Il Sindaco di Vallefoglia Palmiro Ucchielli ha ottenuto il via libera della giunta marchigiana per la redazione di uno studio di fattibilità dell’infrastruttura. Quali sono i benefici che porterebbe al territorio se l’opera venisse realizzata?
Una METRO CIRCLE LINE di SUPERFICIE nelle MARCHE: perché non a Milano?
# Una circle line che colleghi Pesaro a Vallefoglia-Montecchio
Tracciato possibile metropolitana di superficie Marche
La Regione Marche avrà una metropolitana di superficie circolare? Ci crede il sindaco di Vallefoglia Palmiro Ucchielli che ha dopo poco ricevuto il via libera dalla giunta marchigiana per la redazione di uno studio di fattibilitàdi un un’opera che dovrebbe collegare: Pesaro, Fano, Fossombrone, Urbino, Vallefoglia-Montecchio. In Senato è stata invece approvata una mozione che al momento esclude il Comune di Vallefoglia. Le dichiarazioni del sindaco a riguardo: “Un anello che racchiude l’ottanta per cento dell’ economia delle due vallate. Bisogna capire se questo progetto può rientrare nell’ambito del recovery […] “.
# La nuova infrastruttura avrebbe un bacino di 250.000 abitanti e 40.000 imprese e potrebbe trasportare anche merci
Credits: vivereurbino.it
La metropolitana di superficie metterebbe in connessione i comuni di un’area che conta 250.000 abitanti e 40.000 imprese, contribuirebbe a ridurre il traffico stradale e il numero di incidenti stradali e potrebbe trasportare sia persone che merci. Le conclusioni finali del sindaco del comune marchigiano: “La nuova metropolitana collegherebbe le due vallate [..]. In tutto 250mila abitanti per 40mila imprese che meritano di essere in rete. La metropolitana potrebbe trasportare persone ma anche merci, limitando il traffico e prevenendo gli incidenti stradali“.
Se anche nelle Marche si sta ipotizzando di realizzare questo tipo di infrastruttura, perché a Milano nessuna amministrazione è arrivata a immaginarla ad esempio sul tracciato della circolare 90-91, al posto della pseudo circle-line sulla linea S9 o che affianchi il percorso delle tangenziali?
Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità.
Dopo più di un anno dall’inizio della diffusione del Covid-19, è ormai chiaro che tutti i Paesi hanno adottato, e stanno tutt’ora adottando, politiche ben diverse. Per capire quali, alla prova dei fatti, abbiano funzionato meglio, il Lowy Institute di Sidney ha analizzato 98 paesi e, in base a sei criteri, ha stilato una graduatoria. Quali sono quindi i Paesi che hanno risposto meglio alla pandemia? E in che posizione si trova l’Italia?
Covid: quale Paese ha REAGITO meglio? Ecco la classifica del Lowy Institute
# Con quali criteri è stata stilata la classifica?
credits: fanpage.it
Innanzitutto, cerchiamo di chiarire quali sono stati i criteri e le modalità che hanno guidato la ricerca. Gli studiosi hanno analizzato un periodo che copre 36 settimane, vale a dire poco più di otto mesi, utilizzando i dati forniti dagli stessi Paesi fino al 9 gennaio 2021.
Ogni quattordici giorni sono state calcolate le medie mobili sulla base di sei indicatori, tra cui: casi confermati per milione di persone, morti confermate causa Covid, test effettuati per mille abitanti e casi confermati in proporzione ai test. Da questi dati sono stati elaborati dei punteggi da 0, rendimento peggiore, a 100, rendimento migliore, ed è quindi stata stilata la classifica.
# I primi della classe: la top ten dei Paesi che hanno risposto meglio al Covid
credits: informareonline.com
Il primo posto va alla Nuova Zelanda, che si aggiudica quindi il titolo di Paese che, a livello mondiale, ha risposto meglio alla pandemia. Si è infatti distinta per aver prontamente adottato fin da subito misure drastiche contro la diffusione del virus e già da diverso tempo si dichiara Covid free. Sul podio troviamo poi Vietnam e Taiwan, dove il tracciamento capillare e la chiusura tempestiva dei confini sono risultati essenziali nel contenimento dei contagi. Nella top ten troviamo poi Thailandia, Cipro, Rwanda, Islanda, Australia, Lettonia e Sri Lanka.
In generale, come hanno affermato i ricercatori del Lowy Institute, bisogna considerare che i Paesi con popolazioni più contenute, istituzioni capaci e società coese hanno sicuramente un vantaggio nell’affrontare un’importante crisi come quella pandemica.
# Italia ed Europa: la seconda ondata ha stoppato il miglioramento
credits: fanpage.it
E l’Italia come si classifica? Il Belpaese si trova al 59esimo posto, poco sotto la Germania, 55esima, ma più in alto di Francia e Spagna, rispettivamente al 73esimo e 78esimo posto.
Gli esperti hanno sottolineato come, nonostante il virus sia partito dai paesi asiatici, in Europa e negli Stati Uniti si sia rapidamente diffuso. I Paesi europei hanno però saputo reagire, registrando il più grande miglioramento di qualsiasi altra regione, fino all’arrivo della tanto discussa seconda ondata, che li ha travolti nuovamente negli ultimi mesi del 2020. Al contrario, la diffusione non ha mai rallentato in America, che si aggiudica il triste titolo di continente più colpito dal virus a livello globale.
# I Paesi ultimi in classifica e quelli “squalificati”
credits: lastampa.it
Ed eccoci arrivati agli ultimi della lista, quelli che in questa dura corsa contro il Covid hanno perso, soprattutto in termini di vite umane.
In ultima posizione troviamo il Brasile, uno dei Paesi più colpiti in assoluto, che tutt’oggi si trova a dover fronteggiare una fortissima incidenza di contagi, specie in alcune aree, a causa delle scarse misure di contrasto prese dal Governo. Risalendo la classifica ci sono poi Messico, Colombia, Iran, Stati Uniti e Bolivia.
È importante infine sottolineare come la Cina, nonostante sia stato il primo Paese colpito dal virus, non rientri in classifica a causa della mancata pubblicazione di dati.
Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità.
La pandemia Covid-19 ha portato con sé l’inconveniente delle lauree online.
Laurearsi in ciabatte da soli davanti ad un computer, con l’unico scopo di sentirsi dire “Signorina la dichiaro dottoressa” dopo anni di studio, lo vediamo tutti che è un problema.
A questa presentazione poco invitante si aggiungono poi tutti gli inconvenienti che potrebbero succedere in quei fatidici dieci minuti: il gatto che vuole salire in braccio, la corrente che salta, il Wifi che va lento, per non parlare dell’audio che va a scatti con il risultato di essere proclamata “Sig i na la di aro dott essa“.
Eppure nessuno sembra voler proporre delle soluzioni alternative che permettano agli studenti di festeggiare anche solo in piccolo il loro grande traguardo.
Nessuno, o forse quasi, perchè Rho la soluzione l’ha trovata.
Basta alla LAUREE in giacca e ciabatte: dall’hinterland un’idea per il Comune di Milano
# Rho dà il via alle “lauree in comune”
Il piccolo comune italiano apre le porte del Palazzo Comunale per tutti i suoi laureandi, che potranno utilizzare gratuitamente una sala per la discussione a distanza della tesi.
Se già avere una sala a disposizione sembra una grandissima conquista, grazie alle grandi dimensioni di questo spazio il quasi dottore potrà avere con sé fino ad 8 persone.
L’iniziativa, che sarà valida per tutto il periodo di emergenza sanitaria, è stata approvata dalla Giunta Comunale il 23 febbraio.
A proporla, l’assessora alla Cultura, Valentina Giro, che dice: “Abbiamo accolto le sollecitazioni dei consiglieri comunali per offrire la possibilità ai giovani di vivere il momento della laurea in un contesto istituzionale, in particolare per chi può avere problemi di spazio o di connessione a casa”.
# Dalla cucina di casa alla sala riunioni
Credit: mi-lorenteggio.com
Lo spazio individuato per il grande momento è la sala riunioni al secondo piano del Palazzo comunale in piazza Visconti 23.
Questa sala sarà a disposizione dal lunedì al venerdì dalle 9 alle 13 e il martedì e il giovedì dalle 14 alle 18 e l’utilizzo è gratuito.
Bisogna inviare la richiesta almeno 10 giorni prima della cerimonia alla mail cultura@comune.rho.mi.it (modulo da compilare e documenti richiesti sul sito del Comune di Rho).
Oltre ad essere un ambiente più solenne e adatto ad un momento così importante, la sala del palazzo comunale è anche attrezzata con videoproiettore per il collegamento da remoto, limitando così tutti gli inconvenienti che possono accadere nell’ambiente casalingo.
# Un’idea per Milano
Quella di Rho è una grandissima idea e una dimostrazione di come un comune si metta a disposizione dei propri cittadini trovando soluzioni facili e veloci.
La stessa idea potrebbe essere messa in atto da moltissime altre città, che sia un’idea per Milano?
Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità.
Oggi, Piazzale Piola si presenta come una grande rotatoria con un’aiuola centrale allestita come se fosse un piccolo giardino.
Ma, essendo un punto di incontro di ben 7 strade, raggiungerlo non è poi così facile. Poi, diciamocelo chiaramente, un giardino, per essere considerato tale, dovrebbe essere più rigoglioso e curato.
Ma la sua veste sta per cambiare e il giardino Teresa Pomodoro rifiorirà.
Una nuova VESTE per PIAZZA PIOLA: diventerà un piccolo giardino GIAPPONESE con ciliegi in fiore e panchine rosa
# 21 ciliegi, 11 panchine in granito rosa e un percorso pedonale agibile. Ecco come sarà la nuova piazza Piola
Credits: blog.urbanfile.org
Nel giardino dedicato a Teresa Pomodoro, in piazza Piola, sono in arrivo ben 21 ciliegi. Ma non solo: saranno intervallati da 11 panchine in granito rosa e, finalmente, sarà realizzato un agibile percorso pedonale a forma di goccia, in grado di rievocare la leggerezza dell’acqua.
Un progetto che deve tanto all’intervento di riqualificazione promosso da Spazio Teatro No’hma Teresa Pomodoro.
# Le sculture di Kengiro Azuma creeranno un teatro a cielo aperto
Credits: temizen.zenworld.eu
Ma il progetto sarà completato solo dopo la posa di un monumento composto da 5 gradoni cilindrici di diverse altezze. Ma la particolarità deriva dalle sculture che saranno poste sopra di essi.
Si tratta di due opere, entrambe dello scultore giapponese Kengiro Azuma. Una, “Colloquio”, sarà una scultura formata da due rospi di bronzo. L’altra, “Mu-765 Goccia”, sarà collocata al centro del giardino e riprenderà il concetto di leggerezza, ma creando un contrasto tra il materiale utilizzato, pesante e statico, e l’elemento fluido, rappresentato appunto dall’acqua.
Ciò che si creerà sarà una sorta di scenografia teatrale che riuscirà a rappresentare un teatro a cielo aperto e che richiamerà il valore della poesia, del teatro e del dialogo.
# Una riqualificazione che comprende anche i vialetti d’accesso
Credits: Antonella Bruzzese FB
Ma non è finita qui: saranno riqualificati anche i vialetti d’accesso.
Infatti, dal passaggio pedonale di via Pacini si potrà finalmente raggiungere il monumento. Questo, grazie ad una nuova pavimentazione larga 4 metri proprio in direzione del teatro. Un elemento che, senz’altro, vuole mettere in scena la “conversazione infinita” tra Teresa Pomodoro e lo sculture giapponese.
# Milano avrà una piazza-giardino che crea un forte legame tra ambiente, spazio pubblico e cultura
Credits: Antonella Bruzzese FB
Per questo progetto che “crea un legame tra ambiente, spazio pubblico e cultura, nel ricordo di una grande artista milanese”, Maran ci tiene a ringraziare sia Livia Pomodoro che lo Spazio Teatro No’hma. Infatti, secondo l’assessore al Verde milanese, il loro intervento, così importante per tutto il quartiere, “si inserisce nella strategia di valorizzazione delle piazze della città“.
Quindi, un giardino che verrà restituito ai suoi cittadini e, per Livia Pomodoro, sorella di Teresa, la sua “nuova veste e dimensione” sarà come “uno spazio libero, proprio come lo spirito che da sempre anima l’attività del Teatro No’hma”.
# L’inaugurazione sarà in primavera, quando i ciliegi saranno in fiore
Credits: Antonella Bruzzese FB
Un dono per la città di Milano realizzato nell’ambito di una convenzione di “Adozione del verde” in collaborazione tra pubblico e privato e che renderà davvero piazza Piola una “piazza-giardino” di qualità. Sarà finalmente possibile passeggiare, rilassarsi, ammirare le sculture e la fioritura dei ciliegi.
Caso vuole, che la fine dei lavori è programmata per questa primavera. Proprio quando i ciliegi saranno in fiore.
Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità.
L’idrogeno sarà, insieme all’elettricità, la soluzione ecologica della mobilità.
La nuova FRONTIERA per Milano: la METROTRANVIA ad IDROGENO?
Mentre le batterie permetteranno il passaggio dai motori termici a quelli elettrici per le auto, con conseguente annullamento dell’inquinamento, soprattutto in città, per i grandi mezzi di trasporto, non basteranno i kwh delle batterie, ma si richiederà molto di più.
Il di più lo fornirà l’idrogeno che, per combustione con l’ossigeno, genera energia ed acqua come prodotto residuo della combustione. Sarà impiegato per i grandi mezzi, TIR, treni e navi che possono sopportare il peso dei serbatoi di idrogeno ad alta pressione e delle celle a combustibile per la reazione. Ma a che punto siamo con l’utilizzo di questo combustibile pulito?
Idrogeno in Italia: TIR e treni
Treno all’idrogeno. Credits: radiolombardia.it
Da circa 18 mesi circolano in Italia 12 TIR a idrogeno con 1000 km di autonomia.
Le Ferrovie Nord Milano hanno ordinato ben 14 treni ad idrogeno alla Alstom che saranno consegnati nel 2023, basandosi sull’esperienza di un treno che da circa un anno circola in Germania con 600 km di autonomia.
La prima metrotranvia alimentata ad idrogeno da Cologno a Vimercate?
Da innumerevole tempo si discute del prolungamento della metropolitana da Cologno a Vimercate, senza successo perché l’analisi dei costi/benefici è negativa.
E allora perché non pensare ad una metrotranvia che corra in superficie su sede propria alimentata ad idrogeno?
L’eliminazione della linea aerea di contatto ripaga l’acquisto dei treni necessari alla tratta.
La tecnologia disponibile è sicura, il tempo di ricarica dei serbatoi è di circa 15 minuti per una percorrenza di almeno 400 km, i tempi di esecuzione dell’opera sono ridotti rispetto ad una soluzione tradizionale.
Come risolvere il punto critico: la produzione di idrogeno
Milano è una città che non ha paura del nuovo e questo è il momento di investire in una modalità avanzata di trasporto.
Certo, rimane il problema della produzione di idrogeno. Ora, l’idrogeno, detto grigio, è ottenuto dal metano o idrocarburi con il difetto di generare anidride carbonica in rapporto 10:1. 10 tonnellate di anidride carbonica per 1 tonnellata di idrogeno.
Ma l’idrogeno può essere prodotto per elettrolisi dell’acqua, detto blu, benché a costi elevati, 45 kwh per 1 kg di idrogeno: 1 kg di gasolio vale circa 13 kwh.
L’espandersi delle energie rinnovabili, in particolare l’energia eolica o quella idraulica, comportano un eccesso di produzione di notte, causa i bassi consumi.
Appunto, l’eccesso può essere impiegato per l’elettrolisi per la produzione di idrogeno.
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Dalla Porziuncola di Santa Maria degli Angeli alla Casetta Verde di Milano: l’effetto matrioska dei palazzi d’Italia. Chi per motivi storici e chi per mancati accordi. Di cosa stiamo parlando?
La CASETTA nel GRATTACIELO
# Lo storico precedente: la Porziuncola, la “Chiesa nella Chiesa”
Credits: avvenire.it
La piccola chiesa di Porziuncola è situata all’interno della Basilica di Santa Maria degli Angeli, ad Assisi. Conosciuta in tutto il mondo per essere stata la chiesa in cui San Francescocomprese la sua vocazione, accolse Santa Chiara e i primi frati francescani e dove ricevette il Perdono di Assisi. La particolarità di questa chiesa, tralasciando i motivi storici e religiosi, è il fatto che si trovi all’interno di un’altra chiesa, più precisamente di una Basilica che fu costruita successivamente. Infatti se la chiesa di Porziuncola risale al 1200, la Basilica di Santa Maria degli Angeli è stata costruita negli anni che vanno dal 1569 al 1679.
Questo precedente storico celebre in tutto il mondo è il riferimento più alto per passare a questa bizzarra storia della Milano dei nostri giorni.
# La Casetta Verde di via Bellani: anche Milano ha la sua Porziuncola
Credits: regione.lombardia.it
Non si tratta di una chiesa in una chiesa, bensì di una casa rimasta intrappolata in un grattacielo. Stiamo parlando della Casetta Verde di via Bellani, inglobata nel grattacielo della Regione Lombardia. Sono 14 i condomini residenti all’interno di questa costruzione che tutt’a un tratto si ritrovò stretta su tre lati dalle braccia dell’incombente Palazzo Lombardia. In realtà si fece di tutto per fare mandare via i condomini, lasciando spazio così al grattacielo: inizialmente venne proposta una valutazione di 4500 euro al metro quadro, poi una permuta con appartamenti di pari superficie e nella stessa zona. Ma le famiglie rifiutarono l’offerta, affezionati alla loro abitazione.
# Conflitti e risoluzioni tra cittadini e regione. La casa verde non molla
Credits: ilcinemadelcarbone.it
«Ormai siamo abituati a essere circondati da queste propaggini del grattacielo. Non vedo più il tramonto, la Grigna o il Resegone ma i vetri di fronte riflettono il sole, le nuvole, la nostra casa. C’è uno spiraglio su Porta Nuova. I danni al cortile ancora non ce li hanno sistemati. Solo adesso abbiamo trovato l’accordo» è ciò che afferma Milena Porcari, una dei condomini del palazzo verde. Dal periodo della costruzione del grattacielo alle conseguenze successive come il calcare nelle tubature o i danni al cortile. Sono numerosi i problemi causati dall’enorme costruzione attorno alla casetta verde ma ciononostante si è sempre provato a trovare un punto d’incontro come nel caso della concessione del diritto di passo. Tale diritto consente ai residenti di raggiungere la propria abitazione attraversando il suolo di proprietà della regione.
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Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità.
Il giornale inglese theguardian ha pubblicato un articolo che riprende le tappe più importanti affrontate dal nostro paese durante la pandemia e il cambiamento che ha affrontato. Vediamolo insieme nella traduzione di alcuni estratti.
Gli inglesi: “In un anno l’ITALIA è diventata un paese più sobrio e forse più TRISTE” (The Guardian)
Questo fine settimana segna esattamente un anno dal primo, provvisorio blocco in Italia. Le chiusure erano solo in alcune regioni (come Lombardia ed Emilia-Romagna), e in settori specifici (come le scuole), ma le misure drastiche hanno scioccato il mondo.
Il paese aveva registrato solo 152 casi e tre decessi per Covid-19, quindi sembrava tutto una reazione eccessiva.
Ma ogni giorno che passava, le chiusure diventavano più draconiane. Entro il 4 marzo 2020 tutte le scuole in Italia erano chiuse; una settimana dopo l’intero paese è stato completamente bloccato.
La maggior parte degli altri paesi stava ancora festeggiando in un momento in cui eravamo prigionieri nelle nostre case, guardando le scene di un film apocalittico al telegiornale: medici in tute ignifughe, reparti ospedalieri pieni di cappe di ossigeno e obitori così pieni di bare che è dovuto intervenire l’esercito.
Presto abbiamo assistito a quasi 1.000 morti al giorno. Persino i giornali locali avevano pagina dopo pagina di necrologi.
# Il Cielo è sempre più Blu
Credit: it.finance.yahoo.com
Mentre altri paesi erano scettici nel seguire le linee guida, l’Italia aveva chiarezza legislativa e aderenza sociale.
In quelle prime spaventose settimane, ci fu un’esuberante ribellione quando i sobborghi iniziarono a cantare insieme, ogni famiglia si univa dalle proprie finestre e balconi.
Nonostante il dolore, stava accadendo qualcosa di straordinario: c’erano banchi di pesci nei puliti canali veneziani e delfini dal naso a bottiglia che balzavano intorno ai porti inattivi. Lepri e cervi passeggiavano nei parchi pubblici e nei campi da golf e germani reali apparvero in Piazza di Spagna a Roma.
Mentre l’aria notoriamente inquinata della pianura padana si schiariva, cantavamo spesso Il Cielo è sempre più blu di Rino Gaetano.
È stato un periodo che ha cambiato non solo il modo in cui gli estranei percepivano l’Italia, ma anche il modo in cui gli italiani si vedevano. Sono spesso stereotipati (da loro stessi quanto dagli stranieri) come una nazione di ribelli, desiderosi di aggirare il bene pubblico per guadagno privato.
Ma per tutta quella primavera il paese fu ordinato e obbediente. “Abbiamo imparato a fare la fila”, ha scherzato mia moglie italiana.
Mentre altri paesi erano apatici nell’applicazione o nel seguire le linee guida, l’Italia aveva, nel complesso, chiarezza legislativa e aderenza sociale.
# “Se il mio unico reddito dipendesse da questo ristorante, mi sparerei”
Mi sembrava che ci fosse una cupa dignità nel paese, un po’ come un buon funerale che accompagna un grande dolore. Mentre Bergamo diventava il centro della crisi, la sua squadra di calcio, l’Atalanta, abbagliava nelle fasi finali della Champions League: si sentiva, in breve, come se la sofferenza del Paese potesse avere, almeno, una storia di riscatto sportivo.
Ovviamente non fu così. Mentre la primavera si trascinava e abbiamo superato 10.000 morti alla fine di marzo, poi 20.000 (metà aprile) e 30.000 (inizio maggio), l’umore è cambiato.
La strana euforia era scomparsa e lo slogan “Andrà tutto bene” appeso alle lenzuola di molti balconi sembrava insulso, se non offensivo.
L’economia italiana – così dipendente dal settore più colpito dalla crisi Covid: l’ospitalità – era in ginocchio. “Se il mio unico reddito dipendesse da questo ristorante”, dice il mio amico Luca senza mezzi termini, “mi sparerei”.
Purtroppo, molti lo hanno fatto. A metà maggio almeno 14 uomini d’affari si erano tolti la vita a causa della catastrofe economica. A settembre quella cifra era salita a 71.
Dietro quelle tragedie ce ne erano molte altre: fallimenti, divorzi e violenza domestica.La disoccupazione è ora al 9%, con la disoccupazione giovanile al 30%. All’interno di queste cifre nette c’è uno squilibrio di genere sorprendente: delle 444.000 persone che hanno perso il lavoro nel 2020, 312.000 (o il 70%) erano donne.
Tra le statistiche, a volte sono solo le singole storie che ti rimangono: come il ristoratore di successo a Firenze, Luca Vanni, che si è tolto la vita, o Adriano Urso, il famoso pianista jazz costretto a reinventarsi come fattorino e morto a 41 anni per un infarto mentre cercava di far ripartire la sua antica Fiat.
# Il nuovo welfare: mafia & volontariato
Ci sono state due conseguenze evidenti di questa sofferenza economica. Come spesso accade quando lo Stato italiano sembra colto alla sprovvista in una crisi, lacriminalità organizzata è intervenuta. I mafiosi hanno distribuito pacchi alimentari nelle periferie disagiate, sospeso i pagamenti per la protezione e offerto prestiti in contanti immediati. Questo “welfare mafioso” è un’affermazione strategica di superiorità rispetto allo Stato, un mezzo per creare consenso, controllo e indebitamento, letterale e metaforico.
La mafia sta acquistando anche aziende in difficoltà: 43.688 aziende italiane sono passate di mano tra aprile e settembre 2020: non tutte sono passate in proprietà criminale, ma – a causa dell’elevato numero di nuovi proprietari che scelgono l’anonimato attraverso soluzioni offshore e trust opachi – si ritiene che molti l’abbiano fatto.
Ma c’è stato anche un aumento della genuina solidarietà. Data una crescente consapevolezza della vulnerabilità dei più deboli nella società, sono state create associazioni di volontariato, enti di beneficenza e banchi alimentari informali per proteggerli.
A Brescia, una delle città più colpite da Covid, un italo-palestinese, Yas, ha creato Cibo Per Tutti, che distribuisce fino a 450 pacchi di cibo a settimana. È un’esperienza che ha cambiato il tessuto sociale della città. “Il virus ci stava isolando”, dice una donna, “e c’era un bisogno, un bisogno fisico, di essere una comunità. Il cibo è diventato un modo fondamentale per farlo “.
# Pochi nati, molti morti, economia nel dramma: la speranza in Draghi
Credit: theguardian.com
Ci sono stati altri cambiamenti sottili. Dal 2006 sono emigrati 2,4 milioni di italiani, molti dei quali giovani e altamente qualificati, il che significa che il 9% della popolazione italiana ora vive all’estero. Ma negli ultimi 12 mesi la fuga di cervelli è stata invertita.
Questo cambiamento demografico sta avvenendo anche internamente. Il lavoro a distanza, unito agli incentivi fiscali, ha permesso a molti meridionali di tornare a casa dalle città industriali del nord (è stato chiamato, piuttosto goffamente, “lavoro del sud”).
E poiché tanti italiani hanno seconde case, alcuni hanno deciso di tenere a bada la pandemia in campagna. Tutti questi cambiamenti significano che alcune città e villaggi svuotati vengono, forse solo temporaneamente, ripopolati e rinvigoriti.
Ma il pessimismo riflette forse al meglio una tendenza chiamata “baby-bust”: anche prima della pandemia, l’Italia aveva uno dei tassi di natalità più bassi al mondo, ma a dicembre 2020 – nove mesi dopo il blocco iniziale – le nascite erano in calo del 21,6%. Le nascite complessive per il 2020 sono previste in 408.000, che sarebbe il numero annuo più basso dall’unificazione italiana nel 1861.
Queste cifre sono particolarmente sorprendenti perché il paese è stato fortemente ricordato per la sua popolazione che invecchia: il fatto che circa il 17% del paese abbia più di 70 anni e il 7,2% più di 80 è considerato una delle cause principali dell’alto tasso di mortalità Covid in Italia. In Italia sono morte poco più di 95.000 persone a causa di Covid.
Anche le prospettive economiche rimangono disastrose: nell’ultimo anno il rapporto debito / PIL dell’Italia è salito di 33 punti attestandosi al 160% del PIL.
Il paese ora si sente – e sono aggettivi che potrebbero descrivere il nuovo primo ministro del paese, Mario Draghi, che ha assunto la carica la scorsa settimana – un posto sobrio e serio.
Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità.
Gli svedesi sono stati per secoli uno dei popoli più invincibili della storia d’Europa.
Alla prima grande scoppola subita a Poltava nel 1709 per opera di Pietro Il Grande hanno annunciato che non avrebbero mai più fatto guerre. Così il popolo più guerriero d’Europa si è trasformato nel paladino della pace, restando fedele per oltre 300 anni a quell’impegno.
Platone scriveva che la Repubblica ideale è quella governata dai filosofi. Questo perché se invece la politica viene gestita da esponenti di singoli settori della società, come i militari, i religiosi o i medici, questi impongono a tutta la comunità la propria specialistica visione del mondo.
Per i militari si può arrivare a distruggere un paese per combatterne un altro. Per i medici si può distruggere un paese per combattere un patogeno. Per questo serve il filosofo, perché è quello che deve avere una visione olistica della realtà e come un bravo giardiniere deve prendere in considerazione tutte le variabili, garantendo il benessere e il progresso della comunità in ogni suo aspetto.
La guerra a uno stato, a un’idea o a un virus è sempre un fattore di rafforzamento del potere ma di riduzione della civiltà. Perché la guerra polarizza il pensiero creando un bene e un male assoluti che è una visione incivile della realtà.
“Atene fu distrutta non dalla peste, ma dalla paura della peste” (TUCIDIDE)
Il giornale francese Le Figaro ha pubblicato un articolo sulla città di Milano, un anno dopo il primo caso di Covid in Italia a Codogno. Sembra passata una vita da quando la pandemia è iniziata e dopo mesi di chiusure, i milanesi stanno “lottando con forza” per riconquistare quella gioia di vivere e dinamicità, tipica della loro città.
I francesi: “Un ANNO DOPO lo choc, MILANO ritrova la GIOIA di VIVERE” (Le Figarò)
Il 23 febbraio 2020, la settimana della moda non era ancora finita che i clienti scappavano da Milano e il capoluogo lombardo si chiuse: due giorni prima, il primo caso di Covid era stato scoperto in Italia, a 60km a sud, a Codogno. Milano è stata la prima metropoli europea colpita dal virus.
# Si cerca un ritorno alla vita normale
Credits: amilanopuoi.com
Un anno dopo, la vita sembra ritornare ordinaria, piano piano. Tifosi dell’Inter e del Milan AC, più o meno con mascherine, sono andati fuori da San Siro per sostenere le squadre che si affrontavano nel derby, sfoggiando sciarpe e bombe fumogene. Gli ultrà sono a due passi dall’affrontarsi, come ai bei tempi. Nello stesso momento lungo i Navigli e le terrazze sono piene dei numerosi milanesi venuti a prendere il classico aperitivo, tutto nel pomeriggio, prima della chiusura delle 18. Ci si è dimenticati che la pandemia si sta sempre diffondendo.
# Una città ferita
credits: milanofree.it
Eppure nell’ultimo anno, la città e i suoi ristoranti sono stati chiusi per cinque mesisu dodici, l’attività non è veramente ripartita tranne tra luglio e settembre. La cancellazione della settimana della moda, di quella del mobile e del design, che ogni anno trasformano Milano in uno showroom gigante dove si dà appuntamento il mondo intero, ha fatto perdere alla città una parte della sua anima. “Né la Scala né i teatri della città hanno mai riaperto da un anno a questa parte, e per i milanesi così legati alla vita culturale è stata una vera ferita”, dice il giornalista della Stampa Alberto Mattioli. Evoca soprattutto la “ferita psicologica” di un città che era orgogliosa del suo successo. Come dell’eccellenza dei suoi ospedali, dove veniva curata tutta l’Italia meridionale, e che ha scoperto con stupore la povertà di una medicina di base, che non le ha permesso di gestire bene la lotta contro la pandemia.
@andreacherchi
Milano è sicuramente pronta a ripartire e ha una voglia matta di farlo. Tuttavia, non bisogna dimenticare della ferita ancora aperta e che difficilmente si sta cercando di ricucire (anche se con alcuni insuccessi).
Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità
Si potrebbe girare Londra andando a caccia delle famose targhe blu. Ma da tempo la creatività ha rubato il posto alle rigide norme iniziali.
Le TARGHE SURREALI di LONDRA: “Qui ha vissuto l’INVENTORE del VIAGGIO NEL TEMPO”
E’ dal 1867 che la città di Londra viene riempita di targhe commemorative, le cosiddette targhe blu. Contrassegnano i luoghi in cui hanno vissuto o lavorato alcuni dei personaggi che sono passati alla storia, per i più svariati motivi: scoperte scientifiche, opere d’arte o rilevanti azioni politiche. I requisiti per l’affissione sono molto rigidi e alcuni creativi cittadini hanno inventato degli schemi alternativi. Un esempio? Nel 2182 a Londra visse l’inventore del viaggio nel tempo.
# Regola n° 1 in Inghilterra: rispettare le regole
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Essendo una tradizione inglese, non può non avere una rigida lista di criteri da seguire. Infatti, affinché il personaggio venga inserito nella lista delle targhe blu deve essere deceduto da almeno 20 anni o aver superato il centenario della nascita e non può essere un personaggio fittizio. Deve aver dato un contributo molto importante nel suo campo, aver trascorso a Londra un periodo lungo o particolarmente significativo e la sua fama dev’essere riconosciuta a livello internazionale. Inizialmente le targhe erano rigorosamente rotonde e di colore blu ma con il passare del tempo lo schema storico e le regole tanto amate dal popolo inglese, sono stati infranti da alcuni coraggiosi cittadini.
# Via libera agli schemi alternativi. Ne hanno fatti “di tutti i colori”
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Gli imitatori di questi iconici memoriali blu apportarono prima delle modifiche cromatiche, cambiando il colore delle targhe, sino a una vera rivoluzione del regolamento.
Uno tra gli esempi più celebri è lo schema alternativo “Red Wheel” adottato dal Transport Trust, che si occupa di rendere noti quei luoghi legati ai trasporti che sono stati e continuano ad essere significativi affiggendo però delle targhe rosse, come ad esempio alla Spa Road Station Bermondsey, il primo capolinea ferroviario di Londra.
Ma questi nuovi e alternativi schemi non sono nulla confrontati con alcune surreali targhe che si possono incontrare a Londra. “Non possono essere affisse targhe di personaggi fittizi”… almeno ufficialmente. Ci sono diverse società che consentono di ordinare dellefinte targhe da poter affiggere, creando dei veri e propri falsi d’autore.
# Dagli schemi alternativi ad alcune targhe davvero surreali
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Al 118 di Hillfield Avenue è stata appesa una finta targa in memoria di Carswell Prentice, un uomo che non è mai esistito e che avrebbe inventato nientepopodimeno che… il carrello della spesa. E per stare al passo con l’innovazione, anche l’agenzia immobiliareZoopla ha inventato un proprio schema di targhe scegliendo come colore il viola, colore della ricchezza, dell’ambizione e, ahimè, anche della frustrazione sessuale. L’agenzia ha ideato uno schema che rende iconiche le case in cui vivevano le celebrità – da Beckham a David Cameron – senza però affiggere davvero le targhe.
Ma la targa più strana è indubbiamente quella che commemora una scoperta che non è mai stata fatta: il viaggio nel tempo. Il presunto visionario, Jacob von Hogflume, sarebbe morto nel 1909 ma il memoriale parla chiaro: visse a Londra nel 2182. Voi dov’eravate quell’anno?
Per scoprire la storia di Londra attraverso i suoi luoghi più importanti, l’English Heritage, in occasione del 150° anniversario della prima targa, ha pubblicato un volume che le raccoglie tutte. Quelle ufficiali. Se invece la storia volete riscriverla, inventando eventi o personaggi mai esistiti, online troverete tantissime società che creeranno la vostra finta ma realistica targa.
Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità.
Roma Caput Mundi, si ma cosa rende Roma davvero unica a parte le Chiese, il Foro Romano e il Colosseo? Abbiamo stilato una classifica delle sette cose che rendono Roma unica al mondo.
Quelle SETTE cose che SOLO ROMA ha
#1 L’unica città che ha dentro uno Stato
San Pietro
Con una superficie di appena 44 ettari, lo Stato della Città del Vaticano è il più piccolo stato indipendente del mondo, sia in termini di numero di abitanti che di estensione territoriale. I suoi confini sono delimitati dalle mura e, su piazza San Pietro, dalla fascia di travertino che congiunge le due ali del colonnato. Lo Stato della Città del Vaticano è sorto con il Trattato Lateranense, firmato l’11 febbraio 1929 tra la Santa Sede e l’Italia. La forma di governo è la monarchia assoluta. Capo dello Stato è il Sommo Pontefice, che ha la pienezza dei poteri legislativo, esecutivo e giudiziario. Ha una propria bandiera, batte moneta propria, emette francobolli postali. In Vaticano si pubblica un quotidiano, L’Osservatore Romano, e si trasmette una emittente, la Radio Vaticana.
#2 I sampietrini
Detto anche “selcio”, è il piccolo blocco di selce estratto dalle cave poste ai piedi dei Colli Albani ma anche dalle zone vulcaniche del viterbese. Col termine “sampietrini” si intende il lastricato tipico nel centro storico di Roma. E’ costituito da cubetti tagliati in forma di piramide tronca, disposti gli uni a fianco agli altri. I primi selciati appaiono in età abbastanza moderna. Inventati nel Cinquecento per far scivolare meglio le carrozze, hanno preso il nome di “sanpietrini” o “sampietrini” perché i primi furono messi appunto in piazza San Pietro.
La curiosità: i sampietrini furono molto usati, in modo improprio e come dimostrano certe immagini del Pinelli o come dicono alcuni sonetti del Belli, nelle rivolte di piazza o nelle sassaiole tra i diversi rioni.
#3 La battuta pronta
L’abitudine di fare battute risale all’antica Roma dove scherzi e battute erano parte integrante della quotidianità e non risparmiavano nessuno. Per dirla con le parole dello storico Fernando Lillo Redonet “Lo spirito caustico degli antichi romani rifletteva il carattere insolente e sarcastico di quella che in origine era una comunità di contadini e soldati. Il cosiddetto italum acetum “aceto italico” costituiva l’altra faccia della gravitas, la rispettabile serietà che si sforzavano di trasmettere i cittadini dell’élite. I romani davanoun tocco umoristico anche al terzo componente del nome,il cognome, che spesso traeva origine dal riferimento a qualche caratteristica di famiglia. Ad esempio, il nome completo del famoso poeta Ovidio era Publio Ovidio Nasone. L’umorismo era il protagonista indiscusso delle conversazioni in strada e in taverna, ma non risparmiava gli Imperatori.
#4 La pizza a taglio
L’arte bianca. Croccante, saporita, perfetto street food. Anticamente si chiamava “pinsa”, antenata dell’attuale pizza era fatta di una pasta leggera e facilmente digeribile a base di farina di frumento, soia e riso, che fa riferimento ai classici della cucina dell’Antica Roma. Ma bisogna attendere la fine degli anni ’50 perché il fenomeno della pizza in teglia inizi a diffondersi nella capitale.
A iniziare, gli artigiani più innovativi, in cerca di un guadagno maggiore e di un modo intelligente per recuperare gli impasti avanzati. Un prodotto che in pochi decenni è riuscito a creare un tassello fondamentale della tradizione gastronomica capitolina e – ormai possiamo dirlo – nazionale. In passato piuttosto croccante, sottile e ricca di condimento, oggi la pizza in tranci assume forme e declinazioni diverse, dai tempi di lievitazione alla tipologia di farine scelte, ma buona come a Roma è difficile da trovare altrove.
#5 Le ville
Villa BorgheseRoma è una città ricca di spazi verdi che vengono chiamati Ville. Le più belle sono:
Villa Doria Pamphili al Gianicolo. Risale al XVII secolo quando la famiglia Pamphili acquistò l’edificio. In origine era chiamata Villa Vecchia, successivamente alcuni architetti italiani iniziarono a lavorare sul palazzo per dare la forma che oggi conosciamo. Ora appartiene al governo ed è aperta al pubblico. Comprende il più grande parco urbano pubblico.
Villa Borghese. Per essere un vero romano devi esserti disteso sulla sua erba almeno una volta. Il parco, centralissimo, è di circa 80 ettari e rappresenta il quarto parco più grande di Roma. Ospita i giardini all’italiana, ma anche quelli all’inglese. Comprende laghi, edifici, palazzi, musei e un bioparco.
Villa Adriana. Patrimonio UNESCO, costruita nel II secolo, la Villa è un grande complesso composto da edifici diversi, nonché piccoli e grandi laghi, colonne e simboli dell’antica Roma. Si trova poco fuori Roma.
Villa Torlonia. Originariamente proprietà agricola della famiglia Pamphilj venne acquistata alla fine del Settecento dal banchiere Giovanni Torlonia. Dopo un lungo periodo di abbandono, la villa divenne negli anni Venti residenza della famiglia Mussolini. Nel 1978 villa Torlonia è stata acquisita dal Comune di Roma e trasformata in parco pubblico.
Villa Celimontana. L’attuale Villa Celimontana è quanto rimane dell’originario giardino dei Mattei al Celio, costruito negli ultimi decenni del secolo XVI. Ciriaco Mattei, trasformò la vigna in un giardino ricco di statue e di fontane impegnando architetti, artisti e maestranze. Nel 1926 la palazzina Mattei venne consegnata alla Regia Società Geografica Italiana mentre il parco fu destinato a verde pubblico e nel 1928 aperto alla cittadinanza.
Villa Sciarra. È una piccola villa che nel passato è stata testimone della resistenza della Repubblica Romana. Fino al 1928 la villa è stata sotto la proprietà di una coppia di americani e successivamente donata al Comune.
Villa Ada. Questa villa presenta aree di diverse epoche, ed occupa una vasta zona verde, con boschi e giardini che seguono lo stile dei giardini inglesi.
Villa Glori. La Villa si trova ai confine del quartiere Parioli, l’ingresso è tramite il Piazzale della Rimembranza, dove si scontrarono l’esercito garibaldino con l’esercito pontificio nel 1867. Vicino alla Villa c’è l’Auditorium Parco della Musica.
#6 I Sette Colli
Il Campidoglio
Aventino, Campidoglio, Celio, Esquilino, Palatino, Quirinale, Viminale. I sette colli si trovano tutti ‘al di qua’ del Tevere e formano una immaginaria cintura attorno al cuore politico della Roma antica, il Foro.
Celio – Il posto migliore con la più bella veduta del Colosseo e della Scuola dei Gladiatori, fu scelto dall’Imperatore Nerone per la sua Residenza, la “Domus Aurea”.
Palatino – Oggi un’area Archeologica enorme dove si trovano i resti dei Palazzi Imperiali.
Campidoglio –La sede del Comune di Roma con la bellissima e famosa Piazza del Campidoglio realizzata da Michelangelo Buonnarroti.
Viminale –Conprende le Terme di Diocleziano, la Piazza della Repubblica e l’area di Via Nazionale.
Quirinale – Dove si erige il Palazzo del Presidente della Repubblica, con più di 1000 stanze.
Aventino – L’area del Roseto di Roma e la vista sul Circo Massimo, ispirazione del Film BEN HUR.
Esquilino – Sopra questo colle si erge la più grande Basilica di Roma dedicata alla Madonna “Santa Maria Maggiore”.
#7 La Grande Bellezza
Così è chiamata Roma. Ma è anche il Film capolavoro di Paolo Sorrentino. Girato a Roma, ha concorso a Cannes nel 2013 ed ha vinto l’Oscar come il miglior film straniero. Ha inoltre vinto 4 Golden Globes, un BAFTA, 4 European Film Awards, 9 Donatello Awards e molti altri riconoscimenti internazionali. Più che un film, per la cura di ogni dettaglio, ogni suo frame è potenzialmente un’opera d’arte. La Grande Bellezza, valorizza meravigliosamente location romane già famose, ma soprattutto ce ne fa scoprire altre meno note e ha il grande pregio di non mostra solo la Roma che troviamo sulle cartoline, ma quella nascosta dietro portoni, muri e cancelli che sembrano sempre chiusi.
Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità.
Quando in Jurassic Park Ian Malcolm diceva che «Dio crea i dinosauri, Dio distrugge i dinosauri, Dio crea l’uomo, l’uomo distrugge Dio, l’uomo crea i dinosauri». c’era andato abbastanza vicino. Quello che non sapeva, è che gli uomini sarebbero stati due. A pochi km da Venezia, la fabbrica dei dinosauri.
Jurassic Park è in Veneto: la Fabbrica dei Dinosauri
Se siete stati bombardati dalla cultura pop anni ’90 come me, vedere un rotolo di alluminio alimentare vi farà subito pensare a un—povero—pollo sballottato tra fontane e strade, pensare al Crystal Ball vi farà pizzicare il naso per quel chimicissimo e per niente piacevole odore, e leggere la parola “dinosauro” farà scattare nella vostra testa la colonna sonora di J. Williams. Che ho ovviamente ascoltato in loop mentre scrivevo quest’articolo.
Perché non solo si parla di dinosauri, qui, ma anche di come vengono costruiti—avete letto bene, costruiti—in un piccolo comune tra Venezia e Treviso, da due uomini che hanno fatto di una passione il loro lavoro. Benvenuti al Jurassic Park Di.Ma.
Credits: Facebook @DIMADinoMakers
# Di.Ma. – La Fabbrica dei Dinosauri
«Siamo umili costruttori di animali preistorici…… nulla più.»
Scrivono così Antonio Massaro e Domitru Bita, i volti dietro Di.Ma,—che sta per Dino Makers—, un’azienda nata due anni fa a Fossalta di Piave, che crea dinosauri. Si tratta di un grandissimo capannone come ce ne sono tanti nella zona artigianale del piccolo comune; al di là del cancello automatico, però, ecco che avviene la magia.
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I due soci—e unici operatori dell’azienda—provengono dal mondo delle realizzazioni scenografiche, e da quando hanno deciso di mettersi in proprio, si sono specializzati in un settore che ha pochi concorrenti nel mondo. Antonio ha studiato al liceo artistico e poi all’Accademia delle Belle Arti, mentre Domitru è un autodidatta formatosi sul campo in anni di esperienza.
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Entrambi si avvalgono della consulenza del paleontologo Simone Maganuco che, oltre a collaborare con il museo di Storia Naturale di Milano, si occupa di aiutare i paleoartisti Antonio e Domitru con dettagliate informazioni e modelli a sostegno del progetto di un dato esemplare. Il preferito del paleontologo? Lo spinosauro, spiega Maganuco, «perché è una di quelle ricostruzioni per le quali sono proprio andato a cercare i fossili. Sono fossili che arrivano dal Sahara marocchino, e sono fossili che abbiamo scavato, studiato, pubblicato, che abbiamo disegnato, e che poi abbiamo trasformato in un modello a grandezza naturale». Lo spinosauro è un dinosauro carnivoro con la passione per l’acqua, estinto più di 100 mila anni fa, e che i due paleoartisti di Fossalta hanno ritratto nella sua “adolescenza”, facendogli raggiungere un’altezza di quasi 10 metri.
# Dal disegno alla realizzazione
Nel loro laboratorio, Antonio e Domitru si muovono tra mezzi busti, modelli, calchi e pezzi di dinosauro sparsi per il capannone di circa 600 m². Se avete mai visto la replica di un dinosauro in qualche museo sparso per il mondo, vi sarete chiesti quanto lavoro e che tecniche ci siano dietro.
Credits: Facebook @DIMADinoMakers
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A spiegarlo, è lo stesso fabbricatore di dinosauri, Massaro, in un intervista per GEDI Visual. «Per realizzare un dinosauro—dice Massaro—ci vogliono anche due mesi e mezzo». Tutto inizia con la progettazione di un file 3D, che viene poi stampato e trasferito su blocchi di polistirolo. Una volta pronti, i due paleoartisti iniziano a ricoprire il polistirolo con creta, tanta, tantissima creta—fino a 1000kg per ricoprire un’opera intera. Successivamente, con strumenti da scultore, i due si cimentano nei dettagli, fedeli alle ricostruzioni ottenute dai fossili. Ma questo serve solo a creare lo stampo, che servirà poi alla «replicazione del soggetto in un materiale molto più durevole, che è la vetroresina». Quando l’opera sarà finalmente fuori dallo stampo, si procede a dipingerla: Di.Ma. si rifà alle colorazioni di animali esistenti per mantenere attendibilità e fedeltà all’opera realizzata.
# Nomi e numeri
Di.Ma. invia molte delle sue opere presso vari musei europei che ne fanno richiesta.
«Stiamo lavorando per diversi musei in Germania», ricordano, tra cui il museo di Storia Naturale di Kassel e il Lokschuppen di Rosenheim. Un tilosauro e uno spinosauro, invece, sono stati richiesti dall’acquario di Copenaghen. «In Italia siamo in collegamento con Isernia, museo di storia naturale, che ci ha chiesto un orso delle caverne e un Megalocero, un cervo gigante».
Credits: Facebook @DIMADinoMakers
La produzione annuale di modelli di animali preistorici e animali in generale e di circa 10 all’anno per l’azienda di Fossalta. I tempi di attesa sono in media di 1 o 2 mesi a seconda della dimensione e lavorazione per singola opera. Le riproduzioni vanno dai circa 2 metri fino a oltre 15 metri di altezza, tutti a grandezza naturale. I modelli sono realizzati per musei e parchi tematici, anche se non sorprende scoprire che, in rari casi, anche qualche privato ne richieda qualcuno. I costi? Dai 10mila ai 40mila euro per opera realizzata.
Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità.
Credits: Blavatnik School of Government, University of Oxford / FT - Oxford Covid-19 government response stringency index
L’utilizzo del lockdown quale strumento di contenimento della diffusione del Covid-19 è ancora diffuso, in alcuni Stati in modo molto stringente. Ecco quali i più restrittivi e quelli che lasciano maggiori libertà.
I LOCKDOWN più DURI secondo l’università di Oxford. Primi Venezuela, Libano e UK
# L’evoluzione delle restrizioni da gennaio 2020 a febbraio 2021
Credits: Blavatnik School of Government, University of Oxford / FT – Oxford Covid-19 government response stringency index – Dati dal 23 gennaio 2020 a 16 Febbraio 2021
Il lockdown, il coprifuoco e altre restrizioni alla vita quotidiana volte a frenare la diffusione del virus rimangono una realtà per milioni di persone in tutto il mondo. Per avere un’idea più precisa il Financial Times ha pubblicato un elaborazione visiva che mostra il cambiamento delle misure restrittive a livello globale, attraverso l’utilizzo dell’Oxford Covid-19 government response stringency index, sviluppato da un team dell’università inglese.
# Come funziona l’Index Stringency della Oxford University
Oltre 100 accademici e studenti volontari della Blavatnik School of Government dell’università di Oxford hanno formato un team con l’obiettivo di confrontare le risposte politiche dei paesi alla pandemia di coronavirus. Per consentire tali confronti vengono raccolte in un database le informazioni pubblicamente disponibili in nove aree politiche sulle misure restrittive adottate nei Paesi. A queste misure vengono assegnati dei punteggi, da 0 a 100 per determinare il livello di durezza.
# I lockdown più duri sono in vigore in 6 Stati: Venezuela, Cuba, Honduras, UK, Libano, Eritrea e Lesotho
Credits: Blavatnik School of Government, University of Oxford / FT – Oxford Covid-19 government response stringency index
Sono 6 le fasce espresse dall’Index Stringency della Oxford University. Nella prima, da 0 a 1, non è presente nessuno Stato, pertanto sono tutti compresi dalla seconda alla sesta. Vediamo la suddivisione completa, partendo dai Paesi con più restrizioni a quelli con più libertà:
sono 6 ad oggi le Nazioni che stanno adottando le misure più restrittive: Venezuela, Cuba, Honduras in Centro e Sud America, il Regno Unito in Europa, il Libano in Medio Oriente e Eritrea e Lesotho in Africa.
in seconda fascia troviamo Portogallo, Italia, Grecia, Romania, Austria, Germania e Olanda nell’Unione Europea, alcuni Paesi nel Nord Africa, l’Iran, la Cina, l’Australia, il Canada e Colombia, Venezuela, Argentina e Cile in Sud America.
in terza fascia vengono inserite tutte le altre Nazioni europee e tra quelle più grandi e popolose del resto del mondo gli Usa, il Brasile, il Centro e Sud Africa e l’India.
in quarta fascia, c’è solo la Russia tra i grandi Stati che lasciano ampia libertà di movimento ai cittadini.
in quinta fascia solo alcune Nazioni tra Centro Sud America, Africa e Asia.
Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità.
Credits: Luigi Costanzo Fb - Banchina metro 4 Linate
Manca poco all’apertura delle prime tre fermate della quinta linea metropolitana milanese. Scopriamo le esclusive immagini del capolinea Linate Aeroporto.
Le IMMAGINI in ANTEPRIMA della fermata della metro di LINATE M4
# Ecco come sarà la nuova stazione di Linate Aeroporto
Credits: Luciajno Costanzo Fb
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Credits: Luigi Costanzo Fb - Banchina metro 4 Linate
Credits: Luigi Costanzo Fb - Banchina metro 4 Linate
Credits: Luigi Costanzo Fb - Piano tornelli metro 4 Linate
Credits: Luigi Costanzo Fb - Collegamento aeroporto metro 4 Linate
Solo un paio di mesi, dovrebbe inaugurare in Aprile, ci separano dall’inaugurazione della nuova linea metropolitana M4. Le fermate aperte saranno inizialmente 3: Stazione Forlanini che incrocia con le linee suburbane S5, S6 e S9, Repetti e Linate Aeroporto. Proprio di quest’ultima sono state pubblicate alcune foto in anteprima: la banchina di attesa dei treni, il piano tornelli illuminato da un’enorme vetrata e il collegamento pedonale con tapis roulant tra la stazione e l’aeroporto. Al colore grigio chiaro della pavimentazione e delle pareti, si affianca il grigio scuro dei soffitti e il blu delle indicazioni della linea e dei percorsi per i non vedenti che identificano appunto la colorazione “blu” della quinta linea metropolitana milanese.
Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità.
Hurdust, nuovo dispositivo contro l’inquinamento, dovrà sottoporsi a tre mesi di sperimentazione per le strade di Ancona e Jesi. Posizionata sugli autobus, questa nuova tecnologia si prefigge di purificare l’aria dalle polveri sottili. Come funziona?
La RIVOLUZIONE copernicana del traffico: i nuovi AUTOBUS che DEPURANO l’ARIA
# 486mila litri d’aria filtrati all’ora: ecco il nuovo dispositivo Hurdust
credits: ilsole24ore.com
Il progetto, ispirato da Conerobus, società di trasporto pubblico della provincia di Ancona, ha lo scopo di contrastare l’inquinamento atmosferico utilizzando gli autobus in movimento.
Sul tetto di quattro automezzi è stato posizionato Hurdust, un cassonetto in alluminio che contiene due tipi di filtri, uno per la raccolta delle Pm 10 e l’altro per quella delle Pm 2.5. Questo sistema sarà capace di filtrare 486mila litri di aria all’ora e dopo tre mesi, considerando il suo funzionamento per 12 ore al giorno, i quattro veicoli avranno filtrato circa 4,2 miliardi di litri d’aria.
Una volta che i filtri risulteranno pieni, verranno sostituiti e le polveri sottili raccolte saranno smaltite. La particolare posizione del dispositivo rende possibile nello stesso momento sia il normale funzionamento del autobus che la purificazione dell’aria. Hurdust inoltre è stato ideato per essere resistente a qualsiasi condizione atmosferica, nemmeno pioggia e grandine potranno diminuire l’efficacia del sistema.
# Il progetto di ricerca per ideare il miglior dispositivo possibile
credits: alternativasostenibile.it
Il dispositivo è dotato di sensori per la memorizzazione dei parametri di funzionamento e di un sistema di trasmissione e monitoraggio a distanza. La centrale operativa, situata a Roma, avrà quindi il compito di controllare i dati e trasferirli per la fase di analisi ad un secondo gruppo, presso l’Istituto di Scienze e Tecnologie per l’Energia e la Mobilità Sostenibile del CNR.
Al termine dei tre mesi di sperimentazione verranno estratti i filtri e verranno confrontati la quantità d’aria con il livello di particolato, cioè l’insieme delle minuscole particelle solide e liquide presenti in un gas. L’analisi terrà conto delle aree percorse da ogni veicolo e si concentrerà sull’incrocio dei dati ricavati dai due filtri, cercando in questo modo di individuare il materiale più adatto alla cattura delle polveri sottili.
# La mission: esportare questa tecnologia in tutta Europa
credits: moretti_comunicazione IG
Il progetto, battezzato PurifyGo, purifica e vai, è stato presentato, dopo otto mesi di ricerca, alla Regione Marche che lo ha finanziato tramite un fondo messo a disposizione dal ministero dell’Ambiente. Il dispositivo filtrante è stato realizzato da Ansaldo Trasporti e secondo il Presidente di Conerobus, Maurizio Papaveri, non sembrano esserci applicazioni simili né in Europa né altrove. La mission è quindi quella di testare questo sistema per esportarlo in altre città italiane ed europee.
La sindaca di Ancona, Valeria Mancinelli, ha sottolineato inoltre come la città abbia da sempre una lunga tradizione legata al sistema del trasporto pubblico e da molti anni stia andando verso soluzioni ecosostenibili per un capoluogo sempre più green.
Chissà se un giorno auto e autobus di Milano contribuiranno a purificare l’aria?
Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità.
La settimana che va dal 21 al 27 febbraio (non a caso quella dopo San Valentino), è stata individuata come settimana della consapevolezza aromantica.
Una persona aromantica è per definizione una persona che non prova attrazione romantica nei confronti delle altre persone pur provando a volte attrazione sessuale.
Nel mondo di tutti giorni questa traduzione si trasforma spesso in “persona incapace di amare probabilmente asessuata con disturbi, o semplicemente una persona che ha paura di impegnarsi”.
Ancora una volta il senso comune e i pregiudizi offuscano la realtà, quindi è arrivato il momento di fare chiarezza.
Questa è la settimana degli AROMANTICI: le 5 caratteristiche CHIAVE per scoprire se lo sei anche tu
# Che cos’è l’aromanticismo
Credit: doryanblu.altervista.org
L’aromanticismo è un orientamento romantico e non sessuale: ha a che vedere con la tendenza delle persone a non provare attrazione romantica e a non immaginare di provarne.
Proprio per questo una una persona asessuale può desiderare di vivere una relazione romantica e una persona romantica può desiderare di avere relazioni sessuali.
Nel mondo LGBTQIA+, che non si riferisce soltanto al mondo gay ma a quella ancor più grande comunità di persone che non si riconoscono negli orientamenti sessuali e nelle identità di genere considerati “tradizionali”, la parola “aromanticismo” è forse la più oscura dell’intera sigla.
La visibilità dell’aromanticismo è aumentata negli ultimi anni ma rimane ancora molta confusione sull’argomento.
Vediamo insieme le principali caratteristiche di una persona aromantica.
#1 Non prova amore romantico verso qualcuno
L’aromanticismo non determina la capacità di una persona di provare amore.
La maggioranza delle persone aromantiche non prova attrazione romantica e non si innamora o se lo fa, con scarsa frequenza e intensità, ma questo non preclude loro di provare altri tipi di amore.
#2 Si concentra sulle relazioni familiari o di amicizia
Questo non vuol dire che gli aromantici non sappiano amare. Molto spesso ci si dimentica che ci sono moltissimi tipi di amore.
Chi l’ha detto che l’amore romantico viene al primo posto? Probabilmente secoli di poesie romantiche trasformate poi in commedie ma è arrivato il momento di aprire gli occhi.
Le persone aromantiche hanno amicizie e relazioni familiari che possono essere importanti per loro e molto intense, a prescindere dalla scelta di avere o no una relazione stabile e romantica con un partner.
#3 Può provare disagio posta di fronte all’amore romantico
Alcune persone aromantiche non si sentono a proprio agio in relazioni romantiche con persone che generalmente gli piacciono, spesso sentendosi come se il loro partner romantico sia innamorato di loro più di quanto loro siano innamorati del partner.
Per questo, le azioni romantiche possono non venire naturali o essere più difficili per le persone aromantiche.
#4 Può non essere mai stata innamorata
Alcune persone aromantiche non si sono mai innamorate e non trovano la possibilità elettrizzante. Altre invece vorrebbero innamorarsi o avere una cotta, ma non accade.
#5 Può provare disagio se qualcuno si dichiara
Alcune persone aromantiche si sentono molto a disagio quando qualcuno gli dice che sono innamorati oppure che hanno una cotta per loro. Questo può includere ansia, terrore, senso di colpa o panico.
Queste sono solo alcune indicazioni, alcune caratteristiche che possono guidare le persone nella riscoperta di sè stessi.
Il mondo non è bianco e nero e soprattutto l’universo dell’identità ha dimostrato di essere vario e colorato, pieno di sfumature in cui ognuno si può identificare o perchè no, creare la propria.
# Pregiudizi da sfatare
Credit: lgbta.wikia.org – Bandiera aromanticismo
Nonostante una maggiore apertura sull’argomento, l’aromanticismo è ancora una delle identità sulle quali si concentrano il maggior numero di pregiudizi negativi.
A volte si pensa che l’aromanticismo sia legato allo spettro autistico; è vero che il non provare amore romantico per le persone può essere una delle tante esternazioni dell’autismo ma il pensare che le due cose siano sempre dipendenti una dell’altra è sbagliato quanto incomprensibile.
Gli aromantici non sono persone che hanno solo paura di impegnarsi ed è facile capirlo pensando che l’aromanticismo non è un atteggiamento.
L’aromanticismo, per definizione, è l’assenza di attrazione romantica e non ha nulla a che vedere con il modo in cui ogni individuo gestisce le proprie relazioni.
Come già detto, il fatto che una persona non provi amore romantico per qualcuno, non vuol dire necessariamente che la prima sia asessuata e qui arriviamo ad uno dei grandi tabù della nostra società.
Molto spesso il sesso viene proposto come accettabile solo se nobilitato dal sentimento d’amore. Ne consegue che chi desidera relazioni sessuali al di fuori del coinvolgimento romantico sia un pericoloso “predatore” se è un uomo e una “poco di buono” se è una donna, riportandoci con un salto nel medioevo.
# Perché è difficile accettare l’aromanticismo?
Credit: 2019-worldpride-stonewall50.nycpride.org
Quando si sente una parola nuova in ambito di identità una grande maggioranza reagisce con quasi stizza nel vedere che si è aggiunto un altro termine, come se fosse un capriccio delle persone che ci si identificano.
Nonostante il parere del singolo, c’è una cosa che non deve essere mai dimenticata: non è obbligatorio comprendere l’identità altrui per rispettarla.
O in generale, non è obbligatorio condividere il parere degli altri per rispettarli come persone.
La nostra società ha sempre attribuito all’amore romantico un ruolo centrale. Nasciamo pensando di dover ricercare questo tipo di amore non considerando la possibilità che ci sia qualcuno, che quell’amore non lo vuole.
Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità.
Il Preikestolen è una delle attrazioni più visitate della Norvegia: una falesia di roccia di 600 metri a strapiombo sull’incredibile Fiordo della Luce di Lysefjord.
Il suo nome significa letteralmente il “pulpito” e indica proprio quella spuntone di roccia alto 604 metri che si protende nel vuoto. Il Preikestolen è uno dei punti panoramici più popolari di tutta la Norvegia e viene visitato ogni anno da circa 200.000 persone.
Oltre che per la sua bellezza mozzafiato, la fama di questo straordinario luogo si deve anche al fatto che qui è stata girata l’adrenalinica scena del sesto episodio della saga campione d’incassi “Mission: Impossible – Fallout” con Tom Cruise.
Al “pulpito” ci si arriva solo a piedi e tra qualche anno qui potrebbe sorgere uno degli hotel più scenografici del mondo.
La spettacolare PISCINA a strapiombo su un fiordo norvegese
# Un boutique hotel con solo nove camere
Credit: @powellmayas
L’albergo, che non ha ancora un nome, è stato progettato dallo studio di architettura Hayri Atak con base a Istanbul. Ispirato dalla foto di un amico che aveva passato le vacanze in Norvegia, Atak si è messo al lavoro con l’idea di realizzare un hotel totalmente immerso nella natura più selvaggia.
Per ora si tratta solo di una proposta, ma le foto del concept sono davvero spettacolari.
L’hotel è composto da 9 stanze e la struttura è scavata direttamente nella roccia del Preikestolen. L’ingresso si trova nella terrazza panoramica superiore, che consente di accedere ai tre piani inferiori dove si trovano le camere tutte dotate di balconi con vista sul fiordo.
# La scenografica piscina a strapiombo
Credit: @hayri.atak.arch.design.studio
È il vero colpo di scena dell’albergo: una piscina con pareti e fondale completamente trasparenti che si estende nell’infinito vuoto del fiordo norvegese.
Secondo l’idea dell’architetto, la piscina sarà “un’estensione della scogliera stessa” e partendo da questo presupposto ha realizzato una soluzione architettonica veramente innovativa e visionaria.
Il luogo ideale per rilassarsi, sconsigliato a chi soffre di vertigini ma perfetto per tutti coloro che amano l’adrenalina e vogliono farsi una nuotata “da brividi”.
# Scene da film
Credit: @preikestolen365
Chi non ricorda Tom Cruise in “Mission: Impossible-Fallout” appeso con solo quattro dita al bordo della scarpata mentre lotta per evitare una caduta di centinaia di metri?
Ebbene, quella scarpata è proprio il Preikestolen e per promuovere il film nel 2018 è stata organizzata una suggestiva proiezione all’aperto alla quale hanno partecipato circa duemila persone. Una missione non semplicissima neanche quella degli appassionati di cinema.
Al “pulpito” si arriva infatti solo a piedi, partendo da un parcheggio situato alla base del fiordo.
La camminata dura circa un’ora ed il sentiero è piuttosto ripido, anche se tecnicamente accessibile più o meno a tutti.
Ma giunti alla meta lo spettacolo, con o senza maxischermo, è davvero da togliere il fiato: una maestosa terrazza di roccia che regala una vista impareggiabile sul fiordo di Lysefjord.
Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità.
Roma ha segnato il punto massimo del potere politico, militare e culturale della storia del mondo occidentale. Poi quell’immenso potere temporale si è trasformato in immenso potere spirituale. Nell’epoca delle grandi monarchie la grande alternativa all’imperatore era il Papa e l’unica carriera diplomatica che potesse far ambire al vertice non per discendenza è stata la Chiesa Cattolica.
Non solo. La Chiesa di Roma è stata e, lo è ancora oggi, l’unico metapotere capace di entrare all’interno degli stati con delle sue regole proprie. E se Roma che viene considerata oggi una periferia politica del mondo occidentale non fosse invece il suo ultimo orizzonte? Un po’ come nel Pianeta delle Scimmie dove il protagonista pensa di essere approdato in un mondo arretrato dominato dalle scimmie e poi alla fine scopre che in realtà si è ritrovato nel pianeta Terra del futuro, dopo che la razza umana si è autodistruttta ed è stata soppiantata dalle scimmie.
Dopo aver raggiunto il vertice del potere militare e di quello spirituale Roma potrebbe oggi rappresentare l’ultimo stadio dell’intelligenza occidentale. Dove la razionalità umana ha raggiunto il più alto e complesso livello di sofisticatezza intellettuale, in una stratificazione di poteri apparentemente invincibili ma che in realtà sono privi di reale sostanza e lasciano una libertà anarchica per il singolo che voglia prosperare nel suo piccolo cortile di casa.
Una stratificazione di poteri incredibili che sono incapaci di risolvere problemi basici tipo le buche di Roma.
«Voi uomini l’avete distrutta [la Terra], maledetti, maledetti per l’eternità, tutti!» (Finale del Pianeta delle Scimmie)
Nel sondaggio sulla fanpage di Milano Città Stato vi abbiamo chiesto: “Qual è la cosa più importante che dovrà fare il prossimo sindaco di Milano?”. Ecco le 10 risposte più intriganti (che hanno ricevuto più like).
Qual è la cosa più importante che dovrà fare il PROSSIMO SINDACO di Milano? Le 10 proposte più POPOLARI
#10 Ridimensionare i costi ATM
Credits: milano.fanpage.it
“Smettere di usare ATM (e i suoi utenti) come bancomat” Gabriele B.
#9 Girare a piedi per la città e capire lo sfacelo su cui intervenire
Credits: milano.fanpage.it
“Girare a piedi per la città, attraversare le strade, prendere anche le due e quattro ruote, constatare lo sfacelo e porvi rimedio” Andrea C.
#8 Andarsene
Credits: www.open.online
“Se sarà Sala, andarsene il prima possibile” Giuseppe C.
#7 Finire i lavori per la M4 e proseguire l’allungamento della M1
Credits: www.ilgiorno.it
“Magari finire la M4 entro il 2023 e non entro il 2040… e la M1 fino a Bettola tipo magari alla svelta dato che saranno 10 anni che c’è una voragine a Sesto…” Simòn I.
“ESSERE UN SINDACO e non un annoiato primo cittadino che considera la periferia milanese come un posto da passare per raggiungere l’Engadina” Edoardo D.
#1 Contrastare delinquenza, degrado e sporcizia
Credits: milano.repubblica.it
“Gestire delinquenza, degrado e sporcizia. Milano non è mai stata così sporca come in questi ultimi anni, ma la TARI la paghiamo tutti, e anche tanto” Mafalda Lorena C.
Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità.
Non tutti sanno che nel cuore di Roma c’è una zona, denominata “Piccola Londra”, che trasporta i passanti in Inghilterra. Ma dove si trova e perché esiste?
A ROMA c’è una PICCOLA LONDRA
Romani DOC a parte, pochi sanno che esiste una zona della Città Eterna che trasporta i passanti in Inghilterra, più precisamente a Londra. La Piccola Londra romana somiglia a Notting Hill in tutto e per tutto: dalle facciate e i colori degli edifici, sino ai giardini e ai lampioni vittoriani. Ma scopriamo dove si trova e perché è stata progettata in perfetto stile british.
# Lontano dal centro storico romano, nel quartiere Flaminio, c’è una piccola Londra
credit: vistanet.it
Per scoprire questo atipico angolo di Roma, bisogna addentrarsi nel quartiere Flaminio, in via Bernardo Celentano. Qui troverete un vialetto pedonale, pavimentato con i tipici sanpietrini, che però tutto sembra fuorché un quartiere romano. Gli edifici su entrambi i lati della via sono delle villette su due piani di svariati colori pastello, caratterizzate da uno spazio privato tra le porte d’ingresso e i cancelletti in ferro che dividono le case dal marciapiede. Già queste caratteristiche estetiche basterebbero per ricordare le vie londinesi, eppure non è tutto: anche i portoni sono in legno e le scale d’ingresso in pietra.
# Il frutto di un ambizioso, ma mancato, progetto urbanistico
credit: Google Maps -Stella The Lounge
Questa ricostruzione in miniatura della capitale inglese potrebbe sembrare casuale, ma non lo è. La via è infatti il frutto di un attento e ambizioso progetto urbanistico che risale al primo decennio del 900, quando fu eletto sindaco l’anglo-italiano Ernesto Nathan.
Era il 1909 e Roma presentava già le problematiche di una grande città: era caotica e molto trafficata. Il nuovo sindaco si ispirò alle sue origini britanniche per far approvare un piano regolatore che impediva alle costruzioni di superare i 24 metri d’altezza, con villette che non potevano superare il secondo piano (tutte con cancelletto in ferro). Il suo progetto però non venne mai applicato in tutta la capitale e questo angolo nascosto testimonia questo mancato tentativo di rivoluzione urbana: la Little London di Roma.
# Come scovare le testimonianze del progetto Nathaniano? Perdendosi
credit: vistanet.it
La via e i suoi straordinari edifici, progettati dall’architetto Quadrio Pirani, ospitano attualmente gli alloggi di alti funzionari e burocrati, restando sconosciuti ai molti. Nonostante questa via sia un esempio ineguagliabile del progetto Nathaniano, anche altre vie recondite di Roma presentano alcune caratteristiche britanniche e la regola per scovarle è solo una: perdersi.
Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità.