Detto “il Pietrificatore” per via della tecnica da lui inventata per conservare perfettamente i corpi per un tempo indefinito, lo scienziato Paolo Gorini ha progettato e fatto realizzare il primo forno crematorio moderno, copiato da Parigi e Londra. A Lodi si trova il “macabro” museo che accoglie i suoi più importanti reperti, tra mummie e corpi pietrificati.
Il PIÙ GRANDE IMBALSAMATORE del mondo era di Milano
# Paolo Gorini, detto “il Pietrificatore”
Credits: wikipedia.org – Paolo Gorini
Paolo Gorini matematico e scienziato, conosciuto per essere il famoso preparatore di cadaveri e parti anatomiche secondo un procedimento segreto da lui stesso inventato e sperimentato, era apprezzato in tutto il mondo. Soprattutto per le sue scoperte sulla conservazione delle sostanze organiche e in particolare per il metodo di conservazione meglio noto come “pietrificazione.” Nel 1872, ormai noto a livello internazionale per i suoi ottimi preparati anatomici, venne chiamato a Pisa per pietrificare la salma di Giuseppe Mazzini, ma non poté fare altro che “disinfettarlo” per la tumulazione essendo morto già qualche giorno prima.
# La “formula segreta” di essicazione dei cadaveri
mano femminile pietrificata – museo gorini
Nel 2005 è stata recuperata e resa pubblica la formula “segreta” dei preparati goriniani, che prevedeva una base di bicloruro di mercurio e muriato da iniettare dall’arteria femorale del cadavere esangue, permettendo la totale essiccazione del corpo intero o di sue parti, consentendone una conservazione praticamente indefinita. In sostanza questo procedimento consentiva di “mineralizzare” le sostanze organiche, ovvero di riprodurre artificialmente un processo simile a quello che permette la formazione dei fossili.
# Il museo a Lodi con la collezione anatomica
Museo anatomico Gorini
Il macabro e affascinante museo che raccoglie i risultati delle sue scoperte sulla conservazione delle sostanze organiche è ospitato nell’Ospedale Vecchio di Lodi, oggi sede dell’Azienda Sanitaria della Provincia di Lodi. Inaugurato nel 1981 contiene una piccola ma preziosa collezione anatomica, in particolare gli ultimi reperti anatomici preparati da Paolo Gorini tra il 1842 e il 1881.
Credits: novabbe.com – Teste pietrificate al Museo Gorini
I reperti si possono dividere in due grandi categorie: i preparati a secco, ovvero senza l’immersione in spirito, depellati, con chiaro intento didattico e le pietrificazioni che invece non rivelano particolari invisibili e interni, ma rappresentano le esatte fattezze del defunto addirittura nel colore dei capelli e dei peli perfettamente conservati.
Vi sono anche due mummie con una serie di lastre radiografiche eseguite sulle salme per illustrare la presenza dei visceri ed indicare le vie di iniezione dei liquidi mummificanti.
# L’invenzione del forno crematorio nel 1876, copiato anche da Parigi e Londra
Nel 1874 iniziò a sperimentare un nuovo sistema di distruzione dei cadaveri attraverso la combustione, progettando il primo forno crematorio moderno nel 1876, grazie al quale incontrò un successo insperato. Il primo forno, così come progettato dallo scienziato, fu costruito presso il cimitero di Riolo nel 1877 e nella notte fra il 5 e il 6 settembre dello stesso anno avvenne la prima cremazione. Sempre nel 1877 ne venne edificato uno a Milano dall’architetto Maciachini, e dopo essersi diffuso negli anni successivi in altre città italiane, arrivò anche in Europa: a Parigi nel cimitero Pére Lachaise nel 1887 e a Londra nel cimitero di Woking nel 1888.
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Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità.
Quali sono le città che hanno trovato l’elisir di lunga vita? Ecco la classifica delle città italiane in cui la popolazione vive più a lungo. Fonte: In Italia
Le 5 CITTÀ ITALIANE dove si VIVE più a LUNGO
#1 Ravenna: il mistero del DNA di lunga vita
credit: hotel-bb.com
Tra le città più longeve d’Italia c’è Ravenna, che si aggiudica un posto in classifica con un indice di vita medio attorno agli 83 anni. Sono le donne a portare la città romagnola sul podio, per gli uomini invece la media è di circa 77 anni. Si è cercato a lungo di trovare il mistero di questa lunga vita inspiegata e per alcuni studiosi la risposta sarebbe molto piccola, invisibile ad occhio nudo: il DNA. Il segreto sarebbe proprio una particolarità genetica degli abitanti della zona che però ancora non è stata del tutto chiarita. Ciò che è certo è che se in una sola famiglia, sia i genitori che i figli superano i 100 anni in piena salute, una ragione ci deve essere e questa potrebbe essere la strada giusta per scoprire davvero il segreto di lunga vita.
#2 Macerata: buon vino e cibo salutare per un organismo sano e longevo
credit: touringclub.it
Le Marche sono state individuate come la regione del centro Italia più longeva. Come a Ravenna, anche tra i maceratesi sono le donne a detenere il primato, con un indice di vita media che si aggira intorno agli 82.60, mentre gli uomini hanno un dato medio che arriva “solo” a 76.80 anni. Il segreto della regione? L’elisir di lunga vita marchigiano sembrerebbe essere proprio il buon vino e il cibo sano. Una corretta alimentazione, aiutata anche dalla genuinità dei prodotti, permette all’organismo di mantenersi in salute più a lungo. E non è finita: secondo l’indice ISTAT i dati continueranno ad aumentare proprio grazie al virtuosismo alimentare della regione che non solo non è in calo ma è addirittura in crescita.
#3 Ancona: un porto sicuro in cui vivere (e mangiare) bene
credit: destinazionemarche.it
Restando nelle Marche, anche Ancona si trova tra le città italiane con un alto indice di vita media. Qui la vita media delle donne è di circa 83 anni mentre per gli uomini restiamo intorno ai 77 anni. Il segreto della lunga vita è regionale quindi e non cittadino, come una grande isola felice in cui ricercare il proprio paradiso per vivere a lungo. Inutile dunque comprare creme anti-age quando la soluzione potrebbe essere una: trasferirsi.
#4 Siena: il cuore della longevità toscana
credit: lonelyplanetitalia.it
In generale in tutta la Toscana negli ultimi anni si è innalzato rapidamente l’indice di longevità, ma Siena è sicuramente la città con gli indici migliori di tutta la regione. Il miglior dato? 86 anni per le donne. Per quanto riguarda gli uomini la media è più bassa e resta intorno agli 80 anni, che comunque è un ottimo indice. Secondo i dati ISTAT, la Toscana è la regione italiana in cui si vive meglio in tutta la penisola e c’è un continuo miglioramento: oltre il 15% della popolazione ha superato i 75 anni, oltre il 10% in più rispetto a dieci anni fa. Il segreto toscano non è stato ancora accertato ma anche secondo questa regione il motivo potrebbe essere l’alimentazione sana e la qualità dei prodotti locali.
#5 Treviso: la città degli ultracentenari
credit: wetourguide.it
Anche Treviso si trova tra le città più longeve d’Italia e le cronache locali confermano i dati. Solo qualche anno fa è divenuto celebre il caso di due sorelle piuttosto fortunate, entrambe ultracentenarie. Con ben 113 anni una e 100 l’altra, hanno attirato l’attenzione di un’equipe di scienziati svizzeri che hanno iniziato subito ad analizzare il loro DNA per capire se il segreto della longevità fosse di natura genetica. Come a Ravenna, anche in questo caso l’elisir di lunga vita non sarebbe il buon vino ma un buon corredo genetico.
Non ci sono ancora prove scientifiche che spieghino con certezza le ragioni della longevità ma se desiderate trasferirvi potrete sempre affidarvi ai dati e alle cronache locali, scegliendo una di queste bellissime città italiane.
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Continuano a persistere i problemi nella gestione dei dati pandemici in Lombardia. Il focus ora è sulla città metropolitana di Milano: un’area che ha una popolazione da media regione italiana ma gestita da pochi funzionari dipendenti dalla Regione. Ecco cosa è successo qualche giorno fa.
🛑 Positivi al Covid: ESPLODE il CASO MILANO. Il totale dei contagiati è passato da 13.680 a 2.475 in un solo giorno
# Il sistema informatico regionale ha registrato un improvviso crollo del numero di persone positive al Covid del 75% nella città metropolitana
Credits: regione.lombardia.it – Andamento curva contagi Lombardia
Un’altra conferma della problematica gestione dei dati sui contagi è arrivata dal “caso Milano”. Tra il 20 e il 22 gennaio, secondo il sistema informatico regionale, la città metropolitana ha registrato un crollo del numero delle persone ancora contagiate dal Covid del 75%: da 13.680 a 2.475. Improvvisamente guariti tutti?Evidente che qualcosa non torna, così come era successo un paio di settimane fa in alcuni piccoli comuni che avevano denunciato falle nel sistema informatico lombardo nella disponibilità dei sindaci, che conteggiava molti più positivi del dovuto.
# Altri comuni in tilt: “vengono ancora erroneamente conteggiati coloro che sono guariti”
Un evento che si è verificato nuovamente il 27 gennaio: a Cesano Boscone le persone attualmente con Covid-19 sono passate in una notte da 56 a 416, a Cologno Al Serio in un giorno da 9 a 30. A Cornaredo come dichiara il Sindaco Yuri Santagostino: “non abbiamo 355 casi, vengono ancora erroneamente conteggiati coloro che sono guariti, come da protocollo, senza il tampone negativo poiché senza sintomi e positivi da più di 21 giorni.”
Una situazione preoccupante visto che i dati, oltre a servire per determinare le zone di rischio da assegnare alla regione, sono utili ai primi cittadini per organizzare la sorveglianza sanitaria, programmare i controlli sulle quarantene e i servizi di supporto alla cittadinanza secondo l’andamento del contagio.
# Sala: “Non so come si sia passati, da un giorno all’altro, da 13mila a 2mila contagiati”
Credits; fanpage.it
Il Sindaco di Milano non si capacita dell’accaduto: “La solidità dei dati gestiti in questo momento lascia dei dubbi. Non so come si sia passati, da un giorno all’altro, da 13mila a 2mila contagiati. Quello che si potrebbe fare è cercare di andare a vedere insieme dati e procedure perché questa pandemia ci accompagnerà ancora per parecchi mesi“. Ritiene inoltre preoccupante la querelle politica tra l’assessore al Welfare Moratti e l’Iss: “Io non capisco questa difesa a oltranza della Regione Lombardia e questa idea di dire non abbiamo sbagliato niente. È capitato anche a me di dire che ho sbagliato e credo che i cittadini quando ammetti che hai sbagliato, sapendo che sei sotto pressione dalla mattina alla sera, lo possono comprendere. Quindi francamente non lo capisco.”
# La situazione nelle Ats delle Città Metropolitana sembra fuori controllo
Credits: ats-milano.it
Uno dei fattori che potrebbe aver inciso nel disastro nella gestione dei dati e che sta ancora provocando errori a catena nella corretta comunicazione dei stessi sarebbe da imputare alla scarsità di funzionari responsabili del corretto caricamento e invio dei dati all’Istituto Superiore di Sanità. Le Ats della Città Metropolitana di Milano sono suddivise in 6 distretti che comprendono, oltre a quello cittadino, il Nord Milano, il Rhodense, l’Ovest Milanese, Melegnano e Martesana e Lodi: in quest’area insistono gli stessi abitanti della Regione Toscana. Con la differenza sostanziale che i dipendenti delle Ats milanesi sarebbero in un numero molto ridotto rispetto al necessario e incapaci quindi di gestire tutta la mole di lavoro.
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Alcuni paesi, territori e villaggi distrutti da guerre, catastrofi o altre motivazioni storiche, restano tra le più belle attrazioni sulla faccia della terra. Alcuni di essi vengono ricordati attraverso i racconti o dai pochi resti della civiltà che le hanno caratterizzate. Ma quali sono le 9 città perdute più belle del mondo? Ecco a voi la classifica secondo Lonely Planet.
La classifica delle CITTÀ PERDUTE più belle del mondo. La prima è Italiana
#9 Palenque, la miniera d’oro dei Maya
Credits: mayavacanze.it
Palenque si trova in Messico, ai piedi delle montagne del Chiapas ed è conosciuta per le sue miniere d’oro. Nata probabilmente circa 100 anni prima di Cristo, è diventata cinquecento anni dopo uno dei centri abitati più importanti della civiltà dei Maya. Entrata nella storia per alcune sue leggende che riguardavano re bambini, decapitazioni e invasioni, venne successivamente abbandonata.
#8 Skara Brae, via col vento e con l’erosione
Credits: ancient.eu
Skara Brae è un insieme di rovine di un villaggio a Orkney, Scozia, che risale a più di 5000 anni fa. Scoperto nel 1850 a seguito di una tempesta che rivelò i resti di pietra, presentava otto cottage di pietra completi di letti, caminetti e scaffali. Il villaggio venne abbandonato a seguito dell’erosione che lo avvicinò sempre più al mare, fattore che ancora oggi limita le visite d’inverno. Orkney è collegata alla terraferma con traghetti e voli, alcuni dei quali sono stagionali.
#7 Angkor, la capitale Khmer intrappolata nella giungla
Credits: wikipedia.org
Angkor si trova in Cambogia ed è conosciuta grazie ai templi di pietra intrappolati tra le piante rampicanti della giungla. Stando ad alcune ricerche la città copriva oltre 3 ettari, raggiungeva circa un milione di abitanti ed era la capitale dell’impero Khmer. 500 anni fa venne abbandonata a causa del cambiamento climatico che causò una crisi idrica.
#6 Babilonia, dalla Torre di Babele ai giardini pensili
Credits: studiarapido.it
Babilonia è situata nell’odierno Iraq ed è stata fondata intorno al 2500 a.C. Il suo periodo più noto però risale a 500 anni dopo, quando Hammurabi divenne imperatore babilonese e rese Babilonia capitale. Distrutta dagli assiri nel VI secolo a.C, cadde in rovina con la morte di Alessandro Magno. Le strutture più imponenti e conosciute sono la Torre di Babele e i giardini pensili. Come sarebbe stata oggi?
#5 Taxila, le 3 città in 1
Credits: news.cgtn.com
Taxila fu fondata da un re indiano attorno al VII secolo d.C e raggruppa in se tre storie di città perdute. La prima è Bhir Mound che venne persa per una nuova Taxila nota come Sirkap, costruita a seguito dell’invasione greca. Successivamente sotto l’impero Kushana prese il nome di Sirsukh. La città decadde quando gli Unni nel VI la distrussero e la lasciarono in rovina. Oggi è presente il Taxila Museum che ospita tutti i reperti che la civiltà ha lasciato.
#4 Darwin, la città mineraria abbandonata
Credits: dronestagr.am
Darwin sorse in California grazie alla scoperta dell’argento presente nel sottosuolo. Nata nel 1874 venne abbandonata solo quattro anni dopo quando ebbe inizio la ricerca all’oro. Rinata all’inizio del XX secolo quando il rame divenne un materiale assai importante oggi è una città deserta. C’è solamente una strada solitaria per Darwin, che sbuca dalla State Highway 190, 75 km a sud-ovest da Stovepipe Wells.
#3 Dunwich, la tempesta ha distrutto tutto
Credits: pinterest.it
Dunwich, nell’odierno Suffolk, era una delle città più grandi del Regno Unito medievale. A causa della tempesta del XIII secolo gran parte della città venne demolita. Si aggiunse anche l’erosione costiera che portò alla distruzione totale e all’abbandono. Il Dunwich Museum ha una replica in scala della città nel suo periodo d’oro, senza l’erosione costiera.
#2 La gloria di Cartagine, l’antagonista di Roma
Credits: travelgeo.org
Cartagine, dopo 900 anni di domini in Africa del Nord e nell’Europa meridionale, cedette alle conquiste dell’Impero Romano a seguito delle provocazioni in terra italica delle armate guidate dagli elefanti di Annibale. Dopo la ricostruzione per merito dei Romani, fu distrutta dagli Arabi musulmani. Oggi è possibile visitare le rovine nella periferia di Tunisi dove sono presenti terme romane, templi e ville.
#1 Ercolano, la città preservata dalla lava del Vesuvio
Credits: siviaggia.it
Ercolano si trova in Campania. Venne distrutta da un fiume di lava e cenere del Vesuvio nel 79 d.C. La città venne scoperta solo 300 anni fa ed è diventata una vera e propria miniera d’oro per gli archeologi. Grazie alla colata piroclastica che carbonizzò il materiale organico, preservò le strutture e i corpi umani. Nella Villa dei Papiri vennero ritrovate centinaia di pergamene antiche. La città può essere raggiunta con un viaggio in treno sulla Circumvesuviana di 25 minuti.
Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità.
Da lunedì Milano entra in zona gialla e riaprono (a pranzo) bar e ristoranti. Resta però incerto il futuro per chi vive di eventi e di grande partecipazione di pubblico. Il grido di “dolore” lanciato dai locali milanesi, e italiani, che sono a rischio chiusura definitiva.
“#ultimoconcerto: alcuni storici LOCALI MILANESI potrebbero NON RIAPRIRE PIÙ
# Molti live club milanesi chiusi da Febbraio 2020 rischiano di non avere più un futuro
Credits: Alcatraz Fb
L’hashtag “#ultimoconcerto”, è stato lanciato dai live club giovedì sui social per accendere la luce sulla loro situazione: dopo un anno intero senza musica, feste e spettatori il rischio concreto è che per molti di questi locali non ci sarà più un futuro. È da febbraio dello scorso anno che le luci si sono spente e che concerti e spettacoli musicali di vario genere non sono più andati in scena su un palco.
# Sono 90 i locali italiani che hanno aderito alla campagna, molti quelli storici di Milano
Locali aderenti alla campagna #ultimoconcerto
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In contemporanea sulle proprie pagine Facebook e Instagram i gestori dei locali hanno postato un’immagine del locale con la data di apertura e il 2021 indicato come anno di chiusura, seguito dal punto di domanda e l’hashtag “#ultimoconcerto”.
Tra i tanti club milanesi che hanno aderito alla campagna ci sono l‘Alcatraz, il Fabrique, i Magazzini generali, Legend club, la Scighera, il Vinile e molti altri. In comune hanno il fatto di essere rimasti chiusi da un anno e di essere tristemente vuoti. “Il 2020 ha segnato la chiusura obbligata di tutte queste realtà, imposta dalla grande emergenza sanitaria globale. In tanti sui social hanno mostrato vicinanza e affetto per i gestori dei locali. E tutti hanno chiesto una sola cosa: che non sia l’ultimo concerto.“
Gli oltre 190.000 studenti iscritti alle facoltà milanesi e l’aumento delle immatricolazioni nell’ultimo anno confermano Milano comecittà universitaria più attrattivadi Italia. I principali elementi di forza sono le sue infrastrutture all’avanguardia, l’offerta formativa multidisciplinare e le opportunità di crescita offerte ai giovani, che incoraggiano anche l’imprenditorialità e gli incontri tra aziende e laureati.
Ma i segreti alla base del successo delle università milanesi sono anche i loro primati a livello nazionale e internazionale.
I RECORD delle UNIVERSITÀ di Milano
# Politecnico di Milano: la creazione del supercomputer più veloce al mondo
Il primo primato è anagrafico: è l’università più antica di Milano. Il Politecnico prepara i futuri ingegneri, architetti e designer. Secondo il QS World University Ranking 2020, è il miglior ateneo italiano e si classifica al ventesimo posto nel mondo per l’area “Engineering & Technology”.
Con una cifra di oltre 90 milioni di euro, è l’università italiana con più finanziamenti europei destinati ai suoi progetti di ricerca e di innovazione. Soldi che hanno consentito altri primati di valore globale, come la realizzazione, nel 2019, del supercomputer più veloce al mondo, una pietra miliare per i nuovi sistemi di Intelligenza Artificiale. Non una novità visto che nel Politecnico si è costruito il primo computer d’Europa nel 1954 grazie a Luigi Dadda. Il suo nome? CRC 102A
Il Politecnico ha anche il record in Italia dei più alti tassi di occupazione dei laureatimagistrali, garantendo un impiego stabile e un rapido inserimento nel mondo del lavoro al 94% degli stessi.
# Università degli Studi di Milano Statale: la più grande della Lombardia
La Statale è l’ateneo più grande di Milano e della Lombardia per dimensioni e numero di studenti, contando più di 60.000 iscrizioni.
Nel 2019 ha ottenuto un numero record di iscritti ai corsi di Scienze Naturali, con un incremento del 50% rispetto l’anno precedente, mostrando un maggior interesse peri cambiamenti climaticielasostenibilità ambientale. Nello stesso anno, la piattaforma gratuita di riviste online dell’ateneo, Open Access,ha registrato per la prima volta un milione di download in un solo anno, promuovendo un progetto in linea con il principio di accessibilità ai risultati di ricerca.
# Università degli Studi di Milano-Bicocca: l’unica con un Rettore donna
Seconda università pubblica milanese, la Bicocca è nata per rendere la ricerca il principio strategico dell’attività istituzionale.
Ha da sempre adottato strategie per la sostenibilità ambientale: nel 2019, si è classificata al primo posto in Lombardia, e al quarto in Italia, nella UI GreenMetric World University Ranking, la classifica internazionale delle università più sostenibili.
Dagli studi di due docenti per ottenere sviluppi tecnologici con impatto sulla qualità della vita e dell’ambiente, sono state brevettate delle finestre fotovoltaiche adatte alla creazione di “Zero-Energy Buildings”, edifici autonomi dal punto di vista energetico e in linea con la normativa europea. Questi dispositivi hanno superato ogni altro primato, raggiungendo un’efficienza ottica record del 6,8%.
Nonostante il gender gap nel mondo del lavoro, la Bicocca ha sempre adottato politiche volte alla parità dei generi e, dal 2019, è guidata dall’unico rettore donna di Milano.
La Bocconi è un’università privata specializzata nelle discipline economiche e manageriali, sociali, giuridiche e politiche. È stato ilprimo ateneo italiano ad offrire un corso di laurea in economia e commercio.
Secondo il QS World University Ranking 2020, è tra le migliori università nelle discipline economiche, posizionandosi terza in Europa e settima nel mondo per l’area “Business and Management”.
Grazie ai suoi impegni internazionali, le iscrizioni degli studenti stranieri, pari al 15% della popolazione universitaria, aumentano di anno in anno.
Una curiosità? Un suo docente è l’italiano che ha corso più maratone di New York.
# Università Vita-Salute San Raffaele: le nuove tecnologie al servizio dell’umanità
Ateneo privato di Segrate e in prossimità dell’IRCCS Ospedale San Raffaele, persegue l’eccellenza nella didattica e nella ricerca, offrendo agli studenti un’esperienza formativa unica nel suo genere.
Quest’anno, e per la prima volta in assoluto, proprio il Primario di Neurochirurgia dell’Ospedale San Raffaele, docente dell’omonimo insegnamento presso l’ateneo, ha eseguito con successo, insieme alla sua squadra, un intervento neurochirurgico di rimozione di un tumore celebrale utilizzando un “robotiscopio”. Questa tecnica, unica nel panorama mondiale, ha permesso al chirurgo di lavorare senza interruzioni, controllando il microscopio-robot solo tramite i movimenti della propria testa, trasformati in moti del braccio robotico.
# Università Cattolica del Sacro Cuore: l’uomo tra scienza e fede
È l’unico ateneo milanese di ispirazione cattolica e prevede diversi esami obbligatori di Teologia, ritenuta la disciplina in cui collocare ricerca e formazione accademica.
Quando fu rivelata l’esistenza del Covid-19, il docente di Psicologia Clinica della Cattolica ha elaborato il sondaggio online “Coronavirus 2019: benessere, paure e comportamenti” per analizzarne, fin da subito, la percezione del rischio, le emozioni e i comportamenti. In tempi record, le risposte sono state più di 3000 e provenienti da diverse zone di Italia.
Accanto all’Aula Magna nella sede Gemelli, è presente l’unico spazio a Milano condiviso solo da studentesse: ilGiardino delle Vergini, sorvegliato da “guardiani” che vietano l’accesso ai non autorizzati.
– “Mamma, quali sono i colori che ti vengono in mente se pensi a Milano?”
– “Penso ai colori caldi, all’arancio, al giallo… al calore di una città così unica che mi ha accolto nella sua modernità quando eravamo giovani”
Lo sapevate che a Milano fu costruito il primo orologio pubblico del mondo? Ecco la sua storia e dove si trova ancora oggi.
Il PRIMO OROLOGIO pubblico del MONDO si trova a MILANO
# Un orologio trecentesco senza quadrante
credit: picclick.it
L’orologio pubblico più antico del mondo risale al 1300 ed è stato costruito per un motivo piuttosto banale: non si sapeva mai quale fosse l’ora esatta. Per sapere più precisamente che ora fosse, nel 1336 fu inventato un orologio senza quadrante che venne costruito sul campanile di una chiesa. Ai tempi l’evento fu talmente importante per gli abitanti che l’intera zona circostante fu chiamata “Contrada delle ore” , la via adiacente alla chiesa prese il nome di Via delle ore e anche se oggi il tempo lo calcoliamo con gli orologi, il campanile continua ad essere chiamato “Il Campanile delle ore”.
# Il meccanismo futuristico aveva una pecca
credit: milanodavedere.it
Il sistema prevedeva che le ore venissero “segnate” dai rintocchi delle campane, attivati da un meccanismo che per i tempi era davvero futuristico: la campana suonava un rintocco a partire dalla prima ora successiva al tramonto (considerata notte), mentre al tramonto successivo i rintocchi erano ventiquattro.
Per quanto il meccanismo potesse essere futuristico, aveva un piccolo difetto. Il momento di inizio del conteggio era il tramonto, ma il sole non tramonta sempre alla stessa ora. Tra l’orologio invernale e quello estivo dunque c’era una bella differenza, visto che in inverno il tramonto è intorno alle 17 e invece in estate il sole resta alto nel cielo fino a tarda sera.
# Dove si trova il Campanile delle ore?
credit: hotelwindsormilan.com
Ma dove decisero di installare questo innovativo orologio? Fu scelta la chiesa di S. Gottardo in Corte con il suo campanile, eretti lo stesso anno della creazione dell’orologio. Ancora oggi la torre campanaria spunta dagli edifici alla destra del Duomo e se si ha l’occasione di passare di lì, alzare per qualche secondo gli occhi e ammirare il campanile sarà come tornare indietro nel tempo.
I milanesi del ‘300 attendevano con ansia i rintocchi della campana per sapere che ore fossero ma anche, e forse soprattutto, per avere la certezza che la vita stesse continuando a scorrere come sempre, senza intoppi.
Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità.
La parola più spregiativa in tedesco è Nestbeschmutzer: l’insozzatore del nido. E’ il modo in cui si definisce la persona che denigra il luogo in cui vive, la propria comunità.
In Germania è difficile che i media diano spazio a “insozzatori del nido”, vedere notizie che infangano il popolo tedesco. Non ci sono programmi Popolari di accusa tipo Le Iene, Striscia La notizia o i molti altri sui nostri canali che danno spazio alle componenti peggiori della società.
Da noi è l’opposto. In particolare ancora più aggravato dall’ideologia politica. E questo riguarda anche Milano che in questo sembra rinnegare la sua mentalità distintiva e le influenze asburgiche e del sacro romano impero germanico.
Un esempio è quello che ci è accaduto ieri. Abbiamo pubblicato un “pensiero del giorno” che dice una banalità. Ossia che l’Italia è molto diversa al suo interno, che ogni luogo ha le sue eccellenze, e che Milano è la migliore nell’organizzazione e nella gestione finanziaria.
Mentre invece Roma, fantastica città con un grande passato e grandissimi pregi, certo non eccelle né in organizzazione né in gestione finanziaria. Una banalità che conoscono anche gli eschimesi.
Sulla base di questo abbiamo detto che a nostro avviso il recovery fund andrebbe gestito da Milano. Una soluzione che probabilmente eviterebbe gran parte di quello che sta accadendo, ossia pressapochismo e clientelismo nella redazione di un progetto che già fa acqua da tutte le parti.
