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ALFA ROMEO: 111 anni di storia per il celebre marchio made in Milano

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Credits: @alfaromeoofficial ALFA Romeo

111 anni di storia di uno dei più prestigiosi marchi automobilistici del pianeta sono impossibili da condensare in poche righe. Senza mancare di rispetto alle moltissime persone e alla storia di ogni singolo modello, cercheremo di condensare i tratti più salienti della Alfa Romeo, storico marchio milanese e vanto di tutta l’Italia nel mondo.

ALFA ROMEO: 111 anni di storia per il celebre marchio made in Milano

# Nata a Milano da padre francese

Credits: wikipedia.org
ALFA Romeo al Portello

Pierre Alexandre Darracq è un francese, per la precisione di Bordeaux, che da produttore di biciclette decide di fare il grande passo e produrre auto. Le cose vanno bene ed apre alcune succursali, tra cui una a Napoli. Ma la logistica di allora rende difficile il collegamento con la casa madre e alla fine del 1906 trasferisce la produzione a Milano, al 95 di strada del Portello. Le sue macchine, però, non sono adatte ad un nascente mercato italiano. Nel 1909 decide di disfarsi della sua attività in Italia (in Germania la sua attività produttiva diede una svolta alla famiglia Opel, proprietaria dell’omonimo marchio).

# Nasce la “Anonima Lombarda Fabbrica Automobili”

Credits: quandoilbiscionemordeva.forumalfaromeo.it
Alfa Romeo

L’amministratore delegato in Italia, cavalier Ugo Stella, con alcuni finanzieri lombardi e la garanzia della Banca Agricola Milanese rileva lo stabilimento e riassume gli oltre 200 operai ma, soprattutto, individua in Giuseppe Merosi la persona che potrà progettare le nuove auto, dando una svolta che darà inizio alla storia della Alfa Romeo. Merosi, lavorando senza sosta nel suo alloggio milanese, progettò la 12 Hp e la 24 HP. La seconda vettura sarà pronta prima ancora che il marchio dell’azienda venga depositato. La prima A.L.F.A. acronimo di Anonima Lombarda Fabbrica Automobili ha già in sé tutto della natura delle future vetture del Biscione: elegante e sportiva, tecnologicamente avanzata e dotata di grande fascino. Nel 1911 sviluppa la 24 HP Corsa. La prima vittoria arriva alla Parma-Poggio di Berceto del 1913.

# La Grande Guerra

Si tenga conto che le vetture uscivano prive di carrozzeria, dato che ogni cliente poteva rivolgersi al proprio carrozziere di fiducia e “vestire” l’auto a seconda delle proprie necessità o desideri. Il conte Ricotti chiede al carrozziere Castagna di sperimentare sullo chassis A.L.F.A. una carrozzeria che tenga conto di alcuni studi avveniristici riguardanti l’aerodinamicità e nasce l’Aerodinamica, vettura pionieristica e ancor oggi piena di fascino. Ma la Grande Guerra è alle porte e serve convertire le fabbriche nella produzione di armamenti e mezzi bellici. L’Ing. Nicola Romeo acquista la fabbrica implementando il reparto produttivo con nuovi macchinari, arrivando ad una forza lavoro di 1.200 unità. L’unione con altre fabbriche via via comprate dall’ingegnere e una battaglia legale con i precedenti proprietari della ALFA convincono il patron di battezzare la nuova realtà industriale come ALFA Romeo.

# Vince il primo campionato di formula 1 della storia

Credits: wheels.iconmagazine.it
Vittorio Jano

Si torna alla normalità e alle competizioni e l’Alfa Romeo affida le proprie vetture a piloti quali Giuseppe Campari, Antonio Ascari ed un giovane Enzo Ferrari. I successi sono tanti ma ancora sempre legati all’Italia. Manca quel successo internazionale che catapulti il marchio nell’Olimpo delle migliori al mondo. Mentre Merosi confeziona la RL, indiscusso capolavoro, Ferrari coglie l’occasione della nuova direttiva aziendale che scinde la produzione di vetture serie da quelle da Gran Premio, facendo assumere Vittorio Jano, progettista che arriva dalla precedente esperienza in FIAT. Tra la sovralimentazione di vetture di piccole cilindrata e altre soluzioni innovative, una vettura di Jano ottiene il primo premio nel Primo Campionato del mondo Gran Prix. Per celebrare la vittoria, il logo Alfa Romeo verrà circondato da una corona d’alloro. Jano porta alla luce alcuni modelli che faranno la storia dell’auto, la 6C 1750, poi seguite dalla 1900, 2300 e 2500 con prestazioni e soluzioni che faranno scuola nel mondo delle automobili. I successi sulle piste di tutto il mondo fanno capire che è con l’Alfa Romeo che chiunque dovrà fare i conti.

# “Quando vedo un’Alfa Romeo mi tolgo il cappello” (Henry Ford)

Compatibilmente con le richieste sempre maggiori di auto ad un prezzo più accessibile, nel 1933 viene inaugurato un reparto di carrozzeria interno alla fabbrica anche se non sostituisce completamente il lavoro dei carrozzieri. Sempre nel 1933, in concomitanza con il passaggio di proprietà di ALFA Romeo al gruppo statale IRI, entra in azienda l’Ing. Ugo Gobbato, uomo di straordinaria esperienza che, chiamato per risollevare le sorti dell’azienda che stava attraversando un momento di difficoltà, detterà la regole per una organizzazione industriale che faranno scuola. Gobbato porterà Alfa Romeo ad un completo risanamento economico oltre che ad una diversificazione della produzione, introducendo una sezione di motori per l’industria aerea nel distaccamento di Pomigliano d’Arco. Proprio Gobbato sarà protagonista di un episodio che racchiude in se tutto il successo della ALFA Romeo. Trovatosi a colloquiare con Henry Ford, uno che di automobili se ne intendeva parecchio, ebbe l’onore di sentirsi dire “Quando vedo un’Alfa Romeo mi tolgo il cappello”, affermazione che consacra definitivamente ALFA Romeo come una delle industrie di automobili migliori al mondo.

# Intanto negli Stabilimenti di Milano si giocava a pallone

Nel 1938 viene costruito un campo da calcio con anello di atletica e tribune. La squadra del dopolavoro aziendale vince la divisione regionale l’anno prima, e giocherà in serie C. Viene quindi ingaggiato una giovane promessa nonché futuro capitano della Nazionale e del Grande Torino Valentino Mazzola.

# Mai battuta 

Credits: ruoteclassiche.quattroruote.it
vittoria Alfa Romeo

Il prezzo pagato dall’azienda è enorme. I bombardamenti alleati hanno raso al suolo buona parte della sede industriale del Portello e la ricostruzione è difficile in quanto, se pur rimesso in piedi lo stabilimento, mancano le materie prime per la produzione. Durante il conflitto erano rimaste alcuni modelli di Alfetta 158, ennesima perla prodotta dall’ALFA, chiusi nello stabilimento del Portello. Grazie ad un’azione degna di una unità commando, alcuni dipendenti aiutati da appassionati del marchio, oltre che dal famoso motonauta Achille Castoldi, recordman mondiale grazie ad un motore del Biscione, riuscirono a sottrarre ai tedeschi il prezioso carico portandolo ad Abbiategrasso, ove le macchine vennero nascoste tra officine e cascine del posto in attesa della fine del conflitto. Finita la guerra le Alfetta 158 tornarono a ruggire sui vari circuiti fintanto che non venne inaugurato, nel 1950, il primo campionato mondiale. Il British Grand Prix di Silverstone del 1950 è la prima delle sette gare del neonato Campionato mondiale FIA di Formula 1 e il podio finale sarà tutto della Alfa Romeo. La casa milanese è la squadra da battere. Si parlerà durante la stagione della “squadra delle 3 F”: Farina, Fangio e Fagioli. Si chiude il campionato con Nino Farina come primo Campione Mondiale di Formula 1 della storia. L’anno successivo ALFA Romeo bissa il successo all’ultima gara nonostante la fortissima concorrenza della Ferrari. Manuel Fangio alza di nuovo il titolo iridato. Il Biscione uscirà dal mondo della Formula 1 imbattuta e dedicherà tutte le sue energie alla produzione di serie.

# Collaborazione con Pinin Farina

Pinin Farina, con una audace carrozzeria che riveste la 6C 2500, conquista un pubblico mondiale fatto di star cinematografiche, sportivi e aristocratici di ogni parte del globo. Sarà la prima di una serie di vetture straordinarie che diventeranno leggenda. Duetto l’ALFA comparirà in molte pellicole e Dustin Hoffmann ne “Il laureato” ne guiderà una, scatenando una sorta di mania collettiva che ancor oggi raccoglie i suoi effetti. Nel mentre la casa milanese doterà le forze dell’ordine e l’esercito con le proprie vetture. La mitica Giulia sarà la Pantera o la Gazzella e la Matta saranno protagoniste di azioni, inseguimenti e operazioni contro il crimine per moltissimi anni apparendo anche in molte pellicole che ne consacreranno il meritato successo. Sono i risultati dell’Ing. Orazio Satta Puliga, un manager che continuerà il percorso intrapreso da Gobbato e snellirà molti processi produttivi, passando da una fabbrica quasi artigianale a un complesso industriale.

# Giuseppe Luraghi

Credits: wheels.iconmagazine.it
Giuseppe Luraghi

Milanese, bocconiano e praticante della boxe ma anche filosofo e poeta, dal 1960 al 1974 sarà presidente del Biscione. Alfa Romeo Spider 1600, erede della Duetto, Alfa Montreal, Alfasud con oltre 900.000 unità vendute, ma anche la 33 Stradale (prodotta in soli 12 esemplari e a tutt’oggi una delle macchine più care e ricercate di sempre) sono alcuni risultati della gestione Luraghi, che riporta l’anima sportiva nell’azienda con la Autodelta per la partecipazione al Mondiale Sport Prototipi, nella quale collaborerà anche l’Ing. Chiti, geniale progettista autore di innumerevoli motori dal ruggito inconfondibile. Luraghi soprattutto capisce che sta vivendo gli anni di un boom economico incredibile e sforna una serie di vetture adatte al grande pubblico, ottenendo un enorme successo. Intanto il 12 marzo 1967 la 33 entra, vincendo, nel mondo delle competizioni. Una cavalcata che porterà la 33 TZ2 sul tetto del mondo, con le vittorie iridate nel Campionato Marche del 1975 e del 1977. Seguirà una fase di grandi successi commerciali per quanto concerne la produzione di vetture di serie con l’Alfasud, la più venduta di sempre, l’Alfetta e la Giulietta. Nonostante questo, una nuova crisi economica porta l’azienda ad un forte indebitamento e ALFA ha un altro passaggio di proprietà. Tra la Ford e la FIAT la sputa quest’ultima, nonostante l’offerta sia quasi quattro volte inferiore a quella della casa americana. E’ il 1986 e da questo momento ALFA inizia una fase nella quale perde parte della propria identità, quell’anima fatta da motori roboanti, prestazioni eccellenti e cura dei particolari.

# ALFA Romeo oggi

Lentamente, però, ALFA Romeo ha riconquistato una propria autonomia nello sviluppo delle vetture, tornando a dotarne l’anima con motori ruggenti. La berlina Giulia Quadrifoglio e il SUV Stelvio Quadrifoglio sono ad oggi le macchine più veloci al mondo nelle rispettive categorie e, dal 2020, ALFA Romeo è tornata a schierare in Formula 1 una propria vettura. Bentornata ALFA.

Continua la lettura con: Ma le auto non dovevano volare? Ho un SOGNO: Milano SENZA MACCHINE

ROBERTO BINAGHI

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La COBRA TOWER: il grattacielo a forma di SERPENTE

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Credit: @gphaus

É simbolo di forza, cambia la sua pelle e ha delle fauci molti grandi.

Un serpente? No, un grattacielo. Un progetto concepito per le città orientali. 

La COBRA TOWER: il grattacielo a forma di SERPENTE

# Un grattacielo simbolo di forza e vita eterna

Credit: designboom.com

L’Asian Cobra Tower è il progetto per realizzare il primo grattacielo a forma di serpente nel mondo.

Ma perché la forma di serpente? Quando si parla di serpenti ognuno ha la sua opinione; soprattutto in Occidente molto spesso questi animali vengono associati a pericolo o disgusto ma è tutto un’altra storia se siamo in Oriente.

In Giappone dire a qualcuno che è un serpente è un complimento; in Cina i serpenti sono spesso considerati simili ai draghi e sono simbolo di saggezza e vita eterna.

Una cosa è certa, in tutte le culture del mondo i serpenti sono simbolo di forza e di potere.

É proprio partendo da questi valori che Vasily Klyukin, l’architetto russo a cui appartiene l’idea, è convinto che questo serpente rivestito d’oro abbellirà qualsiasi città asiatica.

#Una torre che cambia la pelle

Credit: snupdesign.com

Come ogni serpente che si rispetti, anche la torre cambierà la sua pelle.

Grazie al suo rivestimento nero e oro, il grattacielo a forma di cobra potrà infatti cambiare il suo colore continuamente.

Inutile dire che questo gioco di illuminazione sarà una grandissima attrazione per turisti da tutto il mondo e non.

# La struttura del cobra

Credit: @gphaus

La struttura dell’edificio prevede un enorme base circolare, ispirato alla forma del corpo di un serpente arrotolato. La parte superiore del grattacielo avrà invece il volto di un serpente con le fauci aperte e gli occhi luccicanti.

Lungo il suo corpo ci saranno gli uffici e gli appartamenti mentre l’interno delle fauci fungerà da terrazza per un ristorante e un night club, da cui si potrà ammirare un panorama da capogiro.

La parte posteriore della Cobra Tower si distinguerà per un modello a forma di diamante che sarà il simbolo dello Yang e Yin, la dualità e la riunificazione del Sole e della Luna, maschile e femminile, la conciliazione degli opposti, e l’androginia.

Oltre che essere un progetto di architettura particolarmente ambizioso e stravagante, la torre a forma di serpente ha l’obiettivo di essere portatrice di grandi significati.

Secondo Vasily Klyukin, qualsiasi città che accetterà di costruire questo serpente gigante diventerà eterna e potente.

Chi sarà la preda?

Fonti: snupdesign.com

Continua la lettura con: Il GRATTACIELO più BASSO del MONDO: frutto di una epica TRUFFA

ARIANNA BOTTINI

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5 curiosità su CLAUDIO CECCHETTO: il più grande scopritore di NUOVI TALENTI

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credits: rockit.it

Dj, autore e conduttore televisivo, produttore discografico, conduttore radiofonico e, soprattutto, talent scout. Questo, in breve, il profilo del factotum dello show business italiano che risponde al nome di Claudio Cecchetto. E proprio come ogni personaggio celebre, anche lui si porta dietro alcune curiosità che pochi conoscono. Andiamo a scoprirle assieme.

5 curiosità su CLAUDIO CECCHETTO: il più grande scopritore di NUOVI TALENTI

# Da dj a talent scout, musica e spettacolo a 360 gradi: la carriera di Cecchetto

credits: indiscreto.info

Cresciuto nel capoluogo lombardo, dove si iscrive alla facoltà di Scienze e tecnologie alimentari dell’Università degli studi di Milano, abbandona presto gli studi per inseguire la sua vera vocazione: la musica.

Siamo alla fine degli anni’70 e Cecchetto inizia a farsi una corposa gavetta come dj presso piccoli club meneghini, dividendosi inoltre fra Radio Milano International e Radio Studio 105 e approdando poi come resident dj al celebre Divina, roccaforte della nightlife milanese dell’epoca. Da quel momento non sbaglia un colpo, occupandosi di TV, musica e spettacolo a 360°, fondando Radio Deejay e vantando, oltre a vari eventi minori, la conduzione del Festival di Sanremo per tre edizioni consecutive (1980-1982).

Nel 1984 inizia a sfoderare la dote di talent scout, scoprendo artisti solisti o gruppi musicali che, di lì a breve, sarebbero entrati di diritto nello star system italiano degli anni ’80 e ’90. Fra le sue “scoperte” più celebri ricordiamo su tutti: Jovanotti, gli 883, Rosario e Beppe Fiorello, Amadeus, Sabrina Salerno, Nicola Savino, Leonardo Pieraccioni e Fabio Volo.

È stato insomma in grado di dire la sua in quasi tutte le forme contemporanee dello spettacolo, dalla musica alla televisione, passando per il cinema. Ma proprio come ogni personaggio celebre, anche lui si porta dietro alcune curiosità che pochi conoscono.

#1 A soli 27 anni sul palco di Sanremo come conduttore

credits: cavevisioni.it

In occasione della sua prima conduzione di Sanremo, Cecchetto ricordò che fu contattato dalla direzione del Festival perché c’era bisogno di un presentatore disc-jockey, che facesse un po’ più presa sul pubblico giovane e vivacizzasse l’evento rispetto alle precedenti conduzioni.

Gli fu chiesto di essere affiancato da Roberto Benigni e, a dispetto di quanto “i piani alti” si aspettavano, la scelta lo rassicurò in quanto, ancora 27enne, aveva probabilmente addosso una tensione che solo la presenza di un personaggio “navigato” come Benigni avrebbe potuto alleviare. Il Festival andò benissimo, e Cecchetto si guadagnò con pieno merito altre due edizioni.

#2 Da dj a candidato sindaco

credits: secoloditalia.it

Nel 2019 si è candidato a Sindaco di Misano Adriatico, celebre comune nel Riminese famoso per il circuito di Motomondiale e SuperBike, portando a casa 2490 preferenze e mancando l’obiettivo per soli 400 voti. A spuntarla con il 39,1%, contro il 33,8% della lista civica di Cecchetto, è stato il vicesindaco uscente e esponente del centrosinistra, Fabrizio Piccioni.
La lista ‘W Misano Viva’ guidata da Cecchetto era composta da 16 cittadini misanesi tra cui Ivano Bonetti, ex calciatore professionista di Juventus e Bologna. Alla fine, è stato comunque eletto consigliere comunale, portando a casa un ottimo risultato elettorale, per un esordiente nel mondo della politica.

#3 Numero 1 nel mondo con Gioca Jouer

credits: ritornoaglianni80 IG

In Italia il singolo Gioca Jouer arrivò al n.1 della Hit Parade con oltre 500.000 copie vendute, ottenendo un ottimo successo anche all’estero. Ad esempio, venne pubblicato anche in Argentina, dove arrivò con la versione in spagnolo al n.1 della classifica di vendite, mentre nel 1983 salì nella Top Ten dei singoli più venduti nel Regno Unito.

Circa quindici anni fa il celebre brano, composto nel 1981, venne ripubblicato in francese, inglese, spagnolo, tedescoe cinese. Per festeggiare il venticinquennale della hit, Cecchetto collaborò alla realizzazione di uno spassoso videoclip girato negli Stati Uniti, in Sud Africa, in Egitto, in India, in Cina e in altri paesi dove i protagonisti ballavano il Gioca Jouer.

Nel 2011, in occasione dei trent’anni dall’uscita del tormentone,è stato fatto un montaggio scegliendo alcune immagini dai numerosi video del ballo di gruppo pubblicati su YouTube.

#4 La casa di famiglia nella campagna veneta

Molti pensano sia milanese doc, ma in realtà Cecchetto è nato a Ceggia, in provincia di Venezia, spostandosi poi nel capoluogo lombardo a soli 3 anni.

«Sono nato in casa, come si usava in campagna», racconta Cecchetto nella sua autobiografia «In diretta. Il Gioca Jouer della mia vita», pubblicata nel 2014. La casa era quella dei nonni Sante e Adelasia Partinelli, a Ceggia, il giorno, il 19 aprile del 1952. E in quella stessa casa il giovane Claudio, trasferitosi a Milano insieme a mamma Ines Bonotto, papà Gino e la sorella Daniela, trascorrerà le estati fino all’adolescenza. 

#5 Chi ha scoperto Claudio Cecchetto?

credits: @claudio cecchetto Twitter

Cecchetto ha scoperto e lanciato talenti in ogni campo, ma chi ha scoperto Cecchetto?

Per scovare un futuro campione ci voleva per forza un altro mostro sacro dello show-biz nostrano, e chi se non Mike Bongiorno poteva avere l’occhio così lungo da intuirne il potenziale?

Il Mike nazionale lanciò Cecchetto nel lontano 1978, quando era direttore artistico di TeleMilano58, la futura canale 5, assegnando al giovane talento la sua prima conduzione: quella di Chewing Gum, ovvero il primo vero programma musicale del nascente network televisivo.

Continua la lettura con: 5 PERSONAGGI simbolo degli anni OTTANTA a Milano

CARLO CHIODO

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A BOLOGNA ogni porta corrisponde a un SEGNO ZODIACALE

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Credits: travelemiliaromagna.it Bologna

C’è chi pensa che senza astrologia non potremmo vivere e chi invece la ritiene solo una superstizione. Se credete o meno nell’oroscopo è però poco rilevante, ognuno ha comunque un segno zodiacale abbinato. Bologna all’astrologia ci crede! Alle 12 porte della città, di cui solo 10 sono ancora esistenti, corrispondevano i 12 segni zodiacali.

Una curiosità che secondo alcuni è senza prova, anche se già il fatto che è l’Università del capoluogo dell’Emilia Romagna ad aver introdotto nel 1088 la prima cattedra di astrologia, ci fa pensare. Sembrerebbe però che le origini di questa storia vadano fatte risalire ben prima, al 520 a.C., quando gli etruschi ripartirono lo spazio urbano della città secondo la ripartizione del cielo, casa degli dei. Con o senza prove, ormai è diventata una curiosità e credenza popolare, a quale porta della città corrispondi?

A BOLOGNA ogni porta corrisponde a un SEGNO ZODIACALE

# Bologna: il perfetto cerchio zodiacale

Credits: travelemiliaromagna.it
Bologna

Se osservata dall’alto Bologna sembra un grande cerchio zodiacale con al centro Piazza Maggiore. Ogni accesso alla città avrebbe una relazione simbolica, storica ed energetica con un segno dello zodiaco. Una ”forza” che determinerebbe il futuro della zona e degli abitanti di essa, nonché i tratti caratteriali degli stessi cittadini. Se la cosa sembra poco chiara, o comunque inventata, lo stesso Tolomeo credeva a quanto appena detto.

Grazie a questo cerchio perfetto qual era Bologna, era possibile anche calcolare l’ascendente. Per chi è originario della città il calcolo è piuttosto facile perché dipende dall’ospedale in cui si è nati: Ospedale Sant’Orsola (Scorpione) o Ospedale Maggiore (Ariete). Per i non bolognesi invece iniziano a complicarsi le cose: posizionandosi però al centro del capoluogo e armandosi di una bussola, in base alla zona dove si è andati ad abitare, viene attribuito un ascendente, ad esempio Toro (Est-Nord-Est).

# A che porta corrispondi?

Credits: @ellabologna
Porta Maggiore

Se non bolognesi, sembrerebbe che le porte non possano stabilire il nostro futuro, ma vediamo lo stesso meglio gli abbinamenti.

Porta San Felice sarebbe collegata al segno dell’Ariete

Porta Sant’Isaia (distrutta nel 1903) al Toro

Porta Saragozza ai Gemelli

Porta San Mamolo (o Porta D’Azeglio, distrutta anch’essa nel 1903) al Cancro

Porta Castiglione al segno del Leone

Porta Santo Stefano alla Vergine

Porta Maggiore alla Bilancia

Porta San Vitale allo Scorpione

Porta San Donato al segno del Sagittario

Porta Mascarella al Capricorno

Porta Galliera al segno dell’Acquario

Porta (delle) Lame al segno dei Pesci

Fonti: travelemiliaromagna.it

Continua la lettura con: BOLOGNA è la città con il portico più LUNGO del MONDO (con lo zampino del DEMONIO)

BEATRICE BARAZZETTI

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Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità.

La PAOHAUS: l’ultima novità di Milano

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Credit: living.corriere

Divenuto celebre per i pinguini sui “panettoni” nelle strade di Milano, arriva la sua nuova opera: un gigantesco murale di 300 mq per dare
nuova vita ad una scuola media della periferia nord-ovest della città. Ecco il progetto di PAO.

La PAOHAUS: l’ultima novità di Milano

# I panettoni stradali trasformati in pinguini

Credit: hano.it

Pao, al secolo Paolo Bordino, è attivo dal 2000 nel panorama della street art.
Milanese classe 1977, Pao è colui che trasformava i panettoni stradali in pinguini, alieni e
personaggi fantasy come iron man e altri super eroi.

La sua formazione in realtà è teatrale: inizia come macchinista e tecnico nella compagnia teatrale di Dario Fo e Franca Rame, per passare nei laboratori della Scala di Milano fino al 2000 quando, come già detto, si avvicina al mondo dell’arte di strada per non abbandonarlo più.

# PaoPao: studio di Lampugnano e la sua “evoluzione artistica”

Nel 2005 l’artista si stabilisce nel quartiere di Lampugnano, dove insieme alla graphic design Laura, che si occupa della parte grafica e comunicazione, fonda il PAOPAO STUDIO, il luogo dove nascono le sue opere e i suoi progetti.

In quegli anni l’artista inizia anche importanti collaborazioni con grandi aziende che lo porteranno ad ampliare la sua produzione artistica, utilizzando anche materiali diversi e “innovativi” per lui come tele e supporti tridimensionali in vetroresina.

Questa evoluzione permette allo street artist di uscire dai “confini urbani” e farsi conoscere dalla società di massa, vedendo le sue opere esposte al Padiglione d’arte contemporanea di Milano, alla Triennale di Milano e alla Biennale di Venezia..

# I lavori su commissione: Le opere di PAO

Sono moltissime le sue creazioni in giro per il capoluogo lombardo e non solo, molte sono realizzate anche in collaborazione con altri “colleghi” esponenti della street art. Ne citeremo solo alcune.

# Il bosco verticale (ma non quello che pensi)

Credit: paopao.it

No, non è QUEL bosco verticale che tutti conoscono. In questo caso il bosco si trova a Dolo (VE).
L’artista lo ha realizzato nel 2017 in occasione del Festival I DO LOVE, dove sono intervenuti anche molti altri artisti come lui, che con le loro opere hanno trasformato/colorato il paesaggio urbano della cittadina veneta.

# Chi viaggia alla ricerca dei paesi, scopre il mondo dentro di sè

Credit: Pintarest.it

L’opera si trova a Como, sulla facciata esterna dell’Ostello Bello. Il tema è chiaro: IL VIAGGIO, e il soggetto è perfetto per l’attività del committente.

La nascita del progetto è originale: l’artista qualche settimana prima della realizzazione ha tenuto una serie di workshop all’Istituto italiano del Design Aldo Galli, coinvolgendo gli studenti nella realizzazione della bozza.

# Khaled al asaad

Credit: agenziacomunica.net

Se siete di Milano o avete visitato la città passando in zona Monumentale, l’avrete sicuramente notata: si trova sulla facciata della Fabbrica del Vapore che dà proprio verso il Cimitero, ed è un ritratto dedicato all’archeologo siriano torturato e ucciso dall’ISIS per non aver rivelato dove nascondeva i reperti archeologici trovati durante gli scavi a Palmira, città appena conquistata dai terroristi.

L’opera è stata realizzata nel 2016 ed è stata inaugurata durante gli eventi organizzati per
la Giornata Europea dei Giusti.

# Mandela

Credit: milanotoday.it

Sempre alla Fabbrica del Vapore, PAO ha collaborato insieme ad altri street artist per realizzare il murale dedicato a Nelson Mandela. Dipinta nel 2014, il lavoro era stato commissionato dal consolato del Sud Africa per il Mandela Day (18 luglio) quando si festeggia il compleanno dell’attivista sudafricano.

Come già scritto in precedenza, ci sono moltissime altre opere in Italia firmate dall’artista milanese, se ne trovano in Sicilia, Sorrento a Rimini e fino in Svizzera.

Si possono ammirare sul suo sito (paopao.it )per vedere dove si trovano.

# La riqualificazione della scuola media di Via Sapri 50 a Milano

Tra le collaborazioni più recenti c’è quella con l’associazione no profit PROJECT FOR PEOPLE, che si occupa di progettare e realizzare progetti per la rigenerazione e sostenibilità ambientale delle scuole milanesi.

Grazie all’incontro fra PAO e l’associazione, la scuola media di Via Sapri adesso ha un look tutto nuovo e decisamente colorato: la superficie di 300 mq della struttura, provata dal logorio del tempo e dello smog, adesso è un’esplosione di colori.

L’opera si chiama PAUHAUS perchè, spiega l’artista, ha utilizzato un gioco di parole che fonde insieme l’assonanza del suo nome e il Bauhaus, la scuola d’arte di design con sede in Germania e fondata dall’architetto tedesco Walter Gropius, attiva dal 1919 al 1933.

Lo stile utilizzato per dipingere e dar colore alla facciata rimanda allo stile Bauhaus, una bellezza funzionale, una bellezza “senza fronzoli” per dirla in parole povere.
A rendere la creazione ancora più speciale sono le vernici utilizzate che hanno la caratteristica di “catturare” lo smog e purificare l’aria.

Scelta perfetta, trattandosi di una scuola.
L’opera però, va detto, non è ancora finita! Si prevede una seconda fase che vede coinvolti anche gli studenti, per colorare il muro di cinta sotto la supervisione proprio di PAO.

 

# Il bando del municipio 8 di Milano

Tutto questo PAO lo ha realizzato insieme all’immancabile Laura Pasquazzo (Co-fondatrice dei Paopao studio, come detto all’inizio graphic designer) dopo aver vinto il bando indetto dal municipio 8 per rendere più umana ed accogliente la scuola.

 

Continua la lettura con: 38 MURALES nel VILLAGGIO dei FIORI: così MILANO cambierà volto per le OLIMPIADI

ANGELA CALABRESE

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Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità.

Colpevoli fino a prova contraria

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Giudice scimmia e Pinocchio

Il grado di civiltà di una società è legato all’assunto che tutti i cittadini sono uguali alla legge e innocenti fino a prova contraria.
È l’autorità che deve verificare che sia stata commessa un’infrazione. Prima del processo c’è anche l’istruttoria in cui il magistrato valuta se fare il processo oppure no, perché da una prima analisi spesso vengono archiviate per inconsistenza delle prove.

Questo è il pilastro della civiltà perché una società si regge sulla fiducia tra i cittadini e nei confronti dell’autorità. L’obiettivo del sistema democratico è di evitare una pena che poteva essere evitata. Infatti vengono giudicati criminali i regimi che comminano una pena prima ancora di aver fatto il processo.

Si preferisce il rischio di avere un colpevole fuori piuttosto che avere un innocente in carcere: questo è il fondamento delle democrazie moderne e civili che si sono costituite in seguito alle rivoluzioni francese e americana, in cui anche Milano con Beccaria è stata uno dei fari ispiratori.

In questo periodo si sta diffondendo in modo pandemico l’idea per cui sei colpevole fino a che non dimostri la tua innocenza. Diffondendo l’idea liberticida e antidemocratica che una persona è contagiosa, ossia colpevole, fino a prova contraria.
Forse il prezzo più alto che si rischia di pagare nel nome della massima sicurezza sono più di duecento anni di conquiste sociali.

Continua la lettura con: L’egoismo dell’altruista (e viceversa)

MILANO CITTA’ STATO 

La KIMONO FOREST: la foresta che si accende di NOTTE. Uno spunto perfetto per la METRO milanese?

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credit: mainichi.jp

E’ definita la migliore fusione tra natura e cultura di tutto il mondo. Dove si trova e perché non se ne crea una versione milanese?

La KIMONO FOREST: la foresta che si accende di NOTTE. Uno spunto perfetto per la METRO milanese?

Tutto il mondo conosce la parola giapponese “kimono”, ma pochi sanno cosa significa davvero. Letteralmente si può tradurre con “cosa che si indossa”, sottolineandone non la forma oppure l’ambito di utilizzo ma semplicemente la funzione. Dunque chi o cosa indossi il kimono non ha importanza, e i giapponesi hanno pensato bene di far indossare tanti coloratissimi kimono a degli alberi artificiali, ottenendo come risultato una magica foresta di kimono. Definita la più alta espressione del connubio tra natura e tradizione culturale, dove si trova la Kimono Forest e perché non se ne crea una versione milanese?

# La miglior fusione tra natura e cultura mai creata dall’uomo

credit: siviaggia.it

La “Kimonp Forest” è un’installazione permanente nei pressi di Kyoto, precisamente nella località turistica di Arashiyama. Questa località è conosciuta in tutto il mondo per la sua immensa foresta di bambù, di cui ormai il web è saturo di fotografie e video, e per richiamare l’ecosistema naturale della città, aggiungendoci però il tocco di classe della tradizione culturale giapponese, se n’è creato un equilibrato connubio: una foresta di kimono. Chiunque ci sia stato ne è rimasto affascinato e sono in moltissimi a sostenere che sia l’esempio di fusione perfetta tra natura e cultura, la migliore mai creata dall’uomo.

# Un luogo più unico che raro, eppure riservato a pochi

credit: en.japantravel.com

Nonostante sia così speciale, non è quasi mai annoverata tra le principali attrazioni turistiche di Kyoto e per questo è spesso trascurata. Il lato positivo? Questa sua impopolarità rende la foresta un luogo riservato a pochi, aumentandone la magia e l’atmosfera onirica. Un sentiero di 600 cilindri altri circa 2 metri che sono stati sapientemente “vestiti” con colorati tessuti decorati utilizzando la tradizionale tecnica Kyo-Yuzen. 

# Di giorno esplosione di colori, di notte un cammino mistico

credit: siviaggia.it

Sia di giorno che di notte la foresta è uno spettacolo magnifico: un’esplosione di colori durante le ore diurne ma ancor più bella e dal fascino mistico e quasi spirituale dopo il tramonto. Non è molto famosa, eppure la kimono forest è stata posizionata proprio sotto agli occhi di tutti. Infatti circonda la stazione dei tram di Arashiyama, sulla Keifuku Randen Tram Line, rendendola davvero unica al mondo. Ovviamente l’ingresso alla foresta è gratuito e vale la pena visitarla soprattutto la sera; dopo il tramonto fino alle 21 gli “alberi” della foresta si accendono, illuminati da luci LED che ne valorizzano ancor di più le decorazioni e i colori.

credit: siviaggia.it

Insomma è una tappa assolutamente imperdibile e poco mainstream per chi sta programmando un viaggio in Giappone. Ma perché non progettarne una anche a Milano, magari sostituendo l’abito tradizionale giapponese con elementi tipici meneghini?

Fonte: Si Viaggia

Leggi anche: Un angolo di AMAZZONIA a Milano con il MIGLIO DELLE FARFALLE

ROSITA GIULIANO

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BAGGIO: io ci vivo (felicemente)

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Credit: @stefy_gya

Questa è la storia di Baggio: il borgo all’interno di Milano che, pur mantenendo la sua storia, continua ad evolversi.

BAGGIO: io ci vivo (felicemente)

# La storia del piccolo borgo 

Credit: pophistory.it

Piccolo centro agricolo ai margini di Milano, zona sud ovest, diventa amministrativamente parte della città nel 1923.

Quasi incredibilmente riesce a mantenere negli anni le sue caratteristiche di vecchio borgo.
Solo a partire dagli anni 60/70 sorgono intorno al nucleo storico casermoni popolari e qualche condominio residenziale, ma la Baggio vecchia sopravvive con le sue corti, le case più antiche, la chiesa e il suo organo.
 
Seguono anni difficili, Baggio diventa sinonimo di malavita e spaccio.
Questa è la fama che la accompagna, ma nonostante ciò il borgo mantiene tutta la sua dignità.
É la forza che le viene dal suo essere ancora “paese”, sia pur a pochi chilometri dal Duomo.

# Da Porta Romana a Forze Armate

Nel 1972, giovane insegnante, vado a vivere alla Viridiana, nuovo complesso residenziale in via Forze Armate.
 
Confesso che per me, abituata a raggiungere il centro a piedi da Porta Romana, è stato un salto verso l’ignoto.
Il comune di Milano mi assegna alcune ore nelle scuole serali della zona: preparazione agli esami di terza media nei locali delle suore delle case minime e corsi di ragioneria al quartiere Olmi.
E così l’ignoto mi si svela, per certi versi inquietante.
 
É un mondo che non conosco, fatto di sacche di abbandono e povertà, ma anche di giovani che dopo una giornata di lavoro vengono a scuola per poter sognare un futuro diverso. Grande scuola di vita.
 
Mi trasferisco ai Castelli Romani ma poi torno a Milano.
 

# Vado a vivere a Baggio

Nel 1987 cerco un appartamento da acquistare, ma escludo di tornare in questa zona.
Per puro caso rispondo a un’inserzione su Secondamano, senza sapere che la casa è a Baggio.  Lo scopro andando a vederla e me ne innamoro a prima vista. 
 
Ho una figlia piccola e Baggio è purtroppo ancora vissuta come terra di frontiera, nonostante tante cose siano cambiate.
Mi assillano mille dubbi sul quartiere, sulle scuole, sulla lontananza dal centro, mi si prospetta una scelta complicata ma alla fine firmo il compromesso.
 
Questo il percorso che mi ha portato qui, dove ora vivo felice: una realtà molto milanese, si sente ancora parlare in dialetto, ma per certi versi poco metropolitana.
 
Baggio è cambiata, la sua cattiva fama è un ricordo ormai lontano, e non si distingue certo dal resto della città per fatti e presenze malavitose.
 

# Il borgo antico mantiene inalterato il suo fascino

 
Credit: it.wikipedia.org
Ci sono ancora corti, cascine, la vecchia chiesa di Sant’Apollinare con il campanile romanico, vecchie botteghe e osterie dove si beve il bianco spruzzato e si mangia milanese, come una volta.
Forse è uno dei pochi quartieri a Milano che mostra ancora la sua storia.
 
É bello fare quattro passi e incontrare gente conosciuta, entrare nei negozi come se fossero case di amici, mangiare la “cassoeula” in compagnia e sentirsi parte di una comunità, anche grazie alla presenza decisiva di associazioni locali che contribuiscono a rafforzarla.
 

Tutto è a portata di mano: le poste, l’anagrafe, l’ufficio di igiene, ambulatori e consultorio, biblioteca, scuole, negozi, supermercati, mercato coperto e bei mercati settimanali nelle vie del quartiere.

Non a caso fra gli anziani c’è ancora chi, dovendo andare in centro, dice che va a Milano.

# Baggio nuovo centro del mondo

Credit: @stefy_gya
Negli ultimi anni sono stati aperti nuovi locali che richiamano una clientela giovane, spesso proveniente da altre zone della città, senza alterare l’atmosfera un po’ provinciale del borgo. 
 
In attesa della metropolitana, che sembra possa arrivare fra qualche anno, dobbiamo fare la fatica di raggiungere la fermata di Bisceglie in pochi minuti di auto o autobus, ma la grande fortuna è vivere nel verde. 
 
Il parco delle Cave è a pochi passi dal borgo e nel mese di maggio ci offre ogni anno il grande spettacolo della lucciolata.
 
Nel giardino del mio condominio vivono indisturbati gli scoiattoli e dalle mie finestre vedo il Monviso e il Monterosa.
Non rimpiango il centro, la folla e il rumore.
 
Qui è come vivere in provincia, ma con i servizi di una grande città e l’orgoglio di appartenere a una comunità, quella di Baggio.
 

Continua la lettura con: Cosa si nasconde dietro al detto “Va’ a BAGG a sonà l’òrghen!”

 
MARGHERITA BIANCHI
 

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La METROPOLI DEL FUTURO, dove le PERIFERIE sono paesi di MONTAGNA

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Credits: www.ticino.ch

Si è lavorato, e ancora tanto resta da fare, per recuperare il degrado urbanistico e sociale delle periferie. In tutto il mondo, le metropoli si rigenerano e riattivano i quartieri periferici, con la creazione di progetti sociali e urbanistici studiati su misura delle diverse realtà.

Ma non è così nella Città Ticino: le sue periferie sono particolari e i classici quartieri periferici sono distribuiti e diluiti in tutto il suo interno.

Le vere periferie della Città Ticino sono le località di montagna, le “terre alte”, che esprimono diverse socialità, diverse espressioni artistiche, diverse ricchezze culturali e diverse coesioni sociali.

La METROPOLI DEL FUTURO, dove le PERIFERIE sono paesi di MONTAGNA

# Le aree di confine

Credits: www.ticino.ch

Le periferie della Città Ticino possono anche essere aree di confine. Ovviamente, con tutto quello che ne consegue e con la vicinanza ad un paese straniero. Basta pensare alle aree a contatto con la provincie di Como, di Varese e del Verbano Cusio Ossola.

Poi, ci possono essere periferie confinanti con aree svizzere. Dunque, altri cantoni, con diverse legislazioni, capaci anche di generare attriti.

# Le comunità di montagna

Credits: www.ticino.ch

Ma le vere periferie della Città Ticino sono le comunità di montagna, dove le esperienze e le storie umane sono decisamente diverse rispetto a quelle di pianura.

Mentre nelle periferie delle metropoli e nelle aree di confine l’evoluzione genera spontanei assestamenti, le comunità di montagna dovrebbero richiedere maggior impegno politico, che forse potrà facilmente trovare soluzioni con una sorta di federalismo di città. Quindi, sono le piccole aree periferiche a costruire il proprio futuro in piena autonomia, mantenendo ed enfatizzando quella che è la loro “biodiversità cittadina”.

# La convivenza tra uomini, animali e predatori

Credits: www.ticino.ch

Infatti, sono tante le tematiche di montagna incomprensibili da coloro che vivono in città. Dalla gestione degli alpeggi con la produzione di formaggi, alla convivenza con animali predatori, fino al mantenimento della qualità del territorio da parte delle popolazioni locali, passando per la convivenza con condizioni climatiche estreme e per la distanza dai servizi…

Anche per questo, il format della Città Ticino è particolare, ma innovativo e un buon esempio per il futuro.

Continua la lettura con: I 7 motivi perché CITTÀ TICINO si può considerare una METROPOLI

GIUSEPPE MARZAGALLI

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🔴 Sentenza a favore di #IoApro: la Corte di Cassazione dalla parte dei ristoratori

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credits: affariitaliani.it

#IoApro è il movimento di alcuni ristoratori che nel mese di gennaio, di fronte alle nuove forme di contenimento e restrizione, avevano deciso di restare aperti, infrangendo il Dpcm. Il collegio di difesa dell’associazione aveva fatto ricorso alla Corte di Cassazione, che nei giorni scorsi gli ha dato ragione. Cosa ha stabilito la sentenza?

Sentenza a favore di #IoApro: la Corte di Cassazione dalla parte dei ristoratori

# La disobbedienza civile dei ristoratori

credits: napoli.zon.it

Il movimento #IoApro nasce a gennaio per opera di alcuni ristoratori che, stanchi del tira-e-molla tra aperture e chiusure, hanno deciso di rimanere aperti nonostante gli ordini del Dpcm.

Una forma di protesta, di disobbedienza civile volta a denunciare una situazione critica e insostenibile per migliaia di operatori del settore della ristorazione. Ristoratori e clienti erano stati prontamente puniti e multati per il loro gesto, ma questo non è bastato a fermare i proprietari dei ristoranti.

La battaglia dell’associazione va avanti da inizio anno e l’ultima manifestazione è stata in concomitanza al Festival di Sanremo, quando si sono trovati di fronte al teatro Ariston per far sentire la loro voce.

# La sentenza della Corte di Cassazione a favore di #IoApro

Una svolta sembra essere arrivata nei giorni scorsi attraverso la sentenza della Corte di Cassazione. Nello specifico, nel provvedimento del Pm si legge che: “il legislatore ha sottratto le violazioni della normativa anti-covid al campo del diritto penale, in particolare sancendo espressamente la non applicabilità dell’articolo 650”. Si legge inoltre che “se da un lato appare giustificabile per verosimili ragioni di pace sociale, dall’altro inibisce all’autorità pubblica la possibilità di reprimere il protrarsi di condotte illecite con strumenti più incisivi”.

Il legale di #IoApro, Lorenzo Nannelli, ha commentato in seguito la sentenza spiegando che nessun titolare d’azienda può essere punito penalmente se apre.

# Il precedente che potrebbe spingere molti ad aprire

credits: firenzetoday.it

Momi, ristoratore tra i fondatori del movimento, ha dichiarato che la sentenza è come “una boccata di ossigeno”. In questo modo molte persone che non avevano riaperto per paura delle ripercussioni penali potranno ripensarci, aderendo all’iniziativa di #IoApro ed al suo messaggio “basta chiusure e basta paura”.

Questa decisione costituisce un importante precedente e potrebbe aprire un nuovo fronte all’interno del governo tra chi è per una linea di intervento più morbida e chi invece è a favore delle chiusure.

Insomma, l’ennesima grana per il governo Draghi, molti infatti, di fronte alle ultime chiusure, potrebbero essere tentati ad aprire in barba ai decreti.

Fonte: affaritaliani.it

Continua a leggere: 🛑 #IOAPRO: venerdì 15 la protesta simbolica. Chi sono, chi partecipa, cosa succederà, cosa si rischia?

CHIARA BARONE

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VIA DEI CONDOTTI: dove a tutti è concesso sognare

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ROME, ITALY - MAY 03: Father and son ride a bicycle in Via Condotti empty of of tourists during the Coronavirus (Covid-19) pandemic, on May 03, 2020 in Rome, Italy. Italy will remain on lockdown to stem the transmission of the Coronavirus (Covid-19), slowly easing restrictions. (Photo by Silvia Lore/Getty Images)

Collega Trinità dei Monti con Via del Corso, ha negozi esclusivi, palazzi rinascimentali, il Caffè più antico di Roma e sa come farsi amare. Via dei Condotti non è solamente una via. E’ un pezzo di Roma fatto della stessa materia dei sogni. E’ una via bella come un sogno bello e come in un sogno bello sa far sentire sensazione particolari.

VIA DEI CONDOTTI: dove a tutti è concesso sognare

Quando ci si è dentro sembra corta. Poi si scopre che non finisce perché chi la percorre rallenta. Il tempo si ferma quando si è a Via dei Condotti e non importa da quale lato la si prenda, lei sa catturare lo sguardo. Così i minuti possono diventare ore e gli elementi guardati dettagli. Il fregio settecentesco del portone di un palazzo. Un gioiello nella vetrina di Bulgari.  Oppure scorci interi. Una linea retta che corre verso un punto in lontananza, quello dove la strada, nascosta nell’ombra, finisce in un bagno di luce. Piazza di Spagna. Qui la via diventa fluida, fontana con l’acqua che sgorga e zampilla per poi accompagnare lo sguardo verso l’alto. Una scalinata, Trinità dei Monti, la sua Chiesa e i due campanili a fermare finalmente lo sguardo come di fronte a un picco delle Alpi.

Questa è Via dei Condotti e chi la percorre può sentirsi Audrey Hepburn o Jacki Onassis, Ronaldo o Chiara Ferragni, Giorgio Armani o Lady Gaga, Cenerentola o Bianca Neve. In realtà non importa chi si è quando si percorre Via dei Condotti perchè è questa via a definire chi la percorre. Qui il sogno diventa realtà e così Roma può sembrare più all’avanguardia di Tokyo, una ragazza può sentirsi più regina di Elisabetta d’Inghilterra, un uomo d’affari può scoprire l’amore e una donna di casa il business. A via dei Condotti non interessa cosa indossi e da dove vieni, lei è li, distesa, come un personale tappeto rosso pronto a diventare la passerella di ciascuno.

E’ così che questa via ha imparato a farsi amare, senza condizioni, da tutti, romani e non. Una via con un nome che rievoca secoli di storia legati all’acqua. In questa area confluivano le tre condotte dell’acquedotto Vergine ripristinate intorno al 1450 per portare l’acqua dal Pincio a Fontana di Trevi. C’è poi una leggenda che racconta una storia diversa e più antica.  Il termine “condotti” deriverebbe dal latino ducti, guidati, con riferimento ai soldati di Agrippa che nel 19 a. C., assetati, furono condotti da una fanciulla, virgo, alla sorgente dell’acqua, alla quale fu dato il nome di Acqua Vergine.  

Qualunque sia la storia del suo nome, questa via, da ovunque la si guardi esprime bellezza ed eleganza, non solo per i negozi di lusso, ma per gli splendidi edifici che la contornano e che hanno ospitato illustri nomi come quello di  Stendhal, che dimorò al civico 11 nel palazzo Maruscelli Lepri o di Goldoni che visse per qualche tempo nell’ex Ospizio dei Trinitari Castigliani al civico 47.

Ma sicuramente è il celeberrimo Caffè Greco al civico 86, il più antico di Roma, a ricoprire il ruolo di maggiore attrattiva della strada. Il nome del locale deriva dal fatto che Nicola della Maddalena, il caffettiere che lo ha fondato nel 1760, era greco. Il locale conserva tuttora il suo aspetto ottocentesco e nella celebre sala Omnibus ospitava periodicamente studiosi e accademici, cultori in particolare della città di Roma.

FRANCESCA SPINOLA

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I 7 CASTELLI più BELLI dell’Emilia Romagna

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Credits: @italiait Rocchetta Mattei

L’Emilia Romagna è ricca di castelli, fortezze, rocche che testimoniano la storia della regione. Si trovano sia in pianura che in collina e sono stati costruiti principalmente tra il Medioevo e il Rinascimento. Ognuno ha una storia da raccontare che siano battaglie, la dolce vita di corte o amori leggendari. Ecco la top 7 dei castelli più belli.

I 7 CASTELLI più BELLI dell’Emilia Romagna

#1 Rocchetta Mattei

Credits: @italiait
Rocchetta Mattei

Uno dei luoghi più straordinari in Emilia Romagna, Rocchetta Mattei fu costruita nel XIX secolo dal Conte Cesare Mattei sui resti di un antico castello medievale. È un misto di stili dal gotico al liberty, dal moresco al medievale. Si trova nella città metropolitana di Bologna, più precisamente a Riola Savignano, sull’Appennino tosco-emiliano, e sembra un castello fiabesco, dalle alte torri esotiche ed archi dipinti.

#2 Castello di Torrechiara

Credits: @castles_and_palaces
castello di torrechiara

Dal Castello di Torrechiara, costruito sulla cima di una collina intorno al XV secolo, si gode di una vista particolarmente suggestiva. Viene considerato come uno dei castelli più belli d’Italia e fu testimone dell’amore cavalleresco di Pier Maria Rossi e Bianca Pellegrini. Set anche di Ladyhawke, domina la Val Parma, trovandosi precisamente a Langhirano. È una fortezza che mantiene ancora l’eleganza di un’abitazione nobiliare ma allo stesso tempo esprime potenza. Inoltre, si dice che nelle notti di plenilunio, il fantasma del condottiero Pier Maria Rossi passa ancora sul Rio delle Favole, la strada che conduce al castello.

#3 Castello di Rossena

Credits: siviaggia.it
castello di rossena

La sua costruzione fu voluta dal bisnonno di Matilde di Canossa, come la maggior parte dei castelli legati al nome della donna, e si affaccia sui paesaggi collinari circostanti. In provincia di Reggio Emilia, è un gioiello architettonico soprattutto se si considera che fu edificato nel 960 ed è ancora perfettamente intatto. Oggi il castello è diventato un ostello dove poter soggiornare.

#4 Castello di Montebello

Credits: @italyiana
castello di montebello

Il castello di Montebello si trova in una posizione strategica tra le colline del Montefeltro e la Toscana. Noto anche come castello di Guidi di Bagno, apparteneva ai Malatesta. Il Castello è posizionato in cima ad un colle e domina il borgo sottostante di Montebello di Torriana, in provincia di Rimini. Attorno al castello viene tramandata una leggenda abbastanza macabra. Ai tempi, la figlia albina di Ugolinuccio o Uguccione, di nome Azzurrina, scomparve misteriosamente e da allora la sua voce risuona nelle stanze del castello.

#5 Castello di Ferrara

Credits: @andreabertelli_
castello estense

Sicuramente tra i più conosciuti e forse anche tra i più visitati, il Castello Estense si trova nella città di Ferrara. È il monumento per eccellenza della città con le sue 4 torri circondate dal fossato, i suoi mattoni rossi e le sue balaustre bianche.

#6 Rocca di Brisighella

Credits: siviaggia.it
rocca di brisighellaBrisighella è un borgo sopra il quale svetta la rocca dallo stesso nome. Si tratta di una rocca che è stata restaurata e ad oggi ben conservata. Arrivati lì si è catapultati ai tempi del Medioevo con ponti levatoi, camminamenti e merli.

#7 Castello Due Torri di Scorticata

Credits: @inemiliaromagna
castello due torri di scorticata

Anche questo castello, posto su uno sperone roccioso, è una delle fortezze dei Malatesta che dominano la Valmarecchia e il paese sottostante di Torriana. Dal castello è possibile avere una vista a 360° del panorama circostante.

Continua la lettura con: Il CASTELLO sul LAGO a forma di CUORE a due ore da Milano

BEATRICE BARAZZETTI

 

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SCUOLE CHIUSE: per chi suonerà la campanella?

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Credit: vanityfair.it

Le scuole di ogni ordine e grado, hanno chiuso i battenti da venerdì 5 marzo 2021 per la maggior parte dei suoi abituali frequentatori.
Motivazione ufficiale: la variante inglese del Covid 19 pare stia iniziando a infettare anche la popolazione più giovane, sin ora poco colpita dalla variante vintage del Covid 19.
Inutile parlare della reazione dei genitori: i più la possono immaginare.

SCUOLE CHIUSE: per chi suonerà la campanella?

# Un campanello d’allarme per il futuro delle nostre comunità

Credit: quifinanza.it

Quello che invece, a mio avviso, necessita di una riflessione è il fatto che stiamo profondamente e, temo, irrimediabilmente cambiando la nostra natura e la nostra società e la questione scuola non è che una delle mille sfaccettature di questo mutamento disagiante.
Secondo il mio immaginario l’Italia e gli italiani sono sempre stati un popolo, per dirla alla romana, ‘de core’. Certo, le nostre imperfezioni sono famose in tutto il mondo, ma nessun paese unisce l’anima, il sangue e il cuore come l’Italia.

Ecco spiegata quindi la prima reazione che abbiamo avuto tutti davanti a questo temibile mostro che ci si è parato davanti dall’anno scorso: gli striscioni con ‘andrà tutto bene’, le scritte alle finestre ‘i medici sono tutti eroi’ ed altri esempi ancora.

Gli italiani sanno sempre condire tutto ciò che succede con il sentimentalismo, con il coinvolgimento emotivo.
Poi però, qualcosa è successo. Il tempo si è dilatato come il lievito nelle nostre tavole e la pazienza è finita. Il sacrificio ha iniziato a pesare sempre sulle stesse spalle.

In quel momento ha iniziato a formarsi una spaccatura che giorno dopo giorno sta diventando sempre più grande e snervante.
Anche per la questione scuola si sono aperti quindi due orizzonti.

# Si può sacrificare una parte di vita dei ragazzi, per la salute di tutti gli altri?

Credit: milanotoday.it

C’è chi crede che la scuola non sia un parcheggio, ma un momento fondamentale della vita di un ragazzo che lo accompagna dai 3 ai 25 (per dirla con ottimismo) anni. É qualcosa che cambia con il crescere del ragazzo ed è difficilmente sintetizzabile.
La scuola non è solo contenuti, spiegazioni, interrogazioni e verifiche; è socialità, i compagni, le bigiate in compagnia, i viaggi in autobus con i libri in mano pregando per non essere interrogati.

Poi si è affacciato un nuovo orizzonte, quello permeato da persone che ribattono con cipiglio continuando a dire una frase che mi fa rabbrividire: “ si ma la salute viene prima”.
No, la salute non viene prima per il semplice motivo che tutto questo rientra nella salute.
La scuola e tutti i suoi annessi e connessi rientrano nel benessere psicofisico di cui un ragazzo e un bambino ha bisogno.
Trovo agghiacciante e molto più temibile questo concetto di salute che ha pervaso la nostra società ed è significativo di quanta scuola in presenza ci sia bisogno!

# Cosa si può fare per la scuola?

Credit: metadidattica.it

Premettendo che non sono un’esperta in materia, ma solo un’umile mamma e insegnante io avrei pensato ad alcune possibili soluzioni.

# Più libertà di scelta ai presidi

Ogni preside conosce la struttura di cui è a capo e conosce la grandezza delle aule così come il numero di locali di cui la scuola dispone.
In base quindi al suo organico e al numero di alunni potrebbe organizzare un’affluenza misurata secondo le reali possibilità della scuola.

# Condividere? A volte si!

Per le classi della primaria, se le lezioni fossero in presenza, a banchi distanziati, si potrebbe pensare ad una condivisione di tavolozze di colori o tempere dove i bambini potrebbero intingere i pennelli.

# Lezioni di arte e più lezioni all’aperto

Credit: fanpage.it

Per i ragazzi più grandi sarebbe bello pensare ad attività di critica e commento, come per esempio esecuzioni di foto da parte di alcuni alunni con annesso commento critico oppure visioni di film specialmente ora che la presenza di LIM (lavagne interattive), presenti in ogni aula, può permettere la visione di film senza far spostare gli alunni dalla propria classe.

Poiché è stato provato che i contagi sono altamente più probabili nei luoghi chiusi, con la bella stagione si potrebbe pensare ad utilizzare i giardini delle scuole per effettuare le lezioni.
Sarebbe anche molto bello fare attività fisica o manuale, come coltivare un orto o travasare fiori, tutte attività che avrebbero il vantaggio di favorire l’inclusione di tutti i bambini e ragazzi, compresi DVA, DSA, BES.

# Ripristino dei medici nelle scuole con esecuzione immediata di tamponi

Per ultimo, se ogni scuola avesse, come era in passato, la figura del medico scolastico,
potrebbe effettuare un primo screening ed eventualmente anche il tampone.

Continua la lettura: “DAD è solo mio papà”: la PROTESTA A COLORI dei bambini di Milano

GIULIA PICCININI, LAURA LIONTI

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Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità.

🔴 “Illegale ed illusorio”: così Lagarde boccia la proposta di cancellare il DEBITO PUBBLICO causato dal Covid

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Christine Lagarde. Credits: @notizieoggi24 (INSTG)

Christine Lagarde, presidente della BCE, ha ribadito ieri, in risposta ad un Eurodeputato, che non si può in assoluto cancellare il debito pubblico contratto dagli Stati per far fronte alla pandemia. La proposta era stata avanzata qualche mese fa David Sassoli, presidente dell’Europarlamento, ma fin da subito aveva incontrato il no della numero uno della Banca Centrale Europea. Perché, come afferma Lagarde, eliminare il debito pubblico sarebbe illegale?

🔴 “Illegale ed illusorio”: così Lagarde boccia la proposta di cancellare il DEBITO PUBBLICO causato dal Covid

# Eliminare il debito pubblico causato dal Covid: la proposta di Sassoli

credits: ilfattoquotidiano.it

Qualche mese fa, in piena emergenza sanitaria ed economica, il presidente dell’Europarlamento David Sassoli, in un’intervista per il quotidiano Repubblica, aveva dichiarato la sua “ricetta” per far uscire l’Europa dalla crisi economica causata dalla pandemia.

Aveva suggerito alcune proposte, tra cui: riformare il Mes, rivedere i trattati per eliminare il diritto di veto in tema di politiche europee e l’eliminazione del debito contratto dagli Stati per far fronte alla crisi Covid. “È un’ipotesi di lavoro interessante, da conciliare con il principio cardine della sostenibilità del debito” aveva affermato.

# Il NO di Christine Lagarde: “sarebbe illegale ed illusorio”

credits: soldionline.it

L’ipotesi è stata però scartata fin da subito, incontrando il disappunto di diverse parti, prima tra tutte la Banca Centrale Europea. Christine Lagarde ha sostenuto fin dal primo momento che l’eliminazione del debito contratto dagli Stati dell’Eurozona sarebbe illegale e persino controproducente.

La presidente della BCE è tornata ieri sull’argomento ed è rimasta categorica nel bocciare la proposta: “la cancellazione del debito governativo è illegale, un’illusione contabile e minaccerebbe la credibilità della Banca Centrale e dell’Unione Europea”. L’eliminazione del debito sarebbe la violazione di una regola, pilastro fondamentale dell’Euro: il Trattato Europeo infatti vieta il finanziamento monetario agli Stati.

Lagarde ha poi specificato che una misura del genere non avrebbe senso a livello economico poiché, date le condizioni finanziarie, al momento favorevoli, rischierebbe solo di aumentare i costi di finanziamento e minare la credibilità della Banca Europea e dell’Unione.

# Le prospettive economiche sembrano favorevoli, ma rimangono circondate dall’incertezza

credits: startmag.it

La presidente ha sostenuto che si dovrebbe discutere piuttosto circa i settori su cui investire e su come incidere sulla spesa pubblica. Non tanto quindi sull’eliminazione del debito, ma sull’utilizzo di esso, in quanto la BCE continuerà a sostenere l’economia con tutte le misure appropriate.

Lagarde ha affermato che la situazione economica sembra essere migliore rispetto ad un anno fa e che potrebbero esserci ulteriori miglioramenti nel 2021, ciononostante le prospettive economiche rimangono circondate dall’incertezza.

L’attività dell’area Euro sembra sostenuta dalla lenta ripresa della domanda a livello globale e dalle misure fiscali aggiuntive, inoltre i rischi sulle prospettive di crescita si sono abbassati grazie alle migliori condizioni globali e ai progressi nelle campagne vaccinali.

Fonte: wallstreetitalia.com

Continua a leggere: In un anno il DEBITO PUBBLICO è aumentato di 159 miliardi di euro: il doppio del finanziamento a fondo perduto del Recovery

CHIARA BARONE

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Questo è il GRATTACIELO più BRUTTO d’Europa?

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Credits: daniela___.12 - Grattacielo Intesa San Paolo

Progettato da uno degli archistar italiani più famosi al mondo non ha riscosso molto successo e sta guadagnando le cronache sui social di settore perchè considerato “il più brutto d’Europa”. Ecco dove si trova e quali sono le altre brutture architettoniche del nostro Paese.

Questo è il GRATTACIELO più BRUTTO d’Europa?

# Il terzo edificio più alto di Torino, il grattacielo di Intesa San Paolo, è considerato da molti tra i più brutti d’Europa

Credits: Davide Bosco

Il grattacielo di Intesa San Paolo è alto 167,25 metri, nelle intenzioni iniziali l’altezza prevista doveva essere di circa 200 metri, ma ci si è fermati 25 centimetri più in basso dell’edificio simbolo della città, la Mole Antonelliana che misura 167,50 metri. L’edificio progettato da Renzo Piano conta 38 piani fuori terra e 6 interrati, per una superficie complessiva di 68.000 metri quadri, comprende anche un auditorium e all’ultimo piano una serra bioclimatica.

Realizzato con le massima accortezze riguardo la sostenibilità, dall’utilizzo dell’acqua di falda per il raffreddamento estivo ai pannelli solari per l’illuminazione, non altrettanto a livello estetico. Nonostante sia stato inaugurato solo qualche anno fa e disegnato da una firma di fama internazionale, il grattacielo torinese ha l’aspetto di una costruzione anonima, già vecchia, mal assemblata, dalla forma anonima e con un’orrenda grata metallica su una delle facciate. 

In Italia però non mancano altre brutture, vediamone alcune.

#1 La Torre Velasca, odio e amore dei milanesi

Torre Velasca, Studio BBPR
Torre Velasca, Studio BBPR

Progettata dallo Studio BBPR e realizzata tra il 1956 e il 1957, ospita negozi, uffici e appartamenti privati ed è uno dei simboli della città. Ora in fase di ristrutturazione, da sempre la sua caratteristica forma “a fungo” è oggetto di critiche anche se non mancano gli ammiratori.

Leggi anche: La TORRE VELASCA si rifà il TRUCCO

#2 La Torre Eurosky al Torrino di Roma, nonostante il recente restauro richiama la peggiore architettura sovietica

Credits: alessandro.delia.82 – Torre Eurosky

La Torre Eurosky è un grattacielo di Roma, con i suoi 120 metri il più alto edificio civile della città e una delle torri residenziali più alte d’Italia. Realizzato su progetto dell’architetto Franco Purini, la costruzione sorge nel Business Park dell’Europarco: articolata in due prismi verticali ha le facciate scandite dalle bucature regolari dei balconi che ricordano una costruzione sovietica. In cima l’edificio è coronato da una struttura che sostiene una parete di pannelli fotovoltaici e lo rende nel complesso ancora più sgraziato.

#3 Torre San Vincenzo a Genova, costruita negli anni ’60, risente del peso degli anni

Credits: dindanden IG – Torre San Vincenzo Genova

Costruito negli anni sessanta su disegno di Melchiorre Bega, Piero Gambacciani e Attilio Viziano, la Torre di San Vincenzo si trova di fronte alla stazione di Genova Brignole. Raggiunge l’altezza di 105 metri e si innalza per 26 piani, ma nonostante il restauro nei primi anni 2000 risente di un design vecchio e un’estetica di dubbio gusto.

Continua le lettura con: Il più bel condominio del MONDO è l’ “ALBERO BIANCO” (Fotogallery)

FABIO MARCOMIN

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Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità.

All’ESTERO in SMART WORKING? I paesi che offrono più VANTAGGI per i NOMADI DIGITALI

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credit: reframed.it

Ad oggi i nomadi digitali sono una categoria molto agevolata: scopri quali paesi offrono le migliori opportunità, tra questi c’è anche l’Italia.

All’ESTERO in SMART WORKING? I paesi che offrono più VANTAGGI per i NOMADI DIGITALI

C’è chi lo ama e chi invece lo odia. E’ un obbligo comodissimo che però, a lungo andare, stufa. E’ proprio lui, il protagonista indiscusso (dopo il virus, ovviamente) introdotto dal 2020: lo smart working. Per non rischiare di annoiarsi o sentirsi isolati dal resto del mondo, alcune persone hanno pensato bene di approfittare di tutti i punti di forza che questa modalità di lavoro offre, spostandosi intorno al globo continuando a lavorare: sono i “nomadi digitali”. Se anche tu stai pensando di approfittare del lavoro da remoto, scopri quali sono le destinazioni che agevolano maggiormente questa categoria di lavoratori.

#1 In Grecia le tasse sono dimezzate

credit: reframed.it

Viaggio di andata senza (quasi) ritorno per la Grecia. Infatti il Paese ha recentemente introdotto una nuova legge per la quale i cittadini europei che intendono trasferirsi con la propria residenza fiscale per almeno due anni, possono usufruire di moltissime convenzioni. Dedicata sia a chi intende farlo come dipendente in una “nuova posizione lavorativa”, sia ai liberi professionisti, la legge prevede:

  • L’esenzione dal pagamento dell’imposta sul reddito e della tassa di solidarietà sul 50% del reddito da lavoro dipendente o freelance di fonte greca;
  • Qualsiasi altro reddito di fonte greca ed estera viene tassato secondo le aliquote fiscali generali;
  • L’esenzione dall’applicazione delle tasse locali sul reddito annuale figurativo derivante dalla proprietà o dal possesso di una residenza o di un veicolo ad uso privato.

Ma attenzione perché il termine per richiedere questo regime fiscale è il 31 luglio dell’anno in cui l’individuo inizia l’attività lavorativa o imprenditoriale e, soprattutto, bisogna soddisfare altri due fondamentali requisiti: non avere lo status di residente fiscale greco nei sei anni precedenti al trasferimento e fornire servizi di lavoro in loco a un greco o a una filiale greca di una società straniera.

Basta andare in Grecia solo per le vacanze, è arrivato il momento di trasferirsi.

#2 La Croazia ha introdotto un visto apposito per i nomadi digitali

credit: wired.it

Il nuovo visto, ancora adottato da pochissimi paesi europei, è stato introdotto dalla Croazia il 1° Gennaio 2021. Il nomade digitale viene definito dalla legge croata come “chi al di fuori dell’Ue lavori nella “tecnologia della comunicazione” o come dipendente a distanza o attraverso la propria azienda registrata all’estero”. L’obiettivo del visto è quello di attrarre nuovi lavoratori che, in realtà, rappresenterebbero una strategia per rilanciare il turismo croato; potrebbero essere una risorsa locale come consumatori di beni e servizi, senza contare che una permanenza temporanea aumenta la probabilità che vengano affittate ville e appartamenti turistici solitamente vuoti durante l’inverno. Sembra proprio un paradiso: i nuovi arrivati non saranno soggetti a imposta sul reddito, ma non potranno fornire servizi alle imprese croate.

#3 Il visto di reddito in Spagna

Credits: annoallestero.it

La Spagna ha deciso invece di dare l’opportunità a chi vorrebbe vivere in Spagna ma lavora altrove, creando appositamente un visto definito “di reddito”. Questa residencia no lucrativa è riservata ai cittadini non Ue che non lavorano in Spagna ma che vogliono risiedervi. Le condizioni per ottenere il visto sono semplici: avere un reddito minimo di 26 mila euro annui da lavoro straniero (come appunto quello eseguito da remoto) oppure da pensione. Il visto dura un anno ma può essere rinnovato, con una durata massima di due anni. Sembra semplice e infatti lo è, ma mi raccomando: non è possibile svolgere attività economiche o professionali sul territorio spagnolo.

#4 L’Estonia allarga l’e-Residency ai nomadi digitali

E’ dal 2014 che l’Estonia ha scelto di utilizzare il sistema di e-Residency, ovvero un’identità virtuale che prima veniva concessa solo ai non residenti ma ora è stata allargata ai nomadi digitali. E’ un’ottima occasione per chi vuole viaggiare per l’Europa lavorando: infatti il visto digitale permette di rimanere e lavorare in Estonia per 12 mesi, incluso anche il diritto di viaggiare dentro i confini europei per 90 giorni. Dal 2014 ad oggi il sistema ha fatto guadagnare al Paese oltre 41 milioni di euro, cifra che è destinata ad aumentare rapidamente.

#5 Madeira: il villaggio turistico portoghese riservato allo smart working

credit: reframed.it

Il Digital Nomads Madeira è un progetto che da Febbraio a Giugno consentirà a centinaia di nomadi digitali di vivere in un villaggio turistico sull’isola portoghese di Madeira per almeno un mese. Le richieste sono migliaia ma il villaggio può contenere “solo” 100 lavoratori contemporaneamente, che hanno a disposizione spazi di lavoro gratuiti, connessione internet dalle 8 alle 22, oltre ai servizi offerti come ristoranti e negozi. Il progetto si aggiunge al già esistente visto D7, un visto strategico che il Portogallo aveva introdotto per attirare pensionati e stranieri con un reddito stabile. La lista d’attesa per il villaggio dei nomadi digitali è piuttosto lunga, ma si può sempre puntare sul visto D7 che dopo 5 anni potrebbe anche convertirsi in un visto permanente.

#6 Vivere a Dubai senza pagare le tasse

credit: dubai.it

No, non avete letto male. Negli Emirati Arabi non esistono le tasse sui redditi delle persone fisiche. Quindi chi lavora in smart working non dovrà pagare le tasse e potrà godere di un visto che permette di fare praticamente tutto come un residente qualsiasi: accesso a linee telefoniche, documenti di identità, servizi bancari, la possibilità di affittare un alloggio e addirittura mandare i bambini a scuola.

#7 E l’Italia? Sconti fiscali per favorire gli espatriati

credit: ef.com.co

Il clima mediterraneo e l’ottima cucina sono un potente magnete che attrae cittadini europei e non, senza contare tutti gli italiani che si sono trasferiti all’estero per lavoro ma che non aspettano altro: tornare a casa. Dal 1° Gennaio 2021 gli espatriati potranno tornare in Italia e godere di uno sconto fiscale per ben 5 anni: il 70% per chi trasferisce la propria residenza fiscale al nord e addirittura il 90% per chi sceglie il centro-sud. Dopo 5 anni lo sconto può essere rinnovato per ulteriori 5 anni e ottenerlo è semplicissimo, basta avere una società italiana o lavorare per una società italiana.

Fonte: Il Corriere

Leggi anche: Milano DIMEZZATA: cosa accadrebbe ai GRATTACIELI se lo smart working durasse per sempre

ROSITA GIULIANO

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10 anni di STORIA dello spazio WOW FUMETTO

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Spazio Wow
Credit: blog.urbanfile.org - Spazio Wow

Lo spazio Wow Fumetto quest’anno compie 10 anni ma rischia di chiudere: qual è la sua storia e perché è un luogo unico?

10 anni di STORIA dello spazio WOW FUMETTO

C’è stato un tempo in cui le fabbriche erano costruite all’interno dei centri abitati. Al tempo non si aveva la percezione che i fumi che fuoriuscivano dalle ciminiere potessero far male, potessero nuocere alle persone e all’ambiente circostante. Non erano viste come luoghi inquinanti ma posti che generavano lavoro e davano benessere alle famiglie. Anche a Milano c’erano le fabbriche e tra queste una delle più importanti è sicuramente la Motta che aveva uno dei suoi stabilimenti in Viale Campania. Quando gli stabilimenti furono spostati fuori dalla città, anche questo subì la stessa fine e col tempo divenne un luogo abbandonato e fatiscente, fin quando nell’aprile 2011, complice una rivalutazione della zona, la costruzione di un complesso residenziale, di un parco, di un locale, fu aperto anche lo spazio Wow Fumetto che quest’anno compie dieci anni.

# C’era una volta la Motta…

credit: passipermilano.com

Angelo Motta è sicuramente una delle personalità di cui noi milanesi dovremmo andare fieri. Nato a Gessate, si trasferisce molto presto a Milano per imparare l’arte pasticcera, la sua passione e l’impegno lo portano in breve tempo ad aprire il primo forno e a inventare il panettone che è diventato un dolce tipico della tradizione natalizia e amato in particolar modo a Milano. I successi lo portano a mettere su un piccolo impero della pasticceria e quando apre uno stabilimento, il suo cognome diventa un marchio e una società per azioni.

Nei pressi di viale Corsica e vicino a uno dei licei storici di Milano (Donatelli) sorgeva lo stabilimento della Motta. Un imponente fabbrica da cui uscivano panettoni, merendine e gelati che però il passare degli anni e la necessità di spostare le fabbriche fuori dai centri abitati, lo fa diventare un luogo abbandonato.

# Dall’arte pasticcera a quella del fumetto

La sede del museo Wow
Credit: museowow.it – Ph: urbanfile.org – La sede del museo Wow

Dobbiamo aspettare qualche anno quando il comune rimette mano sulla zona e inizia a costruire un imponente complesso residenziale, un giardino che ospita una pista da skate, un locale (Boom Cafè) e dove all’ingresso svetta una scultura in pietra che raffigura il biscione meneghino. È proprio in questo punto che viene aperto un museo unico nel suo genere: lo spazio Wow Fumetto che ad aprile di quest’anno, nonostante le difficoltà dovute alla pandemia, compie dieci anni di attività. Il museo Wow Fumetto è uno spazio unico nel suo genere a Milano, un luogo che nasce con la chiara intenzione di fare cultura e di dare spessore a un genere lontano dalla letteratura classica, ma non per questo meno importante. 

# Lo spazio Wow Fumetto: uno spazio unico che andrebbe preservato

La sua mission è ripresa da analoghi luoghi che troviamo in giro per l’Europa, un luogo dove troviamo personaggi, storie, cimeli che hanno fatto la storia del fumetto, senza fare alcuna distinzione tra i personaggi più o meno amati e più o meno conosciuti. Un luogo ricco che vanta un patrimonio di 800.000 pezzi come giornali, riviste e materiale recuperato in giro per il mondo e portato nella nostra città a uso e consumo dei cittadini.

Oltre ad offrire spazi espositivi, dove si sono viste mostre dedicate al Lego, Diabolik, Tex Willer e altri, lo spazio offre la possibilità gratuita di consultare libri e riviste nella sua personale biblioteca dove troviamo 9000 pezzi. 

Attualmente, DPCM a parte, è in corso la mostra dal titolo “Amazing” dedicata ai personaggi della Marvel. Un progetto ambizioso che prende ispirazione dall’alta considerazione che hanno questi supereroi e dal successo che hanno avuto esposizioni simili soprattutto negli Stati Uniti. Infine dalle ultime informazioni, pare che si stesse progettando una mostra sui trent’anni di Crepax, ma purtroppo come sappiamo, per ora ci è impossibile sapere con certezza quando e se apriranno gli spazi espositivi.

Purtroppo non è solo questo il problema che sta affrontando lo spazio Wow, perdite economiche a parte, la Fondazione che si occupa del museo deve affrontare l’incertezza del rinnovo del contratto di locazione. Quando fu aperto il museo, ci si era accordati per dieci anni e poi furono aggiunti altri cinque, detto così si potrebbe pensare che ne abbiamo ancora di tempo, ma in realtà la vera paura è che al museo non venga riconosciuta la sua vera importanza e che per motivi politici si trovi costretto a chiudere i battenti per mancanza di aiuti regionali e statali.

Mi trovo spesso a passare vicino allo spazio Wow Fumetto e ricordo sempre con piacere le mostre che ho visto e l’emozione provata nel vedere oggetti e immagini che mi riportano direttamente alla mia infanzia. Io mi auguro che questa crisi sanitaria possa finire quanto prima, mi auguro di ritornare alla vita che c’era prima e che si possa tornare a vedere le bellissime iniziative di questo spazio che non merita assolutamente di vedere vanificati gli sforzi fatti per mantenere vivo l’importanza del fumetto.

Leggi anche: 7 FUMETTISTI milanesi che hanno creato PERSONAGGI noti in tutto il MONDO

MICHELE LAROTONDA

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L’APPARTAMENTO più COSTOSO di Milano è stato venduto. Chi l’ha comprato?

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credits: puccina23 IG - Attico San Babila

Dopo quindici anni, l’appartamento più costoso di Milano, all’angolo tra San Babila, corso Vittorio Emanuele e corso Europa, non è più sul mercato. Il super attico, che è stato per anni dimora di Maurizio Gucci e di sua moglie Patrizia Reggiani prima di trasferirsi nella casa di via Palestro, dove poi è avvenuto il suo omicidio, è stato comprato. Chi è il ricco acquirente? E come mai ci sono voluti quindici anni per vendere il lussuosissimo appartamento?

L’APPARTAMENTO più COSTOSO di Milano è stato venduto! Chi l’ha comprato?

# Un appartamento così lussuoso da fare invidia alle ville californiane

credits: corriere.it

1.770 mq, tre piani, attico con vita sull’intera città, terrazzo e piscina. Non è il set di un film hollywoodiano, ma l’appartamento più caro di Milano, il cui costo supera, secondo alcune valutazioni, i 20 milioni di euro.

La mega residenza si trova all’angolo tra corso Vittorio Emanuele, piazza San Babila e corso Europa. Si estende su tre piani: uno reso unico da ben 37 finestre che offrono una spettacolare vista su tutta la città, l’altro provvisto di un immenso terrazzo e infine l’ultimo, con un tetto di 800mq che ospita un giardino, una piscina, una cucina e un bar.

# Il nuovo proprietario del super appartamento

credits: gabbsullespine Ig

Dopo quindici anni e a poche settimane dalla decisione del giudice di mettere l’appartamento all’asta, si è fatto avanti un compratore. Il magnante in questione è Rishal Shah, fondatore e proprietario della società Jekson Vision, una multinazionale specializzata nel controllo e nella tracciabilità dei farmaci.

L’avvocato Giuseppe La Scala che, insieme alle colleghe Nadia Rolandi e Valeria Bano, ha seguito la vicenda giudiziaria dell’immobile, ha dichiarato che l’acquirente si è presentato senza l’intermediazione di un agente immobiliare. Sembra che l’imprenditore sia venuto a conoscenza della casa grazie alla sua rete di amicizie ed ha così fatto un’offerta per comprare lo sfarzoso appartamento, la cifra rimane segreta. Voci ufficiose sembrano inoltre sostenere che Shah abbia intenzione di aprire una sede della sua azienda proprio in Lombardia.

# Le grane giuridiche e il prezzo esorbitante avevano lasciato la casa sul mercato per anni

credits: corriere.it

Ma perché ci sono voluti così tanti anni perché un compratore si facesse avanti?

Sicuramente il costo esorbitante dell’appartamento non ha aiutato nella sua vendita, ma oltre al prezzo bisogna considerare una serie di grane legali che hanno accompagnato la casa per diversi anni. Circa quindici anni fa un imprenditore edile piemontese ristrutturò l’intera unità immobiliare, ma presto gli appartamenti furono pignorati per il mancato pagamento del mutuo e delle spese condominiali.

Continua a leggere: I 5 APPARTAMENTI più COSTOSI in VENDITA a Milano 

CHIARA BARONE

copyright milanocittastato.it

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La STRADA ARCOBALENO che sfida VIA LINCOLN: qual è la più colorata?

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Credits: www.paesionline.it

Non solo a Londra, a Burano o nei borghi liguri: le vie arcobaleno sono più numerose di quello che si può pensare. Si tratta di piccoli angoli di città sempre più prese dalla frenesia quotidiana, ma grazie ai quali si può respirare un’aria diversa, vivace e colorata.

Ed esistono due vie arcobaleno in città in cui nessuno si aspetterebbe di trovarle. Quale vince la sfida?

La STRADA ARCOBALENO che sfida VIA LINCOLN: qual è la più colorata?

# I colori delle città

Credits: www.paesionline.it

Vivere a colori non è un’esclusiva della londinese Portobello road o dell’isola veneziana Burano o dei vivaci borghi liguri.

Non se lo aspetterebbe nessuno, ma nel pieno centro di Milano c’è un “quartiere arcobaleno”. Stiamo parlando della coloratissima via Lincoln, vicino a Piazza 5 Giornate. Un vero e proprio angolo fiabesco fuori dal tempo in cui si susseguono villette colorate e una flora che fanno dimenticare di trovarsi nel frenetico centro meneghino.

Ma, le vie arcobaleno non finiscono qui. Anche nel cuore di Parigi c’è una strada che ricorda una galleria d’arte a cielo aperto, una degna concorrente del “quartiere arcobaleno” milanese.

# Via Lincoln rappresenta il progetto romantico di “quartiere giardino”

Credits: @solynou IG

Via Lincoln è senza dubbio la strada più colorata di Milano.

La storia del quartiere arcobaleno milanese inizia nel 1889 quando un gruppo di amici dà vita al progetto del “quartiere giardino”, un quartiere operaio in cui gli abitanti potessero vivere in piccole villette a prezzi accessibili. E, nel corso degli anni, gli stessi cittadini hanno iniziato a dipingere la facciata della propria casetta con un colore più brillante e vivace.

Oggi, via Lincoln rappresenta proprio questo progetto romantico: infatti, rimane “un’isola felice”, tranquilla, in mezzo alla frenesia di Milano centro. Un angolo che sorprende grazie alla sua armonia e ai suoi colori insoliti. Un luogo che, molto rapidamente, è stato in grado di attirare l’attenzione dei visitatori, diventando una vera e propria attrazione turistica.

# La via arcobaleno di Parigi: un’esplosione di colori in stile francese

Credits: @paris.explore IG

Realizzata nel 1857, Rue Crémieux è la strada parigina più variopinta.

Il suo lato eccentrico si sposa alla perfezione con il bon ton francese: ciò che si può osservare è un susseguirsi di case a due piani variopinte, tutte diverse le une dalle altre. Colori che non hanno nulla a che vedere con la moderna street art: si tratta di un’urbanistica molto elegante e multi-tono.

Sicuramente, è un luogo diverso rispetto alle altre mete parigine: non è mai stato una vera e propria attrazione turistica, rimanendo una meta per pochi intenditori che desiderano scoprire un lato diverso di Parigi, quello più pittoresco, meno caotico.

Ma questo fino all’avvento di Instagram. Infatti, grazie ai suoi colori accesi e alla sua atmosfera unica, questa via residenziale chiusa al traffico non poteva non diventare popolare sui social e richiamare a sé migliaia di aspiranti blogger.

# La gara delle vie arcobaleno: chi vince la sfida?

Credits: www.viaggiatorineltempo.com

Via Lincoln, a poca distanza da palazzi e grattacieli, offre una visione unica di Milano, tra aiuole profumate, alberi da frutto e meravigliosi roseti. Il panorama che offre fa dimenticare per qualche minuto dove ci si trova: le sue villette colorate e la fiorente vegetazione stupiscono chiunque. Questa via è un vero inno alla natura, alla poesia e al colore e, nonostante sia sempre più “presa d’assalto” da fotografi amatoriali, rimane un’oasi quasi segreta dove si possono respirare antichi profumi e ammirare una pagina di storia milanese.

Rue Crémieux è diventata famosa per la sua bellezza, per il suo essere una galleria d’arte a cielo aperto, per i colori pastello che la contraddistinguono. Una via lunga appena 145 metri con 35 case in stile parigino, simili alle tele di un pittore e circondate da una vegetazione che non capita di poter osservare in tutta Parigi.

Chi è il vincitore?

Fonte: www.paesionline.it, www.viaggiatorineltempo.com

Continua la lettura con: LOMBARD STREET: la VIA a forma di SERPENTE più famosa del mondo

ALESSIA LONATI

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Le otto città del MONDO che ti PAGANO per andarci a VIVERE

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Credits: lucafrankde IG - Niagara Falls

Siete stanchi di dover lavorare per vivere? Ecco 8 posti dove siete pagati per andare ad abitarci.

Le otto CITTÀ del MONDO che ti PAGANO per andarci a VIVERE

#1 Nella provincia canadese del Saskatchewan si ricevono 13.000 euro per viverci e lavorarci almeno 7 anni

Credits: churchmypassion IG – Saskatchewan

L’incantevole provincia di Saskatchewan, in Canada, che offre fino a 13.000 euro a tutti quelli che scelgono di abitare e lavorare lì per almeno 7 anni. Il clima non è certo dei migliori con inverni freddi, estati calde e secche e l’escursione termica che può facilmente raggiungere i 65 °C, ma forse si può soprassedere.

 

#2 La piccola comunità di Camdem, in Canada, offre fino a 2,8 ettari per chi crea almeno 24 posti di lavoro

Camdem, Nuova Scozia

La comunità di Camden, sempre in Canada, ha dedicato molta attenzione agli imprenditori e ai datori di lavoro. Infatti per chi si impegna a creare almeno 24 posti di lavoro l’amministrazione offre fino a 2,8 ettari di terreno per far partire la propria attività.

 

#3 In Alaska offrono 2.250 euro mensili per viverci almeno 180 giorni all’anno

Credits: 49thandwander – Alaska

Il governo dello Stato dell’Alaska ha dato il via a una politica per incentivare l’immigrazione perché a causa delle temperature rigide e le dure condizioni climatiche sempre meno persone decidano di viverci. L’offerta del piano prevede 2.250 Euro al mese per tutti quelli che si impegnino a vivere lì più di sei mesi e non abbiano precedenti penali.

#4 La città delle cascate del Niagara paga fino a 6.000 euro i laureati a condizione che rimangano a lavorare in zona

Credits: lucafrankde
IG – Niagara Falls

La città Niagara Falls, celebre per le sue cascate, offre sino a 6.000 euro ai laureati che decidano di vivere lì per almeno due anni tramite il programma Housing Incentive. L’unica condizione è che gli studenti rimangano a lavorare per un’azienda del luogo.

 

#5 Il comune di Detroit offre 18.000 euro a chiunque decida di vivere e lavorare in città, per ripopolarla e risollevare l’economia locale 

Credits: markthehall IG – Detroit

A causa della gigantesca crisi economica dei decenni scorsi, l’ex capitale dell’auto Detroit si è ritrovata in stato di semi abbandono. La scelta del governo federale è stata quella di offrire fino a 18.000 euro a tutti coloro che si trasferiscono nella città e iniziano a lavorare lì. L’obiettivo è quello di stimolare l’economia e aumentare la popolazione.

 

#6 Lo Stato del Kansas offre terreni a chi decide di andar a viverci, per ripopolare le città

Credits bt.warren IG – Kansas City

Lo Stato del Kansas ha iniziato a offrire terreni a tutti quelli che decidano di vivere lì per un determinato periodo, per far fronte al drastico calo degli abitanti degli ultimi anni.

 

#7 A Utrecht si riceve un compenso di 900 euro mensili per far parte di una ricerca sociale

Credits: sofiasousasilva – Utrecht

La città olandese di Utrecht ha iniziato a fare ricerche sul comportamento dei suoi abitanti corrispondendo loro uno stipendio di 900 euro mensili. Lo scopo di questa iniziativa è scoprire quanto i cittadini del posto siano disposti a spendere nel contesto locale.

 

#8 A Tristan da Cunha in Sudafrica, uno degli insediamenti umani più remoti al mondo, il governo propone offerte di lavoro con grossi incentivi

Credits: latestnews.plus IG – Tristan da Cunha

Tristan da Cunha è una minuscola isola del Sudafrica, uno degli insediamenti umani più remoti al mondo raggiungibile in cinque/sei giorni di navigazione. Per aumentare la popolazione, vi risiedono 250 abitanti, e far crescere l’economia locale, il governo locale incentiva offerte di lavoro con grandi benefici per tutti coloro che decidano di trasferirsi nell’isola. Le attività maggiormente diffuse sono l’agricoltura e l’allevamento.

 

Fonte: Italiani Emigrati

Continua le lettura con: Uno dei BORGHI più BELLI d’ITALIA affitta le CASE a un PREZZO SIMBOLICO

FABIO MARCOMIN

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