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And the winner is… L’ALTALENA che abbatte il MURO del MESSICO

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credits: resite_ IG

Tre altalene rosa basculanti collegano il Messico e gli Stati Uniti attraversando il muro: questo il progetto che ha vinto il premio Design of the Year 2020, ogni anno assegnato dal Design Museum di Londra. Ma di cosa si tratta di preciso? E quali significati racchiude?

And the winner is… L’ALTALENA che abbatte il MURO del MESSICO

# Teeter totter wall: l’altalena che unisce ciò che la politica divide

credits: _ehabitat_ IG

Il progetto consiste in tre altalene rosa, leggere ma robuste, con l’asta centrale inserita tra le maglie della barriera in modo da attraversare il confine e i seggiolini che si alzano ed abbassano da un lato e dall’altro. Si chiama Teeter totter wall l’opera di design realizzata nel 2019 da Ronald Rael e Virginia San Fratello che collega El Paso, in Texas, con Ciudad Juarez, in Messico.

L’idea nasce in realtà ben dieci anni prima, nel 2009, dopo il varo della legge che prevedeva la costruzione di una barriera lungo tutto il confine tra Messico e Stati Uniti. Il progetto ha preso però forma nel 2019, nel pieno della crisi umanitaria e della politica anti-migratoria dell’ormai ex-presidente Donald Trump.

# Ciò che accade da un lato ha ripercussioni dall’altra parte: ecco il messaggio del progetto

credits: nosvemeste IG

Bambini, ma anche adulti, hanno giocato sui due lati della frontiera, superando con il gioco la barriera di sei metri che li separa.

Un segno di protesta pacifica, dunque, contro muri e divisioni, che ha conquistato non solo gli abitanti dei due Stati, ma anche tutto il mondo. L’opera infatti, seppur rimasta attiva solo per circa 30 minuti, ha ben presto fatto il giro del web tramite foto e video, toccando i cuori di molti.

Ronald Rael ha spiegato che “così bambini e adulti hanno potuto connettersi in maniera significativa, riconoscendo che le azioni che avvengono da un lato della barriera possono avere una diretta conseguenza anche dall’altra parte”.

Anche il colore non è casuale: rosa brillante come simbolo dei femminicidi avvenuti a Ciudad Juarez. Negli ultimi dieci anni infatti sono stati ritrovati nel deserto centinaia di resti di donne che, dagli anni ’90, sono state violentate, uccise e seppellite. Un vero e proprio dramma che affligge la popolazione e che Sergio Gonzales Rodriguez denuncia nel suo libro “Ossa nel deserto”.

# Il muro come simbolo politico

credits: tpi.it

Il muro del Messico, chiamato anche muro della vergogna, è uno dei luoghi più simbolici, che mostra come le fratture politiche possano causare forti ripercussioni geografiche e sociali.

La sua costruzione ebbe inizio nel 1990 sotto la presidenza di George H.W. Bush e negli anni successivi venne implementata. In realtà per molti km non è un vero e proprio muro, piuttosto una barriera di recinzioni, che viene però presidiato da più di 20 mila guardie di frontiera, affiancate da sensori, telecamere e altri dispositivi di sorveglianza.

Negli ultimi anni il muro è tornato al centro del dibattito politico statunitense, ma anche mondiale. Trump, promettendo un rafforzamento del confine, ne aveva fatto un proprio manifesto, spacciandosi per l’uomo che salvava l’America dalle invasioni, quando in realtà aveva solo continuato il lavoro di altri suoi precursori.

Ma proprio mentre l’ex-presidente Trump lascia la Casa Bianca, a Londra eleggono l’opera Teeter totter wall miglior progetto design 2020, per ricordare a tutto il mondo che non abbiamo bisogno di costruire muri, ma ponti.  

Continua la lettura con: Wall of Dolls: il muro delle BAMBOLE di Via De Amicis e il messaggio che pochi conoscono

CHIARA BARONE

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A Cortina la prima strada “INTELLIGENTE” d’Italia

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Ci siamo appena lasciati alle spalle il Mondiale di Sci di Cortina, ma già si guarda al futuro: prossima fermata, i Giochi Olimpici Milano-Cortina del 2026.

Cortina sarà una delle 4 località che ospiteranno la competizione, e di certo non sta perdendo tempo per prepararsi all’evento. Ma assieme ai progetti istituzionali, di cui ho già parlato, Cortina guarda oltre…

A Cortina la prima strada “INTELLIGENTE” d’Italia

# Smart Mobility Cortina: cos’è?

Il progetto prende il nome di Smart Mobility Cortina 2021. E’ curato da ANAS e ha l’obiettivo di rendere la statale 51 di Alemagna la prima vera Smart Road d’Italia, dove poter accogliere anche i veicoli con guida autonoma.

Fa parte di un pacchetto di lavori partiti nel 2017, che proseguiranno fino alle Olimpiadi invernali Milano-Cortina del 2026. I lavori hanno come obiettivi principali il miglioramento e il potenziamento della viabilità della strada statale n. 51 “Alemagna”.

Permettere la connettività a persone, veicoli, oggetti ed infrastrutture, con l’obiettivo di rendere il viaggio più sicuro, confortevole ed informato, mediante sistemi sia Wired sia Wireless di diversa tipologia. Questa la sua missione ambiziosa.

# Smart Mobility Cortina: i 4 obiettivi

Credits: @cortinadolomiti (INSTG)

Sono 4 gli obiettivi primari del progetto:

  1. Garantire la fluidità della circolazione in ogni condizione: Il sistema permetterà il controllo in tempo reale del traffico e delle condizioni di funzionamento della strada. Saprà predisporre delle prescrizioni in occasione di eventi sportivi o eventi speciali, potrà gestire in autonomia la segnaletica dinamica.
  2. Garantire la migliore sicurezza della circolazione, prevenendo i rischi e dando assistenza agli utenti. Questo sarà possibile tramite la segnalazione di interruzioni, di tratti pericolosi, pericoli meteo, affiancati da servizi per la guida autonoma e assistita.
  3. Mobility management: Gestire la mobilità garantendo qualità, efficienza e riduzione degli impatti ambientali. Il sistema si baserà su modelli previsionali della domanda di mobilità e di traffico a lungo termine. Permetterà la prenotazione dinamica della sosta e fornirà gli strumenti fondamentali di parking-guidance. Gestirà inoltre la prenotazione e la disponibilità punti di ricarica elettrica. Sarà infine integrato con i servizi di trasporto speciali e con i principali servizi alberghieri e di accoglienza.
  4. Infrastructure sensing: Gestione e controllo in tempo reale attraverso tecnologie IoT (Internet of Things) delle diverse componenti dell’infrastruttura stradale. Il sistema consentirà di avere una fotografia istantanea sullo stato di strade, viadotti, gallerie, condizioni meteo. Saprà rilevare il transito di merci pericolose, di trasporti eccezionali e di veicoli con dotazioni invernali.

# Smart Mobility Cortina: i 4 strumenti

Credits: @lucio_bardelle (INSTG) – Statale 51 “di Alemagna”

Per rendere tutto questo possibile, il progetto ha bisogno di una serie di tecnologie che saranno a disposizione:

  1. Connessione veicolo-veicolo
  2. Connessione veicolo-infrastruttura
  3. Piattaforma di gestione e controllo
  4. Installazione di sensori diffusi, telecamere intelligenti e segnaletica dinamica

A questo scopo, nella tratta tra il comune di Ponte nelle Alpi e il passo Cimabanche, la statale “di Alemagna” è stata dotata di 336 postazioni polifunzionali e di una control room nella casa cantoniera Bigontina a Cortina d’Ampezzo.

Lo sviluppo della Smart Road è previsto sugli 80 chilometri della statale 51, con l’installazione di “Road Site Unit” con tecnologia CV2X (Cellular Vehicle to Everything) e rappresenta la copertura su singola tratta più estesa in Europa.

Tutto ciò darà un supporto fondamentale al miglioramento degli spostamenti lungo la Valle da e verso Cortina.

Il progetto di Anas, nel suo complesso, interesserà 3000 chilometri di strade italiane e prevede un investimento complessivo di 1 miliardo di euro.

Credits: ingenio-web.it, stradeanas.it

Continua a leggere: Città più smart d’Italia: VINCE Milano, anche se siamo in coda per qualità dell’aria

LUCIO BARDELLE

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La città stato di MADRID: l’approccio più svedese che spagnolo per combattere il VIRUS

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Credits: @urbanmobilestreet (INSTG)

In Spagna, dove il territorio è diviso in Comunità Autonome, i governi locali hanno un peso ed un potere nettamente maggiore rispetto a quanto accade in Italia. Nella lotta al virus si sono quindi sviluppati, a seconda della regione, orientamenti politici diversi. Tra questi, salta all’occhio quello di Madrid. Che politiche sta adottando la Comunità autonoma della capitale, formalmente una “città stato”?

La città stato di MADRID: l’approccio più svedese che spagnolo per combattere il VIRUS

# Come essere una città stato si è rivelato utile nella strategia contro il virus

credits: mindlabhotel.com

Madrid, fortemente colpita durante la prima ondata, sembra aver affrontato la seconda ed andare incontro alla terza con uno spirito diverso, un po’ svedese potremmo dire. Sotto il governo della popolare Isabel Diaz Ayuso, l’approccio politico adottato da settembre ha l’obiettivo di conciliare la lotta al virus e il mantenimento di un certo grado di normalità, che possa tenere intatto il tessuto economico e sociale.

La scelta è stata quella di circoscrivere il più possibile gli interventi di lockdown, agendo a livello estremamente locale, chiudendo quindi i singoli quartieri e municipi. La chiave di questo approccio, come ha affermato Josè Fernandez Lasquetty, assessore alle Finanze, sta nella massiva somministrazione di test antigenici che consente di limitare le restrizioni a chi è effettivamente positivo, evitando chiusure generalizzate.

# NO a chiusure e divieti netti, la politica della capitale spagnola sembra funzionare

credits: ilpost.it

Sono state definite delle regole generali alle quali tutte le attività devono sottostare se vogliono aprire. In questo modo, invece che proibire a priori l’esercizio di alcune professioni, ognuno ha la possibilità di valutare e decidere se e come lavorare.

Cinema e teatri sono aperti, chiaramente con capienza ridotta, il coprifuoco è stato allentato alle 23 per poter permettere ai ristoranti di restare aperti anche la sera e sono consentiti diversi tipi di ritrovi, il cui numero di partecipanti cambia in base all’andamento dell’epidemia. Insomma, non ci sono divieti netti.

I numeri non sembrano scoraggiare questa linea politica, Madrid infatti non ha avuto, sotto nessun profilo, numeri peggiori rispetto ai territori che hanno adottato invece un modello di lockdown e restrizioni più severe. Il numero di positivi è in linea con i valori medi del Paese, il rapporto tra positivi e ospedalizzati è basso, appena il 3%, e la mortalità pari allo 0,9%, inferiore al valore medio spagnolo.

# Lo scontro politico tra il governo centrale e quello locale

credits: open.online

Questa linea politica però non è stata vista di buon occhio dal Governo centrale. L’esecutivo di Pedro Sanchez e la Comunità autonoma si sono spesso scontrati infatti, soprattutto ai primi di ottobre quando, di fronte all’inizio della seconda ondata, il primo aveva imposto un lockdown totale preventivo. Il governo locale non si era però fatto mettere i piedi in testa ricorrendo alle vie legali. La Corte Suprema di Madrid aveva dichiarato l’annullamento del lockdown imposto, riconoscendo e ribadendo l’autonomia della capitale.

Quindi, nonostante le difficoltà, il modello madrileño sta avendo un relativo successo, affrontando da un lato la crisi sanitaria e dall’altro contenendo i costi economici e psicologici delle restrizioni.

Fonte: brunoleoni.it 

Continua a leggere: Uno studio internazionale: in ITALIA le misure anti Covid più restrittive del mondo. NORVEGIA e FINLANDIA provano che l’approccio svedese FUNZIONA

CHIARA BARONE

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Io, torinese innamorato di Milano, vi spiego perché questa città è magica

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Credit: Andrea Cherchi

Se qualcuno mi avesse detto che una città venisse prima del destino di una persona gli avrei dato del matto. Sì perché le città solitamente sono città. Ex villaggi divenuti città, ma con il DNA di un accampamento creato per asservire bisogni. Nulla di più. Ma non Milano.

Io, TORINESE innamorato di MILANO, vi spiego perché questa CITTÀ è MAGICA

# Il primo appuntamento con Milano

All’inizio di questo lungo periodo durato ad oggi 27 anni Milano la pensavo in modo diverso. A me che venivo da Torino, città collinare, verdissima e bagnata dal Po, Milano appariva grigia, disordinata, senza prospettive collinari: in due parole senza cornice. Un quadro non finito senza una cornice che lo possa impreziosire. Sono andato avanti due anni, pensate due anni!, nel raccontare ai miei amici di Torino questa mia verità.

# L’innamoramento

Poi un giorno così dal nulla ebbi un’illuminazione. Mi sono innamorato a tal punto di Milano che i miei stessi amici non riuscivano a capire come così d’un tratto non solo non tornassi più con regolarità nei week end a Torino, ma soprattutto parlassi con piglio di gelosia, come se loro potessero capire, di questo mio sentimento per la città. Così ho inventato una mia storiella per spiegare Milano e da allora la utilizzo ogni volta per spiegare cosa sia Milano a chiunque me lo domandi.

# Milano ti conduce

Milano è come la giostrina di ferro per i bambini che trovate ai giardinetti pubblici con i sedili in ferro e la grande ruota da afferrare per darsi la spinta. Se cerchi di salirci al volo ti rompi le ginocchia perché non c’è possibilità di fermarla. Allora scopri che puoi fare una cosa, correre più veloce di lei fino al momento in cui ti sembrerà immobile. A quel punto potrai salirci e scoprirai che da quel momento in poi sarà lei a trasportarti. Milano è magica per questo. Non lo puoi raccontare e non vuoi neanche farlo per non umiliare coloro che non hanno avuto la fortuna di vivere questa occasione. Ma questo spiega il perché del successo dei milanesi agli occhi del mondo.

# Essere di Milano vuol dire provare la sensazione di essere di tutti

Milano ti impone un sacrificio iniziale: ti chiede l’umiltà di accettare che la tua velocità a cui sei abituato non è sufficiente alla richiesta minima di questo microstato. Solo questo: la mancanza di altri requisiti se non appunto l’umiltà nel riconoscere i propri limiti dimostra alla radice la totale democraticità di questa città. Che è poi alla base di un successo che altrimenti non si sarebbe mai potuto edificare se non coltivando il meglio di ogni etnia o cultura terrestre. Essere di Milano vuol dire smettere di essere di qualcosa in particolare e cominciare a provare la sensazione di essere di tutti.

Milano, grazie.

Continua la lettura con: Milano è brutta

ANTONIO CHIMIENTI

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Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità. 

 

 

 

Emergenza: la culla dell’autorità

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Consoli romani

Nell’antica Roma c’era un sistema democratico con i due consoli. Ma nell’emergenza della guerra veniva nominato un dittatore.

Il comandante unico è poi diventato una carica a vita con l’impero. Quello che poteva essere un aspetto positivo di avere una rapidità di decisione per contrastare i pericoli può rivelarsi l’anticamera dell’assolutismo e della perdita della democrazia.

L’emergenza è stata spesso chiamata a giustificare ogni forma di totalitarismo e di violenza anche in tempi moderni. Ogni dittatura si è sempre appellata a un nemico o a un pericolo incombente. La stessa guerra fredda ha giustificato l’esistenza di forme di potere autoritario in mezzo mondo.

Nella storia recente d’Italia in nome di un’emergenza finanziaria si sono sovvertite regole democratiche nella formazione del governo. Ora c’è una nuova emergenza che sta giustificando ogni forma di abuso di potere contro i cittadini.

Se si guarda in passato come sono andate a finire le dittature o i governi di salvezza finanziaria possiamo solo augurarci che la storia non si ripeta. E che il potere sia così saggio da non abusare dell’emergenza.

Continua la lettura con: elogio dell’imperfezione

MILANO CITTÀ STATO

🛑 Urbanfile: le USCITE DELLA M4 non sono all’altezza della città del DESIGN

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Credits: Urbanfile M4 prima e dopo (blog.urbanfile.org)

Milano, la città del design, ancora una volta si troverà ad invidiare i progetti urbanistici delle altre città. In questo caso stiamo parlando delle metropolitane milanesi, un’ottima occasione per far vedere al mondo le propria capacità urbanistiche architettoniche. Le infrastrutture saranno ormai le nuove opere da ammirare ma il progetto, dalle grande aspettative, della nuova linea blu M4 si è trasformato in una delusione. Urbanfile denuncia infatti la banalità dei rendering delle nuove strutture, definendole una scelta al ribasso nella città del design. Foto cover: blog.urbanfile.org

Urbanfile: le USCITE DELLA M4 non sono all’altezza della città del DESIGN

# Negli anni cinquanta la linea rossa venne presa ad esempio da New York

Credits: milanoevents.it – Stazione Porta Venezia M1

Alla fine degli anni Cinquanta, la linea M1 di Milano, realizzata dallo studio Franco Albini e Franca Helg, è stata invidiata da molte città per il suo design moderno e iconico, ma soprattutto per la sua semplicità e efficienza. La stessa New York, le cui Undergorund sono particolarmente famose, tanto che non vi è turista che si reca nella città senza una foto davanti alla fermata della metropolitana, aveva deciso di prendere la linea rossa milanese come riferimento. Se quindi prima era la Città del design ad essere un passo avanti a tutti, oggi non è sicuramente in cima alla classifica: non bisogna andare troppo lontano per trovare una città dalle stazioni di gran lunga più belle, Napoli con le sue “Stazioni dell’arte”.

# M4: le fermate “al ribasso”

Credits: blog.urbanfile.org
Stazione Repetti M4

Il progetto delle 21 fermate della linea M4 è banale e al ribasso. Urbanfile afferma infatti che, nella capitale del design, pensiline e ascensori in acciaio nero, presentati nei rendering, fanno sicuramente storcere il naso. Ci si chiede anche come sia possibile che non sia stato indetto alcun bando per la realizzazione di queste infrastrutture. E potremmo dire che c’è ancora tempo, dato i continui ritardi dei lavori. Se inoltre i primi rendering avevano illuso qualcuno della buona riuscita estetica delle stazioni della M4, la stazione Repetti, già visibile, ha distrutto ogni speranza. Quando si parla di infrastrutture non bisognerebbe più seguire il principio “basta che funzioni”, l’estetica è diventata importante, quasi essenziale, e non si capisce perché Milano si sia fatta scappare l’occasione di mostrare a tutti la sua attenzione al design. Bisogna precisare come già la linea Lilla, aperta nel 2013, era stata criticata e la nuova M4 sembra seguire le orme della precedente.

Linea M4
Linea M4

# L’unica speranza: Arte4

L’unica consolazione rimane il bando indetto dal Comune di Milano dal nome “Arte4” che ha l’obiettivo di restituire ai milanesi e a tutti i viaggiatori uno spazio funzionale, ma anche confortevole ed attrattivo. I progetti che vinceranno andranno ad arricchire le stazioni della M4 con opere d’arte. Si vedrà come sarà il risultato finale, la speranza è sempre l’ultima a morire.

Fonti: blog.urbanfile.org

Continua la lettura con: M4 e le altre: le NOVITÀ della METRO di Milano attese per il 2021

BEATRICE BARAZZETTI

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Arriva a Milano la SEGNALETICA TATTICA: la “sfida” tra i mezzi di trasporto

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credits: milano.repubblica.it

Si chiama Guidami, il più ambizioso ed esteso progetto di segnaletica tattica mai realizzato in Italia. Un’iniziativa promossa da Legambici, un sotto-gruppo di Legambiente, che porterà 198 cartelli stradali nelle vie di Milano. Ma attenzione, non stiamo parlando di normali segnali stradali. Di cosa si tratta?

Arriva a Milano la SEGNALETICA TATTICA: la “sfida” tra i mezzi di trasporto

# Un’iniziativa per ripensare la viabilità e incentivare i mezzi pubblici e sostenibili

credits: radiolombradia.it

Il progetto è stato promosso da Legambici APS, con il patrocinio del Comune di Milano, e co-finanziato dalla Commissione Europea tramite il Bando NoPlanetB per Milano. Consiste nel posizionamento di 198 cartelli lungo tre itinerari cittadini, Abbiategrasso-Missori, Costantino-Loreto e Gambara-Stovani, su cui sarà indicata la distanza dal punto in cui ci si trova alla destinazione finale. Ma non solo. Su ogni insegna saranno anche indicati i tempi di percorrenza e le informazioni di sostenibilità corrispondenti a quattro diversi mezzi di trasporto: macchina, tram o autobus, bici e a piedi. Facciamo un esempio: sul cartello si potrà leggere che per andare da Abbiategrasso a Missori, in auto ci vogliono mediamente 16 minuti, si producono 345g di CO2 e si bruciano appena 30 kcal, mentre andando in bici ci si mette circa 10 minuti, producendo 0g di CO2 e bruciando 50 kcal.

L’obiettivo è quindi quello di spiegare ai cittadini che cosa cambia quando si sceglie un mezzo di trasporto diverso, sia per la propria salute fisica che per quella dell’ambiente. L’Assessore all’Urbanistica e al Verde, Pierfrancesco Maran, ha sottolineato come questo progetto incentivi l’uso del trasporto pubblico e sostenibile, rendendo noti servizi che non tutti conoscono, come ad esempio nuovi itinerari ciclabili.

# Un progetto ambientale, ma anche di coesione sociale

credits: @legambici twitter

I cartelli, realizzati e posizionati da 20 ragazzi di AGESCI Milano, l’Associazione Guide e Scout Cattolici Italiani, copriranno oltre 23 km di strade. Su ognuno sarà presente un QR Code che darà accesso ad una pagina Facebook con consigli utili per gli spostamenti sostenibili in città. Ci sarà inoltre un numero Whatsapp che tutti sono invitati ad usare per mandare i propri commenti sulla qualità dello spazio pubblico e le proprie idee per eventuali miglioramenti.

Grazie alla collaborazione con la Cooperativa Tuttinsieme, le informazioni sui cartelli saranno disponibili in ben sette lingue, che vanno dall’arabo al cinese, passando per inglese, bengalese, spagnolo e singalese. Anche i messaggi mandati su Whatsapp dai cittadini di origine stranieria verranno tradotti.

Il progetto va così oltre l’obiettivo ambientale, abbracciando anche la sfera sociale. Barbara Meggetto, presidente di Legambiente Lombradia, e Eleonora Puddu, responsabile di NoPlanetB, hanno rispettivamente sottolineato che “questo è innanzitutto un progetto culturale” e che “coniuga la nuova mobilità e l’urbanistica tattica con la coesione sociale”.

# Cittadinanza attiva e nuove idee: ecco cos’è l’urbanistica tattica

credits: labsus.org

Ma che cos’è l’urbanistica tattica? Si tratta di un approccio che prevede diversi tipi di azioni allo scopo di migliorare gli spazi pubblici cittadini per renderli più utili e piacevoli. È una rigenerazione del territorio che parte dal basso, dalla cittadinanza attiva e dalle proposte di enti ed associazioni, spesso poi supportate dalle istituzioni pubbliche.

A Milano, recenti esempi di urbanistica attiva si possono osservare nelle trasformazioni di alcune piazze, rinnovate attraverso la pittura di strade e muri con vernice colorata, alberi, panchine e tavoli da ping pong. L’idea alla base è che basta poco per cambiare una strada, una piazza, un quartiere, ma anche la viabilità. 

Continua a leggere: Urbanistica tattica: pro e contro

CHIARA BARONE

copyright milanocittastato.it

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🛑 L’AREA C torna off limits. Pioggia di CRITICHE contro il Comune: “chiudere in questo periodo è una solenne ca****ta”

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Credits: www.sicurauto.it

Il centro di Milano chiude. Una inversione a U proprio pochi giorni dopo la proroga dello spegnimento delle telecamere. Mossa ecologica oppure elettorale? Questa la diversa lettura in città. 

L’AREA C torna off limits. Pioggia di CRITICHE contro il Comune: “chiudere in questo periodo è una solenne ca****ta”

# Dal 24 febbraio l’Area C sarà attiva. Per il Comune, la scelta è giustificata dall’innalzamento delle polveri sottili

Credits: www.ansa.it

Dal 24 febbraio tornerà in funzione l’Area C, la zona a traffico limitato del centro di Milano che vieta il transito alle auto più inquinanti.

Una decisione del Comune, in accordo con la Prefettura, giustificata dal costante aumento del traffico veicolare nelle ultime settimane, con l’annesso innalzamento delle polveri sottili e dei livelli di inquinamento. Infatti, si è registrato un aumento degli ingressi di auto in città pari al 19% rispetto al periodo pre-Covid.

Però, ci sarà una variazione rispetto alla normalità: da palazzo Marino hanno deciso di spostare l’accessione delle telecamere alle 10 fino al 31 marzo.

Certo, l’obiettivo è non congestionare i mezzi di trasporto pubblico nella fascia oraria 8-9, quella più a rischio saturazione. Considerando soprattutto che le regole di distanziamento e di capienza ridotta sono ancora in vigore.

# Granelli: “Milano non deve essere lasciata da sola in questa battaglia”. E arrivano le critiche nei confronti della Regione

Credits: www.sicurauto.it

Proprio Marco Granelli, assessore alla mobilità milanese, ci tiene a spiegare il motivo di questa decisione: davanti allo smog, “non possiamo fare finta di niente. Per questo, a Milano abbiamo deciso di chiedere a tutti di abbassare il riscaldamento di un grado, di attivare l’Area C dalle 10 alle 19.30, di chiedere a chi può di utilizzare la bicicletta“.

Non vi sembra un’occasione per criticare la gestione della Regione Lombardia? Certo che sì. Infatti, Granelli parte subito all’attacco: “Ma Milano non può essere lasciata sola in questa battaglia per la salute di tutti, proprio oggi che la nostra salute deve essere al massimo per combattere il Covid. Regione Lombardia e l’assessore all’ambiente Cattaneo cosa fanno? E cosa fa la sua collega Terzi alla mobilità? E cosa fa il loro collega Bolognini, assessore alla casa, con le caldaie delle case popolari ancora a gasolio? Noi abbiamo scelto di aggiungere da oggi le tre nuove azioni urgenti“.

# La replica della Regione. Cattaneo: “la riattivazione dell’Area C non ha effetto sul miglioramento della qualità dell’area, ma le misure della Regione sì”

Credits: @milano_gaseluce IG

E poteva tardare la replica di Cattaneo, il diretto interessato? Certo che no. Per lui “l’assessore Granelli sa bene che la riattivazione dell’Area C non avrà alcun effetto sul miglioramento della qualità dell’aria, come lui stesso più volte ha dovuto riconoscere e come hanno dimostrato inequivocabilmente i dati sull’andamento della qualità dell’aria durante il lockdown”.

Ed è qui che parte una sferzata verso la giunta: “se vuole riattivare l’Area C per fare cassa, o per mettersi una foglia di fico, lo dica, ma non adduca motivazioni che non hanno fondamento”. Ma non è tutto. L’assessore all’ambiente e clima della Lombardia continua sostenendo che “chiedersi cosa fa Regione Lombardia significa dimostrarsi incompetente o di mala fede. Abbiamo messo in campo 100 milioni di euro di incentivi per sostituire i veicoli più inquinanti, per agire sugli impianti di riscaldamento degli edifici pubblici, per installare colonnine di ricarica elettrica”. Sono queste le misure che si traducono in fatti: il bando per la sostituzione dei veicoli partirà dal primo marzo, invece quello per realizzare infrastrutture per la ricarica elettrica sarà attivo dal prossimo mese. In più, di recente, è stata approvata anche una delibera che favorisce l’acquisto di autobus a basso impatto ambientale. E non dimentichiamoci il blocco, posticipato rispetto alle previsioni, delle auto diesel euro 4.

Insomma, quelle della Regione Lombardia sembrerebbero tutte misure che guardano effettivamente al miglioramento della qualità dell’aria e alla sostenibilità ambientale.

# Infiamma la polemica Fabio Massa: “Perché tutto deve stare chiuso, e tutti devono stare distanti, ma va bene assembrarsi sui mezzi pubblici?”

Neanche gli attacchi dall’opposizione nel consiglio comunale si sono fatti aspettare, in particolare dai rappresentanti di Forza Italia. Per il consigliere Gianluca Comazzi la scelta della giunta è “vergognosa” e “va contro ogni norma di buon senso”. Anche Fabrizio De Pasquale, il capogruppo dell’opposizione, ha accusato il sindaco Sala di farsi “tirare la giaccia dagli ambientalisti. La reintroduzione dell’Area C per mercoledì 24 sarà totalmente inutile per l’aria, come attestano le rilevazioni durante il lockdown, pericolosa per i pendolari, dannosa per quel poco di commercio che sopravvive in centro”.

E anche i cittadini si fanno sentire, tra cui il noto giornalista Fabio Massa che sul suo account Facebook scrive: “la riattivazione di Area C è una solenne cazzata. Certo, ha una sua logica: l’aria a Milano sta peggiorando ed è un fatto che con l’aria peggiore si respira peggio e ci sono più malattie cardiovascolari. Ma è anche un fatto incontrovertibile che se si affollano i mezzi pubblici, la malattia che uno si prende è di tipo virale, e si chiama Covid”. Infatti, le scelte del lavoratore sono due: o rischiare sul mezzo pubblico oppure prendere l’automobile, incurante dell’ambiente e pagando quei 5 euro giornalieri per l’Area C. È chiaro che i cittadini non hanno una scelta reale, se non pagare. E il giornalista continua, con quello che un po’ tutti pensiamo: “Ma allora com’è che tutto deve stare chiuso, e tutti devono stare distanti, ma va bene assembrarsi sui mezzi pubblici?”.

Far ripartire l’Area C è una scelta strategica dell’attuale giunta comunale per amicarsi gli ambientalisti e chi vive nelle zone centrali oppure c’è veramente bisogno di una misura del genere per migliorare la qualità dell’aria?

Continua la lettura con: BRACCIO DI FERRO sulla TORRE BOTANICA: che succederà?

ALESSIA LONATI

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L’ONDA LUNGA che fa di Roma una città per amanti del SURF

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Nell’anno delle palestre e delle piscine chiuse Roma ha riscoperto il surf.
Da sempre sport amato dai surfisti locali, il lungomare laziale non ha mai visto tanti avventori come in questo lungo anno di restrizioni e lockdown. Il mare è rimasto sempre aperto e i romani ne hanno saputo approfittare.

L’ONDA LUNGA che fa di Roma una città per amanti del SURF

Una lezione all’Ostia Surf Club

Definita dalla The World Stormireder Surf Guide come una “unusual destination” la costa laziale, da Civitavecchia fino a Gaeta, è tutto un susseguirsi di spot per gli amanti del surf. Alla costante ricerca dell’onda perfetta, questa tribù eterogenea di uomini, donne e bambini di una fascia di età compresa fra 6 anni e 60, non si è mai fermata nonostante restrizioni e cattivo tempo. Il surf, in quanto sport all’aria aperta a poco a poco è diventato quello sfogo a pochi chilometri dalla grande città che ha contribuito a migliorare la vita di tante persone.

# Uno sport per grandi e piccoli… campioni

Ian Catanzariti

Certamente il litorale laziale ha saputo fare da trampolino di lancio per tanti talenti, come la giovane promessa del Surf nazionale, il romanissimo Ian Catanzariti, neocampione italiano Under 18, un titolo sudato e meritato, conquistato al Buggerru Surf Trophy in Sardegna lo scorso dicembre. Ian, come tanti suoi coetanei si allena più volte a settimane proprio nel tratto di mare antistante Ostia, dove è cresciuto imparando a surfare e ad amare il mare.

# Lo storico Ostia Surf Club

Campioni a parte la lunga striscia di sabbia di Ostia e il mare che riceve onde regolari, a volte alte come una doppia over head, per dirla col linguaggio dei surfisti, sa accogliere tutti gli amanti del mare e del surf.  E se è vero che d’estate di onde non ce ne sono molte, l’inverno sa regalare un sistema di bassa pressione dall’Atlantico o dal Mediterraneo occidentale tale che i surfisti si riversano a Ostia sperando che i venti onshore soffino forte e abbastanza a lungo da portare il moto ondoso sulla costa laziale. Ad aspettarli, sempre pronti da più di 15 anni, ci sono i maestri, tutti di altissimo livello, dell’ormai storico Ostia Surf Club.

# Due maestri, una sola passione

Valentina Vitale e Alessandro Clinco fondatori dell’Ostia Surf Club

Guidato con maestria dal 2006 da Alessandro Clinco e Valentina Vitale, fiori all’occhiello del Surf nazionale, questo club ha circa 800 nuovi tesserati alla Federazione Surf l’anno e sforna campioni nazionali ed europei oltre ad accogliere con passione e competenza decine e decine di surfisti amatoriali.  “Il surf ama le persone e loro ricambiano” con queste parole Alessandro Clinco, surfista professionista, fondatore e coach dell’Ostia Surf Club, ci ha raccontato come né la pandemia, né un inverno freddo e burrascoso come non se ne vedevano da anni, siano riusciti a fermare gli amanti di questo sport. “Anzi – continua Alessandro – forse il Covid ha avvicinato ancora più persone a questa pratica”. “Le persone hanno capito che il mare si può vivere anche d’inverno così ci siamo attrezzati e da un anno accogliamo i surfisti tutte le mattine alle 10 per una sessione di preparazione fisica a terra e per la pratica in mare”. A parlare è la pluricampionessa nazionale Valentina Vitale. Surfista professionista, 5 volte campionessa italiana e 5’ classificata agli europei di surf a Casablanca nel 2015, oggi anche mamma di una bambina e “putativa” dei tantissimi altri che con costanza e passione partecipano alle lezioni di surf.

La speranza di Alessandro, Valentina e di tanti membri della Federazione Surf oggi è che una volta capito il valore aggiunto di avere una spiaggia a pochi passi dalla città e un mare capace di accogliere tutti, questo sport ottenga quell’attenzione che si merita anche dalle istituzioni “per la capacità che porta con sé di migliorare la vita delle persone nel rispetto della natura e dell’ambiente”. Parole di maestro.

FRANCESCA SPINOLA

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Street art a GENOVA per la SOPRAELEVATA: la più GIGANTESCA operazione d’ARTE URBANA del MONDO

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Credits: telenord.it - Genova street art

L’annuncio da parte dell’Assessore alle Politiche Culturali del capoluogo ligure. Anche Milano aveva realizzato un simile intervento dieci anni sotto il cavalcavia di Corvetto, molto meno esteso, e solo sui piloni e sulle pareti laterali in ingresso in città. Vediamo come l’opera d’arte a cielo aperto cambierà invece il volto di Genova.

Street art a GENOVA per la SOPRAELEVATA: la più GIGANTESCA operazione d’ARTE URBANA del MONDO

# Partita la caccia agli sponsor per il progetto “Repicta Genoa street artproject”

Credits: wikipedia.org – Sopraelevata Aldo Moro Genova

Da qualche giorno è partita la caccia agli sponsor per trasformare la sopraelevata Aldo Moro di Genova, la strada più famosa della città, nella più gigantesca opera d’arte a cielo aperto. L’assessore alle Politiche culturali Barbara Grosso spiega l’iniziativa: “La Sopraelevata è una linea d’acciaio che segna il confine tra il mare e il centro: grazie all’imponente intervento di rigenerazione urbana che andremo a realizzare, questa arteria fondamentale per il traffico cittadino abbandonerà il suo abito grigio per vestirsi di colori e di immagini. Sarà una gigantesca opera d’arte a cielo aperto che ci racconterà la storia di una città, capace di trasformare il volto di un’infrastruttura nata negli anni ’60 del Novecento in un capolavoro di street art“. 

Il progetto studiato dall’assessorato alle Politiche culturali del Comune di Genova si chiama “Repicta Genoa street artproject“, Repicta significa “ridipinta” in latino. Ecco cosa prevede e chi lo realizzerà. 

# Chiamati a raccolta i migliori artisti internazionali per colorare 5 km di cemento. Partenza dei lavori a luglio di quest’anno

Credits: telenord.it – Genova street art

La trasformazione della sopraelevata Aldo Moro, dal grigio al colore e alle immagini, “sarà uno tra i più grandi lavori di street art del mondo e attirerà un’imponente attenzione mediatica nazionale e internazionale”. Per realizzare questa gigantesca opera di arte urbana a cielo aperto verranno chiamati i migliori muralisti nazionali e internazionali che, a seconda del tratto sul quale andranno a lavorare, eseguiranno una figurazione geometrica oppure astratta.

In totale sono 5 i km di lunghezza dell’intervento di street art, dalla Foce a Sampierdarena, sulla pancia e i piloni della struttura. I lavori partiranno a luglio di quest’anno, dal grande snodo di Genova ovest fino al terminal traghetti, compreso lo svincolo verso Piccapietra, per concludersi a Ottobre. Il progetto è suddiviso in 4 lotti: oltre a quello iniziale, seguirà il lotto 2 dal terminal traghetti alla stazione marittima, il lotto 3 dalla stazione marittima all’Acquario e il lotto 4 dall’Acquario all’ex mercato del pesce. Alcuni piloni sono già occupati o prenotati da altri progetti sui quali, salvo pochissime opere deteriorate, non si interverrà. 

Fonte: Telenord

Continua la lettura con: 100 MURI di Milano messi a disposizione per gli STREET ARTIST

FABIO MARCOMIN

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La “BIRRA DELL’UNIVERSITÀ” e altri progetti avveniristici del Friuli, la BIONDALAND d’Italia

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In tempi passati Udine poteva essere considerata a buona regione la ‘capitale’ italiana della birra. La tradizione della birra nella regione autonoma del Friuli-Venezia Giulia costituisce una parte fondamentale della cultura del luogo. Friulani e giuliani sono tra i massimi estimatori della bevanda inventata 7000 anni fa dagli assiro-babilonesi. Stando alle statistiche Istat, nel 2013 il 48,7 per cento dei residenti del Fvg (539.000 persone) avevano consumato birra. E’ il quarto dato più alto, in Italia, dopo quello di Trentino Alto Adige, Abruzzo e Calabria.

La “BIRRA DELL’UNIVERSITÀ” e altri progetti avveniristici del Friuli, la BIONDALAND d’Italia

La cultura per la birra deriva direttamente da quella dell’Impero asburgico, che governò il Friuli fino al 1866 e la Venezia Giulia (compresi i territori di Istria e Dalmazia) fino alla conclusione della Grande Guerra.

Oggi, pur non avendo più i ‘colossi’ del passato (birre blasonate come Moretti e Dreher), il Friuli Venezia Giulia mantiene un rapporto tutto speciale con la birra: la regione ospita una delle due sole fabbriche di birra completamente italiane che producono all’interno dei nostri confini: la Birra Castello (l’altra è l’altoatesina Forst). Nata nel 1997, ha rilevato gli stabilimenti di San Giorgio di Nogaro già appartenuti alla Moretti e, quindi, alla Heineken. La sua capacità produttiva è di circa un milione di ettolitri, un dodicesimo di tutta la produzione industriale sul territorio nazionale.

Ma la cultura della birra, nella regione, negli ultimi anni sta cambiando rotta: accanto alla birra (non voglia essere un aggettivo negativo!) industriale, hanno cominciato a prendere piede numerosi birrifici artigianali locali (per ora circa una trentina, presenti nel portale www.microbirrifici.org). Attorno a queste realtà stanno nascendo alcuni progetti interessanti. Ve ne propongo alcuni.

# AndràTuttoBene

No, non è il tag più usato neggli ultimi 12 mesi, bensì il nome di un progetto ideato nel marzo del 2020 dal birrificio artigianale Forum Iulii di Cividale del Friuli. Con il progetto si è deciso di sostenere la Protezione Civile e l’Ospedale Santa Maria della Misericordia di Udine per l’emergenza da Coronavirus.

Forum Iulii è un birrificio agricolo: l’orzo utilizzato (la materia prima più importante per la produzione di birra) è coltivato direttamente dall’azienda, che ha avviato un processo di conversione Biologica delle proprie colture. La sede del birrificio si trova all’interno di una vecchia falegnameria completamente ristrutturata che accoglie l’impianto di produzione, gli uffici e la sala degustazione.

Il nome sull’etichetta è #AndràTuttoBene ed è la “birra artigianale ad alto contenuto di fiducia“. Per ogni acquisto di una confezione da 12 birre da 33 cl (al costo di 30 euro), l’azienda donerà 5 euro per l’emergenza.

Credits: @andratuttobene_birra (INSTG): lo slogan del Progetto

# La Birra accademica di Udine

Progetto dal sapore decisamente più istituzionale, quello della “Birra dell’Università“.

Nel 2018 è nata la prima birra accademica presso l’Ateneo di Udine. Più precisamente, con il coinvolgimento di un nutrito gruppo di studenti dei corsi di laurea in Scienze e tecnologie alimentari e Viticoltura ed enologia del Dipartimento di Scienze agroalimentari, ambientali e animali (Di4a), è nata la “Birra dell’Università” di Udine. Questo è il risultato di un progetto didattico avviato grazie alla collaborazione con Baladin di Piozzo (Cuneo), il più prestigioso birrificio artigianale presente in Italia.

Uno dei principali obiettivi del progetto è quello di produrre birre diverse, di anno accademico in anno accademico, per caratteristiche compositive, di immagine, di materie prime. Tali, insomma, da poter essere abbinate alle diverse coorti di studenti coinvolti nella formulazione e caratterizzate da una variabilità che sarà il frutto delle competenze tecnologiche e della creatività degli studenti stessi. Questo il riassunto del progetto, per voce del suo referente Stefano Buiatti.

La prima birra, del tipo Amber Ale, è nata appunto nel 2018. La seconda birra, una bière blanche, di ispirazione belga, aromatizzata con bergamotto e coriandolo, è stata invece presentata in occasione dell’avvio del corso “Tecnico gestionale per imprenditori della birra”, nel maggio del 2019.

Le birre sono acquistabili presso l’Azienda agraria dell’ateneo o si possono degustare in due locali storici di Udine, l’Osteria Pieri Mortadele e l’Antica Osteria Da Pozzo.

I proventi derivanti dalla vendita della birra verranno interamente reinvestiti nella ricerca al fine di potenziare il settore e, in prospettiva, anche in borse di studio e assegni di ricerca.

# Progetto Melograno

La Comunità del Melograno, dal 1996, opera a sostegno della qualità della vita e dell’integrazione sociale di persone adulte con disabilità intellettive, ospitate presso la casa famiglia di Lovaria di Pradamano (Udine).

La casa, nello scorso mese di Marzo, è stata chiusa a causa del lockdown, ma in seguito è stata riaperta e le attività sono ripartite gradualmente.

Sono 13 i ragazzi che frequentano il centro diurno prendendo parte ad oltre 30 attività e laboratori appositamente predisposti da operatori specializzati con il supporto di volontari e dell’intera comunità. Tra questi, il laboratorio di chimica nell’ambito del quale è stata prodotta la birra per uso interno. La birra è stata battezzata con il nome di Long(Amore), anagrammando proprio la parola Melograno. Si è colta l’occasione per presentare il nuovo logo dell’associazione, utilizzandolo per l’etichetta della birra.

Al Melograno si festeggia il nuovo logo con la birra prodotta dai ragazzi
Credits: @Assmelograno: la Birra Long(Amore)

Credits: uniud.it, ilfriuli.it

Continua la lettura con: Le MILLE LINGUE d’Italia: i ceppi principali e le loro curiosità

LUCIO BARDELLE

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🛑 Anche Milano entra nella sfida: presto un brevetto per un VACCINO UNIVERSALE

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credit: legnanonews.com

L’università Statale di Milano sta per brevettare un innovativo vaccino contro il Coronavirus. Ma cos’ha di diverso rispetto agli altri?

Anche Milano entra nella sfida: presto un brevetto per un VACCINO UNIVERSALE

La ricerca italiana, nello specifico quella milanese, sta dando filo da torcere ai concorrenti internazionali. E’ il preside della facoltà di Medicina dell’università Statale di Milano, Gianvincenzo Zuccotti, ad annunciare che a breve verrà depositato il brevetto per un innovativo vaccino contro il Covid che potrebbe dare risultati già nel 2021.

# Primi risultati nel 2021, sempre se si trova un’azienda interessata

credit: milano.repubblica.it

In un’intervista a La Repubblica, Zuccotti ha spiegato che la fase in vitro è stata già conclusa e sono stati avviati i test sugli animali. “Una volta depositato il brevetto, cercheremo un’azienda che voglia svilupparlo e si passerà ai volontari […] se troviamo un’azienda interessata a partire subito con lo studio, entro la fine del 2021 potremmo già avere dei risultati”. Non solo il vaccino sarebbe pronto nel breve periodo, ma avrebbe anche un aspetto particolarmente innovativo: la modalità di conservazione.

# Un vaccino innovativo: ma perché?

credit: lombardialifesciences.it

Ma quali sarebbero le conseguenze di questa conservazione facilitata? A tal proposito Zuccotti ha affermato che “Rispetto ai vaccini già prodotti potrebbe sicuramente raggiungere più facilmente le parti del mondo più povere, tagliate fuori da quelli approvati fino a oggi, perché può essere conservato più facilmente.” Fino al deposito del brevetto non verranno rilasciate ulteriori informazioni ma la comunità scientifica milanese è trepidante. 

# Il vaccino milanese intende essere “universale”

credit: legnanonews.com

Questo risultato rappresenta un importante traguardo e Zuccotti spera che gli sforzi dei ricercatori della Statale non si dimostrino vani: “Il ministro della Salute francese ha reso un tampone salivare come il nostro gratuito per tutti. – confessa riferendosi all’ideazione di un tampone salivare molecolare effettuata da studiose della Statale e mai utilizzata – Qui, nonostante la nostra attività documentata da tempo, nulla. Ed è un peccato perché in un momento in cui c’è bisogno di liberare personale per le vaccinazioni…”.

Si dovrà aspettare il brevetto per avere dettagli approfonditi riguardo al vaccino Made in Milan ma le intenzioni di Zuccotti lasciano ben sperare: dalle dichiarazioni rilasciate a La Repubblica, il presidente sembrerebbe propenso ad un “vaccino universale” che non lasci indietro nessuno, neppure i Paesi più poveri.

Fonte: ANSA

Leggi anche: 🛑 ITALIA prima per le REAZIONI ALLERGICHE al vaccino Pfizer

ROSITA GIULIANO

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Il PANETTONE sarà PATRIMONIO dell’umanità?

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Credits: 'The Medieval Cookbook', M.Black

Il panettone è una forma d’arte che si tramanda da secoli. E per questo deve essere tutelato. Quale modo migliore se non attraverso un riconoscimento a livello mondiale?
Così, la Lombardia ha deciso di candidare il panettone come patrimonio immateriale dell’umanità UNESCO.

Il PANETTONE sarà PATRIMONIO dell’umanità?

# “El Pan de Toni”: una tradizione italiana tramandata nei secoli

Credits: ‘The Medieval Cookbook’, M.Black

Il panettone è nato a Milano, dall’idea di un garzone di un fornaio. Pensate, dai lontani tempi di Ludovico il Moro, “El Pan de Toni” ha attraversato i secoli fino ad arrivare ad oggi. Al vero e proprio panettone, uno dei simboli del Made in Italy dolciario riconosciuto in tutto il mondo.

Una realtà che però deve essere protetta e tutelata.E così, dopo la Pizza Napoletana, è il turno dell’arte dei maestri pasticceri del Panettone.

# L’arte del panettone rappresenta Milano, la Lombardia e l’Italia e per questo deve essere valorizzata

Credits: www.dissapore.com

Infatti, il panettone sarà candidato per essere patrimonio immateriale dell’umanità UNESCO.

Un annuncio effettuato durante la finale italiana della Coppa mondiale del panettone a Milano, organizzata in totale sicurezza il 20 febbraio a palazzo Bovara in corso Venezia.

Per l’assessore regionale all’Agricoltura, alimentazione e sistemi verdi, Fabio Rolfi, il panettone “è un prodotto che rappresenta Milano, la Lombardia e l’Italia nel mondo. È il risultato di una forma d’arte che si tramanda da secoli e che è conservata e valorizzata dai nostri maestri pasticcieri che saranno ambasciatori straordinari di questa candidatura. Abbiamo già avviato interlocuzioni con le associazioni di categoria e con gli altri enti istituzionali. C’è unità di intenti per dare la giusta valorizzazione a un simbolo del nostro territorio. Il panettone è cultura e tradizione, ma anche economia. Crediamo che l’arte artigianale con cui viene realizzato meriti un riconoscimento mondiale”.

# Un riconoscimento mondiale per tutelare l’originalità e l’inimitabilità

Credits: www.filastrocche.it

Ed è quindi grazie alla collaborazione con Confcommercio e con l’associazione Maestro Martino che l’obiettivo di promuovere prodotti di eccellenza del territorio lombardo sta per diventare realtà.

Infatti, la candidatura a patrimonio immateriale dell’umanità ha lo scopo di promuovere nel mondo la specificità di un’antica testimonianza della panificazione pasticcera italiana, oltre che a volerne tutelare originalità e inimitabilità da parte di altri paesi.

# Paradossalmente, il più grande produttore di panettoni si trova in Brasile

Eppure, il più grande produttore di panettoni non si trova in Italia.

Infatti, si tratta del brasiliano Bauducco, con 6 fabbriche negli Stati Uniti per 200.000 tonnellate di prodotto l’anno. Ma non solo: anche il peruviano D’Onofrio ha fatto fortuna nella terra degli Inca producendo panettoni esportati in tutta l’America Latina.

Insomma, ci sono grandi preoccupazioni sul futuro dell’orgoglio dell’industria dolciaria italiana.

# Il mercato italiano dei panettoni è ancora florido, ma bisogna difendere la speciale tradizione artigianale della nostra pasticceria

Credits: www.italiaatavola.net

Però, il mercato italiano è ancora florido. Si fonda su ben 40.000 aziende che danno lavoro a 160.000 addetti, con un volume di affari che sfiora i 9 miliardi l’anno.

Quindi, è ovvia l’importanza del panettone italiano, un bene che deve essere difeso “dall’aggressione estera”. Non solo per tutelare le nostre aziende, ma anche per difendere quella che è la tradizione artigianale della grande pasticceria italiana.

E il riconoscimento mondiale servirà proprio a questo. A salvaguardare soprattutto l’anima più “genuina” che dà vita al panettone, che lo rende “unico ed inimitabile”.

Fonte: www.firstonline.info

Continua la lettura con: Il DOLCE più tipico di ogni regione del Nord Italia

ALESSIA LONATI

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MILANO sta diventando sempre più CLASSISTA?

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La protesta dei tassisti. Credits: Andrea Cherchi (c)

Giorgio Goggi, architetto, professore universitario ed ex-assessore ai Trasporti di Milano, personaggio dal lungo vissuto socialista, ha rilasciato qualche giorno fa un’intervista, pubblicata su “il Riformista”. Le sue dichiarazioni sono state molto severe e, muovendo diverse critiche alla Giunta Sala, l’ha accusata di aver contribuito a rendere Milano una città classista. Quali problemi e quali misure sono state chiamate in causa? E quali riflessioni possono emergere da questo suo punto di vista?

MILANO sta diventando sempre più CLASSISTA?

# Ignorate residenze pubbliche e housing sociale 

credits: expedia.it

Goggi ha esordito sostenendo che la Giunta, nonostante si dichiari di sinistra, in realtà si preoccupi più di un ecologismo e di uno sviluppo immobiliare particolarmente gradito ai ceti più abbienti. Il tema della casa è stato uno dei più trattati nell’intervista, è sicuramente una questione molto presente nel dibattito cittadino, non solo milanese. Possiamo infatti dire che diverse città europee hanno conosciuto un importante aumento dei prezzi delle case, accompagnato da una contrazione del mercato degli affitti e delle abitazioni a canone sociale.

L’intervistato ha sostenuto come, nonostante le 25.192 domande giacenti per alloggi di edilizia residenziale pubblica, il Comune di Milano non abbia osservato l’obbligo, imposto dalla legge 167/62, di determinare il fabbisogno e le aree destinate alla residenza pubblica. Inoltre, il PGT di Milano, Progetto di Governo del Territorio, sembra non prevedere vincoli sulle aree per la realizzazione di servizi urbani, come per esempio scuole e case popolari. In questo modo gli spazi cittadini sono del tutto disponibili ai privati, andando così a grande vantaggio dell’edilizia privata che prevede quantità minime di edilizia sociale.

# Housing: altre città europee più avanti nel rendere le città più inclusive

credits: ilgiornaledellarchitettura.com

Come già accennato, le tematiche residenziali interessano bene o male tutte le città europee, che hanno assistito a un generale processo di gentrificazione, come viene definito in sociologia. Questo fenomeno consiste nella trasformazione di quartieri abitati da ceti medio-bassi della popolazione in zone residenziali di pregio, che comporta il conseguente cambiamento dei prezzi e della composizione sociale, in quanto obbliga i vecchi residenti a lasciare le proprie abitazioni, diventate troppo care. Molte città si sono quindi adoperate per facilitare l’accesso alla casa, limitando da un lato le disuguaglianze sociali e territoriali, e dall’altro evitando lo svuotamento dei centri cittadini.

Barcellona, per esempio ha lanciato un piano statale per l’housing e la riqualificazione al fine di riorientare le politiche abitative nel settore degli affitti. A Lione, invece, sono state attuate diverse misure che hanno permesso di soddisfare il 50% della domanda di alloggi a basso costo, tra queste: la creazione di grandi banche pubbliche di credito fondiario usate per lo sviluppo dell’edilizia popolare e una quota minima di alloggi popolari per ogni futuro sviluppo immobiliare, pari al 20-25%.

# Tra monopattini, area C e zone 30: misure a vantaggio di chi vive in centro

credits: vaielettrico.it

Nel corso dell’intervista Goggi ha poi affrontato il tema dei trasporti, affermando che “la nuova politica dei trasporti, volta a incentivare monopattini e biciclette, a restringere i calibri stradali e a ridurre la quantità di stazionamenti, facilita gli spostamenti di breve distanza di chi abita nelle zone centrali”. A risentirne sarebbero quindi i pendolari e tutte le persone che, per motivi professionali, devono usare l’auto. L’architetto ha poi aggiunto che “nella presunzione di ridurre la mobilità si è operato un completo ribaltamento della tecnica internazionale che vuole che le zone 30 e le piste ciclabili siano poste nelle strade di quartiere”. Questi sistemi sono stati invece posti sulle strade foranee, quelle di immissione e di uscita dalla città, di fatto così riducendo gli spostamenti in entrata.

Anche l’Area C, a suo tempo era stata criticata da molti, vista come misura classista che avvantaggiava le zone centrali riducendo traffico e polveri sottili, a discapito delle aree circostanti.

# La politica inclusiva di altre città europee: mezzi pubblici gratuiti

credits: bikeitalia.it

Anche in questo caso diversi casi europei possono farci da esempio. In Estonia e in Lussemburgo, già da qualche anno i mezzi pubblici sono gratuiti. La prima è stata Tallin, la capitale estone, che, nel 2013, ha proposto ai suoi cittadini un trasporto pubblico gratuito e sostenibile. Altre città e nazioni hanno seguito a ruota e hanno adottato questa soluzione al fine di liberare le strade dal traffico, dall’inquinamento e garantire così uno stile di vita più sano. Questo passo importante e, per certi versi, rivoluzionario parte da un presupposto: la mobilità è un diritto e il trasporto pubblico gratuito è necessario per un mondo in cui tutti hanno pari accesso ai servizi, ai posti di lavoro e alle attività ricreative. Una misura inclusiva quindi che risulta anche un potente strumento contro i cambiamenti climatici, riducendo la circolazione di auto private.

Fonti: ilriformista.it

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CHIARA BARONE

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Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità.

Elogio dell’imperfezione

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Credits: https://www.tuscanypeople.com/

Il sistema democratico si regge sull’imperfezione. Il nemico più pericoloso per la democrazia è l’assolutismo. L’assolutismo significa presupporre che la propria posizione sia perfetta e debba essere imposta agli altri.

La consapevolezza dell’imperfezione è la migliore garanzia per la tenuta democratica. Che significa capire che ogni posizione è legittima e allo stesso tempo fallace e perfettibile.
Il potere della maggioranza va comunque esercitato in modo democratico e non assolutistico. Anche una maggioranza numerica non dà il potere di calpestare la minoranza.

Ci sono molte leggi che non assegnano un pieno potere alla maggioranza. Proprio perché la maggioranza non è sufficiente a garantire una democrazia. La stessa Costituzione esiste per impedire che la maggioranza momentanea possa trasformarsi in un potere assolutistico nei confronti della minoranza.

Questo vale anche come approccio culturale. Essere democratici significa riconoscere che ogni opinione è legittima e, in quanto opinione, nessuna ha il diritto di sopraffare le altre.
Ogni volta che non si accetta un’opinione diversa dalla propria ci si pone nello stesso ordine di idee dei regimi dittatoriali.

Continua la lettura con: La manna dal cielo

MILANO CITTÀ STATO

 

 

7 motivi che rendono LEGNANO una città ricca di SORPRESE

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la "Teresa d'Autunno" (credits: @federico_912 - INSTG)

Legnano è situata ai confini dell’Alto Milanese e attraversata dal fiume Olona. Ai tempi una delle aree rurali nei dintorni di Milano, oggi è diventata una delle città più rilevanti dei dintorni di Milano. Ma sappiamo veramente cosa ci può offrire Legnano? Ecco i 7 motivi che la rendono una città ricca di sorprese.

7 motivi che rendono LEGNANO una città ricca di SORPRESE

#1 La “Manchester italiana”: ha anticipato i tempi di mezzo secolo

credits: ivanstesso IG

Tra l’Ottocento e gli inizi del Novecento Legnano , come tutto l’Alto Milanese, per quanto riguarda l’industrializzazione del Paese, era già in anticipo di 50 anni. Sfruttando il corso d’acqua dell’Olona, furono costruiti macchinari per filare e nacquero i primi cotonifici di Krumm e di Costanzo Cantoni. È per questo motivo che Legnano prende il nome de “la vera Manchester italiana” ed è interessante come parte delle industrie, risalenti a quel periodo, siano ancora ben visibili nella città.

#2 La Ciminiera e il Campanile: le due cime di Legnano

I due punti alti della città sono ben diversi l’uno dall’altro, ma entrambi sono testimoni della storia legnanese. In stile rinascimentale, nella città, c’è la Basilica di San Magno, che sorge nella piazza omonima. Fu costruita agli inizi del ‘500 e si ritiene che il progetto iniziale sia del grande Donato Bramante. La cima a cui facciamo riferimento è invece il suo campanile, che è stato però inserito successivamente, intorno al ‘700.

Dalla particolare altezza c’è anche la ciminiera, situata nel complesso di 41 mila metri quadri dell’ex Manifatturiera di Legnano. La ciminiera è stata dichiarata come bene da tutelare dalla Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio della Città Metropolitana di Milano, in quanto esempio compiuto di quella che fu l’architettura della produzione in Lombardia.

#3 Il castello di San Giorgio

credits: ivanstesso IG

Nella città c’è anche un castello risalente al XIII secolo, si tratta del castello Visconteo di Legnano, conosciuto anche come Castello di San Giorgio. Circondato da un parco e purtroppo parzialmente diroccato, il castello rappresenta comunque parte della storia di Legnano.

#4 Il lilla del calcio italiano

credits: acleganano IG

Gli appassionati di calcio sicuramente conosceranno la società calcistica A.C. Legnano e la sua storia un po’ turbolenta. Partita come una delle prime società a giocare in massima serie, negli anni, retrocede in serie B, fino ad arrivare all’espulsione dai campionati e a giocare, ad oggi, nella serie D. Ma non bisogna dimenticare che nella squadra hanno giocato anche grandi campioni come Gigi Riva e che, per il suo colore lilla, rimane un unicum nel calcio italiano.

#5 L’unica città, insieme a Roma, ad essere citata nell’inno d’Italia

credits: storia_sale_e_limone IG

“Dovunque è Legnano, Ogn’uom di Ferruccio Ha il core, ha la mano” questi sono i versi dell’Inno di Mameli in cui la città viene nominata. Legnano viene infatti ricordata, perché fu sede della grande battaglia che si concluse con la vittoria dei lombardi contro Federico I Barbarossa nel 1176.

#6 I legnanesi: un’icona di Milano 

credits: i_legnanesi_official IG

Chi non conosce la famosa compagnia teatrale nata nella città di Legnano nel secondo dopoguerra? I legnanesi sono tra i più grandi comici della zona che propongono commedie satiriche della tipica corte lombarda in dialetto legnanese.

#7 La casseoula è nata qua

credits: bruttocheffo IG

Un piatto non particolarmente leggero della tradizione legnanese è la casseoula, con il suo misto di verze, carote, sedano, cipolle , costine, cotenne e molta carne di maiale. Indubbiamente questo piatto è entrato nei pranzi domenicali di quasi tutta la popolazione lombarda.

 

Continua a leggere: Busto Arsizio, l’incognita lombarda

BEATRICE BARAZZETTI

 

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“E’ TUTTO UN MAGNA MAGNA”. Quali sono i RISTORANTI dei POLITICI a MILANO?

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credit: ilpost.it

Le decisioni politiche più importanti vengono prese a tavola. Ma quali sono i “ristoranti del politici” a Milano?

“E’ TUTTO UN MAGNA MAGNA”. Quali sono i RISTORANTI dei POLITICI a MILANO?

A Milano sono numerosi i luoghi che sono stati scenario di decisioni politiche che hanno cambiato le sorti della capitale economica del Paese e, in alcuni casi, di tutta Italia. Se a Roma sono famosi gli aneddoti politici che si sono svolti nei salotti di meravigliose dimore storiche, a Milano ce ne sono altri che hanno avuto luogo tra mura altrettanto suggestive e tra le più disparate.

# Il potere della convivialità: da Cicerone al Matarel

credit: gramberorosso.it

Tra queste sicuramente possiamo annoverare quelle di alcuni ristoranti all’ombra delle Madonnina dove si è fatta la storia recente dell’Italia o più semplicemente si riuniscono alcuni tra i politici lombardi più noti. L’importanza della convivialità, del resto, era già conosciuta per fini strategici e per creare sodalizi già in epoca antica tanto da portare Cicerone a dire: ”Bisogna mangiare insieme molti moggi di sale perché il dovere dell’amicizia sia compiuto”.

Famosi sono i “pranzi del lunedì” che Bettino Craxi teneva con i suoi fedelissimi nel  periodo più fiorente del socialismo da al Matarel di Corso Garibaldi tanto da farne il suo ristorante preferito. La cucina è tipica lombarda e negli anni si sono susseguiti artisti che hanno anche lasciato un ricordo del proprio passaggio decorandone le pareti, imprenditori e politici più recenti come l’ex governatore della Lombardia Roberto Maroni

# La cucina tradizionale di Berti amata da tutti, da Craxi a Formigoni

credit: Facebook – @daberti

“Berti”, che nasce come osteria nel 1866, oggi è un bel ristorante con sale a tema in cui si sono ritrovati esponenti politici di schieramenti diversi; Craxi, Veltroni, Formigoni e molti altri hanno pranzato qui. La cucina è quella della tradizione lombarda e se Craxi ordinava sempre il bollito misto, Formigoni era affezionato al “riso al salto”. Di recente è stato frequentato da governatori e consiglieri regionali essendo a due passi da Palazzo Pirelli, sede di Regione Lombardia.

# Il ristorante preferito dal Cavaliere: “Giannino dal 1899”

credit: tripadvisor.it

“Giannino dal 1899”, in via Vittor Pisani, è stato invece per anni il ristorante di riferimento del “Cavaliere” quando, dopo le partite del Milan, lui e i suoi collaboratori più stretti come Adriano Galliani si riunivano qui. Noti erano anche i pranzi di Berlusconi con gli esponenti di partito come Mariastella Gelmini, neo ministro degli affari regionali nel Governo Draghi. Meno numerosi ma comunque presenti erano anche alcuni politici del PD.

# Dal ristorante vegetariano della Brambilla alla tradizione lombarda di Pisapia

credit: cucinaeco.wordpress.com

Michela Vittoria Brambilla, parlamentare e attivista animalista, ex ministro del turismo, dicastero appena ripristinato nel governo Draghi affidato a Massimo Garavaglia, si mantiene coerente con la sua scelta di difesa degli animali e dell’ambiente e per questo sceglie come suo preferito a Milano un ristorante vegetariano e vegano. Brambilla cena spesso con i suoi collaboratori allo Joia dello chef Pietro Leemann, primo ristorante vegetariano in Europa ad essere stato premiato con una stella Michelin. Joia si trova tra Porta Venezia e p.zza della Repubblica, in via Panfilo Castaldi.

L’ex sindaco di Milano, Giuliano Pisapia, invece ama portare sua moglie in una trattoria tipica lombarda in zona Corvetto, il Casottel mentre non pare che l’attuale sindaco Peppe Sala abbia un ristorante preferito. Si sa solo che ne frequenta diversi a Milano e che ama ordinare il tipico “risotto giallo” meneghino ovvero quello allo zafferano.

# “La piccola Atene” a due ore da Milano: la roccaforte della sinistra radical chic

credit: panorama.it

Una menzione speciale infine la merita un ristorante a due ore da Milano che per le sue frequentazioni ed iniziative culturali è stato soprannominato la “Piccola Atene” della Toscana. “L’ultima spiaggia” di Capalbio, bar- ristorante con vista mare annesso alla spiaggia, è stato scelto infatti negli anni da imprenditori, artisti e politici e viene considerato un po’ la roccaforte di quella parte della sinistra definita radical chic. Rutelli, Fassino, Giorgio Napolitano ma anche Peppe Grillo si sono visti spesso in questo ristorante ma anche Renzi vi ha presentato un libro. L’ambiente è rilassato ed è aperto da marzo a settembre.

Leggi anche: Il RISTORANTE più ECONOMICO di Milano: MENU completo a soli 8 EURO

SILVIA FUSARI IMPERATORI

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Le 5 SUPERCAR della MOTOR VALLEY ITALIANA

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Credits: carlottaadreani IG - Pagani

In Emilia-Romagna, dalla provincia di Parma fino a Rimini lungo la Via Emilia, c’è la più alta concentrazione a livello mondiale di case automobilistiche, con marchi di fama internazionale e importanza storica. Ecco quali sono.

Le 5 SUPERCAR della MOTOR VALLEY ITALIANA

#1 Dallara, da sempre focalizzata nelle auto da competizione sportiva, nel 2017 il suo primo modello stradale

Credits: italiancars_story IG – Dallara

La Dallara, fondata nel 1972 a Varano de’ Melegari dall’ingegner Gian Paolo Dallara, nel  corso della sua storia ha concentrato la sua produzione nelle auto da competizione sportiva. Oggi è presente a vario modo nei campionati di IndyCar, Indy Lights, F2, F3, World Series by Renault, Super Formula e Formula E e in passato anche in quello di Formula 1. 

Solo nel 2017 è arrivato il primo modello per la vendita, la “Dallara stradale”: un’autovettura di tipo barchetta, priva di portiere, equipaggiata con un 4 cilindri 2300 turbocompresso di derivazione Ford in grado di erogare 400 CV, per una velocità massima di 280 km/h e un’accelerazione da 0 a 100 in 3,25. Il peso estremamente ridotto di soli 855 kg, grazie alla fibra di carbonio, e l’enorme carico aerodinamico di ben 820 kg alla massima velocità sono le due peculiarità distintive di questo modello.

#2 Ferrari, il cavallino rampante di Maranello, l’auto di lusso sportiva per eccellenza

Credits: ferrarimagnet IG – Ferrari 458

Fondata da Enzo Ferrari nel 1947, la Ferrari è soprannominata “il cavallino rampante” per il suo stemma iconico che deriva da quello in uso durante la prima guerra mondiale dall’aviatore italiano Francesco Baracca. Le autovetture Ferrari sono celebri anche per la loro esclusività, per questo la loro produzione è limitata. Tra i progettisti e carrozzerie più famose che hanno collaborato al design della “rossa” ci sono Pininfarina, Scaglietti, Bertone e Vignale. I motori con cui sono equipaggiate le vetture sono prevalentemente V8 e V12. A livello di competizione sportiva la Scuderia Ferrari è la più titolata nel campionato del mondo di Formula Uno, con quindici titoli piloti e sedici costruttori.

#3 Lamborghini, nata da una lite tra Enzo Ferrari e Ferruccio Lamborghini, l’emblema del lusso sfacciato

Credits: ethanm4k IG – Lamborghini

La nascita della Lamborghini viene solitamente ricondotta ad una lite, realmente accaduta, fra Enzo Ferrari e Ferruccio Lamborghini. Quest’ultimo era un’imprenditore già riconosciuto, con la sua “Lamborghini Trattori”, e da proprietario di una Ferrari 250 GT andò a lamentarsi di alcuni difetti da Enzo Ferrari in persona che rispose: “Che vuol saperne di auto lei che guida trattori?”. Fu così che Ferruccio Lamborghini decise di iniziare la produzione di un’auto “perfetta anche se non rivoluzionarianel 1963 a Sant’Agata Bolognese.

Tra alti e bassi e numerosi passaggi di proprietà, oggi la Lamborghini rappresenta l’auto sportiva di lusso sfacciata. Il simbolo scelto dal fondatore per la casa automobilistica, il toro alla carica incorniciato da uno scudetto, era il suo segno zodiacale e anche oggi quasi tutti i modelli portano nomi che richiamano alla tauromachia.

#4 Maserati, il lusso discreto della casa del tridente 

Credits: superkilometerfilter IG – Maserati

Tra le auto sportive di lusso non può certo mancare la Maserati. Nata nel 1914 a Bologna, all’inizio fu solo produttrice per conto terzi dell’Isotta Fraschini di Milano e delle auto per gare su strada. Alla fine degli anni ’30, con il trasferimento della sede a Modena iniziò a realizzare dei propri modelli stradali, mantenendo la produzione per le competizioni sportive e vincendo il mondiale di Formula 1 con Manuel Fangio. La casa del tridente è passata di mano più volte prima di entrare stabilmente nel gruppo Fiat, oggi Stellantis, e si inserisce nel segmento delle auto sportive dal lusso discreto, rispetto a quello più sfacciato delle Lamborghini.

#5 Pagani, la supercar più estrema in assoluto ispirata da Leonardo Da Vinci che detiene anche un record mondiale

Credits: carlottaadreani IG – Pagani Zonda

L’azienda automobilistica Pagani è piuttosto recente, risale infatti al 1991 la sua fondazione da parte di Horacio Pagaini a San Cesario sul Panaro in provincia di Modena. Figlio di un fornaio d’origine comasca, ma nato in Argentina, Horacio torna in Italia grazie all’incontro con Manuel Fangio. Dopo essere stato per anni dipendente della Lamborghini, decide di volere mettersi in proprio.

Come dichiarato più volte, la figura di Leonardo Da Vinci è sempre stata la sua fonte di ispirazione, per la capacità di incarnare prodigiosamente il perfetto connubio tra arte e scienza. I suoi modelli sono caratterizzati da alte prestazioni, alcuni sfiorano i 400 km/h e scattano da o a 100 in meno di 3 secondi, e alcuni esemplari sono stati venduti a costi esorbitanti. Pagani detiene infatti il record di auto più costosa al mondo: i 3 esemplari della Zonda Hp Barchetta sono stati messi in vendita a 20 milioni di euro.

Continua a leggere: 1 MILIARDO di EURO per realizzare l’AUTO dei SOGNI nella Motor Valley d’Italia

FABIO MARCOMIN

Leggi anche: Le supercar cinesi saranno Made in Emilia

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Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità.

FORTE MARGHERA torna protagonista con il restauro delle CASERMETTE NAPOLENICHE

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Credits: Metropolitano.it

Da simbolo di difesa di Venezia a emblema di cultura, Forte Marghera è oggetto di un progetto di riqualificazione: un altro pezzo di storia restituito alla città con una nuova luce per le Casermette Napoleoniche.

FORTE MARGHERA torna protagonista con il restauro delle CASERMETTE NAPOLENICHE

Era il 2015 quando per la prima volta mi sono ritrovata a Forte Marghera per uno dei numerosi eventi sociali e social organizzati dalla Fondazione che lo gestisce. Abitavo già da qualche anno a Venezia, ne avevo a fatica compreso la geografia della sua terraferma, e mi ero già chiesta più volte perché un posto chiamato Forte Marghera non fosse effettivamente a Marghera ma a Mestre.

Non sono una persona che chiede molto in giro, così dopo aver cercato su internet le mie due parole chiave, ho scoperto che il nome deriva dal primo centro abitato di Marghera, che poi si stabilì altrove—non troppo distante ma pur sempre altrove—e anche che il Forte Marghera, un grandissimo complesso di edifici militari di fattura ottocentesca, aveva iniziato lavori di restauro che l’avrebbero portato a nuovo lustro e fama.

Oggi, nel 2021, ulteriori lavori di riqualificazione si apprestano a restituire a due grandi edifici che si affacciano sulla baia del Forte colore, forza, e nuova vita.

Credits: IlSestanteNews.it

# Il forte e la sua storia

Forte Marghera è una fortezza ottocentesca, ex-caserma dell’Esercito Italiano situata sulla terraferma veneziana, a circa cinque chilometri dal centro storico di Venezia. Il forte era parte del campo trincerato di Mestre e del più ampio sistema difensivo della laguna. Oggi è proprietà del comune, che nel 2015 ha creato la Fondazione Forte Marghera per la gestione del Forte e per lo studio e valorizzazione del patrimonio culturale e naturale delle fortificazioni locali, rendendo il forte parco pubblico e sede di eventi e produzioni culturali.

Credits: VeneziaToday.it

Il forte è un esempio di fortificazione entrato in uso a partire dal XV secolo. Si estende per una superficie di circa mezzo km² e si affaccia sul navigabile Canal Salso, che lo collega a Venezia. Il nucleo centrale del forte ha pianta pentagonale delimitato da quattro bastioni. In prossimità di ognuno dei bastioni, una polveriera ed una casermetta. In corrispondenza di una di esse, ora sede del Museo dell’Artiglieria, si trova un piccolo cimitero che raccoglie i caduti dell’assedio del 1849.

Credits: IlSestanteNews.it

Spostandosi a Sud-Est in direzione di Venezia, vi è la darsena-porticciolo ovale che garantiva collegamenti e rifornimenti tra la città lagunare e la terraferma. In prossimità del porticciolo si trovano due casermette a due piani di epoca napoleonica (1805-1814) realizzate in pietra d’Istria e con copertura anti-esplosione: queste erano concepite per contenere circa 200 uomini ciascuna, consentendo non solo di alloggiare le truppe, ma anche di proteggere un’eventuale evacuazione fungendo da estremo baluardo.

# Le Casermette Napoleoniche

Sono proprio le casermette francesi—napoleoniche, appunto—a essere oggetto dell’ultimo e più importante passo nel progetto di restauro che dura da ormai sei anni. «Con questo ulteriore stanziamento – commenta il sindaco di Venezia Luigi Brugnaro – siamo arrivati ad oltre 22 milioni di euro che dal 2015 ad oggi abbiamo destinato al recupero di un Forte che è il simbolo della difesa di Venezia». Egli stesso ha infatti annunciato con orgoglio di riconsegnare “alla Città un altro pezzo di storia” portando avanti un’opera «per il consolidamento e il recupero delle strutture da destinare ad uso espositivo e museale, ma anche per la realizzazione di nuovi servizi, come una caffetteria o punto ristoro, una zona accoglienza, servizi igienici dedicati, e dotazioni impiantistiche in modo da garantire un utilizzo continuativo per tutto l’anno.»

L’intervento sulla Casermetta Est—Edificio 9—sarà «rigorosa la conservazione dell’assetto originario», afferma l’assessore Zaccariotto. Per la maggior parte, si tratterà di lavori di messa in sicurezza e consolidamenti strutturali che non ne intaccheranno l’assetto morfologico.

Credits: VeneziaToday.it

La Casermetta Ovest—Edificio 8—profondamente danneggiata, subirà invece un restauro più profondo: tra i tanti, spiccano i lavori per recuperare la terrazza originale e quelli per rendere accessibile e fruibile l’edificio installando scale esterne di emergenza e ascensori per disabili. Anche per la Casermetta di ovest è prevista la realizzazione di una caffetteria con servizi, impianto elettrico e termico.

Credits: VeneziaToday.it

«Abbiamo tenuto alla fine l’intervento più importante che va così a completare un percorso fatto di duro lavoro» scrive ancora il sindaco, orgoglioso di aver contribuito alla creazione di «un vero e proprio spazio per le famiglie, per i giovani e per quanti hanno voglia di trascorrere una giornata passeggiando su viali completamente sistemati e illuminati, ponti e pontili ricostruiti, padiglioni un tempo diroccati e ora luoghi di mostre della Fondazione MUVE o padiglioni della Biennale».

Fonte: VeneziaToday, @LuigiBrugnaro, Fondazione Forte Marghera

 

Continua la lettura con: Le 7 COSTRUZIONI più SPETTACOLARI in arrivo nel 2021

Giada Grasso

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La MILANO di BUZZATI

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Milano è sempre stata una città che ha dato i natali a molti scrittori e poeti oltre ad aver ispirato registi, pittori e giornalisti.

A volte capita che queste persone non siano neanche nate a Milano, ma l’amore che hanno provato per questa città e tutto quello che essa ha restituito loro è talmente grande, da far quasi dimenticare i propri luoghi di origine. Non sto parlando o dicendo che ci si ritrova a rinnegare il proprio passato, è solo che molto spesso è capitato di ritrovarsi a Milano e sentirsi come a casa, a provare la sensazione di averla sempre vissuta.

Dino Buzzati è stato uno di questi ed è significativa una sua dichiarazione: “A Milano sono sempre vissuto, la quasi totalità dei miei ricordi di ogni genere appartiene a Milano, è logico quindi che qui mi trovi a mio agio, che Milano sia per me la città più ricca di significati”.

La MILANO di BUZZATI

# Gli anni dell’infanzia e gli anni scolastici 1906-1932

Buzzati nasce nel 1906 a San Pellegrino di Belluno, una località veneta, dove l’autore passerà solo il periodo estivo. Il padre è un noto docente di diritto internazionale e insegna alla neo nata Università Bocconi, per questa ragione Milano diventa a pieno diritto la sua città.

La sua prima abitazione è in via San Marco 12. L’autore ricorda quest’appartamento al primo piano, illuminato a gas e un misterioso cassetto della madre che sarà fonte d’ispirazione per la sua narrativa ricca di avventure a metà tra il fantastico e il misterioso.
La famiglia si trasferisce in Piazza Castello 28. La piazza e la vita che si svolgeva intorno era completamente diversa da come la conosciamo oggi.

L’autore guardando fuori dalla finestra immagina la piazza come una pista di corse automobilistiche ed è in questo periodo che compone i primi racconti rimasti inediti e purtroppo andati perduti, ma da alcune fonti e ricerche fatte negli archivi, pare che fossero racconti ispirati al mondo dell’automobilismo. Un mondo che in qualche modo ritorna nel suo romanzo Un Amore.
Dopo una breve parentesi in via Donizetti 20, la famiglia si trasferisce in via Fatebenefratelli.
Sono gli anni del liceo Parini che al tempo si trovava proprio in questa via e non in via Goito come oggi. Sono gli anni in cui l’autore affina e perfeziona il suo stile che è molto apprezzato e amato e talvolta non capito dai suoi professori. Dai suoi scritti di quinta ginnasio emerge la presenza in questa via di un parapetto di pietra su un tratto di Naviglio, esattamente dove a quel tempo come anche oggi si trova la questura centrale.

# Gli anni del Corriere della Sera e i romanzi 1933-1963

Credits: mattatoio5.com

Nel 1932 Buzzati aveva cominciato una collaborazione gratuita presso la sede del Corriere della Sera. Il direttore Aldo Borelli vede nel giovane grandi potenzialità e nel giro di un anno lo assume a tempo pieno.

Sono gli anni vissuti tra via Solferino 28 e via Marsala 2. Anni trascorsi ad apprendere notizie nei diversi commissariati di polizia, anni di inchieste, anni a scrivere di cronaca nera e anno in cui stringe amicizia con Arturo Brambilla, un’amicizia che durerà per sempre. Buzzati parla dell’amico di una persona amante dell’arte ma diametralmente opposta alla vita bohemienne. L’autore nei suoi diari parlerà sempre con affetto del suo amico e della sua piccola abat-jour di seta verde a cupola che illuminava momenti di grandi discorsi sulla poesia di quegli anni.

Dopo aver abitato per qualche anno in un piccolo appartamento vicino alla sede del Corriere, Buzzati si trasferisce definitivamente in via Majno 18. Sono gli anni in cui affianca la sua carriera giornalistica a quella di scrittore ed è proprio in questa casa, chiuso nel suo studiolo, che scrive tutti i suoi romanzi da Barnabò delle Montagne (1933) a Un Amore (1963).

Nel 1946 scriverà un articolo dal titolo “Un’ombra gira tra noi” che passerà alla storia.        Il 29 settembre di quell’anno in via San Gregorio, Rina Fort massacra a colpi di spranga la moglie del suo amante e i tre figli piccoli. L’articolo esce prima ancora che la polizia faccia partire le indagini, Buzzati si dimostra un cronista attento e sempre pronto a raccontare quello che vede intorno a lui.

# Buzzati scrittore, giornalista ma anche pittore


Dino Buzzati non è solo uno scrittore, un giornalista, ma anche un pittore e sono questi gli anni in cui comincia a dipingere immortalando vie di Milano come Piazza Duomo, Piazza Diaz, Via Boito, i Giardini di Porta Venezia, via Moscova, Brera, Piazza Missori ed è nel 1958 che inaugura la sua prima personale presso la Galleria Re Magi in via Boito dal titolo Le Storie Dipinte che otterrà un grande successo di pubblico e di critica. Buzzati era un’instancabile camminatore, amava spesso passeggiare per Milano e i luoghi da lui privilegiati erano il Cimitero Monumentale e lo zoo dei Giardini di Porta Venezia.

Pare che sia stato proprio in quest’ultimo luogo che abbia conosciuto Almerina Antoniazzi che sarebbe diventata sua moglie poco tempo dopo. In via Amedei c’era anche il ristorante preferito di Buzzati, un luogo dove andava tutte le sere per cenare e dove aveva il suo tavolo sempre prenotato, un luogo che fu teatro di un diverbio con la Almerina, ma che fu fondamentale per la loro storia d’amore che durerà per sempre.
Nell’aprile del 1963 viene pubblicato forse il suo romanzo più famoso (ad esclusione del Deserto dei Tartari) e controverso: Un Amore. Il romanzo, a parte la trama, è una dichiarazione di amore per Milano, sono numerose le zone, le vie e i quartieri citati.

L’autore viene criticato per aver intrapreso con questo romanzo una nuova strada rispetto alla sua precedente produzione, tuttavia rimane uno dei romanzi più importanti del 900 e che ancora oggi viene proposto a scuola.

# Gli ultimi anni 1964-1972

Negli ultimi anni della sua vita, Buzzati si trasferisce in Via Vittorio Veneto 24. Qui trascorrerà gli ultimi anni della sua vita che terminerà il 28 gennaio del 1972.
Numerose sono le leggende circolate sul suo ultimo giorno. Si dice che poco prima di morire, l’autore guardando sua moglie disse che se l’avessero chiamato in quel momento per scrivere un articolo si sarebbe precipitato al volo.

Infine si racconta che quando chiuse gli occhi, gli animali dello zoo di Porta Venezia cominciarono a fare un gran baccano, quasi a voler salutare quell’uomo che spesso li andava a trovare durante le sue passeggiate milanesi.

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MICHELE LAROTONDA

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