuti “celebri” deportati a Santo Stefano ci sono stati, in epoca preunitaria, l’illuminista (e poi Senatore del Regno d’Italia) Luigi Settembrini, il feroce brigante lucano Carmine Crocco e Gaetano Bresci, l’assassino di Re Umberto I. Durante il regime fascista, Santo Stefano ospitò anche Umberto Terracini e Sandro Pertini; il primo sarà Presidente dell’Assemblea Costituente, il secondo della Repubblica.
# Un investimento di 70 milioni di euro per rilanciare il carcere e l’Isola di Santo Stefano
credits: ig @emergenzacultura
La volontà di creare su Santo Stefano un’esperienza completamente diversa dalla tragica detenzione del passato cui l’isola è legata comincia a diventare realtà proprio in questi giorni; il progetto di restituire Santo Stefano alla società civile ha fatto sì che lo Stato stanziasse circa 70 milioni di euro.
Si prevede di destinare questi fondi alla costruzione di nuovi approdi, nuovi alberghi e strutture ricettive, oltre che per creare luoghi che possano ospitare iniziative culturali. Questo “doppio rilancio”, culturale ed economico è particolarmente importante, specie in epoca post-COVID.
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Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità.
Credits: lefreaks.it
Giro delle sette chiese in bici
L’espressione fare il giro delle 7 chiese viene utilizzata per descrivere un percorso fatto lentamente e con molte soste, oppure una sorta di pellegrinaggio alla ricerca di qualcuno che ci ascolti. Ma da dove deriva?
“Fare il GIRO delle SETTE CHIESE”: da dove nasce questo modo di dire
# Da pellegrinaggio a percorso di trekking
Credits: siviaggia.it Basilica di San Pietro
L’espressione fare il giro delle 7 chiese, viene utilizzato per descrivere un percorso fatto lentamente e con molte soste, oppure una sorta di pellegrinaggio alla ricerca di qualcuno che ci ascolti.
È un modo di dire che nasce da una tradizione cristiana della Roma medievale e che riguarda il giro delle sette principali basiliche e santuari della città. Viene proposto anche come itinerario turistico lento, per unire turismo e cultura
Nel corso dei secoli le modalità del pellegrinaggio, hanno subito molte modifiche. Per i fedeli è un appuntamento da onorare in maggio, oppure in solitaria durante il triduo pasquale con inizio la sera di Giovedì Santo. È una penitenza composta da preghiere al cospetto del Santissimo Sacramento. Tassativa la partenza da San Pietro in Vaticano, per poi lasciare la visita delle altre 6 basiliche il giorno successivo.
In un solco moderno, il Giro delle Sette Chiese riesce a rivivere anche in periodi meno canonici di quelli indicati dall’odierno calendario liturgico, trasformandosi in un vero e proprio percorso di trekking urbano.
# Il percorso
Credits: lefreaks.com percorso oggi
Per comodità viene consigliato di reinterpretarlo, percorrendo l’intera Via delle Sette Chiese per circa 3 km, facendo la prima tappa a San Paolo Fuori le Mura e ritrovandosi a San Sebastiano. Qui è consigliata una visita, anche veloce, per ammirare almeno una volta l’opera che il Bernini scolpì ormai 82enne, il busto del Salvator Mundi. Si prosegue poi verso San Giovanni in Laterano, Santa Croce in Gerusalemme, San Lorenzo, Santa Maria Maggiore e si conclude alla basilica San Pietro.
Un tragitto un po’ a ritroso sia nello spazio che nel tempo, che i camminatori più abili riescono a fare in un giorno solo, per un totale di 27 km. Per un percorso che coniuga cultura e sport, il Giro delle Sette Chiese si può affrontare anche in bicicletta.
# Le chicche e le curiosità del giro
Credits: ilmessaggero.it La scala santa
Il suggerimento di molti, assolutamente corretto, è di suddividerlo in almeno due giorni, per godere di un giro culturale imperdibile delle basiliche papali, senza perdere di vista curiosità e chicche sul tragitto. Lungo il Giro è possibile ammirare, su Via delle Sette Chiese, le catacombe di Domitilla e quelle di Callisto, lambendo la Garbatella e passando per Via Cristoforo Colombo. Sul retro di San Giovanni si trova un antico battistero e la leggenda narra che l’imperatore Costantino sia stato battezzato proprio qui. Di fronte invece si può ammirare la scala santa, che pare sia quella che salì Gesù per andare da Ponzio Pilato e che sia stata portata a Roma dalla madre di Costantino. Nei pressi della basilica di San Lorenzo, potrebbe essere una tappa quasi obbligata la visita al cimitero monumentale del Verano, un museo a cielo aperto con un patrimonio impressionante di opere d’arte.
# La nascita di un antichissimo rito
Credits: romaslowtour.com stampe antiche 7 chiese
Le prime notizie reperibili circa la nascita del Culto delle Sette Chiese, si trovano su fonti medievali che raccontano la vita della badessa Begga, la capostipite della dinastia Carolingia. Di ritorno da un pellegrinaggio a Roma, compiuto prima di ritirarsi nel suo eremo, volle far costruire sette oratori, che diedero il nome al monastero di Sept-Eglises. L’usanza dei Papi dell’epoca, era quella di seguire un calendario liturgico che portava la Chiesa a celebrare 89 messe in 43 chiese di Roma, le cosiddette chiese stazionali. Il calendario è poi rimasto quasi immutato, ma il numero delle chiese è stato notevolmente ridotto alle 5 patriarcali con l’aggiunta di Santa Croce in Gerusalemme e San Sebastiano.
È con l’istituzione dei Giubilei da parte di Papa Bonifacio VIII, il 22 febbraio 1300, con il perfezionamento della ricerca dell’assoluzione e il perdono dai peccati, che vengono definitivamente indicate le Sette Chiese, nelle quali si poteva chiedere l’indulgenza plenaria: San Giovanni in Laterano, San Pietro in Vaticano, San Paolo Fuori le Mura, Santa Maria Maggiore, Santa Croce in Gerusalemme e San Sebastiano.
# San Filippo Neri rivitalizza il pellegrinaggio nelle basiliche
Credits: romaslowtour.com percorso San Filippo
L’atmosfera del Medioevo impose ai Papi di allora di celebrare questo primo culto delle Sette Chiese, officiando alcuni riti sacri, possibilmente preceduti da un pellegrinaggio penitenziale notturno. Il calendario liturgico iniziò quindi a privilegiare i luoghi di sepoltura dei primi martiri o degli apostoli, che per i praticanti cristiani iniziavano ad assumere un’importanza fondamentale, onorandone la memoria e chiedendo intercessioni ai potenti Santi. Il Medioevo è stato altresì un periodo in cui la Chiesa cattolica non ha saputo rinnovarsi, pertanto la tradizione nata nel 1300 cadde in disuso.
Fu un giovane sacerdote fiorentino, Filippo Neri, a riprendere l’abitudine di recarsi in pellegrinaggio nei luoghi dell’originario culto devozionale ai primi Santi e Martiri, trasformandolo in “visite” che duravano per giorni e che prevedevano momenti di grande socialità, come picnic, per interessare la popolazione. L’iniziativa coinvolse sempre più fedeli, tanto che San Filippo Neri dovette stilare un prontuario a disposizione dei pellegrini, carico della matrice penitenziale e in linea con la controriforma cattolica dell’epoca.
# Un Rinascimento anche per il Giro delle Sette Chiese
Credits: ilfaroonline.it Santa Maria Maggiore
Il 25 febbraio del 1552 nasce quindi il Giro delle Sette Chiese come codificato e giunto fino ai tempi moderni. Si decise che doveva essere svolto giovedì grasso, per iniziare la penitenza dopo gli eccessi del carnevale, e venne anche scelta la durata di due giorni. Il pellegrinaggio rinascimentale prevede una partenza di sera da San Girolamo della Carità, con prima tappa in visita agli ammalati dell’ospedale di Santo Spirito in Sassia e, da qui, in San Pietro in Vaticano per passare la prima notte.
Il giorno seguente, di buon mattino, i fedeli si riunivano a San Paolo Fuori le Mura per concludere il giro a Santa Maria Maggiore, per intonare una lode alla Madonna. San Filippo Neri prescrisse che, durante il cammino, venissero recitati i salmi penitenziali per chiedere perdono dai vizi capitali e ricevere in cambio le virtù che potessero scacciarli. Ebbe così tanto successo tra i fedeli che Papa Sisto V riconobbe il Giro delle Sette Chiese nella bolla papale del 1586.
# Il Giro delle Sette Chiese in epoca moderna
Credits: gliscritti.it Giro delle Sette Chiese
Del giro istituito da San Filippo Neri è rimasto immutato lo spirito, ma è cambiato il percorso, così come il periodo del calendario liturgico. Oggi si può fare il Giro delle Sette Chiese la notte tra l’11 e il 12 maggio, partendo da San Pietro e concludendo in Santa Maria Maggiore. Nel Giubileo del 2000, Papa Woytila decise di sostituire la Basilica di San Sebastiano fuori le Mura con il Santuario della Madonna del Divino Amore.
Che si tratti di un cammino religioso, che viene intrapreso anche in solitaria, o di un itinerario turistico e culturale, il Giro delle Sette Chiese nel nuovo millennio rappresenta uno dei percorsi ad anello urbani più belli per scoprire Roma.
# Un modo per scoprire Roma e un’idea anche per altre città
Credits: lefreaks.it Giro delle sette chiese in bici
Percorrerlo a piedi, in bici o coi mezzi pubblici, è il modo per vivere lentamente la città in cui è nata la storia moderna del nostro continente, senza perdere le curiosità e le bellezze disseminate lungo il percorso. Inoltre è il sistema più efficace per beffare scherzosamente il modo di dire, concludendo qualcosa di importante nel giro più lungo, con più soste e con più richieste della tradizione cristiana. I più curiosi poi, potranno replicare il giro delle sette chiese anche in moltissime altre città, alla ricerca di altre tradizioni, diversi monumenti e curiosità di molti altri capoluoghi italiani. Compresa Milano.
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Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità.
Natura selvaggia e incontaminata, mare cristallino, insenature dorate, relax assicurato… Insomma, un vero e proprio paradiso terrestre. Questa è la descrizione perfetta per Formentera, una piccola isola delle Baleari dichiarata Riserva Naturale e Patrimonio dell’Umanità UNESCO.
Le sue spiagge paradisiache sono solo la punta dell’iceberg di tutto ciò che Formentera può offrire ai suoi ospiti.
Quindi, quali sono tutte le attrazioni che non si possono assolutamente perdere visitando l’ “isola dei milanesi”?
FORMENTERA: le attrazioni IMPERDIBILI dell’ “ISOLA DEI MILANESI”
# Spiagge paradisiache, sabbia bianca e fondali turchesi: la magia di Formentera
Credits: @secretagent_wesanderson IG – Ses Illetes
È impossibile iniziare un viaggio a Formentera senza recarsi nelle sue bellissime spiagge.
Solo qui, ad ovest e precisamente nel Parco Naturale di Ses Salines de Eivissa y Formentera, si può scoprire una delle spiagge più belle del mondo: Ses Illetes. Con i suoi 450 metri di lunghezza, divisi in due da una piccola zona rocciosa, è famosa per la sua sabbia bianca e le acque cristalline.
E non dimentichiamoci della parte ad est. Infatti, tra le sporgenze rocciose che formano dei rifugi naturali, Llevante è sicuramente il posto perfetto per immergersi in un’oasi tranquilla, lontana dal turismo di massa.
Poi, Cala Sahona, la “perla” della costa occidentale, unico lembo di spiaggia tra le scogliere meridionali dell’isola, offre “una full immersion nella natura”.
Per ultime, ma non per importanza, non si possono non visitare Migjorn, la spiaggia più lunga dell’isola con fondali turchesi, e la pittoresca Calò des Morts, che offre un paesaggio d’altri tempi.
# La meraviglia della Riserva di Ses Salines e il mondo sommerso
Credits: blog.formenteraluxuryvillas.com
Ma, come abbiamo detto, Formentera non è solo mare e spiagge.
Fino a qualche decennio fa, l’economia dell’isola si fondava sull’estrazione e sulla conservazione del sale marino. E oggi, dopo la fine della loro attività, le saline sono diventate una delle maggiori attrazioni turistiche.
Perché? Grazie alla cristallizzazione del sale che avviene in determinati periodi dell’anno, queste “pozze” diventano rosa.
E, sempre nella zona nord dell’isola, si possono trovare fondali meravigliosi che ospitano un mondo sommerso. Qui ci sono le famose “praterie di Posidonia”, una barriera naturale che protegge le spiagge e depura l’acqua.
# I 3 fari dell’isola
Credits: @ullsquestimen IG – Faro La Mola
A Formentera sono attrazioni imperdibili anche i suoi 3 fari: La Mola, Es Cap de Barbaria e La Savina.
Innanzitutto, La Mola è il faro più alto dell’isola. Si trova su una scogliera alta 120 metri nella tranquilla parte orientale. Proprio qui, Jules Verne ha trovato l’ispirazione per il suo romanzo “Le avventure di Ettore Servadac”, tanto che fu eretto un monolito per omaggiare la memoria dello scrittore.
Poi, nella parte meridionale dell’isola, vicino alle coste africane, c’è il faro cinematografico Es Cap de Barbaria. Qui, l’atmosfera è una delle più affascinanti e, di fianco al faro, è situata Cova Foradada, una grotta con una terrazza naturale a strapiombo sul mare.
# Nell’entroterra si nascondono dei gioielli imperdibili
Credits: @martubz IG – Sant Francesc Xavier
E anche l’entroterra regala scorci e paesaggi molto caratteristici. Tra questi, il paesino di Sant Ferran, al centro di Formentera, era il punto di ritrovo per hippy e bohémien e, nelle sue vicinanze, si può visitare il sepolcro megalitico di Ca na Costa.
Poi, non dimentichiamo la città più turistica dell’isola, Pujols, il ritrovo del divertimento notturno, ma sono assolutamente da visitare anche i suoi tipici mercatini artigianali e la sua immancabile spiaggia bianca.
Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità.
Quando si pensa ad una chiesa si immagina la classica facciata a capanna con vicino un campanile, eppure gli architetti stanno sperimentando la loro bravura anche per gli edifici sacri, i quali assumono le forme più bizzarre e impensabili. Milano, fortunatamente, non è stata risparmiata e anche lei ha la sua chiesa strana, quella a piramide.
La CHIESA a PIRAMIDE: la più strana di MILANO
# Dove si trova?
Credits: @irenemontisci Chiesa San Giovanni Bono
La chiesa di San Giovanni Bono, comunemente conosciuta come “chiesa a piramide”, si trova nel quartiere Barona, tra i serpentoni del quartiere Sant’Ambrogio, ed è stata realizzata da Arrigo Arrighetti, architetto degli anni Sessanta che rivoluzionò molti quartieri milanesi. Inizialmente l’architetto aveva realizzato la chiesa in plastica dura, proprio per dare l’idea di una “tenda sacra”; tuttavia un incendio la distrusse e fu ricostruita in calcestruzzo e alluminio porcellanato. La chiesa domina il quartiere: è al centro di esso e, facendo parte di un complesso parrocchiale, è diventata simbolo indiscusso della zona e punto di riferimento per la comunità.
# Piramide, tenda o chiesa a punta?
Credits: zero.eu Chiesa San Giovanni Bono
Una cosa è sicura, questa non è la classica chiesa, anzi è forse uno degli edifici sacri di design più belli, ma anche meno conosciuti, di Milano e forse d’Italia. Non solo si potrebbe definire “chiesa piramide” per la sua forma in facciata, ma, se si osserva di lato, si nota subito quella “tenda sacra” di cui voleva dare l’idea l’architetto progettista Arrigo Arrighetti. Una copertura a vela, che dall’area del presbiterio sale fino a creare una cuspide in corrispondenza della facciata rende proprio l’idea di avere di fronte una tenda. Semplice, moderna e suggestiva gli si attribuisce un altro nome la “chiesa a punta”, insomma è conosciuta con tutti i nomi possibili fuorché San Giovanni Bono.
A confermare il fatto che non è una semplice chiesa, l’edificio non è adibito solo ad uso sacro. Al piano interrato, nascosto sotto la chiesa, c’è un salone teatro che ospita manifestazioni artistiche e incontri organizzati dalla parrocchia e da un gruppo teatrale amatoriale.
# Un gioco di luci all’interno
Credits: @ellie_papato Chiesa San Giovanni Bono interno
Una volta entrati ci si trova davanti a tre spazi: l’aula liturgica, la cappella feriale e una navata laterale, inizialmente fonte battesimale. Ciò che in parte stupisce è però l’atmosfera che si crea all’interno. Tutta la struttura è traforata da piccole finestrelle colorate e lungo il tetto a falda corrono due fasce colorate che insieme creano giochi di luce fin sull’altare.
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Un progetto che potrebbe rivoluzionare completamente il futuro dei trasporti e che potrebbe diffondersi nelle grandi città a partire dal 2025.
Il veicolo del FUTURO: il GIROSCOPIO
# L’INNOVAZIONE delle auto a due ruote
credits: business insider youtube
Per alcune persone della scorsa generazione questa parola potrebbe suonare familiari. L’idea di utilizzare un GIROSCOPIO (componente utilizzata anche nell’avionica e nel modellismo) all’interno di una macchina è nata per la prima volta negli anni ’60 come una possibile soluzioneper i trasporti del futuro, ideata da Tom Summers, un designer di auto noto per il suo styling di Ford, e Alex Tremulis, un esperto di giroscopi.
Il prototipo prevedeva la realizzazione di una macchina a due ruote perfettamente stabile grazie all’utilizzo di un giroscopio posto sotto al cofano. Questo dispositivo, costituito da un a ruota o un disco che gira rapidamente, è in grado di mantenere il suo asse parallelo a sé stesso.
# Lusso e comodità a MEZZ’ARIA
credits: Top Box youtube
Secondo questo progetto, il giroscopio prometteva maggiore stabilità, più sicurezza e aerodinamicità nello spostamento, dimezzando allo stesso tempo la larghezza di una normale auto. Così facendo, sarebbe stato possibile raddoppiare il numero di auto presenti sulle strade. Sfortunatamente, questo progetto è stato accantonato poiché la sua complessa ingegneria era ancora lontana dall’essere perfezionata.
Oggi si è ritornati ad immaginare la possibile costruzione di un giroscopio, ma molto più grande e capace di trasportare più persone contemporaneamente rispetto al modello concepito negli anni ’60. Questo nuovo progetto, pensato con un design circolare e piatto sostenuto a mezz’aria da lunghi pattini retrattili su rotaia, alimentato completamente a energia solare sarebbe in grado di trasportare almeno un centinaio di persone, garantendo comodità e lusso. Costituirebbe, inoltre, un’ottima soluzione al traffico delle grandi città in quanto permetterebbe di viaggiare su una di rotaia al centro della carreggiata, oppure su più rotaie poste ai lati delle corsie che permetterebbero di schivare le auto, semplicemente ritraendo uno dei suoi pattini.
# Tutto TROPPO perfetto?
Credits: Top Box su Youtube
La teoria è bella, ma a volte la pratica lo è un po’ meno. L’idea di costruire un veicolo a giroscopio gigante in un futuro non tanto lontano è sicuramente molto allettante, ma allo stesso tempo forse un po’ troppo ambiziosa. Questo perché nella realtà tutto può succedere e, spesso, queste idee vengono progettate basandosi su condizioni ottimali, tempo meteorologico perfetto e superfici completamente piatte, senza tenere conto dei numerosi impedimenti e incidenti che si potrebbero venire a creare.
Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità.
Le dieci mete imperdibili per una vacanza estiva in montagna secondo il sito Siviaggia
Le 10 MONTAGNE per godersi l’ESTATE (immagini e mappe)
#1 Sestriere, per gli amanti della mountain bike e del trekking (Piemonte)
Credits escursioninaturasestriere IG – Sestriere
Sestriere è conosciuta per le piste da sci e le strutture per gli sport invernali che qui hanno ospitato le olimpiadi. In estate Sestriere diventa una meta turistica ideale per chi ama la mountain bike e vuole fare trekking sui sentieri delle montagne Piemontesi.
#2 Bardonecchia, ideale per una vacanza all’insegna della natura (Piemonte)
Credits bardonecchia_ski IG – Bardonecchia
Bardonecchia ideale per vivere una vacanza all’insegna della natura, dell’outdoor e delle escursioni, è capace di regalare emozioni in ogni periodo dell’anno, anche in estate. Per gli amanti dello sport ciclistico Downhill c’è il Bike Park con sentieri adatti a tutti, dai principianti agli esperti.
#3 Bormio, la regina del relax e del benessere (Lombardia)
Credits jo_hnny IG – Bormio
Bormio conquista con il magnifico scenario di monti e vette calcaree che regalano incredibili viste panoramiche, tra il Parco Nazionale dello Stelvio e l’Alta Valtellina. Il relax e il benessere sono garantiti grazie a ben nove sorgenti termali che sgorgano nella zona.
#4 Cavalese, un luogo magico nella Val di Fiemme (Trentino Alto Adige)
Credits fedgav79 IG – Cavalese
Cavalese è la montagna che emoziona, nel mezzo della Val di Fiemme, al cospetto delle Pale di San Martino, del Latemar e del massiccio del Lagorai. Se amate fare escursioni a cavallo in un luogo davvero magico, qui è possibile grazie a numerosi maneggi presenti in zona.
#5 Auronzo di Cadore, abbracciato della “Tre cime di Lavaredo” (Veneto)
Credits eli_and_isa IG – Auronzo di Cadore
Auronzo di Cadore è inserito in un panorama mozzafiato e abbracciato dalle vette più belle delle Dolomiti Patrimonio UNESCO, le magnifiche Tre Cime di Lavaredo. Oltre a questo c’è lo spettacolo concesso dal Lago di Misurina e dal lago di Santa Caterina. Il microclima benefico è ideale per rilassarsi e praticare attività sportiva all’aria aperta.
#6 Sappada, uno dei borghi più belli d’Italia (Friuli Venezia Giulia)
Credits @hotelfontanasappada IG – Sappada
Il borgo friulano di Sappada è inserito nell’elenco dei “Borghi più Belli d’Italia” ed è immerso in un territorio ricco di tradizioni e peculiarità paesaggistiche e naturalistiche. Oltre a rimanere colpiti dalla bellezza del luogo si possono svolgere numerose attività culturali legate a passeggiate, escursioni, eventi, trekking, nordic walking, vie ferrate, escursioni a cavallo e molto altro ancora.
#7 Sauris, una meta imperdibile tra i verdi pascoli nella Valle del Lumiei e le Dolomiti (Friuli Venezia Giulia)
Il borgo montano di Sauris, in provincia di Udine, sorge tra i verdi pascoli nella Valle del Lumiei e le vette delle Dolomiti tra i 1000 e 1400 metri di altitudine. Una meta imperdibile grazie al suo meraviglioso lago, i sentieri, i musei e la sua cultura enogastronomica.
#8 Civitella Alfedena, il più piccolo borgo del Parco Nazionale dell’Abruzzo, Lazio e Molise (Abruzzo)
Credits @claudiamarrama IG – Civitella Alfedena
Civitella Alfedena, con affaccio sul Lago di Barrea, è il più piccolo borgo del Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise. Il suo centro storico è conservato in perfetto stato e questo le ha la valso il riconoscimento di Bandiera Arancione del Touring Club. Da qui partono rigeneranti escursioni nel regno del camoscio abruzzese.
#9 Il complesso del Monte Terminillo, una delle stazioni turistiche invernali ed estive meglio attrezzate dell’Italia centrale (Lazio)
Credits inviaggioconberni IG – Monte Terminillo
Il complesso montuoso del Monte Terminillo è caratterizzato da un ambiente incontaminato. Riconosciuto per una consolidata cultura per il buon cibo e per la possibilità di fare attività sportive quali escursioni e trekking. Il monte è il più importante dei quattro in cui si suddivide la catena dei monti Reatini ed è tra le stazioni turistiche invernali ed estive meglio attrezzate dell’Italia centrale.
#10 Lorica, la “perla della Sila” (Calabria)
Credits bi_die IG – Lorica
La località di Lorica è definita la “perla della Silla”, grazie all’ambiente naturale integro e con il turismo di massa che non ha ancora avuto modo di attecchire. Situata a 1.400 metri sul livello del mare, si specchia nel Lago Arvo in un paesaggio ancora selvaggio e incontaminato, a 1400 metri sul livello del mare.
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Milano è il sogno di molti come città dove andare a vivere, è una città che offre uno stile di vita unico e una sensazione che raramente si prova camminando per altre strade ma c’è un problema: i prezzi delle case sono alti.
Vien da sè che non tutti possono permettersi di vivere a Milano e serve trovare una via di mezzo, una città più economica ma che sia abbastanza vicino alla grande metropoli meneghina per lavoro o studio.
A 30 MINUTI da Milano: i luoghi più ECONOMICI dove COMPRARE CASA
# I prezzi di Milano vs I prezzi dell’hinterland
Credit: immobiliare.it
Milano è il sogno di molti come città dove andare a vivere, è una città che offre uno stile di vita unico e una sensazione che raramente si prova camminando per altre strade ma c’è un problema: i prezzi delle case.
I prezzi di Milano vanno da 3000 euro al metro quadro lontano dal centro per arrivare a toccare e superare i 7000 in pieno centro.
Per una casa media di circa 110 m² parliamo di cifre non troppo lontane dal milione di euro.
La soluzione? Andare nell’hinterland milanese.
Ovvio, non è realmente Milano, ma non è neanche un milione di euro e molto probabilmente il gioco vale la candela per la maggior parte delle persone che sognano un trilocale che non superi i 200 mila euro.
Bisogna anche considerare che vivere nell’hinterland milanese per la maggior parte delle volte significa vivere in una città con collegamenti ottimi e veloci con la grande città.
Vediamo quali sono le città a 30 minuti di treno da Milano (calcolati sulla base delle linee ferroviarie che dall’hinterland portano ai principali nodi di scambio delle linee metropolitane milanesi, come Centrale, Garibaldi, Cadorna) dove si può trovare un trilocale per circa 150 mila euro.
# A nord di Milano: Seregno, Monza e Pioltello
Credit: @goshenphotographers – Villa reale Monza
La città più economica dove comprare casa a nord di Milano è Seregno, dove in media un trilocale costa 114 mila euro.
A seguire Monza, città della bellezza sorprendente famosa per la sua Villa Reale e l’Autodromo Nazionale, un trilocale qui costa in media 128 mila euro.
In questa lista troviamo anche Pioltello, che si presenta come “la città dei tre parchi”, cioè il Parco delle Cascine, il Parco di Trenzanesio e il Bosco della Besozza.
In questa città per comprare casa sono sufficienti in media 135mila euro.
Seguono Saranno con 141 mila, Rho con 139 mila e Cinisello Balsamo con 146 mila euro.
Infine anche Sesto San Giovanni, che supera di poco la soglia dei 150 mila euro in media: qui per un trilocale servono in media 157mila euro.
# A sud di Milano: Lodi, Melegnano e San Giuliano
Credit: ilmiogiornale.net – centro di Lodi
Prima città a sud di Milano per prezzi economici è Lodi.
Lodi sorge sulla riva destra del Fiuma Adda e fu costruita intorno al 1158, su direttive di Federico Barbarossa. Questa piccola città caratteristica che si sviluppa attorno a Piazza della Vittoria offre trilocali a meno di 130 mila euro, con una media di 126mila.
A Melegnano bastano invece circa 141mila euro mentre un trilocale a San Giuliano Milanese costa all’incirca 148mila euro.
Trovare casa a prezzi economici è quindi possibile, basta solo cercare un po’ più in là di Milano.
Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità.
Il piccolo parco che s’incunea tra viale Padova e via Jesi passerà di proprietà trasformandosi in area edificabile. Diremo dunque addio ad alberi e natura. Vediamo cosa sta succedendo e cosa stanno cercando di fare i cittadini per evitarlo.
Il giardino NASCOSTO di via Padova potrebbe SPARIRE per sempre
# Un’area privata di grande INTERESSE naturalistico
credits: via padova viva su fb
La proprietà, Fondazione Pio Istituto dei Sordi, ha confermato la prossima vendita e sembra non sarà possibile fermare un ulteriore schiaffo a un fazzoletto di natura che se ne andrà per sempre. Un’area che misura quanto due campi da calcio regolamentari rischia di svanire nel nulla, insieme ad alberi di alto fusto e a uccelli che dovranno trovare una nuova casa. Non essendo un bene pubblico sembra difficile che si potrà invertire la rotta ma un comitato di quartiere sto raccogliendo firme per presentare una petizione. Nel mentre, si possono vedere gli abitanti pennuti, compresi una coppia di picchi, svolazzare allegramente tra le fronde.
# I CITTADINI si stanno organizzando
credits: ig @viapadova_stateofmind
La petizione si rifà all’Agenda 2030, 17 obiettivi deficit dall’ONU che chiede sforzi congiunti per combattere il cambiamento climatico e orientarsi sempre più ad uno sviluppo sostenibile. Certo è che rinunciare a un parco per fare posto a nuove costruzioni risulta difficile da digerire specie se si pensa a quanti edifici abbandonati e fatiscenti attendono di essere recuperati.
Molte città italiane hanno implementato questo servizio da tempo. Milano, nonostante la rete più estesa di trasporto pubblico del Paese, è ancora al palo, con solo tre linee dove è possibile pagare con carta di credito e bancomat. Vediamo la situazione.
In tante città italiane si può PAGARE sul BUS con il CONTACTLESS: perché Milano ritarda?
# Cresce il numero della città in cui si può pagare il biglietto sul bus con il bancomat
Credits mole24- Bus elettrici Torino
Torino è solo l’ultima città in ordine di tempo ad adottare la modalità di pagamento contactless con bancomat per l’acquisto dei biglietti del traporto pubblico direttamente sul bus. Da tempo infatti è possibile a Bergamo, Bologna e Firenze, ma anche a Parma, Brescia, Ravenna e a breve in tutte le città dell’Emilia Romagna. I vantaggi sono il minor consumo di carta e di contante da parte degli utenti, che non saranno quindi obbligati ad acquistare un biglietto nelle rivendite autorizzate.
# A Milano è possibile pagare contactless solo su 3 linee
Credits Atm – Bancomat contactless Bus
Milano, fatto salvo i tornelli della metropolitana, è in forte ritardo su questo tipo di tecnologia. Ad oggi è possibile pagare tramite carta di credito o bancomat direttamente su sole 3 linee di autobus, 56, 70 e 73, che tra l’altro non sono tra quelle più utilizzate.
Tenendo conto che Milano ha la rete di tram più estesa d’Italia, e tra le prime in Europa, e anche quella più capillare di bus e filobus non si spiega come l‘Atm e l’amministrazione milanesenon siano ancora state in grado di implementare questo servizio su gran parte dei mezzi pubblici.
La città dell’innovazione e della nuova filosofia sostenibile, non può permettersi questo tipo di ritardi, soprattutto in attesa dei nuovi flussi di turisti.
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Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità.
Altro giorno, altra coda. Niente di nuovo sulle autostrade liguri che, ancora una volta, si ritrovano ad essere ostruite da lunghe file di automobili.
Sulle autostrade liguri ancora il CAOS
# C’era da aspettarselo
credits: lavocedigenova.it
Anche per questa estate si prospettano attese interminabili per chi viaggia sulle autostrade della Liguria.
La situazione sulla A12 sembra essere quella più critica. La prima avvisaglia nella giornata di Mercoledì 9 giugno: una coda di oltre di 5 km tra Genova est e Recco a causa di lavori stradali in corso nella direzione del Levante.
# Il caos CONTINUA
credits: Alessio Barattini su fb
Come riporta primocanale.it non sembra possibile risolvere il problema spostandosi su un’altra autostrada. Anche l’A26 e l’A10 hanno rilevato altri 5 km di coda verso il capoluogo ligure, sempre causati da lavori, a cui si sommano i 4km di coda formatesi tra Varazze e Celle Ligure dovuti alla chiusura del casello autostradale. Quasi 20 chilometri di code complessivi entro una trentina di chilometri da Genova, nelle diverse direzione. In un giorno feriale. Cosa accadrà nei fine settimana?
# Le conseguenze sono DISASTROSE: indetta una pubblica protesta
credits: , lavocedigenova.it
La rabbia degli automobilisti non è rivolta solamente alle innumerevoli ore perse marciando a 2 km/h sotto il sole di giugno, ma anche ai gravi danni economici, ai ritardi e anche agli incidenti che queste code possono causare. Per non parlare dell’impatto ambientale.
Per questo motivo dal 15 al 19 giugno è stato indetto uno sciopero proprio per protestare contro questa situazione sempre più insostenibile.
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Da lunedì per la prima volta da quando c’è il meccanismo a colori, la maggior parte dell’Italia sarà zona bianca. Anche la Lombardia potrà salutare i famosi colori rosso, arancione e giallo. Mentre si spera in un non ritorno alle numerose restrizioni dei mesi scorsi, ecco cosa cambierà con l’ingresso della regione in zona bianca.
LOMBARDIA BIANCA: ecco cosa cambierà da LUNEDÌ
# I dati parlano chiaro
Credits: mitomorrow.it Fontana
I dati parlano chiaro, per la terza settimana consecutiva, come riporta il presidente della regione Attilio Fontana, la Lombardia registra meno di 50 contagi ogni 100mila abitanti. L’indice di incidenza è di 23 su 100mila e Fontana ricorda che questi importanti risultati si sono ottenuti grazie alla campagna vaccinale che, dopo un primo momento di difficoltà, ha preso il via. SI precisa che, ad oggi, in Lombardia sono state somministrate circa 7 milioni di dosi e che il 73,8% dei lombardi “vaccinabili” ha già avuto o prenotato la prima dose.
I dati incoraggianti e i parametri in costante miglioramento, hanno fatto sì che da lunedì 14 giugno la Lombardia diventerà bianca.
# Le nuove regole
Credits: adnkronos.it Covid Milano
Si potrebbe dire che la zona bianca è un ritorno alla famosa “normalità” a cui si aspira, anche se ci sarebbe da chiedersi cosa sia ormai la “normalità”. In qualsiasi caso, grazie al bianco possiamo finalmente dire addio al coprifuoco. Nelle giornate estive, non bisognerà più bere un cocktail di corsa perché a mezzanotte bisogna andare a casa.
All’esterno non ci sarà più nessuna restrizione, mentre all’interno i tavoli potranno essere occupati da un massimo di 6 persone. Tutti i tavoli dovranno, però, sempre essere distanziati di almeno 1 metro. Rispettando le regole sul confezionamento e sulla consegna dei prodotti, l’asporto invece sarà completamente libero (nessun limite di orario o di vendita di cibi e bevande).
Questo il riassunto delle nuove regole:
# Coprifuoco
Col passaggio in zona bianca viene meno la maggioranza delle restrizioni, a cominciare dal COPRIFUOCO (lunedì 07.06 era già stato posticipato a mezzanotte).
# Locali
Ristoranti e bar all’aperto non avranno alcun LIMITE, mentre al chiuso resta il limite delle sei persone al tavolo.
# Mascherine
Resta sempre l’obbligo della mascherina AL CHIUSO con esclusione dei bambini fino ai sei anni e all’aperto se non si riesce a garantire una distanza di un metro da altre persone non conviventi
# Altre riaperture
Le regioni che entrano in zona bianca possono inoltre anticipare una serie di riaperture rispetto alla road map scritta nel decreto-legge del 18 maggio.
In Lombardia rirona la possibilità di svolgimento delle fiere, le sagre, i convegni ed i congressi, i centri culturali, sociali e ricreativi, i centri di formazione.
# Eventi sportivi
Gli eventi sportivi che si sono svolti al chiuso ora vengono APERTI AL PUBBLICO e sono consentiti i banchetti dopo le cerimonie civili e religiose: matrimoni, comunioni, cresime.
Ad oggi il termine dello stato d’Emergenza Sanitaria Nazionale è ancora fissato al 31 luglio 2021.
Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità.
Credits Comune di Milano - Lambrate scalo ferroviario 3
A Lambrate è saltato il “Bluff Green”. Il duro attacco del sito True. Vediamo i dettagli.
🛑 L’attacco di True: a Lambrate salta il “BLUFF GREEN”!
# Alla fine “ha vinto il progetto peggiore in termini di qualità”
Credits Comune di Milano – Rendering Lambrate
Nei giorni scorsi, come raccontato qui, è stato presentato il progetto vincitore del concorso internazionale Reinventing Cities indetto dal Comune di Milano per riqualificare lo Scalo Lambrate, uno dei 7 scali ferroviari dismessi.
“Streaming Lambrate”, questo il nome scelto dalla giuria, ha vinto nonostante sia arrivato ultimo in classifica negli ambiti in teoria di maggior rilevanza, quello “tecnico” e quello “ambientale”, con appena 67 punti. Al contrario quindi di quanto si è sempre saputo è stato il criterio economico a pesare di più sul risultato finale, secondo fonti vicine al dossier di gara, come riportato da True-News.
La Sant’Ilario Società Cooperativa Edilizia ha battuto la concorrenza con la sua offerta da 7 milioni, su una base d’asta di 5,7 milioni euro, partendo dall’ultimo posto in graduatoria. Alla fine “ha vinto il progetto peggiore in termini di qualità”.
# Gli altri partecipanti al concorso internazionale Reinventing Cities
Credits radiolombardia – Scalo Lambrate
I primi classificati dal punto di vista ambientale e tecnico erano invece stati Castello sgr, la società di gestione del risparmio guidata da Giampiero Schiavo, in cordata con Consorzio Cooperative Lavoratori, con un’offerta pari alla base d’asta. I secondi classificati in base agli standard “green” della gara, cioè Redo sgr, la società benefit che realizza l’housing sociale di Milano e Lombardia, guidata da Carlo Cerami e Fabio Carlozzo hanno offerto invece 5 milioni e 749.000 euro. Infine i terzi in classifica, la cordata capeggiata da Energa Group, società milanese specializzata in interventi di risparmio energetico negli edifici residenziali, si sono spinti fino a 6,7 milioni di euro.
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Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità.
Nella primavera 2020, mesi prima di maturare il progetto del Recovery Fund, l’Europa ha assistito a un duro scontro. Da una parte i paesi del Nord, i cosiddetti frugali, compatti nel rivendicare il rispetto dei vincoli di bilancio. Dall’altra le nazioni del Sud, con Italia e Spagna a cui si sono affiancate anche Portogallo e Francia che invocavano l’adozione di Eurobond per rendere solidale la garanzia sul debito degli stati. Si è arrivati sull’orlo della spaccatura che poi la diplomazia ha smussato arrivando alla fine all’approvazione del Recovery Fund e di tutto quello che ne è venuto dopo con la dicitura di NextGenerationEU. La domanda però è rimasta: cosa accadrebbe se l’Europa si spaccasse in due?
Francia e Portogallo con Italia e Spagna: l’EUROPA PIÙ BELLA si staccherà da quella dei conti in ordine?
# L’esplosione del debito pubblico: si tornerà a chiedere gli Eurobond?
Il motivo della spaccatura in quelle settimane concitate era nella richiesta dei paesi mediterranei di arrivare a un “debito comune” attraverso l’emissione degli Eurobonds. Al momento tutti gli stati si indebitano emettendo loro titoli che sono garantiti dallo stato che li emette. I paesi più indebitati, in primis l’Italia, hanno di conseguenza un doppio problema: nella quantità e nel tasso degli interessi. Chi ha più debito paga più interessi e a un tasso superiore rispetto ai paesi meno indebitati. Questo porta a spostare progressivamente sempre più ricchezza dai paesi in difficoltà verso quelli con le finanze in ordine. L’emissione degli Eurobonds potrebbe risolvere almeno il secondo dei due problemi, livellando i tassi di interessi a un valore medio tra quelli più alti pagati dai paesi più indebitati e quello più basso dei paesi in ordine.
# Le due possibilità post NextGenerationEU: più ricchezza o più debito?
A questa impasse con la minaccia dei paesi mediterranei di uscire dalla trattativa, si è arrivati alla via di uscita del Recovery Fund poi rinominato NextGenerationEU. Un contributo versato da tutti i paesi europei che viene destinato in quota maggiore ai paesi più colpiti dalla pandemia, in parte a fondo perduto e in parte a debito.
Quale sarà la conseguenza del Fondo di Rilancio? Ci sono due possibilità. La prima è quella auspicata dai firmatari, che le risorse in eccesso facciano da volano a un rilancio dell’economia. Questo dovrebbe portare a un aumento di ricchezza prodotta negli stati ora in maggiore difficoltà che possa più che compensare il rimborso del debito contratto. Quindi la prima possibilità è che il futuro tra i paesi europei si tinga di rosa. Ma c’è anche la possibilità opposta, oggettivamente altrettanto se non più probabile.
L’altra possibilità è che malgrado i contributi investiti per rilanciare l’economia, questa non riesca a riprendersi in modo consistente, mentre invece, il maggior debito contratto possa condurre il debito pubblico ad arrivare a un livello insostenibile. Dove il pagamento degli interessi, nella loro grande quantità e a dei tassi sempre più alti, possa portare a una perdita di ricchezza proprio nei paesi che si volevano aiutare. In primis, l’Italia. A quel punto si tornerebbe come prima se non peggio. Che cosa potrebbe accadere?
Un’Europa divisa in due: l’Europa dei conti in ordine vs l’Europa più bella
Media dei full nodes attivi in Europa
Tornerà probabilmente in auge l’ipotesi della spaccatura che in realtà nasce da molto più lontano del coronavirus. Già in passato si era parlato di Europa a due velocità e di una possibile separazione tra paesi “virtuosi” e paesi “cicale”, definizioni nate in Germania.
Da sempre infatti nell’Unione Europea convivono due anime dominanti.
Quella dei paesi del nord Europa, paesi protestanti, che vivono con sacralità i conti in ordine e aborrono il debito. Nella stessa lingua tedesca debito si dice Shuld, che significa “colpa”: fare debiti è visto come una colpa da scontare.
Dall’altra parte ci sono le nazioni cattoliche del sud. Nazioni che si ritrovano nel valore della pietas, della solidarietà e, se è il caso, nella remissione dei debiti.
A quel punto, se il NextGenerationEU invece di attenuare le differenze portasse a peggiorare la situazione del debito pubblico dei “paesi cicala”, che cosa potremmo immaginare?
A quel punto è presumibile immaginare che si torni allo scontro con la richiesta dei paesi più indebitati a quelli più frugali di condividere il debito. Difficile immaginare un cedimento da parte dei paesi più ricchi, soprattutto dopo l’azione di “salvataggio” già attivata con il NextGenerationEU e il conseguente comprensibile risentimento nel vederla trasformata in maggiore debito. Forse l’ipotesi inevitabile di due mondi culturalmente ed economicamente così diversi non potrà che essere una separazione.
Se lo strappo si completasse in una separazione, potrebbero nascere due Europe diverse. Una sarebbe l’Europa dei conti in ordine, una supereconomia di nazioni con una moneta molto forte. L’altra sarebbe più fragile e più indebitata, ma almeno potrebbe fregiarsi del titolo di Europa più bella. Sapremo accontentarci?
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Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità.
A Sesto San Giovanni come in altri luoghi è stata giustamente intitolata una via ad Anna Frank.
La cosa imbarazzante è la descrizione del personaggio che per quei pochi che non la conoscono risulta assai ridotta e forse un po’ svilente.
Chi era Anna Frank?
Era una giovane ragazza ebrea con una precoce vena di scrittura che se avesse potuto proseguire avrebbe potuto sviluppare la capacità di introspezione e di studio della natura umana. È nota nella storia come scrittrice: il suo diario è un best seller mondiale da cui sono stati tratti anche film.
Il suo nome è universalmente conosciuto per essere autrice di questo diario.
Nella targa a lei intitolata viene omessa questa sua caratteristica fondamentale. Non si menziona il suo essere stata scrittrice ma la si definisce unicamente come una vittima del nazismo.
Cosa sicuramente vera ma che cancella l’identità e personalità storica della ragazza.
Ridurla a semplice vittima di una tragedia epocale cancellando i suoi meriti da viva costituisce una mortificazione della sua memoria.
Secondo noi la targa dovrebbe essere Anna Frank scrittrice, vittima del nazismo.
Non tutte le spiagge più belle dell’Emilia Romagna sono conosciute al grande pubblico, ma meritano comunque di essere scoperte e visitate. Andiamo, quindi, a scoprire le 5 spiagge segrete più belle che questa regione può offrire.
Le 5 SPIAGGE SEGRETE dell’Emilia Romagna (mappa)
#1 Spiaggia dell’Isola dell’Amore
Credits: en.wikipedia.org
L’Isola dell’Amore è un piccolo atollo situato nel Parco del Delta del Po, nell’ultimo ramo della foce del fiume, e fa parte del Comune di Goro, in Provincia di Ferrara. La spiaggia dell’isola gode di sabbia fina e può essere raggiunta solo via mare, motivo per il quale è meno frequentata di altre località. Tuttavia, una volta arrivati, si può godere della sua natura incontaminata e di un faro spicca nel suo centro e ammalia con il suo fascino. Un posto sicuramente da non perdere.
#2 Spiaggia di Marina Romea
Credits: italyfamilyhotels.it
Marina Romea è una piccola frazione del Comune di Ravenna. Data la sua vicinanza con Rimini, spesso i turisti prediligono quella scelta, inconsapevoli della bellezza e della tranquillità che avrebbero trovato. Infatti, Marina Romea offre una spiaggia ben curata e un mare cristallino, rimanendo lontana dalla movida e ideale per rilassarsi. Inoltre, può essere l’occasione perfetta per visitare anche Ravenna, altro gioiello meno considerato di altri.
#3 La Bassona
Credits: bologna.repubblica.it
Rimanendo nella Provincia di Ravenna, per la precisione nascosta tra le fronte della pineta del Lido di Dante, troviamo la Bassona. Qui, la natura la fa da padrone, non ci sono stabilimenti balneari, lettini, ombrelloni. La spiaggia libera è a disposizione di tutti e il mare che la accarezza è ottimale per rinfrescarsi. Il luogo perfetto per rimanere in contatto con la natura e farsi cullare dal suono delle onde.
#4 Spiaggia delle Tamerici
Credits: familyhotelcesenatico.com
Spostandoci invece nella zona di Forlì-Cesena, possiamo trovare la Spiaggia delle Tamerici, anch’essa una spiaggia libera ma unica nel suo genere. Il suo nome, infatti, deriva dalle piante di tamerice diffusa su tutta la spiaggia, le quali fungono anche da perfetti ombrelloni naturali. Nonostante non sia molto estesa, l’area è dotata anche di docce per lavarsi via il sale dopo un bel tuffo in mare.
#5 Lido di Volano
Credits: ilmediatore.it
Infine, conosciamo il Lido di Volano, una spiaggia che si trova all’inizio del litorale di Comacchio. Qui sono presenti numerosi stabilimenti balneari, dotati di tutti i comfort per coloro a cui piace godersi una giornata al mare senza pensieri. Inoltre, è circondata da una vasta pineta che le dona una punta di verde molto gradevole e, grazie alla sua posizione, soffiano i venti ideali per praticare kite surf e wind surf.
Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità.
Uno straordinario progetto permette ai più impavidi di soggiornare in una casetta circondati da questi graziosi insettini, così importanti per la salvaguardia del nostro pianeta, in totale sicurezza. Vediamo dove si trova e come funziona.
Lo SPETTACOLO delle API: il primo APIARIO del benessere ad un’ora da Milano
# Il fascino IRRESISTIBILE delle api
credits: @bees.ig
La passione per l’apicoltura è sempre stata per Marco Cavanna (26 anni) un affare di famiglia. Tutto è iniziato dopo il ritrovamento di due vecchie arnie familiari, una struttura in legno creata appositamente per allevare le api, che lo hanno iniziato al bellissimo, ma così complesso, mondo delle api.
Da qui, è nato il desiderio di iniziare un business tutto suo e creare il primo APIARIOdel benessere con l’obiettivo di condividere con tutti le proprie conoscenze riguardo ai benefici che si possono trarre da questa pratica, ma allo stesso tempo educare e sensibilizzare sul delicato ruolo di questi insetti nel nostro ecosistema.
# SAVE THE BEES
credits: ig @apiariodelbenessere.oltrepo
Questo nuovissimo apiario si trova nel parco del Castello di Verde, nel comune di Colli Verdi (PV). Al suo interno è prevista una struttura in cui sono installate le varie arnie in cassette di legno multicolore e modificate appositamente per permettere all’allevatore di gestire l’apiario in piena libertà e osservare da vicino le api mentre fanno il loro lavoro, senza correre alcun rischio. Si tratta di un progetto estremamente importante, quello di Marco, in quanto le api sono responsabili di circa il 70%dell’impollinazione dei fiori e di vitale importanza per la biodiversità dell’ecosistema e purtroppo l’intervento umano le sta mettendo a rischio.
# Le api fanno BENE alla SALUTE
credits: oltrepolombardo.com
Marco non gestisce il suo apiario solo per la produzione del miele, ma anche per far conoscere al pubblico il benessere dell’apiterapia. La struttura, oltre ad una vista da togliere il fiato sulle colline pavesi, offre un programma di apiterapia che si presenta in due trattamenti molto particolari: l’api-aroma e l’api-sound.
La combinazione del profumo del miele con quello dei vari oli essenziali, così come il ronzio e le frequenze emesse delle api ci regalano effetti benefici sul nostro corpo e sull’apparato respiratorio, per poterci rilassare completamente grazie ai suoni e gli odori della natura. Secondo un’antica tradizione, sembra che il ronzio stimoli il rilascio di ormoni noti come “L’elisir della metamorfosi” i quali vanno a stimolare varie aree del cervello portando ad una diminuzione dello stress, del dolore e un notevole miglioramento dell’umore.
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Al Salone nautico di Venezia è stata presentata Hepic, la prima imbarcazione alimentata a idrogeno per trasporto passeggeri. Purtroppo, la legge italiana (ed europea) ancora non la riconosce e l’imbarcazione non può viaggiare
HEPIC, la prima barca a idrogeno per trasporto passeggeri. Ma in Italia non può navigare
# Il Salone Nautico del 2021, molti segnali per la ripartenza
All’inizio di Giugno l’Arsenale di Venezia ha ospitato la seconda edizione del Salone Nautico. Il sindaco cittadino, Luigi Brugnaro, alla vigilia dell’inaugurazione del Salone aveva detto: “voglio che il Salone Nautico sia, assieme alla Biennale di Architettura, il segnale della ripartenza di Venezia e dell’Italia intera“.
I numeri hanno confermato le sue volontà: i 160 espositori hanno chiuso la seconda edizione della manifestazione accogliendo oltre 30.000 visitatori.
# Cultura e sostenibilità
Questa edizione del Salone, oltre che al mercato nautico, ha dato molto spazio alla cultura e alla sostenibilità: oltre trenta convegni hanno approfondito gli aspetti del navigare e costruire imbarcazioni: design, motori, ambiente.
Luigi Brugnaro esamina e commenta i dati consuntivi del Salone. “L’arte navale è veramente tornata a casa e i numeri di questa seconda edizione del Salone Nautico ci hanno dimostrato quanto fosse giusta e lungimirante l’idea che abbiamo avuto fin dal 2018 – ha detto il sindaco – nel ridare a Venezia l’occasione di dare sfoggio alle eccellenze nautiche. La città è tornata ad essere regina dei mari nel senso culturale più aperto possibile“.
# Le Frecce Tricolori sopra l’Arsenale
Credits: @Salonenauticovenezia – Le Frecce Tricolori passano sopra l’Arsenale
Il Salone Nautico, sabato 29 maggio scorso, è stato inaugurato da una esibizione della pattuglia delle Frecce Tricolori.
Il passaggio in volo dei velivoli acrobatici MB339PAN su Venezia si è inserito nelle più ampie celebrazioni del 2021 per i 1600 anni della città.
Il sindaco Brugnaro aggiunge che “le Frecce Tricolori, con il loro sorvolo, non solo omaggiano il Salone Nautico e Venezia ma sono il simbolo tangibile di una Città che vuole tornare a vivere e ad accogliere tutti coloro che desiderano venire a visitarla perché l’hanno nel cuore”. “Vedere la scia Tricolore nel cielo sopra l’Arsenale è un’emozione unica e un grande riconoscimento ad una mostra che celebra il popolo del mare e una tradizione millenaria che oggi punta all’innovazione e alla sostenibilità. Grazie ancora a tutti voi e al vostro bellissimo gesto”.
# Sostenibilità al Salone Nautico: Hepic e idrogeno
Hepic (Hydrogen Electric Passenger VenICe boat): così si chiama l’imbarcazione a idrogeno presentata durante il Salone Nautico.
Credits: @https://www.alilaguna.it/progetto-hepic
Si tratta senza ombra di dubbio di un caso di eccellenza a livello internazionale per il trasporto pubblico di linea per passeggeri in acque interne.
Il propulsore dell’imbarcazione è totalmente elettrico: Hepic è dotata infatti di un motore elettrico e di altri sistemi elettronici che controllano la potenza sull’asse dell’elica per generare il moto.
Credits: @https://www.alilaguna.it/progetto-hepic
La novità essenziale è che può ricaricare le proprie batterie di bordo sia durante la navigazione, combinando l’idrogeno all’ossigeno all’interno della cella a combustibile, sia da una colonnina elettrica di rifornimento a terra.
L’idrogeno, inoltre, consente fino a cinque volte la densità di energia delle batterie agli ioni di litio; quindi garantisce un maggior numero di ore di navigazione senza la necessità di ricariche intermedie.
A Venezia c’era stato solo un prototipo in passato, “Accadue”, creato per testare il funzionamento delle celle a idrogeno, ma il mezzo era di ridotte dimensioni e trasportava solo il comandante. A differenza di Hepic, che è un mezzo reale, simile ai normali vaporetti utilizzati in città per il trasporto pubblico, Accadue aveva parecchi limiti strutturali e di utilizzo.
# La proposta di Alilaguna
Alilaguna, una delle principali aziende operanti nel trasporto pubblico nella città di Venezia, ha sostenuto e portato a compimento l’opera.
Con Hepic si può mettere in acqua un’imbarcazione in grado di operare tutti i giorni dell’anno come fanno da decenni le imbarcazioni convenzionali a propulsione termica, ma con una tecnologia nuova ed eco-sostenibile come quella a Fuel Cell a idrogeno.
Si legge dal sito di Alilaguna: “Alilaguna con questo progetto intende continuare il rinnovamento della propria flotta investendo nella ricerca di soluzioni tecnologiche innovative nella propulsione navale, in grado di massimizzare le efficienze di impiego dei carburanti e diminuire il più possibile le emissioni carboniose climalteranti secondo i dettami dell’Unione Europea e con ciò tutelando, al contempo, il fragilissimo patrimonio di Venezia e della sua Laguna”.
# Lentezza burocratica
Il principale problema che ci farà ancora attendere prima di vedere queste imbarcazioni al servizio di cittadini e turisti è di natura meramente burocratica.
La normativa italiana che regola il trasporto pubblico passeggeri in acque interne non contempla ancora possibilità tecnologiche come la barca a idrogeno.
Anche a livello europeo, purtroppo, non esiste ancora un quadro di regole uniforme e condiviso tra i paesi. Cosa che invece, per quanto riguarda le automobili, già è presente.
# La parola al presidente di Alilaguna
“I tempi per l’introduzione di questo natante – spiega il presidente di Alilaguna, Fabio Sacco – rischiano di diventare irragionevolmente lunghi. È urgente sbloccare la normativa sulla omologazione di questi mezzi e sostenere anche con investimenti pubblici lo sviluppo di un mercato nel settore della navigazione interna, pensando anche alle infrastrutture di distribuzione e rifornimento dell’idrogeno».
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Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità.
L’Agip Supercortemaggiore, ideata da Enrico Mattei, è una delle strutture più sorprendenti della periferia Nord Ovest di Milano al punto da finire sui migliori magazine internazionali. Dopo essere fallita e abbandonata è rinata grazie a Lapo Elkann e Carlo Cracco. Quale sarà il suo futuro?
Il rilancio dell’ASTRONAVE di Milano
# L’Agip Supercortemaggiore. L’idea innovativa di Enrico Mattei
Credits: linguaggiointeriore.wordpress.com
L’Agip Supercortemaggiore, l’ultimo distributore di Milano nord-Ovest, era la meta preferita degli automobilisti che da viale Certosa imboccavano l’Autostrada dei Laghi. Oggi prende il nome di Garage Italia e, grazie alla sua forma particolare, non passa di certo inosservato. La struttura fu immaginata da Enrico Mattei che, in contemporanea alla creazione dell’Eni sulle ceneri dell’Agip, pensava a realizzare strutture innovative tra cui il grande distributore di benzina posto in un punto strategico della periferia nord di Milano: piazzale Accursio.
# Il distributore tra viale Certosa e Espinasse: il progetto che finì su tutti i magazine di architettura internazionale.
Credits: engramma.it
Nel 1951 è Mattei a chiamare Mario Baciocchi, architetto e urbanista divenuto famoso grazie al progetto della Torre Locatelli tra piazza della Repubblica e via Vittor Pisani. La scelta di posizionare il nuovo distributore di benzina tra viale Certosa e Espinasse, formando un angolo a V fu tanto difficile quanto furba. Per la stesura del progetto ci vollero circa due anni ma, una volta terminato, finì su tutti i magazine di architettura internazionali. Il design innovativo ricorda la prua di una nave e si articola in tre piani, di cui uno sotterraneo. L’ingegnere Camillo Bianchi porterà a termine quel pezzo di storia della Milano nord che verrà inaugurato nel 1953, stesso anno in cui nasce l’Ente Nazionale Idrocarburi.
# La forma particolare e le sue funzioni tuttofare
Credits: edilia2000.it
La stazione di servizio che unisce la figura di un astronave a quella della prua di una nave, comprendeva oltre alla pompa per erogare il carburante, una zona per l’autolavaggio, un’officina di elettrauto e una sala d’attesa con tanto di bar dove i clienti possono attendere il loro turno tra un caffè e due chiacchiere. Al primo piano possiamo trovare invece gli uffici amministrativi e gli spazi abitabili. ‘Supercortemaggiore – Automobile Club’ è la scritta al neon posta al di sopra della struttura, chiara e leggibile da entrambi i viali.
# La seconda vita del distributore? Fallimento
Credits: edilia2000.it
La crisi petrolifera di fine Anni Settanta fece cadere nel baratro la stazione Agip al punto che dopo qualche anno il distributore di benzina venne convertito nell’officina di un gommista senza mai però ottenere il successo aspettato. Per qualche anno si andò avanti tra spizzichi e bocconi fino alla chiusura definitiva. L’abbandono dell’edificio diventerà un monumento all’inerzia pubblica che trascura la storia.
# La rinascita grazie a Lapo Elkann e Carlo Cracco
Credits: video.corriere.it
Nel 2015, da un incontro tra Lapo Elkann e Carlo Cracco, nasce l’idea di farne luogo destinato alla ristorazione, inizialmente curata dallo Chef ma poi passato in mano ad altre persone, e allo stesso tempo come sede di Garage Italia Customs. Nello showroom si possono toccare con mano tessuti, pelli e lamiere per la personalizzazione di qualsiasi tipo di veicolo. Uno dei simboli della nuova vita del Supercortemaggiore è il telaio di una Ferrari 250 Gto posto al centro del ristorante.
# Lavorare duro per far brillare nuovamente la vecchia Agip Supercortemaggiore
Credits: ditecautomations.com
Il premiato architetto De Lucchi è stato incaricato di restaurare lo stabile. “La vecchia struttura era un esempio di Streamline sconosciuto in Italia: lo stile della dinamicità, del vento che corrode e crea la forma delle cose. Purtroppo era diventata un vero rudere, riconsolidarla e metterla in sicurezza è stato un lavoro meticoloso” è ciò che afferma De Lucchi. La parte interna è stata completamente ripensata a differenza dell’esterno che ha visto soltanto una verniciata con una speciale pittura per ridurre le sostanze inquinanti. La struttura, marcata di fasci di neon, è tornata a brillare a distanza di 70 anni.
Dopo la grave emergenza Covid, quale sarà il suo futuro? Riuscirà a completarsi il rilancio?
Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità.
Per chi rimane a Milano c’è solo l’imbarazzo della scelta su dove rinfrescarsi o prendere il sole. Vediamo le più belle piscine all’aperto in città.
Le 7 più BELLE PISCINE all’APERTO di Milano
#7 Piscina Beach Forum, la piscina olimpionica del Forum di Assago
Credits fa.fabri_official_ IG – Piscina Beach Forum
La piscina Beach Forum, lunga 50 metri, è la piscina all’aperto del Mediolanum Forum di Milano ed è quella più gettonata per chi risiede al sud della città. Circondata da un ampio prato verde attrezzato è ideale per prendere il sole e godersi il fresco durante il caldo estivo. A disposizione dei bagnanti ci sono sdrai, ombrelloni e un centro ristoro per cibi freschi.
Indirizzo: AreaMultisport 6, Via Giuseppe di Vittorio, 20090 Assago MI
#6 Le due piscine all’Idroscalo, con affaccio sul mare di Milano
Credits idroscalo.milano IG – Piscine Idroscalo
All’Idroscalo ci sono le due splendide e storiche piscine, “Punta dell’Est” e “Villetta”, una doppia e una per i più piccoli. Durante l’estate sono garantiti tutti servizi a chi vuole godersi una giornata rilassante, scegliendo tra un leggero lunch, uno spuntino pomeridiano, fino all’happy hour avvolti nella magica luce del tramonto. Oltre a questo nel “mare di Milano” si possono fare svolgere numerose attività, dal giro in pedalò fino allo sci nautico, wakeboard e wakeskate per i più avventurosi.
Indirizzo: Via Circonvallazione Est, 19, 20090 Segrate MI
Il Centro Balneare Argelati è la prima piscina all’aperto di Milano con due vasche ampie a posizionate su livelli sfalsati. Aperta nel 1962 la sua struttura particolare immersa in 500 metri di verde, tra aiuole e alberi, è una location prettamente estiva. L’ampio solarium è adatto per i rinfreschi e il relax, mentre il bar per spuntini tra una nuotata e l’altra.
Indirizzo: Via Giovanni Segantini, 6, 20143 Milano MI
#4 Piscina Romano, la più grande e antica piscina all’aperto di Milano
Credits milanosport_official IG – Piscina Romano
La Piscina Romano, realizzata nel 1929 in onore del ginnasta Guido Romano, è la più antica di Milano ed era stata riaperta l’estate scorsa dopo alcuni lavori di restyling. La caratteristica distintiva di questa piscina all’aperto in zona Città Studi è l’enorme vasca rettangolare di 4.000 metri quadri, la più grande in città, oltre a un bel parco con chiosco. Imperdibile l’ingresso “tramonto in piscina“, dal lunedì al venerdì dalle 18 alle 21.
Indirizzo: Via Giuseppe Zanoia, 2, 20131 Milano MI
#3 Piscina Sant’Abbondio, la piscina comunale in zona Chiesa Rossa
La piscina comunale Sant’Abbondio, rinnovata di recente, comprende anche una vasca da 25×12 metri invernale coperta, un solarium, campo da beach volley e calcetto, palestra, bar e giardino. Manca solo la vasca per i bambini. In zona Chiesa Rossa, è raggiungibile con la metro verde fermata Abbiategrasso.
Indirizzo: Via Sant’Abbondio, 12, 20142 Milano MI
#2 Ceresio 7, la piscina panoramica con vista skyline
Credit: Mymi.it
Ceresio 7 Pool & Restaurant è il noto locale del brand Dsquared che offre due magnifiche piscine con vista a 360° sullo skyline di Milano. Il prezzo per godere del relax a bordo piscina, su uno dei rooftop più trendy in città, è di 110€ e comprende il lettino, l’asciugamano e le consumazioni per un importo totale pari a quello indicato. A pranzo si possono gustare le creazioni dello chef Elio Sironi e poi rimanere fino all’aperitivo.
#1 Bagni Misteriosi, la piscina più glamour di Milano
I “Bagni Misteriosi” è il nome della piscina più glamour di Milano, fatta rinascere dal Teatro Parenti grazie alla sua fondazione. È strutturata con due piscine separate da un camminamento: la più grande di circa 50×25 metri con una profondità tra 1,25 metri e 1,70 metri, con una pedana di legno mobile utilizzabile come solarium di giorno e palcoscenico per eventi la sera, la piscina piccola 25×25 metri con una profondità che varia da 60cm a 90cm con al centro la statua liberty dei fenicotteri.
Ogni anno ospita eventi di tutti i tipi, oltre a gli spettacoli del Teatro Parenti, con corsi di nuoto, nuoto a sirena, e servizi di baby-sitting. Dotata di bar con ottimi cibi freschi, si trasforma di sera una location in cui fare aperitivo a piedi nudi. La musica a bordo vasca aggiunge un tocco di classe a una delle migliori piscine di Milano anche a livello di intrattenimento.
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Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità.
Porta Romana sotto la neve, nell’arte del pittore milanese contemporaneo Antonio Cazzamali
Le porte milanesi hanno grandi segreti e curiosità alle spalle: scopriamone alcune.
Segreti e curiosità sulle PORTE di MILANO
Se chiedete a un abitante di Siena a quale parte della città appartiene, vi risponderà con il nome di una Contrada. Se lo chiedete a un Milanese, con tutta probabilità, vi risponderà con il nome di una Porta, chiaro identificativo di un determinato quartiere. E il nome della Porta viene spesso usato al posto del nome della piazza dove la Porta si trova, o si trovava: Piazza Medaglie d’Oro è Porta Romana, Piazza Cinque Giornate è Porta Vittoria, Piazza Guglielmo Oberdan è Porta Venezia, Piazza XXV Aprile è Porta Garibaldi… Ma vediamo qualche segreto e curiosità che non tutti conoscono.
# Porta Garibaldi: un tempo Porta Comasina
credits: milanodavedere.it
Era una delle porte della Mediolanum romana e si apriva nelle mura all’inizio dell’attuale via Ponte Vetero, all’incrocio con via Cusani. Originariamente si chiamava Porta “Comacìna”, proprio come l’isola nel lago di Como. Questa porta venne distrutta nel XVI secolo dagli spagnoli, ma fortunatamente due statue che la ornavano (una raffigurante la Madonna e l’altra sant’Ambrogio) sono conservate nel museo del Castello Sforzesco.
# Porta Romana: una romantica prova d’amore
credits: beethecity.com
La Porta Romana dell’età Imperiale si trovava nell’attuale piazza Missori.
Quella medievale venne arretrata dove oggi si trova l’incrocio di corso di Porta Romana con via Francesco Sforza. Anche in questo caso, presso i musei del Castello Sforzesco, possiamo vedere i resti di alcuni fregi che la adornavano.
La Porta Romana che oggi si erge al centro di piazza Medaglie d’Oro è quella spagnola. È caratterizzata dalla presenza di un arco monumentale fatto erigere nel 1598 da Filippo III di Spagna, l’allora Duca di Milano, in occasione del passaggio della quattordicenne principessa Margherita d’Austria, sua promessa sposa. In onore di Margherita vennero collocate sull’arco di Porta Romana (e sono tutt’ora visibili) le decorazioni di due conchiglie aperte che mostrano all’interno una perla (margarita in latino significa “perla”).
# Porta Sempione: conosciuta come Arco della Pace
Monaco, Milano
Risale al periodo napoleonico e venne fatto costruire nell’intento di unire metaforicamente Milano a Parigi. Sulla sua sommità spicca un gruppo di statue in bronzo raffigurante “La sestiga della Pace”, accompagnata da quattro Vittorie a cavallo, mentre nel fronte sono rappresentate le personificazioni dei fiumi Po, Ticino, Adda e Tagliamento.
La nota curiosa riguarda i cavalli che trainano il carro della pace, la cui posizione è stata modificata dagli Asburgo: per farsi beffa dei francesi, i cavalli sono stati ruotati di 180°, affinché avessero il fondoschiena rivolto alla Francia.
Con questo nome, a Milano, si sono susseguite quattro porte: la più antica, al Carrobbio, di epoca romana; quella medievale, che possiamo vedere ancora oggi all’incrocio fra corso di Porta Ticinese e Via de Amicis; quella spagnola, in piazza XXIV Maggio, sostituita, in epoca napoleonica, dall’attuale porta, in stile neoclassico, opera del Cagnola.
Ma, per i milanesi, l’unica Porta Cicca è quella medievale. L’originale, in legno, venne spazzata via dall’esercito del Barbarossa, nel 1162. Fu Azzone Visconti a ricostruirla, dopo il 1329, ed è questa l’unica testimonianza rimasta, insieme agli archi di “Porta Nova” in via Manzoni, di quella che era stata la cinta muraria medievale della città. Ai lati, aveva due torri in mattoni e sopra all’unico fornice a tutto sesto in pietra venne posto, sul lato verso la campagna, un tabernacolo gotico, dai più attribuito a Giovanni di Balduccio, che rappresenta in bassorilievo la Vergine in trono col Bambino al centro, ai suoi piedi Sant’Ambrogio che offre il modello della città, mentre dietro, sulla sinistra si scorge San Lorenzo con la graticola e dall’altro lato Sant’Eustorgio con accanto San Pietro Martire. Questa era l’unica delle porte cittadine ad avere un solo arco, a differenza delle altre cinque che potevano contare su due aperture, e per questo venne soprannominata “cicca”, dallo spagnolo“chica”, cioè piccola, piccina.
La Porta venne rimaneggiata nel 1861 da Camillo Boito che la liberò dalle case che vi si erano sovrapposte, aprì nelle torri laterali due passaggi ad arco acuto e pose in alto merlature guelfe, di moda nei restauri ottocenteschi.
Ancora oggi, questa porta ha una forte valenza religiosa. Da qui infatti passa la processione dei Re Magi in occasione della festa dell’Epifania ed è la porta da cui fa il suo ingresso in città il nuovo Arcivescovo che prende possesso della diocesi ambrosiana.
# Porta Venezia… o Renza
porta venezia: com’era
Il nome di Porta Renza nasce da una storpiatura del suo nome latino, Porta Argentea, così chiamata perché si apriva verso Argentiacum, l’attuale Crescenzago.
Gli Spagnoli la chiamavano Porta Orientale, ed è da qui che, secondo le cronache seicentesche, un certo Pietro Antonio Lovato, dopo aver abbandonato l’esercito dei Lanzichenecchi, entrò in Milano con vestiti ed averi infetti dalla peste, causando la terribile epidemia del 1630. E’ sempre da questa porta, che Renzo Tramaglino compie sia il suo ingresso in Milano, alla ricerca di Lucia, che ritroverà nel Lazzaretto, sia la sua fuga verso Bergamo, quando, ingiustamente ricercato dalla giustizia, deciderà di scappare dal cugino Bortolo.
Nel 1700, questa zona divenne oggetto di una legge comunale chiamata “servitù del Resegone”, per la quale tra Porta Venezia e Porta Nuova era proibito edificare case che sorpassassero l’altezza dei Bastioni per impedire che venisse ostruita nelle giornate limpide la vista di Alpi e Prealpi.
# Porta Vittoria: la vecchia Porta Orientale di Milano
Credit: wikipedia
Porta Tosa era, con Porta Tenaglia, Porta Vigentina e Porta Lodovica, una delle quattro porte succursali di Milano (nella fattispecie, succursale di Porta Orientale).
Sulle origini del suo vecchio nome si è già ampiamente investigato in un articolo precedente, ma c’è un altro toponimo del quale vale la pena chiarire l’origine: quello di Corso XXII Marzo, il viale che partendo dalla piazza, corre verso la periferia. E’ dedicato all’ultima delle Cinque Giornate di Milano, che ebbero luogo dal 18 e il 22 marzo 1848.
Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità.