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PRINCIPE1940: i milanesi maestri del lusso

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Credits: @principemilano1940 Principe Milano

Era il 1940 quando Guglielmo Nobile, imprenditore cosmopolita e visionario, decise di tornare a Milano dopo l’inizio del secondo conflitto mondiale. I tempi erano difficili ed il signor Nobile, grazie al suo estro ed al suo fiuto per gli affari, si inventò una nuova attività: produrre cinturini per orologi.

PRINCIPE1940: i milanesi maestri del lusso

# Nasce la Principe

Credits: principe1940.com
principe1940

La Principe di Guglielmo Nobile muoveva i suoi primi passi confezionando cinturini su misura, per chi aveva l’esigenza di sostituire quello vecchio e logoro con uno nuovo. Pochi pezzi ma, già dall’inizio, capì che la qualità del prodotto giocava un ruolo determinante per ottenere un buon successo nelle vendite. Finita la guerra, con un’Italia in netta ripresa e proiettata verso il boom economico, la Principe iniziò ad ingrandirsi e da pochi cinturini si passò ad alcune centinaia a settimana, organizzando un piccolo magazzino con misure standard, pur mantenendo sempre un’alta qualità.

# La Principe cresce

Credits: @principemilano1940
pelle principe

Si arriva al 1979 quando Guglielmo Nobile inizia a sentire gli anni sulle spalle e la sua azienda, ormai consolidata, richiede linfa nuova sia nella gestione che nel reparto commerciale. Arrivano in aiuto la nipote Ambrogina Galli e il pronipote Giorgio Pizzocri, allora poco più che maggiorenne. Il nipote si rivela un abile venditore, oltre che una persona di grande lungimiranza. Insieme alla moglie Maria Grazia, mente creativa e attenta nella cura del particolare, perfeziona il prodotto inserendo nuovi articoli, spaziando con numerose tipologie di pelli: dal pregiatissimo alligatore al più diffuso cuoio. Le grandi Maison di alta orologeria iniziano a notare ed apprezzare il prodotto di Principe, fino a riconoscerlo come uno dei migliori sul mercato.

# Arriva la quarta generazione

Credits: @principemilano1940
Principe Milano

Oggi la Principe Srl è indiscussa leader mondiale di cinturini di altissima qualità e fiore all’occhiello di una Milano che “veste” dalle case produttrici di orologi di alta gamma, le gioiellerie più prestigiose, fino al cliente privato più sofisticato. Da qualche anno, con l’ingresso delle tre figlie, l’azienda ha anche diversificato allargando la produzione ad accessori che si collocano in una nicchia quasi inesplorata: l’accessorio prezioso fusione di pelletteria ed oreficeria. Ecco che nasce Principe Atelier. Taylor made, materiale di altissima qualità ed una lavorazione solo artigianale conferiscono ad ogni singolo pezzo una connotazione unica. Nel 2016 la Principe riceve dalla Camera di Commercio la medaglia per la Milano produttiva e nel 2017 il premio come Bottega Storica della città di Milano.

# La Principe oggi

Innovazione, massima attenzione al dettaglio e ricerca di materiali solo di grande pregio, sempre con occhio attento alla provenienza delle pelli nel rispetto dell’ambiente, sono e continuano ad essere i punti imprescindibili della filosofia aziendale. Oggi la Principe, nella sua nuova sede di Via Mecenate a Milano, occupa, tra dipendenti, collaboratori e consulenti, oltre 25 persone che lavorano con grande passione e competenza per mantenere l’azienda leader del settore.

Continua la lettura con: Il PRIMO OROLOGIO pubblico del MONDO si trova a MILANO

ROBERTO BINAGHI

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Il FOSSO del DIAVOLO: l’impronta di Satana diventata attrazione turistica

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Credits: ioscrivodame.com il fosso del diavolo

A Sasso Marconi, sull’Appennino bolognese, da molti anni si tramanda una leggenda. Il borgo prende il nome da Guglielmo Marconi, è qui infatti che questo fece le sue prime radiotrasmissioni. Un paese quindi dall’importanza storica già in partenza, è reso ancora più interessante dalla leggenda del Fosso del Diavolo.

Il FOSSO del DIAVOLO: l’impronta di Satana diventata attrazione turistica

# La creatura che si aggirava per i campi

Credits: ioscrivodame.com
il fosso del diavolo

Molti anni fa il borgo era un feudo e i cittadini erano vittime delle lotte feudali, per questo si rintanavano nel castello. Una fortezza completamente diversa dalle case con i tetti in paglia presenti nel paesino. Fu in questo periodo, pressoché quello medievale, che si diffuse la leggenda qui narrata. Si diceva che a Sasso Marconi una misteriosa creatura si aggirava per i campi alla ricerca di anime dannate, portando con sé morte e devastazione. Addirittura si parlava di un demone o un mostro terrificante, ma niente che fosse mai stato accertato. Una notte, però, il cielo si scurì, nubi nere comparvero e una figura si stagliò oscurando la visuale.

Gli abitanti impauriti si rifugiarono nella chiesa del castello a pregare, mentre la creatura cercava di entrare distruggendo la fortificazione. Nel momento in cui era pronta a saltare nella fortezza, la luce della Vergine sconfisse la creatura scaraventandola verso il basso. Quando l’indomani i cittadini di Sasso Marconi uscirono dalla chiesa, trovarono un’enorme impronta al posto degli orti, campi e vigne. Era una larga spaccatura attraverso cui scorreva un rivolo d’acqua scura: il Fosso del Diavolo.

# Una bellezza naturale

Credits: ilparanormale.com
Fosso del diavolo

Da allora quella fenditura venne denominata il « Fosso del diavolo » e, a ricordo dell’accaduto, sul luogo venne eretta una piccola stele in onore di Colei che aveva salvato gli abitanti di Sasso Marconi. Il rivolo d’acqua è oggi una bellezza naturale e si possono anche organizzare escursioni nella zona. Inoltre, ad arricchire la storia, si dice che fra i cunicoli creati dalla caduta della creatura, sotto terra, ci sia un tesoro nascosto molto prezioso.

Fonti: prolocoemiliaromagna.it

Continua la lettura con: 7 MERAVIGLIE nascoste dell’EMILIA ROMAGNA: “fata roba”!

BEATRICE BARAZZETTI

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La RIVOLUZIONE INVISIBILE di ROMA: l’impatto dei BIG DATA su trasporti, anagrafe e ambiente 

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Da quando Roma ha scoperto di essere al quarto posto fra le città più digitali d’Italia dopo Firenze, Bologna e Milano, sono in molti nella capitale a chiedersi se non sia un sogno che si avvera.

La RIVOLUZIONE INVISIBILE di ROMA: l’impatto dei BIG DATA su trasporti, anagrafe e ambiente 

# Roma: la quarta Smart City d’Italia

A stilare l’inaspettata graduatoria è stato il Forum Pubblica Amministrazione, che come ogni anno dal 2012, pubblica il rapporto annuale sulle Smart City in Italia. 

Firenze, è la prima della lista fra le città intelligenti grazie al primato ottenuto su app municipali, open data, trasparenza, wifi pubblico e ottimi posizionamenti in quasi tutti gli indicatori. Bologna, è seconda grazie al posizionamento di vertice per app municipali, piattaforme abilitanti, social media. Milano, è la terza, per le sue piattaforme digitali, gli open data e la trasparenza, ma anche per una buona disponibilità di wifi pubblico e infine Roma è la quarta con un primato per servizi pubblici online e un ottimo posizionamento anche su piattaforme abilitanti e app municipali.

Dunque se è smart una città più vicina ai bisogni dei cittadini, più inclusiva, più vivibile, più capace di promuovere sviluppo adattandosi ai cambiamenti, allora vediamo in che modo Roma sta diventando intelligente.

# Roma/Smart city, ma che ne pensa la politica?

“Roma dev’essere la capitale dell’innovazione, una smart city a portata di cittadino e attrattiva per gli investimenti. È per questo che, nell’ultimo anno, abbiamo modernizzato settori strategici dell’amministrazione, dai servizi online allo smart-working, passando per le nuove app dedicate ai cittadini. Stiamo trasformando la città in un laboratorio della digitalizzazione .

Sto spingendo molto sulla candidatura e sulla vittoria di Roma all’Expo 2030. Così potremo avere 10 anni di investimenti per far crescere la nostra città. Come ho immaginato Expo 2030? Stiamo puntando molto sull’asse della Tiburtina, dalla stazione, alla Tiburtina Valley. Si tratta di un luogo molto denso di fermento e imprese. Se lavoriamo lì possiamo creare con Expo un vero e proprio quartiere ecosostenibile a cui lavoreranno le migliori intelligenze mondiali”.  Parole di Virginia Raggi, sindaco di Roma.

# 21 progetti per la transizione ecologica del Lazio

Sono 21 i progetti, per oltre 5 miliardi di euro, che serviranno a realizzare “la transizione ecologica” della regione Lazio. A ricordarlo è il  Vice-governatore Daniele Leodori, «Sostenibilità e resilienza significano – spiega Leodori – valorizzare l’economia circolare, le smart cities, la bioeconomia e gli investimenti nelle imprese green. Il Next generation Lazio, frutto anche del grande lavoro iniziato a marzo scorso dagli esperti di LazioLab, contiene 21 progetti dedicati alla linea strategica della transizione ecologica, una rivoluzione verde che prevede interventi per il miglioramento dell’efficienza energetica e antisismica di edifici pubblici e privati e degli stabilimenti produttivi. Ancora, abbiamo pensato a interventi che contrastino l’inquinamento delle acque, mitighino i rischi idrogeologici, supportino il rimboschimento».

# Roma Smart City in chiave ANAGRAFE

Anche Roma Capitale è entrata nell’Anagrafe Nazionale della Popolazione Residente, effettuando contestualmente il passaggio verso un nuovo sistema informatico della popolazione. L’ingresso della Capitale nel registro anagrafico centrale ha fatto registrare un significativo incremento (+5%) del numero di residenti censiti che, passando da 51,5 a 54,3 milioni, arriva a coinvolgere attualmente più del 90% dell’intera popolazione. E’ come se in uno stesso giorno 15 grandi capoluoghi di provincia fossero entrati, contemporaneamente, all’interno della banca dati unica nazionale.

# Roma e i BIG DATA MARINI

Il Wi-Fi sottomarino di riferimento internazionale parla italiano, anzi romano, ed è stato sviluppato dalla startup Wsense. Un progetto ancora giovane – ma sicuramente ambizioso – che nasce tre anni fa come spinoff dell’Università La Sapienza di Roma dagli studi della Professoressa Chiara Petrioli, prorettrice dell’ateneo romano. L’obiettivo è quello di realizzare una rete di sensori, oggetti intelligenti, robot e droni capaci di dialogare sott’acqua aggirando tutti gli attuali limiti ambientali. Siamo nell’ambito della cosiddetta “Blue economy“, che punta a elaborare Big Data marini per il monitoraggio, e anche lo sfruttamento e la gestione sostenibile delle risorse sottomarine per capire di più sulle masse oceaniche e sui fenomeni naturali ad esse connessi, ma anche sulla qualità dell’acqua, coordinando le informazioni provenienti da una rete di sensori, robot, droni e oggetti intelligenti.

# BIG DATA per analizzare la MOBILITA’

E’ partita questo mese la sperimentazione Atac-Moovit, all’interno dell’app per la mobilità urbana, già utilizzata da oltre 950 milioni di persone, sui dati in tempo reale sull’affluenza a bordo. Tredici le aree metropolitane coinvolte nel mondo: tra queste Roma, New York e Singapore. I risultati del test e dei feedback verranno comunicati nel corso del mese di marzo, quando verrà completata la valutazione sull’esito della sperimentazione. Il monitoraggio costante contribuirà anche alla rimodulazione del servizio secondo i flussi rilevati. Intanto già è emerso che il tempo medio per raggiungere la propria destinazione a Roma è di 48 minuti e che 15 minuti è il tempo di attesa di un mezzo pubblico e che, sempre a Roma l’84% degli utenti non ha ancora mai usato i mezzi della micromobilità in sharing (i monopattini elettrici).

Sono esempi quelli qui riportati di una Roma che sembra aver capito come, all’interno delle organizzazioni pubbliche o private, i dati non siano più qualcosa di marginale.  Sono invece fattori determinanti in fase decisionale, per scoprire nozioni, per differenziarsi e creare le condizioni ideali per ottenere un vantaggio competitivo in un mercato globale e concorrenziale.

FRANCESCA SPINOLA

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L’OSSERVATORIO astronomico a tema STAR WARS

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Credits: @landschafts.fuchs IG

Tanto tempo fa, in una galassia lontana lontana…” c’era un osservatorio astronomico, trasformato poi in un robot. In realtà, stiamo parlando del 2019 e l’osservatorio in questione si trova nel sud-ovest della Germania, per l’esattezza nel campus di Zweibrücken. Ma la sua struttura fa impazzire i fan di Star Wars di tutto il mondo.

L’OSSERVATORIO astronomico a tema STAR WARS

# Dopo il suo re-styling nel 2018, un osservatorio tedesco diventa virale sui social

Credits: @syntaction IG

In Germania, sull’altura del Zweibrück Observatory, campeggia una figura che sicuramente non sarà nuova per i fan di Star Wars, il cult movie creato dal celebre George Lucas.

Infatti, ora l’osservatorio ha le sembianze di R2-D2, il robottino aiutante di Luke Skywalker. È a tutti gli effetti un omaggio alla saga cinematografica che ha appassionato tutti, dal 1977 fino ad oggi.

# L’idea di un professore appassionato di fantascienza

Credits: @berufswahlbegleiter_spk IG

L’idea per questo re-styling che promuove la comunione tra scienza e fantastico è di Hiber Zitt, un professore di elettrotecnica presso l’Università di Scienze Applicate di Zweibrücken. Da sempre appassionato di fantascienza, è noto tra gli studenti per aver introdotto nelle sue lezioni riferimenti proprio a questo genere.

E così, aiutato da suo padre e dai suoi studenti, è riuscito a camuffare la struttura della Natural Science Association a sud di Francoforte. E come se non dipingendo uno dei personaggi più iconici dell’intera saga?

# Un’altura in cui ammirare il cielo e immaginare luoghi lontani

Credits: @l_to_the_aser IG

Un progetto che ha reso l’osservatorio tedesco una delle mete preferite dagli appassionati della saga, conquistando anche i social. Infatti, su Twitter è possibile leggere gli elogi promossi dall’attore Mark Hamill, Luke Skywalker in persona: “L’osservatorio R2-D2 ha trasformato i tedeschi in giganteschi nerds”.

Ma la sua attrattività non si deve fermare solo alla sua forma: questa struttura, raggiungibile percorrendo una scala panoramica, è circondata da alberi e fa da sfondo ad una panchina solitaria. Chissà se sia messa lì per ammirare il cielo in tutta tranquillità, immaginando di raggiungere luoghi lontani… proprio come la Galassia di Star Wars.

Fonte: berlinomagazine.com

Continua la lettura con: Le 10 cose di MILANO che “porteremmo su MARTE”

ALESSIA LONATI

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Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità.

POVEGLIA la “MALEDETTA”: è in Italia l’isola al mondo più infestata dai fantasmi

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“Poveglia Island”: @seidmanart (INSTG)

“The most haunted isle of the world”, l’isola più infestata del mondo. Se provate a digitarlo sul vostro motore di ricerca, scoprirete che si tratta dell’Isola di Poveglia. Un’isola disabitata dove la storia e le leggende si intrecciano creando uno sfondo senz’altro misterioso.

POVEGLIA la “MALEDETTA”: è in Italia l’isola al mondo più infestata dai fantasmi

# L’isola “maledetta” a sud della laguna di Venezia

Credits: @msecchi IG

Proprio Poveglia, con i suoi sette ettari e mezzo di case diroccate e vegetazione incolta a sud della splendida laguna di Venezia, sarebbe il luogo più infestato al mondo per presenze ultraterrene. Dagli spiriti maligni, ai fantasmi dei morti per la peste, alle vittime di folli esperimenti psichiatrici.

Nota anche come “isola maledetta”, deve la sua fame alle macabre leggende e alle storie inquietanti che aleggiano sull’isolotto, diventato una meta da brivido.

# La storia di Poveglia: dalla vita alla devastazione

Credits: @cdf_archive

In passato, Poveglia era un centro florido e popoloso, ma per la sua posizione strategica, fu usata come avamposto militare durante la guerra di Chioggia. In questa occasione fu completamente devastata e la popolazione si ridusse a poche decine di abitanti.

Ma la sua macabra storia iniziò nel 1700, quando divenne un luogo di quarantena per uomini e merci. Ma non solo: fu trasformata in un lazzaretto, dove furono confinati i malati di peste i cui corpi, una volta deceduti, venivano bruciati e sepolti sull’isola.

Fu in quegli anni che cominciarono a diffondersi leggende e storie inquietanti sui fantasmi e molti dicono che, ancora oggi, è possibile trovare resti di ossa umane spostando la terra.

# Un ospizio per anziani o un terribile manicomio? Ecco gli indizi

Credits: @posti.brutti IG

Ma queste storie angoscianti aumentarono quando, nel 1922, fu eretto un nuovo edificio sull’isola. La sua funzione è ancora oggi oggetto di dibattito: alcuni hanno persino iniziato a negarne l’esistenza.

Stando però agli archivi storici, la struttura sarebbe stata adibita ad ospizio per anziani. Ma molti elementi, tra cui la presenza di una pietra con la scritta “reparto psichiatrico”, tuttora presente tra le rovine, inducono a pensare si trattasse di un ospedale psichiatrico.

In ogni caso, questa clinica cessò la propria attività nel 1946, ma le leggende su questo luogo non mancano di certo.

# Le leggende terribili sulle torture inferte agli ospiti

Credits: @nerofondaco IG

Si narra che all’interno del manicomio si praticassero terribili torture sugli ospiti ricoverati, tra cui la lobotomia.

Ma, tra i racconti più inquietanti, c’è quello del responsabile del reparto di psichiatria. Si dice che sia impazzito perché tormentato dagli spiriti dei suoi pazienti, su cui avrebbe condotto brutali esperimenti. Indotto dalle voci nella sua testa, si gettò dal campanile dell’antica pieve di San Vitale, ma, secondo un’infermiera che assistette al suicidio, non morì con l’impatto al suolo. Fu avvolto da una strana nebbia propagatasi dal terreno che lo soffocò.

# Il racconto di 5 turisti del Colorado: nel 2016 avrebbero avuto un “incontro ravvicinato” con i fantasmi dell’isola

Credits: travellingwithliz.com

Ora, soprattutto grazie a trasmissioni e docu-fiction americane, Poveglia è conosciuta come uno dei luoghi più infestati al mondo.

Ma è un particolare episodio avvenuto nell’estate del 2016 a rafforzare la sua posizione. I protagonisti sono 5 turisti del Colorado che, alla ricerca di un’avventura da brivido, andarono sull’isola con un taxi subacqueo per compiere un’esplorazione notturna. Ma fu poco dopo la mezzanotte che i cinque chiesero aiuto, urlando terrorizzati “Ghosts, ghosts!”. Raccontarono poi ai giornalisti di aver avuto “un incontro ravvicinato” con i fantasmi dell’isola e di aver sentito voci, lamenti spettrali e rumori infernali provenire dal buio della notte.

# A prescindere da quale sia la verità, Poveglia è un’isola abbandonata ricca di mistero

Credits: @marcovalmarana IG

A Poveglia non si sa se i fantasmi esistano davvero, nessuna storia o tradizione popolare veneziana racconta di presenze spettrali. Anzi, i documenti in archivio sembrerebbero smentire le leggende su Poveglia come isola maledetta.

Ma ciò che è certo è che questa piccola isola, totalmente abbandonata a se stessa ma con i suoi edifici che conservano ancora gli ambienti del passato, è davvero ricca di mistero.

Fonte: initalia.virgilio.it

Continua la lettura con: La VILLA più infestata dai FANTASMI è a un’ora da Milano

ALESSIA LONATI

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SAN MARINO: da quasi mille anni simbolo mondiale di LIBERTÀ

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Credits: @visitsanmarino IG

Già nel suo motto, la Serenissima Repubblica di San Marino, o semplicemente San Marino, ha un riferimento alla libertà: nella bandiera e sullo stemma la parola latina è proprio “Libertas.

Fondata il 3 settembre del 301 da Marino, un dalmata in fuga dalle persecuzioni di Diocleziano contro i cristiani, la terra ospitava la comunità che nacque sul Monte Titano. Ecco il motivo per cui San Marino è anche detta “la Repubblica del Titano”. Poi, fu donata da una certa Felicissima, ricca proprietaria terriera riminese, alla comunità stessa, che la nominò “Terra di San Marino”.

SAN MARINO: da quasi mille anni simbolo mondiale di LIBERTÀ

# La libertà e l’indipendenza, dono di un Santo

Credits: @visitsanmarino IG

Secondo la leggenda, San Marino avrebbe pronunciato, poco prima di morire, la frase “Vi lascio liberi da ambedue gli uomini”, riferendosi all’Imperatore ed al Papa.

Questa frase è stata ritenuta il fondamento della piena indipendenza della Repubblica, già quando la richiesta di tributi proveniente da un convento nei dintorni di Pesaro fu respinta in quanto “Il Santo li ha lasciati liberi”.

# “Non dipendere da nessuno”

Credits: @visitsanmarino IG

Risale grossomodo all’XI secolo il motto “nemini teneri, “non dipendere da nessuno”, ancora oggi sinonimo dell’anima di San Marino. Infatti, già dall’anno 1000 le terre intorno al Titano si governavano da sole, attraverso l’Arengo, istituzione che riuniva i capifamiglia e deteneva il potere legislativo, esecutivo e giudiziario.

Tuttavia, le sempre maggiori necessità amministrative resero l’Arengo di fatto ingestibile, affidando al Consiglio Grande e Generale un potere sempre maggiore. Ed è dal 1243 che furono istituiti i Capitani Reggenti, che gestivano il potere amministrativo e giudiziario e che rappresentavano San Marino anche all’estero.

Un’altra data simbolo è il 1291: il Papa riconobbe finalmente San Marino. E, nel 1351, fu dichiarato libero Comune.

# La più antica Costituzione del mondo 

Pur avendo iniziato ad agire come emanazione dell’Arengo, il Consiglio Grande e Generale ha visto crescere il proprio potere e si è sempre preoccupato di avere fra i suoi membri un’equa rappresentanza della città e del contado. Al crescere del potere, è cresciuta anche la responsabilità.

Il XV secolo ha visto anche l’unica espansione del territorio sammarinese. Ad oggi, il Titano è una repubblica con un’estensione di circa 62 chilometri quadrati e circa 34 mila abitanti.

Dal 2008, l’UNESCO ha riconosciuto San Marino come Patrimonio dell’Umanità in quanto “testimonianza di una repubblica libera già dal XIII secolo”. Infatti, la costituzione sammarinese risale al 1600 ed è la più antica al mondo. L’unicità di San Marino si vede anche nella doppia datazione dei documenti ufficiali. Pensate, oltre alla data gregoriana si indica solitamente anche la data a partire dalla fondazione della Repubblica con la formula d.f.R., ossia dalla “fondazione della Repubblica”.

# L’autonomia e l’indipendenza sammarinese nei secoli

Credits: @visitsanmarino IG

La libertà sammarinese “da ambedue gli uomini” venne dimostrata in diverse occasioni. Per esempio, il tentativo di annessione da parte dello Stato Pontificio, animato dal Cardinale Giulio Alberoni, fallì grazie all’interessamento delle altre potenze d’Europa e delle proteste ante la Santa Sede.

E fu in epoca napoleonica che il Titano si guadagnò la stima dell’Imperatore dei Francesi, che si offrì addirittura di ampliarne i domini fino al mare. I Capitani Reggenti dell’epoca rifiutarono, volendo preservare l’unicità della loro Repubblica. Ma continuarono a rispettare il Grande Corso, che dispose anche di far mantenere l’esenzione dai tributi per San Marino.

La libertà sammarinese si è espressa anche nella neutralità che il Titano ha mantenuto durante le due guerre mondiali, pur attirandosi le ire di alcuni dei potentati d’Europa e venendo bombardata per errore dagli Alleati. Questi erano stati informati che i tedeschi controllavano il Titano, cosa mai avvenuta.

Invece, durante la Prima guerra mondiale, alcuni volontari sammarinesi scelsero di arruolarsi con l’Italia, in quanto la promessa di conquista della Dalmazia avrebbe sottratto Arbe all’Impero Austro-Ungarico, isola natale del Santo che diede origine alla Repubblica.

# San Marino e l’Italia

Credits: @visitsanmarino IG

I rapporti di San Marino con l’Italia sono disciplinati dalla “Convenzione di Amicizia e Buon Vicinato”, stipulata nel 1939 e successivamente aggiornata, modificata e integrata. Sono stati generalmente più che buoni, tranne che in alcuni casi, come quando il Ministro dell’Interno, Mario Scelba, bloccò militarmente il Titano, finché i piani per un casinò, appena aperto, non fossero stati abbandonati. Gli accordi del 1953 tra Italia e San Marino sancirono la rinuncia da parte del piccolo Stato al casinò e ad un’emittente televisiva, che poi nascerà nel 1991 in joint venture con la Rai.

San Marino è un esempio di come la forza di un’idea di libertà ed indipendenza, se ben seguita, coltivata e protetta con intelligenza, può durare secoli ed ottenere risultati assolutamente spettacolari.

Continua la lettura con: La piccola Svizzera nel bergamasco

ANTONIO ENRICO BUONOCORE

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Il mistero di Fra Cassio da Velletri

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Credits: Edizioni Scorpius Velletri fra cassio da Velletri

Nell’area romana, e non solo, con quest’espressione si intendono varie cose. Ad esempio chi spocchiosamente e in maniera saccente interagisce con gli altri: “oh è ‘rivato Fra Cazzo da Velletri, sa tutto lui”, oppure si usa come risposta ad una questione ovvia “chi sarà stato mai a comprare tutte queste scarpe, sarà stato Fra Cazzo da Velletri!”.

Il mistero di Fra Cassio da Velletri

# Chi è Fra Cazzo o Fra Cassio?

Credits: @@fracazzodavelletri1990
Fra Cazzo da Velletri

La sua prima apparizione ufficiale avviene nel 1930, quando un compositore ebbe l’idea di pubblicare uno spartito con lo pseudonimo di Fra Cassio da Velletri e da lì partì la fortuna di questo appellativo. Ricomparve poi nel 1950, quando un frate, frate Cassio, nel periodo di guerra aiutò le popolazioni della zona dei castelli romani a cercare l’acqua e la trovò proprio a Velletri. Sì un frate rabdomante, non proprio ben visto dalla chiesa proprio per questo suo “potere”! Ed in un secondo Fra Cazzo da Velletri era un eroe!

# Arriva la popolarità

Credits: BigCharlie-Cinema
Armata Brancaleone

Ma Fra Cassio da Velletri è stato dipinto anche come un amatore, un frate che millantava la pozione magica per aiutare le donne con problemi di fertilità, per poi spargere il proprio di seme nella provincia Romana. La popolarità mondiale gli arrivò con il film del 1966 “l’armata Brancaleone va alle cruciate” di Mario Monicelli. “Chi sei tu, Fra Cacchio da Velletri?”, viene detto nel film per indicare una persona autorevole, della quale però si ignora o si vuole sarcasticamente misconoscere l’importanza. E quindi il nostro frate viene lanciato nell’Olimpo dei modi di dire! Negli anni settanta gli venne dedicato un film erotico, goliardico, dipingendolo come un donnaiolo ben dotato.

Leggende, film, pseudonimi, cosa li accomuna? La superbia, la sfrontatezza, la sfida con strafottenza. Ed eccoci qui oggi, alle prese con uno pseudonimo tra mito e leggenda, ma che poi è molto reale, quanti ne conosciamo di Fra Cazzo? Personalmente tanti!

Continua la lettura con: Le 7 espressioni ROMANE usate in tutta ITALIA con il loro SIGNIFICATO

MARTINA PICCIONI

 

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IKEA lancia le MINICASE fai-da-te: piccolo prezzo e realizzabili ovunque

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Credits: pinterest.it Minicase

Ikea, da sempre specializzata nell’ottimizzare gli spazi, ha deciso di collaborare con la società americana ESCAPE per un nuovo progetto: una minicasa sostenibile, autosufficiente e accogliente. Ikea è famosa per i suoi prodotti che possono montare tutti e anche per le minicase non è da meno, questa infatti è pronta all’uso. 17 metri quadrati a partire da circa 40 mila euro e, se la si vuole arredata (rigorosamente con mobili Ikea), va a costare poco più di 50 mila euro.

IKEA lancia le MINICASE fai-da-te: piccolo prezzo e realizzabili ovunque

# Perché vivere in minicase

Credits: it.toluna.com
Vado a vivere in mini case

Negli ultimi anni andare ad abitare in micro case è diventato uno stile di vita. Spopolato in America, dove infatti ci sono già molte famiglie che hanno abbracciato questo modo di vivere, il fenomeno si sta diffondendo sempre di più sul mercato internazionale. Le minicase sono piccoli rifugi che possono essere posti ovunque, ad esempio in mezzo al verde, in modo da godersi a pieno la natura, ma soprattutto spesso sono trasportabili. Questo significa che ci si può trasferire cambiando città, ma non cambiando casa. Un risparmio incredibile!  La scelta di comprare una mini casa è comunque molto azzardata. Significa vivere in spazi ridotti, avere la metà delle cose e dei vestiti che solitamente si ha e saper gestire gli spazi al meglio. Sarebbe sicuramente un grande cambiamento.

# Le mini case di Ikea

Credits: pinterest.it
Interno minicasa

L’Archtectural Digest ha descritto le micro case Ikea “chic, sostenibili, funzionali e convenienti”, praticamente perfette.  Grazie alla collaborazione con Escape, che da anni costruisce mini case sostenibili e trasportabili, Ikea è riuscita a creare uno spazio dove vivere piccolo, ma comodo. Le mini case sono super luminose, forse anche perché la luce gioca molto sulla percezione dello spazio, costruite con materiali interamente riciclabili e garantiscono poche emissioni. In poche parole sono un bocca sana per l’ambiente. Partendo dall’idea di un camper, la struttura è in legno di cedro e al suo interno si può trovare tutto ciò che c’è in una casa normale: un letto, un vano portaoggetti, un bagno, lavatrice, asciugatrice, cucina, scaldabagno e riscaldamento, divano pieghevole, un tavolino e prese USB.

# Una svolta anche per l’Italia?

Chissà se anche noi italiani appoggeremo questa soluzione di vita americana e ora promossa anche dalla famosa azienda Svedese. Sicuramente l’ambiente ci ringrazierà se tutti andassimo a vivere in micro case, ci sarebbe una riduzione delle emissioni enorme. Tuttavia, nel mio immaginario, sogniamo ancora un po’ tutti la villa al mare con piscina e un giardino enorme. Non dimentichiamoci però dell’importanza e dell’influenza che ha Ikea!

Continua la lettura con: Cosa sarebbe la VITA SENZA L’IKEA?

BEATRICE BARAZZETTI

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I COLD CASE di MILANO: i delitti irrisolti degni di Sherlock Holmes

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Credits: flawless.life Milano da brividi

Letteralmente, Cold Case vuol dire caso freddo. Si differenzia da una semplice indagine dal fatto che, molto spesso, i casi trattati sono avvenuti anni prima e che al tempo furono chiusi per mancanza di prove, di testimoni e di colpevoli fino a prova contraria. Anche in Italia abbiamo avuto i nostri cold case, quello più celebre è il famoso delitto di Via Poma, dove il 7 agosto 1990 fu uccisa Simonetta Cesaroni, un caso che sconvolse le cronache e che ancora oggi non trova moventi e colpevoli. Perché a volte è così difficile trovare un colpevole o un movente? Perché ci sono casi che vengono chiusi e non più riaperti? I colpevoli sono dei gran furbi che hanno scoperto il segreto del delitto perfetto? Dei geni della criminalità?

Qualunque sia il motivo, è un dato di fatto che questi casi esistono e ancora oggi gridano la voglia di essere risolti. In Italia sono numerosi quelli in attesa di essere riaperti e qui a Milano ci fu un periodo che operò un serial killer di cui ancora non si conosce il volto.

I COLD CASE di MILANO: i delitti irrisolti degni di Sherlock Holmes

# Brividi nella Milano ottocentesca: il primo serial killer italiano scoperto

Via Bagnera è una strettissima strada non molto distante dal centro. Quante volte sarà capitato di passarci accanto o magari di esserci sfuggita perché priva di negozi o di luoghi attrattivi. Eppure per i milanesi, quella non è solo una semplicissima strada, ma una via maledetta. Quando Milano era sotto il dominio asburgico, c’era un fuochista che lavorava presso Palazzo Cusani e che rispondeva al nome di Antonio Boggia. Un tipo dall’apparenza mite e silenziosa, ma queste caratteristiche celavano una personalità disturbata. Nel 1849 commette il suo primo omicidio e a questo seguiranno altri. Il modus operandi era sempre lo stesso: le vittime venivano avvicinate, uccise a colpi d’ascia e alla fine smembrate o murate. Dopo qualche anno, Antonio Boggia verrà catturato e giustiziato per impiccagione nei pressi di Porta Ludovica. La leggenda narra che il suo fantasma vaghi ancora nei pressi di Via Bagnera e si manifesterebbe tramite una ventata di aria gelida che avvolgerebbe la gente, che attraversa questa strada. La sua storia non rientra certo nei celebri Cold Case, ma Antonio Boggia va ricordato per essere stato il primo serial killer italiano.

# Il cold case meneghino irrisolto

Credits: milanoguida.com
milano anni sessanta

Tra gli anni sessanta e settanta, il nostro paese stava uscendo faticosamente, ma con grande ottimismo, da un passato fatto di guerra e dittatura. Sono gli anni del boom economico e Milano diventa a mano a mano il motore produttivo e pulsante del paese. Nonostante questo entusiasmo, contrapposto a episodi di brigatisti, guerre tra clan criminali, sequestri e rapine, tra le strade di Milano c’è una persona che, invece, ha molta fame di morte, nella sua testa pulsa il desiderio di uccidere. Per giorni e per mesi studia il delitto perfetto, sceglie con cura la modalità, preferendo armi bianche come ad esempio il coltello, la zona dove operare e soprattutto capire come sfuggire alle indagini. È così, a cavallo tra questi due decenni ci fu un serial killer che operò in tutta tranquillità in un’area compresa tra Via Filzi, Piazza Cordusio, Via Pace, Brera e Piazza Duomo.

# Il killer misogino

Dal 1963 al 1976, Salvina Rota, Adele Margherita Dossena, Alba Trosti, Olimpia Drusin, Elisa Casarotto, Tiziana Moscadelli, Valentina Masneri e Simonetta Ferrero furono le vittime di quest’uomo. Era chiaro che ci trovammo di fronte a un caso di misoginia. Il caso fu strano sin dall’inizio, le donne venivano avvicinate dall’uomo con cui istauravano un rapporto, in qualche modo di fiducia. La scelta delle vittime era stata pensata nei minimi dettagli, si trattavano per lo più di donne nubili e soprattutto una cosa fu chiara dall’inizio: non erano delitti fatti per rubare, l’assassino uccideva, ma non rubava gioielli e denaro. Uccideva per il gusto di farlo!

# Il flop delle indagini

Credits: canestrinilex.com
indagine

Il fatto che alcune di loro fossero delle prostitute che lavoravano principalmente nella zona di Porta Garibaldi, portò la polizia a indagare tra i ferrovieri e poi grazie ad una soffiata, rivelatasi poi falsa, si cercò anche tra i tassisti. Nulla, fu tutto vano. Col passare degli anni ci si concentrò su un particolare. Tre donne furono assassinate in strada, ma le altre aprirono le porte all’assassino, lo fecero entrare in casa, s’intrattennero con lui e lì trovarono la morte. Quello che colpì soprattutto la polizia venuta in casa in seguito all’omicidio fu il disordine. L’omicida dopo aver commesso il delitto pareva essere colto da un raptus incontrollato che lo portava a mettere a soqquadro l’intero appartamento. Forse un tentativo di depistare le indagini, inscenando una rapina? Un bluff poco riuscito: come ho detto prima gioielli, soldi, oggetti di valore non furono mai toccati dal killer. Dopo il 1976, questa catena di morte fu interrotta e con essa anche le indagini subirono una frenata e anche una perdita d’interesse da parte dei media.

# Una scoperta utile a distanza di anni?

Oggi a distanza di oltre quarant’anni, il caso viene riaperto. Dalle ultime analisi fatte, viene scoperto che, studiando la zona dove operava il killer, si veniva a formare un ipotetico triangolo. Viene da pensare che il killer abbia scelto con cura le zone, i luoghi, nulla era lasciato al caso. Le donne conoscevano il loro assassino, istauravano con lui un qualche tipo di rapporto, quest’uomo poteva essere chiunque: un calzolaio, un fruttivendolo, un sarto, comunque un uomo comune di cui potersi fidare.

Forse quelle donne non troveranno mai giustizia per quello che gli è stato fatto. L’assassino, per quanto ne sappiamo, potrebbe essere anche morto, oppure vivo e vegeto nascosto in qualche ospizio della città e, se fosse così, sarebbe macabro immaginarlo di fronte alla finestra a guardare Milano e pensare che un tempo quella stessa città fu terrorizzata dal suo passaggio, quella città che era in mano alla sua furia omicida.

Continua la lettura con: I 10 luoghi di Milano che mettono più a DISAGIO

MICHELE LARATONDA

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SOPRAceneri e SOTTOceneri: i 2 mondi della Città Ticino

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Credits: ticino.ch Monte Ceneri verso Nord

Il Monte Ceneri non è una grande montagna, è attorniato da altre ben più alte ma il suo valico ha sempre avuto un’importanza rilevante, essendo da sempre l’unica via che collega, a sud, verso l’Italia e, a Nord, verso la Svizzera interna.

SOPRAceneri e SOTTOceneri: i 2 mondi della Città Ticino

# Il Sopra- e il Sottoceneri: Cosa ne pensano gli uni degli altri?

Credits: ticino.ch
via storica del Monte Ceneri

Posizionato al centro del Ticino, il Monte Ceneri ha sempre rappresentato un elemento separatore: ben definito per la sua realtà geografica, ma indefinito per le motivazioni umane. Per rispondere alla domanda cosa ne pensano gli uni degli altri, bisogna precisare che tutte le metropoli e città vivono con dei confini al loro interno, principalmente per caratterizzare quelle impercettibili differenze tra chi abita in luoghi distinti. A Parigi c’è la Rive Gauche e la Rive Droite, a Firenze il di là d’Arno, a Bergamo c’è chi vive de hòta e chi de hura, a Milano chi nella parte a Est e chi a Ovest e, come in tutte le parti del mondo, si guardano, ma non si parlano, ogni tanto si fanno visita, ma poi rientrano nella loro zona di confort, come si usa dire oggi.

# A Nord e a Sud del Ceneri

Credits: ticino.ch
Monte Ceneri

Il Monte Ceneri con un’altezza di 544 m. è oggi agevolmente attraversabile con la strada cantonale che percorre il valico, con l’autostrada attraverso la galleria e, dalla fine dell’anno, con il treno nel tunnel di base che consente alte velocità. La separazione psicologica fra le due aree, però, resta immutata. A nord sorge la capitale Bellinzona con le numerose vallate di montagna: Valle di Blenio, Valle Maggia, Valle Verzasca e la Valle Leventina, oltre a piacevoli località sul lago Maggiore come Ascona e Locarno, dal clima temperato per quasi tutto l’anno. A sud, invece, c’è la rinomata città di Lugano e gli stupendi piccoli borghi lacustri di Morcote e Gandria, senza dimenticare il gradevole borgo di Mendrisio e tutta l’area vinicola fino a Chiasso.

# Verso la futura Città Ticino

Credits: ticino.ch
Monte Ceneri verso Nordi

La Città Ticino è ora una realtà strutturale, ne seguirà una spontanea evoluzione verso un nuovo spirito cittadino.

Continua la lettura con: I 7 motivi perché CITTÀ TICINO si può considerare una METROPOLI

GIUSEPPE MARZAGALLI

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La stupidità umana ci salverà dalla stupidità umana

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Ci sono due forme di intelligenza: l’intelligenza della natura e la razionalità umana.

L’intelligenza della natura è esatta. La dimostrazione è davanti agli occhi: c’è una logica in costante evoluzione e in equilibrio di ogni sua componente.

Poi c’è la razionalità umana. La razionalità umana cerca di imitare qualunque cosa ma non è in grado di riprodurre nulla di vivente, perché creare cose viventi è una capacità che rientra nella dimensione superiore dell’intelligenza della natura. Non siamo capaci di creare in un laboratorio in modo artificiale neppure l’ecosistema più semplice.
Il massimo della scienza assomiglia più a Frankenstein che a qualunque processo naturale.

Anche nel momento storico che stiamo vivendo è evidente che ci sia una componente dominante di razionalità che cerca di contrastare le leggi della natura
La razionalità umana dimostra la sua stupidità ogni volta che prova a mettersi al di sopra delle leggi della natura con modalità arroganti, si vuole sostituire alla logica vivente una logica robotica. Cerca nella sua incapacità di comprendere la complessità della natura, semplifica le cose a tal punto da trasformare una logica vivente in una logica meccanica.

Ogni volta che si scopre una legge della natura si inizia ad applicarla in tutti i campi in modo meccanico con automatismi finché arriva un certo momento, tipico di ogni rivoluzione scientifica, in cui questa non funziona più perché la natura è più complessa, è fatta di creatività ed evoluzione continua. In quel momento crolla tutto perché si scopre che quello che pensavi prima era tutto sbagliato.

A inizio novecento i chimici pensavano con l’atomo di aver scoperto il primo principio alla base di tutto. Ma poi si è scoperto che l’atomo al suo interno ha un altro universo e si è aperto un vaso di Pandora a cui ancora gli scienziati non sono venuti a capo. Lo stesso con la quantistica o con il DNA.
Ogni volta che si fa una scoperta si aprono baratri di ignoranza. Tutte le volte che l’uomo si avvicina ai limiti della sua conoscenza si dimostra impotente di fronte all’intelligenza della natura.

Come l’asino con la carota, l’uomo non riesce mai a prendere questa carota. È un limite filosofico che bisogna accettare: accettare che la nostra intelligenza non sarà mai in grado di comprendere la natura. Così come l’intelligenza di una formica o di un coniglio non potrebbe mai comprendere quella dell’uomo.

E l’arroganza della razionalità umana si manifesta anche nei confronti di se stessa. Nella storia l’uomo ha sempre pensato di essere al massimo livello. Oggi riteniamo di essere milioni di volte più bravi che nel Medio Evo. In realtà anche il Medio Evo pensava di essere superiore rispetto all’epoca precedente. In realtà dovremmo prendere atto che la conoscenza che abbiamo è sempre insignificante.
Tra mille anni saremo considerati dei primitivi: in una dimensione storica siamo sempre dei primitivi rispetto a quello che si scoprirà in futuro.

Noi pensiamo di avere in mano le chiavi della vita e della natura in realtà non siamo in grado di riprodurre neppure la logica di un organismo monocellulare.
La razionalità umana quando si mette al di sopra della natura ha come effetto di portare alla distruzione, proprio perché è in contrapposizione con le leggi della natura che sono volte all’armonia e alla creazione.

La nostra fortuna è che la stupidità e i limiti della mente sono il miglior antidoto contro gli effetti della mente umana. Perché per quanto possa essere sofisticato un disegno di distruzione, la stupidità insita nella razionalità umana porterà all’autosabotaggio di ogni azione contraria alle leggi della natura. E quindi la stupidità dell’essere umano porterà inevitabilmente a salvarci dagli effetti della nostra stupidità.

Continua la lettura con: “Ma se lo fanno la Francia e la Germania allora è giusto”

MILANO CITTA’ STATO 

Il gigantesco BUCO nell’ACQUA creato dagli DEI

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credit: vanillamagazine.it

Nel cuore dell’Oceano un buco nell’acqua separa i terrestri dalle civiltà subacquee. Ma dove si trova? E come lo spiega la scienza?

Il gigantesco BUCO nell’ACQUA creato dagli DEI

Il confine tra realtà e leggenda è sempre molto sottile e a fare la differenza è solo una cosa: la fantasia. E’ proprio viaggiando con l’immaginazione che si percorrono le strade più insolite e si visitano i posti più incredibili, oggi però andremo alla scoperta di un luogo che che incanta i locali e i turisti anche senza utilizzare la fantasia. Stiamo parlando del Pozzo di Thor, un misterioso buco nelle acque dell’Oceano: la leggenda narra che fu Thor con il suo potente martello a crearlo, aprendo un varco tra il mondo terrestre e le civiltà subacquee. Ma dove si trova? E come lo spiegano gli scienziati?

# Uno spettacolo gratuito di origine divina

credit: siviaggia.it

L’origine del pozzo è avvolta in un’aura di misteri e leggende, che affascinano anche i più razionali e ponderati. Per ammirare le onde che si infrangono contro le pareti di questo gigantesco buco, bisogna volare sino agli Stati Uniti, precisamente in Oregon. Qui, a Cape Perpetua, nella riserva dello Siuslaw Natioanl Forest, è possibile prendere visione di uno spettacolo gratuito che non può essere paragonato a nessuna opera d’arte creata dall’uomo. Leggende locali narrano che a originare il misterioso buco nell’Oceano sia stato proprio il dio del tuono, Thor, con il suo potente martello. L’impatto con l’acqua avrebbe creato questo affascinante quanto spaventoso buco, nel quale, sempre secondo leggende locali, moltissime barche sarebbero state risucchiate senza essere mai ritrovate.

# Quando arriva l’alta marea, vortici, cascate e geyser lasciano senza parole

credit: up.sorgenia.it

Ma se si ha voglia di assistere a questo incomparabile spettacolo, non bisogna preoccuparsi per la propria incolumità: ogni anno il pozzo viene ammirato e immortalato da fotografi e curiosi in totale sicurezza. Ma attenzione perché il varco non è sempre aperto, bisogna attendere l’alta marea. La voragine può essere a volte ricoperta totalmente dall’acqua, mentre alle volte può addirittura svuotarsi del tutto. Il segreto? Osservare la potenza dell’Oceano nel momento in cui questo misterioso varco si riempie o si svuota, dando vita ad uno spettacolare mix di cascate, vortici e geyser con spruzzi alti fino a 6 metri che sembrano proprio essere causati dall’ira degli dei.

# La magia della natura spiegata dalla scienza

credit: vanillamagazine.it

Ma come spiega la scienza questa curiosa grotta sottomarina? Leggende e misteri a parte, le origini di questo buco nell’acqua sarebbero tutt’altro che divine: si tratta infatti di una spettacolare depressione naturale profonda circa 7 metri e dalla circonferenza perfetta.

Nonostante gli scienziati abbiano dato una spiegazione razionale, il Pozzo di Thor continua ad affascinare il mondo e ad attirare coraggiosi turisti che, pur di vederne le meraviglie da vicino, percorrono lunghi percorsi e terminano il viaggio su una scogliera piuttosto impervia.

Fonte: Si Viaggia

Leggi anche: Il POZZO più PROFONDO del mondo: l’accesso al CENTRO DELLA TERRA o all’INFERNO?

ROSITA GIULIANO

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Milano: i TRE QUARTIERI con contagi da ZONA ROSSA

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CREDIT: milanotoday.it

Secondo l’ultimo report pubblicato da Ats sono tre le zone di Milano ad avere numeri da zona rossa, superando i 250mila contagi ogni 100mila abitanti. Quali?

Milano: i TRE QUARTIERI con contagi da ZONA ROSSA

Da lunedì Milano e il resto della Lombardia tornano zona rossa. Ma come spesso succede la situazione non è uniforme in tutta la regione. Ci sono infatti aree in allarme e altre dove il virus sembra quasi svanito. Nelle scorse settimane alcuni Comuni nell’hinterland milanese hanno superato i 250 casi di Covid ogni 100mila abitanti e sono stati per questo dichiarati zona rossa, tra questi Bollate. Ma il virus si sta lentamente reinsediando anche tra i quartieri del capoluogo meneghino: il report pubblicato lunedì 8 marzo da Ats Milano-Città metropolitana indica che sono 3, per il momento, quelli che hanno i numeri compatibili con la zona rossa. Quali sono? 

# I tre quartieri a rischio: Bicocca, Crescenzago e Bligny-Bocconi

CREDIT: milanotoday.it

Osservando i dati del report quotidiano, spiccano tra tutte le altre zone Bicocca, Crescenzago e Bligny-Bocconi. Le prime due zone sono state probabilmente più esposte poiché più vicine alle zone molto colpite di Brescia e Bergamo, mentre per quanto riguarda l’area di Bligny-Bocconi non ci sono delle apparenti motivazioni. Eppure osservando la mappa milanese, tutte le zone sono potenzialmente a rischio: infatti i contagi oscillano tra i 100 e i 250mila in tutto il capoluogo. Secondo gli esperti, il picco della terza ondata non è ancora stato raggiunto e le macchie scure sulla mappa sono destinate a moltiplicarsi.

# La città per ora resiste, ma quali saranno le prossime mosse della Regione?

Credit: primadituttomilano.it

Anche se la città sembrerebbe resistere, da lunedì 15 marzo torna in zona rossa insieme al resto della Regione. Questa la delibera del governo che ha scartato le altre alternative sul tavolo, come la zona rossa nel weekend o anticipare il coprifuoco.

Tutte queste opzioni non rappresenterebbero però una novità per i milanesi, che ormai da un anno convivono con queste misure. La vera “rivoluzione” starebbe per arrivare sui mezzi pubblici, infatti il consigliere regionale del Movimento cinque stelle, Nicola Di Marco, ha proposto di far utilizzare sui mezzi pubblici esclusivamente le mascherine FfP2. Una soluzione che potrebbe rallentare la diffusione del virus sui trasporti pubblici, che continuano ad essere molto affollati. Ma oltre alla “solita” chiusura, a un anno di distanza dal primo lockdown, si può sperare che siano approntate iniziative un po’ più sofisticate da Regione e Governo per affrontare il virus? 

Leggi anche: L’allarme di SCIENCE: se non apriamo tutto il Covid finirà tra 10-20 ANNI

ROSITA GIULIANO

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La FLORIDA d’ITALIA si trova nella Riviera Romagnola

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credits: larivieraromagnola IG

Come ha fatto una riviera senza particolari attrazioni naturali a diventare la Mecca del turismo internazionale? La vocazione della Riviera Romagnola all’ospitalità ed al turismo, soprattutto balneare, ha radici antiche, più dell’Italia unita. Senza dubbio, anche in virtù del suo “primato” storico, la Romagna ha aperto la strada al turismo balneare.

La FLORIDA d’ITALIA si trova nella Riviera Romagnola

# Il primo stabilimento nel 1843

credits: ilponte.com

La costruzione del primo stabilimento balneare della Riviera risale al 1843, sotto lo Stato Pontificio. La città scelta fu Rimini, che ancora oggi è uno dei centri più importanti della zona. Il modello dell’area turistica attrezzata è stato favorito dalla presenza di spiagge sabbiose molto ampie, fondali bassi e correnti più agevoli rispetto agli altri mari. A questo vantaggio strategico i romagnoli hanno da sempre associato una vocazione all’ospitalità.

# Le prime strutture ricettive

credits: romagna.info-alberghi.com

Nel XIX° secolo, il mare era apprezzato anche in virtù delle sue proprietà terapeutiche, tanto che nel 1876 sorse il primo stabilimento elioterapico d’Italia. Il cambiamento di indirizzo e la “scoperta” turistica del mare si deve anche alla costruzione del Kursaal, sempre a Rimini, nel 1873. L’esempio riminese fu seguito anche dai comuni vicini, in quanto nel 1870 Cattolica destinò i primi 300 metri quadri di spiaggia demaniale alle attività balneari, seguita poi da Ravenna, nel 1871 e, sette anni dopo, da Cesenatico. Ravenna e Cesenatico furono tra le prime cittadine ad avere stabilimenti balneari intesi nel senso moderno del termine.
Rimini ha ospitato anche le prime colonie estive d’Italia, che sorsero nel 1870, seguita poi da Riccione ne 1877.

# Il boom degli anni cinquanta

credits: bordimaia.wordpress.com

Fino ai primi anni del secolo scorso, il turismo, soprattutto balneare, era appannaggio delle classi più abbienti. È comunque del 1911 la creazione della zona balneare di Cervia e; dal 1930 in avanti, il fenomeno divenne sempre più di massa, il che si riflesse anche nel cambiamento del territorio. Nel 1935, infatti, cominciarono i lavori per il lungomare di Rimini e crebbero anche gli stabilimenti.

Dagli anni ’50 del secolo scorso, in coincidenza col boom economico italiano, sorsero diverse cittadine a vocazione balneare, sia nel riminese che nella provincia di Ravenna. Il grattacielo di Milano Marittima detto Marinella I, costruito con finalità turistiche, venne inaugurato nel luglio del 1957 e, con i suoi 90 metri di altezza, è stato per diversi anni il grattacielo di cemento armato più alto d’Europa. Da qui in avanti, la Riviera Romagnola crescerà moltissimo, iniziando a diventare la conurbazione che è oggi.

# Il “Divertimentificio” d’Italia

credits: larivieraromagnola IG

Dal 1960 la Riviera Romagnola ospita anche diversi locali notturni, che presto diventano ritrovo di personaggi famosi.
Gli anni ’70 del secolo scorso hanno visto anche Fellini scegliere la Riviera per ambientare alcuni dei suoi film più famosi, il che ha reso la zona ancora più glamour.

Durante gli anni ’80, la zona ha visto anche crescere le strutture di supporto al turismo, che hanno consentito di diversificare l’offerta (acquari, parchi, ecc.). Nello stesso periodo, specie dopo il fenomeno delle mucillagini del 1989, sono iniziati i controlli annuali della qualità delle acque. Il sistema seppe reagire all’emergenza, ma il turismo si dotò anche di alternative, per cui, dagli anni ’90, le discoteche divennero un simbolo di tutta l’area che, con qualche mugugno, è definita anche “divertimentificio”.

Oggi, la Riviera Romagnola è vasta circa 100 km, dalla foce del fiume Reno, nel bolognese, sino a Gabicce, nella provincia marchigiana di Pesaro-Urbino.

Continua la lettura con: Quando il GRATTACIELO PIÙ ALTO d’Italia era a Cesenatico 

ANTONIO ENRICO BUONOCORE

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A Napoli apre la nuova FERMATA DUOMO: un’ispirazione anche per Milano

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Credits: Urbanfile - Stazione Duomo superficie

Dopo le stazioni Università, Museo, Vanvitelli e soprattutto Toledo, la città del Vesuvio si appresta a inaugurare un’altra meraviglia artistica sulla linea L1. Scopriamo come sarà e perché la nostra città dovrebbe seguire la stessa strada per rendere le stazioni un’attrazione turistica.

A Napoli apre la nuova FERMATA DUOMO: un’ispirazione anche per Milano

# Un’altra stazione capolavoro in arrivo sulla linea metropolitana L1 di Napoli

Credits: Urbanfile – Esterno stazione

Le metropolitana dell’arte di Napoli continua a stupire. La linea metropolitana L1 del capoluogo campano dopo le stazioni Università, Museo, Vanvitelli e soprattutto Toledo, progettata da Oscar Tusquets, che nel 2012 è stata premiata come la più bella al mondo, sta per aggiungere un altro capolavoro: la stazione Duomo progettata da Massimiliano e Doriana Fuksas dovrebbe inaugurare a Marzo.

Leggi anche: Le 10 PIÙ BELLE METROPOLITANE d’Europa a confronto con quella di Milano

# Antico e moderno si fondono in un’esperienza unica

Credits: Urbanfile – Interno stazione Duomo

A livello strada un’enorme cupola realizzata in vetro e acciaio Corten farà da copertura alla stazione e grazie al ritrovamento degli scavi del Gymnasium, il tempio dei giochi Isolimpici voluti dall’Imperatore Augusto nel 2 dopo Cristo, i passeggeri vivranno un’esperienza unica: potranno ammirare la suggestiva commistione tra antico e moderno che si verrà a creare. 

Credits: Urbanfile – Piano banchina

La qualità estetica della stazione proseguirà anche lungo i corridoi, le scale mobili e le banchine di attese dei treni colorate.

# 58 milioni l’investimento per le opere d’arte a Napoli, a Milano solo un bando a costo zero per le nuove stazioni della nuova M4

 

L’ANM, Azienda Mobilità di Napoli, sta facendo investimenti ingenti per rendere le stazioni della linea 1 delle attrazioni turistiche e infatti il 4% circa dell’intero budget, di 3,8 miliardi di euro per la linea 1 e 790 milioni per la linea 6, è stato destinato alle sole opere d’arte, in totale al momento 58 milioni di euro. Le parole del presidente Ennio Cascetta sottolineano l’importanza della scelta: “Il 2021 sarà un anno fondamentale, nonostante il Covid stiamo facendo tutto il possibile per offrire alla città un’infrastruttura imprescindibile, in grado di continuare a offrire anche una nuova narrazione della città attraverso il percorso di opere d’arte“.

Credits: Urbanfile – Uscita M4

A Milano la strada intrapresa è completamente opposta, non solo le uscite delle stazioni della nuova linea M4 sono di qualità estetica discutibile e appena un passo in avanti rispetto a quelle della linea M5, ma per valorizzare le rifiniture modeste degli interni è stato previsto un bando, per realizzarvi all’interno delle installazioni artistiche, totalmente a carico del committente e con zero risorse da parte del Comune di Milano e di Metro4 Spa. Il risultato non potrà quindi che essere deludente viste le premesse, perché non fare come l’amministrazione napoletana?

Leggi anche: La M4 sarà la METRO più BELLA? Il nuovo BANDO e le STAZIONI ARTISTICHE che ci piacerebbe vedere a MILANO

Fonte articolo: Urbanfile

Continua la lettura: 🛑 M4: la GRANDE BRUTTEZZA? La DENUNCIA di Orietta Colacicco

FABIO MARCOMIN

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L’OROLOGIO FLOREALE: arriva il giardino dove i FIORI segnano L’ORA

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Credits: greenme.it

Se pensate che per conoscere l’ora l’unico modo sia affidarsi a un orologio—non importa se analogico o digitale—, magari non sapete che c’è un modo più piacevole e “naturale” I fiori vi faranno ricredere. 

L’OROLOGIO FLOREALE: arriva il giardino dove i FIORI segnano L’ORA

Quanti modi conoscete per conoscere l’ora esatta (a meno che non si parli di ora atomica, consideriamo l’esattezza con una certa approssimazione)? Immagino che vi siano venuti in mente meridiane, movimenti del sole, quarzi e pietre famose per la loro precisione e, ovviamente, il più banale—senza offesa—orologio. 

Credits: Giardino Vegetazionale “Astego” (FB)

E se vi dicessi che da questa primavera, per conoscere l’ora, vi basterebbe guardare in giardino? Per la precisione, nel giardino di una piccola località di una piccola frazione di un piccolo comune nella provincia di Treviso. Sembra l’inizio di una fiaba, e forse un po’ lo sembra. Scopriamo insieme il Giardino Vegetazionale “Astego”, la sua straordinaria varietà botanica, e il suo orologio floreale. 

Credits: Giardino Vegetazionale “Astego” (FB)

# Il Giardino Vegetazionale “Astego”

C’era una volta, a Crespano sul Grappa, un grande vivaio forestale che venne trasformato in Giardino didattico. Il Giardino, chiamato “Astego”, sorgeva a 450 metri di altezza e aveva un grazioso labirinto con una torretta centrare che regalava una splendida vista a chi la raggiungeva, e ben 16 gradoni, tutti con un differente ecosistema naturale. Si andava dalla flora tipica del vicino Monte Grappa a quella delle pianure nei dintorni, fino anche ad alcune bellissime e rare orchidee selvatiche.

Credits: Giardino Vegetazionale “Astego” (FB)

Potrebbe benissimo sembrare l’inizio di qualche—opinabile—fiaba moderna, ma in realtà, in questo posto a 50 km da Treviso, l’opera sperimentale di Veneto Agricoltura ha davvero regalato grandi sorprese e meraviglie. Qui, l’agenzia della Regione per l’innovazione del settore primario che ha in gestione il Giardino, tra gli ecosistemi locali riprodotti ci sono anche un torrente montano e un roccolo per gli uccelli, e una sezione interamente dedicata ai funghi.

Credits: Giardino Vegetazionale “Astego” (FB)

Nell’ultimo periodo, poi, complici i rallentamenti dovuti alle chiusure forzate a causa della pandemia, i lavori per la riapertura primaverile sono in fermento. Gli agenti di Veneto Agricoltura stanno lavorando alacremente per rendere ancora più originale e imperdibile il Giardino “Astego”. 

Credits: Giardino Vegetazionale “Astego” (FB)

È di qualche settimana fa, infatti, la notizia che, oltre alla stagionale potatura della vegetazione e alla sostituzione dei cartellini botanici utili ai visitatori per riconoscere piante e fiori, il Giardino riaprirà le porte con molte sorprese. Tra le novità, un bellissimo progetto ecosolidale che prevede la sostituzione del logoro quadro didattico in ingresso con una struttura in legno che ha previsto l’utilizzo di legname proveniente dagli alberi abbattuti dalla tempesta Vaia (2018), restituendo loro una seconda vita.

Credits: Giardino Vegetazionale “Astego” (FB)

Infine, tra i ripiani che suddividono il Giardino Vegetazionale, stanno per vedere la luce una meridiana analemmatica (un particolare tipo di meridiana orizzontale che compensa automaticamente gli effetti dell’eccentricità dell’orbita terrestre e dell’inclinazione dell’asse di rotazione) e un orologio floreale, il primo in Veneto a segnare l’ora grazie ai diversi momenti di chiusura e apertura dei fiori. 

Credits: Giardino Vegetazionale “Astego” (FB)

# L’orologio floreale

Un orologio che, senza l’ausilio di lancette o meccanismi particolari, scandisce le 24 ore della giornata con una buona probabilità di precisione. Ed è composto da fiori. Soltanto fiori. Com’è possibile? 

Nel XVIII secolo il botanico svedese Carl Nilson Linnaeus scoprì che era possibile scandire il tempo con i fiori, poiché differenti specie di piante schiudono i propri fiori in momenti differenti della giornata. Ed è proprio in base ai diversi orari in cui le piante aprono le corolle, che Linnaeus ha elaborato il suo orologio floreale, un progetto alquanto stravagante e affascinante. 

Credits: greenme.it

Secondo gli studi del botanico, a ogni ora del giorno e della notte corrisponderebbe una specie vegetale. In questo modo, il mezzogiorno di Uppsala avrebbe avuto i colori delle bellissime corolle fucsia o rosse del fico degli Ottentotti, mentre la mezzanotte sarebbe stata rischiarata dai fiori bianchi della regina della notte. Ma questo vale per Uppsala, in Svezia. In Italia, il primo orologio floreale è, con buone probabilità, quello realizzato dopo due anni di lavori, a Bacoli (NA), nel 2003. Qui, 24 piante tra cui ninfee, calendula, e piante grasse, scandiscono le ore del giorno. 

Credits: Giardino Vegetazionale “Astego” (FB)

A febbraio sono iniziate le prime fioriture del Giardino Vegetazionale “Astego”. Ormai manca poco perché il primo segnatempo floreale del Veneto inizi a scandire le ore. Per scoprire quali meravigliosi fiori ci indicheranno il momento della giornataì bisogna aspettare questa primavera, quando—restrizioni permettendo—il Giardino Vegetazionale riaprirà i battenti. Le visite guidate saranno organizzate in piccoli gruppi (solo su prenotazione) seguite dal personale del Giardino per accogliere i visitatori.
Vi ho messo un po’ di curiosità? Seguite la pagina Facebook del Giardino, allora, per scoprire quando arriverà l’ora dei fiori. 

Fonti: Veneto Agricoltura, Qdpnews.it

Continua la lettura con: Il GIARDINO SEGRETO del centro di Milano (Mappa e FotoGallery)

Giada Grasso

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RUSSIA e CINA costruiranno una STAZIONE LUNARE

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Credits: astronuatinews.it

L’accordo annunciato questa settimana è il primo vero progetto collaborativo della Cina per l’esplorazione dello Spazio. Ecco cosa prevede nel dettaglio.

RUSSIA e CINA costruiranno una STAZIONE LUNARE

# L’accordo firmato il 9 marzo è il primo vero progetto collaborativo della Cina per l’esplorazione dello Spazio

Credits: tio.ch

L’accordo tra Russia e Cina è stato annunciato il 9 marzo dal direttore dell’agenzia spaziale russa Roscosmos, Dmitri Rogozin, dopo aver parlato con la sua controparte cinese, Zhang Kejian e prevede che i paesi uniscano forze e competenze per “pianificare, progettare e sviluppare congiuntamente una road map per la costruzione di una stazione di ricerca scientifica lunare internazionale”.

Si tratta del primo vero progetto collaborativo della Cina per l’esplorazione dello Spazio, perché fino ad oggi lo Stato del Dragone aveva costruito in autonomia le proprie stazioni spaziali orbitanti intorno alla Terra oltre ad avere spedito sulla superficie lunare la propria sonda Chang’e e nell’orbita di Marte la sonda  Tianwen-1.

# In fase di valutazione se costruire una stazione sulla superficie o nell’orbita lunare

Il progetto verrà esteso ad altri Paesi anche se al momento non è stato ancora stato definito se la stazione sarà costruita sulla superficie della Luna o se rimarrà nell’orbita del satellite della Terra. Sul sito dell’agenzia russa si legge che: “La Stazione Lunare Scientifica Internazionale sarà un complesso di strutture create sulla superficie e/o nell’orbita della Luna progettate per svolgere lavori di ricerca multidisciplinari e polivalenti”, tra cui l’osservazione e l’esplorazione della Luna, esperimenti e verifiche tecnologiche, possibilità di funzionamento senza equipaggio a lungo termine e con la prospettiva di una presenza umana sulla Luna. “

# Anche gli Usa, in collaborazione con la UE, stanno sviluppando un progetto simile

Il progetto Gateway lanciato ormai da tempo dagli Usa, in partecipazione con l’Unione Europea, prevede lo sviluppo di una stazione lunare in orbita come base per il futuro ritorno dell’uomo sul satellite della terra, nonché per il lancio di missioni esplorative con un raggio d’azione più lungo, magari con Marte come approdo.

Fonte: Rainews

Continua la lettura con: Le 10 cose di MILANO che “porteremmo su MARTE”

FABIO MARCOMIN

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La TORRE VELASCA si rifà il TRUCCO

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Credits: Andrea Cherchi - Torre Velasca

Per qualcuno una bella notizia. Per molti altri, speranzosi nella sua demolizione, decisamente meno.

La TORRE VELASCA si rifà il TRUCCO

# Considerata da Sgarbi “Il paradigma della civiltà dell’orrore” e dal Daily Telegraph “uno dei più brutti edifici d’Europa”

La Torre Velasca sorta nel delirio urbanistico speculativo del dopo guerra dove tutto era permesso e tutto si poteva e si doveva demolire, si rifà finalmente la facciata. Per la sua costruzione e per quella degli anonimi edifici che la contornano, fu cancellato quanto rimaneva del Bottonuto, l’antichissima contrada medioevale. Una volumetria enorme spropositata, invasiva che non sarebbe mai stata permessa in nessun centro storico di nessuna città europea. Il critico d’arte Vittorio Sgarbi l’ha definita “Il paradigma della civiltà dell’orrore”, mentre il Daily Telegraph “uno dei più brutti edifici d’Europa”.

Il fatto è che a Milano abbiamo cancellato, contrade, cascine, costruzioni di valore storico culturale enorme, abbiamo coperto il sistema di canali navigabili più antico d’ Europa. Questa città da sempre annulla il suo passato, o per praticità o per necessità o per devastazioni dovute a cause esterne. Purtroppo però, dall’unità d’Italia in poi, questo fenomeno è diventato sempre più inarrestabile.

Leggi anche: La storia del BOTTONUTO, il quartiere malfamato nel centro di Milano

# Lo studio B.B.P.R. “di Pyongyang”, che ha progettato la Torre Velasca, non può essere mai messo in discussione

Centro storico di Varsavia distrutto durante la seconda guerra mondiale e ricostruito nel dettaglio

Certo la Torre Velasca per molti ha un forte valore emotivo, rappresenta il simbolo della rinascita post bellica, a qualcuno ricorda la propria giovinezza, se ne guarderebbero bene dal portarci un turista, ma davanti alla sua vista riesce ancora ad emozionarsi. È stata progettata dal fantomatico studio B.B.P.R. “di Pyongyang”, guai a criticarlo e a sostenere che le sue opere siano esteticamente discutibili, tanto più se non si è architetti o quanto meno geometri: essere cittadini non basta, il pensiero dominante non lo permette. Bisogna accettarla, amarla o subirla in silenzio poiché chi non la comprende è semplicemente ignorante. Ma che ne sanno a Praga dove persino il simpatico “ palazzo ubriaco” di dimensioni decisamente ridotte e posto in una zona periferica semicentrale ha destato scandalo. Cosa ne capiscono a Varsavia dove hanno ricostruito completamente il centro storico distrutto durante la guerra in ogni dettaglio, grazie alle bellissime vedute di un pittore italiano.

# Un’architettura degna della Corea de Nord o della Bucarest di Ceasescu

Palazzo brutalista Bucarest

Poco importa se una simile architettura evochi la Corea del Nord dei vari Kim o la Bucarest di Ceasescu, urbanisti dal gusto discutibile, cosa importa se la “Torre del Filarete capovolta”, una similitudine a dir poco azzardata continuo a non coglierla pure girando la testa in varie posizioni) faccia somigliare il centro storico di Milano a quello di Pripyat prima che prendesse fuoco il reattore. La Torre Velasca è un “bellissimo esempio di architettura brutalista” qualcosa che a Lione, Copenaghen, Vienna non troveremmo mai, ma che anche ci fosse non ci sogneremmo mai di andare a vedere.

Credits: Andrea Cherchi – Torre Velasca

Non ci resta che sperare nella dinamite purificatrice, speranza purtroppo flebile, o perlomeno che il restauro la renda meno brutalista o che la faccia somigliare ancora di più ad un palazzo di Gotham City, sperando un giorno di vederci volare Batman…

Continua la lettura con: La FAKE VELASCA: è il palazzo più BRUTTO di Milano?

ANDREA URBANO

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Le foto di Milano di NOTTE (quasi) DESERTA

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Castello Sforzesco

Le suggestive immagini della città nel silenzio della notte.

Le foto di Milano di NOTTE (quasi) DESERTA

# La Milano notturna in un racconto fotografico

La Milano notturna raccontata da questo mio reportage fotografico che da Piazza del Duomo e Galleria Vittorio Emanuele II, passa per piazza dei Mercanti, arriva al Castello Sforzesco e a piazzale Cadorna. Ancora la Darsena e i Navigli, Porta Ticinese, le Colonne di San Lorenzo e altri luoghi iconici come Piazza San Babila e Piazza Affari.

Continua le lettura con: MILANO in CRISI: era già in coprifuoco (Fotogallery)

ROBERTO BINAGHI

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🛑 Beppe Sala entra nei VERDI

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Sala ambientalista. Credits: https://ilmanifesto.it/

Prosegue il percorso del Sindaco Sala verso la discontinuità con se stesso. Dopo essere stato definito il “sindaco cementificatore” dai gruppi ambientalisti ora fa una svolta a U, chiedendo di aderire ai Verdi Europei. Ancora più netto il distacco dal PD al quale in realtà non è mai stato tesserato. “Conversione” sincera o calcolo politico?

🛑 Beppe Sala “LASCIA” il PD e passa ai VERDI

# Il commento del portavoce di Verdi Europei: “Oggi inizia un processo per creare una città e un mondo migliore”

Uno dei co-portavoci dei Verdi Europei di Milano Andrea Bonessa commenta a True News la scelta dell’ingresso del Sindaco Sala nel partito: “I verdi sono coscienti che la strada è lunga però avere Sala che partecipa a questo processo ci fa piacere, con Sala si faranno tutte quelle azioni che ci porteranno alla transizione ecologica ed è chiaro che una transizione non si fa in tre giorni ma si parte da un punto di partenza per arrivare ad uno di arrivo. Oggi inizia un processo per creare una città e un mondo migliore”.

# Da “cementificatore” a ecologista: la svolta a sorpresa 

La svolta del Sindaco Beppe Sala può dirsi ora completata. Nell’annuncio della sua ricandidatura alle future elezioni comunali di Milano aveva dichiarato che in caso di vittoria la sua azione politica sarebbe stata in discontinuità con i primi 5 anni a Palazzo Marino. In questo mandato ha avvallato: l’ex-area Expo trasformata in MIND con poco verde rispetto al 50% della superficie adibita a parco previsto inizialmente, l’accordo sugli scali ferroviari con prevalente cementificazione, nuovi grattacieli nel centro direzionale, il progetto del nuovo stadio oltre alla mancata riapertura dei navigli. Una serie di azioni che erano state applaudite dai costruttori ma fortemente criticate dai gruppi ecologisti della città che avevano coniato per lui la denominazione di “cementificatore”. Tutto nella direzione opposta rispetto alla linea di pensiero del partito dei Verdi e che invece dovrà impegnarsi a seguire in caso di rielezione.

# Azzardo o mossa azzeccata?

Secondo Bonessa l’attuale Sindaco ha compiuto un atto di coraggio: “Ha fatto una scelta coraggiosa perché di fatto aveva le elezioni in tasca e ora con questa decisione rischia di inimicarsi un pezzo della città, che in più è quello che tiene il pallino in mano”. Dall’altro lato, se la sua strategia avesse successo e riuscisse a portare avanti la sua nuova idea di città, come scrive Francesco Floris su TrueNews, potrebbe passare alla storia. “Dopo essere stato il sindaco della crescita economica di Milano – diseguale, con molti lati oscuri, ma pur sempre crescita in una nazione stagnante da 20 anni – diventare il sindaco che imprime per sempre la svolta “green”. E farlo nel cuore della inquinata Pianura Padana. Una battaglia che un guerriero ambizioso come Sala vuole di certo combattere. Da vedere chi saranno le vittime che resteranno a terra.”

Non mancano già le alzate di sopracciglia, come Francesco Floris, autore dell’articolo che scrive: “C’è un entusiasmo inaspettato nelle parole del portavoce cittadino del partito ambientalista e si sprecano le metafore. Quelle calcistiche: Sala? “Come avere Ronaldo in squadra”. Obiezione: ma è stato il Direttore Generale della Moratti, il sindaco che ha definito “interessante” il progetto di Manfredi Catella sul “Pirellino” lasciando da solo in giunta a combattere l’assessore Pierfrancesco Maran contro i regali di volumetrie che piovevano da Regione Lombardia?. Più in generale è stato il sindaco nei cinque anni in cui gli immobiliaristi hanno spadroneggiato durante la crescita di Milano. O ancora: in giunta ha voluto Roberta Guaineri allo Sport, avvocato che fino al 2019 era socia nello storico studio legale che difende Paolo Scaroni, il Presidente del Milan, con i suoi faraonici progetti immobiliari su San Siro. “Certo – risponde Bonessa alle provocazioni – Sala è stato il sindaco di Expo e di un certo modo di governare” ma “adesso cambiamo radicalmente senza buttare tutto ciò che è stato fatto. Del resto si chiama ‘transizione’ ecologica non si chiama ‘punto a capo’”. É per chi ha fede anche un pizzico di religiosità non guasta: “La sua decisione è come la conversione di San Paolo sulla via di Damasco”. Anche se non è chiaro chi si stia davvero convertendo.”

Fonte articolo: True News

Continua la lettura con: 38 murales nel villaggio dei fiori

FABIO MARCOMIN

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