San Marino, nonostante le sue dimensioni contenute, è riuscita ad organizzarsi in poco tempo per assicurare il vaccino alla maggior parte dei suoi cittadini. Questo traguardo le permette di concedere più libertà a tutti.
San Marino RIAPRE e dice ADDIO al COPRIFUOCO
# Il successo grazie ai vaccini
Credits: agi.it
Il segreto di San Marino risiede nella sua autonomia per la scelta e l’acquisto delle dosi vaccinali. Mentre in Italia disponiamo di una campagna ben studiata e buone intenzioni, ma con carenza di fiale per poterle mettere in pratica, la piccola Repubblica ha preso un’altra strada. Infatti, si è deciso di puntare sul vaccino russo Sputnik V, il quale non è stato ancora approvato per il resto della penisola. In questi giorni, San Marino ha ricevuto 37 mila dosi di vaccino, quando i suoi abitanti sono circa 33 mila. L’ingente disponibilità di dosi le ha permesso di accelerare le somministrazioni e diminuire drasticamente la diffusione dei contagi e i decessi. L’obiettivo è la copertura totale della sua popolazione entro maggio, ma nel frattempo le restrizioni iniziano a scomparire.
# Meno rischi, più libertà
Credits: tg24.sky.it
Il graduale allentamento delle restrizioni di San Marino prevede un percorso a tappe. Dopo aver consentito ai ristoranti di riaprire fino alle 21:30, dal 18 aprile il coprifuoco sarà spostato in avanti e scatterà a mezzanotte, non più alle 22:00. Questa concessione, inoltre, permetterà sia ai ristoranti che ai pub di servire cibo e bevande fino alle 23:00. Nello stesso giorno, gli alunni delle scuole di tutti i gradi torneranno in presenza al 100%. Il 19 aprile, tra le attività che riprenderanno, ci saranno anche le palestre.
Un altro importante risultato, però, sarà raggiunto il 26 aprile, quando il coprifuoco verrà definitivamente abolito. Ciò consentirà alle attività di ristorazione di restare aperte senza più alcun limite e ai cittadini di poter girare liberamente di notte. La data segnerà anche il ritorno di cinema e teatri, i quali potranno tornare a offrire i loro spettacoli. Il decreto contenente queste nuove misure sarà valido fino al primo maggio, dopo di che si valuterà se cancellare le ultime limitazioni. Una situazione che mira ad essere un esempio, donando speranza a tutti gli altri Paesi.
Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità.
Un paradiso al confine con l’Austria tra boschi, prati e aria tersa: “Orgogliosi di essere il ponte fra due culture”
Oggi visitiamo Il “Comune Più a Nord d’Italia”: ci troviamo a Predoi, in Valle Aurina, Alto Adige.
Un viaggio a Predoi: il comune più a NORD d’Italia
# La Valle Aurina
Ahrntal. Questo è il nome, per le popolazioni di lingua tedesca, della Valle Aurina. E’ l’ultimo lembo di territorio italiano prima del confine con l’Austria. E’ uno dei luoghi più incontaminati del nostro Paese: viverci non è facile dato il clima rigido. Chi lo fa sa rispettare l’ambiente e assimilarsi ad esso, lasciandolo bellissimo per come è.
A fare da cornice naturale alla valle troviamo ben ottanta montagne alte più di 3000 metri, che contengono tesori naturali incredibili.
# Le cime più importanti
Essendo sul confine italo-austriaco, nel corso della storia la Valle è sempre stata terreno di contesa.
Due cime, tra tutte, confermano questo: il Picco dei Tre Signori, che deve il proprio nome al fatto di essere stato per secoli suddiviso territorialmente tra i feudatari di Bressanone, Gorizia e Salisburgo. E la Vetta d’Italia ( o Klockerkarkopf), una montagna contesa per secoli da Italia ed Austria. Qui, ancora oggi, si sfidano cordate di alpinisti di entrambi i Paesi, facendo a gara per porre in cima la targa con il nome più “corretto”.
# Predoi: “Noi che viviamo al di sopra del 47° parallelo”
Predoi nella Valle Aurina
Nel cuore del Tirolo, nella provincia autonoma di Bolzano, a 1475 metri di altitudine, sorge l’abitato del comune più a nord di Valle Aurina e dell’Italia intera: Predoi, l’unico borgo italiano che si estende al di sopra del 47° parallelo.
Prati sempre verdi, boschi a perdita d’occhio, acqua fresca di sorgente, aria pulita. Meta ideale per il trekking d’estate. In inverno, invece, grazie alla neve e ai 12 km di affascinanti piste per il fondo ed incantevoli itinerari per le ciaspole fino a 3000 metri, si scopre la magia di Predoi: è la meta di una vacanza da sogno. Qui, 530 persone hanno la fortuna di vivere tutto l’anno.
# La storia di Predoi
La storia di questo comune di montagna è strettamente legata alla miniera di rame e ai passi di collegamento con l’Austria, usati ancora oggi dai contadini che hanno malghe oltre confine.
Il Museo delle Miniere di S. Ignazio racchiude e racconta la storia dell’estrazione del rame, attività che ha caratterizzato Predoi dagli albori della sua esistenza (età del Bronzo) fino al giorno d’oggi. Nel 1971 (anche se di metallo ancora dentro ce n’è), la miniera è stata chiusa e trasformata in un polo turistico grazie all’aiuto della provincia. Al suo interno ci sono venti chilometri di gallerie e un trenino che, da Pasqua a novembre, permette di percorrerne alcuni tratti. Da una quindicina d’anni, all’interno della miniera, è inoltre presente un Centro climatico per curare chi soffre di asma.
Inoltre, all’inizio del 1900, la miniera ha portato in rilievo il lavoro dei pizzi al tombolo. È ancor oggi possibile soffermarsi ad osservare la destrezza delle donne del paese nella creazione di merletti ed immagini con il filo e i fuselli.
# La Chiesa di Santo Spirito e la leggenda del Crocifisso
Chiesa Santo Spirito a Predoi
La chiesa di Santo Spirito si trova in fondo alla valle ed è la più vecchia di tutta la valle Aurina. La sua costruzione risale con molta probabilità al 1455, quando fu benedetta da Nicolò Cusano, allora vescovo di Bressanone.
Questa chiesa era luogo di preghiera per molti minatori che attraversavano il Passo dei Tauri per arrivare a Salisburgo, in Austria.
Una storia curiosa è legata ad un crocifisso custodito all’interno della chiesa, con il Cristo trafitto da colpi di fucile. Questo crocifisso si trovava lungo il sentiero che porta al Passo dei Tauri. Un cacciatore che si recava nel Tirolo per partecipare ad una gara di tiro con l’arco volle provare la sua mira sparando sul Cristo, e lo centrò, bucandolo in tre punti. Andò alla gara, la vinse e gli assegnarono un toro come primo premio. Sulla via del ritorno il cacciatore fu aggredito ed ucciso dal toro che si infuriò proprio sotto il crocifisso da lui usato come bersaglio.
# La leggenda del rame
La leggenda del rame, invece, narra un altro fatto singolare. Secondo i racconti popolari, il rame a Predoi fu scoperto da un allevatore mentre cercava di domare un toro inferocito: le corna dell’animale, colpendo più volte il suolo, lanciarono per aria una strana “sabbia dorata” che attirò in valle molti curiosi; cominciarono tutti a scavare per trovare l’oro, invece trovarono i filoni di rame.
# L’area protetta più grande d’Europa
Valle Aurina
Con il parco naturale austriaco Alti Tauri, con cui confina, la valle Aurina costituisce un unico comprensorio che forma la più grande area protetta d’Europa. Nella pace più assoluta, tra abeti rossi, larici e pini cembri volano aquile reali, falchi pellegrini e gufi. Passeggiando nel bosco si possono intravedere marmotte, scoiattoli, cervi, camosci e volpi. Una bellezza che si può raggiungere a piedi, in mountain bike o una volta arrivati alla sommità di una parete da arrampicata.
# La parola al sindaco di Predoi, Robert Alexander Steger
Il sindaco di Predoi, scherzando precisa che “preferiamo dire il primo comune dopo l’Austria. Passa immediatamente ad un elogio: “siamo orgogliosi di essere il ponte su cui due culture così importanti, che si rispettano l’un l’altra, si incontrano. Il nostro territorio ne beneficia in più ambiti, dalle arti alla cucina. Non abbiamo molti alberghi – continua Steger – ma il turismo è una delle fonti di guadagno principali. La scorsa estate è stata eccezionale, la migliore da anni. Lo abbiamo visto dal parcheggio che sta a fondo valle, strapieno da luglio a settembre. Dopo la chiusura della miniera, il lavoro degli abitanti di Predoi si è spostato a valle. Molti scendono a Brunico, dove è fiorente l’industria dell’automotive. Poi però, a sera – conclude – rientrano tutti in fretta per godersi il borgo dei sogni di migliaia di vacanzieri.
Roma non è fatta solo dal Colosseo e dalla Fontana di Trevi, nella capitale infatti ci sono luoghi segreti che pochi conoscono ma capaci di stupire chiunque, romani o non.
