Odio la parola movida, l’ho sempre odiata perché non fa parte della nostra identità e cultura.
A Milano, a parte i media e il Sindaco, chi ha mai usato la parola movida per indicare la propria vita sociale? Qualche milanese ha mai pensato anche una sola volta nella vita, fosse solo per mezzo secondo: “cià, mi va un po’ di movida”?
ODIO la #MOVIDA
#La movida a danno dei milanesi
Odio quella parola (che non userò più, nemmeno in questo articolo) soprattutto per come è stata usata a danno dei milanesi.
Mai come quest’anno Milano si trova sotto la lente di ingrandimento di una certa stampa che – capace ma controvoglia, di dipingere i successi della città nell’ultimo decennio – si è dimostrata una macchina da guerra per sottolinearne le difficoltà.
#Mai stati Ghibellini
Bandiera guelfa
La storia delle epidemie ci ha insegnato che quando succede un evento legato alla sfera sanitaria (come un’epidemia, avete presente?) il mondo si divide in due metà quasi perfettamente identiche. Untori e non; runner e restacasisti. Come novelli Guelfi e Ghibellini. E in questa spartizione dei ruoli, a noi di Milano è toccata la parte dell’untore.
Parliamoci chiaro: noi siamo stati Guelfi, quelli schierati con la fede. La nostra identità è Guelfa, come lo è la nostra bandiera, quella che abbiamo visto sventolare all’ingresso ogni giorno di scuola. Quelli che devono compiacere l’imperatore, sono i Ghibellini.
E se i Ghibellini sentono tanto il bisogno di definire l’indomabile #VITA MILANESE con una parola di origine spagnola, nata per descrivere il ritorno alla vita per l’uscita dal coprifuoco e una feroce dittatura, è bene che si interroghino sulla piega che ha preso questo paese, lasciando in pace i milanesi che – fino a prova contraria e nonostante ogni goffo tentativo – sono i cittadini che si sono comportati meglio e fatto i sacrifici più duri durante il periodo del confinamento.
Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità.
All’ingegno non c’è limite: dalla bicicletta senza catena a quella senza raggi, per arrivare a quella che costa 110 mila euro. Con quali pedaleremo in futuro?
Le BICI più CREATIVE del MONDO: la più costosa vale 110 mila euro
#1 La bicicletta stampata in “3D”
Credits: rivistabc.com
Sono stati diversi i tentativi di realizzare una bicicletta utilizzando la tecnologia della stampa “3D”. L’unica che è entrata forse in produzione è “Superstrata”, una eBike moderna con telaio in carbonio. La Arc Bicycle ideata dall’Università di Delft, in collaborazione con una azienda privata, è invece ancora solo un prototipo: questa due ruote “stampata in 3D” presenta un telaio in metallo, simile per disegno ad una ragnatela.
#2 La bicicletta senza raggi
Credits: rivistabc.com – Bici senza raggi
La “Sada Bike” era la scommessa che aveva fatto nel 2014 il neolaureato ingegnere al Politecnico di Torino Gianluca Sada: una bici senza raggi che si poteva “smontare” e trasportare comodamente in uno zaino, ruote comprese. Ad oggi non è ancora in vendita e in produzione. Sul sito ufficiale del brand è comparsa recentemente una variante del modello con l’aggiunta della pedalata assistita.
#3 La bici senza catena
Credits: rivistabc – Bici verticale
Il progetto si chiamavaNuBike, ideato da Rodger Parker che lo ha lanciato attraverso un campagna di crowdfunding su Kickstarter, anche se non ha centrato l’obiettivo di raccolta. La caratteristica principaledi questa bicicletta è che non ha la catena e funziona a “pedalata verticale”: il meccanismo di spinta si trova nel mozzo posteriore. In poche parole per andare avanti bisogna muovere le gambe su e giù sulle pedivelle.
#4 Il prototipo della bicicletta di carta, rimasto…sulla carta
Credits: rivistabc.com – Prototipo bici di carta
Urban Gc1 doveva essere una bicicletta ultraleggera, fatta di carta e dal costo contenuto di appena 130 euro. Purtroppo però il crowdfunding della startup messicana Greencode, non ha avuto successo e il progetto è rimasto appunto solo sulla carta. La bicicletta sarebbe stata composta per il 55% di cartone impermeabile, il 35% di metallo e il 10% di plastica e gomma di recupero. Chissà se verrà mai prodotta.
#5 Dopo la carta, ecco “Placha”: la bicicletta di plastica
Credits: rivistabc.com – Bici di plastica
A Seoul qualche anno fa Tale Jaemin Jaeminlee aveva progettato “Placha”: un prototipo di una bici urban il cui telaio era fatto di materiale plastico, leggero e resistente. Negli intenti il telaio era un pezzo unico, con l’alloggiamento della borraccia ritagliato nella struttura stessa, ma al momento non ha visto mai la luce, così come nessun altro modello che impieghi solo materiale plastico.
#6 La bici placcata in oro e rivestita da Swarovski
Credits: rivistabc.com
Chiudiamo la lista con le biciclette più costose, quelle realizzate in oro. Tra i modelli acquistabili c’è una Aurumania Crystal Edition da 110mila dollari: realizzata interamente a mano con un telaio placcato d’oro a 24 carati e rivestita da 600 cristalli Swarovski. Gli esemplari in giro per il mondo si contano sulle dita di due mani e difficilmente le vedremo correre su strada.
Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità.
Milano nel decennio 2021-2030 è la scommessa che dobbiamo vincere. Sarebbe stato così anche senza inciampare nel surreale Mulholland Drive in salsa pandemica.
Da punta di diamante a tallone d’Achille d’Italia il passo è stato breve e le ricadute di questa nuova crisi stanno per scatenarsi nel capoluogo e nella città metropolitana. Sarà la fine di Milano?
Non è la prima volta che la nostra città è in ginocchio: Milano ha conosciuto qualsiasi tipo di abbandono, distruzione e sopruso, ritornando ogni volta più bella e forte. Spesso con la chiesa, a volte con le rivincite militari, una volta perfino con un’icona della cucina meneghina. La differenza l’hanno fatta i milanesi e le milanesi. Sempre.
7 volte che MILANO è FINITA IN GINOCCHIO, ma si è sempre RIALZATA
#1 402 d.C. Impero romano: il primo momento di gloria, il primo abbandono di Roma => la rinascita con la Cattedrale
Credits Wikipedia -resti palazzo imperiale via Brisa MI
Milano è stata capitale dell’impero romano d’occidente dal 286 al 402 dell’era moderna per scelta dell’Imperatore Diocleziano, conoscendo così un’era di grande splendore.
In questo periodo arrivano l’editto di Costantino (313) e Ambrogio Vescovo nel 374 che costruisce Milano anche spiritualmente.
L’ascesa economica e la posizione geografica attirano l’attenzione delle popolazioni nordiche, che mirano alla Pianura Padana minacciando l’impero.
È nel 402 che l’imperatore Onorio (forse il più inetto della storia imperiale) decide di abbandonare Milano al suo destino, rifugiandosi per spostare la capitale a Ravenna, considerata più difendibile. Il culmine della distruzione avviene nel 452 con il saccheggio e l’incendio ad opera di Attila e gli Unni. Molte comunità si sarebbero arrese, invece Milano si rialza subito, già nel 453 grazie all’impegno del Vescovo Eusebio che decide di riedificare la cattedrale, allora Santa Tecla. Con tutta probabilità questa riapertura al culto è alla base dell’antichissima tradizione della Dedicazione della Cattedrale, così forte da imprimere un’indelebile traccia nelle successive consuetudini ambrosiane.
#2 L’assedio del 538-539 e la prima distruzione di Milano => la nuova fondazione con i Longobardi
Credits : milano.cityrumors – Assedio Goti
L’imperatore Giustiniano I, deciso a riprendersi i territori occidentali dell’ex impero romano, manda il suo generalissimo Belisario nei territori italiani ma la campagna è lunga, farraginosa e minacciata dal tradimento dei suoi condottieri. Ne fa le spese Milano che si trova sotto assedio dei Burgundi e viene raggiunta dall’esercito bizantino quando è troppo tardi: i cittadini muoiono di fame e sono incapaci di difendere le mura cittadine, arrendendosi. Milano fu distrutta, i cittadini maschi uccisi e le donne vendute come schiave ai Burgundi.
Sarà il generale bizantino Narsete a riconquistarla per l’impero d’oriente, ma la città si riprenderà solo un secolo e mezzo dopo l’arrivo dei Longobardi con la Regina Teodolinda.
#3 L’assedio del Barbarossa e una nuova distruzione di Milano => la rivincita di Legnano, la Lega Lombarda e la fioritura dell’età dei Comuni
Credits: wikipedia- carroccio lega pontida
Ci catapultiamo nel medioevo, quando i comuni lombardi sognavano l’autonomia mentre un imperatore germanico, Federico I detto il Barbarossa, inseguiva il sogno di riunire il Sacro Romano Impero. L’ambizione e la potenza di Milano erano altissime ed era la città più agguerrita di tutti i comuni. Barbarossa, sentitosi minacciato, lanciò l’anatema e chiamò tutti gli alleati disponibili per una campagna punitiva. Pose Milano sotto assedio dal maggio 1161 al marzo 1162, fino alla caduta di Porta Romana e la vittoria.
La furia di Barbarossa fu placata solo dalla completa distruzione di Milano e il saccheggio di ogni risorsa. Nel 1164 – quando non era rimasto più nulla – gli alleati di Barbarossa lasciarono Milano che iniziò la sua reazione facendosi artefice della propria resurrezione, alleandosi con Cremona, Bergamo, Brescia e Mantova nella Lega Lombarda e giurando a Pontida del 1167.
Subito si unirono Lodi, Piacenza e Pavia ed anche il Papa diede la sua benedizione alla Lega Lombarda. L’alleanza si cementò anche intorno a simboli come il carroccio e il vessillo di Milano.
Naturalmente Barbarossa iniziò una nuova campagna di guerra, autocompiacendosi della vittoria di pochi anni prima. La Lega andò incontro al cammino dell’imperatore dietro al carroccio e alla Croce di Milano e sotto la guida di Alberto Da Giussano, descritto come il cavaliere che si distinse nella battaglia di Legnano del 29 maggio 1176 per aver guidato la Compagnia della Morte: 900 giovani cavalieri scelti per difendere a costo delle loro vite simbolo della Lega Lombarda, contro l’esercito di Federico I.
Al Barbarossa fu inflitta una sonora sconfitta e i principali vincitori furono proprio i milanesi.
Il simbolo del Carroccio verrà portato nella cattedrale di Santa Tecla ed esposto in tempo di pace per ricordare il valore di Milano e dei comuni amici. Inizia anche a brillare la luce di Milano nell’età Comunale, una dimensione consona alla città che guarda al futuro e al commercio con gli altri territori.
#4 Il cinquecento. La fine della città stato => Carlo Borromeo la riporta a guida spirituale dell’Italia
Credit : lombardiabeniculturali.it -San Carlo dipinto da Cesare Bebbia
Il periodo rinascimentale di Milano è stato folgorante quanto troppo breve.
In un contesto europeo in cui Milano passa dall’influenza francese alla dominazione spagnola con Carlo V, la fine improvvisa della dinastia degli Sforza permette alla Spagna di assumere il controllo diretto del Ducato di Milano.
Le condizioni di vita dei milanesi sono sotto lo scacco dell’aumento di tasse e del costo della vita, nonché la carenza di generi alimentari. Tutto questo viene alleviato dall’arrivo di un gigante buono, Carlo Borromeo, protagonista tra l’altro del Concilio di Trento. Nominato Arcivescovo si insedia in una città in preda al degrado e sceglie Milano come guida per l’Italia e per il mondo per dimostrare la validità delle sue idee tramutate in fatti.
San Carlo è artefice di un’intensa riforma della diocesi, attivo fautore di una nuova coesione sociale portando la sua opera pastorale tra gli ultimi, gli appestati, le prostitute e gli orfani. San Carlo ha dato un’impronta a Milano che la città conserva ancora oggi. Grande impulso all’identità e – perché no – alla felicità dei milanesi, lo diede anche l’invenzione del risotto allo zafferano, nato nel 1574 e presto adottato, richiesto e amato dai cittadini milanesi.
#5 La peste del seicento => la perla degli Asburgo
Credit: wikiwan – La scala
Tra il 1628 e il 1630 Milano e milanesi sono vittima degli eventi che fanno da sfondo ai Promessi Sposi di Alessandro Manzoni: una lunga carestia che condurrà ai Tumulti di San Martino e la terribile epidemia di peste che dimezzerà la popolazione, con risvolti sociali e psicologici importanti.
Vi è ancora la dominazione spagnola, caratterizzata da improvvisazione e individualismo, che si interrompe finalmente nel 1706 quando arrivano il rigore e la disciplina degli austriaci.
Inizia il secolo che darà l’impronta definitiva all’aspetto di Milano e al carattere dei milanesi: si gettano le basi per la futura industria lombarda, si riformano le scuole, viene inaugurato il Regio Ducal Teatro (La Scala), Maria Teresa da il via alla riforma del catasto, mantiene il lavoro della Zecca cittadina e l’impero austriaco produce vigore alla vita culturale della città.
#6 La devastazione della seconda guerra mondiale => la ricostruzione e il boom miracoloso
Nel corso della II guerra Mondiale Milano è stata la città nel Nord più bombardata dagli alleati, con centinaia di incursioni e ne esce irriconoscibile. Mancano all’appello migliaia di milanesi, una parte del Castello, della Scala e della Galleria, alcune fabbriche e monumenti.
Fedele alla sua natura, la cittadinanza puntella quello che si può salvare e inizia ad accantonare macerie in un unico luogo alla periferia ovest.
Pian piano ci si accorge che la montagna di detriti può diventare il Monte Stella e che accanto si può progettare un futuristico quartiere come il QT8. Si inizia a capire che il design può coprire le cicatrici lasciate dalla guerra e si guarda avanti, al futuro vero che segna il passo economico dell’intero paese, perché è da tutta Italia che i nuovi milanesi arrivano carichi di cultura, speranza e voglia di rimboccarsi le maniche per migliorare sé stessi e le proprie radici.
Invece del Manzoni ci saranno creativi, TV, radio e il movimento della carta stampata a raccontare questa rinascita che sembra incredibile solo per chi non ama Milano.
#7 Tangentopoli => la grande riqualificazione urbana ed Expo
Il 17 febbraio del 1992 è la data di inizio di un terremoto giudiziario e politico che ha scosso tutta Italia.
Mario Chiesa viene colto in flagrante mentre accetta una tangente e questo semplice gesto sgretola tutto l’impianto su cui si reggeva la cosiddetta prima Repubblica. Milano è al centro della vicenda e inizia a curare le sue ferite dall’interno: sarà la Procura di Milano a indagare, perseguire e condannare il sistema.
Gabriele Albertini, primo cittadino dal 1997 al 2006 e la sua visione, daranno concretezza al concetto di riqualificazione della città. Innanzitutto collaborando a stretto contatto con la Magistratura, il cui aiuto è stato fondamentale per assicurare trasparenza ai progetti di Porta Nuova, del nuovo polo fieristico di Rho e la conversione della vecchia Fiera. Milano punta in alto: fisicamente con i grattacieli modificando lo skyline, a livello cittadino con l’Expo del 2015, la vetrina internazionale che permette al mondo intero di ammirare la nuova città e la rinnovata coesione sociale dei suoi abitanti, che mettono in pratica lo spirito milanese: inclusione e curiosità per le nuove esperienze.
# La pesante mazzata del Covid in attesa di una nuova rinascita
Fino al 20 febbraio 2020, quando si scopre che cadere da così in alto fa male.
Come hanno dimostrato i milanesi prima di noi, non esistono difficoltà insuperabili per questa comunità che ha reagito facendo quadrato nel confinamento dei limiti cittadini e ha riscoperto il piacere di tendere la mano a sé stessa (Milano per Milano )
Dobbiamo sempre ricordare che Milano è fatta per splendere. Abbiamo l’obbligo di guardare avanti sapendo che la caduta di oggi non segnerà i fasti del passato.
Come la lezione che ci ha lasciato Nelson Mandela: «Non giudicatemi per i miei successi ma per tutte quelle volte che sono caduto e sono riuscito a rialzarmi». Una frase storica che sembra detta apposta per Milano.
Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità.
La Repubblica Serenissima è stata una delle maggiori potenze commerciali e navali europee della storia. Fondata nel 697, è durata ben 1100 anni: nel 1797, a seguito dell’intervento armato di Napoleone Bonaparte, con il Trattato di Campoformio, si pose fine alla Repubblica di Venezia.
Ancora oggi, però, a distanza di più di due secoli, sopravvive tra i veneti un sentimento di autonomia che trova sempre più proseliti, molto probabilmente a causa delle cocenti delusioni politiche che il popolo italiano, di cui quello veneto ovviamente fa parte, deve mandar giù giorno dopo giorno.
Stefano Zecchi: “Venezia Città Stato, capitale d’Europa”
L’autonomia di Venezia
L‘autonomia veneta è di certo il pensiero predominante in tutta la regione, alimentato ormai da decenni dai partiti locali. E’ però interessante il fatto che, oltre ai movimenti che trattano l’autonomia regionale, ce ne sia uno specifico che promuove l’importanza di rendere Venezia una città Stato.
Il Partito dei Veneti
I movimenti veneti indipendentisti e pro-autogoverno formati da donne e uomini liberi, si sono infatti uniti dando vita al Partito dei Veneti. Il movimento rappresenta tutti i veneti che non si sono arresi all’idea di autogovernarsi con l’obiettivo di limitare, fino ad escludere, la presenza dello Stato centrale in Veneto.
#Stefano Zecchi per l’autonomia di Venezia
Prof. Stefano Zecchi – Partito dei Veneti
Se ne fa ambasciatore una vecchia conoscenza, il prof. Stefano Zecchi, consigliere comunale di Venezia, dal 2016 inoltre Direttore dell’I.I.S.B.E. (Istituto Internazionale di Scienza della Bellezza) di Milano. Il professore commenta favorevolmente una recente intervista rilasciata dall’Assessore ai Lavori Pubblici del Comune di Venezia Francesca Zaccariotto, inerente la necessità di uno Statuto Speciale per Venezia: “Leggo con piacere che piano piano si prende coscienza di quanto abbiamo detto ripetutamente in campagna elettorale, dove avevamo adottato anche lo slogan “Venezia Capitale d’Europa” e cioè l’importanza di rendere Venezia una città Stato come ve ne sono circa una trentina disseminate in territorio europeo. Solo per questa via vi sarà una specifica autonomia finanziaria e si potranno raccogliere intorno a tutta l’area metropolitana di Venezia risorse necessarie per il proprio sostentamento e crescita, con ricadute positive a livello regionale”.
Il nuovo Segretario del Partito dei Veneti, Cesare Busetto, aggiunge inoltre che “stiamo lavorando proprio in questo periodo, incontrandoci assieme a massimi esperti italiani in discipline giuridiche, per verificare il percorso migliore da proporre per raggiungere questo obbiettivo di Venezia città Stato. Visto anche quanto comunicato dall’Assessore ai lavori pubblici, ci farebbe molto piacere se il Comune di Venezia fosse parte attiva e interessata a collaborare assieme a noi.”
Milano si prepara ad avere un terzo bosco verticale, la Torre Botanica, ma non tutti sanno che il primo bosco verticale venne costruito negli anni 60 dall’architetto e designer veneto Bruno Morassutti. Un edificio rivoluzionario già per i tempi, che nasce proprio dallo spirito di rinascita e dal melting pot culturale che hanno caratterizzato Milano negli anni del dopoguerra, portando ad opere di rinnovamento urbano impensabili fino a pochi anni prima.
La CASA di via Quadronno, il primo BOSCO verticale di Milano
# L’architetto Morassutti, le influenze di Frank Lloyd Wright e l’architettura al servizio dell’uomo.
credits: architetti.san.beniculturali.it
Bruno Morassutti si laurea in architettura a Venezia nel 1946 e subito dopo parte per gli Stati Uniti dove frequenta la comunità studio di Frank Lloyd Wright a Taliesin, un’esperienza che segnerà e caratterizzerà in maniera indelebile la sua carriera di architetto. Morassutti è l’unico italiano ad aver frequentato così a lungo lo studio di Wright ed è da questa esperienza che nasce la sua idea di un’architettura al servizio dell’uomo e della società che declinerà in tutte le sue opere.
# Lo studio Morassuti a Milano, la città ideale per la nascita di nuove tendenze.
credits: archilovers.com
Nel 1954 Morassutti rientra in Italia e decide che Milano è «the place to be», perché è a Milano che nascono tutte le nuove tendenze. Inizialmente entra in contatto con lo studio BBPR, uno dei primi e più interessanti casi di collettivo artistico e culturale fondato sul lavoro di gruppo anziché sulla personalità del singolo, per poi associarsi con un altro architetto, Angelo Mangiarotti, con cui progetterà le sue opere più rappresentative: la chiesa di vetro di Nostra Signora della Misericordia a Baranzate, la Casa a tre cilindri di San Siro e il bosco verticale ante-litteram di Via Quadronno.
# La casa di via Quadronno con le sue facciate ricoperte da piante e rampicanti.
L’edificio si inserisce in un più ampio programma di ricostruzione post-bellica dell’area compresa tra via Crivelli e via Quadronno. Questo nuovo isolato è stato immaginato come uno spazio verde continuo, permeabile allo sguardo e ideale prosecuzione del giardino pubblico adiacente. Da qui l’idea di realizzare l’edificio utilizzando degli elementi prefabbricati che permettessero l’innesto della vite del Canada e la scelta di lasciare che le facciate venissero con il tempo interamente rivestite dal verde.
Come per la casa dei Tre cilindri, il progetto del condominio di via Quadronno punta alla flessibilità ed è declinato attraverso moduli base prefabbricati intercambiabili che consentono la personalizzazione degli appartamenti in base alle esigenze del proprietario.
A differenza del Bosco Verticale, il verde di questo edificio nasce dalla libera scelta dei vari proprietari degli appartamenti, realizzati secondo il disegno interno voluto da ognuno, ed è reso possibile proprio dall’utilizzo degli elementi prefabbricati che, consentendo l’inserimento del verde, hanno permesso agli inquilini di innestare piante rampicanti e a medio fusto che ormai ricoprono completamente le facciate e i balconi del palazzo.
Per un lungo periodo, al primo piano dell’edificio ha avuto sede lo studio di progettazione guidato dallo stesso Morassutti.
Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità.
In provincia di Lecco, a Cortenova, sorge Villa De Vecchi, famosa per essere una delle sette ville più infestate del mondo e la più infestata d’Italia. La storia della casa e del suo proprietario, Felice De Vecchi, è diventata nella cultura popolare un racconto del terrore.
La VILLA più infestata dai FANTASMI è a un’ora da Milano
# Villa De Vecchi: la “casa rossa” negli anni.
credits: madtrip.com
Villa De Vecchi, splendido esempio di architettura eclettica, venne costruita a metà ‘800 per volere di Felice De Vecchi, eroe risorgimentale fra i protagonisti delle Cinque Giornate di Milano. La casa, soprannominata la “casa rossa” per il suo colore esterno, ospitava al suo interno mobili ed oggetti di grande valore, provenienti da tutto il mondo, il proprietario era infatti un amante della cultura orientale.
La dimora fu abbandonata nel 1938 e, durante la Seconda Guerra Mondiale, venne usata come rifugio per gli sfollati. Ormai in stato di degrado, alcuni imprenditori locali la comprarono negli anni ‘80, ma la sua bellezza e il suo mobilio sono oggi solo un ricordo, durante gli anni dell’abbandono la villa fu infatti depredata e vandalizzata.
# L’inquietante leggenda che aleggia sulla villa.
credits: samurai_____ IG
La leggenda narra che Felice De Vecchi, di ritorno da una passeggiata, trovò la moglie e la figlia brutalmente assassinate. Ma gli spiriti delle due donne sembrano non aver mai abbandonato la casa. La storia non finisce qui. Una volta morto anche il povero De Vecchi, pare che la villa sia diventata teatro di fenomeni paranormali. Queste misteriose storie avrebbero addirittura spinto lo spiritista britannico Aleister Crowley a far visita alla villa e a celebrare al suo interno riti satanici.
Ma c’è di più, altri due fenomeni inquietanti hanno luogo nel fatiscente edificio: sembra che ogni notte un fantasma suoni una melodia al pianoforte e, come se non bastasse, lo spirito di una presunta amante del proprietario spaventa i malcapitati visitatori.
# Quando l’immaginazione supera la realtà.
credits: lakecomoturist.it
Ma ecco il colpo di scena: è tutto inventato.
Nel 2012, il sito Buzzfeed mette insieme tutte le voci e le leggende circolate negli anni e la storia diventa più che mai virale, supportata dall’aspetto della Villa, ormai decadente e abbandonata, che sembra essere il luogo ideale per fare da scenografia ad una storia di paura. In realtà, ripeto, sembra essere tutto falso, a partire dalle cause della morte della signora De Vecchi. Infatti Felice e la moglie muoiono nel 1938 per cause naturali e il signor Giuseppe Negri, figlio degli ultimi custodi della villa, ha dichiarato che i racconti non hanno alcun riscontro storico.
Sembra quindi che l’immaginazione abbia superato di gran lunga la realtà, ma chi avrebbe il coraggio di passare una notte tra le sue mura?
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Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità.
Intorno agli anni ’20, ma di cento anni fa, Milano si apprestava ad offrire un grande parco dedicato allo svago proprio dove ora sorge il Centro Sportivo del Lido. Ecco la sua storia affascinante.
Il PRIMO LUNA PARK milanese
# La nascita del divertimento a Milano, sulla falsa riga del Luna Park newyorkese di “Coney Island”
Credits: @milano_scomparsa_o_quasi (IG)
Due piccoli laghi intervallati da un molo attrezzato per l’approdo di romantiche barchette, una fila di lampioni in stile veneziano, un isolotto da raggiungere, mano nella mano con la propria innamorata. E poi un’area ispirata al mare con tanto di sabbia e un marchingegno meccanico che simulava le onde. L’azienda che diede inizio ai lavori si chiamava “Società Anonima del Luna Park Lido di Milano” e incaricò l’ingegner Marescotti di rendere tangibile ciò che gli abitanti di una grigia città custodivano, fino ad allora, solo in sogno.
Negli anni 30 ci fu l’inaugurazione di quello che appariva una spettacolare novità italiana, ma sulla falsa riga del rinomato Luna Park di Coney Island, a New York.
Non è un caso se in quegli anni si è pensato di investire in qualcosa che allietasse il tempo libero dei milanesi. Infatti, l’orario di lavoro, prima massacrante e senza regole, era stato ridotto per legge a 8 ore e centinaia di persone si ritrovarono all’improvviso liberi di godersi la vita.
# La mentalità fascista disapprovava l’approccio ludico allo sport. Il progetto fallì e fu trasformato nell’attuale centro sportivo
Credits: milano.repubblica.it
Una libertà che fu breve perché la mentalità fascista dell’epoca disapprovava l’approccio ludico allo sport. Ne concepiva solo il tempo dedicato a fortificare il corpo ed il carattere, non certo “le mollezze dello svago”. Non era neppure vista di buon occhio la possibilità di far frequentare gli stessi bagni sia agli uomini che alle donne.
I contorni del Lido di Milano iniziavano ad esser definiti promiscui e così, d’improvviso e misteriosamente, il progetto fallì. Il Comune di Milano lo rilevò per trasformarlo nel tempo nel centro sportivo che conoscete oggi.
Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità.
Le solar roadways stanno diventando una realtà innovativa in alcune grandi città del mondo. Il concetto di base è usare i chilometri di strade asfaltate per produrre elettricità a servizio delle comunità, risparmiando sull’energia elettrica prodotta dal carbone, petrolio e gas. L’idea dei pannelli solari nelle strade potrebbe cambiare anche il concetto di mobilità sostenibile. Infatti, durante la marcia le auto elettriche potrebbero ricaricarsi senza bisogno di rifornimento.
Potrebbe Milano adottare questo sistema per migliorare l’impatto ambientale? Ma vediamo alcuni esempi nel mondo.
Le STRADE SOLARI: una nuova via per il futuro di Milano?
# A Jina in Cina, la prima superstrada con panelli solari a terra dell’Asia
Credits: biopianeta.it – Autostrada a pannelli solari in Cina
A Jinan, capitale della provincia cinese dello Shandong in Cina, è stata inaugurata la prima superstrada con i pannelli solari a terra, “The Jinan Expressway” sviluppata dal Qilu Transportation Development Group. La strada fa parte della circonvallazione che circonda la città e ha tre livelli: i pannelli fotovoltaici si trovano al centro, nella parte inferiore c’è uno strato isolante mentre al di sopra dei pannelli, a protezione, c’è uno strato trasparente e portante che consente alla luce solare di penetrare. Sono operativi circa 2km che producono 1 milione di kWh all’anno, sufficienti per alimentare 800 case circostanti. I pannelli sono protetti dal peso dei veicoli e dagli agenti atmosferici attraverso uno strato speciale di bitume.
# In Olanda e in Francia: piste ciclabili con pannelli solari sulla pavimentazione
Pista ciclabile con pannelli solari
D’altro canto, negli ultimi anni in Europa e in particolare in Olanda, sono state inaugurate piste ciclabili con pannelli solari a terra. Nel 2015 la prima “Solaroad” al mondo lunga 70 metri, produceva un rendimento annuo di circa 70kwh per metro quadro. Le strade raccolgono l’energia dei raggi solari durante il giorno per poterla usare per alimentare i lampioni durante la notte. Le piste sono fatte di lastre in calcestruzzo in cui sono stati integrati semplici pannelli fotovoltaici, a loro volta protetti da uno spesso strato di vetro trasparente in grado di sostenere sia le bici che i mezzi più pesanti.
In Francia un primo tentativo è stato condotto per produrre elettricità per un sobborgo di 5000 abitanti non lontano da Tourouvre-au-Perche. La struttura dei pannelli è formata da silicio policristallino che hanno uno spessore di pochi millimetri e la cui produttività è garantita per circa 20 anni. Oggi in base ai dati dell’ADEME questo sistema produce però solo la metà dell’energia sperata all’inizio però è senza un dubbio un primo punto di partenza, ci sono anche da risolvere problemi di deterioramento e comfort acustico.
# Una strada possibile anche per Milano?
Dieci anni fa nessuno avrebbe parlato della diffusione di massa delle elettriche eppure stanno diventando sempre più popolari tra di noi. E’ ipotizzabile quindi un futuro per questa tipologie di strade che producono energia. Si tratta di un progetto in fase embrionale perché in base ad alcune ricerche la produzione energetica prodotta da questo sistema equivale ad 1/3 di quella prodotta sui tetti delle abitazioni ed uffici. Ciò non toglie che in paesi come la Cina, Olanda, Svezia e USA questo tipo di progetto sia in continuo sviluppo e in fase di miglioramento tecnologico e forse un giorno le vedremo anche a Milano. Sarebbe un bel segno per contrastare la grave piaga dell’inquinamento dell’aria e un simbolo di rinascita per la ripartenza della città.
Ritratto digitale di Giacomo Giannella (https://www.giannellachannel.info/)
Nelle sue considerazioni finali da Governatore uscente della Banca d’Italia nel 2011 l’attuale premier incaricato sosteneva la necessità di attuare il federalismo fiscale per sistemare il bilancio dello Stato, se soddisfatte due condizioni. Ecco cosa dichiarava 10 anni fa. La penserà ancora così?
Mario Draghi: “il federalismo fiscale può aiutare i conti pubblici”
Ultime considerazioni finali di Mario Draghi, Governatore della Banca d’Italia (2011)
”Oggi bisogna in primo luogo ricondurre il bilancio pubblico a elemento di stabilità e di propulsione della crescita economica, portandolo senza indugi al pareggio, procedendo a una ricomposizione della spesa a vantaggio della crescita, riducendo l’onere fiscale che grava sui tanti lavoratori e imprenditori onesti”
‘‘Il federalismo fiscale può aiutare responsabilizzando tutti i livelli di governo, imponendo rigidi vincoli di bilancio, avvicinando i cittadini alla gestione degli affari pubblici. Due condizioni sono cruciali: che i nuovi tributi locali siano compensati da tagli di quelli decisi centralmente e non vi si sommino; che si preveda un serrato controllo di legalità sugli enti a cui il decentramento affida ampie responsabilità di spesa”.
L’opinione italiana su Milano è decisamente migliorata negli anni, anche se il Covid e la gestione lombarda della crisi hanno un po’ offuscato la percentuale di risalita. Siamo soliti vivere di luoghi comuni e leggende metropolitane sulle città che non conosciamo, e anche il capoluogo meneghino non è risparmiato. Ecco le prime cose che un non milanese pensa, passando per Milano o dovendosi trasferire qui per lavoro?
Le prime 5 COSE di MILANO che vengono IN MENTE a un non milanese
#1 La nebbia
credits: tibyk6406 IG
È indubbiamente un retaggio un po’ anni’80, i tempi da allora sono cambiati non poco e neppure il clima è da meno, probabilmente a causa del riscaldamento globale che ha innalzato le temperature un po’ ovunque. Sta di fatto che il “avete solo la nebbia”, un tempo appannaggio di cori da stadio, è sbarcato e si è diffuso capillarmente in tutto il territorio italiano, anche nelle regioni limitrofe alla Lombardia. Una sciocchezza comprovata dai fatti: la Milano nebbiosa che avvolgeva i meridionali trasferitisi qui per lavoro è ormai un lontano e remoto ricordo e, quando ve n’è ancora, si concentra soprattutto nelle zone poco edificate dei comuni limitrofi alle grandi città. Con buona pace degli sfottò del Centro Italia e dei nostri vicini qui al Nord, come se poi a Torino o Venezia ci fosse meno nebbia che a Milano.
#2 Si mangia male
credits: sandro_rosignoli IG
Fra le tante fesserie che girano nel belpaese. Il cuore pulsante delle passioni italiane risiede stabile in cucina, da dove si diffondono come tentacoli tradizioni, usanze e costumi che hanno milioni di forme, agli antipodi da un comune all’altro, figurarsi fra province e regioni. Il campanilismo culinario c’è sempre stato. Al Centro Sud ci si vanta di avere piatti migliori, ma forse perché il carattere degli italiani lì è mediamente più propenso a decantare le proprie ricette rispetto al Nord, dove la cucina è ricchissima, solo inevitabilmente diversa, anche per questioni stagionali/metereologiche.
Certo, al cuor non si comanda e allo stomaco neppure. Ognuno ha le proprie preferenze, ma siamo proprio sicuri che uno spaghetto alle vongole sia più nobile d’un piatto di brasato con polenta?
#3 La moda e lo shopping
credits: Pinterest.it
Caposaldo inossidabile del pensare nostrano: il fashion. Le boutique d’alta moda e il connubio con il mondo dello shopping (nonché delle nuove forme social di promozione brand di moda e affini, che non esistevano trent’anni or sono) è vivo e vegeto per i quartieri di Milano, e sta crescendo a una velocità pazzesca.
E su questo, non c’è pandemia che tenga. Milano è, e resterà, la capitale italiana e internazionale della moda, e in Italia, questo, lo sanno bene dappertutto. Anche chi non ci è mai stato.
#4 I soldi
credits: pepperjess_
A braccetto con la moda c’è il mondo del business, da sempre il braccio forte di Milano. Il dito di Cattelan in piazza Affari non ha fatto altro che aumentare la fama moderna della Borsa, la quale era già in auge nelle decadi precedenti, e non solo per l’immaginario collettivo legato agli Yuppies e della Milano di cui tanto abbiamo parlato. Milano è ancora la capitale italiana della finanza e del commercio, e questa etichetta resta salda nelle idee della stragrande maggioranza degli italiani.
#5 La nightlife
credits: disco_milan
Qui non possiamo che confermare tutto a occhi chiusi. La vita notturna di Milano è sempre stato uno dei motivi principali per i quali i giovani si trasferivano qui, a partire dagli studenti universitari fino alle fughe nei weekend di ragazzi provenienti da fuori, per trovare clubs e locali che in buona parte d’Italia non si trovano. Come a dire, non tutto ciò che si pensa è un luogo comune. Perché quando questa dannata situazione sarà alle spalle, la nightlife ripartirà col turbo, per bruciare in breve tutto il tempo perduto rimasta ferma ai paddock.
Ora tocca a voi. Diteci, cosa pensavate di Milano prima di trasferirvi qui? Era come ve l’aspettavate?
Sono il punto di riferimento per il benessere a Milano. Le terme però sorgono da una realtà precedente che in pochi conoscono. A cosa servivano prima di diventare un luogo di relax?
Le TERME di MILANO: il cuore del RELAX milanese nasconde un passato MACABRO
Forse non tutti sanno che le rinomate Terme di Milano, meta di svago e relax di molti meneghini, sorgono dalla fusione di due realtà preesistenti, una molto in là nei secoli ed una più recente.
# Una stazione funebre in circonvallazione
credit: milanoneisecoli.blogspot.com
Nel 1908 proprio in quel luogo venne realizzata una stazione funebre da cui partivano le salme dirette ai cimiteri Musocco, Monumentale e Maggiore. Avete capito bene. Il contrasto fra i due usi è alquanto curioso.
La palazzina è in stile liberty, progettata dall’architetto Tettamanzi in collaborazione con l’ingegnere Minorini. Prima di essa c’era già la stazione funebre di via Bramante ma con l’evoluzione della città e il relativo aumento della popolazione, non poteva bastare, soprattutto per coprire tutta la zona sud di Milano che agevolava l’arrivo al cimitero di Musocco. La scelta di porre la stazione proprio in Piazza Medaglie d’oro è stata fatta perché era affacciata sull’ampia circonvallazione dei Bastioni.
# Un’edificio storico: tra mura spagnole ed elementi novecenteschi
credit: Wikipedia
Se la struttura interna rappresenta lo stile primi del 900, l’area esterna vi porta nel 1500. Il grande prato con diverse piscine riscaldate e illuminate di sera, è avvolto da bellissime mura in mattone innalzate durante la dominazione spagnola, per sostituire le mura medievali.
Vi è una testimonianza scritta dell’inaugurazione dei lavori: “Nel nome della Santissima Trinità della gloriosa vergine, dell’anno della nostra salute 1549, dì 22 del mese di marzo, fu fatto principio di fortezza di preda per tutto il circuito di Milano e insema con esso una processione lì era ..illustrissimo Ferrante Gonzaga, luogotenente di sua maestà in Italia e tutti insema andarono fora di Porta Orientale”.
# Da qui partivano delle vetture un po’ speciali: i tram funebri
credit: milanoneisecoli.blogspot.com
Parlando invece dei tram funebri, come dovevano essere?
Il Comune diede la progettazione in appalto alla Edison (che costruiva già i tram elettrici) per fare vetture speciali. Due vagoni: uno per portare il feretro, uno per ospitare i suoi accompagnatori, corredato di ogni comodità.
Sedili in velluto, tappezzeria, riscaldamento, vetri smerigliati per la privacy. Potevano contenere fino a due bare mantenendo comunque la riservatezza delle famiglie.
# Oggi il relax ha preso il posto della stazione funebre
Credits: Tirpadvisor – QC Terme Porta Romana
Con l’avvento dei primi mezzi a motore, questa iniziativa cominciò a cadere in disuso fino a venir soppressa nel 1928.
L’edificio venne trasformato nel circolo ricreativo dei dipendenti dell’Atm fino ad oggi dove ha preso corpo un suggestivo spazio termale.
Trascorrere lì un paio d’ore di relax vi estranea completamente dalla realtà e dagli affanni quotidiani portandovi lontano nel tempo.
Consiglio a tutti di andarci almeno una volta, soprattutto al calar del sole per vedere le mura illuminate e le stelle mentre siete immersi nelle bollicine della piscina riscaldata.
Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità.
In questi giorni, durante i lavori per la realizzazione della futura stazione M4 De Amicis, sono stati ritrovati i resti di una struttura muraria di epoca medievale. E’ già il secondo ritrovamento archeologico dall’inizio degli scavi, infatti era stata trovata precedentemente una struttura che verrà rimontata nel piazzale della stazione metropolitana. Quale sarebbe stato il futuro dei nuovi reperti è rimasto incerto a lungo, ma ora il suo “trasferimento” è iniziato.
# Dove verranno trasferite le mura?
credit: zerounotv.it
I resti verranno prima smontati, per poter esseri rimossi dal cantiere, e venire poi posizionati nell’area dell’Anfiteatro romano. In quest’area archeologica è già in atto un programma di riqualificazione che prevede la creazione del “Pan” – Parco Amphitheatrum naturae – che sarà il più grande parco archeologico della Lombardia. Si tratterà di un progetto di “archeologia green” in pieno centro città, tra via Arena e via Conca del Naviglio, al Ticinese. L’idea può sembrare innovativa ma prende spunto dal passato: infatti intende riprodurre, con una simbiosi di natura e archeologia, il modello che esisteva in epoca romana.
# Reticolo idraulico o mura difensive? Gli archeologi avanzano ipotesi
Lo spostamento della struttura si pensa che non sarà celere a causa delle sue dimensioni e della sua fattezza. Alta circa 2,5 metri, lunga quasi 10 metri e con uno spessore di ben 2 metri, l’imponente struttura è composta da blocchi in pietra lavorati a bugnato e si sono conservati anche degli elementi probabilmente parte di un sistema di regolamentazione delle acque. Quale fosse la funzione delle mura ancora è da stabilire con certezza ma gli archeologi ipotizzano che le mura fossero connesse ad un più grande reticolo idraulico. Un’altra ipotesi, anche se meno probabile, vede la struttura come le fondamenta di una grande torre difensiva.
Gli accertamenti sulle sue origini sono ancora in corso e non appena il “Pan” sarà ultimato, grazie a questi e a tanti altri reperti sarà possibile tornare indietro nel tempo, restando sempre a pochi passi dal centro città.
Il Cts ha approvatole nuove regole anti-Covid per sciare in sicurezza dal 15 febbraio. Salvo sorprese si potrà tornare a sciare in zona gialla e i lombardi avranno solo l’imbarazzo della scelta anche se con alcuni accorgimenti. Ecco la nostra selezione con le 7 più spettacolari località della regione.
Dal 15 febbraio si torna a SCIARE: questi sono i 7 LUOGHI TOP della Lombardia
# Le regole anti-Covid per sciare in sicurezza: dalla mascherina al distanziamento
Il Cts ha approvato, pur con alcune limitazione rispetto alle proposte dei presidenti di regione, le nuove regole anti-Covid per sciare in sicurezza dal 15 febbraio quando riapriranno gli impianti in zona gialla. Ecco quali sono: mascherina obbligatoria, capienza dimezzata in funivie e cabinovie e anche nelle seggiovie con la cupola paravento abbassata, numero chiuso per gli accessi agli impianti con un numero limitato di skipass giornalieri proporzionati alla grandezza del comprensorio. In entrata e uscita sono previsti corridoi separati, ai rifugi vengono applicate le le stesse norme di bar e ristoranti.
#1 Aprica (SO), per sciare da 2.300 metri d’altezza e godere delle splendide vedute sulle vallate e montagne circostanti
Credits: apricaonline.com – Aprica
Nel comune valtellinese di Aprica si può sciare dai 2300 metri fino ai 1100 del paese godendo di splendide vedute sulle vallate e montagne circostanti. Sono tre le zone, unite da panoramiche piste di collegamento, in cui è possibile sciare: Baradello, Palabione e Magnolta. Per la discesa si può scegliere tra i 50 chilometri di piste da sci, per chi ama il fondo c’è un anello lungo 7,5 km. Celebre la Benedetti, la mitica nera del monte Palabione.
#2 Bormio (SO), una delle località sciistiche più famose d’Italia, a 3.000 metri d’altitudine
Credits: bormioski.eu – Bormio
Bormio è una delle località sciistiche più famose di tutto il Paese e si trova a 3.000 metri d’altezza, all’interno del Parco Nazionale dello Stelvio. Nel 2005 ha ospitato anche i Mondiali di sci e oggi con i suoi 50 chilometri di piste da sci e 10 chilometri da fondo è una delle località più apprezzate della Valtellina.
#3 Madesimo (SO), al confine con la Svizzera, dove c’è la prima funicolare sotterranea d’Italia
Credits: siviaggia.it – Madesimo
Siamo sempre nella provincia di Sondrio, al confine con la Svizzera. Negli ultimi anni la località di Madesimo ha visto l’ampliamento dei suoi servizi per gli sciatori: 4 seggiovie quadriposto coperte, due esaposto, una telecabina ad otto posti e la prima funicolare sotterranea in Italia. Per raggiungere gli impianti, 50 km per le discese e 5 km per il fondo, anche una funivia e diverse seggiovie. Celebre il “Canalone”, pista nera mozzafiato.
#4 Livigno (SO), meta di shopping d’alta quota con il record di 115 km di piste
Credits: skypasslivigno.com – Livigno
A Livigno ci sono ben 115 chilometri di piste di differenti livelli, tra i 1800 e i 2900 metri di quota, per lo sci di fondo ci sono invece 30 chilometri di tracciato. Per gli sciatori sono disponibili 6 telecabine e 11 skilift sui due versanti della montagna. La località è anche una nota meta di shopping anche per il fatto di essere un porto franco.
Per i milanesi Piani di Bobbio, in provincia di Lecco, è l’ideale per una gita fuori porta: è raggiungibile infatti in poco più di un’ora da Milano. Situata a 1700 metri di altezza, gli amanti delle discese hanno a disposizione 35 chilometri di piste e quelli del fondo 7 chilometri di tracciati.
#6 Ponte di Legno (BS), da antico borgo a uno dei comprensori sciistici più grandi della Lombardia
Credits: orobie.it – Ponte di Legno
Ponte di Legno, in provincia di Brescia, un tempo era un antico borgo dell’Alta Val Camonica. Oggi è uno dei più vasti comprensorio sciistici lombardi, secondo solo a Livigno per km di piste: 30 per la discesa e 39 chilometri per il fondo.
#7 Foppolo (BG), a 1.600 metri d’altezza nella Valle Brembana
Credits: dovesciare.it – Foppolo
Foppolo si trova a 1600 metri di altitudine, nella Valle Brembana, molto apprezzata come destinazione sciistica dispone di 47 km di piste da scii per la discesa e 3 chilometri di percorso per chi fa fondo. Per gli sciatori esperti imperdibile la discesa dal Monte Valgussera, il punto più alto del comprensorio di Foppolo.
Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità.
Nelle ultime settimane Milano sta vivendo una “rivoluzione viabilistica” con la realizzazione di numerose piste ciclabili e l’istituzione delle “zone 30”. Tuttavia, questa svolta green non è piaciuta a tutti e, soprattutto, ai tassisti milanesi, per i quali si tratta di “una serie di interventi che ha finito per peggiorare la situazione”.
Lo sfogo dei TASSISTI MILANESI: “Nessuna PROGETTUALITÀ nelle PISTE CICLABILI”
# Gli effetti di una progettazione approssimativa
Credits: milano.repubblica.it
Claudio Severgnini, presidente di “Tassisti Artigiani Milanesi”, ha indirizzato una lettera a Palazzo Marino criticando le corsie riservate ai ciclisti “spesso tracciate senza una progettazione definita, ma con il solo intento di lanciare una campagna green da utilizzare nella prossima campagna elettorale”.
Poi, secondo Severgnini, la concretizzazione delle piste ciclabili produce “effetti devastanti per tutti quei cittadini che hanno la necessità di spostarsi in città con altri mezzi”.
# Una viabilità che non considera gli interessi di tutti
Credits: www.7giorni.info
Per le vie Milano, ovviamente, non circolano solo i ciclisti, ma anche tutti gli altri utenti della strada, tra cui anche i lavoratori.
Sempre nella lettera di Severgnini, si legge che la realizzazione delle piste ciclabili non considera “gli equilibri sulla normale circolazione degli altri utenti” e aggiunge che “la crociata contro l’automobilista è ormai al suo culmine”. Infatti, con il passaggio in zona gialla e la conseguente ripresa delle attività commerciali e delle scuole, “la circolazione in alcune vie e piazze ha già raggiunto livelli da bollino nero” e ci si chiede cosa accadrà quando saranno consentite nuovamente fiere e manifestazioni importanti.
# Le piste ciclabili senza progettualità portano ad un innalzamento del tasso d’inquinamento
Credits: mianews.it
Il presidente di TAM ha anche elencato alcuni esempi evidenti di mancata progettualità e di peggioramento delle condizioni del traffico.
Tra questi, la questione relativa a Corso Venezia e Corso Buenos Aires sulle cui piste ciclabili si è già discusso molto. Queste due vie “si sono trasformate in un unico serpentone di auto incolonnate, con il naturale innalzamento del tasso di inquinamento. Quando alcune decisioni vengono prese senza verificarne preventivamente gli effetti, accade che poi tutti ne faranno le spese, compreso chi, in passato, ha applaudito a questa rivoluzione”.
# I tassisti milanesi chiedono maggiore considerazione
Credits: www.milanotoday.it
Ma c’è un altro problema.
Infatti, secondo i tassisti milanesi “le guerre per essere vinte hanno bisogno dei soldati ed ecco che vengono arruolati agenti della polizia locale e ausiliari del traffico con il compito di far rispettare queste corsie“.
Un esempio, che ha tutti i connotati per essere “tragicomico”, risale al 3 febbraio scorso. Un taxi, in attesa del suo cliente, è stato multato perché era, con due ruote, sulla pista ciclabile in Corso Venezia.
I tassisti chiedono solo più rispetto e una maggiore considerazione anche delle loro esigenze, andando verso una riflessione amministrativa e un approfondimento dell’argomento.
Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità.
Il mercato degli affitti a Milano sembra non resistere alla crisi, almeno per quanto riguarda i canoni. Ma quali sono i prezzi nei diversi quartieri? E qual è la zona più economica?
AFFITTI a Milano: i canoni per quartiere e la zona più conveniente
«C’è emergenza economica ma i proprietari preferiscono tenere sfitti gli spazi piuttosto che ritoccare i canoni al ribasso»
I prezzi delle case a Milano non sembrano scendere ed è sempre più ampia la fetta di popolazione che manifesta il proprio disappunto. Mario Breglia di Scenari Immobiliari afferma: «C’è emergenza economica ma i proprietari preferiscono tenere sfitti gli spazi piuttosto che ritoccare i canoni al ribasso assumendosi il rischio di morosità o mancato rilascio dell’appartamento». Anche per affittare appartamenti di piccole dimensioni i costi sono altissimi, ma qual è la situazione attuale e quali sono i canoni nei diversi quartieri della città?
# Prezzi alle stelle: un fattore che può portare a una fuga dalla città
Credits: blog.urbanfile.org
I prezzi costanti delle abitazioni potrebbero sembrare un segnale positivo a conferma delle potenzialità della nostra città, ma allo stesso tempo rischiano di essere un freno al suo sviluppo e alla ripresa post-covid: se gli abitanti non riescono a trovare case a prezzi accessibili, è inevitabile la fuga dalla città. Enzo Albanese di Fimaa a proposito ha dichiarato «Non ci sono abbastanza appartamenti dignitosi e in quartieri ben serviti offerti a prezzi accessibili. In queste condizioni l’emorragia di residenti verso l’hinterland è inevitabile». Il problema risulta evidente, c’è un gap tra la domanda e l’offerta. Andrea Lacalamita, co-fondatore di Homepal.it, ha infatti ammesso che il mercato immobiliare «è poco elastico ma prima o poi dovrà adeguarsi all’aumento dell’offerta che già supera di gran lunga il calo della domanda».
# I canoni per quartiere: qual è la zona più economica di Milano?
credit: milano.corriere.it
Come ha sintetizzato Elisabetta Andreis sul Corriere, questo è l’andamento dei prezzi nei diversi quartieri di Milano:
Centro Storico: Rispetto al 2019 sono aumentati i prezzi sia per i bilocali, circa 1.470 euro, sia per i trilocali che si aggirano attorno ai 1.850 euro.
Le zone che invece hanno subito un aumento dei prezzi per i bilocali e un ribasso sui trilocali sono: Porta Nuova-Greco-Zara, Magenta-Sempione, Venezia-Buenos Aires, Bovisa-Dergano, Ticinese-Genova, Città Studi-Argonne, Lorenteggio-Inganni e Corvetto-Rogoredo-Vigentino.
Mentre sono diminuiti i canoni sia per i bilocali che per i trilocali nelle zone di: Niguarda-Cà Granda-Bicocca, Forlanini-Taliedo, Baggio-Forze Armate, Chiesa Rossa- Gratosoglio e S. Siro-QT8 Gallaratese.
Il quartiere che al momento risulta più conveniente di Milano è Baggio-Forze Armate, in cui il canone medio mensile è di 490 euro per un bilocale.
# I problemi del mercato degli affitti meneghino si ripercuotono sia sui proprietari che sugli inquilini
Il problema basilare, secondo l’assessore alle Politiche sociali e abitative Rabaiotti, è che in Italia l’affitto è un’opzione di serie B in cui non si è creduto e investito abbastanza: «Occorre una convergenza di sforzi. Le agenzie immobiliari non propongono in modo efficace le soluzioni a canone calmierato, dal canto loro i proprietari immobiliari dovrebbero ammorbidire le aspettative» e continua spiegando nel concreto quali sono i limiti attuali del mercato degli affitti, sia per i proprietari che per gli inquilini. «Il proprietario continua a sentirsi minacciato dall’inquilino e l’inquilino minacciato dallo strapotere della proprietà. La legge dovrebbe ripartire da un diverso bilanciamento dei rapporti tra le parti. In una fase difficile abbiamo bisogno di venirci incontro per poter ripartire senza ulteriori sofferenze».
# Cosa ne pensano i cittadini? Spunti interessanti dal gruppo Facebook “Cantiere UrbanFile”
credit: sinistraxmilano.org
Sul gruppo Facebook Cantiere UrbanFile molti cittadini meneghini si sono sentiti di dire la propria opinione riguardo a questa tematica e tra i commenti sono emersi spunti interessanti per il Sindaco della città. C’è chi difende i diritti dei proprietari pur essendo a favore della “casa per tutti”: «Prima di tutto, dopo 3 mesi di affitto non pagato, c’è lo sfratto immediato. Non esisterà più che ci sia bisogno di un giudice. Le tasse vengono bloccate, quando un inquilino non paga, se io affitto ad un prezzo più basso di quello che dovrebbe esser previsto nella rendita catastale anche questa cala a seguito dell’affitto. Perchè va bene esser a favore della casa per tutti, ma non a discapito dei proprietari delle case». Proseguendo tra i commenti si trova anche chi critica il sistema di edilizia pubblica: «Se le case popolari smettessero di essere un diritto acquisito a vita si libererebbero moltissime abitazioni. I requisiti per l’accesso al canone sociale devono essere verificati periodicamente, chi non rientra più nei parametri (perché ha migliorato il suo reddito) deve lasciare la casa popolare a chi ne ha bisogno».
Non solo critiche però. Un commento riporta le modalità utilizzate in Portogallo, proponendole come valide alternative anche qui in Italia: «In Portogallo fanno due cose: l’affitto viene pagato direttamente allo stato, che ne decurta la tassazione e rende il netto al proprietario. Così è molto più facile controllare evasione e prezzi. E, dopo la crisi covid, stanno sperimentando un sistema per cui tutti quelli che affittavano a breve termine, posso affittare a lungo termine a prezzi calmierati e ricevono dallo stato parte del mancato guadagno di differenza. Penso siano entrambe cose che sarebbe interessante provare ad importare».
Una cosa è certa: il mercato degli affitti a Milano non funziona e per la ripartenza della città è necessario, non facoltativo, che venga ridimensionato.
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Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità.
Come in un film di fantascienza, il MIND, Milano Innovation District, diventa un laboratorio di sperimentazione a cielo aperto, ospitando molti progetti di ricerca sulle soluzioni di mobilità futura. Veicoli senza conducente, car sharing ed attenzione all’ambiente sono solo alcuni dei punti fondamentali di questi piani. Sarà davvero possibile una mobilità “del futuro”? Fonte: Urbanfile
La mobilità del futuro a Milano: progetti da fantascienza per il quartiere MIND
# Milano 26esima in classifica per le nuove esigenze di mobilità.
credits: storiadimilano.it
L’Urban Mobility Reasiness Index, uno studio pubblicato alla fine del 2020, ha analizzato le più grandi città mondiali con l’obiettivo di evidenziare come stanno rispondendo alle nuove esigenze della mobilità e ne ha stilato una classifica. Sul podio ci sono Singapore, Londra e Stoccolma, ma bisogna ammettere che anche Milano, unica città italiana in lista, non si posiziona affatto male, collocandosi al 26esimo posto. Gli elementi innovativi in tema di attenzione per il sociale e per la sostenibilità, siano essi già in atto o previsti nei piani di sviluppo, hanno premiato il capoluogo meneghino, che si trova anche nelle primissime posizioni delle classifiche in materia di energia pulita dei mezzi pubblici e shared mobility. Ancora da migliorare, invece, il rapporto tra centro e periferie e la fruibilità pedonale.
# Progetto MIND: punto di riferimento per le smart cities del futuro.
In questa prospettiva di mobilità futura si colloca il Milano Innovation District, MIND, il nuovo quartiere sorto sulle ceneri dell’ex area Expo che entro il 2030 diventerà un importante polo di riferimento per ricerca, sanità e istruzione. Proprio questo distretto si propone di diventare anche un punto di riferimento per le città intelligenti del futuro, affermando nella sua mission che “costruire la città del futuro significa progettare oggi per una città che possiamo solo prevedere”. Tra le previsioni più certe sul futuro delle città c’è la diminuzione delle automobili, proprio per questo molti progetti stanno cercando soluzioni innovative di mobilità e MIND diventerà il primo quartiere al mondo progettato per veicoli a guida autonoma. La riqualificazione di quest’area rappresenta un importante tassello per il programma Milano 2030 che punta ad una maggiore attenzione verso ambiente e cambiamenti climatici, alla valorizzazione di quartieri e periferie e al diritto alla casa.
# Tra veicoli senza guidatore e droni, si progettano nuovi mezzi di trasporto innovativi.
I progetti portati avanti nel MIND ruotano intorno a cinque temi: veicoli elettrici e sostenibili, car sharing, guida autonoma, mobilità locale e comunicazione tra macchine e ambiente. I progetti pilota nell’ex area Expo infatti stanno cercando soluzioni di mobilità che fondino sostenibilità e nuove tecnologie, tra queste: veicoli elettrici a guida autonoma, droni e mezzi di trasporto condivisi.
# Il progetto Systematica: la guida autonoma è possibile?
Tra i molti progetti, anche l’azienda italiana Systematica, leader nella pianificazione dei trasporti, sta portando avanti il suo progetto pilota in MIND. Lì sono state condotte, infatti, una serie di simulazioni per la mobilità senza conducente, utilizzando un sistema formato da navette a guida autonoma che, secondo il progetto, collegherebbero il quartiere con quello di Rho Fiera.
Ad affiancare l’azienda italiana in questa proposta ci dovrebbe essere Bosh, che sperimenterebbe per la prima volta su larga scala i suoi mezzi a quasi-zero emissione. Un’attenzione particolare è ovviamente rivolta alla sicurezza: i veicoli completeranno il proprio percorso anche in caso di guasti tecnici ed eviteranno ostacoli improvvisi grazie a duplici sistemi di alimentazione e a speciali sensori.
# Convivenza tra uomo e macchina: un nuovo modo di spostarsi e di vivere.
Insieme ai trasporti, verranno certamente modificate anche le nostre abitudini e i nostri stili di vita, per esempio potrebbe diventare parte della quotidianità condividere con sconosciuti un piccolo veicolo a guida automatica. Molti esperti rimangono scettici, soprattutto per quanto riguarda i veicoli senza conducente, ma la maggioranza concorda che entro il 2030 si avrà una rivoluzione della mobilità cittadina.
Alla domanda sulla reale necessità dei veicoli a guida autonoma, uno dei direttori di Nvidia, una famosa azienda produttrice di dispositivi tecnologici, ha affermato che saranno molto più sicuri e che daranno la possibilità di ottimizzare i tempi, svolgendo altre attività mentre ci si sposta.
E voi cosa ne pensate? Salireste su un veicolo senza conducente?
Dopo mesi di chiusura giovedì 4 hanno riaperto le Gallerie d’Italia di Piazza Scala a Milano e il responso non potrebbe essere più positivo. A dimostrarlo le persone fuori in coda in attesa di poter entrare per riscoprire, questa volta dal vivo, la mostra dedicata al Tiepolo.
A Milano torna l’ARTE: le Gallerie d’Italia fanno sold out con il TIEPOLO
# La riapertura con il Tiepolo
Credits: gallerieditalia.com
Dopo mesi di chiusura il 4 febbraio hanno riaperto le Gallerie d’Italia e il successo è immediato, tanti infatti quelli hanno scelto di prenotare una visita nel giorno d’esordio, accettando di attenersi alle misure previste. Non sono però gli ingressi scaglionati o la misurazione della temperatura a rovinare l’atmosfera di questo giorno che segna il ritorno dell’arte nella quotidianità delle persone.
Per il museo milanese è stata prorogata fino al 2 maggio 2021, la mostra “Tiepolo. Venezia, Milano, l’Europa”, a cura di Fernando Mazzocca e Alessandro Morandotti, dedicata allo straordinario interprete del Settecento nei 250 anni dalla scomparsa.
In questi mesi la mostra è stata “visitabile” online, ma adesso è arrivato il momento di godersi dal vivo l’esperienza pittorica di questo grande artista italiano che con i suoi colori luminosi conquistò Venezia, Milano e l’Europa.
# Una Milano da ricostruire: dal dopoguerra alla pandemia
Credits: archivio Publifoto intesa Sanpaolo – Milano nel dopoguerra
Quella del Tiepolo non è l’unica esposizione prevista per questo periodo, le Gallerie propongono infatti anche la mostra “Ma noi ricostruiremo. La Milano bombardata del 1943 nell’Archivio Publifoto Intesa Sanpaolo'” a cura di Mario Calabresi, prorogata fino al 16 maggio 2021.
Da una parte la Milano devastata dai bombardamenti del 1943 e dall’altra la Milano resa quasi irriconoscibile dall’epidemia di Covid-19, questi i due protagonisti della mostra. Ci sono immagini forti e significative della vita post-bellica, raccolte dai fotografi dell’agenzia Publifoto, messe a confronto con gli stessi luoghi immortalati durante il lockdown dell’inverno 2020 dal fotografo torinese Daniele Ratti. Un confronto questo, che oggi più che mai fa riflettere.
#Un nuovo inizio
Giovanni Morale, vicedirettore del museo di Intesa Sanpaolo, definisce questo successo una grande gioia, un’emozione per i cittadini e per gli operatori stessi.
Il 4 febbraio è stato anche il giorno della riapertura di tutte le Gallerie d’Italia, non solo a Milano. Le tre Gallerie d’Italia di Milano, Vicenza e Napoli riaprono al pubblico tutte insieme facendo riscoprire agli italiani la bellezza e l’emozione di ritrovarsi davanti alla grandi opere del nostro paese.
Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità.
In una situazione drammatica come quella in cui stiamo vivendo le persone sono disposte a credere a qualunque cosa che possa portare alla risoluzione del problema. Questo è molto pericoloso.
Perché magari è vero che è la cosa che risolve il problema, che sia un vaccino o un nuovo leader governativo, però magari non è così. Come sempre può accadere. Soltanto che trasformare il giudizio in un atto di fede, toglie quell’elemento che consente di valutare in maniera obiettiva l’efficacia reale e di limitare i danni nel caso in cui non funziona.
I regimi totalitari dall’antica Roma ai regimi del novecento nascono in contesti di crisi e di popolazioni disperate. Si sono sempre basati su un atto di fede che consente al dittatore di fare qualunque cosa. Che somiglia a una fede religiosa.
Per natura l’uomo è un animale religioso e abbraccia delle fedi. Anche le persone atee vivono di atti di fede.
Si potrebbe dire che la fede è come il miraggio nel deserto. E’ ciò che nei momenti aridi e di disperazione ti consente di ritrovare il gusto della vita e qualcosa per cui andare avanti.
La fede è connaturata con la nostra essenza ma si deve nutrire di dubbi non di certezze che portano al fanatismo e agli estremismi.
Perché il miraggio finché rimane in una dimensione individuale può diventare uno stimolo vitale ma se viene proiettato in una dimensione collettiva può portare a orizzonti ancora più aridi.
Dal 2012 chiusa a causa di una frana, dopo il progetto esecutivo rimane da attendere il bando di gara europeo. Ecco quando riaprirà.
La VIA dell’AMORE alle 5 terre riaprirà: ecco quando
# Chiusa dal 2012 a causa di una frana. Approvato il progetto esecutivo per la sua riapertura
Credits: viadellamore.info – La frana del 2012
Ora è ufficiale: la suggestivaVia dell’Amore, uno dei tesori delle Cinque Terre chiusa nel 2012 a seguito di una frana, riaprirà in totale sicurezza. Si è completato il percorso autorizzativo, dopo l’approvazione in conferenza dei servizi del progetto esecutivo, per l’apertura dei cantieri e la restituzione alla fruizione collettiva di una delle passeggiate più suggestive al mondo. Il progetto esecutivo sarà sottoposto alle verifiche di legge per dare il via alla successiva gara di appalto europea.
# Un intervento unico nel suo genere in uno dei siti patrimonio dell’Unesco
Credits: wikipedida.org – Via dell’amore
Sarà un’operazione unica nel suo genere l’intervento di ripristino e riqualificazione della Via dell’Amore perché occorre mettere in sicurezza l’area di un parco nazionale e un sito Unesco. Il progetto tiene conto di queste peculiarità è rispetterà al massimo la geomorfologia del territorio. Nel dettaglio: “il fronte roccioso al di sopra della via dell’Amore sarà definitivamente messo in sicurezza con interventi progettati per prevenire cadute di materiale sul percorso, mentre la via sarà riqualificata con lavori di ripristino strutturale e di riqualificazione ambientale.” La scelta di materiali e finiture si integrerà con i manufatti del paesaggio sarà realizzata ed è previsto l’inserimento di elementi vegetali individuati tra le specie locali.
# L’investimento complessivo è di 16,5 milioni di euro: riapertura nel 2023
Credits: primocanale.it
La Regione Liguria ha stanziato ulteriori 4,5 milioni di euro per un investimento complessivo di 16,5 milioni di euro: “1,5 milioni di euro serviranno a realizzare ulteriori opere sui sentieri e i restanti 3 milioni per interventi contro l’erosione marina.” La data ufficiale per la riapertura è il 2023. Il commento del Presidente della regione Toti: “Abbiamo messo il massimo impegno per arrivare a questa approvazione. La Via dell’Amore, chiusa ormai da troppi anni, è un tassello fondamentale, per questa giunta, non solo della promozione del territorio, ma anche del suo recupero, simbolo dell’integrazione tra un territorio molto fragile e dell’esigenza della sua opportuna valorizzazione, come patrimonio dell’umanità“.
Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità.
Il piano che riguarda il prolungamento della linea metropolitana Rossa non accenna a concludersi. Dopo dieci anni di lavori, il progetto non è ancora concluso e, tra difficoltà e ritardi, l’assessore milanese Marco Granelli spera in una futura apertura nel 2024. Fonte e immagine Cover: blog.urbanfile.org/
Prolungamento M1: l’apertura slitta al 2024
# Il progetto infinito, dopo dieci anni ancora lontani dalla fine.
Il prolungamento della linea metropolitana M1 consiste nella creazione di circa 2 km di tratto ferroviario e di due nuove stazioni: Sesto Restellone e Monza Bettola. Il piano era nato in vista dell’Expo 2015 e dopo dieci anni, a causa di un susseguirsi di problemi, i lavori sono ancora in alto mare. Negli scorsi giorni Marco Granelli, assessore di Milano alla mobilità, dopo aver visitato i cantieri, ha affermato che le nuove stazioni apriranno tra la fine del 2023 e l’inizio 2024. Sempre che tutto proceda senza ulteriori ostacoli.
# La gestione del progetto, tra inadempienze e stop causa pandemia.
credits: urbanlife.it
Diversi problemi si sono susseguiti negli anni, tra questi: le inadempienze delle aziende vincitrici degli appalti e lo stop a causa del Covid. I ritardi hanno fatto lievitare il costo totale del progetto che ha raggiunto 167milioni di euro, di questi cento finanziati dal governo, mentre il resto sulle spalle di Regione e Comuni.
Di fronte a tutte le difficoltà i comuni coinvolti si sono scontrati, nelle scorse settimane, incolpandosi vicendevolmente dei ritardi. L’altro ieri però, i rappresentati delle amministrazioni di Milano e Sesto San Giovanni si sono incontrati in una delle future stazioni per fare insieme il punto della situazione: la nuova impresa incaricata ha ripreso infatti i lavori, lo scavo è finalmente concluso e procedono invece le sistemazioni.
# Ritardi e questioni in sospeso: la linea metropolitana verso Monza sembra essere ancora un sogno lontano.
In mezzo alle faccende lasciate in sospeso c’è il maxi hub tra Monza e Cinisello, dove M1 e M5 si dovrebbero incontrare. Il progetto prevede che questo snodo si collochi all’interno di un grande centro commerciale, ma si sta ancora lavorando per l’accordo tra le imprese costruttrici. Tra l’alto, l’estensione della metropolitana Lilla ha subito anch’essa dei ritardi e si stima una sua possibile apertura nel 2029, Granelli ha spiegato che si sta ancora lavorando al progetto definitivo e, successivamente, si passerà alla valutazione dell’impatto ambientale.
Un ultimo problema, infine, sembra essere il nome da dare al nuovo capolinea della linea Rossa. La stazione infatti sorgerà al confine tra i tre comuni di Cinisello, Monza e Sesto San Giovanni. Questa grana è decisamente piccola rispetto a tutto il resto, bisogna però riconoscere che non sia semplice trovare una soluzione efficace per i futuri utenti.