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🔴 Il governo conferma: si può VIAGGIARE ALL’ESTERO anche per turismo

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Credit: @viaggiaconmela

In un momento dove le restrizioni sono all’ordine del giorno e dove cambiare comune sembra già una bravata, nessuno penserebbe mai che sia possibile prendere un aereo e andare all’estero, eppure è così.

ASTOI ottiene la conferma: dall’Italia è possibile viaggiare all’estero per motivi di turismo.

🔴 Il governo conferma: si può VIAGGIARE ALL’ESTERO anche per turismo

# Il governo fa chiarezza

Dietro la richiesta di ASTOI, l’associazione di categoria senza scopi di lucro che rappresenta oltre il 90% del mercato dei Tour Operator italiani, il governo ha fatto chiarezza sulla possibilità di spostarsi verso altri Paesi per turismo.

Fino a questo momento c’è sempre stata molta confusione: in un momento in cui è difficile spostarsi tra due comuni vicini sembra impossibile poter viaggiare verso un altro paese senza le famose “comprovate necessità” eppure il turismo, all’insaputa di molti, rientra tra queste.

# Secondo il DPCM si può viaggiare per turismo

Con il decreto legge emanato il 13 marzo 2021, l’Italia è stata nuovamente divisa a colori che, attualmente, hanno già subito dei cambiamenti.

Molte sono le zone rosse e arancioni create dal Presidente Draghi per le gravi situazioni sanitarie ed è proprio in queste zone che gli spostamenti sono limitati il più possibile.

Non è possibile uscire dal proprio Comune ad eccezione di motivi di urgenza, lavoro o salute, le visite ad amici sono limitate solo alla zona arancione e con un massimo di persone ed è comunque vietato spostarsi tra Regioni.

Il Viminale dà però conferma riguardo la possibilità di viaggiare all’estero: il DPCM permette spostamenti all’estero per motivi di turismo ma solo verso alcuni paesi.

Ora non ci sono più dubbi: tra i motivi di necessità per gli spostamenti fuori dal proprio Comune o dalla propria Regione, rientra anche il dover raggiungere l’aeroporto per prendere un aereo verso l’estero.

# Dove si può andare?

Credit: @viaggiaconmela

Anche dalla zona rossa e arancione è quindi possibile prendere un aereo per viaggiare verso l’estero.

Ma dove si può andare? Si possono raggiungere solo i Paesi che sono all’interno dell’elenco C che sono i seguenti: Austria, Belgio, Bulgaria, Cipro, Croazia, Danimarca (incluse isole Faer Oer e Groenlandia), Estonia, Finlandia, Francia (inclusi Guadalupa, Martinica, Guyana, Riunione, Mayotte ed esclusi altri territori situati al di fuori del continente europeo), Germania, Grecia, Irlanda, Lettonia, Lituania, Lussemburgo, Malta, Paesi Bassi (esclusi territori situati al di fuori del continente europeo), Polonia, Portogallo (incluse Azzorre e Madeira), Repubblica Ceca, Romania, Slovacchia, Slovenia, Spagna (inclusi territori nel continente africano), Svezia, Ungheria, Islanda, Norvegia, Liechtenstein, Svizzera, Andorra e Principato di Monaco.

Il governo ha solo dato conferma riguardo la possibilità di viaggiare all’estero per turismo, questa informazione era infatti già presente nei vari DPCM da parecchio tempo.

Potevamo viaggiare da mesi e non lo sapevamo?

Fonti: siviaggia.it

Continua la lettura con: Ryanair dice NO ai passaporti vaccinali

ARIANNA BOTTINI

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Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità.

Politica robotica e politica naturale

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L’ossessione alla sicurezza è tipica di una società robotica.
I robot, le macchine rispondono a una logica meccanica. Da un input eseguono un output. Sono capaci di riprodurre lo stesso meccanismo in modo automatico e, una volta costruite, l’unico problema che possono creare è se si rompono. 

La sicurezza è un concetto fondamentale per una macchina ma non può essere il punto di arrivo per i viventi.
Perchè il vivente è crescita, è continua evoluzione in ogni sua parte e nell’insieme della sua specie. Per quanto tu lo possa controllare non potrai decidere il suo metabolismo o la sua attività cellulare: il vivente è tale perchè ha sempre un grado di autonomia.

Ogni attività di formazione nei confronti di un vivente, in natura o nella società, è sempre finalizzata a renderlo autonomo in ciò che gli viene insegnato.
Il genitore deve condurre il figlio a essere autonomo nei confronti della vita. Lo stesso obiettivo ha l’insegnante con lo studente, in ogni disciplina.
L’autonomia è il traguardo di ogni percorso di apprendimento. 

Autonomia significa poter correre dei rischi e decidere come affrontarli.
In questo processo avviene la crescita e l’evoluzione, per l’individuo e per la società nel suo complesso. Cedere a una politica centrata sulla massima sicurezza significa arrendersi a una società che riduce gli esseri umani a delle macchine. Una società statica, fatta di coazione a ripetere, una società morta. 
Unica via di uscita possibile alla crisi attuale è l’affermazione di una politica che sia funzione della natura umana. 

Continua la lettura con: la filosofia al governo 

Per leggere gli altri pensieri del giorno: i pensieri del giorno

MILANO CITTA’ STATO 

 

Le MICRO CASE POP arrivano a Milano: dove sono e quanto costano

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credit: impresedilinews.it

Un concetto rivoluzionario di casa è arrivato anche a Milano. Cos’è il City Pop e in quali zone sarà disponibile?

Le MICRO CASE POP arrivano a Milano: dove sono e quanto costano

Nel quartiere NoLo, a Milano, arriva un nuovo concetto di casa: le micro case (city pop). Le prime unità abitative saranno pronte entro il 2021.

L’idea arriva dalla società immobiliare svizzera Artisa: realizzare il primo edificio City Pop a Milano, un nuovo modo di abitare che nasce da un concetto rivoluzionario, soprattutto in Italia: la casa diventa un vero e proprio servizio.

L’immobiliare svizzera vanta sedi in diversi paesi europei e dal 6 luglio ha stipulato un contratto preliminare anche in Italia, in un quartiere in forte sviluppo come NoLo, in Viale Monza.

# Artisa dà nuova vita all’ex Atahotel di Turro

credit: aziendabanca.it

L’immobiliare ha acquistato lo stabile al civico 137/39 di Viale Monza, ex proprietà del Gruppo Unipol, per fare un vero e proprio “cambio di destinazione”: le circa 300 unità saranno ottimizzate, rinnovate, arredate e provviste di ogni comodità (wifi incluso) dalla lavanderia, al parcheggio interrato per gli utenti che ne usufruiranno, fino agli spazi comuni e i servizi di pulizia, palestra, monopattini e car sharing. Le ex stanze d’albergo diventeranno dei micro appartamenti con metrature comprese tra 25 ai 60 mq, dedicati agli affitti brevi, da minimo 4 a massimo 52 settimane e la prenotazione avverrà tramite app, garantendo un servizio all-in-one.

Un investimento di oltre 30 milioni di euro che darà vita, entro l’anno, al primo edificio city pop nel Belpaese e dove nulla è lasciato al caso, anche la zona scelta infatti è estremamente comoda e strategica per gli spostamenti in città e fuori: a pochi metri dal civico c’è la fermata della metropolitana rossa Turro.  

# Un format già avviato in Svizzera per un target dinamico

In Svizzera questo concetto di abitazione ha già preso piede, vedendo la presenza di micro appartamenti a Zurigo e Lugano, inoltre sono previste aperture a lungo termine anche a Berna, Losanna, Ginevra, Berlino e Basilea. Tutte grandi città dove il bisogno di dinamicità, flessibilità e comodità sono importanti, visto il target a cui è rivolto il progetto. I city pop infatti sono pensati per studenti, giovani coppie, i lavoratori con necessità di spostarsi e sostare per brevi periodi in città evitando i costi degli alberghi o semplicemente persone alla ricerca di flessibilità, incompatibile con i classici contratti di affitto 4+4.

Non solo Viale Monza, altre 120 city pop (con metrature tra i 28 e 32 mq) verranno realizzate anche sui navigli, in Via Alzaia Naviglio Grande 118, tra l’edificio della Thun e l’ex Bobino club.

# I costi? Calcolati con algoritmi

credit: ppan.it

L’inizio della “vendita” delle micro case nel quartiere NoLo è prevista per il 2022 e, secondo un algoritmo che tiene conto dell’offerta dei monolocali semi arredati in zona: i costo d’affitto mensile dovrebbero essere di circa 750 €, mentre per gli appartamenti in zona Navigli si può arrivare a 1.000 € mensili.

# Praga come Milano: 108 appartamenti nella splendida cornice di Piazza Venceslao

I lavori, proseguono non solo a Milano! L’immobiliare svizzera ha acquistato da poco un immobile di circa 4mila mq nel cuore di Praga, in Piazza Vanceslao, dove realizzerà, entro marzo 2022, altri 108 micro appartamenti seguendo il concetto city pop. I lavori saranno eseguiti nel totale rispetto dell’edificio, protetto dall’Unesco perché bene storico in memoria di Jan Palach, eroe nazionale.

# La prima rete transnazionale di microcase

Concludiamo con la dichiarazione di Stefano Artioli, Presidente del Consiglio di Amministrazione di Artisa Group, che sul progetto dice:

L’obiettivo di Artisa è quello di realizzare in Italia duemila appartamenti con il concetto City Pop entro il 2022 e 15mila in tutta Europa entro il 2025, così da costruire la prima rete transnazionale dedicata al micro living, basata su una piattaforma digitale proprietaria che grazie all’intelligenza artificiale la rende intuitiva e facilmente utilizzabile”.

Leggi anche: Le 5 novità del MERCATO IMMOBILIARE in Italia: al top l’HINTERLAND di Milano e i BORGHI della LIGURIA

ANGELA CALABRESE

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Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità. 

Vado CONTROCORRENTE. Ho un SOGNO: una Milano meno uguale e più IDENTITARIA

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Milan textures from above. Credits: Elena Galimberti

Quando l’obiettivo è diventare sempre più internazionali, vorrei che tornassimo un po’ indietro, o meglio. Il bello di Milano è che può diventare la città di tutti. Non ci sono più quei milanesi doc che parlano solo il dialetto, a parte una leggere cadenza e le vocali aperte. Ma in generale, dove sono finite le tradizioni milanesi, quelle legate al passato che si tramandano di padre e in figlio? Il classico aperitivo diventerà sicuramente una di queste, ma forse nel 2050, ora è solo un’abitudine che si sta diffondendo sempre di più. Milano è futuro ed è bella proprio per questo, ma perché non potrebbe essere futuro e passato insieme? Un mix di tradizioni e innovazione? 

Vado CONTROCORRENTE. Ho un SOGNO: una Milano meno uguale e più IDENTITARIA

# La Milano internazionale

Credits: Andrea Cherchi – Foto area Piazza Gae Aulenti

Negli ultimi decenni, l’obiettivo di Milano è stato quello di affermarsi a livello internazionale, sia per quanto riguarda gli scambi economici e finanziari, sia per quelli culturali. Milano è probabilmente la città più cosmopolita d’Italia, è riuscita ad innovarsi e a farsi notare. La stessa popolazione residente è ormai internazionale. Nel 2017, il 18% dei residenti era di provenienza estera e nella città si contavano più di 150 etnie diverse. Inoltre, molte imprese multinazionali scelgono il capoluogo lombardo come sede o come trampolino di lancio per espandersi sul mercato italiano. Alla città di Milano direi: missione riuscita! Milano è innovazione e accoglienza, è ambiziosa, veloce e dinamica. È una città instancabile.

# L’ identità di Milano

Credits: houseloft.com
milano frenetica

Se si chiede a qualcuno di descrivere Milano, tra le prime cose che vengono in mente troviamo Milano città della moda e città italiana del lavoro. Si sa che Milano però non è solo questo, è sì economia ma anche cultura con i suoi teatri e musei. Inutile negare, però, che Milano è frenetica: camminare piano a Milano è impossibile, a meno che non si voglia essere travolti da una mandria di persone. In realtà non è assolutamente un male, anzi i milanesi sono orgogliosi della loro dinamicità e la città è bella anche per questo. La critica più fatta agli abitanti del capoluogo lombardo, però, è che pensano soltanto a questo, al lavoro, 24 ore su 24, 7 giorni su 7.  A Milano lo stress è all’ordine del giorno. Si tratta sicuramente di uno stereotipo, ma con un filo di verità. Si crede che a Milano non si abbia più tempo per pensare e per assaporare il bello intorno a noi. Tutto questo però è la nuova identità di Milano, quella che la città si è creata negli ultimi anni.

# Un passo indietro?

Credits: ilgiorno.it
il firunatt

Qualche anno fa Milano si è trovata di fronte ad un compito difficile: raggiungere l’obiettivo di internazionalizzazione senza perdere la propria identità. Non sono sicura che in questo caso ci sia riuscita. Il rischio di perdere la proprio “anima” era altissimo, doveva riuscire a integrare il nuovo con il vecchio. Eppure, la città cosmopolita che è credo abbia un po’ cancellato le tradizioni milanesi e la memoria storica della città. Se si va semplicemente al sud Italia, è difficile trovare un giovane che non conosca le tradizioni del proprio paese o che non sappia il dialetto; un giovane milanese invece probabilmente capisce il dialetto ma non lo saprà quasi mai parlare. Se si dovesse chiedere ad un ventenne quali sono le tradizioni milanesi, probabilmente andrebbe su Internet a cercarle perché conosce solo la Milano internazionale. In un mondo proiettato nel futuro, ci si potrebbe chiedere che senso avrebbe tornare nel passato, eppure riscoprire le tradizioni per non dimenticare la storia della città non costa nulla. Anzi Milano sarebbe molto più apprezzata e caratteristica.

Bisogna essere consapevoli del proprio passato e valorizzarlo, per potersi proiettare nel futuro nel migliore dei modi.

Continua la lettura con: Ma le auto non dovevano volare? Ho un SOGNO: Milano SENZA MACCHINE

BEATRICE BARAZZETTI

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Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità

“FETTA DI POLENTA”: il palazzo più STRANO d’Italia

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credits: hari_sheldon IG - Casa Scaccabarozzi

Se vi capita di passeggiare per Torino, soprattutto nel quartiere Vanchiglia, e di sentir parlare della fetta di polenta, state attenti perché non si tratta di cibo, bensì di un edificio. E non uno qualunque, ma uno dei più strani d’Italia. Che cos’ha di tanto particolare questo palazzo?

“FETTA DI POLENTA”: il palazzo più STRANO d’Italia

# Sfida o commessa: Alessandro Antonelli e la casa “fetta di polenta”

credits: igers.torino IG

A Torino, all’angolo tra Corso S. Maurizio e via Giulia di Bortolo, sorge Casa Scaccabarozzi o, come l’hanno ribattezzata i torinesi, la “fetta di polenta”.

La storia del curioso edificio risale all’Ottocento e vede protagonista il famosissimo architetto Alessandro Antonelli, oggi celebre soprattutto per la progettazione della Mole Antonelliana. Antonelli all’epoca aveva collaborato alla costruzione di alcuni edifici residenziali nel quartiere di Vanchiglia e, come parte del compenso, aveva ricevuto un fazzoletto di terra. Un fazzoletto decisamente molto piccolo, ma che, una volta fallite le trattative per comprare il terreno confinante, divenne la sede di un edificio straordinario. Infatti, non si sa se per sfida o per scommessa, Antonelli decise di costruirci sopra una casa che donò alla moglie, la nobildonna Francesca Scaccabarozzi, di cui oggi l’edificio porta il nome.

# L’edificio dalla sagoma stravagante

credits: it.m.wikipedia.org

Il palazzo venne realizzato nel 1840 ed è passato alla storia per la sua strana forma e per le sue ridotte dimensioni. Pensate infatti che la pianta, di forma trapezoidale, ha le dimensioni di 16m x 5m x 54 cm. Nella parte più stretta, il progettista è riuscito a ricavare uno spazio per gli impianti e la canna fumaria, così da non sprecare nemmeno un metro del già ristretto immobile.

Il palazzo inizialmente presentava sei piani, di cui due interrati, e in un secondo momento ne furono aggiunti altri due. Di fronte allo scetticismo di chi sosteneva che sarebbe crollato, Antonelli, nel 1881, decise di aggiungerne uno ulteriore e così, ancora oggi, la struttura si presenta con ben nove piani e 24 metri d’altezza.

La facciata è abbellita con decorazioni neoclassiche e lesene di colore giallo paglierino, con raffigurazioni geometriche che si ripetono per tutta l’altezza.

# Un palazzo resistente rivoluzionario: ecco alcune altre curiosità sulla Casa

credits: hari_sheldon IG

Ormai diventato un simbolo del quartiere, l’edificio si guadagnò presto il nome di “fetta di polenta”, in virtù della sua particolare forma e del colore giallo della facciata che ricordano, appunto, proprio una fetta di polenta. E pensate, al di là di Corso S. Maurizio, si trova un’altra casa a pianta trapezoidale, anche se meno accentuata, che per similitudine è stata soprannominata “fetta di formaggio”.

Casa Scaccabarozzi divenne nota non solo per la sua sagoma bizzarra, ma anche per ospitare al pian terreno il Caffè del Progresso, lo storico ritrovo torinese di carbonari e rivoluzionari. Insomma, un palazzo futuristico e un po’ ribelle in tutto e per tutto.

Bisogna inoltre dire che Antonelli e la moglie, per fugare i dubbi sulla stabilità dell’edificio, si trasferirono e ci vissero per qualche anno. La vera prova della sua resistenza però arrivò negli anni successivi, quando il palazzo uscì indenne dall’esplosione della regia polveriera nel 1852, dal sisma del 1887 e dai bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale. Oggi nessuno dubita più della sua stabilità.

Continua la lettura con: I segreti di CASA FELISARI, il palazzo più MISTERIOSO di Milano

CHIARA BARONE

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Entreresti nel LABIRINTO di GHIACCIO più grande del mondo?

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Credit: @travelmanitoba

Alice percorre il labirinto, i cunicoli si susseguono, è disorientata e continua a chiedere da che parte deve andare.

Quello che non sa è che non c’è risposta a questa domanda perché nel paese delle meraviglie, una strada predefinita, non c’è.

C’è chi di questo labirinto ne ha fatta una versione un po’ più shining: non ci sono alberi ma solo neve, le pareti sono alte due metri e raggiungere la meta può richiedere diverse ore.

Entriamo nel labirinto di ghiaccio più grande del mondo.

Entreresti nel LABIRINTO di GHIACCIO più grande del mondo?

# Il labirinto da Guinnes World Records

Credit: @jaz.explore

Non siamo al polo nord ma in Canada, nella provincia di Manitoba, è qui che si trova il labirinto di ghiaccio che nel 2019 è entrato nel Guinnes World Records.

L’idea nasce da Clint e Angie Mass, due contadini del posto da sempre affascinati dai giardini che la loro città offre.

Dopo aver creato un labirinto di mais hanno deciso di spingersi oltre: perché non farne uno interamente di ghiaccio?

Il labirinto di neve a St. Adolphe si è adattato anche alla pandemia, battendo il suo stesso record per garantire una distanza sociale tra le persone, in modo naturale.

Di chiudere non ne volevano sapere e hanno trovato una soluzione: espandere la dimensione del labirinto del 91% per permettere ai visitatori di entrare rispettando tutte le distanze di sicurezza.

# 2800 mq di neve

Costruire il labirinto più grande del mondo non è stato facile, ci sono volute sei settimane e più di 300 camion per trasportare tutto il materiale necessario, ma il risultato è davvero sbalorditivo.

Il labirinto di neve di St.Adolphe ha pareti alte più di due metri e si estende per ben 2800 metri quadrati.

Se fate parte della categoria di persone che fa fatica ad usare Google maps questo non è il posto che fa per voi, chiunque entri in questo labirinto metterà infatti a dura prova le proprie capacità di orientamento e i propri nervi.

Circondati solo da pareti bianche, l’obiettivo, per i più coraggiosi che decidono di entrare, è quello di raggiungere l’uscita, cosa che può richiedere anche diverse ore.

# Un percorso sicuro

Credit: @dw_arabic

Nonostante l’aspetto poco rassicurante, nessuno rischierà di congelare perché lungo il percorso sono state installate diverse panchine con dei piccoli falò per riscaldare gli avventurieri che hanno provato questa impresa.

Tra le strade, inoltre, sono presenti diverse sculture di ghiaccio da poter fotografare.

Questo percorso non è come il labirinto di Alice, ha un inizio e una fine e si possono trovare anche delle uscite facilitate per chi decide di abbandonare l’impresa.

Sembra quindi essere un percorso sicuro, ma voi, ci entrereste?

Fonti: siviaggia.it

Continua la lettura con: L’ASCENSORE più ALTO del mondo. Prossima fermata: Marte

ARIANNA BOTTINI

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Il TRENINO ROSSO: la NOSTRA FERROVIA delle ANDE (VIDEO)

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Bernina Express - Der Bernina Express ueberquert den weltbekannten Landwasserviadukt. Eine Fahrt von den Gletschern zu den Palmen. Bernina Express - The Bernina Express crosses the world-famous Landwasser Viaduct. Bernina Express - Il Bernina Express attraversa il celebre viadotto di Landwasser. Un viaggio dai ghiacciai alle palme. Copyright by Rhaetische Bahn By-line: swiss-image.ch/Peter Donatsch

Il famoso “trenino rosso” parte da Tirano, in provincia di Sondrio, e attraversa valli, laghi, ghiacciai e le Alpi Svizzere facendo tappa anche in una meta di lusso come Sankt Moritz. Tra panorami mozzafiato e architettura d’ingegneria incredibile, andiamo alla scoperta di questo meraviglia su rotaia.

Il TRENINO ROSSO: la NOSTRA FERROVIA delle ANDE (VIDEO)

# La ferrovia patrimonio mondiale dell’Unesco

Carrozze panaromiche

La ferrovia su cui corre il Bernina Express “il trenino rosso” è capolavoro dell’ingegneria civile per la tecnica con il quale è costruito e infatti il percorso comprende le ferrovie dell’Albula e del Bernina che sono state incluse, nel 2008, nell’elenco dei Patrimoni dell’umanità stilato dall’UNESCO. Realizzata oltre 100 anni fa, ricopre un ruolo importante dal punto di vista turistico, percorrendo un itinerario di notevole interesse paesaggistico, reso più apprezzabile dalle speciali carrozze panoramiche

# Il treno più alto d’Europa a 2.253 metri d’altezza

Il Bernina Express durante il suo viaggio di 145 km complessivi, incontra 55 tunnel e gallerie coperte e 196 viadotti e ponti, con un dislivello totale di 1.824 m e pendenze che arrivano fino al 70 per mille. Raggiunge il punto più alto in Europa per un treno in corrispondenza del passo del Bernina a 2.253 metri d’altezza, senza mai utilizzare il sistema a cremagliera. 

 

# Le attrazioni più suggestive da vedere

Tra montagne, specie quando innevate, laghi, gallerie e viadotti ci sono alcuni punti davvero suggestivi da non farsi sfuggire: durante il passaggio del “trenino rosso” a fianco del Lago Bianco, nella sosta sul Lago di Poschiavo, oppure arrivando e percorrendo il viadotto elicoidale di Brusio, di 70 metri di raggio e interamente visibile per tutto il suo sviluppo, che permette di guadagnare, in uno spazio molto ristretto con una pendenza costante del 70‰, 30 metri di dislivello.

Tra le curiosità del Bernina Express, il fatto che per un breve tratto di 1 km transiti in sede stradale, nel comune di Le Prese, con le automobili costrette a fermarsi e addirittura nella località di Sant’Antonio viaggi rasente i muri delle abitazioni.

MILANO CITTA’ STATO

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Le 5 PANCHINE GIGANTI da cui ammirare gli Appennini

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Credits: pinterest - Pacnhina gigante di Baiso

Il concetto alla base del progetto del designer statunitense Chris Bangle sta nel cambio di prospettiva dato dalle dimensioni della panchina, che fa sentire chi vi siede come un bambino, capace di meravigliarsi della bellezza del paesaggio, fermandosi ad osservarlo con uno sguardo più attento e curioso. Un fenomeno mondiale che è arrivato anche in Emilia-Romagna, ecco dove.

Le 5 PANCHINE GIGANTI da cui ammirare gli Appennini

# Il fenomeno mondiale delle Big Bench da qualche anno anche in Emilia-Romagna sull’Appennino reggiano e modenese

L’idea di installare panchine giganti è venuta al designer statunitense Chris Bangle che nel 2009 ha creato il “Big Bench Community Project”. Il concetto di fondo è il cambio di prospettiva dato dalle dimensioni della panchina: ci si sente di nuovo bambini e ritornare capaci di stupirsi della bellezza del paesaggio. Queste attrazioni fuori scala sono poste in luoghi particolarmente panoramici e solo in Italia ce ne sono oltre 100. Da qualche anno anche sull’Appennino reggiano e modenese se ne possono ammirare alcune.

Ecco quali sono e dove si trovano.

 

#1 La prima panchina è stata installata nel 2018 nel Comune di Castelnovo ne’ Monti

Credits: andiamoallavventura.it – Panchina gigante Felina

La prima panchina gigante è stata installata in Emilia Romagna nel 2018, all’interno di un’azienda agricola privata nel Comune di Castelnovo ne’ Monti. Offre una vista panoramica impagabile sull’Appennino reggiano: si parte dalla Pietra di Bismantova, per spaziare su tutto il crinale con le sue vallate e i monti Ventasso, Cavalibianco, Cusna. Dal lato opposto invece, verso nord, si può osservare la pianura e in lontananza le Alpi.

#2 La panchina gigante arancione di Baiso con un piccola libreria e una postazione “selfie”

Credits: pinterest – Pacnhina gigante di Baiso

Nel comune di Baiso sulla sommità del poggio la Balota è stata posizionata una panchina gigante di color arancione, attrezzata con una libreria sul retro per prendere in prestito un libro e leggere in relax, e perfino una postazione selfie con pannello in legno dove appoggiare il cellulare per scattare la propria foto ricordo. Seduti o in piedi su questa panchina si gode della vista che va dal Monte Cimone al crinale appenninico, fino ai ponti di Calatrava in città a Reggio Emilia. Se la giornata è limpida si possono scorgere la torre degli Asinelli di Bologna e le Prealpi venete

#3 La panchina rosa sgargiante di Ligonchio

Credits: destinazionemondo20.com – Panchina gigante rosa di Ligonchio

A Ligonchio, il paese natale di Iva Zanicchi, si trova una panchina gigante di color rosa sgargiante. Da qui si apre il panorama di Ligonchio dall’alto, con la Centrale Enel e il suo bacino artificiale. Oltre a questo è visibile tutta la valle dell’Ozola e sullo sfondo anche la Pietra di Bismantova, la collina reggiana e la pianura.

#4 La panchina “granata” sul Monte Malee con vista sulla valle del Secchia

Credits: Mauro Riccio – Panchina granata di Castellarano

Al confine tra il territorio del comune di Castellarano e della frazione di Roteglia, sul monte Malee, è stata installata una panchina color granata denominata “Panchina Gigante Granata n. 106”. Questo punto di osservazione è ideale per ammirare la valle del Secchia e i principali rilievi della zona, tra cui il monte Cusna e il monte di Valestra.

#5 La più giovane è la panchina blu di Prignano sulla Secchia

Panchina blu

La panchina blu di Prignano sulla Secchia è quella di più recente installazione in Emilia-Romagna. Inaugurata nell’Agosto del 2020 è stata posizionata appena sopra il centro abitato di Prignano. Anche da qui il panorama è mozzafiato: si può ammirare l’Appennino reggiano e modenese a 360 gradi.

Fonte articolo: Emilia-Romagna Turismo

Continua la lettura con: Il VULCANO più PICCOLO del mondo si trova in ROMAGNA

FABIO MARCOMIN

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Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità.

7 SPORT da fare in CASA e DINTORNI per restare in FORMA

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credit: paginegialle.it
Di questi tempi è difficile praticare sport che non siano maratone di serie TV o l’alzata della bottiglia (di birra). Quali sport si possono praticare in casa e dintorni?

7 SPORT da fare in CASA e DINTORNI per restare in FORMA

Per alcune discipline suggerite è sufficiente una porzione di stanza, per altre quantomeno un cortile ma tanto basta per tenersi in forma più di quanto faccia l’alzata della bottiglia di birra davanti alla tv.

#1 Ginnastica callistenica

credit: bodycenterpisa.it

Sulle origini e sull’evoluzione di questo sport che prende il nome dalla fusione di due parole greche che significano “bello” e “forza” i dati sono confusi. In realtà è un insieme di discipline, non per ultima la ginnastica svedese della quale abbiamo ancora il quadro svedese appeso in molte scuole italiane, che si basa sull’utilizzo del proprio corpo, specie a livello gravitazionale. Serve necessariamente una sbarra per appendersi, tanta forza e una buona dose di equilibrio per calibrare al meglio le energie ma i risultati arrivano in fretta. Evitare l’emulazione dei vari giovani che si possono vedere su internet mentre si traggono come nulla fosse se si vogliono scongiurare brutte figure oltre che le cure di un medico. Per persone già mediamente preparate e consapevoli dei propri limiti, evitando di sentirsi Tarzan.

#2 Yoga

credit: ohga.it

Definire ginnastica lo yoga è sacrilego oltre che estremamente riduttivo. Certamente un percorso fisico e spirituale di rigenerazione dove anima e corpo si fondono in un unico stato, o così dovrebbe essere quello che questa ampissima disciplina aiuta a raggiungere. Più pragmaticamente si possono estrapolare una serie molto variegata di esercizi che, se condotti da un sapiente istruttore, possono condurre a enormi benefici. Meglio rivolgersi, nel caso siate obbligati a stare in casa, a lezioni on line con professionisti del settore. Vi sottrarrete al rischio di esercizi inutili oltre che sbagliati e quindi dannosi. Per tutti, ma rispettando la propria elasticità fisica per non finire direttamente dall’osteopata senza passare dal via.

#3 Corpo libero

credit: paginegialle.it

Addominali, flessioni, piegamenti sulle gambe, tutti esercizi banali ma se fatti con costanza aiutano moltissimo a tenersi in forma. Come ogni cosa serve costanza e gradualità nell’intensità di ogni esercizio. Una accelerazione nello svolgere le ripetizioni o un aumento ingiustificato nel numero degli esercizi può compromettere un lavoro che nel medio periodo può davvero rimettere in sesto. Astenersi chi ha costanza solo nel seguire tutte le serie tv 2010-2021.

#4 Corsa

credit: runnersworld.it

Se non costretti in casa, la corsa è uno degli esercizi migliori da fare. Non occorrono particolari attrezzature se non un ottimo paio di scarpe per le quali la scelta sbagliata può essere piuttosto dannoso. Iniziare con tragitti brevi intervallati da tratti con camminata. Per la velocità e le lunghe distanze serve molto tempo oltre che un regime alimentare serio. Meglio rimanere a livello amatoriale ma esercitarsi tutto l’anno, qualunque sia la condizione metereologica. In caso di lockdown utilizzare le scale condominiali. Esercizio incredibile che vi permetterà di conoscere inquilini dello stabile nel quale vivete e che avete incrociato l’ultima volta quando abbiamo portato Bearzot in trionfo dopo il mondiale di Spagna del 1982.

#5 Camminata sportiva

credit: newfeel.it

Attività fisica per eccellenza, evita ampiamente traumi vari ed è praticabile da chiunque possa deambulare. Nessun obiettivo particolare tranne quello di mettere in moto gran parte della muscolatura in modo dolce. Obiettivo unico è quello di fare maggiori distanze magari in meno tempo ma senza che ci siano movimenti bruschi o altro. Assolutamente vietate la felpa legata in vita e la chiacchiera continua coi propri compagni di ventura per non trasformare l’esercizio fisico in una semplice alternativa alla vasca domenicale in Vittorio Emanuele.

#6 Racchettoni

credit: tennisuispmodena.it

Sì, quelli da spiaggia, come quelli del vicino di ombrellone mediamente buzzurro che sentendosi emulo del miglior Panatta sfodera colpi plastici mandano la pallina in faccia a un povero bambino o nella birra di un ignaro ma grosso turista che riporterà suddetta pallina con chiare intenzioni bellicose. I racchettoni se sapientemente usati tengono i praticanti a distanza di sicurezza Covid e consentono agli appassionati dei vari sport praticati con racchetta di tenere in forma il fisico oltre che il braccio allenato. Evitando lob o smorzate assolutamente inutili in questa situazione ma limitandosi a tenere “in vita” la palla ci si potrà divertire molto evitando che alla prima uscita sul campo ci si possa sentire stremati dopo due scambi. P.S.: se vi sentite Federer ricordatevi che lui a 39 vince tornei internazionali e non ambisce ai quarti di finale del torneo aziendale.

#7 Individualizzare gli sport di squadra

credit: fanpage.it

Andare a tirare al canestro, palleggiare da soli o con un socio, sempre a distanza, sia per calcio che per pallavolo. Passaggi con la palla ovale e lanci per il baseball e il football americano, insomma sfruttare al massimo parchi ma anche cortili osservando orari e un protocollo che prevede l’utilizzo di materiale sempre igienizzato (per quanto sia possibile farlo) è un buon modo di tenersi allenati senza avere contatti diretti. Pur avendo voglia di una partita di calcio o basket con contatto e birrozzo finale consumato su qualche panchina è necessario osservare alcune regole fondamentali. In questo caso la raccomandazione è evitare di presentarsi con abbigliamento ultimo grido o da star consumata per poi dimostrarsi quasi inetti ma puntare di più sulla praticità oltre che palloni vari ben gonfi. Non dimenticare qualche salvietta umida per dare ogni tanto una pulita ai palloni. Ricordarsi sempre di riportare a casa il pallone, qualunque esso sia, perché ritrovarlo anche dopo mezz’ora è più difficile che elencare i nomi dei 7 nani senza sbagliare.

Leggi anche: Il PLOGGING: il nuovo SPORT SUPERTRENDY che migliora la città

ROBERTO BINAGHI

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Torna il PIZZARDONE sulla pedana di Piazza Venezia

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Credits: roma.corriere.it

Dopo più di un anno è ricomparso a Roma sulla mitica pedana di Piazza Venezia il Vigile Urbano a dirigere il traffico.

Il Vigile Urbano sulla pedana di Piazza Venezia, che dirige il traffico con le movenze di un ballerino, è un’immagine iconica di Roma e da quando, pochi giorni fa, un vigile è tornato su quella pedana, la stampa è letteralmente impazzita.

Vigile Urbano sulla pedana di Piazza Venezia

Torna il PIZZARDONE sulla pedana di Piazza Venezia

Ne hanno scritto giornali nazionali e stranieri. Lo stesso New York Times  gli ha dedicato una storia. Perché? La risposta dei vigili che su quella pedana ci sono saliti tante volte, è che questo ritorno a un anno dall’inizio dei lavori di ristrutturazione della pavimentazione della piazza, rappresenta un segno di normalità, anche in pieno lockdown, in un periodo in cui tutto è cambiato.

Woody Allen nel 2011 a Piazza venezia

Piazza Venezia, crocevia che conduce ai grandi palazzi istituzionali come il Quirinale, la sede del Presidente, Palazzo Chigi, quella del Parlamento, il Campidoglio, con il Comune e a monumenti come il Milite Ignoto, il Colosseo, Fontana di Trevi o a luoghi come Piazza del Popolo e Piazza di Spagna, è il cuore pulsante e vivo della città e a dettarne il ritmo è ora tornato lui, il Vigile Urbano o Pizzardone, per dirla alla romana, in guanti bianchi immacolati e cappellone.

Alberto Sordi che interpetra il Vigile nel 1960

Il pizzardone di Piazza Venezia d’altro canto è stato immortalato e reso unico anche grazie al Cinema. Sono tantissimi i film che hanno inquadrature della Piazza con al centro la pedana del vigile, ma su tutti rimane l’interpretazione di Alberto Sordi nel film degli anni ’60 “Il vigile” e la macchina da presa del geniale Woody Allen che nel 2011 ingaggiò il vero vigile urbano per interpretare se stesso sulla pedana di Piazza Venezia.

Quella di Piazza Venezia è l’unica pedana fissa presente in città e ha sostituito quella in legno che molti anni fa veniva messa e tolta a seconda delle esigenze del traffico in questa e in altre piazze della capitale

Oggi il ritorno di quella pedana ha fatto si che romani e non si sentissero di nuovo “normali” e non fa niente se ciò significa forse qualche multa in più!

FRANCESCA SPINOLA

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La filosofia al governo

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James Cook

Platone sosteneva che la Repubblica ideale è quella governata dai filosofi.
Mai come in questo periodo storico sembriamo lontani dalla visione del pensatore greco. Ma chi è il filosofo?

Per filosofo ai nostri tempi si intende qualcuno che ha studiato molto e che ha una erudizione accademica. Qualcuno che spiega, che trova il pelo nell’uovo, che si perde in pensieri senza contatto con la realtà. Una persona noiosa.  

L’epoca moderna dominata dal sapere specialistico ha relegato la filosofia a un ambito settoriale, ma per gli antichi non era così. La filosofia era fondamento di tutto, trasversale a ogni conoscenza. Gli antichi filosofi trattavano di ogni ambito dell’umano e del suo rapporto con la natura. Erano matematici, medici, uomini di scienza. Oggi verrebbero definiti in modo sprezzante come tuttologi.

In realtà un vero filosofo non può che essere tuttologo. Questo perchè tutto per avere un senso deve avere una visione filosofica. La filosofia è il sapere che si interroga sull’origine e sulla destinazione, sul senso di ogni cosa. Se non ci si pone il senso, la direzione, come si fa a giudicare se stiamo procedendo bene o male sul nostro cammino?

La mancanza di senso rischia di essere ancora più pericolosa se riguarda la gestione di una comunità. Governante filosofo significa qualcuno che ha risolto le domande fondamentali della sua vita e di conseguenza è in grado di dare un senso a ogni decisione che riguarda la comunità che governa.

Governante filosofo può significare forse qualcuno di più noioso, che dice cose che possono sembrare troppo astratte o poco comprensibili. Ma senza la radicalità della filosofia ogni governante rischia di essere come il capitano di un enorme vascello che naviga alla deriva in balia degli eventi. 

“è il fine che giustifica i mezzi” (Machiavelli)

Continua la lettura con: Colpevoli fino a prova contraria

MILANO CITTA’ STATO

 

MILANESE vs ROMANESCO: la sfida dei dialetti metropolitani

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Celentano ne Il Rugantino

La diatriba tra Roma e Milano sembra non finire mai eppure confrontando i due dialetti, non appaiono poi così diversi.

MILANESE vs ROMANESCO: la sfida dei dialetti metropolitani

La competizione piuttosto seria che c’è tra i milanesi e i romani è innegabile, ma è arrivato il momento di concluderla e di spostare la disputa su un campo più scherzoso e ironico: il dialetto. Quando un romano viene a Milano e cerca il fruttarolo verrà guardato male tanto quanto un milanese che a Roma chiama la metropolitana metro (con la e chiusa chiaramente!). Ecco 5 aspetti di questi due titanici dialetti a confronto.

#1 Avere fretta o avere prescia?

Ph. credits: adidas-runners

Due realtà a confronto: una che corre sempre, e l’altra che non vorrebbe correre mai. Infatti a Roma i frettolosi vengono colti in flagrante come se stessero commettendo un reato: “Aho, ma che c’hai prescia?”. E il sotto testo di questa esclamazione è qualcosa di simile a “Ma davvero stai andando di fretta?! Rilassati” e infatti è spesso seguita da “Mettete a sede”. Il milanese invece si sa, è di corsa per inerzia e di fatti il detto “mangiare un boccone al volo” deriva proprio da un modo di dire milanese “mangià on boccon in pee” ovvero mangiare un boccone in piedi.

#2 Ovunque si deve fatturare, che siano piotte o danè

Credits: medicinaonline.co

Eppure il verbo gergale romanesco “piottare” ovvero “andare velocemente”  si è diffuso moltissimo anche tra i giovani milanesi che lo utilizzano per intendere “camminare velocemente”. Quindi abbiamo assodato che anche i romani piottano, e la cosa più assurda è che se a Milano la fretta viene associata al denaro, anche a Roma è così. Infatti alle origini della parola, quando si trattava di piotte a Roma si trattava di soldi, anzi di sordi, indicava il numero cento ed era usato per indicare la moneta da 100 lire o la banconota da 100mila lire. Se a Milano si corre per fare il grano (o i danè), a Roma piottano per gli euri (che hanno ormai quasi sostituito le piotte).

#3 Il romano in cerca di uno spuntino a Milano

Credits: nonsprecare.it

Dopo aver parlato di corse, mi è venuto un certo languorino quindi passiamo al cibo. Il romano a Milano non chiederà dove si trova il fruttiroeu, piuttosto cercherà il fruttarolo. Ma la frutta sarebbe uno spuntino forse troppo leggero per un romano, che probabilmente cercherà di andare a comprare la carne, ma non dal becchee. Cercherà la ciccia dal macellaroPer non parlare poi dei nostri amati bocconi al volo, farciti con i salumi del cervellee… per i romani il pizzicarolo: il pizzicarolo è colui che gestisce una pizzicheria, ovvero una bottega che vende salumi e formaggi. E parlando di formaggi, a Milano il pranzo non è finito finché non si mangia qualche latticino: La bocca l’è minga stracca se la sa nò prima de vacca.

#4 Il formacc sfida il cacio

Il formaggio è un campo di battaglia piuttosto ostico. I romani amano così tanto il formaggio, chiamato cacio, che per parlare di qualcosa perfettamente complementare con un’altra affermano che è “come er cacio sui maccheroni”. Il formaggio sulla pasta è quel tocco in più che rende tutto perfetto e a Roma sembra che l’abbiano capito molto bene. Ma il cacio romano, protagonista della pasta cacio e pepe, ha veramente tantissimi rivali in Lombardia, considerando che esistono più di 80 tipologie di formacc, primo tra tutti il Grana Padano.

#5 Una sfida “bestiale”

credit: la regione.ch

L’ultimo punto è dedicato agli animali, altri indiscussi protagonisti di questi due dialetti. Partendo dalle temperature meneghine, che spesso spaventano chi si trasferisce dal centro-sud Italia, e che assumono forme animalesche ben oltre quelle canine (fa un freddo cane). A Milano fa on frecc de biss, ovvero fa un freddo di biscia. Perché? Perché la biscia essendo un serpente ha il sangue freddo, anzi, freddissimo. I romani invece utilizzano l’immagine di un famelico felino per avvertire gli avidi: “Sparagna, sparagna, arriva er gatto e se lo magna”. In parole povere: risparmia pure, che tanto poi ti verrà sottratto tutto da qualcun altro di più potente, rappresentato con dal gatto affamato. Ma anche a Milano gli avidi così come gli avari non sono ben visti, e infatti è molto diffuso il detto “l’avar el dorma mai”.

In fin dei conti la lingua di un popolo ne rappresenta lo spirito e ne riflette il modus vivendi. Come si è visto anche tra questi due dialetti apparentemente molto diversi ci sono un’infinità di cose in comune, e queste sono solo cinque delle tante.

Leggi anche: Antichi ROMANI e ROMANI di oggi a confronto: in cosa sono CAMBIATI nel corso dei SECOLI?

ROSITA GIULIANO

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Il mio VIAGGIO in Cina, in AUTOSTOP

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Realtà e fantasia. Il mondo ci appare lontano, vediamo i paesi attraverso i media ma non sappiamo mai veramente come sono fino a quando non ci andiamo.

Realtà e fantasia. Non sono mai stata una persona da hotel con piscina e tour guidati, sono più da cibo per strada e occhi di persone diverse da me.

E così mi ritrovo sul sedile posteriore di un signore cinese, che con la musica a tutto volume mi offre dei piselli al wasabi. Ed è qui che il mio viaggio in Cina inizia.

Il mio VIAGGIO in Cina, in AUTOSTOP

# La Cina in autostop

Quando dico di aver fatto un viaggio in Cina in autostop molte persone rimangono stupite. Un po’ per la mia faccia che tradisce la mia età e un po’ perché è una cosa totalmente lontana dall’idea comune di viaggio.
Fare l’autostop non è una passeggiata e ha diversi lati negativi: non sempre si trova un passaggio e magari ti ritrovi la sera, stanca, in una stazione di servizio in autostrada senza nessuno che vada nella tua direzione.

Spoiler: nessuno mi ha dato un passaggio e alla fine ho dormito lì.

Quella dell’autostop è sicuramente una scelta estrema, ma è anche quello che ti permette di entrare veramente a contatto con le persone.
Non tutti ti parlano, a volte vogliono ma non capisci, quindi stai lì, sul sedile posteriore sbirciando la vita di persone mai viste prima: la foto sul cruscotto, i biscotti nascosti sotto il cappotto, i parenti che ti fanno telefonare.

# Quella volta nella Bentley

 

Questa è una storia accaduta davvero ma che ha ancora dell’incredibile.

Scenario: in macchina da 7 ore, imbottigliata nel traffico per vari incidenti, senza aver mangiato niente (a parte i famosi piselli al wasabi offerti dal mio gentile guidatore).
Mi trovavo nella macchina di questo signore che per 7 ore ha tenuto il volume della radio così alto che non riuscivo neanche a sentire i miei pensieri.

Dalla disperazione scendo per prendere un po’ d’aria.

Cerco di capire dove sia l’incidente e perché mai i cinesi non riescano a lasciare lo spazio per le ambulanze che devono passare, ed è lì che mi si avvicina un signore.
Questo chiede al suo accompagnatore più giovane di parlare con me in inglese (nessuno in Cina parla inglese). Tra una cosa e l’altra si rivelano due persone incredibilmente gentili che devono andare esattamente dove voglio andare io.

Mi offrono un passaggio ma quando prendo il mio zaino mi aspetta una sorpresa: la macchina che mi aspetta è una Bentley nuova di zecca in cui io cerco di entrare senza rovesciare le bucce di mandarino e i piselli al wasabi che mi portavo dietro.

I miei due salvatori si offrono di portarmi a cena e più passa il tempo più capisco che c’è qualcosa di strano in questo duo.

Quando chiedo la sorpresa è ancora più grande: il signore che sta mangiando noodles piccanti di fronte a me è uno degli imprenditori più ricchi della Cina e il ragazzo che ha tradotto per me non è un suo amico, ma il suo autista privato.

Probabilmente la botta di fortuna più grande della mia vita.

# I dolcetti delle nonne

Fare un viaggio itinerante è difficile, molto spesso stressante eppure ci sono dei momenti in cui tutta la fatica viene ripagata.

Come quando sei in viaggio e il guidatore ti chiede se può fermarsi dalla mamma e dalla nonna per mangiare qualcosa.

E tu sei lì, a goderti un po’ di sole dopo tante ore in macchina, quando ti portano fuori un vassoio pieno di dolci e piccole focaccine fatte in casa.

Non ti dicono niente, la lingua non glielo permette, eppure tu capisci tutto.

# I parchi per trovare moglie

Quando vai in un paese così lontano non sai mai cosa può aspettarti e io, qualcosa di un po’ scioccante, l’ho trovato.

In Cina, soprattutto nelle grandi città, c’è un’usanza molto strana: esistono dei parchi dove cercare moglie/mariti per i proprio figli o nipoti.

Avete letto bene, i diretti interessati non sono neanche presenti, fanno tutto i parenti: scrivono le caratteristiche fisiche e caratteriali su un cartello e aspettano che qualcuno si avvicini.

Quando l’altra nonna/mamma si mostra interessata è arrivato il momento di far vedere le foto, scambiare i contatti e il gioco è fatto, una sorta di Tinder combinato: ti sembra affascinante, è alto 1.70 e studia economia? La nonna della fortunata farà match.

# Ai confini col Tibet

Mi sono avvicinata molto ai confini col Tibet e lì è tutta un’altra storia.

Non ci sono turisti, quasi tutti gli hotel sonno chiusi, non c’è niente tranne i pochi abitanti e qualche animale.

Il mio viaggio è durato un mese, ho visto tante facce che ormai la mia mente ha dimenticato ma ce ne sono due, che non dimenticherò mai.

Un giorno stavo guardando un tempio da lontano quando dei signori seduti sui gradini mi hanno fatto cenno di avvicinarmi.
Alla base di questo piccolo tempio c’era una decina di signore e signori molto vecchi che pregavano, facendo una sorta di cantilena contando le perle del rosario.

Quando mi avvicino mi danno un vecchio sacco di riso su cui sedermi e solo questo gesto mi fa capire la differenza tra realtà e fantasia: questi signori di 90 anni, seduti sulle travi di legno del tempio, offrono a me, ventenne, un sacco per stare più comoda.

E poi arriva una bambina, la nipote del signore più vecchio.

Si siede in braccio al nonno perché è intimidita da me, è piccola e probabilmente non ha mai visto qualcuno con la pelle bianca.

Il vecchio signore dalla pelle scura per il sole tira fuori una pera dalla tasca, la taglia e ne dà un pezzo alla bambina e il secondo pezzo lo offre a me, come se fosse la cosa più normale del mondo.

In un secondo mi passano tutte le raccomandazioni fattemi prima di partire “non mangiare niente di non lavato, non bere acqua non filtrata, non mangiare cose crude” eppure, quel pezzo di pera, mi sembra la cosa più preziosa che io abbia mai ricevuto e quindi accetto.

Credo di essere rimasta seduta su quei sacchi di riso per diverse ore, senza dire una parola. Forse loro non si ricordano più della ragazza italiana seduta fuori dal tempio ma io non mi dimenticherò mai di loro.

# Storia di un mondo lontano

Cina: un mondo lontano, una cultura diversa, una lingua incomprensibile, e cibi mai visti prima.

Un paese meraviglioso i cui abitanti mi hanno sempre aiutato, spesso più di quello che avrei fatto io.

Realtà e fantasia. É facile farsi un’idea basandosi su quello che sentiamo alla televisione o sulle recensioni di amici.

La verità è questa: non sapremo mai la verità di un luogo fino a quando non saremo li, sul sedile posteriore di un auto, con dei piselli al wasabi in mano.

Continua la lettura con: 10 VIAGGI post Covid che ci CAMBIERANNO LA VITA

ARIANNA BOTTINI

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Sogno una Milano più ARTISTICA

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Credits: @veliakforu IG

Milano vanta un ricchissimo patrimonio artistico. I diversi musei, con le loro mostre temporanee o permanenti, rispecchiano, e rispettano, i gusti di ognuno di noi. Ma, lasciando da parte questo periodo, le persone che frequentano i luoghi d’arte sono sempre meno, soprattutto i più giovani.

Non è giusto far finire nel dimenticatoio una simile eredità… Quindi, perché non agire?

Sogno una Milano più ARTISTICA

# Il patrimonio artistico di Milano è ricchissimo, ma forse ciò che manca sono gli stimoli

Credis: @ambraarte IG

Dall’affascinante Pinacoteca di Brera, all’innovativo Museo del Novecento, fino ai rinascimentali Musei del Castello Sforzesco, passando per la Triennale, il primo museo del design italiano… Diciamocelo, il patrimonio artistico offerto da Milano è molto ampio e riesce a rispondere ai diversi gusti dei visitatori.

Ecco, magari quello che manca è il tempo: purtroppo, presi dalla nostra quotidianità, ci dimentichiamo dell’esistenza di luoghi e bellezze da ammirare e da visitare, da non perdere, ma in cui perdersi.

Ma viene tralasciato anche altro, soprattutto per i più giovani… Forse un po’ di incentivazione?

# Una bassa affluenza che potrebbe derivare da una sbagliata educazione all’arte

Credits: www.familygo.eu

Immaginiamo di programmare un’uscita con i nostri amici. Alla domanda “Che si fa oggi?” nessuno risponderà “Dai, andiamo a farci un giro al Museo del Novecento”. Certo, ci sono le eccezioni, ma, diciamocelo, sono molto rare. E, sicuramente, la colpa non è del costo del biglietto.

Quindi, dove possiamo ricercare la causa della bassa affluenza dei ragazzi nei musei?

Forse portiamo con noi ancora qualche strascico di quando eravamo più piccoli e gli insegnanti organizzavano le uscite didattiche nei musei. Beh, io quei momenti li vivevo più come un gioco, un modo per stare con i miei amichetti e divertirci insieme. Di certo non prestavo attenzione alla guida che, con molta pazienza, provava a spiegarci quello che Raffaello voleva comunicare nello Sposalizio della Vergine.

Sicuramente un comportamento sbagliato, ma anche figlio di un’assenza di sollecitazione, di stimoli ad imparare qualcosa di nuovo con un approccio diverso rispetto alle solite lezioni in aula: quello visivo.

# La bassa affluenza deriva da una “avversione” nei confronti dei musei?

Credits: @margheritagroaz IG

Ma come dare la colpa a dei bambini di 7 o 10 anni? Io, per esempio, ho imparato ad amare l’arte alla fine delle superiori, forse quando più nessuno mi “costringeva” ad andare nei musei ed ascoltare le spiegazioni. Forse quando ho iniziato a capire da sola le opere, lasciandomi trasportare anche a tempi lontani.

Ma alcuni ragazzi, e parlo per conoscenza, hanno una “avversione” nei confronti dei musei. Si annoiano, non sono interessati alle opere, a niente di quello che si può scoprire. E torniamo lì: i gusti sono gusti, ma è davvero un peccato.

Un peccato perché un tempo l’arte era davvero amata, mentre ora sembra un interesse per pochi, un argomento di nicchia.

# Il mio sogno per Milano? Valorizzare i musei e fare in modo che la loro bellezza non vada persa

Credits: @veliakforu IG

Quindi, ecco qual è il mio sogno per Milano: valorizzare i musei sul suo territorio e renderli più attrattivi, più stimolanti in modo che la loro eredità non vada persa. Non basta più fare sconti, biglietti di gruppo, incrementare gli orari fino a sera, postare sui social contenuti accattivanti. No, è necessario trovare soluzioni affinché tra i più giovani non si perdano quelle sensazioni, e quel patrimonio, propri dell’arte.

Ma quali soluzioni? Beh, basterebbe avvicinarsi a questo target, chiedergli espressamente cosa desiderano e perché proprio quello, e cercare di andare incontro anche alle loro esigenze e non più solamente a quelle di “pochi”.

Continua la lettura con: 5 attrazioni uniche del MUSEO DEL NOVECENTO

ALESSIA LONATI

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Le 10 MINICASE “Fai-da te” più belle del mondo (fotogallery)

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Credits: pinterest

L’azienda svedese ha avviato il “Tiny House project” in collaborazione con la società americana Escape specializzata in minicase, realizzando la prima minicasa sostenibile, autosufficiente e accogliente pronta all’uso, di 17 metri quadrati con un prezzo a partire da circa 40 mila euro. Un segnale che testimonia come andare ad abitare nelle case in miniatura stia prendendo sempre più piede e che presto chiunque potrà costruirsene una. Andiamo alla scoperta di alcune tra le più belle in giro per il mondo.

Le 10 MINICASE “Fai-da te” più belle del mondo (fotogallery)

#1 La tiny house più bella del mondo secondo Forbes

Credits: greenme.it – Escape

#2 La minicasa caravan nel bosco

Credits: pinterest

#3 La minicasa galleggiante sul lago con molo d’attracco

Credits: @lilypadpalmbeach IG

#4 La tiny house sauna sulle Alpi

Credits: @roamtheplanet IG

#5 La minicasa sulle Isole Loften in Norvegia per ammirare l’aurora boreale

Credits: @hattvikalodge IG

#6 La casa in miniatura in pietra e legno

Credits: cabinlove IG

#7 La minicasa sulla scogliera in riva al fiume

Credits: @crei34 IG

#8 La tiny house a forma di piramide sopraelevata

Credits: @espen.surnevik IG

#9 La minicasa palafitta nel mare caraibico

Credits: @lumadeline IG

#10 La tiny house geometrica ispirata alle montagne dolomitiche

Credits: cabinlove IG

Continua la lettura con: IKEA lancia le MINICASE fai-da-te: piccolo prezzo e realizzabili ovunque

FABIO MARCOMIN

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Il primo TRAMTRENO in partenza nella città Ticino

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Credit: rttl.ti.ch - Tram-Treno in centro a Lugano

Arriva nelle città Ticino il primo tram/treno, e così il “trenino” Lugano-Ponte Tresa diventa solo un lontano ricordo.

Il primo TRAMTRENO in partenza nella città Ticino

# Posato sui binari il primo Tram/Treno

Alla stazione di Caslano è stato consegnato e posato sui binari il primo modulo di Tram/Treno che collegherà Ponte Tresa a Lugano col nuovo ed ampliato percorso.

Questo modulo è giunto da Valencia con un trasporto speciale dallo stabilimento della svizzera Stadler, che sarà la stessa azienda che fornirà i nuovi Tram alla città di Milano in occasione delle prossime Olimpiadi invernali del 2026.

# Il nuovo percorso Ponte Tresa – Lugano

Credit: rttl.ti.ch

Questi nuovi mezzi andranno a sostituire entro il 2021 quelli in funzione oggi, che hanno alle spalle ormai 40 anni di servizio.
Però per viaggiare sul nuovo percorso completato dovremo aspettare il 2027, perché i lavori da fare sono ancora molti ed importanti.

Se la tratta Bioggio-Ponte Tresa resterà la stessa attualmente in funzione, completamente nuovi saranno invece i collegamenti con Manno e con Lugano.

# I nuovi Tram/Treno

Credit: tio.ch

Per quanto riguarda i nuovi mezzi ci sarà un deciso salto di tecnologie, che del passato hanno mantenuto, a testimoniare la loro storia, soltanto un sorriso dipinto sul frontale del
treno.
Sono infatti i primi mezzi veloci come un treno, ma nel contempo silenziosi per essere idonei a viaggiare anche nel centro cittadino.

# Il Tram/Treno nel centro di Lugano

Credit: rttl.ti.ch

La galleria che congiungerà la piana del Vedeggio con il centro di Lugano sarà certamente l’opera più impegnativa.

Si aprirà direttamente su corso Pestalozzi, dove sorgono palazzi e lo snodo principale di tutta la rete di trasporti del Luganese alla attuale pensilina Botta.

Le tappe successive di sviluppo della rete Tram/Treno del Luganese prevedono inoltre l’estensione dell’utilizzo della linea a nord verso Cornaredo e a sud verso il Pian Scairolo.

Per usufruire di queste opportunità dovremo però attendere gli anni ’30.

Continua la lettura con: I 7 motivi perché CITTÀ TICINO si può considerare una METROPOLI

GIUSEPPE MARZAGALLI

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ALFA ROMEO: 111 anni di storia per il celebre marchio made in Milano

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Credits: @alfaromeoofficial ALFA Romeo

111 anni di storia di uno dei più prestigiosi marchi automobilistici del pianeta sono impossibili da condensare in poche righe. Senza mancare di rispetto alle moltissime persone e alla storia di ogni singolo modello, cercheremo di condensare i tratti più salienti della Alfa Romeo, storico marchio milanese e vanto di tutta l’Italia nel mondo.

ALFA ROMEO: 111 anni di storia per il celebre marchio made in Milano

# Nata a Milano da padre francese

Credits: wikipedia.org
ALFA Romeo al Portello

Pierre Alexandre Darracq è un francese, per la precisione di Bordeaux, che da produttore di biciclette decide di fare il grande passo e produrre auto. Le cose vanno bene ed apre alcune succursali, tra cui una a Napoli. Ma la logistica di allora rende difficile il collegamento con la casa madre e alla fine del 1906 trasferisce la produzione a Milano, al 95 di strada del Portello. Le sue macchine, però, non sono adatte ad un nascente mercato italiano. Nel 1909 decide di disfarsi della sua attività in Italia (in Germania la sua attività produttiva diede una svolta alla famiglia Opel, proprietaria dell’omonimo marchio).

# Nasce la “Anonima Lombarda Fabbrica Automobili”

Credits: quandoilbiscionemordeva.forumalfaromeo.it
Alfa Romeo

L’amministratore delegato in Italia, cavalier Ugo Stella, con alcuni finanzieri lombardi e la garanzia della Banca Agricola Milanese rileva lo stabilimento e riassume gli oltre 200 operai ma, soprattutto, individua in Giuseppe Merosi la persona che potrà progettare le nuove auto, dando una svolta che darà inizio alla storia della Alfa Romeo. Merosi, lavorando senza sosta nel suo alloggio milanese, progettò la 12 Hp e la 24 HP. La seconda vettura sarà pronta prima ancora che il marchio dell’azienda venga depositato. La prima A.L.F.A. acronimo di Anonima Lombarda Fabbrica Automobili ha già in sé tutto della natura delle future vetture del Biscione: elegante e sportiva, tecnologicamente avanzata e dotata di grande fascino. Nel 1911 sviluppa la 24 HP Corsa. La prima vittoria arriva alla Parma-Poggio di Berceto del 1913.

# La Grande Guerra

Si tenga conto che le vetture uscivano prive di carrozzeria, dato che ogni cliente poteva rivolgersi al proprio carrozziere di fiducia e “vestire” l’auto a seconda delle proprie necessità o desideri. Il conte Ricotti chiede al carrozziere Castagna di sperimentare sullo chassis A.L.F.A. una carrozzeria che tenga conto di alcuni studi avveniristici riguardanti l’aerodinamicità e nasce l’Aerodinamica, vettura pionieristica e ancor oggi piena di fascino. Ma la Grande Guerra è alle porte e serve convertire le fabbriche nella produzione di armamenti e mezzi bellici. L’Ing. Nicola Romeo acquista la fabbrica implementando il reparto produttivo con nuovi macchinari, arrivando ad una forza lavoro di 1.200 unità. L’unione con altre fabbriche via via comprate dall’ingegnere e una battaglia legale con i precedenti proprietari della ALFA convincono il patron di battezzare la nuova realtà industriale come ALFA Romeo.

# Vince il primo campionato di formula 1 della storia

Credits: wheels.iconmagazine.it
Vittorio Jano

Si torna alla normalità e alle competizioni e l’Alfa Romeo affida le proprie vetture a piloti quali Giuseppe Campari, Antonio Ascari ed un giovane Enzo Ferrari. I successi sono tanti ma ancora sempre legati all’Italia. Manca quel successo internazionale che catapulti il marchio nell’Olimpo delle migliori al mondo. Mentre Merosi confeziona la RL, indiscusso capolavoro, Ferrari coglie l’occasione della nuova direttiva aziendale che scinde la produzione di vetture serie da quelle da Gran Premio, facendo assumere Vittorio Jano, progettista che arriva dalla precedente esperienza in FIAT. Tra la sovralimentazione di vetture di piccole cilindrata e altre soluzioni innovative, una vettura di Jano ottiene il primo premio nel Primo Campionato del mondo Gran Prix. Per celebrare la vittoria, il logo Alfa Romeo verrà circondato da una corona d’alloro. Jano porta alla luce alcuni modelli che faranno la storia dell’auto, la 6C 1750, poi seguite dalla 1900, 2300 e 2500 con prestazioni e soluzioni che faranno scuola nel mondo delle automobili. I successi sulle piste di tutto il mondo fanno capire che è con l’Alfa Romeo che chiunque dovrà fare i conti.

# “Quando vedo un’Alfa Romeo mi tolgo il cappello” (Henry Ford)

Compatibilmente con le richieste sempre maggiori di auto ad un prezzo più accessibile, nel 1933 viene inaugurato un reparto di carrozzeria interno alla fabbrica anche se non sostituisce completamente il lavoro dei carrozzieri. Sempre nel 1933, in concomitanza con il passaggio di proprietà di ALFA Romeo al gruppo statale IRI, entra in azienda l’Ing. Ugo Gobbato, uomo di straordinaria esperienza che, chiamato per risollevare le sorti dell’azienda che stava attraversando un momento di difficoltà, detterà la regole per una organizzazione industriale che faranno scuola. Gobbato porterà Alfa Romeo ad un completo risanamento economico oltre che ad una diversificazione della produzione, introducendo una sezione di motori per l’industria aerea nel distaccamento di Pomigliano d’Arco. Proprio Gobbato sarà protagonista di un episodio che racchiude in se tutto il successo della ALFA Romeo. Trovatosi a colloquiare con Henry Ford, uno che di automobili se ne intendeva parecchio, ebbe l’onore di sentirsi dire “Quando vedo un’Alfa Romeo mi tolgo il cappello”, affermazione che consacra definitivamente ALFA Romeo come una delle industrie di automobili migliori al mondo.

# Intanto negli Stabilimenti di Milano si giocava a pallone

Nel 1938 viene costruito un campo da calcio con anello di atletica e tribune. La squadra del dopolavoro aziendale vince la divisione regionale l’anno prima, e giocherà in serie C. Viene quindi ingaggiato una giovane promessa nonché futuro capitano della Nazionale e del Grande Torino Valentino Mazzola.

# Mai battuta 

Credits: ruoteclassiche.quattroruote.it
vittoria Alfa Romeo

Il prezzo pagato dall’azienda è enorme. I bombardamenti alleati hanno raso al suolo buona parte della sede industriale del Portello e la ricostruzione è difficile in quanto, se pur rimesso in piedi lo stabilimento, mancano le materie prime per la produzione. Durante il conflitto erano rimaste alcuni modelli di Alfetta 158, ennesima perla prodotta dall’ALFA, chiusi nello stabilimento del Portello. Grazie ad un’azione degna di una unità commando, alcuni dipendenti aiutati da appassionati del marchio, oltre che dal famoso motonauta Achille Castoldi, recordman mondiale grazie ad un motore del Biscione, riuscirono a sottrarre ai tedeschi il prezioso carico portandolo ad Abbiategrasso, ove le macchine vennero nascoste tra officine e cascine del posto in attesa della fine del conflitto. Finita la guerra le Alfetta 158 tornarono a ruggire sui vari circuiti fintanto che non venne inaugurato, nel 1950, il primo campionato mondiale. Il British Grand Prix di Silverstone del 1950 è la prima delle sette gare del neonato Campionato mondiale FIA di Formula 1 e il podio finale sarà tutto della Alfa Romeo. La casa milanese è la squadra da battere. Si parlerà durante la stagione della “squadra delle 3 F”: Farina, Fangio e Fagioli. Si chiude il campionato con Nino Farina come primo Campione Mondiale di Formula 1 della storia. L’anno successivo ALFA Romeo bissa il successo all’ultima gara nonostante la fortissima concorrenza della Ferrari. Manuel Fangio alza di nuovo il titolo iridato. Il Biscione uscirà dal mondo della Formula 1 imbattuta e dedicherà tutte le sue energie alla produzione di serie.

# Collaborazione con Pinin Farina

Pinin Farina, con una audace carrozzeria che riveste la 6C 2500, conquista un pubblico mondiale fatto di star cinematografiche, sportivi e aristocratici di ogni parte del globo. Sarà la prima di una serie di vetture straordinarie che diventeranno leggenda. Duetto l’ALFA comparirà in molte pellicole e Dustin Hoffmann ne “Il laureato” ne guiderà una, scatenando una sorta di mania collettiva che ancor oggi raccoglie i suoi effetti. Nel mentre la casa milanese doterà le forze dell’ordine e l’esercito con le proprie vetture. La mitica Giulia sarà la Pantera o la Gazzella e la Matta saranno protagoniste di azioni, inseguimenti e operazioni contro il crimine per moltissimi anni apparendo anche in molte pellicole che ne consacreranno il meritato successo. Sono i risultati dell’Ing. Orazio Satta Puliga, un manager che continuerà il percorso intrapreso da Gobbato e snellirà molti processi produttivi, passando da una fabbrica quasi artigianale a un complesso industriale.

# Giuseppe Luraghi

Credits: wheels.iconmagazine.it
Giuseppe Luraghi

Milanese, bocconiano e praticante della boxe ma anche filosofo e poeta, dal 1960 al 1974 sarà presidente del Biscione. Alfa Romeo Spider 1600, erede della Duetto, Alfa Montreal, Alfasud con oltre 900.000 unità vendute, ma anche la 33 Stradale (prodotta in soli 12 esemplari e a tutt’oggi una delle macchine più care e ricercate di sempre) sono alcuni risultati della gestione Luraghi, che riporta l’anima sportiva nell’azienda con la Autodelta per la partecipazione al Mondiale Sport Prototipi, nella quale collaborerà anche l’Ing. Chiti, geniale progettista autore di innumerevoli motori dal ruggito inconfondibile. Luraghi soprattutto capisce che sta vivendo gli anni di un boom economico incredibile e sforna una serie di vetture adatte al grande pubblico, ottenendo un enorme successo. Intanto il 12 marzo 1967 la 33 entra, vincendo, nel mondo delle competizioni. Una cavalcata che porterà la 33 TZ2 sul tetto del mondo, con le vittorie iridate nel Campionato Marche del 1975 e del 1977. Seguirà una fase di grandi successi commerciali per quanto concerne la produzione di vetture di serie con l’Alfasud, la più venduta di sempre, l’Alfetta e la Giulietta. Nonostante questo, una nuova crisi economica porta l’azienda ad un forte indebitamento e ALFA ha un altro passaggio di proprietà. Tra la Ford e la FIAT la sputa quest’ultima, nonostante l’offerta sia quasi quattro volte inferiore a quella della casa americana. E’ il 1986 e da questo momento ALFA inizia una fase nella quale perde parte della propria identità, quell’anima fatta da motori roboanti, prestazioni eccellenti e cura dei particolari.

# ALFA Romeo oggi

Lentamente, però, ALFA Romeo ha riconquistato una propria autonomia nello sviluppo delle vetture, tornando a dotarne l’anima con motori ruggenti. La berlina Giulia Quadrifoglio e il SUV Stelvio Quadrifoglio sono ad oggi le macchine più veloci al mondo nelle rispettive categorie e, dal 2020, ALFA Romeo è tornata a schierare in Formula 1 una propria vettura. Bentornata ALFA.

Continua la lettura con: Ma le auto non dovevano volare? Ho un SOGNO: Milano SENZA MACCHINE

ROBERTO BINAGHI

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La COBRA TOWER: il grattacielo a forma di SERPENTE

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Credit: @gphaus

É simbolo di forza, cambia la sua pelle e ha delle fauci molti grandi.

Un serpente? No, un grattacielo. Un progetto concepito per le città orientali. 

La COBRA TOWER: il grattacielo a forma di SERPENTE

# Un grattacielo simbolo di forza e vita eterna

Credit: designboom.com

L’Asian Cobra Tower è il progetto per realizzare il primo grattacielo a forma di serpente nel mondo.

Ma perché la forma di serpente? Quando si parla di serpenti ognuno ha la sua opinione; soprattutto in Occidente molto spesso questi animali vengono associati a pericolo o disgusto ma è tutto un’altra storia se siamo in Oriente.

In Giappone dire a qualcuno che è un serpente è un complimento; in Cina i serpenti sono spesso considerati simili ai draghi e sono simbolo di saggezza e vita eterna.

Una cosa è certa, in tutte le culture del mondo i serpenti sono simbolo di forza e di potere.

É proprio partendo da questi valori che Vasily Klyukin, l’architetto russo a cui appartiene l’idea, è convinto che questo serpente rivestito d’oro abbellirà qualsiasi città asiatica.

#Una torre che cambia la pelle

Credit: snupdesign.com

Come ogni serpente che si rispetti, anche la torre cambierà la sua pelle.

Grazie al suo rivestimento nero e oro, il grattacielo a forma di cobra potrà infatti cambiare il suo colore continuamente.

Inutile dire che questo gioco di illuminazione sarà una grandissima attrazione per turisti da tutto il mondo e non.

# La struttura del cobra

Credit: @gphaus

La struttura dell’edificio prevede un enorme base circolare, ispirato alla forma del corpo di un serpente arrotolato. La parte superiore del grattacielo avrà invece il volto di un serpente con le fauci aperte e gli occhi luccicanti.

Lungo il suo corpo ci saranno gli uffici e gli appartamenti mentre l’interno delle fauci fungerà da terrazza per un ristorante e un night club, da cui si potrà ammirare un panorama da capogiro.

La parte posteriore della Cobra Tower si distinguerà per un modello a forma di diamante che sarà il simbolo dello Yang e Yin, la dualità e la riunificazione del Sole e della Luna, maschile e femminile, la conciliazione degli opposti, e l’androginia.

Oltre che essere un progetto di architettura particolarmente ambizioso e stravagante, la torre a forma di serpente ha l’obiettivo di essere portatrice di grandi significati.

Secondo Vasily Klyukin, qualsiasi città che accetterà di costruire questo serpente gigante diventerà eterna e potente.

Chi sarà la preda?

Fonti: snupdesign.com

Continua la lettura con: Il GRATTACIELO più BASSO del MONDO: frutto di una epica TRUFFA

ARIANNA BOTTINI

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5 curiosità su CLAUDIO CECCHETTO: il più grande scopritore di NUOVI TALENTI

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credits: rockit.it

Dj, autore e conduttore televisivo, produttore discografico, conduttore radiofonico e, soprattutto, talent scout. Questo, in breve, il profilo del factotum dello show business italiano che risponde al nome di Claudio Cecchetto. E proprio come ogni personaggio celebre, anche lui si porta dietro alcune curiosità che pochi conoscono. Andiamo a scoprirle assieme.

5 curiosità su CLAUDIO CECCHETTO: il più grande scopritore di NUOVI TALENTI

# Da dj a talent scout, musica e spettacolo a 360 gradi: la carriera di Cecchetto

credits: indiscreto.info

Cresciuto nel capoluogo lombardo, dove si iscrive alla facoltà di Scienze e tecnologie alimentari dell’Università degli studi di Milano, abbandona presto gli studi per inseguire la sua vera vocazione: la musica.

Siamo alla fine degli anni’70 e Cecchetto inizia a farsi una corposa gavetta come dj presso piccoli club meneghini, dividendosi inoltre fra Radio Milano International e Radio Studio 105 e approdando poi come resident dj al celebre Divina, roccaforte della nightlife milanese dell’epoca. Da quel momento non sbaglia un colpo, occupandosi di TV, musica e spettacolo a 360°, fondando Radio Deejay e vantando, oltre a vari eventi minori, la conduzione del Festival di Sanremo per tre edizioni consecutive (1980-1982).

Nel 1984 inizia a sfoderare la dote di talent scout, scoprendo artisti solisti o gruppi musicali che, di lì a breve, sarebbero entrati di diritto nello star system italiano degli anni ’80 e ’90. Fra le sue “scoperte” più celebri ricordiamo su tutti: Jovanotti, gli 883, Rosario e Beppe Fiorello, Amadeus, Sabrina Salerno, Nicola Savino, Leonardo Pieraccioni e Fabio Volo.

È stato insomma in grado di dire la sua in quasi tutte le forme contemporanee dello spettacolo, dalla musica alla televisione, passando per il cinema. Ma proprio come ogni personaggio celebre, anche lui si porta dietro alcune curiosità che pochi conoscono.

#1 A soli 27 anni sul palco di Sanremo come conduttore

credits: cavevisioni.it

In occasione della sua prima conduzione di Sanremo, Cecchetto ricordò che fu contattato dalla direzione del Festival perché c’era bisogno di un presentatore disc-jockey, che facesse un po’ più presa sul pubblico giovane e vivacizzasse l’evento rispetto alle precedenti conduzioni.

Gli fu chiesto di essere affiancato da Roberto Benigni e, a dispetto di quanto “i piani alti” si aspettavano, la scelta lo rassicurò in quanto, ancora 27enne, aveva probabilmente addosso una tensione che solo la presenza di un personaggio “navigato” come Benigni avrebbe potuto alleviare. Il Festival andò benissimo, e Cecchetto si guadagnò con pieno merito altre due edizioni.

#2 Da dj a candidato sindaco

credits: secoloditalia.it

Nel 2019 si è candidato a Sindaco di Misano Adriatico, celebre comune nel Riminese famoso per il circuito di Motomondiale e SuperBike, portando a casa 2490 preferenze e mancando l’obiettivo per soli 400 voti. A spuntarla con il 39,1%, contro il 33,8% della lista civica di Cecchetto, è stato il vicesindaco uscente e esponente del centrosinistra, Fabrizio Piccioni.
La lista ‘W Misano Viva’ guidata da Cecchetto era composta da 16 cittadini misanesi tra cui Ivano Bonetti, ex calciatore professionista di Juventus e Bologna. Alla fine, è stato comunque eletto consigliere comunale, portando a casa un ottimo risultato elettorale, per un esordiente nel mondo della politica.

#3 Numero 1 nel mondo con Gioca Jouer

credits: ritornoaglianni80 IG

In Italia il singolo Gioca Jouer arrivò al n.1 della Hit Parade con oltre 500.000 copie vendute, ottenendo un ottimo successo anche all’estero. Ad esempio, venne pubblicato anche in Argentina, dove arrivò con la versione in spagnolo al n.1 della classifica di vendite, mentre nel 1983 salì nella Top Ten dei singoli più venduti nel Regno Unito.

Circa quindici anni fa il celebre brano, composto nel 1981, venne ripubblicato in francese, inglese, spagnolo, tedescoe cinese. Per festeggiare il venticinquennale della hit, Cecchetto collaborò alla realizzazione di uno spassoso videoclip girato negli Stati Uniti, in Sud Africa, in Egitto, in India, in Cina e in altri paesi dove i protagonisti ballavano il Gioca Jouer.

Nel 2011, in occasione dei trent’anni dall’uscita del tormentone,è stato fatto un montaggio scegliendo alcune immagini dai numerosi video del ballo di gruppo pubblicati su YouTube.

#4 La casa di famiglia nella campagna veneta

Molti pensano sia milanese doc, ma in realtà Cecchetto è nato a Ceggia, in provincia di Venezia, spostandosi poi nel capoluogo lombardo a soli 3 anni.

«Sono nato in casa, come si usava in campagna», racconta Cecchetto nella sua autobiografia «In diretta. Il Gioca Jouer della mia vita», pubblicata nel 2014. La casa era quella dei nonni Sante e Adelasia Partinelli, a Ceggia, il giorno, il 19 aprile del 1952. E in quella stessa casa il giovane Claudio, trasferitosi a Milano insieme a mamma Ines Bonotto, papà Gino e la sorella Daniela, trascorrerà le estati fino all’adolescenza. 

#5 Chi ha scoperto Claudio Cecchetto?

credits: @claudio cecchetto Twitter

Cecchetto ha scoperto e lanciato talenti in ogni campo, ma chi ha scoperto Cecchetto?

Per scovare un futuro campione ci voleva per forza un altro mostro sacro dello show-biz nostrano, e chi se non Mike Bongiorno poteva avere l’occhio così lungo da intuirne il potenziale?

Il Mike nazionale lanciò Cecchetto nel lontano 1978, quando era direttore artistico di TeleMilano58, la futura canale 5, assegnando al giovane talento la sua prima conduzione: quella di Chewing Gum, ovvero il primo vero programma musicale del nascente network televisivo.

Continua la lettura con: 5 PERSONAGGI simbolo degli anni OTTANTA a Milano

CARLO CHIODO

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A BOLOGNA ogni porta corrisponde a un SEGNO ZODIACALE

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Credits: travelemiliaromagna.it Bologna

C’è chi pensa che senza astrologia non potremmo vivere e chi invece la ritiene solo una superstizione. Se credete o meno nell’oroscopo è però poco rilevante, ognuno ha comunque un segno zodiacale abbinato. Bologna all’astrologia ci crede! Alle 12 porte della città, di cui solo 10 sono ancora esistenti, corrispondevano i 12 segni zodiacali.

Una curiosità che secondo alcuni è senza prova, anche se già il fatto che è l’Università del capoluogo dell’Emilia Romagna ad aver introdotto nel 1088 la prima cattedra di astrologia, ci fa pensare. Sembrerebbe però che le origini di questa storia vadano fatte risalire ben prima, al 520 a.C., quando gli etruschi ripartirono lo spazio urbano della città secondo la ripartizione del cielo, casa degli dei. Con o senza prove, ormai è diventata una curiosità e credenza popolare, a quale porta della città corrispondi?

A BOLOGNA ogni porta corrisponde a un SEGNO ZODIACALE

# Bologna: il perfetto cerchio zodiacale

Credits: travelemiliaromagna.it
Bologna

Se osservata dall’alto Bologna sembra un grande cerchio zodiacale con al centro Piazza Maggiore. Ogni accesso alla città avrebbe una relazione simbolica, storica ed energetica con un segno dello zodiaco. Una ”forza” che determinerebbe il futuro della zona e degli abitanti di essa, nonché i tratti caratteriali degli stessi cittadini. Se la cosa sembra poco chiara, o comunque inventata, lo stesso Tolomeo credeva a quanto appena detto.

Grazie a questo cerchio perfetto qual era Bologna, era possibile anche calcolare l’ascendente. Per chi è originario della città il calcolo è piuttosto facile perché dipende dall’ospedale in cui si è nati: Ospedale Sant’Orsola (Scorpione) o Ospedale Maggiore (Ariete). Per i non bolognesi invece iniziano a complicarsi le cose: posizionandosi però al centro del capoluogo e armandosi di una bussola, in base alla zona dove si è andati ad abitare, viene attribuito un ascendente, ad esempio Toro (Est-Nord-Est).

# A che porta corrispondi?

Credits: @ellabologna
Porta Maggiore

Se non bolognesi, sembrerebbe che le porte non possano stabilire il nostro futuro, ma vediamo lo stesso meglio gli abbinamenti.

Porta San Felice sarebbe collegata al segno dell’Ariete

Porta Sant’Isaia (distrutta nel 1903) al Toro

Porta Saragozza ai Gemelli

Porta San Mamolo (o Porta D’Azeglio, distrutta anch’essa nel 1903) al Cancro

Porta Castiglione al segno del Leone

Porta Santo Stefano alla Vergine

Porta Maggiore alla Bilancia

Porta San Vitale allo Scorpione

Porta San Donato al segno del Sagittario

Porta Mascarella al Capricorno

Porta Galliera al segno dell’Acquario

Porta (delle) Lame al segno dei Pesci

Fonti: travelemiliaromagna.it

Continua la lettura con: BOLOGNA è la città con il portico più LUNGO del MONDO (con lo zampino del DEMONIO)

BEATRICE BARAZZETTI

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