Uno di questi luoghi è la Casa delle Civette: una casa trasformata in museo che sembra arrivare da un mondo a metà tra una favola e una dimora degli hobbit.
La CASINA delle CIVETTE: un luogo segreto a Roma
#La storia della Casina delle Civette
Credit: @alessio.bruni89
La Casina delle Civette è una ex residenza della famiglia Torlonia trasformata in museo.
Inizialmente era l’ottocentesca Capanna Svizzera che, collocata ai bordi del parco e nascosta da una collinetta artificiale, costituiva un rifugio dall’ufficialità della residenza principale. Ideata nel 1840 da Giuseppe Jappelli su commissione del principe Alessandro Torlonia, si presentava come una struttura molto rustica.
Grazie all’architetto Enrico Gennari il piccolo edificio divenne però una raffinata residenza con grandi finestre, loggette, porticati, torrette, con decorazioni a maioliche e vetrate colorate.
É dopo una serie di trasformazioni che diviene la dimora del principe Giovanni Torlonia jr. fino al 1938, anno della sua morte.
Nella Casina delle Civette si può vedere l’influsso di un altro stile, quello Liberty.
Nel 1917 infatti, l’architetto Vincenzo Fasolo aggiunse le strutture del fronte meridionale della Casina, creando una grande varietà dei materiali e moltissime decorazioni che ricoprono l’edificio.
#La costruzione
Credit: @viaggioespresso
La Casina delle Civette oggi è formata da due edifici: il villino principale e la dipendenza, collegati tra loro da una piccola galleria in legno e da un passaggio sotterraneo, il tutto lasciando diversi materiali costruttivi a vista.
Quello che, dopo tutti i cambiamenti, è rimasto stabile è la tonalità grigia del manto di finitura delle coperture.
#Gli interni
Credit: @valegila
Le vetrate sono sempre state l’elemento distintivo di questa casa ma anche gli interni sono curati nei minimi dettagli.
Disposti su due livelli, sono curati nelle opere di finitura e non manca proprio niente: dalle maioliche policrome, ai mosaici, diverse decorazione pittoriche, senza dimenticare tutte le sculture in marmo.
Ma perchè questo nome? Dal 1916 l’edificio cominciò ad essere denominato “Villino delle Civette” per la presenza della vetrata con due civette stilizzate tra tralci d’edera e per il ricorrente tema della civetta nelle decorazioni e nei mobili.
#Casa delle Civette oggi
Credit: @4.lessi.0
Casina delle Civette oggi è il risultato di un lungo e paziente restauro durato quasi dieci anni dopo l’incendio del 1991.
Vedendola adesso nessuno penserebbe mai che questa villetta abbia visto il degrado più totale perchè quello che i visitatori possono vedere è una costruzione che sembra uscita da una favola.
La Casina delle Civette si trova all’interno del parco di Villa Torlonia e si può visitare per fare un salto in un mondo fantastico.
Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità.
A Milano, tra i camerini di un negozio d’abbigliamento, si nasconde il caveau di una banca con un passaggio segreto. Ecco come arrivarci
Porta Venezia: il CAVEAU di una banca NASCOSTO in un negozio di ABBIGLIAMENTO
Anche se è stata girata in Spagna, la serie TV “La casa di carta” ha avuto un successo mondiale e probabilmente non sapevate che a Milano potrete provare l’ebrezza di stare nel caveau di una banca: infatti, nel centro della città c’è un caveau che si nasconde nel camerino di un negozio d’abbigliamento. E la cosa più sorprendente è che si può visitare e trovare tra le casette un passaggio segreto, per sentirsi proprio come in film d’azione.
Dove si trova? Vi spiegherò passo per passo come trovarlo.
# Dove? Nascosto tra i negozi di Porta Venezia
credit: ilgiornale.it
Che voi siate in metropolitana o che decidiate di spostarvi in auto, la direzione è Porta Venezia. Chi arriva in metropolitana dovrà salire verso i numeri pari di Corso Buenos Aires, per uscire poco distanti dalla nostra destinazione finale: il numero 10. Qui troverete uno dei tanti negozi Treesse, che però ha qualcosa di speciale rispetto agli altri.
# Cambiarsi tra le cassette di un caveau è possibile a Milano
credit: giovanniarena_
Se entrate nel negozio e andate dritti, non potrete non vedere, subito sulla destra, l’enorme caveau che oggi è stato adibito a camerini. No, non è uno scherzo: ci si può cambiare tra le cassette di sicurezza della banca che c’era prima del negozio. Molte sono vere, tante altre sono finte, ma la cosa più assurda è che è rimasto intatto un originario passaggio segreto.
# Un passaggio segreto in caso di rapina: impossibile fuggire
credit: giovanniarena_
Per trovarlo bisogna andare alla ricerca della cassetta 892, dove si può ancora oggi vedere il passaggio segreto che collega il caveau con una cassaforte esterna.
Come dicevo all’inizio, questo strano posto permette di sentirsi come la banda del Professore ma con più fortuna: la banca infatti ormai non c’è più, e i sistemi di sicurezza sono disattivati. Eppure un tempo, la cassetta 892 permetteva ai poliziotti di entrare direttamente nel caveau in caso di rapina… in poche parole era impossibile fuggire.
La nostra città ci riserva sempre un’infinità di segreti e curiosità, magari un giorno troveremo anche delle maschere di Dalì nascoste in qualche angolo.
Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità.
Tutti i momenti di trasformazione epocale nella storia sono stati caratterizzati da una polarizzazione di due diverse visioni del mondo. Da una parte la “verità”, detenuta da un sistema di potere consolidato, a cui si contrappone l’”eresia” di chi vuole interpretare in modo diverso la realtà.
Con il Rinascimento si è passati da una visione teocentrica dell’esistenza a una più umana. Nella Riforma protestante una diversa interpretazione delle scritture ha portato a una rivoluzione epocale nella storia del Cristianesimo. Lo stesso con la rivoluzione francese quando venne messo in discussione il dogma del potere per discendenza, dando a tutti i cittadini gli stessi diritti alla nascita.
In tutti questi casi il potere consolidato ha cercato di difendersi demonizzando le tesi antagoniste semplicemente screditando l’avversario senza intraprendere un dialogo costruttivo e senza articolare la propria posizione in modo razionale.
Lo stesso sta accadendo in questo periodo storico in cui la tesi dominante del sistema di potere consolidato pur facendo errori e contraddizioni continue non è disposto a mettersi in discussione ma scredita i pensieri eretici come se non avessero titoli per affrontare la questione.
Anche perché il vero punto di divisione è proprio tra due diverse visioni del mondo e di come il potere dovrebbe essere distribuito tra l’autorità e i cittadini.
Il sistema di potere consolidato considera de facto un suo diritto quello di decidere sulla vita di tutti in modo assoluto e senza pagarne le conseguenze. Mentre chi si oppone alle pratiche di gestione attuale della emergenza si basa sul presupposto che siano i cittadini a dover avere potere di scelta sulla loro vita soprattutto quando la scienza non è riuscita a creare delle basi solide e delle evidenze dimostrate nel risolvere il problema.
Chiunque voglia mettere in discussione questo modo di intendere il potere viene screditato come no vax, negazionista o persona di basse capacità intellettuali.
Quegli stessi che invece interpretano il sistema di potere consolidato come autoritario e dittatoriale proprio perché impone alla minoranza provvedimenti di dubbia utilità e che sconfinano nella sfera personale.
Queste differenze così radicali nel modo di interpretare la realtà potrebbero essere premonitrici di un nuovo evento rivoluzionario.
Credits: Comune di Milano - Fasi di intervento via Padova
Una trasformazione radicale, con i primi cantieri partiti il 19 di aprile e gli ultimi che si concluderanno a giugno 2022, nella logica della città dei 15 minuti. Ci saranno “8 nuove piazze”, 230 alberi e marciapiedi allargati e in granito. Vediamo gli interventi nel dettaglio.
La RIVOLUZIONE di via Padova
# Il progetto, nato dal Bilancio Partecipativo, rientra nella logica della città dei 15 minuti
Il progetto di trasformazione di via Padova è “nato e si è sviluppato attraverso il Bilancio partecipativo, con i cittadini diventati parte attiva del cambiamento“, come spiegava ad aprile l’ex assessore alla Partecipazione Lorenzo Lipparini ed è in linea con la logica della città dei 15 minuti adottata dal Comune di Milano e che vuole fare diventare la via “un luogo di vita per le persone e le realtà che la valorizzano e per le attività commerciali presenti“, il commento dell’ex assessore Marco Granelli. L’investimento complessivo è di 3 milioni di euro, per metà coperto dalle risorse del Patto per Milano. L’avvio dei lavori è stato il 19 aprile e la conclusione a giugno del 2022.
# Verranno riqualificati tutti i 2 km e i passaggi pedonali del tunnel ferroviario
Gli interventi di questa riqualificazione urbanistica interesseranno tutti i due chilometri di via Padova, tra via Arici all’altezza di Crescenzago e via Giacosa, facendo entrare la via nella più vasta zona con limite di 30 chilometri orari compresa tra piazzale Loreto e Crescenzago Nord. Verrà ridotto lo spazio dedicato al transito delle auto e aumentato quello dedicato ai cittadini.
Infine grazie al progetto Tunnel Boulevard, sviluppato attraverso un patto di collaborazione e il sostegno di Fondazione Cariplo, i passaggi pedonali sotto il sottopasso ferroviario sono diventati da poco una galleria d’arte pubblica.
Credits tunnelboulevard Fb - Via Pontano
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Credits tunnelboulevard Fb - Ingresso via Pontano
Credits tunnelboulevard Fb - Via Pontano vista laterale
Credits tunnelboulevard Fb - Via Pontano
A inizio dicembre è stata infatti inaugurata una prima tappa di Tunnel Boulevard con una galleria di poster art di Pablo Pinxit, proprio nei tunnel di via Padova. I temi rappresentati sono legati alle culture, al sociale, all’attualità, all’ambiente, alle arti, letteratura e filosofia, “Via Padova come il mondo”, un diario di viaggio con la direzione artistica di Christian Gangitano.
Credits tunnelboulevard Fb – I tunnel che verranno riqualificati
Il progetto non si esaurisce qui. I sottopassi ferroviari ad essere riqualificati saranno infatti altri quattro, fino all’intersezione con viale Monza.
# Tutti gli interventi nel dettaglio: 8 nuove piazze, 230 alberi e marciapiedi allargati e in granito
I prossimi interventi a partire riguarderanno la creazione di parcheggi: uno all’incrocio con via Ancreonte per recuperare parte dei posti che scompariranno da via Padova, altri lungo le vie Esterle e Cambini che diventeranno a senso unico. In questo punto, per dare continuità agli orti condivisi gestiti da Legambiente, verrà incrementata la quota di verde.
Uno dei punti focali della trasformazione di via Padova sarà l’ampliamento dei marciapiedi, rifatti con cubetti di granito e l’inserimento di 230 alberi parzialmente piantati in grandi vasi: magnolie, ginko biloba, corbezzolo greco. Per aumentare la sicurezza di pedoni e la socialità dei cittadini verranno ritagliati degli spazi pedonali ad alcuni incroci e arricchiti da verde e panchine creando così “otto nuove piazze di quartiere”. Tra questi, il parcheggio taxi antistante la chiesa di San Crisostomo verrà restituito agli abitanti con l’aggiunta di più alberi e l’area pedonale di via Prinetti saraà allargata.
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Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità.
E’ stata proposta un’area pedonale notturna che dovrebbe essere attivata entro l’estate. Come funzionerà e quali saranno i vantaggi?
NAVIGLI: diventeranno un’AREA PEDONALE notturna?
Sperando che quest’estate la vita sociale ripartirà, è stata proposto un progetto che renderebbe molte vie di Darsena e Navigli pedonalizzate in alcune fasce orarie. L’area pedonale da anni veniva richiesta dai residenti e dai commercianti della zona, e finalmente si è trovata una soluzione che concilierebbe esigenze diverse, tra le quali mobilità e soste.
# Una ZTL rafforzata dalle 19:00 alle 6.00
CREDIT: MILANOWEEKEND.IT
L’estate scorsa si era tentato di rendere alcune vie pedonali per facilitare la posa di dehor e tavolini leggeri, ma non si era poi concretizzato nulla. Al momento invece le cose stanno cambiando e nel Municipio 5 potrebbero arrivare presto grandi novità: l’Amministrazione sta cercando di conciliare le diverse esigenze e sono stati già fatti diversi incontri per raccogliere i pareri dei cittadini del quartiere e del DUC. La soluzione proposta renderebbe pedonali una serie di vie considerate particolarmente delicate: verrebbe istituita una Zona a traffico limitato “rafforzata”, tutti i giorni, dalle 19:00 alle 6:00 del mattino, in via Ascanio Sforza, via Scoglio di Quarto, via Bettinelli, via Lagrange.
# La soluzione “consentirà di migliorare la vivibilità della zona”
CREDIT: BLOG.URBANFILE.ORG
Le motivazioni dietro a questa ZTL rafforzata le hanno spiegate gli assessori Marco Granelli (Mobilità) e Pierfrancesco Maran (Urbanistica): “Questa soluzione consentirà di migliorare la vivibilità della zona, privilegiando la fruizione pedonale, vocazione naturale dell’area dei navigli. Via Ascanio Sforza nelle ore serali potrà essere vissuta con maggior sicurezza, le attività commerciali potranno usufruire degli spazi e i residenti potranno comunque transitare nella ztl, e sostare nelle vie laterali”. Per controllarne il funzionamento verranno posizionate due telecamere, una in via Scoglio di Quarto, all’incrocio con Corso Manusardi, l’altra in via Pavia, all’altezza dell’ultimo torna indietro prima dell’incrocio con via Ascanio Sforza.
Ma come funzionerà questa nuova ZTL rafforzata? Il divieto di sosta in via Ascanio Sforza riguarderà il tratto compreso tra via Scoglio di Quarto e via Conchetta, e il limite di velocità sarà 15 km/h. Via Scoglio di Quarto, invece, diventerà ztl nel tratto compreso tra Corso Manusardi e via Sforza, sempre con limite di velocità 15 km/h. Via Bettinelli e via Lagrange diventeranno Zona 15, la prima mantenendo il doppio senso di marcia, la seconda mantenendo l’attuale senso unico direzione corso S. Gottardo, ed in entrambe rimarrà la possibilità di parcheggiare per i residenti. Infine, via Pavia, nel breve tratto compreso tra via Ascanio Sforza e il primo torna indietro, diventerà ztl e strada a 15 km/h, a doppio senso di marcia.
Tutto il quartiere attorno a corso S. Gottardo, come richiesto dalla social street e dai residenti, diventerà Zona 30 e sarà delimitata da sarà delimitata dalle vie Ascanio Sforza, viale Tibaldi (escluso), via Castelbarco (esclusa), via Teuliè (esclusa corsia preferenziale tram), via Col di lana (escluso) e viale Gorizia.
L’obiettivo è quello di avviare la pedonalizzazione entro l’estate 2021 e non sembriamo esserci lontani, infatti la proposta è stata sottoposta al parere del Municipio 5, e al DUC. Non resta altro che attendere: la zona più in voga del momento in città si trasformerà nelle ore notturne, come un vampiro?
Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità.
La Sardegna è un’isola famosa per il suo mare e le sue spiagge. Tuttavia, si tratta anche di una regione ricca di natura e di storia. Due elementi che si fondono nel nuovo progetto per il Cammino minerario di Santa Barbara.
1.000 chilometri a piedi: il nuovo CAMMINO SPETTACOLARE per ESPLORARE la Sardegna
# Vecchie strade, nuovi obiettivi
Credits: ehabitat.it
La Sardegna, negli anni, è stata interessata dalla presenza di numerosi siti minerari per l’estrazione di materiali rocciosi. Ad oggi, molti di questi luoghi di scavo sono stati chiusi, ma le strade che li collegavano con altre zone della regione sono ancora percorribili. Trattandosi di percorsi unici, immersi nella natura, sono stati rivalorizzati con un progetto che si rivolge a tutti coloro che amano vivere un’esplorazione all’aria aperta.
Si chiama il Cammino minerario di Santa Barbara ed è un tragitto previsto inizialmente di 550 chilometri che attraversa picchi sul mare, siti archeologici, mulattiere, strade sterrate o vie urbane. Un modo per ripercorrere i passi dei vecchi minatori sotto l’occhio vigile di Santa Barbara, la protettrice di chi lavora sottoterra.
# L’obiettivo: portare il percorso a 1.000 chilometri per renderlo il cammino più lungo su un’isola continentale
Credits: vacanzattivajournal.com
A dare maggiori informazioni riguardo il progetto è il presidente della Fondazione Cammino minerario di Santa Barbara, Giampiero Pinna. La camminata partirà da Sulcis Iglesiente e Guspinese e andrà poi a districarsi lungo l’interezza dell’isola. Ciò è stato possibile grazie all’adesione di molti comuni sardi all’iniziativa, tra cui Sassari, Porto Torres e Alghero.
L’ambizione è quella di portare il tracciato da 550km a 1000, andando ad unire ancora più strade minerarie. Inoltre, sono previste 30 diverse tappe lungo il percorso per offrire ristoro a chi deciderà di prendersi una pausa nelle Posadas, tipici alberghi del posto. L’idea è quella di aprirsi a qualsiasi tipo di esigenza e permettere di percorrere il cammino a piedi, a cavallo o in bicicletta. Il presidente Pinna afferma di aver partorito l’idea di questo cammino fin dal 2010 e ora, nel giro di due anni, potrebbe vedere la luce. Una visione coraggiosa per offrire un tipo di vacanza alternativa per tutti gli amanti delle lunghe passeggiate in luoghi incontaminati.
Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità.
Barcellona viene considerata la “capitale catalana” ed è la meta ideale anche per chi ama l’architettura. Proprio in questa città sono presenti preziose costruzioni da visitare almeno una volta nella vita. E non è un caso se qui il celebre, e stravagante, architetto catalano Antoni Gaudì ha dato il meglio di sé.
Tra i suoi edifici di grande e surreale bellezza, ne spicca uno: Casa Batllò, una delle costruzioni più geniali di Gaudì ed una delle tappe imperdibili della Spagna.
Dichiarata patrimonio dell’umanità UNESCO nel 2005, attira ogni anno numerosi visitatori. È lei la casa più bella del mondo?
È questa la CASA PIÙ BELLA del mondo?
# Le ricche famiglie spagnole commissionavano la realizzazione di edifici indimenticabili… E Casa Batllò ne è sicuramente un esempio
Credits: @momentsofgregory IG
Durante la rivoluzione industriale, Barcellona cambiò radicalmente il suo volto. Infatti, gli imprenditori continuavano ad arricchirsi ed entravano in competizione tra loro, commissionando ai più grandi architetti la realizzazione di edifici che lasciassero un segno indelebile nella città.
Fu in questo contesto che, nel 1903, la ricca famiglia Batllò comprò un vecchio edificio nel quartiere dell’ Eixample, proprio nel cuore della città, e si rivolse a Gaudì per la sua ristrutturazione.
L’architetto, già famoso per altri suoi progetti come La Sagrada Familia, Parc Guell e Casa Milà, usò questo incarico come un esercizio di stile. Infatti, rimodernò l’edificio, sostituendo la facciata originale con un insieme di pietre e cristalli. E, sia l’esterno che l’interno della casa sono un trionfo di mosaici e vetrate, di linee morbide ed ondulate. Proprio i caratteri distintivi dei progetti dell’architetto, che richiamano sempre le strutture e le forme sinuose della natura.
# Un’estetica quasi neogotica, ma con numerosi richiami floreali propri degli artisti modernisti
Credits: @barcelonacityphotos IG
Quindi, Gaudì fece scolpire nuovamente le pareti esterne per dotarle della famosa forma ondulata che accomuna tutte le sue opere e le fece intonacare con calcina. Solo successivamente le fece rivestire con il tipico mosaico catalano, il trencadís, costituito da tessere in vetro colorato e dischi di ceramica.
E anche il tetto ondulato è molto particolare: è decorato con delle ceramiche colorate che creano una scala cromatica che ricorda la pelle di un rettile, di un drago. Ma poi lo sguardo non può non essere catturato dalla terrazza dotata di 4 gruppi di sinuosi camini che svettano contro il cielo.
Passando alla facciata, essa è dotata di colonne affusolate in pietra del Montjuïc che fanno da cornice a particolari motivi decorativi che richiamano forme ossee e soggetti zoomorfi. Un’estetica che ricorda quasi quella neogotica, ma con elementi floreali tipici dei modernisti.
# Gli interni sono ricchi di dettagli ricercati e preziosi
Credits: www.hotelspagna.net
Questa originalità si riflette anche negli interni della casa. Anche qui, tutto è stato progettato da Gaudì, il quale ha poi commissionato i lavori ai migliori artigiani di Barcellona.
Ferro forgiato per realizzare i balconi, magnifiche porte tridimensionali in legno, preziosi cristalli piombati che lasciano filtrare la luce naturale e ceramiche decorate a mano… Tutto questo in un unico grande edificio.
E tra gli ambienti da non perdere c’è il cosiddetto Salone Nobile che, con le sue vetrate coloratissime affacciate sul Passeig de Gracia, rappresenta una vera e propria vetrina della casa.
# Un edificio ricco di storie e leggende collegate alla città
Credits: @paesaggi_e_paesi_____ IG
Casa Batllò è una costruzione molto popolare e non poteva non essere protagonista di storie e leggende legate alla città di Barcellona.
Per esempio, viene anche chiamata “casa delle ossa”. Perché? Beh, basta osservarne la facciata per trovare la risposta: i balconi sembrano frammenti di cranio, con tanto di aperture per occhi e naso, e le colonne del primo piano sembrano delle ossa umane… Dettagli che fanno pensare ad uno scheletro umano.
Ma non finisce qui: Casa Batllò è anche legata a San Giorgio, il patrono della Catalogna che, secondo una famosa leggenda, uccise con la sua spada il drago che terrorizzava la città. E proprio la figura del drago è presente nelle decorazioni della casa, nelle forme ondulate del tetto che rappresenterebbero la schiena squamosa dell’animale. In più, l’enorme croce a quattro braccia sul tetto è il simbolo della spada trionfante di San Giorgio.
Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità.
Prendete lo snowboard, togliete il naso freddo, i piedi congelati, le temperature sottozero e persino la neve. Poi aggiungete il sole, il rumore del mare, le palme che sfidano il vento e immense distese di sabbia. Cosa rimane? Il sandboard!
Per tutte le persone che amano gli sport invernali ma fanno fatica a combattere il freddo c’è uno sport perfetto che sta ormai spopolando: fare snowboard sulla sabbia.
Vediamo insieme tutti i luoghi che hanno già fatto questo cambio di stagione pazzesco.
La nuova tendenza: SNOWBOARD sulla SABBIA
# Sandboarding in Qatar
Credit: myholidays.com
Per praticare sandboarding occorre ovviamente trovare dei luoghi dove la sabbia sia la protagonista e quale luogo migliore del deserto?
Il Qatar è uno dei primi paesi che si è fatto promotore di questa nuova attività.
Il Qatar National Tourism Council ha infatti pensato di offrire un’alternativa vicina ma incredibile per tutte le persone che hanno dovuto rinunciare alla vacanza sulla neve a causa delle restrizioni per la pandemia.
L’idea è semplice: spostare lo snowboard sulla sabbia.
Il risultato? Un successo. Sono infatti molti gli appassionati di questo sport che sta ormai spopolando prendendosi il suo posto ufficiale, non solo come sostituto temporaneo della neve.
In Qatar si prestano allo sport le spettacolari dune di Khor Al Adaid.
# Sandboarding in Marocco e a Dubai
Credit: @alexuchoaphotography
È possibile praticare sandboarding anche in Marocco; il luogo perfetto per cavalcare le onde di sabbia in questo paese si trova a Erg Chebbi.
Il Marocco non è solo, anche Dubai ha aggiunto il sandboarding nella sua offerta turistica.
Nell’immenso deserto si possono trovare diverse dune di sabbia con altezze differenti, perfette per essere percorse con la tavola.
# Sandboarding in Australia e in Egitto
Credit: @ash.stek
Nell’elenco dei paesi in cui si può fare sandboarding non poteva manca l’Australia, sempre in prima fila quando si parla di sport estremi. Lancelin è la principale destinazione australiana per il sandboarding: una distesa di sabbia bianca pronta per essere cavalcata.
Anche in Egitto si può praticare sandboarding e il posto preferito dagli appassionati di questo sport è vicino all’oasi di Siwa.
Alcuni sostengono che questo sport innovativo derivi proprio dall’Egitto, dov’era usanza scivolare tra le dune con una tavola di legno.
# Non solo nel deserto
Credit: @kk_aus_k
Se la neve è presente in molti paesi, si potrebbe pensare che il sandboarding sia uno sport dedicato ai pochi eletti che hanno per natura delle dune di sabbia ma ci sono dei paesi che si sono ingegnati. Chi ha detto che la sabbia deve essere vera?
In Germania 35.000.000 tonnellate di sabbia derivate dalla produzione di caolinite a Hirschau hanno dato vita a una duna di 120 metri che ha preso il nome di Monte Kaolino.
É stata trasformata in una stazione sciistica per lo snowboarding sulla sabbia e ogni anno qui si tiene il campionato mondiale di sanboarding.
# Un’esperienza da provare
Credit: @candidethovex
Per tutte le persone, appassionate di snowboarding o meno, quella di trovarsi su una tavola a cavalcare le dune del deserto è un’esperienza da provare almeno una volta nella vita.
I più avventurosi che hanno già provato descrivono l’esperienza come molto simile al surf, solo che di acqua, questa volta, non c’è neanche l’ombra.
Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità.
In Italia c’è una torre giardino costruita molti secoli fa. Quale città ospita questo gioiello tanto medievale quanto contemporaneo?
La TORRE GIARDINO del MEDIOEVO sfida le ARCHISTAR moderne
Secoli fa l’inquinamento globale e il movimento ambientalista erano ancora un lontano miraggio e così lo era anche la green architecture, tanto in voga tra le archistar del momento. Eppure in Italia c’è una torre giardino, con un angolo di verde sopraelevato, che risale al XIV secolo e ha anticipato ogni progetto futuristico.
Quale delle nostre città ospita questa torre tanto medievale quanto contemporanea?
# Una sfida tra torri che venne vinta dalla famiglia Guinigi
credit: ilprimatonazionale.it
Nel XIV secolo le famiglie potenti di Lucca utilizzavano il suolo cittadino come un campo di battaglia: costruivano alte torri e chi avesse costruito la torre più alta si sarebbe aggiudicato il titolo di casata più potente e prestigiosa.
Era un titolo davvero ambito e in tutta la città si contavano oltre 250 torri, ma l’unica testimonianza che oggi è rimasta integra di questa “sfida” è la Torre Guinigi. Dopo che la torre fu costruita, Paolo Guinigi decise di rendere la struttura più gentile e leggera, piantandoci l’albero più alto e trasformando la cima in un giardino sopraelevato.
# La leggenda narra che nel giardino ci sia un albero premonitore
credit: paesionline.it
Si trova proprio qui, nel centro storico di Lucca, la torre giardino che ha anticipato di qualche secolo l’architettura contemporanea. Ma secondo la leggenda, la pianta che aveva posizionato Paolo Guinigi non era una semplice pianta: aveva delle capacità premonitrici. Infatti, si narra che quando il mercante venne catturato da Francesco Sforza e imprigionato, la sua morte fu preannunciata dall’albero che perse tutte le foglie.
# Niente ascensori o scale mobili: 230 scalini per arrivare in cima
credit: paesionline.it
Di tutta la città, la Torre Guinigi rappresenta ancora uno dei luoghi più visitati e più amati. Con i suoi quasi 45 metri di altezza, svetta sugli altri edifici come fosse un faro. E’ un tipico esempio di architettura romanico-gotica lucchese, costruita in cotto e decorata con stemmi, finestre trifore tipiche medievali, cornici e targhe. Per raggiungere il giardino sulla cima non ci sono ascensori o lunghe scale mobili, perciò per godersi il panorama dall’alto bisogna percorrere le 25 rampe di scale ed è richiesta tanta buona volontà. Ben 230 faticosi scalini che, per una vista a 360 gradi sulla cittadina toscana dichiarata Patrimonio dell’umanità UNESCO, ne valgono davvero la pena.
La Torre Guinigi non è solo un gioiello di architettura trecentesca; la sua altezza rappresenta la sana competitività innata dell’essere umano e il suo giardino pensile è simbolo della propensione dell’uomo verso la natura. Ma soprattutto mette sull’attenti le archistar contemporanee: sulle loro operesvetta sempre questo capolavoro secolare.
Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità.
Credits: cerviaemilanomarittima IG - Woodpecker Milano Marittima
Nata del secondo dopoguerra, da mecca della musica delle riviera romagnola oggi in abbandono rinasce con un’opera artistica dedicata. Ecco come è stata trasformata e cosa diventerà in futuro.
La DISCOTECA di culto diventa la “cappella sistina” della STREET ART
# Nel dopoguerra nasce uno dei locali più importanti della riviera, il Woodpecker di Milano Marittima
Credits: cerviaemilanomarittima.org
Dopo la fine del secondo conflitto mondiale Milano Marittima ritrova la sua attrattività turistica e per sfruttare la situazione Aurelio De Maria, un residente del luogo, nel 1952 costruisce il Woodpecker night club, uno dei locali più importanti della riviera romagnola. Realizzato in pieno centro il locale diventa uno dei più in voga e costosi della città, con un servizio impeccabile e esclusivo, una clientela elegante e raffinata e l’intrattenimento di orchestre prestigiose, provenienti da tutta Italia. Purtroppo a causa della crescita dei turisti e della sua posizione centrale arrivarono le lamentele dei residenti che costrinsero il locale a chiudere e trasferirsi nell’entroterra romagnolo a metà degli anni ’60.
# L’idea dell’architetto per il nuovo locale: “facciamo un cerchio, facciamo affiorare l’acqua e ci mettiamo i coccodrilli”
Credits: cerviaemilanomarittima IG – Woodpecker anni 50
Visto il cambio drastico di location, da centro cittadino a aperta campagna, l’architetto incaricato del progetto Flippo Monti ha voluto osare: “facciamo un cerchio, facciamo affiorare l’acqua e ci mettiamo i coccodrilli”. L’esecuzione non si discostò di molto dall’idea, eccezion fatta per gli alligatori.
Credits: cerviaemilanomarittima IG – Woodpecker Milano Marittima
La struttura infatti è composta da in grande cupola di 16 metri in vetroresina nervata, in materiale traslucido per il filtraggio della luce, divisa in 23 spicchi come un ombrello a doppia curvatura per coprire la pista da ballo. Attorno ci sono alcuni laghetti circolari ritagliati dalla piattaforma alla base, rivestita in marmo giallo di Siena.
# Da discoteca di culto a “cappella sistina” della street art
Credits: realtaurbana IG - Street art nella cupola
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Credits:
realtaurbana iG - Woodpecker Milano Marittima
Credits:
realtaurbana iG - Woodpecker Milano Marittima
In abbandono dopo un incendio nel 1975, che ha lasciato intatta la cupola ma non ha consentito la riapertura della discoteca, oggi sta rinascendo. Prima grazie a un’opera di street art creata da “Blu”, famoso street artist di origine bolognese, tra i 10 migliori writer del mondo inserito secondo “The Guardian”, all’interno della cupola: un graffito contiguo raffigurante personaggi umanoidi, caricature e satira della società moderna. Poi negli ultimi anni l’associazione MAGMA l’ha utilizzata per alcuni eventi e entro quest’anno dovrebbero concludersi i lavori per farne un centro polifunzionale per eventi di vario genere.
Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità.
Sono diversi i musei in giro per il mondo che sono dedicati ai famosi autoscatti e ora sta per aprire anche a Roma, all’interno del parco divertimento e acquatico Zoomarine.
No, non vi preoccupate, non sarete incorniciati e messi in bella mostra sulle pareti di un museo tradizionale, questa volta, a creare le opere d’arte, sono proprio i visitatori.
I musei dedicati ai selfi sono infatti dei musei pieni di ambientazioni colorate e divertenti dove poter scattare delle foto pazzesche.
Vediamolo insieme.
Apre in Italia il primo MUSEO dei SELFIE
# Il primo museo dei selfie in Italia
Credit: @zoomarineroma
Nonostante i musei siano ancora chiusi a causa della pandemia, il parco divertimenti e acquatico Zoomarine di Roma pensa a un modo per ripartire col botto non appena si potrà.
Nasce così l’idea di aprire il primo museo dei selfie in Italia. Si potrebbe pensare sia un museo pieno di autoscatti da tutto il mondo ma non lo è perchè al museo dei selfie, i selfie, si fanno. Aprirà nei prossimi mesi e potrebbe diventare una vera a propria attrazione turistica.
“Abbiamo il dovere di guardare al futuro con fiducia ed ottimismo, e per questo che, Zoomarine e il Gruppo The Dolphin Company, stiamo organizzando una stagione ricca di sorprese e novità”, scrive Zoomarine sul suo sito.
# Come funziona
Credit: @selfiemuseumchisinau
I musei dei selfie forniscono un vero e proprio set per il selfie perfetto: luci giuste e un’ambientazione pazza e colorata.
Il nuovo museo di Roma è di 400 metri quadrati ed è stato pensato per quando tutto riaprirà mantenendo comunque degli accorgimenti: ci saranno 25 postazioni che saranno aperte e sanificate per permettere ai visitatori di fare tutte le foto che vogliono in sicurezza.
Le ambientazioni sono diverse e offrono delle illusioni ottiche bellissime: una vasca piena di 15 mila palline colorate, delle ciambelle giganti, una stanza dove è tutto sotto sopra e molto altro.
Il nuovo museo si pone anche obiettivi didattici, ci saranno infatti dei momenti che ripercorreranno la storia e la cultura del selfie: dall’autoritratto del pittore francese Jean Fouquet del 1455 che potrebbe essere considerato una prima forma di selfie al primo selfie di gruppo, nel 1920 a New York, dove 5 uomini si scattarono una foto sulla terrazza di un edificio della città.
# I musei dei selfie nel mondo
Credit: @miami.selfiemuseum
Quella di inaugurare dei musei dedicati a temi stravaganti è ormai una moda che si è consolidata da ormai qualche anno nel mondo e non fa eccezione quella dei musei dei selfie.
Sono infatti molte le città che hanno già creato il loro museo dei selfie: Los Angeles, Dubai, Miami più molte versioni pop-up che arrivano anche a Budapest.
D’altronde, ogni giorno vengono pubblicati in media 100 milioni di selfie e ormai li abbiamo visti tutti: selfie col fidanzato, foto davanti allo specchio ancora in accappatoio, selfie con dietro la Torre Eiffel. Era arrivato il momento di offrire delle ambientazioni pazze e mai viste.
Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità.
In un’Italia particolarmente sofferente, in cui si è assistito ad un calo drastico del PIL e delle spese pro capite dei cittadini, quanto emerge dallo studio “Global Wealth and Lifestyle Report 2021” di Julius Baer sorprende. L’Italia e quindi anche la Lombardia e il suo capoluogo non sono riusciti ancora a rialzarsi, al contrario ad esempio di alcuni stati asiatici che sono usciti rapidamente dalla pandemia e hanno mantenuto la loro economia abbastanza stabile. Ciò nonostante Milano sale di posizione nella classifica delle città più care al mondo. Come è possibile?
Il PARADOSSO: nell’anno del Covid MILANO è SALITA nella classifica delle CITTÀ PIÙ CARE del mondo
# Lo studio di Julius Baer
L’indagine “Global Wealth and Lifestyle Report 2021” di Julius Baer consiste nello studio di un paniere di 20 beni e servizi rappresentativi dello stile di vita della clientela facoltosain 20 tra le città più ricche al mondo. Rispetto al 2019 la stessa analisi, però, è stata modificata, dato che lo stile di vita delle persone è nettamente cambiato a causa del Covid. Se nel 2019 tra i servizi studiati c’erano la richiesta di personal trainer e i banchetti di matrimonio, nel 2020 sono stati sostituiti ad esempio dall’acquisto di biciclette o apparecchi tecnologici. Tuttavia, anche l’elenco delle città è cambiato: ad esempio Vienna, Istanbul e Los Angeles non sono state incluse. I dati dello studio furono raccolti tra luglio e settembre 2020, quindi dopo la prima ondata e appena prima della seconda.
# Milano è la 13esima città più cara del mondo
Credits: juliusbar.com Milano nell’analisi
Secondo Julius Baer gli italiani spendono in media 195 dollari all’anno in beni di lusso. Se nell’indice le prime posizioni sono occupate dalle città asiatiche, come Shangai, Tokyo e Hong Kong, anche le performance europee non sono male. Milano si posiziona al 13esimo posto, poco più in basso di metà classifica e sopra Barcellona e Francoforte, ma Parigi e Londra occupano rispettivamente il 7° e 8° posto. Milano è salita nella classifica grazie alle quotazioni immobiliari, le più alte nel Paese e sempre in crescita dal 2017, e aumentate grazie alla domanda estera. Nel capoluogo lombardo, inoltre, ci sono alcuni articoli, come la tecnologia di fascia alta e i vini pregiati, che hanno prezzi molto più alti rispetto alla media internazionale.
# Il paradosso
Come è possibileche, di fronte a migliaia di persone che hanno perso il lavoro, chiusure di attività e in generale ad una disponibilità economica pro-capite più bassa rispetto agli anni precedenti, Milano diventi la 13esima città più esclusiva al mondo? Verrebbe da dire che è vero che i ricchi si arricchiscono sempre e a rimetterci sono sempre le classi più povere, quelle che forse neanche nel 2019 acquistavano i beni di lusso analizzati da Julius Baer. Ciò nonostante, anche nell’indagine, si notano i segni della crisi: andare fuori a mangiare nella città ora costa il 13% in meno rispetto al 2019 e scarpe da donna e i voli in business class sono diminuiti rispettivamente dell’11% e del 25%.
Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità
Compresa la tratta in aliscafo da Reggio Calabria a Messina, i tempi vengono dimezzati. Ecco il progetto nel dettaglio.
Da MILANO in SICILIA in un tempo RECORD: il progetto di Trenitalia per DIMEZZARE il VIAGGIO
# La durata del viaggio da Milano a Messina si dimezza, da 19 a 10 ore
Traghetto treni regionali tra Messina e Reggio Calabria
Trenitalia sta conducendo un sondaggio sulle abitudini di viaggio e sull’interesse verso nuovi collegamenti dei clienti che hanno viaggiato da/per la Calabria e la Sicilia, chiedendo loro con quali servizi e a quali prezzi sarà disponibili a usufruirne. In previsione c’è l’introduzione di un nuovo collegamento ferroviario fornito dal FrecciaRossa, che abbia meno fermate di quello attuale, che porti i viaggiatori da Milano a Messina nella metà del tempo.
Il treno viaggerà di notte, fascia oraria attualmente servita dall’Intercity notte, con una durata ridotta da 19 a 10 ore compreso l’aliscafo di collegamento tra Reggio Calabria e Messina.
# Le fermate previste e i treni utilizzati
Credits: trains_of_italy IG
Il nuovo collegamento con partenza a nord da Milano e Torino e capolinea Reggio Calabria avrà come fermate: Bologna, Reggio Emilia, Firenze, Paola, Lamezia Terme e Villa San Giovanni.
I treni utilizzati saranno i Frecciarossa Etr 500 nei quali il servizio di ristorazione sarà operativo dalle 5 del mattino all’1 di notte, con il kit notte composto da cuscino poggiatesta, mascherina e tappi, oltre alla colazione, e per chi opta per la formula Business e Executive.
La differenza con l’Intercity notte sarà l’assenza del servizio cuccetta, mentre sul FrecciaRossa ci saranno solo poltrone reclinabili.
Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità.
murales del Caravaggio nel vicolo del Divino Amore
Storia incredibile di come un grande pittore fosse un terribile inquilino e di quel quadro che rappresentava la Madonna col volto di una prostituta romana…
Caravaggio ha vissuto in Vicolo del Divino Amore a Roma dove, prima di essere buttato fuori dalla proprietaria, ha lavorato a uno dei suoi quadri più celebri e controversi, La morte della Vergine.
Il Vicolo del DIVINO AMORE: dove il CARAVAGGIO dipinse un CAPOLAVORO misterioso
Forse non tutti sanno che il Caravaggio, pittore che amiamo ma la cui vita è avvolta da molto mistero, ha vissuto per un breve periodo nel Vicolo del Divino Amore a Roma in una casa dove, prima di essere buttato fuori dalla proprietaria, ha lavorato a uno dei suoi quadri più celebri e controversi. Secondo le fonti storiche arrivò a Roma intorno al 1596 e visse a Campo Marzio, ne sono testimonianza una serie di documenti giudiziari come denunce, deposizioni e testimonianze che servono a ricostruire la vita del pittore nella zona di Campo Marzio.
# Gli atti giudiziari che raccontano chi era Caravaggio
“Moro, grassoccio, vestito di nero ma non troppo bene“, così una denuncia contro di lui lo descrive. Da una deposizione giuridica da lui rilasciata a seguito di un’altra denuncia invece si evince la sua concezione dell’arte quando afferma che per lui “il pittore valente è colui che sa dipingere bene e imitare le cose della natura“. Ancora è grazie a una denuncia che sappiamo che Caravaggio visse proprio nell’odierno vicolo del Divino Amore al numero 19 dove la padrona di casa lo denuncia per non aver pagato l’affitto da più di 6 mesi. Dalla denuncia deriva per lui l’impossibilità di rientrare a casa e il pignoramento di tutti i beni che erano rimasti nella casa a titolo di risarcimento.
# La morte della Vergine un dipinto e tanti misteri
In quell’appartamento Caravaggio aveva lavorato all’opera La morte della Vergine, dipinto monumentale tanto che ottenne dalla proprietaria di casa di scoprire metà della sala per avere più spazio per la tela e più luce a disposizione. Il dipinto è stato definito dagli esperti un esempio di poetica di santificazione del popolo poiché sembra che abbia preso a modello una prostituta annegata nel Tevere.
La leggenda che avvolge la Morte della Vergine di Caravaggio inizia dal rifiuto dei religiosi di esporre il dipinto. Caravaggio realizzò questo lavoro su commissione, per la chiesa di Santa Maria della Scala a Trastevere in Roma. Sembra che il rifiuto dei religiosi fosse dovuto all’estremo realismo col quale fu raffigurata la Vergine. Il dipinto venne considerato, quindi, blasfemo perché troppo crudo per la rappresentazione del cadavere femminile. Alcuni storici parlano addirittura di una prostituta morta annegata. Altri, invece, riconoscono nei tratti somatici della Vergine dipinta quelli di Lena, la celebre modella di Caravaggio. Il dipinto, datato 1605 circa, oggi si trova a Parigi al Musée du Louvre.
Oggi al n 19 del Vicolo del Divino Amore non c’è neanche una targa a ricordare la presenza dell’immenso pittore in quella casa, resta solo un murales che riproduce il viso dell’artista e questa “assenza” rende ancora più intrigante la storia del passaggio di Caravaggio in questo angolo di Campo Marzio a Roma.
Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità
Quando ero piccola il mio bisnonno mi diceva sempre che ero una “piscinina”, anche per chi non è di Milano è facile capire che questo termine si usa per dire “piccolina”.
Ho sempre pensato che fosse solo una semplice variazione della parola in italiano e invece questo termine un significato ce l’ha, e anche grande. Scopriamo insieme chi erano le “piscinine”.
La “PISCININA”: un antico mestiere di Milano
# La “piscinina”
Credit: @cronacheribelli
Quasi chiunque, nel corso della vita, avrà sentito almeno una volta la parola “piscinina”.
Nel dialetto milanese questo termine significa “piccolina” ma è ormai usato in tanti altri dialetti, anche in versioni simili.
Ma da dove deriva l’uso di questo termine? Chi erano le “piscinine”?
Le “piscinine” erano quelle bambine che imparavano il mestiere della sarta, della modista, della lavorante in biancheria e della stiratrice.
Erano bambine di età compresa tra i 6 e i 13 anni che erano apprendiste presso le sartorie della Milano dei primi ‘900.
Nonostante fossero piccoline, la storia di queste bambine è grande.
# In giro a distribuire i vestiti delle sarte
Credit: @milano_scomparsa_o_quasi
Le “piscinine” lavoravano anche per 14 ore di fila, il tutto per 25-30 centesimi al giorno.
Passavano molte ore all’interno dei laboratori di sartoria ma il compito più pesante da svolgere era un altro: dovevano distribuire i vestiti tra le case dei clienti.
Questo voleva dire portare sulle spalle scatoloni di anche 10 kg per tutta la giornata.
In questo apprendistato non esistevano ferie, gli straordinari erano all’ordine del giorno e nessun diritto era tutelato.
Tutto questo lo troviamo anche nel testo “La piscinina”: “Mi son la piscinina che gira per Milan; girà sira e mattina l’è ‘l solito me tran-tran, poeu, quand l’è sira fada, stufa, straca, coppada, con ona fam de loff, voli a cà mia in d’on boff”.
# Le “piscinine” in sciopero
Credit: officinadellostorico.it
La mattina del 23 giugno 1902 la città di Milano fu risvegliata da uno spettacolo che non si sarebbe mai aspettata: le “piscinine” avevano iniziato uno sciopero.
La notizia veniva data dai giornali quasi come uno scherzo, delle bambine di 10 anni che scioperano? Ebbene si.
Fu la quattordicenne Giovannina Lombardi a guidare lo sciopero in quanto più grande del gruppo.
A quel tempo l’Unione femminileistituì un’associazione per piccole lavoratrici chiamata La Fraterna, i cui scopi erano solidarietà, previdenza e istruzione, a cui fu annessa anche una scuola di disegno professionale per queste bambine.
Supportate dall’Unione femminile nazionale e anche da alcune sindacaliste della Camera del Lavoro, le “piscinine” decisero che non sarebbero tornare al lavoro senza aver ottenuto quello che richiedevano.
L’obiettivo era ottenere la riduzione dell’orario di lavoro, la possibilità di usufruire di un’ora di riposo, la riduzione del peso dei pacchi da consegnare, e l’aumento del salario.
Alla protesta aderirono più di 400 bambine e dopo una settimana di sciopero radicale, ottennero quello che chiedevano.
La loro vittoria rappresenta un passo avanti importante nella definizione dei rapporti di forza del settore.
Anche se erano piccole, le “piscinine” avevano ottenuto qualcosa di grande.
Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità.
7 treni, 7 velocità da record: ecco quali sono e a che velocità sfrecciano i treni più rapidi del mondo.
I 7 TRENI più VELOCI del MONDO: in classifica c’è anche l’ITALIA
In un universo parallelo i treni andranno tutti a 600 km/h e i ritardi di Trenitalia saranno solo un brutto ricordo, ma per il momento, in tutto il mondo, ci sono solo pochi treni che sfrecciano a certe velocità… e tra questi c’è anche un italiano. Ma quali sono e a che velocità viaggiano questi 7 treni da record?
#7 Frecciarossa 1000: 400 km/h
credit: multi-rail.com
In questo caso essere ultimi non è poi così disastroso, in fondo ci siamo posizionati settimi tra i treni più veloci di tutto il globo. Bisogna sempre puntare al meglio ma per il momento non possiamo lamentarci, infatti il Frecciarossa 1000 – anche conosciuto come ETR 400 – può raggiungere i 400 km/h, collegando le città di Torino, Milano, Reggio Emilia, Bologna, Firenze, Roma, Napoli e Salerno, raggiungendo anche Potenza e Taranto. Alcuni Frecciarossa 1000 collegano anche Venezia, Padova, Vicenza, Verona, Brescia, Bologna, Firenze, Roma, Napoli e Salerno.
Il suo segreto? I 16 potenti motori distribuiti su tutte le carrozze.
#6 Fuxing Hao CR400AF/BF: 418 km/h
credit: nrdc.org
Letteralmente “Fuxing Hao” significa “ringiovanimento” e rappresenta l’ennesima prova della capacità che i cinesi hanno di superare i limiti. Il treno, che durante i test ha raggiunto i 418 km/h, viaggia quotidianamente intorno ai 354 km/h e collega diverse linee, compresa la popolare tratta Pechino-Shanghai.
#5 HEMU-430X: 421,4 km/h
credit: railway-news.com
Questo treno da record, il sudcoreano HEMU-430X, si posiziona al quinto posto della classifica con i suoi 421,4 km/h. Nonostante ciò, e il nome lo suggerisce, è stato costruito per sfrecciare a 430 km/h, velocità che però non è mai stata raggiunta.
#4 Shanghai Maglev: 431 km/h
credit: mobileworldlive.com
Chiamato anche Shangai Transrapid per la velocità con cui percorre anche lunghi tragitti, lo Shangai Maglev è il quarto treno più veloce al mondo. La tecnologia utilizzata è quella della levitazione magnetica e collega non solo la città di Shangai, ma tutta la Cina.
#3 CRH380A Hexie: 486 km/h
credit: trainsimmods.com
Insieme allo Shangai Maglev e al Fuxing Hao, forma il trio della super-velocità cinese. Il CRH380A Hexie, anche conosciuto come Harmony, si posiziona al terzo posto della classifica dei treni più veloci al mondo avendo raggiunto durante i test i 486 km/h. Nonostante questo sorprendente traguardo, quando viaggia sulle rotte commerciali il treno elettrico cinese viaggia ad una velocità che si aggira “solamente” intorno ai 380 km/h.
#2 TGV POS: 574 km/h
credit: http://transpressnz.blogspot.com/
Finalmente arriviamo all’Europa: al secondo posto della classifica mondiale si posiziona il treno ad alta velocità francese TGV POS. In confronto ai nostri 400 km/h sembra una velocità pazzesca, e nonostante lo sia, durante il regolare servizio il treno non supera i 322 km/h.
#1 Shinkansen Serie L0: 603 km/h
credit: workinjapan.today
Al primo posto sul podio dei treni più veloci al mondo che sfidano chiunque a sporgere la testa fuori dal finestrino, c’è il giapponese Shinkansen Serie L0. Il mezzo viene anche chiamato “treno-proiettile” per la sua forma e la sua velocità. Percorre in lungo e il largo il Paese del Sol Levante ed appartiene alla Central Japan Railway Company.
Siete rimasti più sorpresi dal fatto che l’Italia sia in classifica, dalla triade cinese della velocità o dal record del treno-proiettile giapponese?
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Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità.
Sarà un brusco risveglio, quello che faremo riaprendo gli occhi dopo il torpore nel quale siamo piombati. La città di Milano è quella più colpita dalla crisi e nascondere questa realtà procurerà solo maggiori danni, quindi meglio cominciare a farci i conti. Il lavoro tradizionale come lo abbiamo sempre conosciuto fino a febbraio 2020 ci sarà ancora ma, come è giusto che sia, ogni crisi presenta due aspetti complementari: pericolo e opportunità.
Il pericolo è che la città farà fatica, o impiegherà molto tempo a riprendere i ritmi del 2019, in quanto la crescita come l’abbiamo vissuta dal 2010 ad oggi si è arrestata. L’opportunità è data dall’inevitabile trasformazione che un processo epocale come quello che stiamo vivendo porterà sul nostro territorio, una trasformazione che sarebbe l’ennesima della storia di Milano e che stiamo aspettando per viverla tutti insieme.
Nella storia più recente, Milano si è già saputa adattare ad un’era post-industriale, trasformandosi da capitale delle fabbriche a città del terziario. Cosa offrirà domani? Molti spazi nuovi di zecca che devono essere il rifugio del capitale umano più creativo a disposizione: i giovani che sceglieranno Milano come base per ripartire. Per sé stessi, per la città e per il mondo, in ordine di importanza. Ma quali sono le professioni del futuro?
Cosa farò da grande? I 10+1 PROFESSIONI nella Milano del FUTURO, oggi impensabili
# Il nuovo elenco delle professioni del domani
credits: daily excelsior
In una società degna di questo nome, ci si deve interrogare spesso sulle future tendenze, ed è ciò che fa una rivista come The Futurist da qualche decennio.
Da uno studio commissionato dal magazine, emergono nuove professioni che daranno una spallata ad alcuni mestieri conosciuti oggi.
Con gli stessi criteri utilizzati nei dossier passati, The Futurist crea un nuovo elenco di professioni di domani, un mix tra fusione di vecchie mansioni, nuova importanza delle skills di ogni candidato e – nemmeno a dirlo – centrato su nuova e continua formazione, che dovrà riguardare sia i lavoratori che le aziende.
Dall’elenco ce ne sono alcune che sembrano fatte apposta per Milano, il terreno adatto a raccogliere questa sfida, grazie alla già consolidata presenza sul territorio di attitudine mentale aperta, grandi atenei e la curiosità tipica dei milanesi.
#1 Personal wellness trainer
credits: The Wellness RN
Abbiamo apprezzato con questa pandemia quanto una vita sana e un’alimentazione attenta, possano essere i migliori strumenti di prevenzione quotidiana.Il personal trainer del futuro, dovrà essere in grado di creare uno stile di vita adeguato a chiunque, sia per quanto riguarda un allenamento personale, sia per migliorare la nutrizione, sfruttando le potenzialità di ogni individuo.
#2 Cloud Architect
credits: scibite.com
È un’altra figura professionale la cui importanza sta emergendo oggi: l’occupazione che costruisce ambienti cloud il più possibile personalizzati per ogni business, aiutando le imprese a guidare il processo di trasformazione digitale dell’azienda.
#3 Virtual assistant
credits: Akolade Blog
Stiamo già vedendo l’evoluzione di alcuni mestieri, come i consulenti, la cui attività si sviluppa sempre più online. Ciò porterà alla richiesta di assistenti virtuali, collaboratori di segreteria che aiuteranno le persone ad ottimizzare il tempo, l’agenda e la gestione dei compiti quotidiani importanti, o di tutte le routine di cui non si ha il tempo di occuparsi da remoto.
#4 Data Scientist
credits: Marketing Land
Un altro fondamentale tassello di fragilità mostrato dalla pandemia, è quello legato all’arretratezza con cui a Milano e in Lombardia, abbiamo affrontato il tema del trattamento della mole dei dati.
La confusione generata dai Big Data, disponibili solo in forma aggregata, è una negligenza che dovrà essere colmata nel minor tempo possibile. La possibilità di gestire Big Data, le innovazioni tecnologiche più importanti e le intelligenze artificiali delle machine learning, passano tutte dalla preparazione e ottime qualità di brillanti Data Scientist. Questa è decisamente una sfida che non possiamo permetterci di perdere o di lasciare esclusivamente appannaggio della Pubblica Amministrazione.
#5 Aggregatori di talenti
credits: Giraffecvs
Nell’ambito della ricerca del lavoro, vincerà la sfida non tanto l’agenzia interinale che trova la scorciatoia per monopolizzare le ricerche di impiego, ma piuttosto la figura che ha i migliori rapporti personali con i professionisti sul mercato, in modo da fungere da vero e proprio aggregatore di talento e saper proporre il professionista giusto al posto giusto.
Un aggregatore di talenti dovrà fare la caccia al tesoro tra i curriculum dei free lance, donando soddisfazioni a tre parti coinvolte: l’impresa, il lavoratore e il proprio team
#6 Wiki Writers
credits: salon . com
Entriamo nel vivo delle previsioni del futuro, proponendo una professione che secondo i futurologi prenderà vita a breve. Secondo le aspettative, l’esperimento di Wikipedia darà il via ad una nuova era di clienti desiderosi di saperne di più su un determinato argomento, i quali pagheranno i wiki writers che produrranno un contenuto, studiandolo e scrivendolo. Questo prodotto verrà poi messo online con lo spirito delle wiki, ovvero migliorato dal contributo esterno di altri autori, che lo editeranno continuamente.
Ci sarà anche spazio per wiki multimediali, con audio e immagini, oltre che testo. Inoltre, ci sarà posto per i Wiki Translators, col compito di tradurre i contenuti da altre lingue.
#7 Manager Personal Coach
credits: Formula Benessere
Una figura a metà tra il personal coach e un agente di rappresentanza, in grado di indirizzare al successo il talento, capace di gestire gli effetti derivanti da professioni creative, artistiche e sportive. Un/una Manager Personal Coach crea il piano di azione e di intervento, cura la comunicazione e la crescita dell’artista/campione come se fosse un vero e proprio brand, diventando una figura decisiva per la carriera e la reputazione del marchio personale della star.
#8 Pescatore di biciclette
credits: awesome foundation
Milano riaprirà prima o poi i suoi canali, i Navigli. Lungo le sponde del Naviglio ci saranno sempre dichiarazioni d’amore, litigate stratosferiche e, purtroppo, atti di insensata scempiaggine, tipo buttare in acqua le biciclette del bike sharing. Ripescare le biciclette dal Naviglio è una professione che speriamo sia destinata a cadere nel dimenticatoio, ma nel frattempo, con questa scusa, i pescatori di biciclette navigherebbero in lungo e in largo la gran quantità di canali nel centro di una delle città più belle del mondo.
#9 Raccoglitore di energia
credits: milano.repubblica
Si tratta di una figura che può venire dalla carriera ingegneristica, o dall’architettura, in grado di raccogliere l’energia cinetica di noi umani e trasformarla in elettricità.
L’energia cinetica creata dell’operosità meneghina, sembra essere quella ideale da sfruttare, per dare impulso a questo tipo di professione
#10 Agricoltore genetista di precisione
credits: Terra e Vita
L’agricoltura di precisione è già una realtà oggi, una parte della digitalizzazione più imponente riguarda appunto il raccolto di cibo o l’allevamento di carni, in modo da diminuire l’ impatto ambientale e per soddisfare la domanda più ampia possibile.
Allevatori e agricoltori del futuro, saranno sempre più legati a chimica e genetica perché, oltre a conoscere la terra e i suoi ritmi, sapranno migliorare i raccolti e produrre nutritivi utilizzando tecniche di modificazione genetica
#10+1 Troppo futuristico? Ecco cosa rimane nel breve periodo
credits: antifurtiesicurezza.com
Servizi come quelli alla casa e alla persona saranno sempre necessari. L’idraulico e l’elettricista diventeranno anche esperti in domotica, perché la casa sarà sempre più smart e costantemente connessa con noi, anche a distanza. La cura in senso stretto dei malati, sarà sempre necessaria. Magari ci saranno anche una serie di ingegneri biomedicali che si occuperanno di “aggiustare” gli innesti artificiali impiantati dai chirurghi. Queste professioni si modificheranno, ma non sono destinate a sparire.
Qualsiasi sia il lavoro dei sogni, lo si può inventare di sana pianta se non è disponibile sul mercato. L’importante è sapersi mettere in gioco e riconoscere – fin da subito – se si hanno o meno le conoscenze adeguate a intraprendere la nuova strada.
In caso contrario, mettersi subito in marcia verso la formazione mirata. Il primo vero passo, quello da cui parte tutto.
Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità.
nel Cortile della Pigna dei Musei Vaticani, Sfera con sfera
Sfere, obelischi, lastre, elementi curvilinei in bronzo dorato, attraversati da linee, forature, materia geometrica che fuoriesce o rientra. Sono le opere di un grande artista contemporaneo, Arnaldo Pomodoro. Sparse in tutto il mondo, non potevano mancare a Roma, dove ce ne sono tre, cinque se si contano anche le due che si trovano a Tivoli e a Frascati.
Una PASSEGGIATA fra le opere di ARNALDO POMODORO a Roma e dintorni
#La SFERA GRANDE davanti alla Farnesina
L’opera più iconica del maestro a Roma è Sfera grande. Risale al 1966-1967 e fu la prima notevole committenza affidata all’artista in occasione dell’Expo di Montreal del 1967. La sfera è oggi davanti al Palazzo della Farnesina che con la sua compatta facciata in travertino bianco le regala uno sfondo ideale. La grande sfera di bronzo dorato viene spesso ripresa in primo piano nei notiziari televisivi, divenendo una sorta di logo per le questioni e gli eventi internazionali. Un’opera ricca di grovigli spesso commentati come metafora della tragicità e delle contraddizioni della storia attuale e della tensione per il loro superamento.
#Il MONUMENTO AL ‘900 al Palazzo dello Sport dell’Eur
Il monumento al “Novecento” per la sua peculiare posizione che lo pone in dialogo con il Palazzo dello Sport realizzato da Pierluigi Nervi e Marcello Piacentini in occasione delle Olimpiadi di Roma del 1960, accoglie chi entra in città provenendo da sud. La monumentale scultura in bronzo, moderna rivisitazione di un obelisco, si eleva con i suoi 21 metri di altezza al centro di una vasca rotonda di pari diametro, riempita di acqua fino all’orlo così da tracimare lungo i bordi, dove si raccoglie a terra in una scanalatura. Sulla superficie del cono spiraliforme si alternano solidi geometrici e sagome astratte, inframmezzati da fratture e incavi, che idealmente rappresentano lo scorrere del tempo, simboleggiando le contraddizioni e le complessità di un’epoca densa di avvenimenti com’è stato il XX secolo.
#SFERA CON SFERA ai Musei Vaticani
Nel Cortile della Pigna dei Musei Vaticani, si trova l’opera Sfera con sfera, realizzata nel 1989-1990. Questa scultura, nell’ambiente straordinario in cui è installata, è calibrata in modo perfetto. Indubbiamente, ambientata in questo spazio, prende un carattere di integrazione specialmente con la cupola di San Pietro che le si staglia dietro.
# ARCO per Tivoli
Installata a Tivoli nel 2007, in Piazza Garibaldi, l’opera è stata commissionata dal Comune nell’ambito del riassetto dell’area intorno a Villa d’Este. La scultura realizzata in bronzo e acciaio, è un Arco alto 7 m con un diametro di 14 m, assottigliato alla sommità della sua nitida curva che nasce e si conclude su due specchi d’acqua in sintonia con la storica architettura. L’Arco muta qui del tutto la sua tradizionale valenza storica di ornamento trionfale, ponendosi piuttosto come segno ideale tra l’Anfiteatro di Bleso e Villa d’Este, quasi raccordo immaginifico, nella complessiva potenza architettonica di Tivoli.
# MOVIMENTO, a Frascati
MOVIMENTO in piena aria e nel profondo è un’opera che è stata realizzata dal maestro nel 1996-1997 e poi posta nella sede della Banca d’Italia di Frascati. L’opera è monumentale e si svolge per circa 14 metri in forma concava, con una altezza di quasi 3 m e con una singolarissima ansa lavorata.
Per maggiori informazioni sulle opere di Arnaldo Pomodoro a Roma leggere il sito della Sovrintendenza
Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità