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Dimmi che quartiere frequenti e ti dirò chi sei

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Ph. @milanographies IG

Ogni quartiere di Milano ha una propria identità, così come chi ci vive. Scopriamone insieme alcuni.

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Dimmi che quartiere frequenti e ti dirò chi sei

#1 Brera: hai uno spirito d’artista

Credits Andrea Cherchi – Brera

È il quartiere artistico per eccellenza, frequentato a tutte le ore, soprattutto dagli amanti della movida notturna. Bar storici, locali, botteghe artistiche, se ami bazzicare qui sei un po’ artista, un tipo originale che non ama le cose commerciali, scontate ma oggetti strani, pezzi unici e persone altrettanto originali, un po’ border line. Proprio qui, trovi sempre ciò che cerchi anche in mezzo alla confusione. 

#2 Quadrilatero della moda: ti senti glamour 

Credits Andrea Cherchi – Vista di via Montenapoleone

Il tempio della moda, dello stile glamour, questo è un quartiere conosciuto in tutto il mondo se non altro perché via Montenapoleone è la strada più costosa al mondo. Chi vive o viene qui, ama la perfezione, il ben vestire come forma mentis, l’apparire come sostanza, ha un senso estetico spiccato e ama il bello in tutte le sue forme. Per non passare mai inosservato e poi, il bello educa. 

#3 Duomo: esserci a tutti i costi 

Credits: @Semplicemente Milano di Andrea Cherchi
Guglie Duomo

Il regno della confusione e dello shopping commerciale, qui di rado si vedono milanesi, specialmente nel weekend. Se vieni qui non temi la ressa, la confusione e anzi, forse ti piace mischiarti e amalgamarti a questo fiume informe di gente. Forse serve a perdere la propria identità anche se solo per poche ore.

#4 City Life: lusso e ricchezza come obiettivo di vita

Credits Andrea Cherchi Citylfe dalla fontana delle quattro stagioni

Eletto a quartiere prediletto da vip, calciatori e influencer, chi vive qui ama la vita agiata e zero sbatti. Silenzioso, tranquillo con tanto verde. Nel weekend probabilmente emigri altrove perché l’effetto “Duomo il sabato” è un rischio che non puoi correre: ma chi se ne frega tanto  puoi permetterti di andare a Courma e tanti saluti. Vita agiata, tranquilla e zero pensieri. 

#5 Isola: ti senti cool senza volerlo dimostrare agli altri

Credits ge_galdo IG – Isola

Chi vive o frequenta queste zone é un tipo eclettico, adattabile ai cambiamenti e camaleontico, proprio come questi luoghi, trasformatisi in breve tempo in un quartiere assai attrattivo e in forte crescita. Un’isola felice, un paese dentro la città, un posto dove c’è tutto e il suo contrario dove si può essere se stessi, mille sfumature comprese.

#6 Porta Venezia: vivi e lascia vivere è la tua regola di vita

Credits Andrea Cherchi – Palazzo Galimberti Porta Venezia

Il quartiere trendy, inclusivo che abbraccia tutti, dalla sciura milanese che ci vive da sempre, alle comunità etniche perfettamente integrate, dal pensionato ai giovani in cerca di futuro. Vita notturna in fermento, locali per tutti e per tutte le tasche, se ti piace venire qui hai un senso di libertà spiccato, odi i luoghi comuni, i limiti e le riserve mentali. Vivi e lascia vivere. 

#7 Nolo: ami il rischio e le novità

Credits duende_san IG – Nolo

Nolo è una sorta di mondo a sé, un quartiere fortemente identitario e quasi autonomo, con proprie botteghe, la radio locale e tantissimi locali e ristoranti che in breve tempo hanno attirato frotte di gente giustamente incuriosita dalle novità. Chi vive qui ama proprio il rischio, il buttarsi a capofitto nelle novità senza preoccuparsi delle conseguenze. È adatto a chi ama le commistioni, l’eterogeneità, le iniziative sociali. Per non sentirsi mai soli.

Continua la lettura con: Questi sono i 7 quartieri più «maranza di Milano»: uno è insospettabile…

ALESSANDRA GURRIERI

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Le città nella metro di Milano: quali sono e il problema inaspettato che possono provocare

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Maps - Metro con nomi di città e comuni

Scendiamo a Sondrio, a Domodossola o a Bisceglie? Ci sono stazioni della metropolitana che sono identificate con nomi di città. Questo può produrre un problema inaspettato. 

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Le città nella metro di Milano: quali sono e il problema inaspettato che possono provocare

# Cosa succede se si chiede al navigatore di andare a Domodossola, anche se si è a Milano

Maps – Ricerca Domodossola

La metropolitana è talmente entrata nella consuetudine dei milanesi che si è soliti scegliere il nome delle stazioni per indicare il luogo di un appuntamento invece che l’indirizzo vero e proprio. «Vediamoci a Domodossola». Presa la decisione su dove incontrarsi, anche per chi non è Milano dovrebbe bastare digitare il nome sul motore di ricerca del navigatore e far partire il calcolo del percorso da effettuare per raggiungerlo, a prescindere poi che si decida di arrivarci con il trasporto pubblico o con il mezzo privato. Ma è qui che sorge il problema.

Maps – Risultato ricerca Domodossola

Dando l’avvio alla navigazione, sia che si utilizzino i comandi vocali che la tastiera del computer o dello smartphone, si verrà indirizzati nella località o nella città che porta quel nome e non alla fermata. Certo, tra le opzioni del menu a tendina risulta anche l’omonima stazione della metropolitana, ma il software non la prevede di default e, in ogni caso, come prima scelta e ci spedisce da tutt’altra parte. MA quali sono i nomi di città della metro di Milano, dove bisogna precisare a Siri che si tratta di stazione e non della località?

Leggi anche: Nei nomi delle fermate della metro Roma batte Milano: questi i cambiamenti che si dovrebbero fare

# I nomi di città nella metro di Milano 

Maps – Domodossola FN

Da Corso Sempione al cuore della val d’Ossola è quindi un attimo. Domodossola non è però l’unica stazione a creare confusione, sono diverse le fermate della metropolitana con nomi di città a Milano.

Tra queste troviamo Bisceglie sulla M1, Udine sulla M2, Sondrio sulla linea M3: il navigatore ci condurrebbe al centro della Valtellina.

Maps – Metro con nomi di città e comuni

Sempre sulla linea M1 abbiamo Lima e Rovereto, Loreto sulla M1-M2, che richiama la cittadina marchigiana, Caiazzo sulla M2 e perfino Gerusalemme sulla M5. Qui sbagliare strada sarebbe davvero un casino. 

# La fermata che è stata “sistemata”: piazza Abbiategrasso sulla M2

Maps – Fermata Piazza Abbiategrasso M2

Fino ad alcuni anni fa anche la fermata di piazza Abbiategrasso – Chiesa Rossa sulla linea M2 presentava lo stesso problema. Si chiamava infatti solo Abbiategrasso, il comune famoso per il suo castello visconteo a 25 km dal centro di Milano: non solo il navigatore ci avrebbe portato là, ma molti non milanesi pensavano di trovarci anche la stazione. Magari in futuro ci arriverà davvero una metropolitana, come aveva ipotizzato il Sindaco Sala, e a quel punto per togliere ogni dubbio sarà meglio lasciare solo Chiesa Rossa per definire il capolinea della M2.

Leggi anche: 7 paesi da incorporare nella città metropolitana di Milano

Continua la lettura con: La fermata della metro di Milano che ha tre nomi

FABIO MARCOMIN

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Se sei una sciura milanese cerchi di andare sempre al massimo

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Una sola marcia innestata: la sesta.

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Continua con: Quando cerchi di evitare le buche sulle strade di Milano 

SMAILAND, “il sorriso di Milano”: ogni giorno su milanocittastato.it

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La mappa dei tram di Milano non esiste: e se fosse così?

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it.milanmap360.com - Mappa tram Milano

Milano ha una delle reti tranviarie più estese d’Europa. Non solo: il tram è un vero e proprio simbolo della mobilità di Milano. Eppure i suo percorsi non si trovano nelle mappe ufficiali di ATM. A Parigi e Vienna sono indicate, perché non farlo anche a Milano?

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La mappa dei tram di Milano non esiste: e se fosse così?

# Una delle reti più estese d’Europa, ma non è segnata sulle mappe

Atm – Mappa Metro e linee S 2024

La rete tranviaria di Milano è una delle più estese d’Europa, con 17 linee attive e una lunghezza complessiva di circa 180 km. Supera in estensione città come Vienna (172 km, 28 linee) e Budapest (174 km, 36 linee). Rimane dietro solo a Parigi (183,4 km, 14 linee), Berlino (193 km, 22 linee), e San Pietroburgo (231 km, 40 linee).

In realizzazione ci sono la metrotranvia nord, per una lunghezza di 14 km, la conversione in metrotranvie delle linee verso Seregno e Limbiate per altri 26 km complessivi, a cui si aggiunge l’estensione di 1 km del tram 24 e in futuro la metrotranvia Repetti M4-Rogoredo M3 di 4,7 km. In totale sono oltre 40 km i nuovi percorsi attesi.

Mappa Comune di Milano

Il tram è il simbolo della mobilità urbana di Milano, con vetture storiche e moderne che attraversano il centro e i quartieri periferici: ancora prima della metropolitana dato che la rete, seppur ridotta rispetto al passato, è in funzione dalla seconda metà dell’800. Nonostante questo però i tracciati non sono presenti sulla mappa dei trasporti di ATM e non ce n’è nemmeno una cartina dedicata. Le linee dei tram si possono scorgere solamente, anche se a fatica, sulle cartografie appese nelle banchine delle metro o nelle pensiline dei mezzi di superficie.

# Le mappe di Parigi e Vienna hanno tutte linee ben visibili

Mappa Parigi Metro e Tram

A Parigi, che sta estendendo sempre più la sua rete tranviaria negli ultimi anni, mette a disposizione una mappa dove sono indicate in modo chiaro tutte le tipologie di trasporto pubblico, comprese le linee di tram, ognuna con il suo colore. Nella legenda sono segnate con la lettera “T” seguita da un numero.

Mappa trasporti Vienna

Anche nella mappa di Vienna son ben visibili, con percorsi di colore rosso e i bus di colore blu.

# La facciamo anche per Milano?

it.milanmap360.com – Mappa tram Milano

Il sito milanmap360.com ha provato a realizzarne una che mette la rete tranviaria milanese in primo piano, con le linee colorate di rosso, sullo sfondo la rete metropolitana e infine le direttrici ferroviarie. ATM potrebbe prendere spunto da questa e da quelle di Parigi e Vienna per integrare tutte le reti di trasporto, partendo dal centro città, nella sua mappa ufficiale con linee di tram appena meno spesso di quelle delle metropolitana.

Continua la lettura con: Queste le linee veloci attuali e future da Milano alle città d’Europa

FABIO MARCOMIN

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Tutte le opere del Terzo Valico: una rivoluzione per i trasporti italiani in Europa

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genova24.it - Retroporto Alessandria

La realizzazione del progetto del Terzo Valico, che include anche le opere nel nodo ferroviario di Genova come lo scalo merci di Campasso, è solo un tassello di una strategia più ampia pensata per rivoluzionare il trasporto merci dalla Liguria all’Europa. Vediamo come e cosa si sta realizzando.

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Tutte le opere del Terzo Valico: una rivoluzione per i trasporti italiani in Europa

# La nuova diga foranea di Genova: per accogliere navi fino a 450 metri di lunghezza

Credits webuildgroup – Diga foranea Genova

Partiamo dal mare. Nel 2023 sono partiti i lavori per costruire la nuova diga foranea di Genova: sarà una delle più profonde del mondo, 450 metri più al largo rispetto a quella attuale e progettata per consentire al Porto di Genova di ospitare e far manovrare senza problemi navi dalle dimensioni più grandi, fino a 450 metri di lunghezza. Il suo sviluppo complessivo sarà di 6,2 km, poggerà su fondali profondi fino a 50 metri con un basamento composto da 7 milioni di tonnellate di materiale roccioso e una struttura composta da 100 cassoni cellulari prefabbricati di cemento armato alti fino a 33 metri, larghi fino a 35 e lunghi fino a 67. La conclusione dei cantieri è programmata per la fine del 2026.

Leggi anche: 5 progetti grandiosi in arrivo in Italia

# Il potenziamento del sistema portuale di Savona

otinord.it – Porto di Savona

Il porto di Vado Ligure e Savona è considerato un unico sistema portuale, composto da composto da più terminal distinti e due scali distanti tra loro di circa 7 km, integrati sotto la gestione dell’Autorità di Sistema Portuale del Mar Ligure Occidentale. Il primo specializzato nel traffico container e intermodale, il secondo più storico e focalizzato sul trasporto persone, ma gestisce anche merci liquide e solide, come prodotti chimici e rinfuse.

otinord.it – Porto di Vado Ligure

Si tratta di uno snodo secondario rispetto a quello di Genova, ma cruciale, offrendo un’alternativa complementare, soprattutto per gestire picchi di traffico o diversificare le rotte logistiche. Il terminal container di Vado è tecnologicamente il più avanzato in Italia e tra i più competitivi del Mediterraneo: nel 2020 è avvenuta l’apertura commerciale del nuovo Vado Gateway,in grado di operare anche navi portacontainer di ultima generazione. I potenziamenti in corso nell’ultimo biennio e previsti nei prossimi anni, tra cui il potenziamento del terminal e un casello autostradale a Vado, puntano ad offrire un servizio ancora migliore e un supporto maggiore al porto di Genova. Le infrastrutture di Vado sono inoltre progettate per rendere sostenibile il trasporto merci, puntando sul trasferimento dei carichi dai camion alla ferrovia.

# Il Terzo Valico dei Giovi e il Nodo di Genova

Terzo valico

L’obiettivo di questi interventi è consentire di accogliere in Liguria un quantitativo maggiori di merci da trasportare fino al Nord Europa, sfidando la concorrenza degli altri porti del Vecchio Continente come Rotterdam e Amburgo: il primo movimenta da solo lo stesso quantitativo di container di tutti i porti italiani messi insieme. Per trasportare merci in quantità e velocità occorre però un sistema ferroviario adeguato ed è qui che entra in gioco il Terzo Valico. Nel progetto sono previsti questi tre elementi:

  • la Galleria di Valico, con 27 chilometri diventerà la galleria più lunga d’Italia, che con la Galleria di Serravalle e quella di Pozzolo va realizzare una linea Alta Velocità/Capacità fino a Tortona per poi far proseguire i treni fino al Nord Europa e a est verso Milano;
  • il miglioramento del Nodo ferroviario di Genova, tra cui un nuovo attraversamento sul torrente Polcevera e la riqualificazione della tratta Campasso- ex bivio S.Limbania;
  • il potenziamento dello scalo merci di Campasso, con realizzazione di 8 binari con lunghezza 750 m per l’arrivo/partenza dei treni, con funzione di effettivo scalo merci dell’area del porto storico genovese, configurandosi come vero e proprio retroporto.

In totale stiamo parlando di 90,7 km di tunnel, con 53 km che collegano Genova a Tortona, di cui 37 km saranno sotterranei. Il primo viaggio su canna singola non prima del 2027.

# Il retroporto di Alessandra

Terzo valico

Arriviamo quindi all’ultima infrastruttura necessaria per il compito di scambio ferro-ferro, vale a dire la composizione di treni merci con origine/destinazione i porti di Genova da rilanciare verso le varie destinazioni europee. Al Bivio di Novi Ligure il Terzo Valico punta anche ad ovest sulla linea per Alessandria, dove c’è uno dei più grandi e movimentati smistamenti del passato in Italia: Alessandria-Smistamento.

genova24.it – Retroporto Alessandria

Nel progetto sviluppato da Rfi è prevista la sua rifunzionalizzazione in un retroporto aggiuntivo e sensibilmente più grande rispetto a quello di Campasso, in fase di potenziamento, per farlo diventare il cuore logistico per le merci in arrivo o in transito dal porto di Genova. L’obiettivo è infatti di realizzare un vero hub intermodale e retroportuale lungo l’asse del corridoio merci Reno-Alpi, per accogliere i treni merci provenienti dalla Liguria smistando container e carichi verso il resto del Paese e l’Europa, dotato di quattro binari da 750 metri serviti da tre gru a portale da 40 tonnellate. Nel corso del 2025 si dovrebbe entrare nella fase operativa. A questo hub questo si aggiungono poi l’interporto di Rivalta Scrivia e il centro interportuale di Mortara. 

La rivoluzione europea del trasporto merci viene quindi resa possibile grazie al potenziamento del sistema portuale, di Genova con la nuova diga foranea e di Savona, di quello ferroviario, con il Terzo Valico, e dei poli intermodali con l’aggiunta di quello nuovo di Alessandria.

# Il tassello mancante: il completamento dell’Alp Transit a sud

Credits alptransit.ch – AlpTransit

Manca però un tassello per rendere il trasferimento delle merci dalla Liguria a Rotterdam, ma anche solo dalla Lombardia alla Svizzera: il completamento dell’Alp Transit, anch’esso parte del  corridoio ferroviario Reno-Alpi. Sono state costruite ad oggi tre gallerie: la galleria del Lötschberg, quella del San Gottardo, che con i suoi 57 chilometri è il tunnel ferroviario più lungo del mondo, e la galleria di base del Ceneri. Il progetto è attualmente in stallo sia dalla parte svizzera che italiana, il Canton Ticino non ha definito il prolungamento dell’Alp Transit a sud di Lugano come una priorità.  Un lettera d’intenti stabilisce comunque a livello bilaterale, nell’ottica del potenziamento dell’infrastruttura ferroviaria transfrontaliera, che tra gli obiettivi da raggiungere entro il 2035 sugli assi che uniscono i due Paesi ci sono anche quelli approvati dal Parlamento elvetico, come l’ampliamento delle gallerie di base del Lötschberg e dello Zimmerberg.

Leggi anche: La “Porta Sud delle Alpi”: il mega tunnel per portarci in Svizzera

Continua la lettura con: Milano Genova con il treno in 56 minuti? La grande corsa si ferma…sul gas!

FABIO MARCOMIN 

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Se ti dico Italia, tu cosa mi dici? Le 5+1 risposte dei milanesi. C’è anche Giorgia…

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Lo sappiamo, tra i milanesi l’Italia evoca emozioni forti e contrastanti: spesso guardiamo alla nazione con un misto di amore, critica e orgoglio. Abbiamo chiesto ai milanesi “Se ti dico Italia, cosa mi dici?”, ecco le 5+1 che contengono le risposte più frequenti e più votate.

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Se ti dico Italia, tu cosa mi dici? Le 5+1 risposte dei milanesi. C’è anche Giorgia…

#1 La Pizza: il simbolo gastronomico per eccellenza

Credits: Pixabay – PublicDomainImages

Se c’è una cosa che mette tutti d’accordo, è la pizza. Per molti (è così anche per i milanesi), l’Italia è sinonimo di questo piatto iconico, amato in tutto il mondo. I milanesi condividono le stereotipo internazionale che vede l’Italia il paese della pizza. 

Cosa vuol dire tutto ciò? Forse si tratta del classico sarcasmo meneghino che intende denunciare la provincialità del nostro Paese.

Resta il fatto che la pizza è un patrimonio culturale italiano, un’occasione di condivisione e  Ogni città ha le sue varianti, dalla napoletana con il cornicione alto, alla romana più croccante, alla milanese spesso più leggera.

#2 Arte, storia e cultura senza pari

Credits: parcocolosseo.it
Colosseo

Altro tema ricorrente tra le risposte dei milanesi è il patrimonio artistico e storico dell’Italia. Da Firenze a Roma, da Venezia a Napoli, il Paese è un museo a cielo aperto. Milano stessa, con il suo Duomo, l’Ultima Cena di Leonardo (recentemente passata “sotto il controllo” della Grande Brera) e il Castello Sforzesco (forse ancora troppo sconosciuto anche ai milanesi stessi), è un esempio della ricchezza culturale di cui gli italiani possono vantarsi.

Le testimonianze del grande passato ei popoli italiani sono ovunque: piazze, chiese, musei e palazzi storici che raccontano secoli, passati, di grandezza e genialità. L’Italia è la culla del Rinascimento, ha dato i natali a Dante, Michelangelo, Raffaello e Leonardo. I turisti di tutto il mondo accorrono per ammirare la Cappella Sistina, il Colosseo, i canali veneziani e gli innumerevoli borghi disseminati lungo la penisola.

#3 Il clima favorevole: un lusso ineguagliabile

Wikipedia – Carlo Pelagalli

Molti milanesi riconoscono che, nonostante i disastri climatici che negli ultimi anni sembrano colpire il mondo, l’Italia gode ancora di un clima invidiabile. L’alternanza delle stagioni, la presenza del mare e delle montagne e le temperature generalmente miti rendono il Paese una destinazione ambita da turisti e residenti.

Le estati calde, ma mai come quelle di Dubai, gli inverni mai eccessivamente rigidi e le primavere in fiore fanno dell’Italia un luogo ideale in cui vivere o da visitare tutto l’anno. Dall’affollata costa ligure alle spiagge della Sicilia, dalle montagne del Trentino alle colline umbre, ogni angolo del Paese offre condizioni climatiche favorevoli a chi cerca sole, neve o fresche brezze estive.

#4 Un Paese splendido, ma in perenne crisi

Credits: Unicusano

Non manca però un certo realismo nelle risposte, d’altronde abbiamo chiesto ai Milanesi. In molti vedono l’Italia come un luogo meraviglioso, ma afflitto da problemi cronici.

L’instabilità politica cronica, la burocrazia soffocante e la difficoltà nel trovare opportunità lavorative sono alcuni dei motivi per cui alcuni intervistati hanno, addirittura, espresso il desiderio di emigrare. «Vorrei scappare e non tornare più», ha scritto qualcuno, evidenziando un senso di frustrazione che convive con l’amore per la propria terra.

Nonostante il suo enorme potenziale, l’Italia fatica a offrire ai giovani prospettive di crescita, e molti (tra il 2011 al 2023, sono 550 mila i giovani italiani tra i 18 34 anni emigrati all’estero) decidono di trasferirsi all’estero in cerca di un futuro più sicuro.

#5 Un Paese che divide: tra sogno e disillusione

Hieronymus Bosch, Il giardino delle delizie, dettaglio

Ma non c’è solo chi sogna di scappare, qualche milanese, e non sono pochi, muove critiche dirette letterarie al bel Paese.

Tra le risposte più frequenti, alcune hanno un filo rosso che le lega: c’è chi scomoda, forse a ragione, il sommo Dante con i suoi versi, «Ahi serva Italia, di dolore ostello, nave sanza nocchiere in gran tempesta, non donna di provincie, ma di …!». Chi, con un paragone poetico originale, descrive l’Italia come «una florida rovina» e chi cita Collodi definendola «la terra dei balocchi» e sottintende che il conto non sia ancora arrivato.

# 5+1 Giorgia Meloni: un simbolo politico del nostro tempo

Molte risposte indicano come elemento distintivo proprio lei. «Giorgia, Giorgia, Giorgia». È bastato un nome, ripetuto più di una volta certo, ma pur sempre un semplice nome. Ed è così almeno dalle scorse elezioni europee, quando il Presidente del Consiglio dei Ministri, e leader di Fratelli d’Italia, ha scelto di candidarsi in prima persona con la dicitura «Giorgia», senza nemmeno la necessità del cognome.

Comunque la si pensi, lo riconoscono anche i milanesi (che a livello comunale da tempo sostengono il centro-sinistra), questo è un chiaro segno di popolarità e rappresentatività del Paese. Nominata spessissimo sulle prime pagine dei quotidiani stranieri, sempre presente nei feed di tutti i social del Paese, Giorgia è un simbolo dell’Italia. Per ora. 

Continua la lettura con: 7 cose che l’Italia invidia ai milanesi

MATTEO RESPINTI

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Le 7 cose da fare con urgenza a Milano per non fare brutta figura con le Olimpiadi (manca solo un anno)

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6 febbraio 2025: inaugurano a San Siro i giochi olimpici invernali. Manca appena un anno. Di solito, prima delle olimpiadi, le città che le ospitano vengono trasformate in modo radicale per migliorare la qualità della vita dei cittadini. Parigi ha costruito grandi infrastrutture di movimento, Londra è diventata ancora più bella, perfino Torino è rinata grazie alle olimpiadi del 2006. E Milano? Non si sta forse concentrando troppo, e forse solo, sulle opere strettamente connesse con i giochi olimpici? Siamo entrati nell’ultimo anno: queste sono le cose su cui intervenire perché i giochi olimpici non si limitino alle piste da sci o agli impianti dei pattinaggio. In collaborazione con Manuele Mariani.

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Le 7 cose da fare con urgenza a Milano per non fare brutta figura con le Olimpiadi (manca solo un anno)

#1 Semafori più moderni

Hong Kong – ph. @chua.gareth_tfc99 IG

La città del primo semaforo d’Italia è rimasta ancora a quell’epoca. Almeno per i semafori. Basta andare a nord delle Alpi per trovare semafori che rendono più veloce il traffico e l’attesa meno ansiogena. Come succede nei paesi più avanzati, anche a Milano l’arancione si dovrebbe accendere prima del verde, anticipando il via libera. E ci dovrebbe essere un timer con il conto alla rovescia dei secondi, come accade solo per il pedonale a Cairoli, anche per gli automobilisti e in altri snodi fondamentali, tipo in Sempione, Buenos Aires, Porta Romana…

#2 Ripulire i muri da graffiti e imbrattamenti

Una battaglia che Milano sembra aver perduto. Fa enorme tristezza immaginare che per i Giochi Olimpici Milano si presenti al mondo con i palazzi così insudiciati da scritte e Tag. Serve una mobilitazione popolare, sul tipo di quella messa in atto spontaneamente dai cittadini dopo i disordini prima di Expo. 

Leggi anche: The day after Expo: nessuno tocchi Milano

#3 Eliminare i panettoni stradali

Credits Urbanfile – Panettoni e archetti via Solferino

Tra l’altro sono vietati dal codice della strada: invece di accanirsi contro i monopattini, non è meglio che le forze dell’ordine intervengano su questo aspetto?

#4 Riportare Malpensa ai fasti di Expo

Manuele Mariani – Galleria Malpensa come era un tempo

Chi frequenta Malpensa si rende conto di quanto il principale scalo milanese stia avanzando come un gambero. All’indietro. E pensare che ai tempi di Expo era diventato una meraviglia in grado di incantare il mondo. Questi alcuni degli interventi più urgenti da fare a quella che sarà la porta principale per chi arriva per olimpiadi: 

  • Rimettere le panchine negli spazi esterni e i divanetti negli spazi interni (con le prese di ricarica nella “piazza del lusso”
  • Ricreare la food court fatta per Expo2015
  • Introdurre un’area giochi
  • Riparare i numerosi monitor che non funzionano e smantellare quelle orribili pareti che ostruiscono la vista degli schermi
  • Affiggere l’insegna “Malpensa” al Terminal 1
  • Ricreare la splendida Galleria di Vetro (ora trasformata in bunker spettrale)

Leggi anche: Quello che serve a Malpensa per volare più in alto

#5 Rendere il Terminal Bus di Lampugnano un luogo da paese civile

Lampugnano
Lampugnano

Si può ospitare i giochi olimpici accogliendo i visitatori in arrivo sui bus con il terminal più osceno d’Europa? Questi gli interventi più urgenti da apportare SUBITO:

  • Una sala d’attesa nuova e più capiente. Con più sportelli per la biglietteria, da realizzare ad esempio negli spazi inutilizzati di proprietà di ATM. Non solo: servono anche punti per ricarica di cellulari.
  • Allestire un deposito bagagli. Non sono sufficienti gli armadietti locker, per il ritiro e la giacenza di pacchi.
  • Negozi: almeno parafarmacia e minimarket. Un terminal internazionale deve avere anche  dei negozi.
  • Pulizia e sicurezza. Il Terminal è in condizioni sciagurate. Porte rotte, adesivi, sporcizia e degrado ovunque. Ed è frequentato da numerosi malviventi, come riportato da cronache recenti. 

Leggi anche: Orrore a Lampugnano: il fotoreportage da incubo

#6 Cadorna più bella e funzionale

Manuele Mariani – Stazione Cadorna ingresso lato Cenacolo Vinciano dettaglio

Altro luogo di accesso per chi arriverà a Milano per i giochi olimpici. E altro luogo non è all’altezza di una città olimpica. E pensare che basterebbe poco. Tipo fare queste 5 cose:

  • Va ripristinato il deposito bagagli 
  • Introdurre il check in dei bagagli, previsto negli anni ’90 ma mai implementato
  • Riaprire la sala d’attesa
  • Indicare il Cenacolo
  • Pulizia delle colonne dalle affissioni e dei muri dai graffiti

#7 La segnalatica: risolvere finalmente la carenza cronica di comunicazione in città

Maps – Tratto Urbano A7 cartello Famagosta

Altro tasto dolente. I cartelli e i pannelli di segnalazione. A Milano sono un disastro. Non solo si vedono stratificazioni di cartelli realizzati fin da tempi antichi, ma anche mancano informazioni elementari. Ad esempio, perché non avere pannelli o cartelli che alle fermate dei bus e dei tram segnalino in tempo reale le metro che fermano nelle vicinanze? E nelle fermate di interscambio della metro, perché non segnalare nei pannelli luminosi ai binari anche l’arrivo delle linee con cui ci si interscambia? E i cartelli stradali: perché non informare alle uscite delle tangenziali anche metropolitane e parcheggi, anche aggiornando i pochi messaggi presenti (ad es. all’uscita di Assago è indicata ancora il vecchio capolinea Famagosta invece di Assago, più vicino e con parcheggio molto più spazioso)? E, infine, perché non usare la metropolitana e le stazioni come vetrina di informazioni per le attrazioni del territorio? Ad esempio, come scritto sopra a Cadorna mancano indicazioni sul vicino Cenacolo, più fermate potrebbero avere come doppio nome luoghi da visitare, la Centrale, o la piazza antistante, potrebbe ospitare un tour guidato con affissioni e installazioni che riproducano le bellezze del territorio. 

Leggi anche: I cartelli delle Tangenziali

Continua la lettura con: Olimpiadi: 10 idee per promuoverle e renderle un successo epico

ANDREA ZOPPOLATO (con la collaborazione di Manuele Mariani)

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Milan e Inter: i 7 campioni internazionali più grandi che hanno giocato a Milano

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Credits: gazzetta.it - Ronaldo

Inter e Milan si dividono i fasti del calcio meneghino e grazie a loro e alla generosità di alcuni loro presidenti abbiamo potuto ammirare grandi stelle del football mondiale. All’ombra della Madunina hanno calciato, segnato e dribblato numerosi campioni che contestualizzati al periodo in cui hanno giocato hanno ben poca da invidiare alle superstar dei nostri giorni. 

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Milan e Inter: i 7 campioni internazionali più grandi che hanno giocato a Milano

#1 Ronaldo, il Fenomeno

Credits: gazzetta.it – Ronaldo

Ronaldo Luís Nazário de Lima, per tutti Ronaldo. Arriva all’Inter nell’estate del 1997 con un esborso che rimase per anni come il più esoso della storia del calcio. A Milano vince pochissimo per una serie di infortuni che lo terranno lontano dai campi di gioco per molto tempo.

Dotato di tecnica e velocità fuori dal comune fa subito innamorare i tifosi nerazzurri e non solo. Inarrestabile e incubo delle difese di tutto il globo impressiona per i suoi cambi di velocità e direzione che lo rendono immarcabile. Il 14 febbraio 2011 quando è in forza al Corinthians comunica il suo ritiro dall’attività agonistica. Con un passato prestigioso e anni altalenanti, spesso anonimi, gioca anche nelle file del Milan e altre squadre che lo vedranno in una parabola discendente, ben lontana dai fasti toccati l’apice della carriera. Per tutti è lui il Fenomeno. Ha vinto due palloni d’oro. 

#2 Ruud Gullit, il tulipano nero

Credits: pinterest – Ruud Gullit

Ruud Gullit, giocatore olandese di origini del Suriname, arriva alla corte del Milan di Berlusconi nel 1987 insieme ad un altro campione del quale parleremo più avanti. Si impone subito per ritmo e classe, consente al Milan di inanellare una serie di successi che la proiettano tre le squadre che hanno vinto di più in ambito internazionale.

Amato per il suo carattere guascone e grande tombeur de femmes continua a far parlare di sé anche fuori dal campo. Ad oggi rimane uno dei centrocampisti offensivi più forti di sempre. Un Pallone d’oro

#3 Marco Van Basten, il cigno di Utrecht

Credits Delmati/LaPresse – Marco Van Basten

Marcel (Marco) Van Basten, arriva al Milan con Gullit e Rijkaard, e nonostante gli infortuni che spesso lo costringono in tribuna riesce, grazie a tecnica sopraffine ed eleganza unica, ad imporsi come uno degli attaccanti più forti di sempre.

Segna goal da cineteca e con lui il Milan di Sacchi e Capello vincono praticamente tutto. Nell’estate del 1995 annuncia prematuramente il suo ritiro dovuto soprattutto a una caviglia che lo tormenta da anni. 3 Palloni d’oro.

#4 Zlatan Ibrahimovic, “Ibracadabra”

Credits: sportmediaset.it- Zlatan Ibrahimovic

Zlatan Ibrahimovic, svedese di origini bosniache, dal 2006 al 2009 all’Inter e dal 2010 al 2012 al Milan, società alla quale è ritornato nel 2020 dove ha chiuso la sua attività. Ibra resta un giocatore tra i più forti di sempre ma perseguitato dalla maledizione della Champions che ha inseguito per anni senza mai agguantarla.

#5 Luis Suárez, l’ “Architetto” 

Credits: wikipedia.org – Luis Suàrez

Luis Suárez Miramontes, detto Luisito da non confondersi con l’omonimo giocatore uruguaiano attualmente in attività è invece di nazionalità spagnola. Arrivato nel 1961 a Milano esaudendo un sogno del Mago Herrera, l’allora allenatore dell’Inter di Angelo Moratti, coronerà il sogno del suo patron portando grazie alla sponda nerazzurra, numerosi trofei comprese due Coppe dei Campioni consecutive.

Regista strepitoso ha regalato assist a punte leggendarie diventando punto di riferimento per le generazioni di player a seguire. Un pallone d’oro. 

#6 Ricardo Kakà, il bambino d’oro

Credits: goal.com – Ricardo Kakà

Ricardo Izecson dos Santos Leite ma per tutti Kakà, straordinario talento, ha vinto tutto, dai campionati nazionali alla Coppa del Mondo col Brasile. Centrocampista con doti eccellenti di incursore e contropiedista, ha sempre dimostrato grande talento anche fuori dal campo di gioco.

Parla correntemente 5 lingue e da anni si impegna in programmi umanitari. Un esempio per tutti. Un Pallone d’oro

#7 Lothar Matthäus, il Panzer

Credits: campionicalcio.com- Lothar Matthäus

Lothar Matthäus arriva per la stagione 1988-89 per portare l’Inter a vincere lo scudetto dei record. Sarà il primo giocatore nerazzurro a vincere il Pallone d’Oro e solo un brutto infortunio mette fine alla sua parentesi nerazzurra.

Dotato di potenza devastante ha spinto numerosi portieri che avrebbero dovuto parare un suo rigore a sperare di buttarsi dalla parte opposta del suo tiro per non essere colpiti. 1 Pallone d’oro

# I 4 Grandi Campioni italiani che hanno indossato entrambe le maglie di Milano 

Da ricordare anche i grandi campioni italiani che hanno indossato entrambe le maglie meneghine. Parliamo di Roberto Baggio, Andrea Pirlo, Bobo Vieri e Peppino Meazza, tutti straordinari talenti che hanno reso grande la Milano calcistica.

Continua la lettura con: Le «5 vie», il quartiere a forma di stella: il più antico di Milano

ROBERTO BINAGHI

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Le «5 vie», il quartiere a forma di stella: il più antico di Milano

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Credits: lamarydiaries.weebly.com - Le 5 vie

E’ il quartiere più antico della città: esiste sin dall’epoca dell’Impero Romano e rimane un’area ricca di monumenti, fra resti imperiali, palazzi, musei e chiese, anche se molte tracce sono perdute. Scopriamo la sua storia affascinante.

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Le «5 vie», il quartiere a forma di stella: il più antico di Milano

# Il quartiere più antico della città

Foto dell’epoca Cinque Vie

Le Cinque Vie, il quartiere più antico di Milano, esiste sin dall’epoca dell’Impero Romano, è formato da stradine che si incrociano come una stella in un’area ricca di monumenti, fra resti imperiali, palazzi, musei e chiese. Qui infatti fu costruito il foro romano, poco più a sud del preesistente villaggio celtico, Medhelan.

Credits: lasorgente.net – Milano Celtica

# Le 5 vie della stella

A pochi passi dalla Basilica di Sant’Ambrogio, dal Duomo, dal Cordusio e dal Castello Sofrzesco, le Cinque Vie di Milano sono queste: Via del Bollo, Via Santa Marta, Via Santa Maria Podone, Via Santa Maria Fulcorina e Via Bocchetto.

Via Santa Maria Podone è la strada che ospita e dà il nome a una fra le chiese più antiche di Milano, risalente al nono secolo e fondata su un terreno donato dallo stesso Vuerolfo Podone o “Pedone”, così si dice per le dimensioni dei piedi.

Chiesa di Santa Maria Podone

# Il confine erano le proprietà della famiglia Borromeo

Palazzo Borromeo

L’incrocio delle “Cinque Vie”, una volta era circondato da abbondanti e colorate boutique oltre che dagli egregi palazzi appartenuti originariamente alla famiglia Borromeo, come quelli di Carlo e di Federico. Il primo era patrono della città, e una sua statua in rame di Bussola è oggi posizionata su una colonna degli inizi del diciassettesimo secolo. Le loro proprietà sono andate prevalentemente danneggiate durante la Seconda guerra mondiale, come quella di Palazzo Borromeo di cui è sopravvissuta solo una piccola parte grazie all’intervento nell’immediato dopoguerra di Ferdinando Reggiori.

# Il centro della “Milano nera”

Ph. @milanoeprovincia IG

Lo scorcio che si apre al centro delle cinque vie non sembra regalare alcunché di significativo, ma ci si sono alcuni elementi caratteristici e a tratti inquietanti. Come il brandello di quello che pare essere un abito o, almeno, essere stato un abito. Da oltre 70 anni lo si può vedere sventolare attraverso un’apertura dell’edificio abbandonato e disastrato dai bombardamenti delle seconda guerra mondiale, in Via del Bollo.

In questa via anticamente sorgevano gli uffici postali, non a caso a pochi passi sbuca il Palazzo della Posta Centrale, negli anni Trenta il Banco di Roma preferì la zona per aprire una filiale, e oggi nei dintorni troviamo la Borsa di Piazza Affari. Segnale dell’importanza storica del quartiere dal punto di vista commerciale e economico.

La forma a stella ha sempre evocato un significato esoterico che si è trasmesso nei secoli. Questo quartiere infatti veniva in passato considerato il centro della “Milano nera”, il luogo dell’occulto e dello spiritismo della città. 

Continua la lettura con: Fermate metro e bus: ci vuole più comunicazione!

MILANO CITTA’ STATO

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2 febbraio: torna la luce nel «paese più buio d’Italia» (a due ore da Milano)

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Credits: Silvia Camporesi - Viganella

Nella provincia di Verbania-Cusio-Ossola c’è una località che per 3 mesi l’anno è senza sole. Come vivere a nord del circolo polare artico. Il 2 febbraio accade un momento storico: il sole torna a farsi vedere. Ma in realtà hanno trovato uno stratagemma per portare la luce anche nei momenti più bui.

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2 febbraio: torna la luce nel «paese più buio d’Italia» (a due ore da Milano)

# Viganella la “Siberia italiana”, nella Valle Antrona, per 3 mesi all’anno è senza il sole

Credits: Silvia Camporesi – Viganella

Viganella è una località situata nella Valle Antrona, una delle più strette della Val d’Ossola, che insieme a Seppiana forma il Comune di Borgomezzavalle in provincia di Verbanio-Cusio-Ossola. Soprannominata anche la “Siberia Italiana” non tanto per il freddo, quanto per un fatto particolare: per 83 giorni all’anno dall’11 novembre al 2 febbraio si trova a vivere in uno stato di perenne penombra. Il sole è infatti confinato alle spalle della montagna di 2.000 metri che gli sta davanti.

Per molti secoli, fino al 2006, gli abitanti si sono rassegnati a non vedere mai la luce durante il periodo invernale, poi un’idea geniale ha trovato una soluzione a questo annoso problema.

 

# Il 17 dicembre 2006 uno specchio di 40 mq è stato posto sopra la montagna per riflettere la luce del sole 

Credits: Silvia Camporesi

Dopo anni di studi il Sindaco Midali e il suo amico architetto Giacomo Bonzani sono riusciti a trovare la soluzione al problema che affliggeva il paese da secoli: realizzare un enorme specchio che riflettesse la luce del sole tra le case.

Il giorno dell’inaugurazione dello specchio

Il 17 dicembre 2006 un elicottero trasportava lo specchio del peso di undici quintali e lo posizionava a 1.100 metri d’altezza. All’inaugurazione gli abitanti di Viganella si sono seduti ad ammirare lo “spettacolo” della luce del sole che finalmente giungeva nel paese.

# Le caratteristiche dello specchio e il suo funzionamento

Credits: arttribune.com – Funzionamento specchio Viganella

Lo specchio di vetro e resina ha una lunghezza di circa 8 metri ed una larghezza di 5 ed è in grado di riflettere la luce solare in direzione della vallata anche nei mesi di buio.

Credits: iltuoweekendinitalia iG

Nello specifico si riflette su alcuni punti principali quali la parte pedonale della piazza principale, la chiesa parrocchiale e i monumenti. Tramite un ulteriore gioco di specchi all’interno della chiesa, il sole arriva direttamente sull’altare dove giace il crocifisso e si posa sul costato insanguinato del Cristo.

Il gigantesco specchio è regolato da un computer durante il giorno e riposizionato durante la notte, così pioggia e vento ne puliscono la superficie, in modo che il giorno seguente riparta per illuminare la valle. La brillante soluzione è stata presa ad esempio anche da una piccola cittadina norvegese racchiusa tra le montagne, Rjukan, che dal 2013 ha adottato lo stesso sistema per non rimanere più al buio.

Continua la lettura con: La PORTA del PARADISO: il lungo viaggio verso l’INFINITO

FABIO MARCOMIN

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Fermate metro e bus: ci vuole più comunicazione!

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Microsoft designer AI - Pensiline del futuro

Dei passi in avanti sono stati fatti negli anni scorsi, con l’installazione di pensiline interattive, ma si può fare ancora di meglio, anche prendendo ispirazione da soluzioni adottate all’estero. Vediamo come.

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Fermate metro e bus: ci vuole più comunicazione!

# Il primo passo con le nuove pensiline per le linee di superficie

Qualche passo in avanti è stato fatto nell’uso della tecnologia. Alcuni esempi sono la linea M4, la prima metropolitana ad avere la copertura 5G in Europa, o la nuova app che consente di avere l‘abbonamento digitale. Nel 2022 sono state installate le prime 20 pensiline smart dotate di maxi-tablet LiveTouch da 43” a disposizione di cittadini e turisti per:

  • un’informazione in tempo reale sul servizio di metro, bus, tram e filobus, con la possibilità di scorrere il canale “X” ufficiale di ATm e consultare la mappa del trasporto pubblico;
  • usufruire di contenuti speciali creati ad hoc, in italiano e in inglese, grazie ad app dedicate;
  • ricaricare il telefono alle prese usb.

Un intervento che si è aggiunto alle 120 hi-tech pensiline già presenti a Milano e alle 60 con tetti fotovoltaici per illuminare i display informativi. Però sono ancora necessarie delle soluzioni innovative utili agli utenti. Vediamo alcune.

Leggi anche: L’abbonamento ATM diventa digitale: la tessera “sparisce” nella nuova app

# Alle fermate di tram e bus: schermo con indicazione esatta della posizione del mezzo, panchine riscaldate, protezione dalle intemperie e wifi gratis (come in Corea del Sud)

Dalla Corea del Sud si potrebbe prendere spunto per rendere ancora più intelligenti, confortevoli e sicure le pensiline. Gli schermi touch screen potrebbe riportare la posizione esatta del mezzo che si sta attendendo, le panchine potrebbe essere riscaldate d’inverno e perché no, rinfrescate d’estate. 

Credits medicalexpress – Pensiline bus Seuol

Alcune fermate di Seul sono state poi progettate per proteggere i passeggeri dalle piogge monsoniche, dal caldo estivo e dal coronavirus con termocamere automatizzate all’esterno che fanno aprire le porte di vetro solo se la temperatura è inferiore ai 37,5 °C, che potrebbe tornare utile anche solo so per le classiche influenze. All’interno un sistema di aria condizionata con lampade ultraviolette capace di uccidere i virus e raffreddare l’aria e un dispenser che fornisce disinfettante per le mani.

Presente inoltre uno schermo che trasmette in streaming il traffico all’esterno e la connessione wifi gratuita.

# La palina per indicare i mezzi serviti dalla fermata: T per tram, B per bus e F per filobus

Credits: milanotoday.it – Montenapoleone M3

Così come le stazioni della metropolitana sono visibili in lontananza grazie alla palina con la lettera bianca “M” su sfondo rosso, anche le fermate dei mezzi di superficie potrebbero averne una dedicata.

londonbusboymaster48 IG – Bus Stop Londra

Ci potrebbe essere la “T” per il tram, la “B” per il bus e la “F” per il filobus, come succede ad esempio a Londra dove troviamo la palina con il solito logo della rete dei trasporti cittadini con la scritta “bus stop”. In questo modo si andrebbe a creare un’identità visiva unica per tutti i trasporti.

# Più comunicazione dei collegamenti tra linee diverse: tempo di attesa delle metro nelle pensiline in superficie, tempi di attesa delle linee di interscambio nei mezzanini e banchine delle metro

maria_._pina IG – Banchina metro Milano

Queste le altre informazioni che potrebbero essere utili sui display informativi:

  • i tempi di attesa dei treni in arrivo, per tutte le destinazioni disponibili, nelle pensiline dei mezzi di superficie che interscambiano con le fermate della metropolitana, la stessa cosa si dovrebbe fare al mezzanino delle metro e appena varcati i tornelli. Una soluzione adottata ad esempio, oltre i tornelli, nella stazioni di Duomo e Rogoredo M3;
  • altra informazione utile, nei mezzanini e sulle pareti dove sono presenti le uscite (scale, scale mobili e ascensori), quella dei minuti di attesa di tram, bus e filobus nel caso di fermate di interscambio in superficie;
  • infine nei display delle banchine delle stazioni, dove si può cambiare con altre linee metropolitane, si può aggiungere l’informazione relativa a quanti minuti mancano all’arrivo dei treni successivi nella linea a cui si è diretti e non solo quella da cui si è scesi.

Continua la lettura con: Le FERMATE dei BUS sono all’ALTEZZA? Facciamoci ispirare dalla Corea del Sud

FABIO MARCOMIN

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Le 10 strade di Milano dove i milanesi si sognano di abitare: trionfa l’Area C

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Ph. @paolaclara IG

In quale via o piazza di Milano ti piacerebbe abitare? Questa la domanda rivolta ai milanesi. Questa la classifica delle vie, ricavata dalle oltre 700 risposte e voti. A breve quella delle piazze. Spoiler: le prime 4 sono in area C. 

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Le 10 strade di Milano dove i milanesi si sognano di abitare: trionfa l’Area C

#10 Via Mario Pagano

Pagano

#9 Via Venti Settembre

Maps – Via Venti Settembre

#8 Via Lincoln

#7 Via Mozart

#6 Via Vincenzo Monti

Ph. @iesabroadmilan IG

#5 Corso Vercelli

Corso Vercelli

#4 Corso Magenta

Ph. @milanoeprovincia IG

#3 Via dei Giardini

Ph. @paolaclara IG

#2 Corso Garibaldi 

Teatro Fossati

#1 Corso di Porta Romana

ph. @annisinnemaki IG

Continua la lettura con: I più begli attici di Milano

MILANO CITTA’ STATO

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La discoteca più antica d’Italia: compie 113 anni

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Ci cantò anche Elvis Presley.

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La discoteca più antica d’Italia: compie 113 anni

# 113 candeline per il Riva di Dolo (VE)

Se pensiamo ai locali notturni del nostro Paese, ci vengono in mente senza dubbio istituzioni come l’Hollywood di Milano, il Piper di Roma, la Capannina di Viareggio: sono sicuramente le discoteche più celebri d’Italia, ma non le più antiche. La sala da ballo più longeva del Paese è il Riva: si trova nella terraferma veneziana, a Dolo, ed è stata inaugurata nella primavera del 1912, ben 113 anni fa.

# Le origini del RIVA

Ulisse Moron, insieme ai soci Lorella Bosello e Roberto Scardellato, ha voluto precisare, in riferimento a un recente servizio giornalistico: «Non intendo fare polemica con la Rai, ma sono certo che la nostra sia la sala da ballo più antica d’Italia. Il nostro locale ha aperto nel 1912 e il prossimo 22 marzo celebreremo i 113 anni di attività». Ma come è nata questa storica balera? Il nonno di Ulisse, Luciano, emigrò in Brasile alla fine dell’Ottocento come artigiano. Lì conobbe un italiano, proprietario di un magazzino a Dolo e nel 1901 lo acquistò, pensando di usarlo per la sua attività al ritorno in Italia. Tuttavia, affascinato dalla cultura del ballo brasiliana, quando nel 1911 molti italiani furono costretti a rientrare, decise di trasformarlo in una sala da ballo anziché in una bottega artigiana.

# L’ospite d’eccezione: Elvis the Pelvis

Credits: @Elvis Presley (FB)

Il locale ha superato periodi difficili durante le guerre mondiali, vivendo però anche momenti di grande prestigio. Nel 1944 era frequentato dai militari americani di Vicenza e, nel 1955, un ex frequentatore divenuto comandante a Verona lo riservò per i suoi soldati, con accesso esclusivo agli americani. L’orchestra, diretta da Teddy Randazzo, rese possibile un evento straordinario: Randazzo fece arrivare dalla Germania un giovane artista per esibirsi davanti ai militari. Quella star si chiamava Elvis Presley.

# Le star degli anni d’oro

Credits: @Dolo (FB) – La cittadina di Dolo

Negli anni successivi, la sala da ballo divenne un punto di riferimento per tutta la Riviera del Brenta e ospitò numerosi grandi nomi della musica. Moron ricorda un episodio particolare: «Per il veglione di Capodanno del 1965 avevamo ingaggiato il gruppo inglese dei Rokes, ma una decina di giorni prima dell’evento declinarono l’invito perché chiamati a esibirsi in diretta sulla BBC. In quei giorni, da noi si esibiva un ancora poco noto Lucio Dalla: venuto a sapere dell’accaduto, ci aiutò a trovare una soluzione, permettendoci di ingaggiare i Nomadi». Ma non furono solo loro a calcare il palco del locale. Bobby Solo, dopo la vittoria al Festival di Sanremo, trascorse la sua prima serata post-trionfo esibendosi a Dolo. Anche Caterina Caselli, Dino e Orietta Berti furono ospiti del club, che negli anni d’oro arrivava a ospitare fino a 2.000 persone, grazie anche all’ampia area esterna affacciata sul Naviglio del Brenta (da qui, probabilmente, l’attuale nome del locale).

# Evoluzione e futuro

Credits: @Riva Club (FB)

Nel tempo, il locale ha cambiato spesso nome: nel 1973 divenne “Gabbiano”, poi “Papé Satan” nel 1987, quindi “Canaletto”, “Target” e “Mio Club”.

Oggi è conosciuto come “Riva”, ma non per molto ancora. Ulisse Moron anticipa che proprio in occasione dei festeggiamenti per i 113 anni verrà annunciato il nuovo nome del locale. Si sta valutando un ritorno alle origini. Attualmente il “Riva” è aperto solo il sabato sera, per sette mesi l’anno, e l’accesso è riservato ai maggiorenni dai 21 anni in su, proprio come un tempo».

Continua la lettura con: C’era una volta il Rolling Stones, : la «Discoteca Rock» di Milano

LUCIO BARDELLE

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La cena nella metro: si farà anche a Milano?

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da video @londontheinside IG

Per ora a Milano si può fare solo su un tram. Ma non ci poniamo limiti: perché non introdurre questa spettacolare iniziativa realizzata da una delle città che Milano guarda di più?

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La cena nella metro: si farà anche a Milano?

L’iniziativa approntata a Londra per il “mese dell’amore”: cenare sulla metropolitana. Si può assaporare un menu di sei portate di piatti di ispirazione latinoamericana, mentre si è seduti su una vera carrozza della metropolitana. Si chiama: supperclub.tube, il club della cena sulla metropolitana e ricorda per alcuni aspetti ATMosfera, il tram ristorante che gira la sera per le strade di Milano. Potrebbe essere un’idea replicabile dalle nostre parti? Per il momento ci limitiamo ad assaporare le immagini e il video.

# Immagini

da video @londontheinside IG
da video @londontheinside IG
da video @londontheinside IG
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# Video

Continua la lettura con: ATMosfera: cenare sui binari di Milano

MILANO CITTA’ STATO

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Il momento in cui scopri perché gli All you can eat cinesi di Milano costano così poco

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E risogni tutta la notte gli Won-Ton fritti.

Qui il video: Il momento in cui scopri perché gli All you can eat cinesi di Milano costano così poco

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Continua con: Quando cerchi di evitare le buche sulle strade di Milano 

SMAILAND, “il sorriso di Milano”: ogni giorno su milanocittastato.it

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Luciano Tajoli, la stella milanese della musica melodica

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Tajoli

Ammalarsi di poliomielite, un secolo fa e ad un anno di età, era una sciagura destinata a segnare l’intera vita del malcapitato. Soprattutto se il virus, dentro l’organismo, acquisiva una virulenza feroce. Luciano, sin da bambino, con quell’andatura claudicante, eredità di quell’infame male, capì che la sua non sarebbe stata una vita “normale”. E come se non bastasse, a far piovere sul bagnato, c’era la povertà, ad allontanare ancor di più dalla realtà i sogni di un ragazzino, già segnato dalle conseguenze della “polio”.

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Luciano Tajoli, la stella milanese della musica melodica

# Nato nel Vigentino quando ancora era un comune autonomo

Credits: wikipedia.org

Quel giovinetto era nato in via Chiaravallese, quando quelle strade erano ancora sotto il comune di Vigentino. Nel 1923 diventò tutto Comune di Milano e via Bessarione sostituì la denominazione precedente. “Gli anni della mia prima giovinezza li ho trascorsi nella povertà, in famiglia vivevamo in cinque in una sola stanza, di un vecchio edificio a ringhiera, di quelli che avevano ancora il bagno sul ballatoio e in comune”. Queste sono le parole che Luciano confidò da adulto, durante una intervista che diventò una profonda riflessione sul proprio percorso di vita. Quel Luciano di cognome faceva Tajoli, era nato il 17 aprile del 1920, in quello che all’epoca era un paesone rurale aggrappato a Milano, per trasformarsi in un quartiere della periferia sud.

# Luciano, Milano, i sogni di un ragazzino e la poliomielite

«Attorno agli undici-dodici anni mi chiedevo spesso che cosa ne sarebbe stato di me, cosa avrei fatto nella vita, considerando che non potevo correre e giocare come gli altri bambini, a causa dei problemi alla deambulazione»Da adolescente svolge vari mestieri, ma tutti caratterizzati dall’esigenza di rimanere molto tempo in piedi e lui, fisicamente, non poteva farcela, «così mi misi a fare il calzolaio, mestiere che potevi svolgere anche da seduto».

Ancora tredicenne, accompagnava il padre nelle locande e, per caso, un giorno si mise a cantare, accorgendosi di avere una bella voce, tanto che gli avventori del locale lo spingono a mettersi in gioco nel mondo canoro. «Mi invitavano alle feste nuziali e i miei primi guadagni erano i confetti, poi arrivarono anche gli spiccioli ma quel che contava per me era accorgermi come la canzone mi facesse sentire vivo, mi permettesse di attirare l’attenzione degli altri e mi dimenticavo della mia disabilità».

La prima canzone che imparò a memoria fu “Balocchi e profumi”, scritta dal compositore napoletano Ermete Gaeta. Luciano la cantava nelle osterie dove andava il padre, poi passò ad esibirsi nei Caffè Concerto, dove venne ascoltato dagli addetti ai lavori di una casa discografica che si trovava in Galleria del Corso. Questi gli consigliano di migliorarsi prendendo lezioni di canto. Qui viene notato da Gian Vittorio Mascheroni (l’autore di “Stamilano”, “Papaveri e papere” e “Casetta in Canadà”) che propone a Tajoli diverse canzoni.

# La vittoria al Festival di Sanremo

Di sconosciuto – ARCHIsavio, Pubblico dominio, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=134166814 – Tajoli nel 1958

Timbro tenorile, capacità di utilizzare la mezza voce abbinata al falsetto e una faccia a metà strada tra quella da schiaffi e quella da educato ragazzo di periferia, permisero a Luciano Tajoli di affermarsi come colonna portante della musica leggera melodica dagli anni quaranta agli anni settanta.

Ancora giovane, si accorse che il suo unico difetto vocale era utilizzare il microfono nel modo più opportuno, evitando che l’eccessiva estensione coprisse i virtuosismi canori. Perfezionato anche questo aspetto, ecco che la carriera del Tajoli inizia a galoppare come un giovane cavallo in una prateria sconfinata. “Buongiorno tristezza, amica della mia malinconia”, “una muta fontana e un balcone lassù, o chitarra romana accompagnami tu”, “mamma son tanto felice, perchè ritorno da te”, sono gli estratti di alcune delle canzoni rese famose dall’interprete milanese, che nel 1961, nel primo dei suoi quattro Festival di Sanremo, vince con il brano, “Al di là”.

# Nella sua carriera ha interpretato almeno 300 canzoni e partecipato a 20 film

Tajoli

Solo tra il 1939 e il 1941 incise circa sessanta 78 giri, dischi a doppia facciata, secondo l’invenzione della casa discografica tedesca Odeon, contenenti due canzoni. Tra le più popolari citiamo “Signorina dell’ufficio”, “Fiordaliso”, “Una carezza”, “Primavera romana”, seguirono poi innumerevoli altri dischi, che proposero “Spazzacamino”, “Balocchi e profumi”, “Luna Marinara”, “Canto dell’emigrante”.

La Rai Tv una persona claudicante nelle case degli italiani non la voleva proporre, “diciamo che la televisione di Stato per troppi anni mi ha dato picche, mi ha tenuto in naftalina, ciò mi ha consentito di conservarmi bene”, e infatti nel 1994 l’artista meneghino era ancora in piena attività con l’album “Miniera – e altri successi”. E’ impossibile fare una stima su quante canzoni abbia interpretato Tajoli, probabilmente non meno di trecento, ma nella sua carriera c’è stato anche il cinema, con la partecipazione a venti film, tra cui “La bisbetica domata”, “San Lorenzo” e “Il cantante misterioso”.

# Fu anche imprenditore agricolo

Di Marco Collodi – Opera propria, CC BY-SA 4.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=99518194 – Vino Wandanna

Ma fu anche un imprenditore agricolo, con la produzione, a Montecarlo di Lucca, del vino “Wadanna”, sulle etichette delle bottiglie era riportato il motto, “Wadanna, il vino che fa cantare”. E se lo diceva lui…

Tajoli ci lasciò il 3 agosto 1996, all’età di 76 anni, sconfitto da un tumore, due mesi prima si era esibito per l’ultima volta, nella cittadina di Merate.

FABIO BUFFA

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LUIGI MARANGONI, l’ultima vittima delle Brigate Rosse a Milano

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D’ANZI, il papà della “bela Madunina”

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Sono arrivati in Italia 4.500 super-ricchi stranieri: la metà sono a Milano

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L’Italia è una delle destinazioni preferite dai miliardari di tutto il mondo. Grazie a un “regime fiscale vantaggioso”, ma solo per ricchi stranieri, il Paese ha attirato molti individui con patrimoni elevati. Milano si è affermata come epicentro di questo fenomeno, ospitando quasi la metà dei 4.500 super-ricchi stranieri presenti in Italia. Scopriamo il perché e se è davvero un bene.

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Sono arrivati in Italia 4.500 super-ricchi stranieri: la metà sono a Milano

# Le ragioni dell’afflusso di miliardari

Credits: Fondazione Giuseppesiotto

In Italia ci sono attualmente 4.500 super-ricchi stranieri: 1.200 dei quali sono arrivati nel 2024, con un patrimonio personale superiore ai 100 milioni di euro, e circa la metà di loro ha scelto Milano come residenza. Questo fenomeno è il risultato diretto della cosiddetta legge “attira-Paperoni”, introdotta dal governo Renzi nel 2017, che ha reso il Paese una delle mete più attrattive per gli ultra-ricchi a livello globale.

La normativa consente ai grandi patrimoni di ottenere la residenza fiscale in Italia versando un’imposta forfettaria annuale: inizialmente fissata a 100.000 euro, l’importo è stato raddoppiato a 200.000 euro sotto il Governo Meloni. L’obiettivo principale era attrarre individui facoltosi, tra cui molti in fuga dal Regno Unito dopo la Brexit, offrendo loro un regime fiscale vantaggioso e un ambiente economico favorevole.

# Milano, il cuore della nuova élite finanziaria

Credits: @elenagalysan IG

Milano si è imposta come il fulcro di questa nuova ondata migratoria di miliardari, tanto da posizionarsi al 22esimo posto nella classifica mondiale delle città con il maggior numero di residenti con patrimoni superiori ai 100 milioni di euro. Di contro, Montecarlo occupa la 21esima posizione, mentre Zurigo si trova al 18esimo posto.

Secondo Marco Cerrato dello studio Maisto e Associati, intervenuto all’evento La ripartenza 2025, organizzato dal giornalista Nicola Porro, questa tendenza è destinata a proseguire: «L’Italia è ormai il quinto paese al mondo per maggiore mobilità in entrata di persone con un patrimonio elevato, davanti persino alla Svizzera. Molti di questi nuovi residenti provengono da Londra, spinti non solo dalla Brexit ma anche dalla recente vittoria dei Laburisti alle elezioni britanniche, che ha alimentato preoccupazioni su un possibile inasprimento della pressione fiscale.»

La primavera potrebbe portare un’ulteriore ondata di miliardari nel Paese, visto che l’anno fiscale nel Regno Unito inizia a marzo, dando agli investitori un motivo per riconsiderare le proprie strategie fiscali e patrimoniali.

# Chi sono i nuovi Paperoni d’Italia?

Credits: Pixabay – Gimono

L’identikit degli ultra-ricchi che scelgono l’Italia è variegato. Da un lato ci sono individui che si trasferiscono per godere della loro ricchezza ereditata, approfittando del regime fiscale vantaggioso e dello stile di vita italiano. Dall’altro, molti sono imprenditori e professionisti del settore finanziario, in particolare del private equity, che decidono di stabilire qui le proprie società, attirando ulteriori investimenti e rafforzando l’ecosistema economico locale.

L’attrattività dell’Italia, e in particolare di Milano, non è solo fiscale. La città lombarda è percepita come un hub finanziario emergente, con un’economia dinamica, con infrastrutture moderne e un crescente network internazionale. La stabilità politica dell’attuale governo, secondo Cerrato, è un altro fattore determinante nella scelta di molti di questi individui, che vedono nell’Italia un porto sicuro per il proprio patrimonio.

# Quali prospettive per il futuro?

Credits. Pixabay – Peggy_Marco

L’afflusso di grandi capitali nel Paese può rappresentare un’opportunità significativa per il tessuto economico, ma non mancano i rischi. La polarizzazione economica e la possibilità che a trarne beneficio sia solo una piccola élite, senza generare vantaggi diffusi per la popolazione sono fenomeni e possibilità concrete. Non solo: come dimostra l’andamento dei prezzi delle case, l’afflusso di super-ricchi “dopati da vantaggi fiscali” fa impennare il costo delle abitazioni rischiando che la città diventi sempre più a misura di persone che, peraltro, potrebbero trascorrere poco tempo a Milano. 

È paradossale notare come, mentre molti italiani di talento fuggono all’estero per sfuggire a un sistema fiscale e burocratico tra i più oppressivi al mondo, i super-ricchi stranieri scelgano proprio l’Italia come rifugio per il loro patrimonio. 

Perché questo afflusso generi un circuito virtuoso servirà che Milano elevi i suoi servizi, in particolare quelli collegati alla qualità della vita e alle iniziative culturali. Non solo: perché la ricchezza si diffonda, servirà che questi super-ricchi non solo trascorrano buona parte del loro tempo a Milano, ma che diventino parte attiva della comunità, anche contribuendo a finanziare iniziative meritevoli. Anche perché non è vera ricchezza se ci si trova attorno un ambiente di miseria e di difficoltà diffusa. 

Fonte: Dire.it

Continua la lettura con: 7 cose che l’Italia invidia ai milanesi

MATTEO RESPINTI

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EXPO, sono già passati 10 anni! I ricordi indelebili e che cosa è rimasto a Milano dell’Esposizione Universale

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l'ex Padigione dell'Uruguay ora in Via Saronnino a Origgio, Varese

2015: l’anno di Expo. 2025: cade il decennale dalla grande manifestazione. Dieci anni. I primi gloriosi, gli ultimi zoppicanti.  Una fotografia su ciò che fu Expo 2015, su ciò che fu per Milano. E su ciò che è rimasto in città. 

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EXPO, sono già passati 10 anni! I ricordi indelebili e che cosa è rimasto a Milano dell’Esposizione Universale

# Expo 2015: i ricordi indelebili

coda padiglione giappone

# il Decumano, la via principale e la sua fila di vele bianche
# il Palazzo Italia e le stecche sul Cardo, l’asse trasversale che con il Decumano definiva lo spazio espositivo
# i cluster tematici, ognuno dedicato a una filiera alimentare o a un’identità comune
# la Collina mediterranea, alta 12 metri che riproduceva alcune tra le più tipiche vegetazioni e colture dell’ecosistema mediterraneo
# il Padiglione Zero, che riproponeva la morfologia delle crosta terrestre, con i rilievi e la grande valle centrale che ospitava lo spazio pubblico dell’arena
# i canali d’acqua che circondavano l’intera area con relative polemiche per la loro costruzione (solo in parte realizzata)
# la Cascina Triulza, l’antica costruzione rurale già presente all’interno del Sito Espositivo, patrimonio storico, architettonico e ambientale della Lombardia, rinata come casa della Società Civile
# l’Expo by Night, ricca di manifestazioni, musica e intrattenimento
# La Coda al Padiglione del Giappone: per entrare a visitarlo si perdeva l’intera giornata in coda
# l’Albero della Vita, alto 37 metri e costruito in acciaio e legno, luogo di spettacolo e icona globale.

Questi i ricordi: ma che cosa è rimasto a Milano?

#1 MIND e i padiglioni “in fuga”

La grande area Expo è ora al centro di nuovi progetti ambiziosi di una cittadella denominata MIND. In totale, i padiglioni erano 54. Tutti sono stati smantellati. Qualcuno è stato spostato altrove. E’ il caso, ad esempio, del Padiglione dell’Uruguay. Avreste mai pensato di ritrovarlo nelle vesti di ristorante etnico a Origgio, Varese!? (foto)

Qualcun altro, invece ha colto la palla (di neve) al balzo. E’ il caso di uno sponsor privato che, nell’inverno di quattro anni fa, ha fatto di questa nuova Area 51 di Milano il set del trampolino da sci più e snowboard più grande del mondo. Una competition polare che, per qualche giorno, ha fatto tornare a battere il cuore di questo grande ambiente dismesso.

foto di repertorio
foto di repertorio

La Milano del futuro riparte dall’AREA EXPO: quali sono i progetti e a che punto siamo?

#2 Nuove panchine, come quelle in zona 4 (corso XXII Marzo)

Sono quelle della Germania, che oggi fanno bella mostra di loro nel Giardino delle culture di via Morosini, sotto il murale con cuore dell’artista Millo.

La prima destinazione delle panchine pare fosse un’azienda specializzata in allestimenti. A cambiare la meta finale fu, invece, una lettera del Comune di Milano ai Paesi ospitanti, riportante l’invito a cedere alcuni arredi alla città

#3 Le nuove costruzioni

Dopo il Bosco Verticale c’è stata la grande vela Zaha Hadid in compimento a CityLife, il salvadanaio di Fondazione Prada, il bis di Porta Nuova… Un’eredità di Expo è la Milano che tende verso l’alto. E tutti stanno con il naso in su.

#4 La nuova darsena

Prima c’erano i topi, ora si naviga con vista su bistrot, panchine, ponticelli dai sospiri d’amore. E qualcuno è pure tornato a pescare…

#5 Nuovi quartieri

Via Padova ora si chiama NoLo.

Viale Monza include SoS  e Martesangeles.

I milanesi si sono accorti che esistono le 5 vie e tutto il patrimonio storico tra Piazza Cordusio e Piazza Santo Sepolcro.

Lodi-Porta Romana erano da rifuggire, fino a qualche tempo fa. Ora Prada, LVHM, Bottega Veneta hanno fatto importanti investimenti, e anche i writers internazionali, come Zed, si contendono i muri per far rifiorire la città (foto: via Brembo, Madama Hotel Bistrot)

Isola…. chi? Il luogo più desolato degli anni ’90 è la nuova mecca di bikers, esperti di moda, designer, intellettuali. 

#6 Da Padiglione Coca Cola a…

campo da basket! Si tratta del Parco Robinson, tra via Moncucco e via Famagosta.
Il parallelepipedo di 35 metri per 20, alto 12 metri, capace di coprire in tutto 1000 metri quadrati (ne avevamo parlato qui).

#7 L’Albero della Vita

Qualcuno lo voleva in Piazzale Loreto, qualcun altro l’ha progettato in versione Lego, ma la verità che l’unico e inimitabile Albero della Vita si vede ancora dall’autostrada.

#7+1 Il sindaco

Beh, senza Expo, difficilmente Beppe Sala sarebbe sindaco.

Continua la lettura con: Cosa manca per realizzare il grande sogno di Expo

MILANO CITTA’ STATO (Articolo originario di PAOLA PERFETTI)

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Il personaggio famoso che ho incontrato a Milano: i ricordi dei milanesi

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Ph. @selfie_with_vip IG

Abbiamo pubblicato sulla pagina Facebook di Milano Città Stato i ricordi dei milanesi di quando hanno incontrato celebrità in giro per Milano. Riportiamo quelle più suggestive. Foto cover: @selfie_with_vip IG

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Il personaggio famoso che ho incontrato a Milano: i ricordi dei milanesi

# «Anni fa Bud Spencer in Galleria del Corso e Paolo Rossi in via Montenapoleone. E avevo Nicola Berti come vicino di casa» (Mauro Gatti)

# «Damiano dei Maneskin in via Montenapoleone, circa due anni fa. Dal vivo sembra ancora più giovane!» (Giusi Mazzeo)

# «Sylvester Stallone in via Montenapoleone, negozio Armani» (Valerio Crivelli)

# «Bruce Willis in via Montenapoleone» (Silvia Schiavone)

# «Milva in via Montenapoleone» (Silvia Ferrari)

# «Milva in bicicletta in centro a Milano negli anni ’90» (Fiorella Bessan)

# «Carla Fracci, la incontrai a Brera, penso vicino a casa sua, oramai avanti negli anni, ma la riconobbi subito!» (Fiorenza Annovazzi)

Carla Fracci fotografata da Augusto de Luca

# «Vittorio Gassmann in piazza San Babila» (Roberto Tresoldi)

# «Dario Fo e Franca Rame in una manifestazione, Edoardo Bennato alla Coin» (Carmela Panebianco)

# «Gigi Proietti davanti alla Rinascente… Immenso» (Monia Vasco)

# «Gorbaciov e Mustafa mangiafuoco in contemporanea in piazza Duomo» (Tullio Trapasso)

# «Cristina D’Avena in Vittorio Emanuele» (Marica Di Donato)

# «Rocco Siffredi in Corso Vittorio Emanuele (veramente) e gli ho dato la mano» (Pierluigi Di Marco)

# «Bruce Springsteen in Galleria, prima del concerto a San Siro nel 1985» (Massimiliano Verga)

# «Martin Gore (Depeche Mode), tanti anni fa, alla fiera di Sinigaglia (io avevo bigiato scuola), con tanto di compagna e passeggino al seguito» (Lucy Lanfranconi)

 

# «Enzo Jannacci alla Crota Piemunteisa» (Massimo Perli)

# «Enzo Jannacci in motorino in via Nino Bixio, Chiambretti in via Eustachi…» (Maria Rosaria Olivares)

# «Enzo Jannacci in Corso Vittorio Emanuele. Fabrizio De André al bar Campari della stazione Centrale» (Rossella Facchini)

# «Alberto Angela in Stazione Centrale» (Liliana Missione)

# «Tantissimi anni fa Leroy Johnson di Saranno Famosi (la serie americana) in Duomo, vicino a un artista di strada» (Francesca Lanzone)

# «Alice in via Larga. Bellissima» (Maria Rosa Radaelli)

# «Maradona ai navigli» (Mario Rossi)

# «James Hetfield che passeggiuva lungo il naviglio grande il giorno prima del concerto dei Metallica» (Fedro Sartori)

# «Robert Smith dei The Cure Hotel Principe di Savoia 1996» (Rossella Parisi)

# «Ho abitato 35 anni a Milano, personaggi famosi ne ho visti tantissimi. Ma tanti tanti Fulvio Collovati aveva la bambina dell’età di mio figlio e veniva sempre ai giardini pubblici. Uno di noi» (Fernanda Melazzini)

# «Sandra Mondaini primi anni ’90 in metro col nipotino» (Paola De Chirico)

# «Fabio Capello in metropolitana, io stavo andando a scuola» (Barbara Maldera)

# «Tacconi e sua moglie sulla metro rossa verso Inganni» (Loredana Negri)

# «Ferruccio De Bortoli in metropolitana Duomo» (Dolores Masotti)

# «Iva Zanicchi in un ospedale pubblico a Milano anni ’90. Molto bella e non si dava arie per nulla» (Maria Rosa Radaelli)

# «Negli anni ’60 quasi tutti i cantanti in Galleria del Corso, ma chi ricordo con tanto piacere è la grandissima Mina» (MariaGrazia Mauri)

# «Madonna il 26/11/23 mentre usciva dall’hotel Palazzo Parigi» (Mauri Pasqualin)

Ph. da Mauri Pasqualin

# «Mick Hucknall (Simply Red) a una festa» (Marco Bonacasa)

# «Marvin Hagler in corso di Porta Romana» (Massimiliano Santi)

# «Gianna Nannini a fare colazione da Gattullo, Fernanda Pivano ed Ettore Sottsass in un ristorante cinese vicino al Castello» (Antonio Ippolito)

# «Magnum P.I. in piazza della Repubblica» (Giovanni Deiana)

# «Malgioglio con in braccio il suo cagnolino fuori da una farmacia in Porta Venezia» (Monia Steffy)

# «Teo Teocoli. In centro. Io gli ho fatto un cenno di saluto con un sorriso e lui ha ricambiato. Caruccio» (Silvia Podetti)

# «Ornella Vanoni col suo cagnolino davanti all’Auditorium in largo Mahler» (Graziella Ciambella)

# «Amadeus e famiglia a City Life… ci hanno concesso di fare delle foto. Personaggi a dire poco squisiti» (Pietro Claps)

# «Fabio Volo in piazza Gramsci, molto simpatico» (Dino Facondo)

# «Bruno Pizzul in bicicletta in Castelvetro» (MariaGiovanna Porcelli)

# «Orietta Berti nel 2009 al Carrefour di via Brenta» (Antonella Liccardo)

# «Keanu Reevs che, 10 anni fa circa, gironzolava da solo tra via San Marco e via Castelfidardo» (Gherardo Giorgis)

# «Il grande Gino Cervi in via Manzoni nel 1948» (Luciana Pozzoni)

# «Formigoni correre da solo al Monte Stella» (Le vie di Milano)

# «In Tribunale, mentre ero con il collega Lucibello, difensore dei socialisti, si avvicinò il PM Di Pietro e mi pregò di lasciarli parlare, in disparte. Periodo Mani Pulite» (Angelo Quaranta)

# «Pier Camillo Davigo da un concessionario Toyota» (Margrit Dubinsky)

# «La squadra dell’Inter al Pronto Soccorso Pediatrico della Clinica De Marchi» (Liberata Grasso)

# «Gino Bramieri in Duomo,Tracy Spencer, Amadeus e Linus in zona v.le Corsica, Giuni Russo sul 5, Bruno Lauzi sulla 73, Den Harrow in galleria, Paolo Rossi (attore) in zona p.za Novelli, Vanoni,Toto Cutugno ed Enzo Jannacci in zona v.le Corsica, J-Ax in un ristorante in zona monumentale, Fabio Galante in Montenapoleone, Natalia Estrada in zona v.le Campania, Elisabetta Viviani in zona p.za Novelli, Giacomo Poretti in via battistotti sassi, La Russa al bar del palazzo di giustizia» (Eleonora Certosini)

Continua la lettura con: Metro, tunnel e tanta acqua: cosa manca per realizzare il grande sogno di Expo per Milano?

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Questi sono i 5+1 quartieri di Milano con il nome più bello

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Credits Andrea Cherchi - Isola

Milano non è solo grattacieli e movida, ma anche un mosaico di quartieri dai nomi suggestivi, ognuno con una storia unica. Qual è il più bello? Per capire quali siano lo abbiamo chiesto ai milanesi. Questi sono i risultati. 

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Questi sono i 5+1 quartieri di Milano con il nome più bello

# Maggiolina, il «posto delle fragoline» e delle case più curiose

credit: @silvana_kk IG

Un nome che suona come una brezza primaverile. Maggiolina deriverebbe dalla “cascina Maggiolina”, un’antica tenuta agricola presente nella zona. Altre ipotesi lo riconducono agli antichi proprietari della cascina, la famiglia dei Maggiolini, oppure al termine dialettale magiòster, che significa fragola. Oggi il quartiere è noto per le sue affascinanti case igloo e la sua atmosfera rilassata, si sovrappone al vicino Villaggio dei Giornalisti, con la razionalista Villa Figini, e comprende anche il Quartiere Mirabello.

Maps – Maggiolina

Leggi anche: 7 cose da vedere nella Maggiolina, il quartiere dell’architettura sperimentale

# Bicocca, il campo di battaglia teatro d’innovazione

Credits: unimib.it
progetto Bicocca

Bicocca è un nome che porta con sé la memoria di una battaglia. Il termine deriva con molta probabilità dal villino nobiliare fatto costruire della famiglia degli Arcimboldi in questa zona, un tempo fuori città, definita “bicocca” e che indica una “roccaforte o castello di modeste proporzioni posto in un luogo elevato”. Proprio qui nel 1522 si combatté la Battaglia della Bicocca tra francesi e spagnoli. Oggi, da teatro di guerra è diventata sede dell’innovazione con una delle università più importanti della città e un quartiere moderno grazie al polo industriale riqualificato.

Maps – Bicocca

# L’Ortica, il museo a cielo aperto di Milano

Credits: @alberto_cartasegna
La Balera dell’Ortica

Più che un nome, una dichiarazione d’intenti. L’Ortica prende il nome dalla pianta urticante che cresceva abbondante in questa zona quando era ancora campagna. Storicamente legato alla vita ferroviaria e operaia, oggi il quartiere è famoso per i suoi murales, che lo hanno trasformato in un museo a cielo aperto, e il suo spirito autentico, un mix tra tradizione e creatività, con punti di ritrovo che ricordano i piccoli paesi, come la Balera dell’Ortica.

Maps – Ortica

# Isola, il borgo operaio diventato di tendenza

Credits Andrea Cherchi – Isola

Un nome che racconta un passato di separazione. Il quartiere Isola si chiamava così perché, prima della riqualificazione urbana, era isolato dal resto della città a causa della ferrovia. A questo si aggiungeva il Naviglio della Martesana che fungeva da ulteriore barriera naturale. Da borgo operaio è diventato uno dei simboli della nuova Milano, con i suoi locali alternativi, il Bosco Verticale e un’anima che mescola tradizione e futuro.

Maps – Isola

# Macconago, dove si trova il castello più antico di Milano

Castello di Macconago
Castello di Macconago

Un nome che richiama un’atmosfera rurale e medievale. Macconago è un piccolo quartiere nella zona sud di Milano, noto per il suo antico castello risalente al XIV secolo: il primo realizzato in città. Il nome potrebbe derivare da un’antica famiglia locale o da un toponimo di origine longobarda, “Maccone” o “Macconi”. Oggi è una zona tranquilla, con ampi spazi verdi e un’atmosfera quasi sospesa nel tempo, tra un paio di anni raggiunto dalla fermata del tram 24.

Maps – Macconago

Leggi anche: Questo è il primo castello di Milano

# Baia del Re, l’affascinante antico nome della Stadera

Maps – Via Neera, Stadera

Un nome che evoca viaggi esotici e paesaggi nordici. Baia del Re si ispira a un luogo ben lontano da Milano: una baia nell’arcipelago delle Svalbard, in Norvegia, esplorata dall’italiano Giacomo Bove, con un dirigibile partito da Baggio, anche se letteralmente il nome coretto sarebbe stato Fiordo Reale. La missione fu in realtà un fallimento e il termine Baia del Re fu associato prima a un posto sperduto nel nulla e poi a un luogo di sciagura e catastrofe. Non furono infatti gli abitanti a attribuirlo alla zona, ma i milanesi in modo scherzoso e ironico per la distanza dal centro cittadino e anche dalla sua periferia. Il nome del quartiere conosciuto oggi come Stadera, perchè sviluppato attorno all’omonima cascina, era stato in realtà ribattezzato 28 Ottobre, dalla Marcia su Roma. 

Maps – Stadera-Baia del Re

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FABIO MARCOMIN

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