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I TRAM di Milano diventano OPERE d’ARTE

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Credits: travelglobe.it i tram diventano opere d'arte

Per tutto il mese di marzo, il tram di Milano della linea 14 è diventato, e lo sarà ancora per pochi giorni, una vera e propria opera d’arte a cielo aperto. L’iniziativa parte da una produttrice di mele altoatesine, Marlene, che per festeggiare i suoi 25 anni di attività, ha deciso di lanciare un Contest digitale. Il Contest consisteva nell’inviare delle immagini che rappresentassero l’azienda, le vincitrici sono poi diventate i nuovi soggetti della campagna pubblicitaria di Marlene. Alcune sono vere opere d’arte che colorano, nel caso di Milano, i tram della città.

I TRAM di Milano diventano OPERE d’ARTE

# La campagna pubblicitaria di Marlene

Credits: freshplaza.it
tram Milano

Sono arrivate oltre 6 mila immagini da 36 paesi di tutto il mondo a Marlene. L’azienda voleva trovare soggetti della campagna che facessero capire il gusto e la qualità del frutto che produce. Probabilmente ha fatto molto di più, considerando che oltre a catturare l’attenzione di probabili compratori ha colorato la città di Milano. Sono, infatti, i vivaci colori della natura a spiccare. La campagna pubblicitaria non si limita solo a questo, anzi è una campagna internazionale concentrata su TV, social e stampa; tuttavia l’azienda ha deciso di scegliere Milano per una così grande sponsorizzazione come quella sui tram. Ma perché proprio questa città? “Abbiamo deciso di farlo in Italia in quanto mercato principale delle mele Marlene, e in particolare a Milano, che ha sofferto molto per la pandemia. Abbiamo voluto con quest’azione dare il nostro contributo per rendere più colorata la città e riconoscere all’arte un ruolo prioritario”, dice Hannes Tauber, responsabile marketing del Consorzio VOG.

Marlene, quindi, ha scelto di regalare un po’ di gioia e vivacità alla città attraverso un museo a cielo aperto itinerante, opere d’arte sulle ruote.

# Alcune tra le opere

Tra le opere scelte troviamo sicuramente la “ninfa Marlene”, vincitrice in assoluto, di Francesca Cito. Questa è diventata il nuovo volto delle mele altoatesine, infatti è possibile trovare l’opera anche sul bollino della mela e nei packaging in commercio.

Credits: @marleneitalia
Immagine vincitrice contest

6000 sono state le immagini inviate e 25 quelle selezionate, tra quest’ultime c’è anche quella dell’artista milanese Laura Tavazzi che si intitola “un dolce abbraccio”.

Credits: @lauratavazzi
Un dolce abbraccio

Ma i disegni non sono giunti solo dall’Italia. Un esempio è “i colori di Marlene” di Marian Fernández Prado dalla Spagna; che con le forme e i colori ha voluto rappresentare la natura dei luoghi in cui la mela viene raccolta.

Credits: @marleneitalia
I colori di Marlene

Fonti: travelglobe.it

Continua la lettura con: I 5 TRAM più curiosi del MONDO

BEATRICE BARAZZETTI

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La metropolitana più stretta del mondo nello stato “fantasma”

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credits: forumfisher.ru

L’Abkhazia, o Abcasia in italiano, è un territorio molto particolare che custodisce interessanti curiosità e rarità, come la linea metropolitana più stretta del mondo. Si trova nella parte occidentale della Georgia, sul Mar Nero, ed ha una storia davvero particolare. Scopriamo insieme quali sono le caratteristiche della metropolitana più piccola del mondo e dello “stato” che la ospita.

La metropolitana più stretta del mondo nello stato “fantasma”

# Il Paese conteso che rivendica la propria autonomia

credits: emerging-europe.com

L’Abkhazia è una specie di Stato fantasma. È una regione della Georgia che però, di fatto, si è proclamata indipendente con il nome di Repubblica di Abkhazia, grazie all’appoggio della Russia. Dopo diversi scontri armati tra il governo georgiano e gli indipendentisti, l’Abkhazia è in realtà uno stato ancora conteso. Il territorio continua ad essere rivendicato dalla Georgia, con cui però i rapporti sono quasi nulli, dopo l’accordo di cessate il fuoco firmato nel 2008.

La Repubblica viene riconosciuta indipendente dalla Russia, oltre che da qualche altro Stato, e sopravvive grazie al suo sostegno militare ed economico. Dalla firma dell’accordo, inoltre, il territorio vive sotto la tutela di 200 osservatori militari dell’Unione Europea, ma ciò non toglie che l’Abkhazia sia considerata da molti uno stato fantoccio della Russia.

# I tropici dell’ex Unione Sovietica: la bellezza mozzafiato dei paesaggi dell’Abkhazia

credits: tam.gde.nadia IG

La regione è caratterizzata da una morfologia molto particolare, da un lato si possono trovare le cime montuose, che coprono il 75% della superficie totale, mentre dall’altro si trova la costa, che ospita la maggior parte degli insediamenti. Per l’incredibile bellezza del panorama, l’Abkhazia è anche conosciuta come “i tropici dell’ex Unione Sovietica”.

Ma oltre all’incanto della zona costiera, questo stato custodisce anche numerose grotte, tra le più profonde ed estese del mondo. Ed è proprio in questo contesto che si incontra la piccola linea ferroviaria.

# Le grotte così profonde da aver bisogno di una linea ferroviaria

credits: evamont IG

La grotta più accessibile è New Athos, situata sotto un monastero, meta di molti turisti per la vista mozzafiato che offre. L’enorme cavità carsica, di un volume di circa 1milione di metri cubi e di una lunghezza di 1900 metri, è posizionata così all’interno della montagna che è necessario prendere un mezzo di trasporto sotterraneo per accedervi. Stalattiti, stalagmiti, cascate rocciose e piccoli laghi, insomma queste grotte nascondono un vero e proprio mondo sotterraneo.

# La strettissima metropolitana che permette di visitare le grotte di New Athos

credits: forumfisher.ru

La piccola metropolitana è la più stretta del mondo e prende il nome delle grotte: New Athos. È composta da un unico binario elettrificato e da un tunnel veramente strettissimo.

La linea è stata inaugurata nel 1975, è lunga 1,3 km e ha solo tre stazioni. La stazione di ingresso serve per portare i turisti ad una piccola fermata situata all’interno della montagna, dove i passeggeri hanno accesso al percorso pedonale per visitare le grotte. Mentre la terza stazione serve, una volta finito il tour, a riportare i turisti alla stazione d’entrata.

Continua a leggere: La METROPOLITANA più PROFONDA del MONDO: l’unica che non ha nomi di luoghi alle stazioni 

CHIARA BARONE

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Tresigallo, la “CITTÀ METAFISICA” progettata per meravigliare il mondo

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Credits: @fiorla71 città ideale

Negli anni ’30 del Novecento si inizia a ipotizzare la costruzione di un vera e propria “città ideale”. La scelta cadde su Tresigallo, tra l’Appennino e l’Adriatico. La città utopica si trova a metà strada tra Ferrara e le Valli di Comacchio ed è stata costruita a partire da un sogno di Edmondo Rossoni. Costui era Ministro dell’Agricoltura, nonché cittadino di Tresigallo, e nel momento in cui si rischiava l’abbandono della città decise di trasformarla in quella ideale.

 

Tresigallo, la “CITTÀ METAFISICA” progettata per meravigliare il mondo

# Tra geometria e sogno

Credits: @lacittàmetafisica
Tresigallo

Tresigallo inizia ad acquisire importanza dai primi anni ’30, quando viene costruita una strada per accorciare le distanze da Ferrara. Da lì inizia la sua trasformazione. Palazzi, torrette, portici di marmo, strade e piazze cominciano a riempire la città che diventa testimone del razionalismo italiano. Una geometria talmente perfetta che camminare per le strade di Tresigallo diventa un’esperienza felice e unica, quasi un sogno. La città è esempio rampante dell’applicazione delle teorie tedesche della “città nuova”, quelle sviluppatasi a cavallo tra le due guerre, ed è considerata come unica tra le città di nuova fondazione. Tresigallo è anche la sola città di fondazione ad essere riconosciuta come città d’arte.

Nella prima metà del Novecento Tresigallo era quindi diventato esempio della modernità e del razionalismo e pensare che invece ha origini medievali ed era uno dei più antichi centri della zona.

# Il riassetto urbano, industriale ed architettonico

Credits: tresigallocittàmetafisica.it
Tresigallo

Negli anni Tresigallo acquisisce diverse denominazioni, ma è sicuramente conosciuta da tutti come “città metafisica” o , anche se meno comunemente, “città di marmo”. Si è detto che è nata da un sogno di Edmondo Rossoni, ma di certo non è partito tutto da una semplice “pazzia” di una singola persona. Con un riassetto urbano, industriale ed architettonico, si voleva creare una relazione tra abitanti e territorio, ma si era proiettati anche verso uno sviluppo lavorativo. Creare nuove risorse, opportunità, maggiore ricchezza e benessere, erano questi i veri obiettivi. Ed è così che è nata la città perfettamente lineare e geometrica che è.

Credits: @strega_ransie
Tresigallo

La piazza della Rivoluzione a forma di “D”, il loggiato della Chiesa, l’Ospedale, l’entrata del campo sportivo in marmo, i molti servizi pubblici e le architetture lineari e ordinate sono la prova di come si voleva una città nel XX secolo, quale sarebbe la nostra città ideale, quella del XXI secolo?

Continua la lettura con: L’ATLANTIDE italiana esiste davvero: la città sommersa nel Tirreno

BEATRICE BARAZZETTI

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Venezia: la “STAZIONE DELLE MERAVIGLIE” è diventata meta di sbandati e di scambisti

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Ricordo benissimo come vent’anni fa sono cominciati ad apparire, per le strade della Riviera del Brenta, i cartelli che indicavano le stazioni SFMR. Con grande curiosità, e con i mezzi d’informazione del tempo, scoprivo che dieci anni prima era partito un progetto regionale di tutto rispetto. Questo prometteva la realizzazione del sistema ferroviario metropolitano regionale del Veneto.

Venezia: la “STAZIONE DELLE MERAVIGLIE” è diventata meta di sbandati e di scambisti

# SFMR: Il Sistema Ferroviario Metropolitano Regionale

L’ambizioso progetto voleva collegare tutto il Veneto con bus, auto e ferrovie in un unico mosaico di mobilità funzionale. Un treno ogni quindici minuti. Una rete integrata di parcheggi vicino alle stazioni. Fermate dei bus cittadini e provinciali pronti a fare la staffetta con i Minuetto, i Vivalto, i Pop e i Rock per portare tutti quasi ovunque in tempi umani.

Nel 1990, il progetto fu approvato dalla allora Giunta Regionale, con un costo preventivato di 6 miliardi di lire. Ne è stato forse speso uno, fino ad oggi, tutto per strade, cavalcavia, eliminazione di qualche passaggio a livello e poco più.

# Venezia Porta Ovest: da fiore all’occhiello a cattedrale nel deserto

Chi vive ad Oriago, frazione del comune di Mira, confinante con il comune di Venezia dal lato Ovest, lo sa bene.

La storica linea ferroviaria che collega Adria (Rovigo) a Venezia, serve da tempi remoti il paese, grazie alla sua stazione “centrale” (si parla di un paese che conta 11000 abitanti). La costruzione della Stazione Venezia Porta Ovest, a 2 minuti in macchina da quella di Oriago, fa parte del progetto SFMR (Sistema Ferroviario Metropolitano Regionale).

La stazione di Venezia Porta Ovest ad Oriago di Mira

Dal 2002 al 2008 sono stati spesi oltre 30 milioni di euro per questo posto e per la linea Mestre – Adria. La stazione doveva servire per disincentivare l’uso delle auto e portare turisti a Venezia dalla Riviera del Brenta. Per questo erano stati comprati nuovi treni elettrici, erano stati costruiti diversi sottopassi, era stata elettrificata parte della linea. Sono inoltre ancora in corso investimenti per 20 milioni di euro, atti a rendere sicura la linea a binario unico.

Ma di treni ogni 15 minuti e servizio bus pronto ad aspettarti al parcheggio, chi vive da queste parti, ad oggi ne ha solo sentito parlare. Tabella dei treni alla mano, chi arriva in stazione e deve dirigersi a Venezia, se vede passare il treno, fa prima ad ingranare la retro e andarci in macchina. La frequenza, anziché di un treno ogni quindici minuti, parla chiaramente, in più fasce giornaliere, di un treno all’ora.

Il parcheggio con oltre 700 posti auto è spesso vuoto, pieno di cartacce ed erba. Delle attività commerciali preventivate, nemmeno l’ombra.

# Parcheggio meta di scambisti e voyeur

E così, quella stazione che doveva essere il fiore all’occhiello per la rinascita economica di Mira e Oriago è da anni meta di sbandati, scambisti del sesso, voyeur e nomadi.

Il parcheggio è famoso al punto che lo si trova nei siti “di settore” come uno degli hot spot classici, in zona, per la camporella.

Sono famosi alcuni episodi di cronaca locale risalenti a pochi anni fa, che parlano di scambisti e voyeur in azione nel parcheggio. Sembra che la sua fama sia dovuta alle varie citazioni presenti in alcuni siti e forum inequivocabili, come trovacamporella.com, Placesforlove.com, CarSex e via dicendo. “Enorme parcheggio della stazione con moltissime zone buie, gira parecchia gente la sera per il cruising”. “Ci vado ogni sera e mi è capitato di trovare coppie… Un paio di volte pure un trans… Venite numerosi!”. “Carino e spazioso”, sono solo alcune delle “recensioni” che si è conquistato il parcheggio con il passare del tempo.

# Il sindaco di Mira denuncia la cosa

Tutto ciò non lascia ovviamente indifferente, oltre ai cittadini, il sindaco di Mira Marco Dori: “Ci troviamo di fronte a una vera e propria cattedrale nel deserto. La stazione Porta Ovest è aperta ma i problemi di degrado sono sempre in agguato visto che l’area parcheggio è semivuota. La Regione riprenda in mano il progetto Sfmr abortito, o almeno i tratti realizzati, con grande dispendio di denaro pubblico. E li valorizzi“.

L’unica risposta alla denuncia del sindaco Dori, assieme ad amministrazione locale e all’assessorato regionale ai trasporti, giunge da Sistemi Territoriali. Il suo presidente Gianmichele Gambato ammette il problema ma sostiene di non essere il soggetto indicato a dare risposte. “Certo”, dice Gambato, “l’inutilizzo di questa stazione ci costringe ad affrontare continuamente problemi di gestione della sicurezza e di manutenzione. Come Sistemi Territoriali ci è stata data in gestione questa struttura e noi facciamo il nostro meglio per farla funzionare”.

Ad oggi, nella pratica, la situazione è ancora la stessa di tre anni fa.

Il parcheggio della Stazione Venezia Porta Ovest, meta di scambisti e di voyeur

Credits: nuovavenezia.it

Continua la lettura con Le STAZIONI ABBANDONATE o TRASFORMATE di Milano

LUCIO BARDELLE

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La CASA VOLANTE: la villetta che si alza per vedere il MARE

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Credit: @forgotten_architecture
Andate a vedere una casa, è molto bella e spaziosa, ha tutti i confort che cercavate ma manca una cosa: non si vede il mare.
Qui, per il 99% delle persone, si aprono due scenari: prendere comunque la casa nonostante non si veda il mare oppure cercarne un’altra.
 
Ma manca l’1%, che in questo caso si chiama Annunzio Lagomarsini, che per vedere il mare ha trovato un’altra soluzione: alzare la casa.
“Ho continuato a costruire fino a quando non ho scorto il mare. A quel punto mi sono fermato”.

La CASA VOLANTE: la villetta che si alza per vedere il MARE

# L’idea di costruire una casa volante da solo

Credit: lacasavolante-lagomarsini.com
 
Quando si pensa ad una casa volante la nostra mente va automaticamente molto lontano, a giovani geni americani che segnano le tappe del futuro.
Per questo volta però, non bisognare andare così lontano.
 
Ci troviamo a La Spezia e il genio è Annunzio Lagomarsini, un costruttore edile in pensione che a colpi di ingegneria e idee geniali è riuscito a creare il suo sogno.
 
Per costruire la casa volante sono serviti 7 anni, dal 1987 al 1994, un tempo breve se si pensa che il signor Lagomarsini ha creato la casa interamente da solo e con una grave invalidità alle mani.
Proprio per l’incidente alle mani ha dovuto creare attrezzi e strumenti di lavoro fatti su misura.
 
Sembra impossibile ma la casa non ha alcun progetto cartaceo, il suo creatore ha infatti sempre preferito vedere le sue idee costruendole, senza una fase di progettazione.
 

# La struttura della casa volante

Credit: @forgotten_architecture

La casa volante è una villetta di 110 m2 disposti su due piani, comprendente due grandi terrazze.

I materiali utilizzati per la costruzione sono per la maggior parte di recupero: putrelle, pistoni, centraline, compressori e bulloni sono ricavati da vecchie industrie e sono pochi i pezzi della casa realizzati su misura.
 

La villetta, come si può vedere, non ha le classiche fondamenta, ma poggia su una struttura “a forbice” senza perno centrale alta 4,20 metri.

Complessivamente, nel momento della sua massima sospensione, la casa è alta 13,50 metri.

Sollevare una casa non è facile: questa struttura di ferro deve issare infatti 1050 quintali ogni volta, eppure sembra che l’inventore abbia trovato il modo corretto per evitare ribaltamenti.

# Il segreto della casa

Credit: lacasavolante-lagomarsini.com

Questa casa di per sè già straordinaria ha un segreto: ruota per far entrare il sole.

Come disse Annunzio Lagomarsini in un’intervista: “perchè devo essere io a seguire il sole e non farlo fare alla casa?”.

La rotazione che compie su se stessa arriva sino a 360˚, impiegando 45 minuti per compiere il giro completo.

La casa è capace di alzarsi e abbassarsi, camminare su rotaie e persino curvare e tutti questi movimenti vengono controllati da un solo pannello di comando elettrico.

Perché fare una casa che si muove? Per inseguire la luce del Sole così da farla entrare sempre nell’abitazione.

# La casa volante oggi

Oggi la casa volante è in stato di riposo, gli ingranaggi non funzionano più e, data la morte del suo creatore e l’assenza di un progetto cartaceo, non è possibile brevettarla.

Questo edificio rimane però la testimonianza di un’idea unica, realizzata da un personaggio altrettanto singolare che ha creato con le sue mani il suo sogno più grande.

Continua la lettura con: Il PALAZZO delle BOLLE: storia e immagini della casa più COSTOSA e DESIDERATA del mondo

ARIANNA BOTTINI

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L’avanguardismo della FONTANA DELLE QUATTRO STAGIONI di CityLife

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Credits: @mana_visual_art IG

Milano è sempre stata innamorata dell’acqua. Anche se non si affaccia sul mare, basta pensare a quanti sono i ponti costruiti sopra i fiumi. Per non parlare di quelli che, ancora, vivono nel sottosuolo. Ma la rete idrica accresce anche la bellezza architettonica di una città e le fontane milanesi ne sono un esempio.

Da quella in largo Cairoli all’ingresso del Castello Sforzesco, fino alla storica di piazza Fontana. Sicuramente, rappresentano delle belle scenografie da fotografare e postare sui Social e quella di cui vogliamo parlare oggi non fa eccezione. Si tratta della Fontana delle Quattro Stagioni, nel centro di Piazzale Giulio Cesare.

L’avanguardismo della FONTANA DELLE QUATTRO STAGIONI di CityLife

# Il suo scopo? Raccogliere l’acqua che riempiva la depressione del piazzale durante i temporali

Credits: Angelo Iannaccone

Renzo Gerla fu un architetto di Milano noto per le sue grandi opere e per le ristrutturazioni che compié dagli anni 20 agli anni 60 del secolo scorso. Uno dei suoi primi progetti fu proprio la Fontana delle Quattro Stagioni, in Piazzale Giulio Cesare.

Ma perché realizzarla? Lo scopo era quello di costruire una fontana nella depressione del piazzale che, durante i temporali, si riempiva d’acqua.

E così, lavorando giorno e notte, la fontana venne ultimata nei primi mesi del 1927 e fu inaugurata il 12 aprile del medesimo anno, a ridosso dell’apertura della Fiera Campionaria di Milano. È sorprendente come, già all’inizio, gli impianti idraulici fossero a ricircolo delle acque, predisposti in contemporanea con l’illuminazione e i giochi d’acqua. Una soluzione avveniristica per i tempi. 

# Il getto raggiunge gli otto metri di altezza

Credits: @virtualedo IG

Pur risalendo al 1927, la Fontana delle Quattro Stagioni si inserisce perfettamente all’interno del polo fieristico di Milano. E, nonostante i numerosi interventi di ammodernamento architettonico, l’opera non ha perso la sua struttura originaria.

Infatti, la fontana, in calcestruzzo ricoperta di pietra di Sarnico, è da sempre costituita da un ampio bacino orizzontale lungo 82 metri e largo 18, diviso in tre vasche comunicanti. Quella centrale è rialzata di tre gradini e contiene un’isoletta di roccia naturale ricoperta di muschio: qui, 48 getti d’acqua disposti in circolo riescono a creare un effetto spumeggiante, raggiungendo anche gli 8 metri di altezza. Inoltre, intorno al perimetro della vasca, sono disposti 60 zampilli che, orientati verso il centro, completano i giochi d’acqua.

# Attraverso la mitologia classica, le statue simboleggiano le quattro stagioni

Credits: @paolomaggioni82 IG

Lungo il bordo della Fontana delle Quattro Stagioni sono ricavate alcune fioriere, interrotte da 18 piramidi, 16 sfere, 20 pigne e 4 statue.

Che cosa rappresentano le 4 statue in pietra vicentina? Sono Autunno, Inverno, Primavera ed Estate. Infatti, attraverso simbologie legate alla mitologia classica, raffigurano proprio le quattro stagioni.

Purtroppo, la loro storia non è stata semplice: inizialmente realizzate da un piccolo scultore di Vicenza, vennero poi distrutte nel bombardamento degli alleati del 1943. Quindi, è allo scultore Eros Pellini che si deve la loro bellezza attuale.

# Una fontana del Novecento che si colloca perfettamente nel contesto di avanguardismo architettonico di City Life

Credits: @mana_visual_art IG
 

Oggi, non si può non rimanere incantanti dall’imponenza e dallo spettacolo offerti dalla Fontana delle Quattro Stagioni. Un’opera che si colloca in un’atmosfera di grande modernità: infatti, l’ex quartiere fieristico è oggetto di riqualificazioni e ristrutturazioni, con anche l’edificazione di case, uffici e nuovi centri commerciali.

Eppure, la Fontana delle Quattro Stagioni, grazie al suo inserimento nel progetto di trasformazione del quartiere, non stona con quello che è lo sfondo di avanguardismo architettonico.

Anzi, durante le ore serali, la fontana offre uno spettacolo davvero bellissimo ed unico grazie ai colori che si alternano e cambiano a seconda delle coreografie dei getti d’acqua.

Fonte: www.fontanedimilano.it

Continua la lettura con: Il MISTERO IRRISOLTO della FONTANA di Piazza Grandi

ALESSIA LONATI

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Le stazioni abbandonate o trasformate di Milano

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Stazione Bullona

Alla fine del XIX secolo, nel pieno dello sviluppo delle infrastrutture, Milano era già il punto di incontro fra le linee ferroviarie Nord-Sud ed Est-Ovest. In sostanza, era il crocevia principale di quasi tutta la rete ferroviaria: un malfunzionamento nella sua rete avrebbe potuto compromettere quasi tutto il Settentrione. Inoltre, bisogna considerare la presenza di gruppi industriali del settore, come le note acciaierie Breda, nate e sviluppate a Milano.

In un lasso di tempo limitato, il mondo dei trasporti progredì di giorno in giorno. E così l’ubicazione delle stazioni mutò più volte, sia per il complessivo riassetto del sistema ferroviario, sia per l’avvicendarsi delle composizioni societarie di gestione del traffico merci e passeggeri che avevano incentrato il loro focus economico su Milano.

Questo è il motivo per cui oggi il capoluogo lombardo conta un gran numero di scali, utilizzati da Trenitalia o dai treni del trasporto urbano. E, come in ogni grande città, anche i binari dei treni hanno subito varie trasformazioni e restyling, più che per i percorsi, soprattutto per le stazioni. Alcune sono state trasformate, altre riorganizzate sia nel proprio traffico che dal punto di vista architettonico, altre ancora sono state letteralmente abbandonate

Le STAZIONI ABBANDONATE o TRASFORMATE di Milano

# Porta Romana e le sue trasformazioni

Credits: www.arcgis.com

Lo scalo merci di Porta Romana aprì nel 1896 e, negli anni, è stato ampiamente modificato. In origine, l’area stazione aveva un collegamento con Corso Lodi tramite un ponticello, eliminato nel 1938. Inoltre, prima i binari erano quattro, ossia il doppio degli attuali.

Ora, all’interno del fabbricato viaggiatori in disuso ormai da ottant’anni ha trovato spazio anche un pub. E, recentemente, l’area scalo è stata venduta dal gruppo Ferrovie dello Stato per la cifra di 180 milioni al “Fondo Porta Romana”, gestito dalla holding Coima SGR. Il suo obiettivo? Trasformare l’ormai ex-stazione nel villaggio olimpico di Milano-Cortina 2026.

# Porta Nuova: la storia della prima ferrovia lombarda

Credits: www.arcgis.com

La storia della stazione di Porta Nuova o, per meglio dire, delle 3 stazioni, è molto particolare.  A differenza della prima ferrovia italiana Napoli-Portici, di progetto francese, la prima ferrovia lombarda, completata nel 1840, fu interamente progettata dall’ingegnere milanese Giulio Sarti, figura di spicco dell’imprenditoria meneghina.

Per soddisfare le necessità della linea Milano-Como, la nascente stazione della linea Milano-Monza non sarebbe stata sufficiente: pertanto si decise di costruirne una nuova in uno spazio più ampio. E, spostandosi di poche centinaia di metri, c’era la possibilità di usufruire di una grande superficie, lungo il canale della Martesana. Così si realizzò un fabbricato di grandi dimensioni, entrato in servizio nel 1850 e distaccato dalla nascente Stazione Centrale.

L’edificio originario si può ancora riconoscere nell’attuale Caserma della Guardia di Finanza, in via Melchiorre Gioia.

# Milano Bullona: la stazione sostituita da Milano Domodossola

Credits: www.pinterest.it

Era una stazione ferroviaria sulla tratta urbana Cadorna-Bovisa e il suo nome deriva da una cascina posta nelle vicinanze, in piena tradizione lombarda.

Nel 1926, si approvò la convenzione fra le Ferrovie Nord Milano e lo Stato, che sancì l’elettrificazione delle linee ferroviarie. Ma non solo: mise nero su bianco l’impegno da parte di FNM a progettare e costruire una tratta che servisse la vecchia Fiera Campionaria, nonché Corso Sempione.

La fermata constava di due binari centrali serviti da banchine esterne, poste ad un livello ribassato rispetto all’adiacente piano stradale. Tuttavia, Milano Bullona è stata dismessa il 18 maggio 2003 e sostituita dalla stazione di Milano Domodossola, posta ad alcune centinaia di metri più a sud.

# Milano Ortica: la stazione dismessa a seguito del riassetto totale del nodo ferroviario di Milano

Credits: www.pinterest.it

La stazione della zona di Lambrate fu uno scalo ferroviario della linea Milano-Venezia rimasto in esercizio fino agli anni ’30.

La ferrovia segnava il primo isolamento della località Cavriano dal successivo sviluppo dell’Ortica e di Milano. L’impianto, sito alla progressiva chilometrica 3+686 della linea Milano-Venezia, venne attivato il 27 agosto 1906 come scalo adibito alla movimentazione delle merci. Il successivo 18 novembre venne abilitato anche al traffico passeggeri, assumendo pertanto la qualifica di stazione.

Eppure, anche questa stazione fu dismessa nel 1931 col riassetto totale del nodo ferroviario di Milano e con l’attivazione al traffico passeggeri della nuova stazione.

# Vecchia Stazione Centrale: la madre di tutte le stazioni

Credits: www.arcgis.com

Il 12 settembre del 1857 si pose con grande solennità la prima pietra della nuova stazione, che avrebbe preso il nome di Stazione Centrale. Il completamento dei lavori richiese molti anni, abbastanza da vedere l’annessione di Milano al Regno d’Italia. E così, il 10 maggio 1864, Vittorio Emanuele II inaugurò la Stazione.

Il suo obiettivo era sostituire le vecchie stazioni di testa della già citata Porta Nuova e dell’obsoleta Porta Tosa. Con la sua messa in attività fu possibile collegare fra loro tutte le linee gravitanti sul capoluogo lombardo.

Poi, nel 1931, la stazione fu chiusa a seguito dell’entrata in servizio dell’attuale stazione di Milano Centrale, posta circa 700 metri più a Nord presso piazza Duca d’Aosta. Si demolì buona parte della precedente stazione e restò in esercizio solo la parte occidentale, costituita dallo scalo merci di Porta Garibaldi e dal capolinea dei treni vicinali delle linee dirette verso Varese e che prese il nome di Milano Porta Nuova.

Proprio come gli avamposti di frontiera nel selvaggio West, gli impianti e le entrate degli scali ferroviari abbandonati ci ricordano nostalgicamente un passato che non c’è più. Quando i treni erano molto meno, si viaggiava molto più lentamente, non c’erano le facce mogie da telefonini dei viaggiatori moderni… E, soprattutto, si aveva ancora voglia di guardare dal finestrino.

Continua la lettura con: Inaugurata la STAZIONE FANTASMA: si scende dal treno e ci ritrova in MEZZO al NULLA

CARLO CHIODO

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Sul “TETTO DEL MONDO”: l’angolo di TIBET a 2 ore da Milano

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credit: siviaggia.it

Tra le vette del Nord Italia si nasconde un angolo di Tibet, un rifugio in perfetto stile tibetano. Dove si trova e che atmosfera si respira?

Sul “TETTO DEL MONDO”: l’angolo di TIBET a 2 ore da Milano

Se vorreste visitare il Tibet ma il Covid non ve lo permette, o più semplicemente è una meta troppo ambiziosa per il vostro budget, a sole due ore da Milano potrete trascorrere un soggiorno in pieno stile tibetano senza allontanarvi troppo da casa. Non solo il rifugio è costruito seguendo il tradizionale modello tibetano, ma anche l’ecosistema in cui la struttura è posizionata rievoca le elevatissime vette che hanno donato al Tibet il soprannome di “tetto del mondo”. Dove si nasconde questo angolo di Tibet a pochi chilometri da casa? Vediamolo insieme.

# Tra le vette del Passo dello Stelvio c’è un angolo di Tibet

credit: siviaggia.it

Innanzitutto occorre precisare che non è solo una struttura destinata al pernottamento, infatti il Rifugio Tibet è anche un ristorante. Posizionato a 2.800 metri di altitudine sul Passo dello Stelvio, a metà tra la Lombardia e L’Alto Adige. A questa altezza e circondato dalle bellezze montane, inutile dire che la vista panoramica è davvero mozzafiato. La notte si riposa sotto ad un cielo colmo di stelle, mentre di giorno si può prendere il sole sulla terrazza panoramica.

# Ma cosa ci fa un rifugio tibetano sulle montagne del Nord Italia?

credit: tibet-stelvio.com – Vista dal rifugio

Però a pensarci bene è proprio strano: un rifugio tibetano sulle montagne del Nord Italia. Come è nata questa struttura e soprattutto perché? Tutto è cominciato con un libro. Dopo aver letto “Sette anni in Tibet”, l’albergatore Fritz Angerer decise di contattare l’autore e i due iniziarono un rapporto epistolare che durò anni. Da questo inaspettato rapporto e dalla passione di Angerer per il Tibet venne a crearsi il rifugio, progettato interamente dal rinomato architetto Gutweniger. Erano gli anni 1959-1961 e ad oggi la struttura è rimasta come quella originale. La terrazza invece risale agli anni ’90, aggiunta per offrire ai visitatori l’opportunità di godere del meraviglioso panorama e di respirare l’aria pulita di montagna.

# Un mix di architettura tibetana e cucina altoatesina

credit: tibet-stelvio.com

L’influenza tibetana si riflette nello stile architettonico del Rifugio, ma per quanto riguarda l’atmosfera è indubbiamente altoatesina. Mentre ci si gode il panorama sulla terrazza, immaginando di essere in un rifugio sulle vette tibetane, il bar/ristorante mette a disposizione la propria cucina tipica sudtirolese, come il gulash o lo strudel di mele, e valtellinese, come ad esempio i pizzoccheri. In poche parole il rifugio è un mix di Tibet e Alto Adige, e proprio per questo motivo offre un’esperienza unica che non può essere vissuta altrove.

Perfetto per gli appassionati di Tibet ma anche per gli amanti delle escursioni, il Rifugio Tibet è la dimostrazione perfetta della capacità italiana di concretizzare i propri sogni, di qualsiasi sogno si tratti.

Fonte: tibet-stelvio.com

Leggi anche: Questo è l’HOTEL più ANTICO del MONDO: quando è nato a Milano c’erano i LONGOBARDI

ROSITA GIULIANO

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La scommessa di Roma: 500 NUOVI ALBERI. Una goccia nel mare o simbolo di una città più NATURALE?

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Il momento migliore per piantare un albero è vent’anni fa. Il secondo momento migliore è adesso. Lo diceva Confucio e Roma sta rispondendo.

Nell’ultima settimana è iniziata a Roma la posa di 500 nuovi alberi tra lecci, querce, farnie e carrubo, cespugli tipici della macchia mediterranea, come corbezzoli, ginestre, mirto, e essenze officinali come rosmarino, lavanda e salvia. L’operazione di rimboschimento riguarda il Parco regionale urbano del Pineto, gestito da RomaNatura.

La scommessa di Roma: 500 NUOVI ALBERI. Una goccia nel mare o simbolo di una città più NATURALE?

L’iniziativa è di quelle che fanno ben sperare anche se Roma è considerata una città piuttosto verde con il suo patrimonio forestale imponente. Sono circa 330mila gli alberi presenti in città, ma negli ultimi anni non sono stati svolti interventi di piantagione ordinaria in modo diffuso e sistematico nel territorio cittadino, mentre si è svolta, per prevenire pericoli alla pubblica incolumità, l’attività di abbattimento degli alberi. Ecco perché Roma ha bisogno di nuovi alberi.

Le prime piantumazioni sono iniziate in occasione della giornata di azione per il clima e sono proseguite in concomitanza con le celebrazioni per la giornata internazionale delle foreste, lanciata dall’Onu per incoraggiare i governi ad includere la riforestazione nelle loro strategie nazionali e ad aumentare la consapevolezza tra i cittadini di come le aree verdi siano un luogo di recupero e benessere. Si tratta di un’azione importante per l’ambiente e per il clima nata nell’ambito della campagna di filantropia Inspiring World 2019 insieme al Comitato Parchi per Kyoto – costituito da Federparchi – Europarc Italia, Kyoto Club e Legambiente.

# Perché piantare alberi?

Per gli esperti le ragioni sono molte e importanti. Migliorano la qualità dell’aria producendo ossigeno, aiutano a prevenire il dissesto idrogeologico, diminuiscono la temperatura urbana dai 2 agli 8 gradi, rendono le strade più fresche in estate, aumentano il benessere fisico e mentale delle persone, forniscono protezione a piante e animali arricchendo la biodiversità.

FRANCESCA SPINOLA

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FelliniCittà: il BORGO romagnolo che celebra il grande regista con le sue CASE DIPINTE (Gallery Fotografica)

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Credits: Hotel Corallo - Murale Fellini

Borgo San Giuliano è il più antico e importante dei borghi della città di Rimini. Ecco la sua storia e il legame con il regista della “Dolce Vita”.

FelliniCittà: il BORGO romagnolo che celebra il grande regista con le sue CASE DIPINTE (Gallery Fotografica)

# Borgo San Giuliano è il più antico e importante dei borghi della città di Rimini 

Credits: hotelvillaadriatica
IG – Borgo San Giuliano

La storia del “Borgo San Giuliano” risale al XI secolo, a tutti gli effetti il più antico e importante borgo della città di Rimini. All’epoca era un quartiere popolare fatto di vicoli e casette basse, abitato da artigiani, agricoltori, pescatori e marinai. Questo, unito al fatto che fosse separato da Rimini da un ponte, ha reso per secoli questa zona autonoma dal resto della città.

Credits: nudecrud IG – Ponte di Tiberio Rimini che collega la città al “borgo”

Per raggiungerlo dalla “città moderna” si attraversa infatti il Ponte Tiberio di epoca romana, sopra il fiume Marecchia, eretto per decreto dell’Imperatore Augusto e portato a compimento al successore Tiberio. La sua popolarità come località di mare per i vacanzieri si è accresciuta a partire dalla metà dell’800 quando fu costruito il primo stabilimento balneare. Il borgo conserva ancora oggi il fascino della sua storia passata, con le sue stradine, le case colorate, le piazzette e quell’atmosfera marinara senza tempo, mescolato alle moderne attività e ai locali caratteristici, quali ristoranti e osterie.

# Fellini era uno dei suoi più grandi ammiratori e il borgo racconta il suo cinema con murales sulle pareti delle sue case colorate

Federico Fellini è risaputo essere stato tra i più grandi ammiratori del borgo e non è un caso che le sue pellicole cinematografiche fossero popolate dalle suggestioni di questo luogo, dei personaggi e delle storie che lo hanno animato. Nel 1994, in occasione della scomparsa del regista de “La dolce vita” durante la “Festa de’ Borg”, le scene dei suoi film più famosi e i personaggi indimenticabili come Volpina, Scureza, Gelsomina, Ginger e Fred sono stati dipinti sui muri delle case da pittori riminesi e non solo. Quello che si presenta ai turisti è un museo a cielo aperto di murales dai colori sgargianti in un suggestivo borgo a un passo dal mare.   

 

Fonte: borgosangiuliano.it

Continua la lettura con: Il PARCHEGGIO trasformato in una TERRAZZA sul MARE

FABIO MARCOMIN

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🛑 I più prudenti al mondo? Gli ITALIANI: Il 93% usa sempre la MASCHERINA all’APERTO (anche quando non è obbligatoria)

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Credits: ilgiorno.it

La percentuale di chi indossa la mascherina anche in luoghi aperti è cresciuta rispetto al periodo di lockdown nazionale. E questo accade nonostante il DPCM imponga l’obbligo solo in impossibilità di distanziamento tra le persone. Ecco nel dettaglio l’ultimo report dell’Istat che smonta uno dei luoghi comuni sull’indisciplina degli italiani. 

I più prudenti al mondo? Gli ITALIANI: Il 93% usa sempre la MASCHERINA all’APERTO (anche quando non è obbligatoria)

# L’ultimo report dell’Istat rivela una crescita del 4% tra prima e seconda ondata: ora il 93,2% indossa sempre la mascherina negli spazi aperti

Credits: ilfattoalimentare.it

Nel suo ultimo report sul tema mascherine l’Istat rileva come l’utilizzo del dispositivo di protezione individuale contro il Covid-19 sia: “più diffuso che in pieno lockdown nazionale, quando ad usare la mascherina era l’89,1% della popolazione, prevalentemente per difficoltà di approvvigionamento o perché, non allontanandosi dalla propria abitazione, le persone non ne avevano necessità. L’utilizzo è diffuso in modo trasversale in tutta la popolazione e su tutto il territorio nazionale”. Il dato segnala una crescita del 4% rispetto alla prima ondata della pandemia, con il 93,2% degli italiani che utilizza sempre la mascherina quando si trova in luoghi aperti, il 5,9% lo fa spesso, mentre l’84% usa le mascherine sempre, anche in luoghi al chiuso in presenza di persone non conviventi.

# La percezione sull’uso della mascherina da parte degli altri. Nel Nord l’84,2% dice che gli altri la usano sempre, nel Sud sono più diffidenti verso i loro concittadini (anche se i dati provano il contrario)

Non cambia molto leggendo il dato sulla percezione di quanto gli altri usino la mascherina. In questo caso infatti la percentuale sale al 94,1% delle persone intervistate, che afferma da esperienza personale come le linee guida relative all’utilizzo delle mascherine vengano rispettate sempre nel 72,8% dei casi e spesso nel 21,3%. Andando in profondità, si osserva come la percezione di un utilizzo costante della mascherina sia più diffusa al Nord con il l’84,2%, segue il Centro con il 68,6% nel Centro e infine il Mezzogiorno con il 59,8%.

Fonte: Agi

# Cosa dice il DPCM sull’utilizzo della mascherina: obbligo di portarla con sé e indossarla all’aperto solo se il distanziamento non è possibile

L’indagine dell’Istat riporta che gli italiani sono più ligi alle norme di sicurezza anche oltre quanto previsto dalla legge. Infatti anche nell’ultimo DPCM datato 2 marzo 2021, all’art. 1, viene esplicitato come l’unico obbligo richiesto è di avere con sé un dispositivo di protezione delle vie respiratorie e di indossarlo anche in luoghi aperti solo in caso di impossibilità di distanziamento da persone non conviventi.

Ecco i due commi:

  1. È fatto obbligo sull’intero territorio nazionale di avere sempre con sé dispositivi di protezione delle vie respiratorie e di indossarli nei luoghi al chiuso diversi dalle abitazioni private e in tutti i luoghi all’aperto.
  2. Non vi è obbligo di indossare il dispositivo di protezione delle vie respiratorie quando, per le caratteristiche dei luoghi o per le circostanze di fatto, sia garantito in modo continuativo l’isolamento da persone non conviventi

Continua la lettura con: Nuovi studi: LOCKDOWN e MASCHERINE sono INUTILI?

FABIO MARCOMIN

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Le CASE CUBICHE: baracconata o d’ispirazione anche per Milano?

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Credits: @davewlbg case Rotterdam

Tra le attrazioni più iconiche della città di Rotterdam si trovano sicuramente le case cubiche progettate dall’architetto olandese Piet Blom. Si tratta di una fila di 39 case giallo acceso inclinate, una accanto all’altra e sopraelevate da terra. Trovatisi davanti bisogna capire se si ha di fronte un tipico villaggio da fiaba o un’architettura futuristica, ma probabilmente entrambi. Le Kubuswoningen (letteralmente case cubiche) sono un elogio alla follia, lo stesso architetto ammette che per idearle bisogna essere mossi da un po’ di pazzia e decide di far scrivere all’ingresso del complesso Ehi, cos’è questo? Questo è un palazzo, o è questo un luna park?” .

Le CASE CUBICHE: baracconata o d’ispirazione anche per Milano?

# Le case cubiche di Rotterdam non sono le uniche olandesi

Credits: Erodoto108
case cubiche Helmond

Le case a cubo inclinato di 45°  furono costruite tra il 1982 e il 1984 nella zona di Blaak, vicino al Markthal, il nuovo mercato coperto di Rotterdam. In realtà non furono queste le prime case olandesi di tale forma e inclinazione, l’architetto Piet Blom le aveva già progettate e fatte realizzare nella città di Helmond, famosa perché centro creativo del design olandese. Degna quindi della sua fama è Helmond ad ospitare, negli anni ’70, le prime case cubiche dell’Olanda, completamente identiche a quelle di Rotterdam ma di color legno e con rifiniture verdi, un po’ più sobrie del giallo acceso.

# Un boschetto surreale

Credits: @davewlbg
case Rotterdam

L’obiettivo delle case cubiche di Rotterdam era quello di connettere il centro cittadino e il vecchio porto, andando a creare un vero e proprio quartiere con spazi comuni, giardini, negozi e bar. Tutte le 39 case, inoltre, vanno a formare un camminamento pedonale, perfettamente funzionale se si considera il grande traffico della strada vicina.

L’architetto voleva che l’insieme delle case, visto nel complesso, desse l’impressione di essere davanti ad un bosco urbano. I pali di cemento e le scale sono i tronchi, mentre le chiome sono le vere e proprie celle abitative, un bosco sicuramente surreale ma con un po’ di immaginazione si potrebbe dire che si coglie l’idea di Piet Blom. Una foresta stilizzata dal nome di Blaakse Bos, ovvero Bosco di Blaak.

# Un nuovo concetto di abitazione

Credits: @cristinagrecchi67
case cubiche

Se già dall’esterno si nota la “follia” del progetto, l’interno mostra come Piet Blom abbia innovato il concetto di abitazione, rivisitando gli spazi abitativi e inventandone di nuovi. Le case sono adibite ad appartamenti indipendenti organizzati su 3 piani e, seppure sembra impossibile guardandole, c’è un sacco di spazio: 100 mq in totale. Per capire come possano essere organizzate le case inclinate all’interno, è possibile soggiornare in una di queste diventata ostello StayOkay, oppure visitare la casa museo nel terzo cortile. Si dice, anche se non si è sicuri sia vero, che gli inquilini delle case scappino dopo qualche anno, il motivo non è difficile immaginarlo, abitare in queste case non deve essere il massimo della comodità!

Continua la lettura con: Il PALAZZO delle BOLLE: storia e immagini della casa più COSTOSA e DESIDERATA del mondo

BEATRICE BARAZZETTI

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3 LUOGHI in ABBANDONO a Milano da salvare SUBITO

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Credits: https://www.fondoambiente.it/

A Milano sembra prendere sempre più piede il degrado. Non è necessario uscire di notte per accorgersi delle condizioni in cui versano diverse zone della città, soprattutto quelle periferiche. Infatti, tutto succede alla “luce del sole”: edifici ed abitazioni in stato di degrado, case occupate, parcheggiatori e mercatini abusivi, spaccio, gang e baby-gang…

Lasciare in abbandono alcune aree significa coltivare la bruttezza dell’animo e comportamenti delinquenziali. Per questo vorremmo che si avesse un atteggiamento più estetico nei confronti di ogni parte della città, cercando di cogliere l’occasione di una città più rarefatta durante queste chiusure per poterla rimettere in sesto. 

Anche perchè si aggiungono sempre più segnalazioni, come questi tre “nuovi” luoghi di degrado milanese da salvare.

3 LUOGHI in ABBANDONO a Milano da salvare SUBITO

#1 Il ponte ciclopedonale Rogoredo – Porta Romana

Credits: www.milanopost.info

Era il 31 luglio 2012 quando venne inaugurato il ponte ciclopedonale sopra la linea ferroviaria Milano Rogoredo – Milano Porta Romana. Una passerella-ponte costituita da una struttura metallica reticolare lunga 76 metri ed utilizzabile anche dai portatori di handicap grazie agli ascensori e alla giusta pendenza.

Un’opera con un costo che si aggirava intorno al mezzo milione di euro e con grosse potenzialità per il nostro territorio, ma da sempre abbandonata. I suoi padroni sono il degrado e i vandali.

Infatti, sono numerosi i danni inflitti a questo ponte: dalle scritte vandaliche, al danneggiamento degli ascensori, al costante abbandono di rifiuti nell’area sottostante fino agli accampamenti abusivi.

Un’area davvero dimenticata da tutti, soprattutto da chi amministra la città. Nonostante alcuni interventi, come l’installazione di barriere per dissuadere la sosta impropria di camper e roulotte, non è stato fatto molto per rendere questo angolo di città utile e fruibile da tutti.

La realizzazione del secondo lotto del parco Alessandrini potrebbe porre fine a questa situazione e ridonare un senso al ponte di via Varsavia?

#2 Un mercato storico abbandonato ad un triste destino

Credits: blog.urbanfile.org

Un mercato abbandonato, quello che era il punto di riferimento affettivo e storico di un quartiere, ma non abbastanza importante per le azioni della Giunta. Si tratta del mercato di Gorla in viale Monza.

Quel che dispiace è che, a differenza di altre strutture, non ci siano state idee di riconversione in mercati d’eccellenza e di qualità. E ora, il rischio è che, nonostante le macerie, questo posto venga occupato abusivamente.

In più, nonostante le sollecitazioni del Municipio 2 e dell’ATS, il Comune non ha mai risposto alle proposte di riqualificazione dell’area, che prevedrebbero di realizzare un poliambulatorio e una biblioteca comunale.

Perché una Giunta che ricerca progetti, che ha l’obiettivo di riqualificare piazze e strade, non ha preso in considerazione il mercato di Gorla?

#3 Il disastro dell’ex macello di viale Molise

Credits: blog.urbanfile.org

“Questa è la riprova che la tanto vivibilità di Milano sbandierata dal Pd è un’illusione ottica”. Ecco qual è la denuncia del consigliere comunale e regionale della Lega, Max Bastoni, in riferimento alle palazzine Liberty in viale Molise 66, prima sede di un macello comunale, ora casa di sbandati ed immigrati irregolari.

Infatti, i 150 mila metri quadri dell’ex mattatoio sono occupati dal degrado, da cumuli di spazzatura e da avanzi di cibo. Le strutture pericolanti non sono mai state oggetto di un progetto di riqualificazione urbanistica o di una messa in sicurezza, né tanto meno di programmi di integrazione sociale.

Insomma, un’altra prova tangibile del degrado e dell’illegalità che caratterizzano le periferie di Milano. Situazioni davanti alle quali le istituzioni milanesi non dovrebbero rimanere indifferenti.

Fonte: www.ilgiornale.it, www.milanopost.info

Continua la lettura con: Il mercatino dell’ILLEGALITÀ: in vendita la MERCE RUBATA di Milano

ALESSIA LONATI

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Le 7 cose off limits e un po’ pazze da fare a Milano finito il lockdown

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credits: milano.repubblica.it

Ufficiale. La Lombardia resta zona rossa. Non solo: ci attende un altro aprile di chiusura. L’unica speranza? Il sogno della libertà ritrovata, una volta finito il lockdown. 

Le 7 cose off limits e un po’ pazze da fare finito il lockdown

#1 Una partita a calcio in piazza del Duomo

credits: milano.repubblica.it

Anche tanti contro tanti. Nessuna divisa, nessun abbigliamento particolare. Una palla, giubbotti o indumenti vari accartocciati a fare da pali come si faceva un tempo. La partita dei milanesi nella piazza simbolo. 

Non esiste età, sesso o colore, ma soltanto il decidere in quale porta segnare. Generalmente si parte con il fair play per arrivare poi al rollerball estremo. Finirà con il proprietario del pallone che deve andare, nessun punteggio realmente tenuto e birra finale.

#2 Il tuffo in Darsena

credits: correre.it

Proibitissimo e sconsigliato per vari motivi, non ultimo quello sanitario. Infatti, la Darsena, a differenza del naviglio, ha un’acqua stagnante e mediamente inquinata oltre che fredda. Nonostante questo, nell’immaginario collettivo sarà un ambitissimo gesto di libertà da scolpire nella memoria.

#3 La corsa coi carrelli della spesa

credits: piemontetopnews.it

Un classico, ma dato che difficilmente si trovano carrelli liberi in giro di notte, eviteremo di suggerire come ottenerli. Uno spinge e il più temerario si siede dentro il carrello. Le curve sono il momento topico, dove non è raro volare fuori dal carrello ribaltandosi, è quindi caldamente consigliato un percorso rettilineo. Valgono sportellate, insulti fino alla terza generazione e tifo da stadio. Proibitissimo agganciarsi all’avversario, pena squalifica immediata.

Gettonatissimi come propulsori i rari atleti del bob presenti a Milano, anche se i praticanti del rugby possono comunque dire la loro, mentre nel carrello ci finisce sempre la più scricciola della compagnia che, essendo coccolata, indosserà sempre un casco integrale prestato da qualche anima pia.

Sarà un gesto catartico nei confronti dell’unico ambiente in cui abbiamo trovato un pizzico di libertà in questi mesi: il supermercato

#4 Nascondino nei parchi pubblici di notte

credits: comune.bologna.it

Da utilizzare giardini pubblici dove comunque nascondersi è facile, ma anche leggermente inquietante, specie se c’è buio pesto.

La tana non può essere costantemente sorvegliata e chi sta sotto dovrà essere molto abile. Per rivivere l’ebbrezza di un tempo quando chi era nascosto in posti remoti si domandava se fossero ancora in cerca di lui o se fossero già tornati a casa.  

#5 Scendere dal pendio del monte Stella con un cartone sotto il sedere (specie se ha piovuto)

credits: esse_ems IG

Esperienza incredibile. Si possono raggiungere velocità interessanti, certamente ci si sporca molto e soprattutto si prendono delle gran botte al fondo schiena. Meglio se si usa il casco da moto. Sarà una piccola rivincita alle due stagioni sciistiche ormai perdute. 

 

#6 Improvvisare una discoteca in mezzo a una strada

credits: adnkronos.com

Semplicissimo: tutti sintonizzati sulla stessa frequenza, si aprono gli sportelli delle auto e si balla come non ci fosse un domani. Il domani però c’è e lo sanno quelli che, svegliati dal frastuono, avranno aggettivi inqualificabili da urlare nei vostri confronti.

Non esiste vincitore, ma solo voglia di fare casino. Si scopriranno dei novelli Tony Manero ma anche qualche orso scoordinatissimo.

Una festa doverosa che ci manca ormai da anni. 

#7 Cena improvvisata intorno a un gruppo di panchine

credits: proiezionidiborsa.it

Ci si darà appuntamento a qualche panchina o muretto e poi si setacceranno i dintorni in cerca di forni, pizzerie, paninoteche o market aperti. Si condividerà tutto anche con chi passa di lì per caso.

Amicizie e amori sono nati con questa goliardata. Chissà se dopo l’anno record di crollo delle nascite non possa trasformarsi in esperienza di autentica rinascita. 

Continua a leggere: 30 COSE DA FARE a Milano quando usciremo dall’emergenza coronavirus 

ROBERTO BINAGHI

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Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità.

🛑 La SVEZIA ha VINTO: MORTALITÀ 2020 tra le più BASSE in Europa (senza chiusure e mascherine)

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La stato scandinavo come strategia di contrasto alla pandemia da Covid-19 ha fatto affidamento principalmente su consigli e su misure volontarie da parte dei cittadini. Senza divieti o chiusure. Non solo: la controtendenza svedese è stata anche nei confronti delle mascherine che sono state addirittura sconsigliate. I risultati sembrano aver premiato le scelte del governo svedese: non solo l’economia e la società sono state meno colpite degli altri paesi ma addirittura i risultati sono sensibilmente migliori alla media in Europa anche dal punto di vista sanitario. 

La SVEZIA ha VINTO: MORTALITÀ 2020 tra le più BASSE in Europa (senza chiusure e mascherine)

# La strategia svedese basata su misure volontarie da parte dei cittadini

Credits: ig zahoorsyed- Stoccolma

Nonostante la Svezia abbia evitato i rigidi lockdown anti-Covid e non abbia imposto l’utilizzo di mascherine nel 2020 ha registrato un tasso di eccesso di mortalità inferiore rispetto a gran parte dei Paesi europei, come mostrato da un’analisi dell’Eurostat basata su dati ufficiali. La sua strategia è stata quella di “fare affidamento principalmente su misure volontarie da parte dei cittadini, incentrate sul distanziamento sociale, su un’attenta e regolare igiene e su regole mirate”. Oltre a questo ha lasciato sempre aperto scuole, ristoranti e negozi, assorbendo quasi completamente gli impatti negativi sull’economia locale rispetto al resto dell’Europa.

# In Svezia si è registrato il 7,7% di morti in più nel 2020 rispetto alla media degli anni precedenti. In Spagna e Belgio rispettivamente il 18,1% e il 16,2%

Credits: eticaeconomia.it Fonte: Eurostat – Eccesso di mortalità complessivo 2020, settimane 10-48

Nel 2020 in Svezia si è registrato il 7,7% di morti in più rispetto alla media dei quattro anni precedenti, mentre in Paesi come Spagna e Belgio che hanno adottato i lockdown più rigorosi l’eccesso di mortalità è stato rispettivamente il 18,1% e il 16,2%. Dei 30 Paesi che hanno messo a disposizioni le statistiche sul numero di decessi ben 20 hanno fatto peggio della Svezia. Tuttavia, la Svezia stessa ha fatto peggio degli altri Paesi nordici, con la Danimarca che ha fatto registrare solo l’1,5% di mortalità in eccesso rispetto agli anni precedenti e la Finlandia con l’1,0% che però ha optato per misure ancora meno restrittive dello stato svedese dall’estate in poi. Lo stesso discorso vale per la Norvegia non è nemmeno stata coinvolta da questa statistica di eccesso di mortalità.

# In un’altra analisi la Svezia è al 18° posto su 26 per eccesso di mortalità. Polonia, Spagna e Belgio ai primi posti

L’eccesso di mortalità della Svezia è risultato tra i più bassi anche in un conteggio separato di Eurostat e altri dati rilasciati dall’Ufficio per le statistiche nazionali del Regno Unito la scorsa settimana. Tale analisi, che includeva un aggiustamento per tenere conto delle differenze sia per età che nei modelli di mortalità stagionale dei Paesi analizzati, ha posizionato la Svezia al 18 ° posto in una classifica di 26. Polonia, Spagna e Belgio erano al vertice.

Il capo epidemiologo svedese Anders Tegnell intervistato da Reuters è convinto che questi dati mettano in serio dubbio l’utilizzo del lockdown: “Penso che le persone inizieranno a pensare molto attentamente all’utilizzo dei lockdown, a quanto siano stati davvero utili. Potrebbero aver avuto un effetto a breve termine, ma quando si guarda nel complesso tutta la durata della pandemia, i dubbi aumentano“.

Fonte: SkyTg24, Reuters

Continua la lettura con: 🛑 Lo studio sulle SCUOLE CHIUSE: a Napoli record negativo, in Svezia sempre state aperte

FABIO MARCOMIN

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Lo scippo della gioventù

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Primavera, Botticelli

A partire dai videogames fino ad arrivare al mondo social stanno togliendo a una generazione il suo ruolo nella società.

Nella storia del mondo i giovani sono sempre stati quelli che hanno rimescolato le acque. Hanno portato le novità, hanno messo in discussione lo status quo, a volte anche in modo aggressivo, in generale hanno avuto la libertà di sperimentare facendo così progredire il pensiero umano.

In questo momento è come se i giovani avessero lo stesso ruolo che hanno i vecchi.
Si stanno uniformando al conformismo all’idea dominante e il sentirsi sotto il giudizio di tutti li porta a preferire la non azione e il non pensiero rispetto al rischio di sbagliare.

Ma è proprio il fatto di poter prendere rischi che è la prerogativa della giovinezza e ciò che rende la giovinezza la condizione fertile per nuove idee e di un reale cambiamento.
Dove i giovani stanno invece indirizzando il loro tempo e le loro energie sono gli strumenti digitali come alternativa alla vita reale: siccome la vita reale presenta dei rischi si prendono solo rischi digitali.

Il giovane che un tempo rischiava con il motorino o con la protesta sociale oggi relega la sua aggressività nei videogames e nei contatti a distanza.
Potrà avere futuro una società in cui l’esperienza della giovinezza viene spostata in una dimensione virtuale?

Continua la lettura con: Per la libertà virtuale stiamo cedendo la libertà reale

MILANO CITTA’ STATO 

In costruzione la PRIMA STAZIONE della futura CIRCLE LINE

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Credits: Comune di Milano - Stazione Tibaldi

Prosegue l’avanzamento dei lavori per la futura stazione Tibaldi, nel sud di Milano, una delle nuove fermata della circle line che entrerà in servizio nei prossimi anni. Ecco quando verrà inaugurata la stazione e come funzionerà la linea ferroviaria urbana della città.

In costruzione la PRIMA STAZIONE della futura CIRCLE LINE

# La stazione Tibaldi è la prima nuova stazione in costruzione sulla futura circle line. Inaugurazione prevista nel 2023

I lavori per la futura circle line entrano sempre più nel vivo, con l’avanzamento della Stazione Tibaldi, tra Porta Romana e Romolo, a servizio anche dell’Università Bocconi e che entrerà in funzione nel 2023. In un sopralluogo al cantiere l’assessore comunale all’Urbanistica Pierfrancesco Maran racconta la situazione attuale e lo sviluppo futuro della circle line che collegherà aree semicentrali e più periferiche di Milano attorno al nucleo centrale della città. “Proseguono i lavori per realizzare la nuova stazione Tibaldi-Bocconi che sarà pronta a inizio 2023. Uno dei punti centrali dell’accordo sugli scali ferroviari è appunto quello di usare la rete ferroviaria esistente come una vera e propria linea urbana, Circle Line, che connette le cinque metropolitane con treni che passano ogni 10 minuti. Perché sia ben fruibile è anche necessario incrementare le stazioni, come stiamo facendo con Tibaldi, e come accadrà a breve con due nuove stazioni tra Rho e Certosa“.

# Il percorso della circle line: 12 stazioni, interscambi con 5 linee metropolitane e passaggio dei treni ogni 10 minuti

Circle line Milano
Credits: wikipedia.org – Circle line Milano

La circle line milanese, anche se non sarà una vero anello in quanto sul lato ovest non esistono binari e non è previsto un progetto per realizzarli, vedrà altre 4 nuove stazioni oltre alla costruenda Tibaldi: Istria che interscambierà con la M5, Dergano con M3, Stephenson e MIND-Cascina Merlata a nord-ovest. Insieme alle 7 stazioni esistenti di San Cristoforo, Romolo, Porta Romana, Forlanini, Lambrate, Certosa, Rho Fiera ci saranno un totale di 12 stazioni a servizio della città e dei pendolari in ingresso. L’intero tracciato ferroviario su cui transita la linea suburbana S9 verrà rifunzionalizzato, saranno acquistati 20 treni dedicati che a regime passeranno ogni ogni 10 minuti

Leggi anche: Recovery Milano #1. CIRCLE LINE, M6 ed estensione delle linee della METRO

# Il progetto di circle line con 36 stazioni per realizzare un vero anello di metropolitana circolare 

Un’ottima notizia l’avanzamento dei lavori, ma potrebbero non bastare per avere un servizio efficiente. La bassa frequenza, il ridotto numero di stazioni e la mancanza di tracciato nel quadrante ovest di Milano sono tre fattori che potrebbero però determinare l’insuccesso di questa infrastruttura. Osando di più come una vera metropoli mondiale, si sarebbe potuta realizzare un vera linea metropolitana circolare, sempre su parte del percorso della linea S9, ma con 36 fermate chiudendo l’anello ad ovest come in questo progetto del 2004.

Fonti: Il Giorno, Cantiere Urbanfile

Continua la lettura con: Una METRO CIRCLE LINE di SUPERFICIE nelle MARCHE: perché non a Milano?

FABIO MARCOMIN

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🛑 «Questa strada ora è mia!». L’uomo che ha provato a COMPRARSI una STRADA di Milano

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Credits: primamilanoovest.it via-ferrarin-Rho

È ufficiale: dopo un anno di pandemia, confinamento, limitazione della socialità e degli orizzonti, siamo profondamente provati. A livello psicologico ci sono problemi. Fisicamente alcuni hanno messo su peso. Anche sotto l’aspetto urbanistico siamo in cattive condizioni e si notano i primi cedimenti, il rischio è non riuscire a guardare più in là della propria… strada. Questo è ciò che sembra dimostrare uno stravagante episodio capitato a Rho, al confine Nord-Ovest di Milano, mercoledì 17 marzo scorso, dove i residenti di Via Ferrarin si sono svegliati e hanno trovato la via chiusa.
Quelli che inizialmente sono apparsi come ignoti burloni, hanno ostruito gli accessi alla via rhodense con grandi bidoni, impedendo sia agli estranei di entrare nella via sia ai residenti di uscire con le proprie auto.
L’unica scelta è sembrata fare intervenire i vigili per fare luce sul mistero del giorno.

«Questa strada ora è mia!». L’uomo che ha provato a COMPRARSI una STRADA di Milano

# Il vicino della porta accanto

Credits: dronezione.it
proprietà privata

Ci troviamo alle spalle del cimitero centrale di Rho, in una traversa di Via Bersaglio e, nel corso delle indagini di rito, i vigili si sono imbattuti in un residente di Via Ferrarin che ha candidamente ammesso di aver chiuso la via a senso unico perché convinto di esserne diventato il proprietario, come nel gioco del Monopoli.
Alle domande degli agenti, il cittadino non si è per nulla scomposto e alla richiesta di un documento per essere identificato, l’uomo ha mostrato un bonifico di 800 Euro effettuato alle casse del Comune di Rho, secondo lui sufficiente a fargli affermare «questa strada ora è mia!»

Gli increduli agenti, per scrupolo, hanno sottoposto la questione agli uffici della Ragioneria del Comune chiedendo istruzioni, ricevendo la conferma che nessuno era al corrente di un’operazione commerciale del genere, che mai sarebbe stata autorizzata dall’amministrazione di Rho. Ai vigili non è rimasto che sequestrare gli ostacoli e rimuovere i bidoni con l’aiuto di un carro attrezzi, nonostante la forte opposizione dell’auto-proclamato proprietario della strada. In virtù della collaborazione tra forze dell’ordine, ora sull’episodio indaga anche la locale caserma dei Carabinieri.

# Questa cosa dell’autonomia ci sta sfuggendo di mano

Credits: 105.net
Principato Di Dellavalle

Un tenero e, diciamocelo, romanticissimo Charles Darrow dei nostri giorni, che ha interpretato un po’ troppo alla lettera la voglia di decentralizzazione di cui il Paese ha bisogno.

La memoria corre al 2018 e alla proclamazione del Principato Dellavalle di Vercelli. L’episodio in cui Piergiuseppe Dellavalle, rivendicando la proprietà su una rotonda di accesso alla tangenziale, l’ha occupata piantandoci dei pomodori e proclamando un personale Principato, con tanto di cartello e statuto. La proprietà di Dellavalle era stata espropriata, con indennizzo, per la realizzazione di un asset fondamentale per la viabilità della provincia. La questione si è chiusa in un’aula di tribunale, dove la pubblica amministrazione ha giudicato un contenzioso tra un cittadino e sé stessa. Ha vinto la pubblica amministrazione, dichiarando legittimo l’esproprio e congruo l’indennizzo riconosciuto al Sig. Dellavalle.

A questi due coraggiosi e bizzarri concittadini possiamo suggerire di trasferirsi in Lichtenstein, dove la Costituzione sancisce il diritto di secessione dallo Stato, praticamente un confronto micidiale per il diritto costituzionale di ogni stato centralizzante.

# Le reazioni del web

Credits: freepik.com
le reazioni del web

La notizia del Rhonopoli ha fatto il giro della comunità web, la quale divertita da quanto accaduto, ci restituisce una serie di commenti spiritosi, segno che gli internauti sono ancora muniti di sense of humor, un bene troppo prezioso per rinunciarvi dopo l’ultimo anno. Abbiamo raccolto alcuni di questi commenti in una breve carrellata, con la speranza di strapparvi un sorriso:

# Con 800 euro ne è diventato pRHOprietario….  – commenta una giovane utente romana

# Avrà già fatto il Rhogito? Si chiede un altro

# E al Comune di Rho sono caduti dal Pero – ci fa sapere un amico bolognese

# Chuck Norris anni fa, in una agenzia pubblicitaria di Dallas, comprò uno spazio; da allora l’universo è suo. Il tizio di Rho sarà un allievo che si esercita – aggiunge un ragazzo milanese

# I grandi giocatori vedono strade dove gli altri vedono sentieri – scrive un utente messinese che cita Vujadin Boskov.

Alcuni contestano il prezzo, 800 Euro.
# Con 800,00 Euro non ci prendi neanche Bastioni Gran Sasso
# Con 1200 euro comprava Parco della Vittoria e lì avrebbe fatto i soldi
# Vista in foto 800€ sembrano assai

Mentre c’è chi si interessa per offerte del genere, ma in altre zone, perché il mercato immobiliare ha potere anche nei commenti.
# Quanto per Cesano?

Per quanto la storia sia singolare, rimarremo con un grandissimo dubbio: se l’uomo che voleva giocare a Monopoli nelle strade di Rho non ha comprato Via Ferrarin, quel bonifico da ben 800 euro, a cosa sarà servito?

Continua la lettura con: La naturale evoluzione di una nazione è dare più autonomia alle sue parti

LAURA LIONTI

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Che cosa vorresti ELIMINARE da Milano? Le 10 risposte dei lettori con più like

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Credit: Pinterest

Milano è una delle città più belle del mondo ma siamo sicuri che vorremo tenere proprio tutto?

In questo sondaggio sulla nostra pagina di Facebook abbiamo chiesto “Che cosa vorresti eliminare da Milano?”. Ecco la classifica delle 10 risposte più votate.

Che cosa vorresti ELIMINARE da Milano? Le 10 risposte dei lettori con più like

#10 Il progresso sfrenato

Credit: @_colomarko_

“Vorrei eliminare la inutile corsa ad un progresso forzoso forzato e deleterio che sta stravolgendo il già precario modus vivendi della città… quando i milanesi si accorgeranno che non vivono Milano ma che è Milano che gli vive addosso, forse capiranno che tutto questo affannarsi e vivere x rincorrere la propria vita è innaturale e deleterio come la corsa spasmodica alla fatturazione….e alla lunga Milano ti presenta sempre il conto…” Raffaella N.

#9 Chi ci abita ma la critica

“Quelli che la abitano e poi la criticano” Simona D. B.

#8 Le persone che corrono in monopattino

Credit: hdmotori.it

“I monopattini e le biciclette che sfrecciano sui marciapiedi” Edoardo L.

#7 Le auto sui marciapedi e gli affitti alti

Credit: blog.urbanlife.org

“Le auto sui marciapiedi… Le ho viste solo a Milano. E gli affitti deliranti” Marco T. D.

#6 Chi vota lega

“Beh.. facile: Fontana, la Moratti, la Lega e chi vota lega” Ada R.

#5 I radical chic

“I radical chic, ma praticamente non ci sarebbe più nessuno…” Giorgia Z.

#4 Il degrado della stazione centrale

Credit: @ilciaparatt

“Il degrado alla stazione centrale” Leonida S. S.

#3 Le piste ciclabili

Credit: @pisteciclabilimilano

“Le piste ciclabili che hanno creato smog per il traffico quadruplicato” Take A. L.

#2 Sala

Credit: @beppesala

“Il triumvirato Granelli, Maran, Sala” Christian D. S.

#1 Le scritte sui muri

Credit: Pinterest

“Le scritte schifose sulle mura dei palazzi che non centrano nulla con la street art” Natasha K.

Continua la lettura con: Le 10 cose di MILANO che “porteremmo su MARTE”

ARIANNA BOTTINI

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Come funziona il TELETRASPORTO? Potremo usarlo in futuro? Lo SCIENZIATO risponde (Video)

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Credits: memory-alpha.fandom.com

Vi ricordate il film horror fantascientifico “La Mosca” di David Cronenberg? Dove lo scienziato Seth Brundle inventa un’avveniristica macchina del teletrasporto… Forse, un giorno, tutto questo potrebbe diventare realtà, magari evitando l’esperienza vissuta da Jeff Goldblum nel film.

Cinematografia a parte, il fisico e matematico della Columbia University e co-fondatore del Worlds Science Festival, Brian Greene, spiega dove è arrivata la “magica arte” del teletrasporto.

Come funziona il TELETRASPORTO? Potremo usarlo in futuro? Lo SCIENZIATO risponde (Video)

# Un video esplicativo del fisico Greene: una testimonianza importante

In questo video il luminare spiega che esiste una “versione” del processo che viene utilizzata abitualmente dagli scienziati sulle singole particelle.

Come? Si parte da una particella, con determinate caratteristiche, che si trova in una determinata posizione. Gli scienziati sono in grado di riprodurne un’altra assolutamente identica, con uguali caratteristiche, stesse proprietà, stesso stato quantico, ma in un’altra posizione.

Durante questo processo, la particella di partenza viene distrutta. Dunque, quella che rimane e si trova in un altro punto, è quella che è stata teletrasportata.

# Il fisico austriaco Anton Zeiliger e il suo record di teletrasporto

Credits: cosmicoblog.com

Sempre nel video, il Dottor Greene racconta il record di teletrasporto, detenuto dal fisico Anton Zeiliger, con cattedra all’Università di Vienna. Lo scienziato austriaco e il suo gruppo di studio hanno trasportato lo stato quantistico di fotoni tra due isole delle Canarie: da Tenerife a Las Palmas, a 143 km di distanza l’una dall’altra. Qualche giorno prima alcuni ricercatori cinesi avevano annunciato di aver effettuato un teletrasporto di fotoni a una distanza di 97 km. Quindi, questi successi spianano la strada a nuovi test sulle grandi distanze.

# Sarà possibile per noi umani il teletrasporto?

Credits: memory-alpha.fandom.com

Alla fine del video, il fisico americano spiega che le procedure per il trasporto delle particelle sono sempre le stesse, attualmente non modificabili. Quindi la risposta è no, non è possibile usare questo processo sugli esseri umani. Non esistono processi e dispositivi così importanti da dematerializzare un corpo umano e ricomporne le particelle trasportandolo in un altro luogo.

Ma conclude lasciando con un “chi può dirlo”: “Ma chi lo sa? Tra 500 o mille anni, forse avremo qualcosa che potremo provare. Se succede invece quando sarò ancora vivo, ti posso assicurare che non sarò io il primo a entrare in quel dispositivo”.

Forse anche il Dottor Greene ha visto la fine che ha fatto il suo collega cinematografico Seth Brundle.

# Il teletrasporto come potrà influire sulla nostra società?

Ricapitolando, per ora il teletrasporto non è quello che ci mostra il cinema. Ma rivoluzionerà comunque il nostro modo di comunicare.

Un processo che darà vita ad una rete internet quantistica, dove le comunicazioni saranno più veloci e più sicure poiché il teletrasporto quantistico cancella i rischi di essere spiati. Un modo perfetto per trasferire comunicazioni finanziarie o militari.

Continua la lettura con: 7 idee di FANTASCIENZA da importare a Milano

ANGELA CALABRESE

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