Una banalità che ha ricevuto tantissime critiche. Non da romani consapevoli della questione ma soprattutto da milanesi. Che invece di sostenere questa tesi non solo per logica ma anche per spirito di comunità, ci hanno invece attaccato spostando la questione sul piano ideologico. Attaccando cioè chi la Regione, chi il Sindaco, sulla base della propria appartenenza partitica. E in nome di questo gettando fango su Milano addirittura negando questa eccellenza di Milano, un’evidenza che tutto il resto del mondo ci riconosce.
Pur di avallare la loro appartenenza partitica, hanno spostato la questione sul fatto che a Milano si ruba. Anche ammesso che a Milano ci sia la stessa percentuale di furbi o di disonesti che si trovano in altre parti d’Italia, non si capisce la questione che a Milano si è più bravi a fare impresa e a gestire i soldi. Pur di infangare la propria città si nega che l’eccellenza finanziaria di Milano sia un dato di fatto e che in più sia una risorsa per il Paese, non non motivo di sdegno.
Forse non è un caso che la parola insozzatore di fango esiste ed è così importante in Germania mentre da noi non c’è traccia.
Da piccolo andavo al mare a Sottomarina, il lido della cittadina di Chioggia (VE) e sentivo che tutti si chiamavano Boscolo. Ai tempi l’elenco del telefono della SIP contava una cosa come 4, forse 5 pagine di soli Boscolo nel comune di Chioggia. Mi sono sempre chiesto il motivo di questa cosa. Come in molte parti d’Italia, esistono dei cognomi che sono tipicamente veneti o che lo sono diventati nel tempo. Dietro ad essi si scoprono delle curiosità molto interessanti.
I 7 COGNOMI più diffusi nel Veneto: quali sono e qual è il loro SIGNIFICATO?
#1 ROSSI: dai capelli rossi di origine celtica
Numericamente non ci possiamo fare niente, il panitaliano Sig. Rossi vive anche in Veneto, in quasi 13000 esemplari. L’origine di tale cognome è legata al colore dei capelli, della barba o della carnagione della famiglia originaria, dal latino russus, rosso, rossiccio. La diffusione dei capelli rossi nelle popolazioni celtiche preromane era notevole e anche molti latini avevano capelli di questo colore. Silla per esempio, antagonista celebre del console Mario era rosso. Nel medioevo questa caratteristica però non era ritenuta positiva poiché spesso le credenze popolari collegavano la colorazione rossa di barba e capelli con il carattere malevolo o capriccioso. A livello araldico c’è una documentazione di primi Rossi in epoca imperiale romana e nel 1300 di una nobile famiglia Rossi nel napoletano. La forma classica Rossi è diffusissima nel centro nord Italia.
#2 TREVISAN: proveniente da Treviso
Deriva dall’etnico del toponimo Treviso, usato per indicare la provenienza del capostipite. Cognome risonante in tutta la regione, ma soprattutto nelle (ex) province limitrofe di Venezia, Padova e Vicenza. Ha alcune varianti Trevisan, Trevisani, Trevisanato, Trevisato. Ci sono circa 4852 famiglie Trevisan in Italia (senza contare le varianti). E’ anche il terzo cognome più diffuso nella provincia di Gorizia.
#3 BOSCOLO: come venivano chiamati a Venezia quelli che venivano dai boschi del Nord
Deriva con pochi dubbi da soprannomi legati al vocabolo bosco o al mestiere di boscaiolo. Tracce di questo cognome si trovano a Firenze nel 1400 con la congiura antimedicea di Pier Paolo Boscolo di cui fu sospettato di far parte anche il Macchiavelli. ll cognome Boscolo è tipico veneto ed è molto diffuso dalla zona del Po, sponda rodigina, all’alto veneziano, soprattutto nella città di Chioggia. Ho già aperto l’articolo con un aneddoto riguardante il cognome Boscolo e aggiungo una curiosità: essendo veramente un cognome molto diffuso a Chioggia, per risolvere tutti i problemi di omonimia dilagante, accanto al cognome, “I Boscolo” hanno anche un soprannome, un detto. Circa 190 soprannomi individuano infatti le varie famiglie. Ecco che si possono trovare Enrico Fiore Boscolo, Enrico Bachetto Boscolo, Enrico Forcola Boscolo. Dal 2009, il soprannome è riconosciuto ufficialmente dallo Statoe compare sulle carte di identità, sulle tessere sanitarie e in tutti i documenti ufficiali.
#4 CARRARO: costruttore o guidatore di carri
Di certo una origine campestre, il Carraro è un cognome diffuso in tutto il Veneto, primo cognome nella provincia di Padova. Secondo un’altra ipotesi, infatti, si immagina che la famiglia abbia verosimilmente preso il nome da un castello nei dintorni di Padova, il castello di Carrara per l’appunto ed infatti i Carraro sono dei nobili originari del Veneto. Significato e origini del cognome sono dunque, come di consueto, molto antiche.
#5 SARTORI: da Sartorius, il Sarto
Cognome diffuso nel Nord Italia, soprattutto in Veneto, ma anche in Lombardia. Deriva quasi sicuramente dalla professione del sarto, mestiere del capostipite. Non di rado si usava attribuire questo tipo di soprannome anche a coloro che, in occasioni di giochi, feste, recite o processioni erano soliti impersonare una particolare figura sia di artigiano sia di nobile o di ecclesiasta. La storia del nome porta alle sue numerose declinazioni, a partire da Sartor, specifico dell’intera provincia di Treviso e di quella a sud di Pordenone. Sartorelli, altra variante di Sartori, trova la sua localizzazione di elezione nel Nord della penisola italiana mentre Sartorio è tipico della zona dell’alto milanese e dell’intero varesotto. Sartori, invece, più democraticamente, non fa differenze e la sua presenza viene rispettata in uguali percentuali in tutto il Nord Italia. L’araldica dei cognomi ci riporta a un’antica e nobile famiglia Sartori che trova le proprie origini nella zona dei Sette Comuni, più precisamente diAsiago. Nel 1582, Nicolò Sartori di Valstagna (zona di Bassano del Grappa) comprò con la somma di 500 ducati la cittadinanza vicentina.
#6 PAVAN: il padovano o il “danzatore”
Il cognome è molto diffuso nelle zone tra Padova e Venezia, con le sue varianti Pavanello, Pavanetto, Pavani, Pavano…Benché il cognome Pavan sia da considerarsi in tutto e per tutto panveneto ne troviamo diversi ceppi in altre regioni del nord (in primo luogo nel vicino Friuli ma anche in Lombardia e in Piemonte) e qualche sporadica traccia in Emilia Romagna e nel Lazio.
Ciò potrebbe essere una logica conseguenza di passate migrazioni alla ricerca di lavoro in epoche in cui il territorio veneto non forniva sufficienti fonti di sostentamento.
Una curiosa assonanza con questo cognome, o probabilmente non solo, si può trovare proprio a Venezia, con un modo di dire un po’ desueto e di sicuro circoscritto, che cita “cavarse la pavana”e significa “togliersi uno sfizio”o “togliersi una fissazione”. Ma sapete cosa significa questa parola? E’ semplicemente la pipita, la pellicina che si solleva attorno alle unghie delle mani. Quei pezzi di pelle indurita che danno molto fastidio. La Pavana era inoltre una danza di corte dall’andamento lento, solenne e maestoso, in voga nel 1500. Il nome si faceva derivare dallo spagnolo ‘pavo’ (pavone) e la danza veniva vista come proveniente dalla Spagna. Oggi ‘pava’ viene ricondotta a Padova (alla pavana: ”al modo di Padova”), dove la danza ebbe origine.
#7 FERRARI: i Fabbro Ferrai
Tale cognome probabilmente deriva dai soprannomi legati al mestiere del fabbro (fusione o nell’estrazione del ferro), vocabolo che in latino si rendeva con i termini faber ferrarius, cioè fabbro ferraio. Un’altra ipotesi dice che potrebbe avere anche un’origine longobarda e in questo caso sarebbe derivato dalle fare di carattere militare, che derivano dal tedesco fahren, cioè viaggiare. Ad oggi è tra i 10 cognomi più diffusi in Italia. Molti personaggi famosi posseggono tale cognome. Ricordiamo uno fra tutti: Enzo Ferrari, imprenditore, pilota automobilistico e fondatore dell’omonima casa automobilistica famosa in tutto il mondo per il suo stemma del cavallino rampante. Pochi sanno che Ferrari ha appreso il mestiere proprio a Milano, lavorando per il reparto corse dell’Alfa Romeo che, a quei tempi, aveva gli stabilimenti nell’area dell’attuale Citylife. Ma non solo: Giulio Ferrari, trentino, tornato da un periodo all’estero tra Germania, Francia e nord Africa, porta in Italia lo Chardonnay, principale vitigno impiegato nella produzione del vino spumante, quello che ancora oggi si stappa nelle grandi ( o meno) occasioni.
# La curiosità: perchè molti cognomi veneti finiscono con la consonante?
Concludo con una curiosità che accomuna un po’ tutti i cognomi di origine veneta che finiscono con la consonante (soprattutto con -n), ad esempio Manin, Pavan, Trevisan, Bonin: una teoria dice che siano frutto di una imposizione dei tribunali della Serenissima Repubblica per segnalare un condannato o un evasore fiscale, al quale veniva troncata l’ultima lettera del cognome per essere più facilmente riconoscibile.
Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità.
Non tutti sanno che guardare l’Aurora Boreale da un caldo e confortevole igloo è possibile.
Guardare l’AURORA BOREALE nel villaggio panoramico di IGLOO TRASPARENTI
E’ uno spettacolo visto in prima fila ma non è un film, né un concerto. Stiamo parlando dell’Aurora Boreale, probabilmente la più bella meraviglia della natura visibile in tutto il globo terrestre. Che sia uno spettacolo indescrivibile è risaputo ma che è possibile osservarla da un caldo e confortevole igloo, è per molti una scoperta.
# L’Hotel Kakslauttanen: un piccolo villaggio panoramico
credit: returntonow.net
Non lontano dal Polo Nord esiste un piccolo villaggio costituito da igloo di vetro. E’ qui che ha luogo la proiezione del film naturale più bello del mondo, visibile ad occhio nudo senza l’ausilio di particolari attrezzature. I posti nel mondo in cui l’Aurora Boreale è visibile sono pochi, tra questi la maggior parte hanno temperature artiche e solo uno invece riserva il privilegio di vederla stando comodamente sdraiato a letto: l’Hotel Kakslauttanen.
# Una notte d’élite tra la regina Aurora e le sue figlie
credit: returntonow.net
Annidato in un Parco Nazionale nel Nord della Finlandia, l’Hotel offre una “terrazza” panoramica sull’Aurora Boreale migliore di tutte quelle che si possono immaginare. Ma se L’Aurora Boreale è la regina del villaggio, le milioni di stelle che impreziosiscono il cielo libero da ogni tipo di inquinamento luminoso, sono le sue splendide figlie. Tra la regina e le sue principesse sentirsi in un’abitazione reale non è difficile e una sauna personale all’interno dell’igloo trasforma la mera sensazione in una concreta e rilassante realtà.
# Un conto salato per uno spettacolo senza prezzo
credit: voyage-prive.net
Durante il soggiorno il resort offre esperienze avventurose oltre al relax, ad esempio indimenticabili safari artici. Inoltre, gli ospiti possono scoprire la selvaggia natura finlandese e per loro vi sono a disposizione motoslitte, husky o persino delle dolcissime renne.
“Ma il contrasto tra il caldo all’interno e il freddo gelido all’esterno non fanno appannare il vetro dell’igloo?”. La domanda sorge spontanea ma neppure di questo ci si deve preoccupare, perché i vetri riscaldati sono predisposti per restare perfettamente tersi nonostante lo sbalzo termico.
Chiaramente il prezzo da pagare per questo viaggio non può essere conveniente: da 600$ a 700$ per una notte. E voi, sareste disposti a spendere queste cifre per godere di uno spettacolo che non ha prezzo?
Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità.
Il primo dicembre del 1923 accadeva un disastro che è secondo, in numero di vittime, solo a quello del Vajont. A poco meno di 100 km dalla nostra città. Ecco la sua drammatica vicenda.
Un DISASTRO secondo solo al VAJONT. A meno di 100 Km da Milano
# Nel primo ventennio del ‘900 si scelse di investire sulla produzione di energia idroelettrica per soddisfare il fabbisogno delle industrie
Procediamo con ordine. Nel ventesimo secolo l’Italia soffriva di una grave carenza di energia dato che l’unica fonte disponibile era quella ottenuta dal carbone e come materia prima il carbone non era, e non è, praticamente presente in Italia. Fu così che si pensò di ricorrere a fonti di energia alternativa e quella idroelettrica sembrava essere la strada più percorribile. Migliaia di torrenti e fiumi che solcavano le valli italiane potevano essere contenuti in invasi artificiali e tramite quella immensa mole d’acqua si poteva ottenere energia pulita e, se ben studiata, progettata e realizzata, sostanzialmente ecologica.
Per i tempi un passo da gigante. Siamo nel primo ventennio del ‘900, con un’Italia che stava curando le ferite della Grande Guerra e contemporaneamente iniziava a crescere con le sue grandi industrie sempre affamate di materie lavorate, e in questo panorama riuscire ad avere tanta energia elettrica da distribuire ai vari distretti produttivi era una esigenza imprescindibile.
# La Diga di Gleno, in Val di Scalve, aveva una capienza di 4 milioni di metri cubi d’acqua. Il progetto sbagliato, i lavori mal eseguiti e i materiali di scarto alla base della tragedia
Nell’alta Val di Scalve, in Val Camonica (Brescia), si individuò un alveo naturale che si prestava perfettamente alla costruzione di una diga che avrebbe potuto avere una capienza di poco inferiore ai 4 milioni di metri cubi d’acqua. Una massa importante e che avrebbe necessitato di una struttura altrettanto importante. Dopo una travagliata fase di progettazione e un passaggio in più mani tra società che ne avrebbero dovuto seguire la costruzione si arrivò alla accettazione del progetto definitivo nel 1921, quando i lavori di realizzazione erano già cominciati e l’aspetto della diga stessa era stato più volte rivisto e stravolto.
Da una diga a gravità, ovvero che contrasta, con il solo peso della struttura, la forza dell’acqua, si arrivò ad una più complessa struttura ad archi. In sé nulla di male, non fosse che gli archi dovrebbero sostenere la struttura grazie al fatto che scaricano a terra la pressionementre la parte centrale della nuova costruzione poggiava suuna base precedentemente costruita e inadatta nel resistere a grandi sollecitazioni. Il pagamento a cottimo delle maestranze che dovevano completare il ponte da parte delle imprese incaricate di costruire la parte mancante della diga fece il resto del danno. Lavori frettolosi, mal eseguiti e con materiale di scarto portarono il completamento della costruzione della Diga del Gleno verso il peggiore dei risultati.
# Il primo dicembre del 1923 la diga venne sfondata da quasi 6 milioni di metri cubi d’acqua. Una stima incerta ha calcolato quasi 500 vittime
Credits: montagnee paesi.com – I paesi travolti dall’acqua della diga del Gleno
Il primo Dicembre del 1923, alle 7,15 di mattina, un boato squarciò il silenzio di una valle che da lì a poco avrebbe conosciuto il peggiore dei suoi giorni. Una mole di acqua di quasi 6 milioni di metri cubi, ben oltre la soglia massima di tenuta ma arrivata a tanto per le piogge e le nevicate cadute in zona, si riversò verso valle portando con sé interi paesi e trovando sfogo finale solo in prossimità del Lago d’Iseo. Una serie di circostanze nefaste che alla fine dei conti portarono a un numero prossimo di 360 vittime anche se il numero effettivo non si saprà mai per la difficoltà di poter considerare i neonati non ancora denunciati e le persone che ancora dopo anni non fu possibile stabilire se fossero state coinvolte nel disastro o altro. C’è chi senza troppo ardimento calcolò che le vittime effettive fossero circa 500. A disastro compiuto lo spettacolo di devastazione fu ulteriormente funestato dai molti corpi galleggianti nelle acque del lago d’Iseo verso la sponda di Costa Volpino.
# Un’opera scellerata crollata per avidità e totale mancanza di rispetto della vita umana
Nelle indagini che seguirono il disastro si arrivò ad una condanna piuttosto mite per i due principali responsabili del crollo ma gran parte della causa fu tacitata sia per il clima politico che stava prendendo forma con l’inizio del ventennio fascista sia per alcune azioni risarcitorie delle quali si sa ben poco tranne che anche in questo caso il braccio che doveva elargire il denaro fu piuttosto corto. Analizzando il moncone rimasto tra le due parti della diga ancora intatta furono trovate tracce di fascine di legna e materiale inerte inadatto per una costruzione che avrebbe dovuto resistere ad enormi sollecitazioni ma perfetto per riempire velocemente la massa costruttiva che faceva parte della struttura portante.
Un’opera scellerata crollata per avidità e totale mancanza di rispetto della vita umana e che riversò il proprio risultato sulla popolazione di una vallata che viveva e avrebbe continuato a vivere grazie al duro lavoro quotidiano. Questo disastro quindi, a differenza della diga del Vajont, fu causato non da un errore di calcolo geologico ma per pura speculazione da parte delle aziende che ne avevano seguito la costruzione.
# A memoria del disastro rimangono i due monconi laterali della diga
Diga del Gleno
Come monumento a questo incredibile disastro rimangono i due monconi laterali della diga, visibili anche dalla vetta della Presolana. Uno scenario incredibile che, per chi ne conosce la storia, fanno ancora gelare il sangue. Se si vuole visitare il sito, meta di molti turisti e passaggio di molti camminamenti montani delle Orobie, basta uscire a Bergamo e seguire per le valli. Svalicata la Val Seriana in località Passo della Presolana si prosegue per la val di Scalve verso Vilminore. In poco più di un’ora ci si troverà alla piazza del paese dalla quale parte un percorso di circa 30 minuti di buon passo. Lo spettacolo è incredibile e lo scenario consente di poter immergersi perfettamente nell’atmosfera di un disastro che nessuno vuole più che si possa ripetere.
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Oltre NoLo c’è QuLo, la social district più irriverente di Milano
Dopo NoLo avremo QuLo? I progetti della nuova frontiera di Milano
# “Quasi Loreto”: un omaggio ironico a Nolo e non solo
QuLo è innanzitutto una parodia e un omaggio all’esperimento di Nolo, il quartiere frutto di un’operazione di marketing che comprende l’area più prossima a nord di Loreto fino alla metro Turro, e ad altri di questo tipo nel mondo.
La pagina facebook si descrive come “QuLo social district è una roba social un po’ impegnata, una pagina che si propone come guida per sopravvivere alla gentrificazione del quartiere, senza scadere nella retorica e affrontandola per quello che è, gente coi cash che viene a vivere dove stai e ti alza i prezzi, da dei nome strani alle cose“.
# Il Gran Ducato di QuLo: tra Villa San Giovanni e Gorla o forse no
Ma dove si trova esattamente QuLo? “L’area di QuLo social district è bene o male decretata da quanto ci metti a raggiungere la stazione MM! di Loreto, che deve essere al massimo mezz’ora a piedi.” Il “GranDucato di Qu.Lo” dovrebbe comprendere tutto quello che si trova tra la fermata di Villa San Giovanni e quella di Gorla sulla linea rossa delle metropolitana, al confine nord di Nolo. Come nome alternativo sarebbe VIPREGO dalle rispettive iniziali.
# Le proposte per rendere più cool il “quartiere”
#1 Il QuLo Village: il Gay Village di Milano
Gay Village Montreal
In risposta al nostro articolo “A Milano il più bel GAY VILLAGE d’Europa? Ecco cosa ci dovrebbe essere“Qulo si propone come zona ideale per ospitare il Gay Village milanese: “Ci candidiamo noi! Dove se non a QuLo si potrebbe fare un Gay Village a Milano. Anzi, se NY ha il Greenwich Village, noi vogliamo il QuLo Village”
#2 La zip line sopra Viale Monza
Nei rendering dei progetti del nuovo stadio di San Siro spunta una zip line tra le attrazioni sportive per i cittadini. I residente di QuLo non ci stanno e la vogliono per loro: “la zip line dobbiamo averla noi…..una zip Line di 5 km sopra viale Monza da affiancare alla pista ciclabile…”
#3 La pista da sci di fondo underground
Sono tantele opere che trasformeranno Milano per le Olimpiadi, ma ce n’è una a cui forse nessuno ha pensato: “La pista di sci di fondo underground al posto della metropolitana dei Povery. Tanto che ce ne facciamo noi del metro? Quella oramai la usano solo le nostre badanti e i nostri factotum filippini.”
Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità
L’investimento complessivo sarà di 1 miliardo: un nuovo grattacielo, il ponte a scavalco che ospiterà una serra della biodiversità e il “Pirellino” riqualificato. Come cambierà il distretto finanziario milanese.
La TORRE BOTANICA: il nuovo grattacielo che cambia COLORE in ogni stagione
# Investimento di 1 miliardo per il nuovo progetto immobiliare di Pirelli 39
Credits: Coima
Coima Sgr, proprietaria del “Pirellino” ha assegnato a Diller Scofidio + Renfro (DS+R) e Stefano Boeri Architetti il concorso internazionale di architetturaper l’edificio di Via Pirelli 39 in una competizione che vedeva 70 raggruppamenti composti da 359 studi di archittettura provenienti da 15 Paesi. Pirelli 39 è collocato al centro dell’area Porta Nuova Gioia in una posizione strategica fra la stazione Centrale, a est, e scalo Farini, a ovest, e rappresenta il punto di accesso a Porta Nuova provenendo da nord verso il centro città. La sua riqualificazione si inserisce nel processo di rigenerazione dell’area su scala di quartiere iniziato con Gioia 22 e che si completerà nei prossimi anni con lo sviluppo dei progetti di Pirelli 35 e Gioia 20.
Pirelli 39 sarà il primo progetto italiano interamente misurabile secondo criteri ESG tra cui: certificazioni LEED Platinum, WELL Gold, WiredScore, zero uso di combustibili fossili, livello di emissioni operative di CO2 già allineato con gli obiettivi EU 2050, recupero edilizio >70% dell’edificio esistente e contenimento delle emissioni di costruzione.
# Il complesso si compone di 3 parti: un nuovo grattacielo, il ponte e il “Pirellino” riqualificati
Credits: Coima
Il complesso si compone di tre parti: un nuovo grattacielo, il ponte e il “Pirellino” riqualificati. Ecco come cambierà l’area a ridosso della Biblioteca degli Alberi.
#1 La “Torre botanica” che cambia colore in ogni stagione è il nuovo grattacielo di Porta Nuova
Credits: Coima
Il nuovo grattacielo sarà un vero e proprio polmone verde in grado di produrre 9 tonnellate di ossigeno l’anno e assorbire 14 tonnellate di anidride carbonica grazie ai 1.700 metri quadrati di vegetazione distribuiti su più piani. Una sorta di sandwich di verde composto da piante e alberi in grado di “mangiare” lo smog e produrre ossigeno, un’evoluzione del “Bosco Verticale” di cui proprio Stefano Boeri è il progettista.
La torre residenziale cambierà il colore della facciata con l’alternarsi delle stagioni per via della diversità di piante presenti. Inoltre la torre sarà parzialmente autonoma: con 2.770 metri quadri di pannelli fotovoltaici l’edificio sarà in grado di produrre il 65% del proprio fabbisogno energetico.
#2 Il ponte a scavalco di Melchiorre Gioia diventerà una serra
Credits: Coima – Ponte a scavalco su Melchiorre Gioia con Green House
Il ponte a scavalco su via Melchiorre Gioia subirà una radicale trasformazione diventando, come dice Coima “un nuovo hub a servizio della città, uno spazio aperto per eventi, mostre ed esposizioni, con aree incontri e wellness dedicato ad essere un laboratorio sull’impatto climatico e ambientale, ed estensione della Biblioteca degli Alberi”. La vera chicca della riqualificazione sarò però la Green house: una vera e propria serra della biodiversità dove vivere un’esperienza immersiva, educativa, interattiva e innovativa tra svariate specie vegetali.
#3 Il “Pirellino” riqualificato ospiterà una terrazza panoramica
Credits: Coima – Pirellino
L’oggetto principale del concorso internazionale di architettura è il “Pirellino”, al civico 39 di via Pirelli, che fino qualche anno fa era occupato dagli uffici tecnici del Comune di Milano. Le opere di rimozione dell’amianto e “svestizione” dell’edificio sono arrivate a conclusione. Manterrà la sua struttura originale, ma subirà una pesante riqualificazione, per renderlo moderno e rispondente ai più alti standard di efficienza, rivestito di vetrate e con una terrazza panoramica all’ultimo piano.
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Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità.
Sono state riaperte tutte le attività. Uniche due eccezioni: le università statali continuano con la didattica a distanza e rimane l’obbligo della mascherina all’interno dei luoghi pubblici. Questa la situazione aggiornata con fonti direttamente da Mosca.
Russia Nazione Aperta: la vita a MOSCA è tornata quasi NORMALE
# La situazione a Mosca è in miglioramento: il 50% dei posti in terapia intensiva è libero, e il sindaco riapre quasi tutto. Resta solo l’obbligo di mascherina nei luoghi pubblici
Credits: cdt.ch
Il vaccino Sputnik, le misure di distanziamento sociale e i protocolli di cura fanno sentire i loro effetti nella capitale russa. La metà dei moscoviti sarebbe ormai immune al virus con il conseguente calo drastico delle nuove infezioni: “Non più di tremila al giorno nell’ultima settimana” come dichiarato dal sindaco Sobyanin, con il 50% dei posti in terapia intensiva libero. Questa situazione ha portato il sindaco della capitale russagià dalla scorsa settimana ad allentare le misure restrittive.
Il 21 gennaio avevano riaperto musei, cinema e teatri al 50% della loro capienza, biblioteche, circoli, centri sportivi e centri per bambini. Da ieri 27 gennaio bar, ristoranti e locali notturni possono rimanere aperti 24 ore al giorno, pur rispettando i requisiti per i posti a sedere dei visitatori e l’osservanza del regime sanitario e salta anche l’obbligo per le aziende di far lavorare da remoto almeno il 30% del personale. Resta solo l’obbligo della mascherina nei negozi e sui trasporti pubblici e anche le università statali proseguiranno con la didattica a distanza almeno fino al 6 febbraio.
# Il vaccino è gratuito per gli over 60 e/o con patologie, studenti over 18 e lavoratori. Disponibile a pagamento per tutti gli altri. In 10 giorni oltre 1,5 milioni di dosi somministrate
Credits: osservatoriobalcani.it
La campagna vaccinale di massa è iniziata qualche settimana dopo rispetto all’Unione Europea, il 18 gennaio, ma sta procedendo a ritmo spedito: in 10 giorni è stata già superata la soglia di 1,5 milioni dosi somministrate. Il vaccino utilizzato è lo Sputnik V, sviluppato e prodotto interamente in Russia. Per gli over 60 e/o per chi ha patologie pregresse, studenti over 18, lavoratori dipendenti e liberi professionisti è gratuito, per le altre categorie è disponibile a pagamento a circa 1.800 rubli pari a 20 euro a dose.
# Per la cura del virus sono previsti due protocolli distinti
Credits: sputniknews.com
L’impostazione del modello di cura contro il Covid si discosta da quelli utilizzati negli altri Paesi Europei. In caso di persona con sospetto di positività viene eseguita una serie di analisi per verificare subito quale percorso potrebbe seguire la risposta immunitaria dell’organismo. Poi per la cura dell’infezione sono previsti due protocolli distinti:
In caso di positivo con sintomi simil-influenzali quali febbre e tosse si lascia che la risposta immunitaria dell’organismo faccia il suo corso normale fino alla guarigione naturale in 2-3 settimane.
Nel caso caso in cui si presenti una risposta autoimmune eccessiva dell’organismo che potrebbe portare sia a uccidere il virus che la persona infetta, si cerca di bloccare la risposta del sistema immunitario per limitare i danni, cercando di evitare l’insorgere di altre infezioni.
Il diverso modello di cura adottato in Russia potrebbe quindi essere uno dei motivi che ne fanno una delle nazioni che sta affrontando meglio la pandemia. Infatti è precipitata al 70esimo posto nel mondo nel classifica delle Nazioni per contagi ogni milione di abitanti e al 56esimo posto per numero di morti ogni milione di abitanti. Questo grazie ai grandi progressi nelle cure rispetto ad altri paesi che sono ai primi posti di questa triste classifica, come Italia, Spagna, Francia, Spagna o Uk.
Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità
Dopo il calo generale dei prezzi delle abitazioni nel 2020 a causa degli effetti economici della pandemia, il 2021 sembra un anno ancora interlocutorio. Quali sono le aspettative degli esperti del settore per i prossimi mesi? Vediamo la classifica da chi dovrebbe avere una crescita maggiore dei prezzi a quella che dovrebbe perdere di più, secondo l’ufficio tecnico del gruppo Tecnocasa.
Come cambieranno i prezzi delle case in Lombardia quest’anno? Le PREVISIONI degli ESPERTI città per città
# In Italia i prezzi delle case aumenteranno solo in tre città
Nel 2020 la casa è diventata un rifugio, sia per i proprietari per difendere i propri capitali sia perché il lockdown l’ha trasformata nel luogo in cui vivere 24 ore al giorno. Il 2021, secondo l’Ufficio Studi del Gruppo Tecnocasa, vedrà a livello nazionale un recupero delle compravendite e prezzi ancora in diminuzione tra -2% e 0%, la cui risalita potrebbe registrarsi nel 2022. In Italia solo tre grandi città con previsioni di crescita: Verona e Firenze fino al 2% e Milano fino al 3%.
Vediamo la graduatoria della possibile variazione dei prezzi nelle città della Lombardia:
#1 Milano la prima a riprendersi, la stima di crescita oscilla tra l’1% e il 3%
Milano, estate 2019. “La più calda del decennio”. C’era già il Coronavirus? Foto: Andrea Cherchi (c)
Milano oltre a essere la prima città per crescita dei valori immobiliari in Italia lo è ovviamente anche in Lombardia, dove però nessun altro capoluogo sembra possa registrare aumenti per quest’anno. Si stima un aumento dei prezzi compreso in una forbice tra l’1% e il 3%.
#2 Prezzi invariati per Brescia, Como, Monza e Lodi
Dopo Milano, in un’ipotetica seconda fascia troviamo 4 città che non dovrebbero registrare alcuna variazione negativa o positiva nei prezzi delle case, sia nello scenario peggiore che in quello migliore: Brescia, Como, Monza e Lodi.
#3 Bergamo, Cremona e Varese: nell’ipotesi peggiore i prezzi caleranno del -2%
Credits: milanoguida.it – Bergamo
Sono 3 invece i capoluoghi di provincia che potrebbero vedere la curva dei prezzi in calo nell’ipotesi peggiore: Bergamo, Cremona e Varese oscillano tra il -2% e lo 0%.
#4 Pavia è in coda alla classifica: lo scenario migliore vede un calo del -3%, il peggiore del -5%
pavia
In coda alla classifica c’è Pavia per la quale anche nella migliore delle condizioni vedrà un calo dei valori immobiliari, del -3%, e nella peggiore fino al -5%.
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Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità.
La varietà è la caratteristica principale dell’Italia.
La nostra identità distintiva è che abbiamo competenze diverse sul territorio. Nasce dai comuni ma era già evidente anche ai tempi dell’impero romano.
Non è vero che tutti sanno fare tutto: la specializzazione è la chiave dello sviluppo della civiltà umana.
Roma deve togliersi la sbruffonaggine di voler fare tutto e accettare che certe cose le riescono a fare meglio altri.
Deve fare un grande atto di umiltà e capire quali sono i suoi limiti, valorizzando al contempo la forza delle sue parti.
Non è accentrando il potere a Roma che ottieni il potere di Roma. Ma il potere lo si esercita delegando, e scegliendo i migliori a svolgere ogni determinato compito.
La vera capacità di comando si esercita assegnando i compiti a chi è più adatto a svolgerli. Bisogna dare i compiti in base alle competenze e solo in questo modo Roma può dimostrare di essere capitale.
Tutto il mondo sa che in Italia il luogo dell’organizzazione e delle capacità economiche e gestionali è Milano.
Il recovery fund va gestito a Milano. Da Milano per conto di Roma.
È ridicolo pensare che possa essere gestito dai ministeri romani.
Lo sviluppo e la trasformazione della città non conosce stop rilevanti nonostante la pandemia. Ecco i cambiamenti più importanti a cui assisteremo nei prossimi anni.
Le 5 TRASFORMAZIONI che rivoluzioneranno Milano
#1 La rivoluzione di San Siro: terme alle ex scuderie, nuovo stadio e grattacielo
# Le ex scuderie de Montel diventeranno il più grande complesso termale italiano in una grande città. Apertura prevista nel 2022
Il più grande complesso termale italiano in una grande città sarà il risultato della trasformazione delle ex scuderie De Montel. Il progetto di restauro prevede di preservare gli edifici storici delle scuderie, riqualificando le decorazione Liberty delle facciate, e di utilizzare la presenza di acque termali nel sottosuolo per creare le nuove terme milanesi. Al suo interno saranno presenti vasche, idromassaggi, area beauty e solarium e il centro massaggi.
# Il nuovo stadio di San Siro pronto per le Olimpiadi Invernali
Credits: milano.repubblica.it
Sono previsti 1,2 miliardi di euro per la costruzione del nuovo stadio con annesso parco e centro di ritrovo culturale con attività sociali e ricreative come palestre all’aperto, uno skatepark, una parete da arrampicata ma soprattutto un museo dello sport. La scelta ricadrà sullo stadio “Anelli” proposto da Manica Sport o su “La Cattedrale” progettato da Popolus.
# Il grattacielo di 152 metri per 29 piani dopo il 2026
Credits: elledecor.it
All’interno del progetto di realizzazione del nuovo stadio e di riqualificazione di tutto il quartiere di San Siro è prevista la costruzione di un grattacielo di 29 piani alto 152 metri.
#2 MilanoSesto 3.0: 1,5 milioni di mq che ospiteranno “la Città della Salute e della Ricerca”, residenze, un mall commerciale e la nuova avveniristica stazione con passerella sospesa
Credits: Urbanfile – Masterplan MilanoSesto
La superficie trasformata sarà di 1,5 milioni di metri quadrati, sulla base del masterplan firmato da Foster + Partners, dove ci saranno: quartieri residenziali, un mall commerciale, spazi direzionali e alberghieri, nuove piazze e 45 ettari di verde diffuso. La realizzazione più importante però riguarderà la Città della Salute e della Ricerca che unirà le nuove sedi dell’Istituto Neurologico Besta ed Istituto dei Tumori, che lasceranno quindi l’area urbana di Milano.
Ci sarà anche una grande passerella sospesa al di sopra dei binari esistenti nella stazione di Sesto San Giovanni, che interscambia con la linea M1, che consentirà di congiungere due zone della città da sempre separate dalla ferrovia. La struttura moderna in ferro e vetro, con copertura fotovoltaica sarà in grado di alimentare completamente la stazione. Attrezzata con bar, negozi e servizi, offrirà una vista panoramica sul nuovo grande parco urbano di cui diventerà il principale punto d’accesso.
#3 La trasformazione nel quadrante sud-est: il nuovo quartiere di Santa Giulia per le Olimpiadi del 2026
Credits: risanamentospa.com – Masterplan Santa Giulia
Il quartiere di Santa Giulia Nord, oggi solo terreni abbandonati dove un tempo sorgeva la Montedison, beneficerà di un investimento 2,5 miliardi di euro per la sua riqualificazione. Verranno edificati uffici per circa 52.000 metri quadrati con 3.000 mq di spazi retail di servizio. Oltre a questo sono previste fino a 2.500 residenze da mettere sul mercato e case da gestire in affitto, un parco di 30 ettari, nuove scuole e un museo.
L’elemento di spicco dell’area sarà il PalaItalia, l’arena da completare per le Olimpiadi invernali Milano-Cortina 2026 che fungerà da palazzetto del ghiaccio per le gare di hockey. Tra le opere di viabilità e di trasporto pubblico è prevista la conclusione dell’innesto della Paullese all’ingresso della città e la realizzazione della tranvia che collegherà la stazione M4 Forlanini FS con la stazione M3 Rogoredo attraversando tutto il nuovo quartiere e la porzione già esistente a ridosso della stazione ferroviaria.
#4 Lo sviluppo del sistema dei traporti: la nuova linea M4, il raddoppio della M5 fino a Monza e i prolungamenti delle linee esistenti nell’hinterland
Nuove linee
Lo sviluppo del trasporto pubblico, soprattutto la costruzione di km di metropolitane, sarà un fattore che impatterà notevolmente sul traffico, sulla mobilità e la vita dei cittadini in generale nel prossimo futuro. Secondo i piani, dai 96,8 km attuali, nel 2023 la lunghezza della rete sarà di 114 km, con 136 stazioni, mentre nel 2030 si arriverà a 130,5 km di estensione per un totale di 151 fermate.
Tutte le aperture previste in ordine cronologico:
#1 La nuova linea M4 Linate-San Cristoforo da est a ovest per 15 km e 21 fermate. In primavera di quest’anno le prime 3 fermate. Nel 2023 tutta la tratta operativa
La quinta linea di Milano, la M4, dovrebbe inaugurare nella sua interezza entro la fine del 2023 collegando l’aeroporto di Linate a est con la stazione di San Cristoforo Fs a ovest passando per il centro storico sul percorso della cerchia dei Navigli. Prima tappa nella primavera di quest’anno con la tratta Linate-Forlanini F.S., nel 2022 fino a San Babila, poi l’anno successivo l’apertura completa.
#2 Nel 2023 apriranno le due stazioni del prolungamento a nord della M1: Restellone e Monza-Bettola
Credits: Urbanfile – Prolungamento Monza Bettola
Sempre nel 2023, pur con tutti i ritardi accumulati, apriranno le due fermate di Restellone e Monza-Bettola sulla linea M1 a nord, un prolungamento di circa 1,9km di lunghezza.
#3 Nel 2030 la M1 si allungherà a sud-ovest con 3 fermate fino al quartiere Olmi, a ridosso della tangenziale ovest
Credits: Urbanfile – Prolungamento Bisceglie-Quartiere degli Olmi
I prolungamenti della linea M1 toccheranno anche il quadrante sud-ovest con 3 fermate e 3,5 km di estensione da Bisceglie al Quartiere degli Olmi a ridosso della tangenziale ovest. Il bacino d’utenza servito comprenderà i comuni di Cesano Boscone, Settimo Milanese, Cusago e la connessione della statale 114 con la tangenziale per l’ingresso in città delle auto provenienti da Cisliano, Albairate, Abbiategrasso.
#4 Nel 2030 è previsto anche il raddoppio della linea M5 a nord, entrando nella provincia di Monza Brianza oltre il Parco della Villa Reale fino al Polo Istituzionale
Credits: Urbanfile – M5 Bignami-Monza
Dopo la stazione di Bignami, ora capolinea, verranno costruite altre 12 fermate, quasi raddoppiando la lunghezza attuale della M5 con l’aggiunta di 13 km di binari. La linea attraverserà i comuni di Milano, Cinisello Balsamo, Sesto San Giovanni e Monza. L’inaugurazione completa di questa nuova tratta è programmata per il 2030.
#5 La “Città nella città” nell’ex-area Expo completata entro il 2030
Masterplan Mind suddiviso per aree funzionali
L’area di 1,1 milioni di mq ereditata dall’Esposizione Universale del 2015 è in corso di trasformazione, diversi edifici sono già funzionanti e alcuni come l’Ospedale Galeazzi è già in fase avanzata di costruzione. Entro il 2030 quando tutta l’area sarà riconvertita e diventerà un piccola città nella città con decine di migliaia di persone presenti ogni giorno.
Per metà sarà a verde con il parco lineare più grande d’Europa e nel resto sarà suddivisa in 6 aree con specifiche destinazioni d’uso.
Le aree di intervento
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Credits: lifegate.it - 1- Parco lineare
Credits: lifegate.it
Credits: Mind.it - 2- Fondazione Triulza
Credits: Mind.it - Fondazione Triulza
3 - Ospedale Galeazzi
Credits: Urbanfile - 4 - Human Technopole
Credits: Urbanfile - Human Technopole
Credits: Mind Milano - 5- Campus Scientifico Statale
Credits: Mind Milano - Campus Scientifico Statale
Credits: Urbanfile - 6 - Westgate
Credits: Urbanfile - Westgate
Nello specifico ci saranno:
#1il parco lineare più grande d’Europa lungo 1,5 km, #2un lab-hub per l’innovazione sociale nel terzo settore con sede a Cascina Triulza, eredità dell’Esposizione Universale del 2015, #3il nuovo polo ospedaliero ICRSS Galeazzi nel 2022 #4l’istituto di ricerca Human Technopole, che avrà sede a Palazzo Italia e in alcuni edifici circostanti, a conclusione nel 2024 #5il nuovo Campus Scientificoper l’Università Statale di Milano pronto entro il 2025 #6il “West Gate”: l’area commerciale e residenziale #7il Mind Village: il parco scientifico e tecnologico con gli HQ delle multinazionali.
Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità.
Forlanini è stata protagonista di numerosi cambiamenti. Da essere una zona desertica a diventare un centro per attività sportive. Cosa è cambiato ai giorni nostri?
FORLANINI: da deserto alla riqualificazione del parco. “Il mare di Milano” è RINATO
# Il Laghetto Salesina di Forlanini: immersi nella natura a pochi minuti di macchina
Credits: luoghi.italianbotanicalheritage.com
Inserito nel parco sud di Milano, Forlanini è un parco urbano che si estende per 750000m² e deve il suo nome all’aviatore Enrico Forlanini. Inaugurato negli anni 70, è una vasta area alberata ed ombreggiata che predispone al relax nei mesi più caldi, grazie anche al Laghetto Salesina, uno specchio d’acqua sia di falda che piovana. Intorno ad esso si possono fare piacevoli passeggiate estraniadosi per un istante dal caotico vivere cittadino. Un habitat ideale per i milanesi che vogliano vivere l’illusione della natura a pochi minuti di macchina, ma anche per la fauna che lì si rifugia completando il quadro bucolico dei suoi colori.
# Le cascine conservatrici della storia lombarda. Quando natura e svago si incontrano
Credits: cascinacavriano.com
La creazione del parco riuscì a salvare l’oasi verde dalla speculazione edilizia negli anni 60/70 preservando alcune strutture storiche come la Cascina Cavriano, già citata in un documento dell’ Xl secolo. Nei dintorni altre undici cascine che conservano lo stile e le architetture lombarde, facendosi memoria delle nostre origini agricole. Negli anni 70 il parco era decisamente spoglio e con aree deserte, inserendosi perfettamente nel contesto culturale dell’epoca. L’approccio alla natura e allo svago venivano “attivati” dall’individuo che, con l’ausilio delle proprie facoltà, interagiva con l’ambiente, cosa che non accade oggi. Infatti la tendenza è quella di attrezzare il verde corredandolo di ogni comfort e offerte ludiche per grandi e bambini.
# “Il mare di Milano” nel mezzo della nebbia padana
Credits: initalia.virgilio.it
Negli anni ’70 era un luogo dell’identità intatta. La natura era il palcoscenico dove ogni attore poteva esprimersi al meglio. Anche la nebbia era indiscussa protagonista delle campagne lombarde. Il pensiero corre allo storico film “L’albero degli zoccoli”, uno spaccato della vita rurale della pianura padana alla fine dell’800 ma ambientato proprio nella stessa, alla fine degli anni 70. La nebbia era un fenomeno climatico imponente che solo nella vastità poteva liberarsi così, quasi allo stato solido. Negli anni a seguire il Forlanini ha perso molto della sua magia perché iniziava a convivere con le prime proposte ricreative offrendo servizi a volte un po’ mediocri. Veniva appellato ironicamente “il mare di Milano” ma di divertente non emergeva nulla se non la brutta copia di una stazione balneare dove intere famiglie si riversavano in mancanza di altri lidi da raggiungere.
# La riqualificazione e i nuovi servizi offerti
Credits: faretennis.com
Solo negli ultimi anni è stato riqualificato, addirittura con un’associazione che si prende a cuore la sua salvaguardia. Oggi ha al suo attivo 2 aree gioco, campi da bocce al coperto, il rinnovato Centro sportivo Saini, un percorso botanico, bar, ristoranti e se volete c’è un servizio di sci nautico. Sono cambiati quindi anche i suoi utenti. Amanti dello sport che si cimentano nelle più disparate discipline e lettori “seriali” di romanzi che si isolano dal mondo, buttando ogni tanto lo sguardo oltre la pagina, attirati dal canto di un cuculo.
Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità.
Trepalle si trova a 2.069 metri di altezza. Qui i venti freddi riescono a superare le Alpi e rendono il paese il più freddo d’Italia. Andiamo a scoprirlo.
TREPALLE di nome e di fatto: è il paese più FREDDO d’Italia
# Trepalle: piccolo paesino della Valtellina con una grande storia
Trepalle è una frazione di Livigno, in provincia di Sondrio, dove l’inverno morde e l’estate non crea affanno. Siamo a 2.069 metri sul livello del mare, i venti qui riescono a superare le Alpi e rendono l’aria frizzante e gelida. Questo è ufficialmente il paese più freddo d’Italia.
# Freddo in inverno e in estate
credits: @vale_yogatraveltips
A Trepalle il maglione è d’obbligo, anche in estate, perché ad agosto qui si registrano 0 gradi. In inverno? nel ’56 si sono raggiunti i -41 gradi, sfidando le temperature della Siberia.
# Gli abitanti di Trepalle escogitavano modi per sopravvivere a queste temperature nonostante i pochi mezzi a disposizione: oggi il museo del paese racconta la loro storia
A Trepalle si cucinava con la stufa ma non si mangiava in cucina, il pasto veniva consumato in un’altra stanza in cui l’arredo principale era il legno, più caldo dei muri scoperti del resto della casa. La lana era il mezzo principale per coprirsi ma, essendo un materiale che poteva spezzarsi facilmente, spesso veniva mischiata a capelli umani per renderla più resistente. La neve? Veniva spalata dagli abitanti aiutati dalle mucche.
# Trepalle possiede un altro record: la chiesa più alta d’Europa
credits: @livinglivigno
Il paese non è famoso solo per le sue basse temperature ma anche per avere la chiesa più alta d’Europa. Il prete che qui celebrava la messa, Alessandro Parenti, viene considerato il protettore del paese, una sorta di supereroe. Negli anni ’50 Trepalle non possedeva un medico, una stazione dei carabinieri e non aveva nemmeno un sindaco. Il parroco quindi ha svolto un ruolo fondamentale nel rappresentare e aiutare gli abitanti del paese.
Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità.