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🛑 Analisi choc: nell’anno del Covid CALO RECORD in Europa degli STIPENDI degli ITALIANI

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Credits: ilnordestquotidiano.it lavoratori italiani

Nonostante il blocco dei licenziamenti ormai attivo da un anno, secondo Eurostat i lavoratori italiani sono quelli che hanno perso di più in Europa. La crisi è arrivata per tutti, ma l’Italia sorprende sempre posizionandosi tra i primi posti quando si parla di perdite economiche.

Analisi choc: nell’anno del Covid CALO RECORD in Europa degli STIPENDI degli ITALIANI

# I salari sono calati drasticamente: persi 40 miliardi di euro

Credits: piacenzasera.it
portafoglio vuoto

Nel 2020 i lavoratori italiani hanno visto i loro salari diminuire drasticamente: l’ammontare dei salari corrisponde oggi a 486,4 miliardi di euro, contro i 525,7 di prima. Non solo, quindi, ci sembra di non aver vissuto un anno e mezzo delle nostre vite, ma per quanto riguarda il lavoro e l’economia siamo tornati al 2016 quando il monte salari era circa 490 miliardi, quindi ancora più alto di quello di adesso.

L’Italia, inoltre, ha visto un calo del PIL pari all’8,9%, superando di gran lunga la media europea dell’1,9% e mostrando quindi il dato peggiore di tutta l’UE. D’altronde si sa che, quando si parla di record in negativo, all’Italia piace classificarsi per prima.

# Il calo più drastico in Italia: -7,5%. Segue la Spagna

Seppure l’Italia ha battuto tutti, secondo Eurostat la Spagna non è stata da meno. In Spagna è stato registrato un caldo del monte stipendi pari al 6,44%, contro il 7,5% italiano, e 600 mila lavoratori in meno. Si dimostrano certamente migliori, invece, Francia e Germania, rispettivamente con un calo del monte dei salari di 3,42% e di 0,87%. E se poi i lavoratori italiani sono quelli che ci hanno rimesso di più, in Olanda il monte salari è addirittura aumentato del 3,29%.

Questi dati la dicono lunga su come i diversi stati hanno reagito alla crisi. È vero che l’Italia partiva svantaggiata, dato che la sua situazione economica non era già delle migliori, ma i dati sono veramente preoccupanti.

# Al calo degli stipendi si aggiungono 1 milione di nuovi disoccupati

Credits: claai.info
blocco dei licenziamenti

Bisogna precisare, inoltre, che in questo momento i lavoratori italiani non possono essere licenziati e, nonostante ciò, l’Italia è quella che ha perso di più. Il blocco dei licenziamenti, seppure temporaneo, ha aiutato molte famiglie a continuare ad avere una fonte di reddito in un periodo così difficile per l’economia. Non sono mancate però le persone che hanno perso il loro lavoro, arrivando ora a circa 1 milione. In più a febbraio 2021 si registrava un tasso di disoccupazione pari al 10,2% e al 31,6% per quanto riguarda i giovani. Se quindi i dati non sono stati incoraggianti in un periodo dove è impossibile licenziare, cosa succederà dopo? Non si sa, ma il problema è che non lo sanno nemmeno il governo, i sindacati e le stesse imprese.

La Uil chiede di confermare il blocco dei licenziamenti «senza il quale il dato sarebbe più grave» e di rinnovare al più presto i contratti nazionali. Rimane però il fatto che una volta tolto questo blocco, perché non sarà eterno, anche se per ora si può stare tranquilli per qualche mese, sarà inevitabile che alcune persone perderanno il proprio lavoro, a meno che non ci si troverà di fronte ad una forte crescita improvvisa.

Fonti: dagospia.com

Continua la lettura con: Il Covid ti fa RICCO: aumento RECORD del patrimonio dei SUPER RICCHI del mondo

BEATRICE BARAZZETTI

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🛑 Il mistero del CAPRONE GIGANTE in Gae Aulenti

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Credits: milano.corriere.it

L’installazione in legno, per fattezze e dimensioni, ricorda il leggendario Cavallo di Troia narrato nei poemi omerici. Eppure, qui parliamo di una capra ed è necessario osservare bene per indovinare quale sia il suo significato.

Il mistero del CAPRONE GIGANTE in Gae Aulenti

# Una campagna avvolta nel mistero

Credits: asknews.it

L’arrivo della statua in piazza Gae Aulenti, in realtà, non è stata totalmente una sorpresa. Nei giorni precedenti, in alcuni dei luoghi più importanti di Milano come i Navigli o nei pressi del Duomo, sono iniziati ad apparire i primi indizi. Tra questi, alcune impronte di zoccoli giganti sui marciapiedi e altre dediche dalle fattezze caprine sui cartelli stradali. Si ritiene che, dietro tutto questo, ci sia qualche azienda pronta a lanciare una campagna marketing fuori dal comune. Tuttavia, niente è ancora certo e solo una volta arrivati nei pressi della statua in legno si può iniziare a comprendere il suo scopo.

# La nuova attrazione di Gae Aulenti

Credits: rassegnastampa.news

Giunti al suo cospetto, ci si può rendere conto dell’imponenza del nuovo arrivato. La statua è alta ben 14,05 metri e larga 12 metri, posizionata accanto al padiglione di IBM. La prima cosa che salta all’occhio è la scritta su un fianco: “C’è un _____ dentro”, con uno spazio vuoto che sembra invitare i presenti a indovinare cosa contenga davvero. Un cartello riguardante le informazioni per la privacy riporta che l’opera è stata commissionata da Birra Peroni. Probabilmente sarà necessario attendere ancora qualche giorno prima che il segreto venga completamente svelato. Nel frattempo, tutti i curiosi possono ammirare e immortalare una installazione a dir poco inusuale, utile anche solo a distrarsi e strappare un sorriso nel tran tran quotidiano.

Fonte: asknews.it

Continua a leggere con: Il mistero irrisolto della FONTANA ASCIUTTA di PIAZZA GRAMSCI

MATTEO GUARDABASSI

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BABINGTON’S: dove l’Italia scoprì il té all’inglese

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Per un perfetto tè all’inglese a Roma da 125 anni c’è una sola destinazione la Babington’s Tea Rooms di Piazza di Spagna

BABINGTON’S: dove l’Italia scoprì il té all’inglese

Quasi tutte le strade portano a Roma. Ma tutte, assolutamente tutte le strade di Roma portano a Piazza di Spagna. Alla Scalinata. Alla fontana del Bernini. Dei due Bernini (padre e figlio). E quindi da Babingtons! Così Beniamino Placido, scrittore e giornalista, parlava di questa tea room in perfetto stile inglese che da 125 anni serve tè e delicatezze a clienti ricercati in Piazza di Spagna.

Si chiama Babington’s ed espone in vetrina la foto del Principe Filippo, proprio nel giorno dei suoi funerali, in quanto vero e proprio pezzo d’Inghilterra, anche se nel cuore di Roma.

La storia dell’apertura di questa Tea Room è avvincente e ben raccontata dagli stessi proprietari nel loro sito web ricco anche di prodotti e consigli per amanti della bevanda inglese per eccellenza, il tè.

# Fondato da due signorine inglesi per la comunità anglosassone di Roma 

Le cose andarono così. A Roma vennero, nel 1893, due giovani signorine inglesi di buona famiglia: erano Isabel Cargill, figlia del capitano Cargill, fondatore della città di Dunedin in Nuova Zelanda e Anna Maria Babington, discendente di quell’Antony Babington impiccato nel 1586 per aver cospirato contro Elisabetta I. Le due giovani decisero di investire i loro risparmi (100 sterline) aprendo nella capitale una sala da tè e di lettura destinata alla comunità anglosassone.

# Il trasferimento nel “ghetto inglese”

L’impresa comportava notevoli rischi soprattutto perché in Italia non era diffusa l’usanza di bere il tè, venduto all’epoca solo in farmacia ma la sala da tè riscosse un immediato successo sia perché l’Italia era per gli inglesi la meta del Grand Tour, sia perché si inseriva in una Roma che festeggiava il Giubileo e le nozze d’argento dei reali Umberto e Margherita e nella quale affluivano capi di stato ed esponenti dell’aristocrazia e del bel mondo internazionale.

Inizialmente Babingtons venne aperta in Via Due Macelli e dopo un anno dalla sua apertura fu spostata in Piazza di Spagna, nel cosiddetto “ghetto inglese”, all’interno del prestigioso palazzo settecentesco adiacente alla scalinata di Trinità dei Monti e vicino a quello che oggi è il Keats and Shelley Memorial House.

# La crisi negli anni venti

Quelle che erano le stalle del palazzo, opera anche questa, come la Scalinata, di Francesco De Sanctis, vennero ristrutturate e decorate secondo i gusti del tempo e presto, come pubblicava The Roman Herald, Babingtons Tea Room divenne il punto di incontro dove “le signore e i signori, stanchi dopo la visita o occupati per motivi personali nel centro della città potevano, in un ambiente accogliente e gradevole, ristorarsi con una consolante tazza di tè…

Lo scoppio della prima guerra mondiale nel 1914 segnò una battuta d’arresto al successo della sala da tè che tuttavia restò aperta con grande sacrificio di tutti coloro che vi lavoravano. Mentre l’Europa con la fine della guerra viveva un momento di grande euforia, il declino di Babingtons proseguì e le cose peggiorarono con la crisi di Wall Street e la morte in Svizzera, nel 1929, di Anna Maria.

# Il rilancio con Isabel

Si pensò anche di chiudere, ma la sorella di Isabel, Annie, prese in mano la situazione e, investendo tutti i suoi capitali, decise di fare dei radicali cambiamenti alla sala. Furono rinnovati così l’arredamento, le tende e i cuscini e, sotto la guida di Dorothy, la sala da tè si riempì nuovamente.

Gestita oggi dalla quarta generazione discendente da Isabel, sopravvissuta a due guerre, a diverse recessioni economiche come pure all’arrivo dei fast food, Babingtons è rimasta l’indirizzo mondano per una scelta clientela – Guida Monaci, 1899.

E in questo salotto nel centro della città da allora si danno appuntamento famiglie reali e personaggi del mondo della cultura e dello spettacolo, sicuri di essere accolti con discrezione, come se fossero a casa loro. Il menù oggi offre una scelta di piatti dolci e salati, nel rispetto della tradizione inglese, dal pasto leggero al tè vittoriano.

Continua la lettura con: Roma e la Vespa

FRANCESCA SPINOLA

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Il mistero irrisolto della FONTANA ASCIUTTA di PIAZZA GRAMSCI

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credit: fontanedimilano.it - Fontana Piazza Gramsci

Doveva essere l’attrazione di una delle piazze più stravaganti della città. Una fontana dalla strana forma e posizione che però non viene messa in funzione da circa 30 anni. Qual è la sua storia?

Il mistero irrisolto della FONTANA ASCIUTTA di PIAZZA GRAMSCI

Il mistero della fontana di Piazza Gramsci continua ad essere irrisolto, tra i dubbi e la rabbia dei cittadini. Ma perché questa fontana di strana forma e posizione è stata costruita senza essere mai utilizzata? E cosa si potrebbe fare per migliorare la condizione di degrado in cui riversa?

# Una fontana asciutta da circa 30 anni

credit: fontanedimilano.it

La storia della degradata fontana è iniziata negli anni ’90, ed era parte di un progetto più ampio con il quale l’amministrazione comunale intendeva riqualificare la piazza nel suo complesso. Dopo la costruzione di un parcheggio sotterraneo, la piazza venne completamente pedonalizzata e dotata di questa grande fontana situata nel primo piano interrato dei box, nel lato settentrionale della parte centrale. E per chi la fontana non l’ha mai vista può sorgere spontanea la domanda: “Non la azionano perché è esteticamente brutta?”.

# Dalle cascate e i giochi d’acqua, ad un cestino per rifiuti

credit: blog.urbanfile.it

Ma la fontana di Piazza Gramsci non è brutta, anzi (e comunque non sarebbe una buona scusa per tenerla spenta). Si presenta come un grande muro di 180 mq, rivestito in piastrelle bianche e blu, che avrebbero dovuto rendere ancor più dinamico lo scorrere dell’acqua. La caratteristica predominante sono però le sue forme ondulate, presenti sia nella parte centrale che lateralmente e che ricordano moltissimo quelle di uno scivolo d’acqua. Il complesso è stato progettato per dare vita a dei fantastici giochi d’acqua, predominati da cascate. Eppure, a causa di infiltrazioni sotterranee, è da sempre inutilizzata e viene spesso trasformata in un cestino per i rifiuti che il Comune continua a raccogliere, senza risolvere il problema alla radice.

# Trasformare lo spazio o far ripartire la fontana?

Le soluzioni per migliorare la condizione di degrado potrebbero essere moltissime, ma al momento la fontana è gestita dal concessionario del parcheggio sotterraneo che non sembra volersene occupare. Il Comune nel 2013 l’ha autorizzato a trasformare la fontana in una grande area giochi per bambini, di cui effettivamente ne ricorda le forme. Ma il progetto non è mai neppure partito e il sito Urban File ha proposto un’idea semplice ma esteticamente più bella, più eco friendly e anche più pulita: fare dei terrazzamenti con piante, arbusti e fiori.

credit: blog.urbanfile.it – Come sarebbero i terrazzamenti verdi

Sia l’idea del parco giochi che quella dei terrazzamenti verdi migliorerebbero nettamente l’aspetto complessivo della piazza e valorizzerebbero uno spazio che finora è stato totalmente ignorato. Nonostante le molteplici soluzioni possibili, sarebbe ancora meglio trovare una soluzione per tornare a far scorrere l’acqua nella fontana, visto che per ora vi è scorsa solo l’acqua piovana.

Fonte: Corriere , Urban File

Leggi anche: L’avanguardismo della FONTANA DELLE QUATTRO STAGIONI di CityLife

ROSITA GIULIANO

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Il GIARDINO NASCOSTO di via Malaga

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Credits: comitatoponti.org - Giardino nascosto di via Malaga

L’area è prossima all’incrocio tra il Naviglio Grande e il canale scolmatore Olona, all’altezza della chiesa di San Cristoforo, tra le vie Malaga e Bussola. Ecco quando è nata l’idea e come è stato realizzato il giardino condiviso.

Il GIARDINO NASCOSTO di via Malaga

# L’area abbandonata è rinata come giardino condiviso

Giardino nascosto

La zona che ha visto nascere qualche anno un giardino condiviso si trova in una porzione di terreno di proprietà demaniale, tra la ferrovia e il Naviglio Grande, sotto al cavalcavia di Viale Cassala. L’area era sporca, trascurata e poco conosciuta, caratterizzata da degrado e incuria. Nel 2012 l’associazione “Comitato Ponti”, seguendo le direttive della delibera comunale ha presentato al Consiglio di zona un progetto per portare avanti il primo tassello di un parco fluviale che vorrebbe estendersi dal Naviglio lungo l’Olona fino al viale Famagosta. Da questo sono nate le basi per la realizzazione nel 2016 del “Giardino nascosto”: da area abbandonata e nascosta a giardino fruibile per tutti i cittadini di Milano.

# Il progetto del “Giardino nascosto”: 5.000 mq dove è possibile fare giardinaggio, laboratori e incontri culturali

Credits: comitatoponti.org – Progetto giardino nascosto

I giardini condivisi che si realizzano in tante zone della città, hanno caratteristiche comuni: attività di giardinaggio e coltivazione collettiva, laboratori, incontri culturali e momenti sociali. Il “Giardino nascosto” è accessibile a tutti ma per entrarci è necessario un codice, che conoscono i soci e i responsabili, ma solo per una questione di sicurezza.

L’area di 5.000 mq ha al suo interno: un’area per gli eventi, diverse aree a orto, altre a fiori alternate ad altre di vegetazione naturale, un deposito per le biciclette, zone attrezzate per laboratori e una suggestiva cupola di legno ricoperta di rose.

 

Fonte: Comitato Ponti

Continua la lettura con: 🛑 Una nuova VESTE per PIAZZA PIOLA: diventerà un piccolo giardino GIAPPONESE con ciliegi in fiore e panchine rosa

FABIO MARCOMIN

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Un’ISOLA GRECA? No, siamo in ITALIA

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Credits: @simona.ciucci IG

Una meta pittoresca, turistica e dal carattere puramente mediterraneo, diventata famosa grazie alle sue vie super colorate, ai suoi scorci panoramici e all’immancabile mare cristallino.

Questa è la perfetta descrizione di Marzamemi, un coloratissimo borgo siciliano, la perla del territorio di Pachino.

Un’ISOLA GRECA? No, siamo in ITALIA

# Una meta magica che, con i suoi panorami, fa dimenticare dove ci si trova realmente

Credits: @simonedeliapsicologo IG

Sembra di essere lontani dall’Italia, in un’isola sperduta, magari proprio della Grecia… In un luogo dal quale è difficile andarsene.

Ma Marzamemi è una piccola frazione di Pachino, comune siciliano in provincia di Siracusa. Già solo il suo nome richiama il legame con il mare: infatti, il suo significato in arabo è “piccolo porto”, proprio perché questa località ha da sempre rappresentato un punto d’approdo per tutte le navi che solcavano i mari della Trinacria.

# Marzamemi è una piccola località imperdibile della Sicilia

Credits: @manytripsmanyphotos IG

Ad appena 3 metri sopra il livello del mare, la zona di Marzamemi è caratterizzata da un territorio pianeggiante, ma la sua linea costiera è molto cangiante. Dalle spiagge di sabbia fine e chiara, ai tratti in prevalenza rocciosi, soddisfa le preferenze di tutti.

Marzamemi. Credits: @sicilia_capitale (INSTG)

E, per la sua posizione, non poteva non avere una temperatura media piuttosto alta durante tutto l’anno. Poi, in estate, non è difficile raggiungere i 40°C e il vento che caratterizza i luoghi direttamente sul mare non aiuta a rendere la giornata più fresca.

Però, diciamocelo, una “sofferenza” che tutti sono in grado di tollerare per avere in cambio un soggiorno paradisiaco e tranquillo in uno dei simboli più piccoli della Sicilia.

# L’importanza del turismo per valorizzare le piccole località marittime italiane

Credits: @maria_vittoria_di IG

In passato, Marzamemi, senz’altro una delle tappe d’obbligo del territorio siracusano, basava il suo flusso economico sull’impianto produttivo della Tonnara e sulla lavorazione delle uve.

Ma oggi vive di turismo, prestando particolare attenzione all’accoglienza dei visitatori. In questo contesto, la Baia delle Calamosche è una delle mete preferite dai turisti, un luogo che non si può non visitare. E, ovviamente, non possono mancare le strutture dove gustare gli ottimi prodotti locali, dal tipico pomodoro, fino all’eccellente pesce spada.

Ma sono sicuramente gli scorci caratteristici e gli spettacolari panorami sul mare a far dimenticare, anche solo per un attimo, la solita quotidiana realtà.

Fonte: www.paesionline.it

Continua la lettura con: La CASA VOLANTE: la villetta che si alza per vedere il MARE

ALESSIA LONATI

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E’ possibile DORMIRE nel YELLOW SUBMARINE dei Beatles

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credit: airbnb.it

Sospeso in un mare di verde come cantavano i Beatles, è possibile dormire in un vero yellow submarine. Dove si trova e quanto costa?

E’ possibile DORMIRE nel YELLOW SUBMARINE dei Beatles

“We all live in a yellow submarine” cantano i Beatles nel ritornello di Yellow Submarine, una di quelle canzoni che hanno letteralmente fatto la storia della musica. Grazie ad una fedele ricostruzione, oggi è possibile affittare per qualche giorno un vero sottomarino giallo in cui dormire e vivere. La mini-casa è perfetta per tutti gli appassionati di musica, ma anche per chi è sempre alla ricerca di luoghi sui generis in cui alloggiare. Dove si trova questo Yellow Submarine e quanto costa affittarlo?

# Nella natura selvaggia della Nuova Zelanda

credit: airbnb.it

Circondato dalla fitta vegetazione di un bosco dove scorre persino un fiume (in cui purtroppo il sottomarino non può immergersi), il sottomarino più famoso e cantato al mondo è stato ricostruito e ci si può vivere. La canzone, sarà un caso, ma descrive proprio un “sea of green”, ovvero un mare di verde. Ma dove si trova precisamente? Nel cuore della Nuova Zelanda, in un parco vicino alla città di Marton. E’ qui che si può vivere una o più notti nella surreale atmosfera che ha caratterizzato prima il pezzo della band inglese, e poi addirittura un film d’animazione.

# Una mini-casa con tutti i comfort. Il pezzo forte? Il patio

credit: airbnb.it

I proprietari, Keith & Jen, hanno messo in affitto sul sito Airbnb la loro particolare mini-casa, dotata nel suo piccolo di tutti i comfort: due letti matrimoniali per un totale di ben 4 comodi posti letto, la cucina, il riscaldamento, il parcheggio gratuito e persino un piccolo angolo di lavoro. Senza contare il patio dotato di tavolino e sedie, che si fonde con il bosco circostante senza soluzione di continuità: una delle location migliori per fare colazione e iniziare la giornata.

# Un clima magico al prezzo di 100€ a notte

credit: airbnb.it

Un alloggio con un clima davvero magico a prescindere dal riferimento musicale, ma per tutti gli appassionati dei Beatles può essere davvero emozionante passare qualche giorno in questo “Yellow Submarine” immerso totalmente nella natura.

credit: airbnb.it

Alloggiare in questa mini-casa, costruita adattando un reale sottomarino, costa circa 100€ a notte e sul sito sono già tantissime le date non più disponibili. Sarà la voglia di scappare dalla monotona routine, sarà la ricerca di un contatto più diretto con la natura, ma questo sottomarino giallo sta attirando l’attenzione del mondo intero. Tu lo affitteresti?

Fonte: Wired

Leggi anche: L’ “HOTEL DELLA SVENTURA”: in 30 anni non ha mai avuto un ospite

ROSITA GIULIANO

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Debutta l’EMILIA ROMAGNA OPEN: la città ospitante diventerà capitale del tennis?

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Credits: federtennis.it Tennis Club President

Esattamente una settimana prima del Roland Garros, dal 22 al 29 maggio 2021, la presenza del nostro Paese nel tennis internazionale si farà sentire di nuovo, dopo gli eventi di Cagliari.

Debutta l’EMILIA ROMAGNA OPEN: la città ospitante diventerà capitale del tennis?

# Nascita di un torneo di rilievo internazionale

Credits: regione.emilia-romagna.it
Emilia Romagna Open

Utilizzando al meglio le licenze provvisorie dell’ATP, che sono state fornite per far fronte alla situazione post-pandemica e rafforzare la situazione tennistica a livello globale, dopo la battuta d’arresto dovuta al Covid, il prossimo torneo ATP 250 passerà da Parma, precisamente per il President Tennis Club di Montechiarugolo. Si è deciso di chiamare il torneo Emilia Romagna Open.

Si tratta di un evento fortemente voluto e sostenuto dalla Regione Emilia-Romagna e dai principali attori nell’ambito di questo sport. Si spera anche, che possa ospitare qualche centinaio di tifosi come pubblico, sempre nel rispetto delle disposizioni sanitarie vigenti.

# I precedenti sportivi in Regione

Credits: federtennis.it
Challenger Parma

Prima del torneo tennistico, previsto per il prossimo maggio, l’Emilia-Romagna ha ospitato altre competizioni di rilievo: sia nel caso del Challenger 80 del 2019, che del Challenger 125, tenutosi nell’ottobre 2020. Questi eventi hanno senz’altro “preparato la strada” all’ATP 250. Probabilmente, anche il fatto che il Presidente ed il CEO dell’ATP siano italiani ha aiutato e aiuterà il nostro Paese a confermarsi un luogo importante della mappa tennistica mondiale.

# Il futuro: Parma capitale del tennis?

Credits: federtennis.it
Tennis Club President

L’occasione è certamente ghiotta perché Parma ed il suo circondario diventino un luogo importante del tennis a livello internazionale. Aver coinvolto realtà organizzative, oltre che sportive, di altissimo livello aiuterà certamente a raggiungere l’obiettivo, come spesso avviene quando le forze positive di un territorio lavorano insieme per creare iniziative.

Continua la lettura con: Perché PARMA è la CAPITALE EUROPEA dell’alimentare

ANTONIO ENRICO BUONOCORE

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Via MARGUTTA, come il “borghetto dei pidocchi” è diventato la celebre strada degli ARTISTI

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via Margutta - Credits: @scooteromatours (INSTG)

La famosa strada di Via Margutta è sempre stata meta preferita degli artisti fin dal Rinascimento, per la sua aria di essere lontana dalla città, priva dalle contaminazioni della modernità, piena di verde e luogo da cui trarre ispirazione. Pertanto artisti di tutto Europa cominciarono ad acquistare qui case e ad allestire le proprie botteghe. Ma vediamo la sua storia. 

Via MARGUTTA, come il “borghetto dei pidocchi” è diventato la celebre strada degli ARTISTI

Fra Piazza di Spagna e Piazza del Popolo, proprio a ridosso del colle del Pincio si snoda una strada secondaria, parallela a Via del Babbuino, nota per i suoi pittori e per la dolce vita di artisti di ogni genere. Luca Barbarossa, nel 1987 portò a San Remo una canzona intitolata a questo tratto di strada, Via Margutta, cantando “amore vedessi com’è bello il cielo a Via Margutta questa sera…”. Aveva ragione, il cielo visto da Via Margutta è sempre bellissimo ed è testimone di tanti avvenimenti di questa strada, non troppo lunga con i suoi 800 metri, ma ricca di storie da raccontare.

# Da spopolata stradina di campagna a via degli artisti

Il tracciato odierno di questa via esisteva già da secoli prima che si chiamasse Via Margutta, quando il suo nome era Via dei Nari perché la famiglia Naro possedeva diversi terreni sui suoi fianchi collinari. All’epoca questa era una zona spopolata, Piazza di Spagna e Piazza del Popolo ancora non esistevano, c’era solo la Chiesa di Santa Maria del Popolo e si era intorno all’anno 1190.  L’area era campestre e saliva verso il Pincio con terrazze a vigne, giardini e orti.

# il “borghetto dei pidocchi”

Questa zona dell’odierno Campo Marzio all’epoca era anche spopolata perché c’era il problema del fango e dell’impaludamento e ciò era dovuto alle continue esondazioni del fiume Tevere, non ancora dotato di argini, ma anche dai ruscelli che dal Pincio confluivano in basso nei giorni di forti piogge. Sui lati di Via dei Nari ancora nel 1400 c’erano case povere, talmente malmesse che quest’area prese il nome di “borghetto dei pidocchi” e pensare che oggi all’interno dei palazzi cinquecenteschi di Via Margutta ci sono sedi di boutique di lusso, hotel a cinque stelle, atelier di artisti e gallerie d’arte.

# La Via del barbiere detto il margutta

Solo dal 1580 la via prende il nome di Via Margutta dal soprannome dato a un barbiere che all’epoca aprì proprio qui la sua bottega. L’uomo divenne così famoso che tutti lo conoscevano, tanto da chiamare la via con il suo soprannome, per l’appunto il margutta che in dialetto umbro o marchigiano significa “grosso”, a Roma sinonimo di “energumeno”.

La particolare posizione di questa via, vicina al Tevere e a San Pietro, la rese il luogo adatto dove aprire botteghe di artigianato e qui cominciarono ad arrivare committenze di opere d’arte dal Papa in piena fase fabbrica di San Pietro e dai Cardinali della corte pontificia, tanto che artisti e artigiani si riversarono qui per lavorare nei laboratori e esaudire le richieste di tutti i committenti, anche quelli delle famiglie aristocratiche della Roma bene.

# Da Canova a Fellini un mondo di artisti per Via Margutta

Rubens e Canova avevano qui il loro studio e lavoravano insieme alle tante opere in marmo che realizzarono, come Gianlorenzo Bernini che trovò in questa via una posizione ottimale per lavorare in quanto il tracciato di Via Margutta era vicino ai percorsi di arrivo dei materiali da Via Flaminia e soprattutto dal Tevere, dove scaricavano il Travertino che da Tivoli veniva trasportato prima tramite l’Aniene per poi affluire sul Tevere per essere sbarcato nel vicino Porto di Ripetta. A via Margutta si producevano anche opere in bronzo nella fonderia di Luigi e Giuseppe Valadier che qui realizzarono il famoso campanone da 90 quintali che oggi si trova dentro San Pietro.

Più recentemente, all’inizio del secolo, Via Margutta diventa la meta degli artisti avanguardisti come De Chirico, Balla, Picasso che intorno al 1917 vi si stabilirono per vivere e lavorare negli atelier che ormai erano tanti e disseminati su tutta la via, come fece anche la pittrice Novella Parigini, allieva di Salvador Dalì, che si diceva fosse la figlia illegittima di Gabriele D’Annunzio.

Poi alla fine degli anni ’60 inizia la Dolce Vita e la Via accoglie artisti, attori, pittori, registi, scrittori come Fellini, Calvino, la Magnani e tutti si ritrovavano all’Osteria Margutta che non era solo un ristorante ma un vero e proprio Caffè Teatro dove gli artisti in stile bohemienne si ritrovavano per mangiare e per recitare, cantare, declamare poesie. In uno dei palazzi della via furono girati gli interni del film cult Vacanze Romane con la bellissima Audrey Hepburn e l’elegantissimo Gregory Peck.

 

Oggi percorrere questa via vuol dire uscire dal caos della parallela Via del Babuino per reimmergersi in un ambiente fatato, reso tale da una rete di piante rampicanti, come edere e glicini, che avvolge tutti i palazzi della strada dall’inizio alla fine, in una festa di colori che la fa somigliare a una foresta urbana. Poi una volta l’anno la via si anima di artisti che aprono le loro botteghe per esporre quadri, dipinti, sculture in una manifestazione che si chiama I cento pittori di Via Margutti che quest’anno vedrà la sua 115’ edizione svolgersi dal 10 al 13 giugno invece che ad Aprile come al solito.

Continua la lettura con: Una passeggiata tra le opere di Pomodoro

FRANCESCA SPINOLA

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3 IDEE per MILANO, se avesse l’autonomia delle città stato INTERNAZIONALI

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Credits: www.thecornermilano.it

Se Milano avesse le risorse economiche e l’autonomia di una città stato, queste sarebbero 3 idee che vorrei realizzare.

3 IDEE per MILANO, se avesse l’autonomia delle città stato INTERNAZIONALI

Tre idee pratiche per la Milano che vorrei:

#1 Una cultura pluridisciplinare per muoversi in mondo nuovo e più complesso

Credits: culturaeculture.it

L’unione fa la forza… in questo caso cultura. Oggigiorno è sempre più importante possedere una cultura pluridisciplinare, non solo perché questa ci permette di possedere gli strumenti e le risorse per comprendere, decifrare e rielaborare criticamente la quantità di informazioni con cui giornalmente veniamo in contatto, ma anche perché la conoscenza di vari ambiti permette di rispondere alla complessità che il mondo del lavoro oggi richiede per affermassi.

Se oggi tornassi studente di architettura al Politecnico mi piacerebbe avere la possibilità di partecipare a corsi di economia in Bocconi, di marketing in Cattolica, di arte a Brera e di biotecnologie in Bicocca. Usufruire quindi di una convenzione fra le eccellenti università di Milano, che permetta di muoversi liberamente fra i vari Atenei, e permetta di creare un’offerta formativa unica al mondo per qualità ed eterogeneità. Oltre a questo, e più importante, questa convenzione permetterà di formare le menti di giovani ragazzi che, terminati gli studi, potranno ambire ad iniziare il loro personale percorso lavorativo che metterà a frutto le loro caratteristiche personali.

#2 Implementare i “quartieri dei 20 minuti” per evitare il progressivo svuotamento della città

La pandemia ha accelerato il processo di digitalizzazione e remotizzazione delle nostre vite. Non si sente più solo parlare di smart-working e di lavoro da remoto… molte aziende si stanno riorganizzando oggi per la fase post pandemia per lasciare ai loro dipendenti l’autonomia per scegliere di recarsi o meno in sede. Questo cambio nella routine lavorativa giornaliera sta a significare principalmente due aspetti. Il primo è che le città, coi loro enormi edifici adibiti ad uffici che attraevano ogni giorno migliaia di lavoratori si svuoteranno. Il secondo è che i lavoratori, svincolati dall’epicentro geografico della sede lavorativa potranno scegliere di abitare dove preferiranno.

È per questo che nel futuro di Milano si pone una grande sfida: se non sarà capace di incrementare la qualità di vita offerta per attirare cittadini, vedrà un progressivo svuotamento, con conseguente impoverimento. Un modo per attirare cittadini attivi, è quello di implementare la già conosciuta idea dei “quartieri dei 20 minuti”. Questa strategia però permette al massimo di non vedere decrescere il numero di persone che vivono a Milano. Per incrementarle è necessario ed urgente avviare un piano di sviluppo e riqualificazione edilizio sostenibile e convenzionato. Il patrimonio edilizio milanese è contemporaneamente vecchio, inefficiente ed eccessivamente costoso se rapportato al livello degli stipendi. Avviare un piano che da un lato riqualifichi esteticamente ed energeticamente i nostri edifici milanesi, che si basi sul risanamento dell’esistente e non sulla demolizione/costruzione permetterà un accesso più facilitato alla residenza risolvendo un problema oggi sottovalutato: quello del deflusso verso l’hinterland per necessità economica, e non per scelta.

#3 Addio al capitalismo: bisogna puntare sulla crypto economy

credit: masterdc.com

Ringraziare ed abbandonare il capitalismo ed il consumismo che ci stanno portando alla catastrofe ecologica. Siamo cresciuti con il mantra Tacheriano “there is no alternative”, ed era vero… per molti anni non c’era effettivamente un’alternativa al capitalismo. La carenza si presentava a vari livelli: culturale, economico e sociale. Combattere il capitalismo era solo una vana opera di negazione, di auto esilio, in un universo di privazioni, dove prima o poi si finiva per ritornare preda dello sfavillante ed accattivante mondo consumistico. Oggi fortunatamente esiste l’alternativa che stavamo tutti aspettando: la bitcoin economy. Ovvero un’economia basata sul bitcoin e sul mondo delle cryptovalute! Questo mondo che nasce dagli eccessi sregolati della crisi finanziaria del 2008 è infinitamente altro rispetto alla narrazione mainstream di avida speculazione che i media tradizionali ci presentano. Il Bitcoin rappresenta una rinascita filosofica e culturale basata sull’individuo, sulla sua autonomia e il suo benessere, contro il pragmatismo e gli interessi delle grandi corporazioni, stati o banche o multinazionali o fondi di investimento che siano. Milano dovrebbe scoprire e puntare totalmente su questo nuovo trend che sarà il fondamento della società di domani. Cogliere per tempo questo cambiamento oltre a posizionarla all’avanguardia tecnologica ed economica, avvantaggiandola su tutte le altre città del mondo, rappresenterebbe anche un grande vantaggio per i Milanesi che potrebbero sperimentare per primi una nuova congiuntura sociale più umana e vicina a quei valori di cui oggi si avverte la mancanza.

Leggi anche: Vado CONTROCORRENTE. Ho un SOGNO: una Milano meno uguale e più IDENTITARIA

FEDERICO POZZOLI

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La sede del Comune di Milano, è sotto una MALEDIZIONE SECOLARE: lo sapevate?

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Credits: unitremilano.it

Milano, anno 1546. Il Conte Tommaso Marino, nobile genovese, si trasferisce a Milano. L’uomo è un ex banchiere di 71 anni. Con un discreto patrimonio e un carattere davvero… ostico.

Il Conte incrementò la sua ricchezza aggiudicandosi il Monopolio del Sale proveniente dalla Serenissima e destinato a Milano e Genova, dove applicò da lì a poco la tassa sul sale, attirando su di sé le ire del popolo.

Ma questo non gli bastava: prestava soldi (con interessi da usuraio) ai Gonzaga, alla Spagna, ai francesi, alla Tesoreria dello stato di Milano e perfino al Papa, in cambio di privilegi, titoli, oltre a palazzi e terreni in giro per tutta Italia. Una ricchezza sconfinata che non lo ha messo al riparo dai colpi avversi del destino. 

La sede del Comune di Milano, è sotto una MALEDIZIONE SECOLARE: lo sapevate?

# Un Conte odiato, dedito agli affari sporchi

Credits: divinamilano.it

Tutte queste caratteristiche ci permettono, quindi, di inquadrare bene il tipo di personaggio che era il Conte Tommaso Marino: un uomo i cui affari non erano mai chiari e puliti. Il nobile si avvaleva infatti della collaborazione di un vero e proprio esercito di Bravi (si, quelli dei Promessi Sposi!). Questi personaggi manzoniani si occupavano di “sistemare” i conti in sospeso con i clienti insolventi e scarrozzavano il Conte in giro per Milano su una carrozza tutta dorata.

# Palazzo Marino nasce come atto d’amore

Credits: septemliteraly.altervista.org

Arrivato all’età di 78 anni, Tommaso Marino ha un colpo di fulmine proprio fuori dalla Chiesa di San Fedele: si innamora infatti della giovane Arabella Cornaro, figlia di un patrizio veneziano. Come si dice: l’amore non ha età!

L’uomo perse la testa e decise che quella giovane donna doveva diventare sua moglie, ad ogni costo. Senza pensarci troppo si reca dal padre di Arabella e la chiede in sposa, che gli darà il consenso ma solo con la garanzia che farà vivere la figlia in sontuosi ed eleganti palazzi in stile veneziano. Con questa sfida, il Sig. Cornaro sperava che Marino rinunciasse al matrimonio, ma così non fu.

L’innamorato nobile genovese interpella quindi l’Architetto Alessi, che si occupa di preparare il progetto del palazzo. Intanto acquista, con modi davvero poco ortodossi, tutte le abitazioni sul lato sinistro della Chiesa di San Fedele (luogo non scelto a caso!), cacciando gli abitanti e radendo tutto al suolo. Nel 1558 viene depositata la prima pietra di quello che diventerà da lì a poco Palazzo Marino.

# La filastrocca e la maledizione su Palazzo Marino

Credits: cippina.altervista.org

E proprio in quel periodo che diventa nota una filastrocca infantile in dialetto milanese, nella quale si parla del Conte, di Arabella, dei Bravi e dei loro metodi violenti (picchiavano i poveretti con armi decorate dagli stemmi del Conte Marino, composta da una mazza e tre pesciolini) di gestire gli affari. La filastrocca dice:

Ara, bell’Ara, discesa Cornara
de l’or del fin
del Cont Marin
strapazza bardocch
drent e foeura trii pittoch
trii pessitt e ona massoeura,
quest l’è drent e quest l’è foeura
”.

 

I milanesi erano arrivati a odiare il Conte che godeva di pessima fama ormai, e proprio da questa avversione che arriva l’anatema!

 

Congeries lapidum, multis constructa rapinis
aut uret, aut ruet, aut alter raptor rapiet”

(Accozzaglia di pietre, costruita grazie a molte ruberie
o brucerà, o cadrà, o sarà rubata da qualche altro ladro)

# La legge del kharma colpisce il Conte

E i guai, per l’odiato Conte e i suoi famigliari, non tardano ad arrivare: Il 9 maggio 1575, a 97 anni, Tommaso Marino muore in solitudine, povertà a causa dei debiti accumulati per il mantenimento del sontuoso Palazzo Marino. Fa in tempo a diventare vedovo: la povera Arabella viene infatti ritrovata impiccata al baldacchino della casa in campagna.

La maledizione si abbatte anche sulla figlia del Conte, Virginia, sposata con il nobile spagnolo Martino de Leyla: la donna partorisce dentro al palazzo voluto dall’odiato padre. Nasce una bambina, Marianna, la futura Monaca di Monza (così si dice).

Continuando con la profezia, l’elegante edificio passò prima nelle mani degli spagnoli, poi degli austriaci, con l’unità d’Italia passò al comune di Milano. Nel 1943, Palazzo Marino venne gravemente danneggiato dai bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale.

Divenne ufficialmente sede del comune di Milano nel 1961 che, per molti scettici, è il compimento della maledizione.

Continua a leggere con: La LEGGE DI MURPHY a Milano: le 15 immancabili SFIGHE meneghine

ANGELA CALABRESE

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I FRANCESI ci hanno RUBATO anche i MACARONS?

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credit: leitv.it

Il pasticcere Ernst Knam ha svelato un gran segreto: i macarons sono italiani. Ecco 3 motivi per cui i dolcetti sono anche made in Italy.

I FRANCESI ci hanno RUBATO anche i MACARONS?

Tra i furti più celebri al mondo c’è senza ombra di dubbio quello della Gioconda, che poi di furto non si può davvero parlare. Ma c’è un’altra cosa che appartiene di nome e di fatto agli italiani e che i francesi hanno furbamente fatto loro: i macarons. Già dal nome effettivamente potevamo arrivarci tempo fa – macarons che pronunciato all’italiana è molto simile a maccaroni – ma è stato il famoso pasticcere Ernst Knam a svelare il segreto in un’intervista a Sale&Pepe: “Cosa mi tocca sentire? I macarons dolci francesi? Ma se furono portati in Francia dall’Italia già ai tempi di Caterina de’ Medici!”. 

A confermare questa teoria, Zon Magazine ne ha elencato addirittura tre diverse dimostrazioni. Saranno davvero un dolce made in Italy?

#1 Fu Caterina de’ Medici a portarli in Francia

credit: palazzomediciriccardi.it

La prima e storica dimostrazione la si trova nel matrimonio tra Caterina de’ Medici ed Enrico II, nel 1533. A quei tempi era molto diffusa tra le pasticcerie veneziane la ricetta di questi dolcetti, non ancora accompagnati dal ripieno. La futura regina decise di far assaggiare la prelibatezza durante il suo banchetto di nozze e fu così che la ricetta iniziò ad essere apprezzata dai nobili francesi.

#2 Un nome, una garanzia

credit: pastamancini.com

Il nome “macarons” in francese non ha alcuna radice, e non è difficile ricondurlo all’italianissimo “maccarone”. Anche il nome del dolcetto, così come quello della pasta, deriverebbe dal verbo “ammaccare”, azione necessaria a conferirgli la sua tipica forma appiattita.

#3 L’ingrediente principale è tipicamente italiano

credit: consiglibenessere.org

Dietro alla bontà dei macarons si nasconde un ingrediente invisibile ma fondamentale: la farina di mandorle. E’ proprio questo frutto a donare al dolce il suo tipico sapore e profumo, ma a pensarci bene è più caratteristico della pasticceria del sud Italia che di quella francese. Degli esempi? I gustosissimi amaretti oppure la pasta di mandorle.

E’ indubbio che senza il tocco finale della ganache di Desfontaines oggi i macarons non avrebbero il loro gusto caratteristico, eppure senza i nostri dischetti di farina di mandorle oggi i coloratissimi dolci non esisterebbero.

A voi la scelta: sono più italiani o più francesi?

Fonte: Sale&Pepe

Leggi anche: Il DOLCE più tipico di ogni regione del Nord Italia

ROSITA GIULIANO

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La nuova OASI del MAGIC MOVIE PARK a due passi da Milano

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Credits: @mad_m_a_r_k (INSTG)

Il Magic Movie Park di Muggiò, in provincia di Monza e della Brianza, era nato come un luogo ricreativo e piacevole. Un’opera gigantesca che andò incontro a problemi finanziari, intrecciati con la malavita, e finì abbandonata. Dopo molti anni, però, sembra essere arrivato il momento del suo riscatto.

La nuova OASI del MAGIC MOVIE PARK a due passi da Milano

# L’alba e il tramonto del multisala di Muggiò

Credits: ilgiorno.it

Oggi, il Magic Movie Park si presenta come una città fantasma, deserta e inospitale. I muri dei suoi locali sono imbrattati, molti oggetti come vetrate o sedie sono andati distrutti dai vandali e gran parte dell’area viene utilizzata come una discarica abusiva. Dopo un’inaugurazione in pompa magna, nel 2005, i problemi per il multisala iniziarono subito e finirono per condurlo in questo stato.

# Da Cinema a Cine Mercato

Nonostante si trovi in una posizione strategica, vicino alla Tangenziale Nord, il cinema non ebbe la fortuna sperata e, sull’orlo del fallimento, venne acquistato da un imprenditore cinese, Song Zhicai. Egli provò a trasformarlo in un grande Cina Mercato ma, dopo alcuni tentativi di frode, fu arrestato. Da quelle indagini, emersero anche sospetti di affari illeciti tra la ‘ndrangheta e la mafia cinese legate all’immobile. Questo fu il colpo di grazia che sancì la fine del Magic Movie Park.

Ora rimane in una situazione di completo degrado e abbandono, in più nessun tentativo di venderlo all’asta sembrava andare a buon fine. Da poco, però, pare essersi accesa una speranza per il futuro di quest’area.

# Un nuovo scopo “green”

Credits: viaggiareinbrianza.it

Nella giornata del 15 marzo 2021, nell’ultima asta per il passaggio di proprietà dell’immobile, il Comune di Muggiò è riuscito ad aggiudicarselo. Un’operazione fortemente voluta dallo stesso sindaco, Maria Fiorito, che da anni si mobilita per recuperare e far rivalutare l’area. Definito dalla stessa come “una ferita aperta per la città”, ora il Comune ha potuto mettere a frutto le risorse generate dalle azioni legali che hanno riguardato il multisala, chiudendo l’asta al prezzo di 1 milione e 650 mila euro.

Ora si punta a tornare, in tempi brevi, ad uno stato di decoro e il primo obiettivo sarà abbattere l’intera struttura. Il Magic Movie Park, infatti, è sorto nel mezzo di una delle oasi verdi più grandi del territorio, quella del parco di Grugnotorto. Il sindaco, quindi, ha deciso di sradicare questa impronta di cemento e sostituirla con un’area verde che torni in sintonia con il resto della zona. Una scelta che funge anche da simbolo di rivalsa contro l’inciviltà e gli sprechi di cui è stata protagonista negli ultimi anni.

Fonte: storiedimenticate.it

Continua a leggere con: Il piccolo CINEMA di paese che continua a proiettare FILM senza pubblico

MATTEO GUARDABASSI

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Queste sono le MALDIVE d’ITALIA

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Pescoluse - Credits: @siviaggiare_puglia (INSTG)

Partito da un’iniziativa commerciale di uno stabilimento balneare, la “Maldive italiane” si estendono lungo 7 km di litorale di mare e spiagge da sogno. Scopriamo dove si trovano.

Queste sono le MALDIVE d’ITALIA

# Il nome “Maldive del Salento” è partito da un’iniziativa commerciale

Credits: egregio_sig_casarano IG – Maldive del Salento

Nel 2000 le “Maldive del Salento” sono nate come un’idea commerciale per un nuovo lido balneare ancora oggi aperto, un’oasi attrezzata poco a nord di Pescoluse, nel sud della Puglia. Il nome non era stato scelto per caso in quanto la spiaggia e il mare di questa zona d’Italia non hanno niente da invidiare alle isole dell’Oceano Indiano. Poco a poco il nome è arrivato a identificare tutte l’area costiera attorno a Pescoluse, il centro delle Maldive salentine. Oltre alla meraviglia della natura, questa zona è anche un paradiso di biodiversità.

# Uno spettacolo paradisiaco: 7 km di sabbia finissima e acque cristalline

Credits: costasalento_estateagency IG – Maldive Salento

Le  “Maldive del Salento”, o la “Zona Maldive” sono sette chilometri di sabbia candida e finissima e acque cristalline che sfuma dal verde smeraldo all’azzurro per poi degradare al blu cobalto, tra Torre Pali e Torre Vado, sulla costa del Mar Ionio.

Infatti oltre a Pescoluse troviamo Lido Marini e Torre Pali, a poca distanza dall’Isola della Fanciulla, Posto Vecchio di Salve e la vicina Torre Vado, caratterizzata da un pittoresco porticciolo e infine scendendo ancora di qualche km la marina di San Gregorio.

 

Fonte: Paesi Online

Continua la lettura con: MILANO MARITTIMA: la “spiaggia ufficiale” di Milano

FABIO MARCOMIN 

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Il VILLAGGIO del SARTO ritornerà al suo antico SPLENDORE

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Lo stile liberty nasce da quella che è conosciuta più comunemente come Art Nouveau, movimento artistico e filosofico tra la fine dell’ottocento e il primo decennio del novecento, in piena Belle Epoque.

Un movimento che influenzò anche l’architettura europea e anche l’Italia si distinse in questo nuovo stile che il giornalista torinese Enrico Thovez definì come “fedelmente naturalistico e nella sostanza nettamente decorativo”. Uno stile che si ritrova in particolare in un quartiere di Milano. 

Il VILLAGGIO del SARTO ritornerà al suo antico SPLENDORE

# Lo stile liberty in Italia

Fu durante l’Esposizione internazionale d’arte decorativa moderna agli inizi del nuovo secolo che si cominciò a parlare dello stile liberty, annunciandolo come un nuovo rinascimento dell’architettura.
Il liberty traeva ispirazione dallo stile di età vittoriana, dal Rococò aggiungendo e modernizzando gli elementi presenti in natura.

Non era infatti cosa scontata trovare nelle nuove costruzioni decorazioni marmoree di alghe, fili d’erba o insetti e nonostante la loro semplicità fu vista e salutata dai critici come una vera e propria rivoluzione nel mondo del design.

Una rivoluzione che nei primi del novecento raggiunse il massimo splendore lasciando ai posteri costruzioni che ancora oggi riusciamo ad ammirare in diverse città italiane.

# Il liberty a Milano

Credit: @theworldartnouveau – casa Campanini

Qui a Milano ci sono diversi palazzi in questo stile:
 Palazzo Società Reale Mutua Assicurazioni (Ex Hotel Trianon)
 Casa Donzelli
 Palazzo Castiglioni
 Casa Campanini
 Casa Ferrario
 Palazzina Liberty

# Il Villaggio del Sarto

Credit: blog.urbanfile.org

E’ notizia di pochi giorni fa: il Villaggio del Sarto ritornerà al suo splendore originale.
Il villaggio del sarto è una zona di Città Studi.

Durante il ventennio fascista l’architetto Giovanni Broglio firmò un progetto che prevedeva la costruzione di alcune villette in stile liberty che dovevano sorgere in viale Gran Sasso, via Vanvitelli e via Andrea del Sarto.

Nelle prime due zone sono rimaste purtroppo solo pochi passaggi di questo progetto così ambizioso per l’epoca.

Per quanto riguarda il lotto di Andrea del Sarto invece, ci sono delle villette che, nonostante le varie vicende, hanno mantenuto il loro fascino e per buona parte la loro struttura originale.

Il progetto prevedeva la costruzione di queste villette da destinare al corpo docenti dell’università che in quegli anni si stava, a mano a mano, espandendo. Poi vissero un primo periodo di abbandono dato che la vicina piazza Ferravilla era diventata una zona dove lo spaccio era all’ordine del giorno.

Vennero usate come uffici pubblici e infine il collettivo Lambretta occupò abusivamente i diversi spazi, a quel punto il degrado e l’abbandono totale fu inevitabile e ricordo che anch’io in quegli anni, passando da quelle parti, mi chiedevo spesso come fossero dentro, chi ci abitava e che fine avrebbero fatto.

# La ristrutturazione è ormai ultimata

Credit: milano.correrie.it

Finalmente arriva la notizia che i lavori di ristrutturazione sono quasi ultimati, che manca solo una villetta da sistemare e il Villaggio del Sarto tornerà a essere, di certo una zona residenziale di lusso, ma soprattutto un patrimonio immobiliare di enorme importanza storica.

La Sovraintendenza ha permesso di modificare qualche vetrata, ma tutto sommato, le villette manterranno le facciate originali decorate con motivi floreali e anche i finestroni e gli oblò resteranno identici al progetto di Broglio.

Da alcune notizie circolate, pare che per acquistare una di queste villette si parte da una spesa minima di un milione e mezzo che di questi tempi non è di certo una cifra abbordabile, ma al di là del discorso economico, non va sottovalutato il salto di qualità e il rinnovato decoro urbanistico di questo quartiere.

 

Continua la lettura con: Le tre aree residenziali con le VILLETTE più belle di Milano

MICHELE LAROTONDA

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Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità.

The STUDENT HOTEL: il nuovo LIVING CONCEPT per studenti

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Presto a Roma nel quartire San Lorenzo aprirà il 5′ The Student Hotel d’Italia per dormire, studiare, lavorare e vivere in modalità sharing.

La vecchia concezione di residenza studentesca è ormai superata. Oggi gli spazi destinati agli studenti fuori sede si rinnovano con servizi per co-working e co-living che rispondono alle esigenze di nuovi stili di vita più liquidi e globali.

The STUDENT HOTEL: il nuovo LIVING CONCEPT per studenti

A questo target ha dato risposta la formula dei THE STUDENT HOTEL TSH, una nuova formula di ospitalità pensata per soddisfare un pubblico che ama la condivisione e che è fruitore di ciò che offre la sharing economy. Un hotel che già nel concept nasce pensato per la generazione dei nativi digitali. Già presente a Bologna e Firenze, non poteva mancare uno spazio così anche a Roma.

#Il TSH San Lorenzo

Quello che aprirà a Roma alla fine del 2023 è il 5’ The Student Hotel (TSH) in italia e si chiamerà TSH San Lorenzo dal nome del quartiere in cui aprirà i battenti. Sorgerà nel sito storico dell’Ex Dogana, un’area estremamente effervescente fra il quartiere San Lorenzo e la Stazione Termini.  San Lorenzo è uno dei più autentici quartieri di Roma, sede di una grande università e comunità studentesca, La Sapienza, oltre che essere diventato ormai da anni un quartiere di artisti, artigiani, intellettuali che ruotano intorno all’Università, allo snodo ferroviario, all’Ospedale Umberto I e al quartiere multietnico dell’Esquilino.

Il TSH San Lorenzo si svilupperà in una struttura di 21.000 mq, comprensiva di 444 stanze per studenti, ospiti hotel e giovani professionisti, nonché spazi per il co-working, meeting ed eventi, nei quali ospiti di ogni tipo potranno incontrarsi e scambiarsi idee. Inoltre, il progetto prevede numerose aree verdi e aree dedicate allo sport, a eventi e  attività ricreative, che saranno completamente aperte e accessibili al pubblico.

Pensando a Roma non poteva esserci un luogo migliore di San Lorenzo dove aprire uno spazio come quello voluto dal fondatore dei TSH, Charlie MacGregor.  “The Student Hotel – è lui stesso a raccontarlo – è nato dalla convinzione che gli studenti meritassero di meglio. Oltre agli alloggi, avevano bisogno di uno spazio stimolante per trovare la propria strada, realizzare il proprio potenziale e cambiare il mondo“. Così è stato e gli avventori dei TSH già operativi oggi sono per lo più studenti che vi restano per interi semestri, viaggiatori che si fermano un solo weekend, habitué del co-working, avventori che fanno un salto per un caffè e tutte le sfumature nel mezzo di una comunità interconnessa.

Continua la lettura con: Le vacanze al mare degli antichi romani

FRANCESCA SPINOLA

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I miei 3 DESIDERI per MILANO

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Credits: @the_pets_view (INSTG)

Alzi la mano chi non ha mai desiderato sfregare una lampada, veder uscire il fantomatico Genio e chiedergli uno o più desideri. Dalle cose più nobili, alle vincite in denaro, fino ai sogni proibiti.

Però vorrei pensare in grande, al di là dei desideri personali, e mi rivolgo al Genio per migliorare la nostra amata casa, la nostra città.

Ecco tre desideri irrealizzabili, ma neanche troppo…

I miei 3 DESIDERI per MILANO

#1 “Caro Genio, potresti gentilmente punire chi deturpa il territorio?”

Credits: www.bufale.net

“Caro Genio, potresti gentilmente punire chi deturpa il territorio?

Il segugio meccanico di Bradbury sbranava chiunque non stesse alle regole del regime distopico di Fahrenheit 451. Mi piacerebbe che il Genio inventasse un altro tipo di segugio, ovviamente un po’ meno spietato di quello dei pompieri di Bradbury. E la sua funzione sarebbe semplicissima: non appena qualcuno getta un mozzicone, una carta o una bottiglia per terra, il segugio scannerizza il soggetto, ne identifica la residenza e gli fa pervenire a casa una bella contravvenzione di 1000 euro, da pagare entro un mese. Senza alcuna possibilità di ricorso o riduzione.

Così poi vediamo se il “genio”, non quello della lampada, ci riprova.

#2 “Caro Genio, potresti tornare indietro nel tempo ed evitare lo scandalo dell’assegnazione EMA?”

Credits: www.yarix.com

“Caro Genio, potresti tornare indietro nel tempo ed evitare lo scandalo dell’assegnazione EMA?

Già, perché qui nessuno si dimentica che, dopo due votazioni a pari punti, il trasferimento dell’Agenzia Europea del Farmaco da Londra in Europa ha visto trionfare Amsterdam, finalista con Milano, grazie al lancio di una monetina. Come si decidevano le finali dei mondiali di calcio cinquant’anni fa, per intenderci.

Un fatto che qui sotto il Duomo non ha digerito mai nessuno, dai medici, ai cittadini, alle stesse istituzioni. Anche perché è stato appurato da più parti che i requisiti di Milano erano superiori a quelli della capitale olandese. E, secondo gli esperti, una terza votazione sarebbe stata più corretta.

Questo, per assicurarsi un ente che, trasferitosi qui, avrebbe portato svariati miliardi di euro di indotto, oltre alla creazione di almeno 1 milione di posti di lavoro, con conseguente impennata dell’economia milanese, lombarda e in generale italiana.

E, dato che la vicenda si è chiusa in modo scorretto, caro Genio non ti chiedo di rifare la votazione. Voglio direttamente l’EMA a Milano.

#3 “Caro Genio, potresti togliere di mezzo per sempre la Juventus?”

Credits: jmania.it

“Caro Genio, potresti togliere di mezzo per sempre la Juventus?

Sì… lo sappiamo. Di juventini in Italia ce n’è ovunque, anche a Milano.

Ma mi piace immaginare che il calcio milanese possa tornare ai fasti di un tempo, dove o il Milan o l’Inter comandavano a fasi alterne in Italia e in Europa. Invece, pare che qualcun altro nelle competizioni europee proprio non riesca a dire la sua… Non me ne vogliano i torinesi juventini o comunque i tifosi bianconeri lettori di Milano Città Stato.

E tranquillo, Genio, che non voglio davvero eliminare la Juventus. Solo retrogradarla per sempre rispetto alle squadre di Milano.

Continua la lettura con: Se avessi la BACCHETTA MAGICA che cosa faresti per Milano? Le 10 proposte TOP

CARLO CHIODO

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Questa città italiana si candida come “CAPITALE della FELICITÀ”

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Credits: rimininotizie.net Rimini e felicità

Anche in tempi di Covid c’è chi ora rilancia, candidandosi come luogo della felicità. 

Questa città italiana si candida come “CAPITALE della FELICITÀ”

# Un’estate da dimenticare: persi più di 7 milioni di turisti in una sola estate

Credits: ilrestodelcarlino.it
Bagnini che misurano le distanze

La città si aspettava che l’estate 2020 sarebbe stata una stagione calda ben diversa dalle altre. Rimini ha dovuto contare 7,2 milioni di presenze turistiche in meno e gli stessi abitanti del Comune si sono recati molto meno nelle spiagge e nei locali della città, arrivando addirittura al 50% di presenze in meno. Nonostante questo drastico calo, Rimini ha potuto contare comunque sui turisti italiani e quelli delle nazioni limitrofe come Francia, Svizzera, Germania e Austria, che hanno restituito un po’ di quella felicità e quel divertimento che caratterizzano l’anima della città. Quest’anno però Rimini è decisa a non replicare un’estate come quella passata e propone “Rimini Capitale della felicità”, anche in tempi di Covid.

# Come la città del divertimento ha reagito al 2020

Credits: @youngpeoplehotels
Rimini

Rimini già l’anno scorso ha voluto reagire e mandare avanti quel modello strategico, che era già stato intrapreso sin dagli anni ’50, e che è stato implementato durante la pandemia. Si tratta di un nuovo modello di promozione turistica italiana. Dopo che a maggio 2020 si era ragionato su come il Covid avrebbe cambiato il turismo, perché era una cosa inevitabile, si era vista come possibile soluzione una cooperazione tra operatori turistici locali e l’innescare un processo innovativo che coinvolgesse tutti.

# “Rimini il sorriso degli italiani”

Credits: rimininotizie.net
Rimini e felicità

La città ha lanciato una nuova brand identity, quello di “Rimini il sorriso degli italiani”, nonché “Rimini Capitale della felicità”. Tramite una campagna di comunicazione nazionale è stata presentata la riviera riminese come sicura e sorridente. Non si sono aboliti gli eventi, ma al contrario li si organizzerà e si proporrà, ad esempio, l’evento diffuso nel tempo e nello spazio.

Nascerà anche la spiaggia open space: maggiori distanziamenti da quelli imposti dal DPCM, ma la possibilità di vivere il mare quasi 24 ore su 24. Ristoranti e locali che si allargheranno nelle piazze e nelle strade rendendo non solo le spiagge open space, ma l’intera città. Grazie ad un “coro di imprese” locali, si vogliono riaccendere i riflettori su Rimini, anche nel mercato internazionale. Se ogni persona quando va in vacanza vuole essere felice, Rimini vuole offrire un’esperienza turistica senza preoccupazioni e restituire il sorriso.

Non bisogna dimenticare che Rimini poi non è solo movida, mare e divertimento. I grandi eventi su Fellini, la nascita di nuovi spazi museali, la valorizzazione dell’entroterra enogastronomico, il turismo congressuale cercheranno di mostrare come Rimini possa rendere felice chiunque.

Fonti: it.businessinsider.com

Continua la lettura con: L’EMILIA ROMAGNA ha tre “CAPITALI” italiane

BEATRICE BARAZZETTI

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Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità.

1876: nasce il primo TRASPORTO PUBBLICO in Italia

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Il 30 marzo 1876 nasce in Italia, e precisamente a Trieste, il primo trasporto pubblico in Italia.

1876: nasce il primo TRASPORTO PUBBLICO in Italia

Siamo in pieno periodo asburgico e tutto comincia per le richieste della borghesia imprenditoriale della città friulana. E’ diventato ormai necessario un collegamento rapido tra il capolinea della stazione ferroviaria Trieste-Vienna e le fabbriche del Borgo Teresiano. Bisogna far viaggiare in maniera più rapida, in città, sia le persone che le merci. Nasce così quello che diventa il primo trasporto pubblico in Italia. Un servizio inaugurato il 30 marzo del 1876.

Credits: @mondotram

# Borgo Teresiano

Credits: @palazzoteresiano.com – Borgo Teresiano, il Canal Grande

Il Borgo Teresiano è uno dei quartieri più antichi e pieni di storia del centro di Trieste. Voluto da Maria Teresa, prima imperatrice d’Austria, intorno alla metà del diciottesimo secolo, il nuovo quartiere signorile ricavato dall’interramento delle saline costituirà il nuovo fulcro del commercio della città.

Grazie all’ordinato intersecarsi delle sue vie ortogonali, rappresenta uno dei primi esempi di pianificazione urbanistica moderna.

Il quartiere, col nome Borgo Teresiano, continua a dare omaggio a colei che l’ha fondato. Fulcro del quartiere è il Canal Grande: canale navigabile, perpendicolare al lungomare, atto a far arrivare le merci direttamente in città.

# Trieste e il boom economico

Nel 1719 Carlo VI proclamò Trieste porto franco. Trieste a quell’epoca era in pieno splendore essendo il porto ufficiale dell’impero asburgico. L’afflusso di commercianti da vari paesi, soprattutto dai balcani, constrinse dapprima la città ad estendere i propri confini fuori dalle mura di cinta medievali, e poi a permettere il veloce trasporto di uomini e merci.

# Tram e cavalli al servizio della città

Inizialmente, venne messa in servizio una linea di carrozze con cavalli. Questa, però, non forniva un servizio all’altezza delle richieste dell’utenza e aveva dei costi non accessibili ai più.

Credits: @mondotram.it

Venne così dato, successivamente, l’incarico alla Società Triestina Tramway di provvedere al nuovo trasporto pubblico. La società era costituita dalla Belga “Des Tramways de Brusselles” (che gestì anche i trasporti pubblici di Roma dal 1877 e fino al 1924 quelli di Bologna) e da capitalisti triestini, fra i quali il consigliere comunale Filippo Artelli e il vicepresidente del Consiglio municipale Francesco Hermet , entrambi liberal-nazionali.

Credits: @mondotram.it

Si istituì una linea tramviara ippotrainata che proponeva vagoni di prima e seconda classe. La differenza consisteva in un cuscino che rendeva più morbido il sedile del viaggiatore.

La tariffa era rispettivamente di diecicinque soldi, a cui si doveva aggiungere un soldo per la tradizionale mancia al bigliettaio. Non c’erano fermate prestabilite: era possibile salire e scendere in qualunque punto del percorso, utilizzando segnale acustico o facendo un gesto con la mano. Il deposito sorgeva a Guardiella ed era dotato di scuderie per i cavalli, rigorosamente di razza ungherese e transilvana, del maniscalco, del veterinario, di fienili e granai e delle abitazioni degli addetti.

# Nasce il primo trasporto pubblico in Italia

La prima linea fu ufficialmente inaugurata all’alba del 30 marzo 1876, con la tratta Battisti-rotonda del Boschetto: una corsa ogni 15 minuti.

Nacque così, a Trieste, il primo trasporto pubblico d’Italia, alla portata di tutti. Un solo anno dopo Parigi ma in anticipo di un anno rispetto a Roma e Bologna. Sei anni rispetto a Milano (dove il servizio su rotaia iniziò nel 1882).

Credits: units.it

Continua la lettura con: La prima metropolitana di Milano non è quella che pensate

LUCIO BARDELLE

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Studio choc: 9 ITALIANI su 10 pronti a EMIGRARE all’ESTERO

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Lo studio “Decoding Global Talent, Onsite and Virtual” di Boston Consulting Group mostra un dato in controtendenza rispetto al resto del mondo. 9 italiani su 10 sono disponibili a trasferirsi all’estero per lavorare. Ma quali sono le mete preferite? 

Studio choc: 9 ITALIANI su 10 pronti a EMIGRARE all’ESTERO

# Il report di Boston Consulting Group: 1 persona su 2 nel mondo è disposta a vivere all’estero per lavoro. In calo la voglia di emigrare

Lavorare all’estero 2014-2020 BCGC

Come rivela il report di Boston Consulting Group “Decoding Global Talent, Onsite and Virtual” la tendenza generale delle persone a livello globale è quella di spostarsi meno per motivi di lavoro, dal 63,8% degli intervistati che voleva lavorare all’estero nel 2014 si è passati al 50,4% nel 2020: una riduzione di 13 punti percentuali in soli sei anni.

# Italia in controtendenza: dal 59% si è passati al 90% di interessati a emigrare

L’Italia si muove in direzione diametralmente opposta rispetto a quasi tutto il resto del mondo. La quota dei lavoratori italiani che nel 2014 era disposta a trasferirsi all’estero per trovare un impiego era il 59%. Nel 2020 questa percentuale si è impennata al 90%. La motivazione principale indicata dallo studio è la crisi economica conseguente alla pandemia da Covid-19 che ha colpito più duramente il nostro Paese.

# Cambio al vertice tra le mete preferite dagli italiani: la Svizzera prende il posto del Regno Unito. Forte calo degli USA

Credits: BGCG

Ma quali sono le mete preferite dagli italiani? Dopo gli ultimi anni di dominio, complice anche la Brexit il Regno Unito cede il primato alla Svizzera che in due anni passa dal quarto al primo posto. A seguire appunto il Regno Unito e la Germania. Anche osservando la classifica delle destinazioni più gettonate dagli italiani per il lavoro da remoto c’è sempre la Svizzera in testa, poi Stati Uniti, Germania, Regno Unito e Francia.

Fonte: Business Insider

Continua la lettura: La FUGA degli ITALIANI all’estero: in un anno persa una città come Brescia. Queste le METE preferite in Europa e nel resto del mondo

FABIO MARCOMIN

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