Cosa accadesse se il lockdown durasse anni anziché mesi? L’artista francese Chris Morin-Eitner ha previsto un’invasione naturale mondiale.
L’INVASIONE della NATURA: così cambierebbero Parigi, NY, Roma e Venezia (Immagini)
Parigi. Chris Morin-Eitner
Quando si pensa alla natura che si riprende i suoi spazi, si pensa a luoghi ormai disabitati in cui l’ambiente non deve più sottostare al volere dell’uomo. Un esempio celebre? Chernobyl, dove a soli 500 metri dal sito nucleare sta ricrescendo un’intera foresta rossa. Eppure anche il lockdown dovuto alla pandemia è stata un’opportunità per la natura per guadagnare spazio: fenicotteri in giro per le città sarde e anatre a spasso per il centro a Parigi, sono solo due dei tanti avvistamenti. Ma cosa accadrebbe se il lockdown durasse anni anziché mesi? Ecco l’invasione naturale prevista dall’artista francese Chris Morin-Eitner.
# C’era una volta domani. Una visionaria fusione tra natura e città
credit: Facebook @morin.eitner
Praticamente il mondo quest’anno ha vissuto, seppur con diverse modalità, alcuni mesi di chiusura in cui la presenza dell’uomo nelle città era pressoché nulla. L’artista francese Chris Morin-Eitner ha sviluppato un progetto visionario: Once upon a time tomorrow – C’era una volta domani – in cui avviene l’impensabile.
Le nostre città sono la rappresentazione concreta di quanto l’uomo abbia la tendenza ad imporsi come protagonista; gli animali vogliono far parte della vita cittadina? Allora apriamo gli zoo, recintiamo i parchi. Ma se l’uomo non potesse più imporsi, la natura e gli elementi antropici delle città si fonderebbero.
# Da Oriente a Occidente, le nostre città avrebbero inaspettati abitanti
credit: Facebook @morin.eitner
Da Parigi a New York, passando per Roma, Shangai e Atene. Le protagoniste di questo progetto artistico sono moltissime e tutte accomunate dallo stesso leitmotiv: il connubio tra le metropoli e la natura. E’ lo stesso Eitner a spiegare come gli sia venuta l’idea di questo progetto: durante una visita ai templi di Angkor, in Cambogia, è “rimasto affascinato da come la natura avesse reclamato il proprio spazio”. Questi templi non solo sono immersi nella natura ma sono completamente fusi con l’ecosistema circostante, tra radici, tronchi, rami, liane che si intrecciano a mattoni, bassorilievi, statue.
# Tutto ciò è destinato ad accadere prima o poi?
Venezia. Chris Morin – Eitner
“All’epoca del loro massimo splendore gli edifici di Angkor dovevano essere l’equivalente dei grattacieli e delle strutture super moderne di oggi” riflette l’artista. Da qui l’idea geniale: e se la natura si riprendesse anche i nostri edifici? Se si fondesse con i nostri monumenti? E il risultato è stato davvero pazzesco. Le opere dell’artista hanno fatto il giro del mondo e hanno fatto riflettere un grandissimo numero di persone.
Probabilmente il momento di condividere i nostri spazi con la natura, anche quella più selvaggia, non è poi così lontano e l’artista ha trovato il giusto modo per iniziare a prepararci.
Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità.
Per un anno così particolare come è stato il 2020, UrbanFile ha deciso di raccogliere i progetti più significativi svolti a Milano a livello architettonico e urbanistico e di creare una sorta di premio virtuale. Dopo aver individuato alcune categorie diverse e analizzato i vari lavori, UrbanFile ha assegnato il premio al miglior progetto. Vediamo questo poker d’assi di progetti premiati.
I migliori PROGETTI URBANI completati a Milano secondo URBANFILE
Il vincitore è il progetto realizzato in Piazzale Archinto, la piazzetta in zona Isola inaugurata a dicembre 2020. Qui delle banali aiuole sono state trasformate in un disegno sinuoso e in un’esplosione di verde urbano. Con una nuova pavimentazione in pietra di Luserna, intervallata da un’area bambini con una pavimentazione anti- trauma. La riqualificazione ha reso il Piazzale molto più vivibile. Non più le macchine parcheggiate, ma i pedoni e i cittadini in generale sono diventati i veri padroni della piazza.
# Categoria Edilizia Scolastica: SCUOLA INTERNAZIONALE ICS
Credits: icsmilano.it
In questo contesto nel 2020 è stato portato a termine un unico progetto, la scuola internazionale ICS a Scalo di Porta Romana. Nonostante quindi si aggiudichi il premio perché senza rivali, si tratta di un lavoro particolarmente riuscito che avrebbe potuto vincere il primo posto anche con dei concorrenti. Realizzata dallo studio Barreca & La Varra, la ICS Symbiosis School è la nuova scuola del futuro sia per l’apparenza esterna che per gli spazi interni.
# Categoria Edilizia per il Terziario: IL CURVO (CITYLIFE)
Credits: @deangelinadia (INSTG)
Nel 2020 il Curvo va a completare il trittico delle torri di CityLife, affiancando la Torre Allianz di Isozaki e quella delle Generali di Hadid. Il grattacielo dall’altezza 175 metri e progettato da Daniel Libeskind nel 2007/10, vince il primo posto battendosi con il progetto del Sarca 220 di Bicocca. Dopo che nel 2015 iniziarono i lavori per la torre soprannominata il Curvo, nell’aprile del 2020 fu realizzato il tetto e ad ottobre sono finalmente entrati negli uffici i primi dipendenti della multinazionale PwC.
# Categoria Edilizia Residenziale: HABITARIA e CORSO GARIBALDI 95
Credits: arketipo magazine
Tra i numerosi completati lo scorso anno, Habitaria e Corso Garibaldi 95, in Corso Garibaldi progettati da Arassociati, vincono il premio in questo settore. Il progetto consiste nel recupero di due edifici storici a cui fu affiancata una nuova torre di 10 piani, contrapponendo quindi il contemporaneo all’antico. L’edificio nuovo viene filtrato dai cortili e dagli angoli “segreti”, che rendono la residenza un luogo magico.
Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità.
Il Distretto Ceramico ha rappresentato un elemento fondamentale per lo sviluppo regionale e nazionale sin dal 1300.
Vediamo insieme la storia del Distretto Ceramico del Modenese nelle sue diverse tappe.
Il distretto dell’ORO BIANCO che il mondo ci invidia
# Anno di nascita: 1279
I primi passi del Distretto Ceramico si possono ritrovare in un documento del 1279, il quale attesta la presenza di una fornace per la cottura di piastrelle e maioliche, cheveniva usata congiuntamente da una serie di comuni del modenese.
Ed è appunto Modena che, assieme alla sua provincia, ha visto nascere e fiorire l’industria della maiolica. Risale invece al 1741 la fondazione della prima azienda in senso moderno,sempre a Sassuolo, che è da sempre epicentro del distretto.
Tale fabbrica ricevette, nello stesso anno, l’autorizzazione da parte del Duca Francesco III d’Este a produrre maioliche con l’insegna ducale e di fruire del diritto dimonopolio e del divieto di concorrenza sui territori sotto il potere del Duca stesso.
# Il boom dei cinquanta e sessanta
Credit: initalia.virgilio.it
Per tutto il XVIII° ed il XIX° secolo, l’area produttiva delle ceramiche (ed il relativosettore) crebbe costantemente, supportata da politiche lungimiranti e dalla possibilitàdi agire autonomamente.
Peraltro, i prodotti della ceramica modenese ricevettero la medaglia d’argento all’Esposizione Nazionale di Milano del 1881.
Questo sviluppo ha creato una struttura industriale ed economica assai simile aquella di un moderno distretto.
Quest’area produttiva è arrivata puntualeall’appuntamento con il boom economico italiano degli anni ’50 e ’60 del secoloscorso.
Quel periodo, in quelle zone, fu caratterizzato dalla fondazione e dalla crescita di aziendecollegate, per esempio quelle produttrici di macchinari, oppure dei colori e dei forniper le maioliche.
# Il 40% della produzione europea
Già a metà degli anni ’60 del ‘900, il Distretto delle Ceramiche produceva il 75% dell’output del settore ceramico a livello nazionale ed il 40% a livello europeo, con ottimi livelli di export.
Non è solo un distretto, ma un vero e proprio organismo che pulsa, dal fatturato di4,7 miliardi di euro e un export di 3,5 miliardi.
Un caso che è comparabile solo incerti distretti industriali tedeschi. Pensate che questo distretto è stato così importanteche quando Porter ha dovuto prendere in considerazione un distretto italiano daconfrontare con il mondo ha scelto proprio questo.
Senza contare il fatto che questodistretto ha portato al più alto tasso crescita di popolazione di tutta la provincia, concittà che negli anni crescevano quotidianamente, all’industria 4.0 e acolossi ormai internazionali come la System.
In effetti, seguendo l’approccio tipicamente emiliano, le aziende del Distretto Ceramico hanno investito ed investono molto nella tecnologia, nell’innovazione, oltre che sul territorio.
Ne è un esempio il Sassuolo, squadra di calcio che ora milita in Serie A e che si èpotuta giovare di tali investimenti sin dal 1980.
# L’autonomia dell’unione dei Comuni del Distretto Ceramico
Credit: cgilmodena.it
L’uso congiunto delle strutture produttive da parte delle articolazioni locali è qualcosache ritornerà anche secoli dopo nella storia del Distretto.
Infatti, in ossequio alladimensione comunale come modalità più flessibile ed efficace nel decision-making, èstata fondata l’Unione Comuni Distretto Ceramico, segnatamente FioranoModenese, Formigine, Frassinoro, Maranello, Montefiorino, Palagano, Prignanosulla Secchia e Sassuolo, centro del Distretto stesso.
L’Unione è un ente che ha autonomia statutaria e decisionale e che coordina le politiche del Distretto in ambito industriale ed economico, in maniera flessibile esincronizzata.
Si tratta di un’ulteriore dimostrazione dell’efficacia dell’autonomiache, in questo caso, funziona da secoli.
Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità.
Chi ha viaggiato nel mondo dice che i gabinetti svizzeri sono i migliori. Ma perché?
I GABINETTI SVIZZERI? I migliori del MONDO
# I bagni sono sempre un ottimo metro di giudizio
Credit: Giuseppe Marzagalli
Per valutare una casa o un appartamento si guardano i bagni. Per capire un ristorante è sempre bene fare una visita alla toilette. Per comprendere un paese è significativo utilizzare i suoi gabinetti pubblici.
La Svizzera sotto questo aspetto ti sorprende. Si capisce che il problema è stato affrontato e studiato sotto tutti gli aspetti: funzionalità, igiene, costi di gestione. Una cosa è certa, quando si entra la prima volta in uno di questi locali, chiamarli gabinetti è un po’ riduttivo e soprattutto non rende a pieno l’idea di dove ci si trova.
# Gabinetto, bagno, toilette e molto altro
Credit: Giuseppe Marzagalli
Locali multifunzionali in acciaio a specchio con tanti pulsanti illuminati di diversi colori che certamente mettono in un certo imbarazzo il visitatore alle prime armi: “E se si preme il bottone sbagliato? Cosa mi può succedere?”.
Infatti sono previste tutte le possibili funzioni e servizi accessori che si possono avere in un bagno, compresa anche la funzione doccia, rischioso premere il bottone sbagliato!
Tutto molto neutro, asettico, inodoro e lucente.
# Dal centro città di Lugano a un’area di sosta autostradale
Credit: Giuseppe Marzagalli
Questi locali sono sempre pulitissimi ed igienizzati ogni volta che entri, come se fossero nuovi e tu fossi il primo utilizzatore. In effetti quando esci e chiudi la porta spesso succede che scatta l’autolavaggio con un frastuono d’acqua, che ti fa pensare “ma se partiva mentre ero dentro?“. Questo è il risultato del lavoro per risparmiare sui costi di gestione, nessun personale armato di secchi, spazzettoni, cartelli di divieto d’ingresso ecc.
Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità.
Tuscia è il nome di una terra che discende dagli Etruschi, popolo pacifico, di contadini, di artigiani, di musicisti goderecci. Una terra, oggi poco conosciuta, che è stata scelta nei secoli come luogo di vacanza da signorotti, da nobili e persino dal Papa.
La TUSCIA: le 5 meraviglie della terra più MISTERIOSA dell’Italia Centrale
Nella Tuscia Laziale si possono trovare ancora le tracce della popolazione etrusca: Tarquinia e Vulci sono due siti archeologici che nascondono ancora l’anima di questo popolo, si possono visitare le tombe etrusche e i resti delle rovine delle loro città stato (per l’appunto un popolo illuminato anche dal punto di vista politico).
# La meta estiva delle grandi famiglie del medioevo
credit: vacanzelandia.com
Un popolo pacifico poi inglobato dalla furia dei Romani, un territorio che si è congelato per anni, restando un’oasi di tranquillità accanto alla grande Roma. Proprio per la sua calma è diventata la meta estiva delle grandi famiglie del medioevo, infatti l’area pullula di castelli e di tenute, ancora oggi visitabili con i loro Giardini all’italiana. Villa Lante a Bagnaia, Palazzo Farnese a Caprarola, Castello Orsini di Vasanello, Castello Ruspoli di Vignanello, solo per citarne alcuni, sono luoghi incantati in cui sembra di tornare indietro nel tempo.
# il parco dei Mostri di Bomarzo
Credits: @viaggiuniversitari.it parco dei Mostri di Bomarzo
Una citazione particolare va fatta per il parco dei Mostri di Bomarzo e la dolce storia d’amore di cui è testimone: un uomo innamorato, Pier Francesco Orsini, commissiona questo giardino per la sua amata moglie, Giulia Farnese, morta da poco, “sol per sfogare il core”. Un parco pieno di statue e luoghi bizzarri (36 i punti di interesse segnalati sulla cartina del parco), un gioco di incastri tra simbolismi nascosti, mitologia e mondo fantastico. Una terra di satiri, draghi che nascondono enigmi, come la sfinge all’ingresso del parco che dice “Voi che entrate qui considerate ciò che vedete e poi ditemi se tante meraviglie son fatte per l’inganno o per l’arte”.
# Il Papa l’ha scelta come rifugio
Credits: @silvia.branconi Palazzo Papale
Nella Tuscia non si rifugiarono soltanto i signorotti, ma anche il Papa. A Viterbo c’è il palazzo papale, luogo in cui venne traferita la curia papale quando a Roma ci furono dei disordini, dovuti alle ostilità contro lo stato pontificio nel 1257. In questo palazzo, che sovrasta la città, c’è aria di sacralità e di pace in ogni angolo.
# Così vicina, ma anche così “lontana” da Roma
Credits: @ddmas Nepi
L’area del viterbese, proprio per questo motivo, è rimasta sempre molto “lontana” da Roma come strade ed infrastrutture, tant’è vero che ancora oggi non c’è un’autostrada diretta, ma la piccolo Cassia che collega Viterbo a Roma. Proprio per questo motivo la Tuscia è rimasta un luogo “isolato”, ancora oggi poco conosciuto dai turisti. È un luogo che nasconde varie bellezze, un susseguirsi di borghi medievali incastonati tra i Monti Cimini ed il Mar Tirreno, Vallerano, Sutri, Tuscania, Civita di Bagnoreggio, la città che muore, con i suoi soli 11 abitanti ma tantissimi turisti, dove non girano macchine e si accede per un ponte pedonale, un borgo congelato nel tempo.
# Lago e terme
credit: vivituscia.it
Ma il viterbese è anche un luogo pieno di sorprese naturalistiche: ettari di noccioleti, castagneti, vigneti, uliveti collinari sono cibo per gli occhi e per i polmoni che si riempiono di aria pura, laghi vulcanici, come Vico e Bolsena. Proprio nel lago di Bolsena c’è un’isola visitabile dove si trovano soltanto chiese. E poi le terme, il viterbese è area di acqua sulfurea, terme spontanee, chiamate dagli abitanti “bullicame”, dove si può fare il bagno immersi nei campi di grano con acqua calda che esce spontanea dal terreno. Io ci ho sempre immaginato gli etruschi che bivaccavano in queste pozze, così come fanno oggi i viterbesi ed i pochi turisti che le conoscono.
Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità
Uno delle poche realtà che deve ringraziare la pandemia è il fenomeno delle Dark Kitchen. A causa delle continue chiusure dei ristoranti, il concept nato oltre oceano ha visto una veloce diffusione anche in Europa.
La RIVOLUZIONE nella ristorazione: il boom mondiale delle DARK KITCHEN
# Conosciute anche come “cucine virtuali” ,”ghost kitchen” o “pop-up kitchen”
Credits: ristorando.eu dark kitchen
La nuova tendenza delle dark kitchen, conosciute anche come “cucine virtuali” ,“ghost kitchen” o “pop-up kitchen” , è diventata, a causa delle chiusure e delle restrizioni, la soluzione ideale dei ristoratori per sopravvivere. Si tratta di ristoranti che hanno deciso di fare solo cibo d’asporto, e quindi tutto con consegne a domicilio, senza più preoccuparsi dei posti a sedere. Non c’è insegna, non ci sono tavoli, non c’è personale e neanche clienti, l’unica cosa che serve è un cuoco e una cucina.
In questo modo l’investimento per i ristoratori è ridottoal minimo, ma i guadagni non diminuiscono, anzi possono anche aumentare. Il ristoratore inoltre avrà un basso rischio di impresa, visto che, in base ai gusti del momento, potrà cambiare facilmente l’offerta. Ciò nonostante l’organizzazione è essenziale! Le preparazioni dovrebbero essere fatte prima e al momento dell’ordine si “assembla” e basta e i driver devono essere gestiti al meglio.
# L’Italia ancora indietro
L’Italia ha abbracciato questa tendenza intorno al 2017, quando oltreoceano era già affermato. Da qualche anno a questa parte, infatti, molti ristoratori si sono appoggiati ad app legate al food delivery, quali ad esempio Deliveroo, Just Eat e Uber Eats. Tuttavia, in Italia si era notato che le dark kitchen erano invisibili, non avevano un qualcosa che catturasse l’attenzione dei passanti e potevano affidarsi solo al sito. Ma ammettiamolo che ormai chiunque ordini d’asporto preferisca utilizzare le app come Just Eat, più affidabili e con più possibilità di scelta. Se una dark kitchen fosse sparita probabilmente nessuno se ne sarebbe accorto. In realtà la questione che una pop-up kitchen debba elaborare una strategia per farsi conoscere e farsi apprezzare è un problema generale. Ciò che devono fare questi ristoranti è riuscirci, come ad esempio ha fatto il ristorante di cucina asiatica Bao Bao.
# In futuro si cenerà abitualmente a casa comodamente sul divano
Credits: magazine.divoraa.ch Pizza sul divano
La pandemia ci ha abituato ad avere tutti i comfort a casa: se quindi molte realtà si sono dovute adeguare con difficoltà, noi clienti ci siamo adattati benissimo. L’avere tutto subito, o comunque giusto l’attesa che il driver arrivi a destinazione, senza doverci alzare dal divano ma cliccando solo il tasto “ordina” sul cellulare, potrebbe essere una comodità a cui non si voglia più rinunciare. Questo non significa che i “ristoranti tradizionali” moriranno. Anzi una pizza con gli amici in un locale è probabilmente una delle cose che, di questi tempi, gli italiani desiderano di più. Tuttavia, l’essersi abituati a “poter mangiare al ristorante” anche da casa, farà si che, non solo tutti i ristoranti avranno anche un servizio a domicilio, ma che nuove dark kitchen si affermeranno sempre più.
Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità.
Il dito più famoso di Milano si tinge di Rosa. Vediamo che cosa è successo alla celebre opera di Cattelan in piazza Affari.
Il DITO di Cattelan con lo SMALTO ROSA
Blitz notturno dell’urban artist milanese Ivan Tresoldi in piazza Affari. Con vernice indelebile è salito sulla scultura di Cattelan e ha colorato di rosa l’unghia di marmo di Carrara.
Il gesto è stato rivendicato dallo stesso artista che sui social ha dichiarato di aver voluto rendere omaggio al movimento femminista “Non una di Meno” e a “SMS – Spazio di Mutuo Soccorso”, in occasione della Giornata della Donna dell’8 marzo.
L.O.V.E., altrimenti nota come “Il Dito”
Scrive Tresoldi «perché ogni uomo si ricordi sempre che se è vivo, lo deve sempre e comunque ad una donna. ”l.o.v.e. assai”, smalto su granito, stanotte, opera legittima ma illegale. Dedicata e per SMS Spazio di Mutuo Soccorso, NON UNA DI MENO. Grazie anche a Maurizio Cattelan per averci messo, pur senza saperne niente, il “supporto”».
Non si sa fino a quando l’opera rimarrà in questa nuova veste. Un’occasione riservata solo ai milanesi per ammirarla in questi giorni di arancione rafforzato.
Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità.
Il 27 giugno 1980 lo stadio di San Siro ha ospitato uno spettacolo senza pari: il concerto di Bob Marley. Era un periodo sicuramente difficile per Milano, ma i presenti, cullati dalle note vibranti del basso, hanno potuto esprimere la propria insofferenza, la propria opinione, cantando. E tutti, nonostante la folla, si sentivano al sicuro. È questo il potere della musica.
BOB MARLEY: il primo concerto a SAN SIRO della storia. Divenne subito MITO
# La capienza dello stadio San Siro
Credits: www.glistatigenerali.com
La capienza dello stadio di San Siro è di circa 76.000 persone. Durante i derby della Madonnina più sentiti, la media dei tifosi sulle tribune e sugli spalti oscilla tra i 60.000 e i 65.000. Numeri che viaggiano sulla stessa soglia anche per altri tipi di eventi. Possiamo ricordare che, la sera del primo settembre 1960, il Tempio dello sport Milanese aveva ospitato l’incontro dei campionati mondiali di pugilato e i suoi 53.000 amanti, esultanti per la vittoria del connazionale Duilio Loi.
# L’attesa per uno spettacolo indimenticabile
La cosiddetta “Scala” del calcio italiano, con la sua platea e le sue balconate, è stata anche palcoscenico e teatro di uno spettacolo senza pari. Stiamo parlando del concerto di Bob Marley del 27 giugno 1980 con più di 90.000 partecipanti.
Dalle prime luci del mattino, la gioia, le aspettative e la trepidazione a prender parte al più grande concerto della storia ospitato dalla città meneghina, sono radicalmente impresse nelle memorie e nelle esperienze di coloro che hanno avuto la possibilità di vivere quel momento.
# Un concerto dal valore inestimabile
Credits: www.glistatigenerali.com
Il sound del re del Reagge aveva conquistato tutti già da tempo. Però, con la data milanese dell’Uprising Tour, la modestia insita tra le righe dei testi delle canzoni e il mood ritmico tramutato in un vero stile di vita sembrano contrastarsi al successo senza tempo, alla notorietà e alla fama raggiunta dalla Giamaica approdata nella nostra Milano.
Un viaggio decisamente low cost: 4.500 lire, il costo del biglietto, in completa antitesi con il vero valore che questo evento ha rappresentato per i milanesi. Per tutti.
# Giovani, anziani e bambini. Tutti proiettati su un’isola dei Caraibi
Credits: www.virginradio.it
Il successo dello show di Bob Marley e The Wailers è insito proprio in questo comune desiderio di parteciparvi senza etichette, dimenticandosi delle stragi degli anni di Piombo e pensando esclusivamente alle canzoni da Disco d’Oro.
Giovani, anziani, bambini e persino neonati. Tutti cullati dalle note del basso che vibravano tra la marea di persone disperse in una densissima nube di fumo che fluttuava sui corpi che ballavano a tempo della dancehall, proiettati in un locus amoenus. Un luogo lontano dalla solita scighera a cui erano abituati gli abitanti di Milano.
Tutti uniti in un unico grande coro che sovrastava l’esile voce del cantante giamaicano, un eco continuo in una valle piena di spensieratezza.
# Un concerto per tornare a sorridere
Credits: www.rollingstone.it
L’acustica terribile, inesistente per i più sfortunati sulle gradinate più alte, è passata in secondo piano, perché la voce del cantante era riprodotta da potentissimi amplificatori udibili per mille miglia: le voci dei suoi fan.
Un assembramento felice, decisamente lontano dall’accezione negativa dei tempi odierni. Chi vi ha partecipato ha percepito questo evento come una riunione, un meeting all’aperto per discutere, esprimere la propria insofferenza e la propria opinione, nel miglior modo possibile: cantando.
Per questo, nella sentimentale “No woman, nuh cry”, quel “nuh” rende il suono vocale più contratto di un “no” ed è qui che cade un accento idealistico. Un “Nuh” urlato, di liberazione, di sfogo nei confronti di chi, e di cosa, non permetteva di sorridere, ma solo di piangere in quel periodo storico così triste. Una boccata d’aria nel posto che, in quel momento, era il più asfissiante del mondo. Mancava il fiato, non solo a fine concerto, ma già dall’apertura. Il blues di un giovanissimo Pino Daniele presentava un’escalation di quelli che si annoverano tra i suoi successi, partendo con “Sotto ‘o sole” e concludendosi con “Quanno chiove”, per poi “tuonare”, come da prologo al concerto di Bob Marley, con “A me me piace o’ blues”.
# Un posto affollato, ma così sicuro grazie alla magia della musica
Credits: www.virginradio.it
Fornellini da campeggio, teli e tovaglie, cestini da pranzo e rinfrescanti bibite permettevano di rifocillarsi prima dello stancante evento. L’idea di un grande picnic, un banchetto dove i commensali non aspettavano altro che il padrone di casa per il brindisi.
Lo stadio accoglieva tutti, anche chi non doveva essere lì. Infatti, i non paganti scavalcavano i cancelli all’ingresso, aumentando decisamente i già discutibili “accessi contingentati” di allora. Un comportamento legittimabile: chi si sarebbe perso uno spettacolo del genere?
Era tutto comunque in perfetto ordine, un ordine universale. Accendini alla mano, lacrime agli occhi e note tremanti erano le uniche cose percepibili. Niente paure. Nell’immaginario comune si è sempre tramandato questo senso di “essere al sicuro” in un posto così affollato e, soprattutto, in un contesto pubblico vacillante per i vari attentati. Merito della magia della musica.
# Una fine che ha il sapore di un nuovo inizio
Credits: www.wallofsoundgallery.com
La scaletta offre tutte le hit del cantante trentaseienne, concludendosi con “Get Up, Stand Up”, ultima di 21 canzoni. Marley scrisse la canzone durante un tour ad Haiti, ispirato e commosso dalla povertà e dalle condizioni disumane di vita degli abitanti. Il brano venne spesso eseguito dal cantante nei suoi concerti, usandolo specialmente come pezzo di chiusura. “Get Up, Stand Up” fu anche l’ultimo brano che Marley eseguì dal vivo, il 23 settembre del 1980 allo Stanley Theater, ora Benedum Center, a Pittsburgh, prima della sua morte prematura.
Quando si sente per la prima volta “Legend”, forse la più famosa antologia di Bob Marley, si ha proprio l’impressione che la sesta traccia, appunto “Get Up, Stand Up”, sia la traccia che decreta la fine. La fine che però ha il sapore di un nuovo inizio. Il capitolo finale di una saga, esattamente come lo è stata la vita di Bob Marley che, ad oggi, è colonna sonora di una presa di coscienza personale.
Chissà se, pensando alla situazione odierna, potrebbe rappresentare il tema di speranza e risveglio della società abbattuta dalla pandemia, soprattutto per Milano, ancora oggi troppo Cryin’ woman. “No Woman no cry, Get Up and Stand Up!”
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Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità.
Un buco nero è un corpo celeste con un campo gravitazionale così intenso da non lasciare sfuggire né la materia né le radiazioni elettromagnetiche. Non è osservabile direttamente ma solo per l’effetto che produce: l’annullamento.
Uno dei pilastri della civiltà occidentale è lo spirito di contraddizione, la possibilità di mettere in discussione qualunque idea od opinione. Questo garantisce un continuo progresso del pensiero e di evitare discriminazioni e settarismi dogmatici.
La libertà di esprimere le proprie idee è ciò che rende l’occidente diverso dai secoli bui, dai periodi di totalitarismo e dalle società oltranziste.
Lo spirito di contraddizione trova oggi un buco nero. Il buco nero si è generato quando si sono poste alla ribalta idee strampalate e inverosimili. Terrapiattismo, scie chimiche, vaccini con i microchip e altre idee facilmente denigrabili hanno creato una sorta di buco nero che squalifica chi ha quelle opinioni. Ma non solo. Con la pandemia vengono abbinati automaticamente a quel buco nero tutti quelli che la pensano diversamente dal pensiero dominante.
Se uno solleva dubbi sulla gestione dell’emergenza o sulla sicurezza dei vaccini viene associato a questo buco nero: se dici qualcosa di diverso tu sei “terrapiattista e scie chimiche”.
Invece di argomentare si è trovato un modo passepartout di screditare qualunque idea fuori dal coro. Hanno creato un buco nero in cui finiscono tutte le idee e opinioni che si discostano dall’opinione di massa.
Un buco nero dove rischia di finire annullato uno dei pilastri della civiltà occidentale.
Si sa, le dimensioni non contano. Ma quando ci si ritrova a vivere in una casa di 7mq forse è il momento di rivedere questo detto.
Benvenuti nella casa più piccola d’Italia: un’abitazione che possiede tutto il necessario……tranne lo spazio.
La casa più PICCOLA d’Italia: vivere in 7 mq
# Dove si trova
Credit: vistanet.it
La casa più piccola d’Italia si trova nel cuore di Roma, in Vicolo San Celso, in zona Corso Vittorio Emanuele.
Quanto è “grande”? 7 mq! Se non riuscite ad immaginarvi cosa questo significhi aprite le braccia: questa è più o meno la larghezza di tutta casa.
Il proprietario Marco Pierazzi è un architetto che si è occupato personalmente di restaurarla, trovando un modo ingegnoso per fare di un così piccolo spazio una vera e propria abitazione.
Se state pensando che lui sia il primo a voler trasformare questi 7mq in una casa vi sbagliate; sorprendentemente questo spazio viene utilizzato come abitazione da quasi cento anni. Ritorniamo alla Roma del anni ’30, quella più povera in cui bisognava arrangiarsi con quello che ci si poteva permettere.
Ma adesso, nel 2021, nessuno poteva immaginare che questo minuscolo spazio potesse diventare un’abitazione con tutto il necessario.
# Il tour della casa
Credit: lacasapiupiccoladitalia.com
La casa è, ovviamente, un monolocale, si trova al piano terra, è dotata di tutti i confort ed è realizzata con materiali pregiati.
Aprendo la porta sulla destra troviamo la zona cucina, niente cucinino per questo monolocale ma una vera e propria cucina spaziosa che potremmo trovare in una casa dieci volte più grande.
In fondo, dopo circa 4 metri, troviamo il bagno con una comoda doccia.
Dove si dorme? Sul soppalco, dove il divano diventa un letto matrimoniale in un secondo.
Quando si vive in uno spazio così piccolo tutto deve avere una sua logica e ogni centimetro deve essere usato al meglio.
# Tutti i confort in 7 mq
Credit: lacasapiupiccoladitalia.com
La struttura è sicuramente di qualità, i mattoni a vista e il soffitto il legno rendono il tutto molto più elegante.
La casa possiede tutti i confort necessari e presenti in qualsiasi altro appartamento: dalla televisione a led fino all’impianto audio Hi-Fi.
Chi vive in questa casa troverà anche la rete wifi, il vantaggio? Non ci sarà il problema di avere zone della casa in cui “la connessione prende meno”.
Ci sono mensole rimovibili, una botola che si ribalta per aumentare la superficie del soppalco e persino una lavatrice nel sottoscala.
# Vivere in uno spazio ristretto
Credit: lacasapiupiccoladitalia.com
Vivere in uno spazio così ristretto non è una cosa da tutti ma sta diventando ormai più comune di quello che si pensa. Basta pensare alla moda ormai consolidata di vivere nelle tiny house.
Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità.
3.000 miliardi, questo il numero stimato di alberi sul Pianeta. Pensate, più o meno 422 per ogni persona. Una cifra che purtroppo sta progressivamente calando, considerando che ogni anno vengono abbattuti circa 15 miliardi di alberi e ne vengono ripiantati solo 5 miliardi. Presenti sulla Terra da 370 milioni di anni, ognuno ha la propria storia da raccontare e qualcosa che lo rende unico. Alcuni più di altri, lottano per sopravvivere alla continua espansione dell’uomo, crescendo spesso in condizioni estreme, mostrando una capacità di resistenza e adattamento impressionante. Quali sono i 7 alberi più curiosi e affascinanti del mondo?
La forza della natura: i 7 alberi più strani e curiosi del mondo
#1 Matusalemme: l’albero più vecchio, va verso i 5.000 anni
credits: pinterest.it
L’albero più vecchio del mondo è un pino dai coni setolosi, battezzato Matusalemme come il patriarca biblico che, si racconta, visse 969 anni. Una sciocchezza in confronto all’età di quest’albero, che ha ben 4852 anni. Facendo due calcoli, la sua germinazione è stata stimata all’anno 2832 a.C. e quest’anno compirà il suo 4853esimo compleanno.
Sorge nelle White Mountains in California, ma la sua posizione precisa è tenuta segreta per prevenire danni e vandalismi. Ne esisteva un esemplare ancora più vecchio, chiamato Prometeo che però, nel 1964, alla “veneranda” età 4844 anni fu abbattuto.
#2 Hyperion: il più alto del mondo, 115 metri (più del bosco verticale)
credits: giant.sequoias IG
Il primato per l’albero più alto del mondo appartiene a Hyperion, una sequoia della California che raggiunge i 115,85 metri d’altezza, superando di quattro metri il Bosco Verticale. Situato nel parco nazionale di Redwood, è stato scoperto solo nel 2006 grazie a due naturalisti. Anche in questo caso, la sua posizione precisa non è nota, attirerebbe infatti folle di turisti incuriositi che potrebbero comprometterne la salute.
#3 Mancinella: il più pericoloso
credits: commentimemorabili.it
Ad alcune specie di piante, si sa, bisogna stare attenti, in particolare alla Mancinella. L’albero, diffuso nei Caraibi e nel Centro America, è altamente tossico. Il solo contatto con la linfa causa gravi dermatiti, il frutto, poi, può essere addirittura mortale. Mi raccomando, se vi doveste trovare nei pressi di una Mancinella quando piove, spostatevi in fretta e non riparatevi sotto di essa, la linfa infatti gocciolerebbe dalle foglie provocandovi gravi vesciche.
#4 L’albero della speranza
credits: viaggi.corriere.it
Quest’albero è sicuramente uno dei più sorprendenti. Famoso oggi come simbolo di speranza, forza e resistenza, è l’unico, su una foresta di oltre 70.000, ad essere sopravvissuto allo tsunami di Fukushima del 2011.
#5 L’albero agli arresti
credits: fattistrani.it
Nel 2016 un giornale pakistano propone ai suoi lettori una foto alquanto bizzarra: un albero in catene, con un cartello appeso che recita “sono in arresto”. La stravagante storia risale al 1898, quando un ufficiale britannico, che aveva alzato un po’ troppo il gomito, ordinò al suo sergente di arrestare l’albero perché convinto che si stesse muovendo verso di lui. Fin da quel momento l’albero è rimasto in catene. Venuto a conoscenza della storia, il Washington Post ha ripreso quanto affermato dal giornale pakistano, facendo notare che lo strano arresto poteva essere stato in realtà un atto intimidatorio, un avvertimento per chiunque provasse a sfidare la legge britannica.
#6 Gli alberi modellati dal vento
credits: fattistrani.it
Nella zona più meridionale della Nuova Zelanda, a 4800 km dal Polo Sud, crescono degli alberi dalla forma incredibile. I venti, forti e continui, li modellano, facendoli sviluppare con forme contorte e originali. Queste piante esistono grazie agli allevatori di pecore che vivono nei dintorni e che le hanno piantate per offrire ai propri animali un po’ di riparo dalle intemperie.
#7 Il più solitario: 270 chilometri da quello più vicino
credits: terraincognita.earth
Restiamo in Nuova Zelanda per l’ultimo albero della nostra lista: il più isolato. A Campbell Island vive un alberello tutto solo, pensate che il più vicino dista 270km, altro che distanziamento sociale.
Questo titolo, in realtà, fino al 1973 spettava a Tenere, un albero che sorgeva solitario nel deserto del Sahara in Niger. Era l’unico albero nel raggio di 400km, finchè non venne abbattuto da un camionista durante una manovra.
E voi avete in mente qualche albero curioso? Segnalatecelo nei commenti!
Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità.
La Pianura Padana è un territorio che comprende diverse zone, tra cui alcune di Piemonte, Lombardia, Emilia-Romagna, Friuli Venezia-Giulia e Veneto. Un’estensione territoriale che le ha fatto aggiudicare il titolo di più vasta pianura dell’Europa Meridionale.
Dunque, non è un caso che comprenda il numero più elevato di siti tutelati dall’Unesco e inseriti nel Patrimonio Universale dell’Umanità. Pensate, in totale sono ben 18.
Scopriamo insieme quali sono le 7 meraviglie della Pianura Padana assolutamente da non perdere.
Siamo in mezzo al luogo con più SITI PATRIMONIO dell’UMANITÀ al mondo: le 7 MERAVIGLIE
#1 Relax assoluto a Salsomaggiore Terme
Credits: @francesco_adorni IG
Già solo il suo nome dice tutto. Salsomaggiore Terme, in provincia di Parma, è la località ideale per rilassarsi e dimenticare lo stress quotidiano.
Infatti, questa città termale, con i suoi edifici ispirati al Liberty-Decò circondati dalle verdi colline, incarna l’ambiente più tranquillo a cui riuscirete mai a pensare. Se siete di passaggio, non lasciatevi sfuggire l’occasione di visitare il suo centro benessere: non capita tutti i giorni di potersi sottoporsi a dei veri e propri trattamenti rigeneranti.
#2 Aquileia: un prezioso scrigno di arte e storia
Credits: @carlo.sclauzero IG
Aquileia, in provincia di Udine, è una delle aree archeologiche più importanti e ricche di Italia e, per questo, inserita nelle liste del Patrimonio Unesco già dal 1998.
Seppur gli scavi non abbiano ancora riportato alla luce tutte le sue rovine, i resti archeologici da ammirare sono moltissimi. Da quelli visibili all’aperto, come il Foro Romano, il porto fluviale e l’area di necropoli, detta “Sepolcreto”, fino a quelli inglobati in specifiche strutture museali. Insomma, un patrimonio archeologico ricchissimo tutto da scoprire.
Ma Aquileia non si ferma qui: potrete visitare anche la Basilica di Santa Maria Assunta, la culla del Cristianesimo in Italia e celebre per i suoi mosaici che ricoprono tutto il pavimento. È anche una delle tappe più suggestive della Ciclovia Alpe Adria “Radweg” che collega Salisburgo a Grado: passando da Aquileia, i ciclisti non potranno non ammirare il suo paesaggio lagunare con campagne, vigneti e canali.
#3 Bologna la “Dotta” e la “Grassa”
Credits: @_gaiadascola IG
Bologna, situata tra le montagne dell’Appennino tosco-emiliano ed il cuore della Pianura Padana, è senza dubbio una città ricca di arte, cultura e commercio. Ma non solo: con quasi 40 km, trionfa nella competizione per i portici più lunghi del mondo.
Questa città viene chiamata anche in altri modi: sapete perché? Il soprannome la “Dotta” deriva dalla presenza della prima università d’Occidente che, fin dal 1088 richiama studenti da tutta Europa. E poi, la “Grassa”, per via della sua gustosa cucina, un vero e proprio paradiso delle delizie per i nostri palati.
#4 Eremo di San Colombano: un miracolo architettonico a strapiombo sul torrente Leno
Credits: @silvia_grz IG
Nel comune di Trambileno, a pochi chilometri da Rovereto, non potete non notare l’eremo di San Colombano.
Raggiungibile solamente a piedi percorrendo un breve sentiero e una scalinata di 102 gradini, è stato costruito a mezza altezza su uno strapiombo di circa 120 metri. Ma tranquilli, è protetto da un tetto naturale di roccia.
#5 Cremona, la città delle 3 T
Credits: @th3_palac3 IG
Una città bellissima definita come quella delle 3 T. Vi siete mai chiesti perché?
La prima T deriva da Torrazzo, uno dei campanili più alti del mondo e simbolo della città stessa. Mentre, la seconda proviene dal Torrone, nato proprio a Cremona 500 anni fa e, poi, diventato famoso in tutto il mondo.
Sulla terza T ci sono diversi pensieri: alcuni dicono sia per Tognazzi, grande attore nato a Cremona, ma qualcun altro afferma sia l’iniziale della parola “tetta”, di cui le donne cremonesi sarebbero degne rappresentanti.
#6 Castell’Arquato, uno dei borghi più belli di tutta l’Italia
Credits: @castell_arquato IG
Insito nella lista de “I Borghi più belli d’Italia, Castell’Arquato è arroccato su una collina e riesce a raccontare il Medioevo a chiunque lo visiti. Infatti, il suo centro storico, che sorge sulla riva sinistra dell’Arda, ha una struttura medievale ancora intatta.
In questo borgo, è impossibile non rimanere incantati dalle ricchezze naturali. Ma anche l’offerta gastronomica fa la sua parte.
#7 Valle Camonica tra arte e natura
Credits: @davideradi.ci IG
La sua arte rupestre, dichiarata Patrimonio Mondiale dell’Unesco, ha reso questo luogo bresciano conosciuto in tutto il mondo.
Alla Valle Camonica non manca proprio nulla: un inestimabile patrimonio archeologico romano, bellissime chiese affrescate da dipinti rinascimentali, numerosi borghi e castelli medievali. Ma anche la natura la fa da padrona: è impossibile non immergersi nel verde che la circonda.
Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità.
Il giardino zen unisce l’arte del giardino giapponese e la filosofia zen, ricreando un
vero e proprio paesaggio dove ogni elemento esprime un doppio valore spaziale e umano
in un equilibrio di pieni e di vuoti.
Si può prendere spunti dall’essenza di questa tradizione orientale per rendere l’esterno della propria abitazione un luogo di rigenerazione.
Ma come è nata l’idea di questi giardini esemplari e come si è evoluta?
Vivere zen a Milano
# La storia di questi giardini: a Milano uno dei più celebri è all’orto Botanico
Credit: cinainitalia.com
Affascinanti leggende taoiste narrano di cinque isole montuose situate sul retro di una enorme tartaruga marina.
Queste isole erano abitate dagli Otto Immortali, che vivevano in assoluto equilibrio con la natura e volavano sul dorso di una gru. Questi concetti, riprodotti nei giardini in Cina, ispirarono all’epoca del VI – VII secolo i mercanti giapponesi, che modellarono l’estetica dei giardini sulle caratteristiche paesaggistiche dell’Honshu, la grande isola centrale del Giappone.
Questi giardini vennero sviluppati in tre categorie: come giardini religiosi nei templi atti alla contemplazione, come giardini laici nelle residenze nobiliari a scopo estetico-ricreativo e come giardini nelle case per la cerimonia del the, continuando poi dal XIX secolo la diffusione attraverso le influenze occidentali.
Uno dei maggiori esempi di giardino giapponese è il Ryōan-ji a Kyoto, città che rende possibile visitare i più spettacolari giardini zen al mondo. Qui a Milano, uno dei più famosi si trova all’Orto Botanico di Brera che ospita il Ginkgo Biloba.
# I quattro elementi base del giardino giapponese
Credit: pianetadesign.it
Gli elementi base di ogni giardino giapponese sono 4: rocce, acqua, vegetazione, manufatti paesaggistici; la modalità della loro giustapposizione è chiarita nel Sakuteiki (un testo anonimo del XI secolo).
Le montagne e le isole sono riprodotte dalle rocce, simbolo di solidità e stabilità, in
contrapposizione al vuoto; non sempre è facile reperire l’elemento dell’acqua, così
con la creazione dei giardini “secchi” viene metaforicamente riprodotto nelle distese
di ghiaia mimando le sue increspature.
Per la vegetazione si usano piante sempreverdi e le lanterne in pietra sono un tipico elemento perché derivano dalla tradizione della cerimonia del tè, simboleggiando il punto di arrivo e il giardino interiore.
# Stile Zen vs Stile Urban
Credit: terrazzofacile.it
Avvicinandoci alla primavera ci si prepara a creare un rifugio sensoriale di relax in contrapposizione allo stile urbano della città, utilizzando il modello orientale proviamo a rendere più zen il nostro outdoor, che sia un giardino, un terrazzo o un
balcone, trasformandolo in un’estensione della casa.
1° step: iniziamo a prestare attenzione all’organizzazione degli spazi, in cui regni
l’equilibrio tra arredamento, luci e piante.
2° step: optiamo per i materiali naturali come il legno e la pietra per tavolini bassi,
sedute regolabili, vasi e pavimentazione.
3° step: arricchiamo con tonalità neutre e sobrie, usando i cuscini in modo armonico e
curiamo con toni soffusi e caldi l’illuminazione come luci a led a terra o con lanterne
e candele.
4° step: inseriamo essenze vegetali di origine botanica giapponese come l’acero,
l’azalea e il bonsai.
Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità.
Terminato nel 2019 è stato votato dal famoso blog di architettura ArchDaily come il più bel condominio al mondo. Vediamo dove si trova e quali sono le sue peculiarità.
Il più bel condominio del MONDO è l’ “ALBERO BIANCO” (Fotogallery)
# “L’arbre blanc” a Montpellier eletto il condominio più bello del mondo da ArchDaily
Credits: world_walkerz IG
L’edificioprogettatodall’ingegnere giapponese Sou Fujimoto, è stato eletto dal famoso blog di architettura ArchDaily come il condominio più bello del mondo. Il suo nome è “arbre blanc” e in effetti ha la forma di un albero, con gli enormi balconi a fare da rami: lunghi fino a 7,5 metri sono i balconi a sbalzo più lunghi del mondo.
La sua curvatura ha il duplice vantaggio di proporre una facciata con maggiore esposizione e non ostruire il punto di vista delle abitazioni ed è stata pensata come una forma naturale che l’acqua o il vento avrebbero potuto scavare nel tempo. Si trova ai margini del fiume costiero di Lez, tra il centro città e i quartieri recenti di Richter e Odysseum di Montpellier.
# Il palazzo è alto 55 metri, per 17 piani, con una terrazza panoramica sul tetto
Il palazzo ha un’altezza di 55 metriper 17 piani, nei primi due piani c’è una galleria d’arte, un ristorante e degli uffici.
Credits: welove_montpellier IG – Vista dal terrazza verso il fiume
Il resto dell’edificio è composto da 113 appartamenti, tutti dotati di balconi sospesi, mentre all’ultimo piano c’è un bar sulla terrazza con vista panoramica della città e dei suoi dintorni.
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Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità.
Dopo oltre un anno dall’inizio dell’emergenza nella cura siamo ancora nel caos. Ogni paese, quasi ogni ospedale o medico adotta un suo metodo di cura, spesso in contraddizione tra loro. L’ultima novità arriva dalla Tanzania dove hanno costruito una sauna presso gli ospedali più importanti. Dicono che faccia meraviglie. Ecco come funziona.
Ecco la SAUNA anti-Virus: in Tanzania si curano così
Sauna in Tanzania. Credits: www.iltempo.it
Davanti all’ospedale di Dar es Salaam in Tanzania è stata costruita una sauna che può ospitare fino a sei persone. Per dieci minuti possono respirare vapore intriso di erbe mediche. Sono state installate quattro macchine così, davanti ai due più importanti ospedali della Tanzania, il Mloganzila e il Muhimbili.
Il presidente della Tanzania, John Magufuli, sostiene che contro il Covid queste saune siano “più efficaci e meno pericolosi” dei vaccini, tanto da averli vietati. Il Comitato Scientifico del Paese raccomanda invece l’inalazione di questi vapori, che farebbero secondo loro evitare qualsiasi contagio.
Il costo di ogni seduta è di 2 dollari, per rimborsare le spese di installazione sostenute dal governo. Per la loro installazione sono stati spesi circa 4 mila dollari. La Tanzania dal mese di maggio 2020 non rende più pubbliche le statistiche dei contagi del virus.
Chissà che la saune possano davvero rivelarsi utili. Ricordiamo due tra le più famose della città: la sauna tram alle Terme e la “sauna d’artista” all’Atelier Forte.
tram-saunaSauna d’artista di Duilio Forte
MILANO CITTA’ STATO
Se vuoi collaborare al progetto di Milano Città Stato, scrivici su info@milanocittastato.it (oggetto: ci sono anch’io)
Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità.
Bassa pianura bolognese. Di questi tempi spesso avvolta dalla nebbia, dove il silenzio si fa ancora più pesante specie in quest’epoca in cui tutti i luoghi di cultura e di intrattenimento sono chiusi. A far sentire il rumore e la vita ci pensa allora un piccolo cinema di paese, il Mandrioli. Ecco la sua vicenda.
Il piccolo CINEMA di paese che continua a proiettare FILM senza pubblico
# Non si viene non solo per vedere un film, ma per vedere un film al Mandrioli
Credits: streetview google
Il proprietario del cinema Mandrioli, a Cà Dé Fabbri in provincia di Bologna ci mise piede per la prima volta quando era uno studente e da 17 anni questo luogo porta con sé titoli spesso introvabili e processioni di persone che arrivano qui non solo per vedere un film, ma per vedere un film al Mandrioli.
# Da quando è iniziato il lockdown il cinema Mandrioli non ha mai smesso di proiettare film
Credits: Stefania Bortolotti Google
Vedere un film al Mandrioli però da tempo non è più possibile come nel resto d’Italia. Qui nella bassa pianura bolognese il silenzio si fa ancora più pesante anche a causa delle nebbie che rendono l’atmosfera ancora più ovattata, per questo il titolare Moris Donini ha deciso di continuare a proiettare filma porte chiuse: per non far mancare al paese le voci dei personaggi.
Credits: Stefania Bortolotti Google
Ogni sera, dalla cabina di regia sulla strada fa partire una pellicola e si distende a guardarla nel buio della sala, nell’attesa che prima o poi anche il pubblico arrivi a riempirla. La voce dei film del cinema Mandrioli si è alzata durante il festival di Sanremo, menzionato dai membri dello Stato Sociale insieme agli altri luoghi della cultura in Italia a cui è stata spenta la voce.
Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità.
Roma è capitale, sede del parlamento, del governo, del presidente della repubblica e luogo dove sono prese le grandi decisioni. Eppure anche Milano, in qualità di capitale morale, ha una grande storia politica e, in particolare, c’è stato un periodo in cui è stata il centro focale della politica italiana. Un periodo molto controverso che di certo ad alcuni non piacerà ricordare, ma, nonostante tutto, vale la pena rievocare la sua storia: la storia della Milano Socialista.
Quando MILANO era SOCIALISTA
# Le origini dello spirito socialista di Milano
credits: socialismoitaliano1892.it
Dopo la fine Seconda Guerra Mondiale, l’Italia si trova a ricostruire un Paese dilaniato, nelle città e nei paesi spariscono le figure dei podestà, di fascista memoria, e tornano le vecchie cariche, tra esse la figura del sindaco. Milano, da subito, evidenzia il suo spirito socialista con Antonio Greppi che diventa il primo cittadino con una giunta appoggiata da democristiani, comunisti, repubblicani e socialdemocratici. A lui seguono altre tre figure, Virgilio Ferrari, Gino Cassinis e Pietro Bucalossi, infine arriva Aldo Aniasi ed è proprio da lui che si può cominciare a parlare di Milano Socialista.
# Aldo Aniasi, il primo vero esponente della Milano Socialista
credits: bitculturali.it
Aldo Aniasi fu un partigiano che partecipò attivamente alla Seconda Guerra Mondiale. Alla fine del conflitto entrò subito a far politica appoggiando dapprima i comunisti, poi i socialdemocratici, per approdare definitivamente nel partito socialista con il quale divenne, a Milano, consigliere comunale e poi assessore. Nel 1967 venne eletto sindaco e durante il suo mandato fu un acceso sostenitore dell’alleggerimento dell’armamento della Polizia, cosa che gli attirò feroci critiche dato il periodo scosso dalle Brigate Rosse.
Particolare attenzione diede ai rioni periferici emanando quello che viene chiamato Piano Quadriennale del Verde volto a riqualificare alcuni quartieri, realizzando numerosi giardini e completando il Forlanini e Trenno. Un’operazione ambiziosa che portò Milano a diventare la seconda città più verde d’Italia. Fu completata la seconda linea metropolitana e fu adottata la tariffa oraria, che consentì finalmente ai milanesi di muoversi con un solo biglietto da un punto all’altro della città, utilizzando qualsiasi mezzo, nell’arco di tempo di un’ora.
Dotato di grande carisma e amato da cittadini, ricoprì il ruolo per un secondo mandato e, quando nel 1976 chiuse questa esperienza, venne eletto alla Camera dove rimase per cinque legislature ricoprendo diversi ruoli di prestigio.
Nel 2012, la giunta comunale guidata da Giuliano Pisapia decise di onorare la sua memoria intitolandogli il Parco di Trenno.
# Carlo Tognoli, uno dei sindaci più amati dai cittadini e dalle forze politiche
credits: gianluca comazzi fb
Carlo Tognoli fu senza ombra di dubbio uno dei sindaci più amati e apprezzati dai cittadini milanesi. Diventò sindaco durante un periodo costellato dalla violenza degli scontri politici, dal terrorismo e dalla crisi economica. Intuì che per fare il sindaco bisognava dare fiducia ai cittadini, infondergli ottimismo. L’urbanistica e la cultura furono due cavalli di battaglia che caratterizzarono i suoi due mandati. La prima con la messa in cantiere della linea 3, del passante ferroviario e con il prolungamento delle linee già preesistenti. La seconda promuovendo manifestazioni culturali, mostre, spazi teatrali, concerti.
Furono gli anni della Milano da bere, anni dove regnava ottimismo e edonismo. Furono gli anni di Bettino Craxi. Il leader socialista divenuto segretario nel 1976 e nel 1983 incaricato da Sandro Pertini di formare il nuovo governo. Milano diventò il quartier generale dei socialisti e con loro la città visse un’epoca d’oro che non sembrò conoscere ostacoli e difficoltà. Tutto era bello, tutto era alla portata di tutti e, in un’epoca così ottimista, Tognoli diventò un sindaco adorato da tutti gli ambienti politici e non.
# Sulla scia di Tognoli: Paolo Pillitteri
credits: rep.repubblica.it
Infine venne eletto Paolo Pillitteri, personaggio molto controverso, la sua candidatura e la sua elezione destano molti dubbi soprattutto dopo l’entusiasmo dilagante dell’era Tognoli. Nacque come giornalista e critico cinematografico e in politica crebbe soprattutto nell’area socialdemocratica. Dopo un’esperienza come assessore comunale, diventò sindaco appoggiato anche dalla Democrazia Cristiana, Partito Comunista e Federazione dei Verdi. Il suo mandato fu caratterizzato da un ideale proseguimento di Tognoli, mirato all’urbanistica con l’inaugurazione della linea 3 e alla cultura inaugurando circoli culturali, forum cinematografici.
Fu durante il suo mandato che il PSI arrivò a Milano al 20% di preferenze durante una consultazione elettorale. Infine, nel 1989, presso l’Ansaldo, ci fu l’ultimo congresso del Partito Socialista, evento ricordato per lo schermo triangolare progettato dall’architetto Filippo Panseca che tanto fece discutere, positivamente e negativamente, gli avversari e i sostenitori di Craxi.
Furono gli anni della Befana dei Socialisti, un evento dedicato ai bambini che si svolgeva al Teatro Carcano, dove partecipavano non solo bimbi in attesa di ricevere un regalo, ma anche personaggi dello spettacolo e del cinema che in quegli anni si erano avvicinati al garofano rosso. Quello che accadde subito dopo è storia nota.
# Il personaggio controverso di Craxi, amato ed odiato ancora oggi dopo 20 anni dalla sua morte
credits: tgcom24.mediaset.it
Al di là di ogni giudizio sul singolo personaggio, è indubbio che la figura principale della Milano socialista fu Bettino Craxi. Il leader indiscusso dei socialisti fu una figura alquanto controversa che ancora oggi, nonostante siano trascorsi vent’anni dalla sua morte, suscita amore e odio nella stessa misura.
Al di là di ogni giudizio personale, è innegabile che Craxi fu una figura importante e fondamentale nella nostra storia repubblicana, che come tutti i grandi personaggi di quell’epoca commise errori in egual misura. Gli va riconosciuto, a parer mio, la sua abilità di statista che ha ridato dignità a un paese ancora dilaniato dal passato fascista e da una sudditanza esasperata verso gli americani: il caso Sigonella e il ruolo chiave per la pace in Medio Oriente furono casi politici significativi. Craxi tentò di riformare e modernizzare una nazione vecchia e non al passo con gli stati europei, appoggiando battaglie storiche come il divorzio e l’aborto.
E’ facile ricordare le ombre e dimenticare le luci, ma i tempi sono maturi per una riflessione più corretta e obiettiva di quel periodo ed è tempo che alla figura di Craxi venga tributato qualcosa per non dimenticare il suo passaggio e il suo contributo alla città di Milano.
Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità.
La Commissione Europea sta valutando l’adozione del cosiddetto passaporto vaccinale europeo, il quale attesterebbe l’avvenuta vaccinazione da Covid-19 o, in ogni caso, l’esito negativo del tampone. Il Garante della Privacy si è detto contrario. E tu sei favorevole o contrario?
La UE vuole il PASSAPORTO VACCINALE, il garante della privacy dice NO. E tu? (Vota il sondaggio)
# In Commissione Ue verrà presentata una proposta per l’istituzione di un passaporto vaccinale digitale
La presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, ha annunciato che proporrà l’introduzione di un passaporto vaccinale : “Presenteremo questo mese una proposta legislativa per un Green pass digitale. L’obiettivo è fornire prova che la persona sia stata vaccinata oppure i risultati dei test per chi non ha ancora potuto vaccinarsi e eventuali informazioni su guarigione da Covid-19”. Lo stesso commissario Ue agli Affari Economici Paolo Gentiloni avvalla l’iniziativa: “Bene se si riesce a creare un certificato comune, non deve contenere chissà quali informazioni ma semplicemente il dato che il titolare è stato vaccinato ed eventualmente se solo con la prima o anche con seconda dose”.
# Il garante della privacy si dice contrario al Green pass digitale
Di parere opposto il Garante del Privacy che ritiene pericoloso l’adozione di questo tipo di documento digitale: “I dati relativi allo stato vaccinale, infatti, sono dati particolarmente delicati e un loro trattamento non corretto può determinare conseguenze gravissime per la vita e i diritti fondamentali delle persone: conseguenze che, nel caso di specie, possono tradursi in discriminazioni, violazioni e compressioni illegittime di libertà costituzionali”.
Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità.
Marx diceva che l’economia è la struttura della società mentre tutto il resto è sovrastruttura. Quindi alla base del funzionamento della società umana c’è sempre l’economia.
Riprendendo questo concetto per analizzare la situazione attuale è evidente che a livello economico il gigante dei nostri giorni sia l’industria farmaceutica. La rivoluzione epocale che sta avvenendo è che invece di occuparsi dei malati, il business medicale è diventato il sano.
Forse per la prima volta nella storia la diffusione di una nuova malattia non ha innescato come reazione prioritaria la ricerca di una cura. Dopo un anno è ancora incerto il modo di intervenire sul malato, mentre sono già in produzione in tutto il mondo dei vaccini da impiegare sulle persone sane per evitare che si ammalino.
Utilizzando la stretta logica economica è semplice comprenderne il guadagno: trovare una cura significa rivolgersi a un pubblico limitato, dello zero virgola qualcosa a livello mondiale, che sono quelli che si ammalano e per cui può essere utile la medicina. Invece puntare sui sani significa avere disposizione 7 miliardi di potenziali consumatori, addirittura spesati dai relativi stati.
Dal punto di vista economico, ogni sano conviene che sia trattato come un malato.
Il resto è solo sovrastruttura.
La Legge di Murphy recita: «Se qualcosa può andare storto, lo farà».
Siccome a Milano siamo particolari, abbiamo le versioni ambrosiane che in slang chiamiamo “sfighe”.
Niente a che vedere con la fetta biscottata che casca da un certo lato, o la bottiglietta d’acqua che si apre nella borsa inondando ogni cucitura. Qui si soffre da eroi: noi siamo quelli della variante milanese.
La LEGGE DI MURPHY a Milano: le 15 immancabili SFIGHE meneghine
#1 La rete tecnologica tra le migliori d’Europa? Tranne per inviare o ricevere documenti urgenti e fondamentali
Credit: nemotecsrl
L’antropologia spiegherà prima o poi perché milanese e lavoro sono una cosa sola. In attesa di questa rivelazione ci dobbiamo tenere lo stereotipo del milanese iperconnesso, sempre al telefono (per il tempo che è carico), indaffarato e produttivo.
Finché non subentrano tutte le sventure possibili.
Avete mai notato che la copertura 4G/5G di Milano è la migliore d’Europa fino a che si cincischia con app inutili, spegnendosi irrimediabilmente appena si deve inviare o ricevere documenti importanti? Beh, allora avrete anche notato che la rete recupera efficienza e velocità appena si torna a bighellonare.
#2 L’ultimo aggiornamento della giornata sicuramente si incepperà
Eterna nemica della velocità milanese è la spillatrice, che ha sempre all’interno l’ultimo punto. Inceppato. Come dite? Siamo nell’era digitale paperless? Benissimo! Sicuri di aver scaricato tutti gli aggiornamenti stanotte? Perché vedo il vostro PDF reader pronto a trasformarsi in una spilletta incastrata. Digital edition.
#3 Ogni laptop si romperà nel momento sbagliato
Per non parlare del laptop guasto. Lo portiamo in assistenza e la diagnosi è, manco a dirlo, rottamazione. Tentiamo la fortuna (non ridete) portandolo in un centro gestito da veri nerd che lo riparano, MA ci daranno il lieto annuncio solo dopo aver messo nel carrello di Amazon un PC nuovo, preso al volo in offerta non rimborsabile.
Così adesso avremo l’ennesimo dispositivo da sincronizzare. Al lavoro se qualcosa può andare storto lo farà, ma in triplice copia.
Per fortuna che arriva il vener……
#4 Sole in settimana, pioggia nel week end
È primavera, venerdì mattina, ci svegliamo di buon umore perché arriva il weekend di riposo. Un pensiero che bisognerebbe sempre evitare, per lo meno pensare a bassa voce:
– La settimana è sempre pesante, soleggiata e calda. Nel weekend invece pioverà. – Variante: se è zona ponte con la settimana corta, il venerdì ci potrà salvare solo l’Arca di Noè.
#5 Ci si ammala sempre in vacanza
– Scoppiamo sempre di salute, ma ci ammaleremo nel fine settimana imminente – Variante: sostituire “fine settimana” con Natale, ferie o giorno del compleanno.
– Nonostante tutto arriviamo a casa. Una volta scesi dalla macchina dove pensate di poter mettere il piede, se non nella pozzanghera più grande di Milano?
#6 Il giorno più freddo dell’anno è quello precedente all’accensione del riscaldamento
– Verso la metà di settembre di ogni anno, la Giunta Comunale emana l’ordinanza che regola accensione e spegnimento dei riscaldamenti. In quel preciso momento Milano diventa il nodo del climate change più critico del pianeta (dell’universo?).
Anche se abbiamo già fatto il cambio di stagione dovremo correre agli armadi e ripescare tutto il guardaroba: al 15 di ottobre per girare in canottiera e infradito, mentre al 15 aprile vorremo mica rinunciare ad una rinfrescatina a tutti i pile appena lavati e imbustati!
Che ne dite, ci vediamo sull’evento Facebook “Pioggia delle 18:00 a Milano” e ci scambiamo qualche esperienza? www.facebook.com/events/
Credit: meteogiornale
#7 Ogni pista ciclabile si interrompe sempre nel punto più pericoloso
Credit: varesenews
– Cominciamo dalle piste ciclabili ed evitiamo la prima perdita di tempo: le nuove bike lane di Milano sono state sicuramente tracciate in omaggio a Murphy, cioè dove potevano recare maggior disagio a tutti. Non servono studi internazionali o osservatori ONU per confermarlo: è così e basta.
#8 La legge di equidistanza: se si deve prendere un mezzo di trasporto pubblico, si è sempre a metà strada tra una fermata e quella successiva
– Passiamo quindi oltre per analizzare la gamma di mobilità dolce, cui si applica la teoria quantistica ATM dell’equidistanza: «Nello sbucare da una via laterale, alla ricerca della fermata dell’autobus più vicina, ci si troverà nel punto perfettamente equidistante tra due fermate». (http://leleggidimurphy.it/legge-atm-dellequidistanza/
La teoria si adatta in modo perfetto allo sharing di qualsiasi veicolo, 2 o 4 ruote, e se
non ci credete aprite una qualsiasi app adesso.
Inutile quindi affannarsi alla ricerca della fermata più vicina tra le due: qualunque sceglieremo è sbagliata, l’autobus è appena passato oppure aspetteremo le ore, mentre in direzione opposta è ov-via-men-te prevista una parata di bus che percorrono la linea, compresa la consegna dei nuovi mezzi ibridi col taglio del nastro delle Autorità, scorta d’onore, stampa e fanfara.
– Per accorciare le attese alle pensiline di tram e mezzi di superficie è comunque consigliato controllare quante sigarette abbiamo in tasca. Ultima sigaretta + tanta voglia di fumare = quaresima!
Attenzione a non barare: accendere la sigaretta apposta per far arrivare l’autobus non funziona e da gennaio 2021, da quando è stato introdotto il divieto di fumare alle fermate, il coefficiente di difficoltà è da gara di tuffi.
#9 La legge del pendolare: se sei in ritardo il treno è in orario, se sei in anticipo corsa soppressa
– Menzione particolare meritano gli eroi che ogni mattina salgono su Trenord per venire a lavorare a Milano.
I pendolari hanno un corollario personale, il principio di indeterminazione fifty-fifty.
All’uscita di casa il pendolare ha due sole possibilità: avere addosso tutta la premura del mondo (chissà perché?) e allora inutile affannarsi a inscenare i 3000 siepi saltando ostacoli e trolley, rompere il tacco e inciampare nella pashmina: il treno chiuderà le porte in faccia. Le 3 volte l’anno in cui il pendolare è in orario o in anticipo, Trenord ha soppresso la corsa.
Meglio scegliere l’auto privata, quindi?
#10 La legge della tangenziale: la corsia che scegli è la più lenta
Credit: business online
– L’automobilista ha la sua Trenord e si chiama tangenziale. Può scegliere tra tre corsie ed inevitabilmente sceglierà quella che gli farà perdere più tempo. Cambiando fila aumenta solo il tempo che sprecato in coda.
Tutto ciò si applica anche alla fila del supermercato o degli uffici pubblici: la fila in cui ci mettiamo è sempre la più lenta. Cambiare fila per applicare sempre lo stesso postulato.
Sia la tangenziale Est che la Ovest sono due tracciati pensati veramente bene e chi conosce la città sa che c’è più di un’uscita per recarsi nello stesso punto.
Optando di uscire prima per evitare una coda in tangenziale, imboccherà un girone dantesco andando incontro ad una coda più lunga. Preferendo proseguire in tangenziale perché all’uscita prima si intravede un rallentamento, idem.
#11 La legge del semaforo: rosso
Una volta in città bisogna fare i conti con la cattiveria degli esseri più spietati delle strade: i semafori. I semafori milanesi sono sempre rossi, non importa da quale lato dell’incrocio ci troviamo: il verde non scatta più, soprattutto se sei in pole position. Se davanti a te c’è qualche veicolo… continuate voi,
– Possiamo sempre decidere di cambiare tragitto per guadagnare tempo e in quel caso ben due risultati sono possibili: che tutta Milano quel giorno ha preso la stessa decisione oppure stanno tracciando una nuova ciclabile.
#12 La legge dell’AMSA: pulisce solo le strade a senso unico quando sei in ritardo per un appuntamento decisivo per la tua vita
Nelle vie a senso unico invece, appena imboccata la strada si materializza il camion AMSA, perché è il giorno della raccolta differenziata. A qualunque ora.
#13 La legge più precisa dell’universo: se lavi l’auto, pioverà
E se aspetti la pioggia prima di lavarla si rischia la desertificazione per la siccità.
#14 La legge dello sgamo: se non vuoi incontrare qualcuno, lo troverai subito
Credit: dilei.it
L’eterna lotta dei milanesi contro la sfiga non riguarda soltanto il tempo, ma tutti gli ambiti di vita quotidiana.
– Non importa quanto lontano possiamo andare, anche infrangendo ogni restrizione odierna: la probabilità di incontrare qualcuno che conosciamo aumentano se siamo in compagnia di qualcuno con cui non vogliamo essere visti.
– Contrariamente a molti connazionali, a noi piace usare un tono di voce sommesso anche se capita di trovarsi in ambienti pubblici piuttosto rumorosi.
Sarà il disagio del rumore di fondo, sarà la sfortuna, ma è proprio in quei luoghi che ci scapperà la battuta più triste della nostra vita. E se ciò non fosse già abbastanza imbarazzante, lo spazio-tempo si contrae in una camera anecoica e nel silenzio più totale la battuta verrà udita da tutti.
#15 La doppia legge degli eventi: l’evento imperdibile è quello che andrà esaurito prima di te o che verrà cancellato dopo che avrai preso il biglietto
Abbiamo infine la maledizione della moda e degli eventi: ci affezioniamo ai vestiti e ci ostiniamo a tenerli nell’armadio per decenni, conosciamo anche chi continua a indossarli perché “prima o poi torneranno di moda”.
Tornano in voga solo se diventano troppo consumati o li abbiamo portati al riciclo.
Che la strategia di ogni fashion week sia decisa dal contenitore giallo del RIUSE è un sospetto più che legittimo.
E dopo i mesi della pandemia senza eventi, alla prima settimana utile riaprirà tutto insieme: concerti, teatri, musei, locali, palestre, aeroporti. Ricordandosi che con l’evento vale la doppia legge: tanto più ci terrai ad esserci tanto meno probabile che ci sarai.
Inutile opporsi al destino, ci muoviamo e dietro l’angolo c’è l’intoppo che crea un piccolo momento di crisi.
Ma è del tutto sterile aver paura di incappare nella legge di Murphy in salsa meneghina. Se ci guardiamo i piedi per timore di metterli in fallo, non poseremo più lo sguardo sulle piccole e grandi opportunità che si presenteranno intorno.
In fondo anche inciampare è un modo per fare un passo avanti. Basta non essere sull’orlo di un burrone.
Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità.