Dopo l’ufficio della Street Art, arrivano nuovi spazi per esprimere la propria arte. Sono 100 i muri messi a disposizione dal Comune di Milano. Ma dove si trovano?
100 MURI di Milano messi a disposizione per gli STREET ARTIST
# Il Comune mette a disposizione 100 Muri
Dopo la creazione dell’ufficio dedicato completamente alla street art, che ha il compito di censire le opere di arte urbana presenti nel territorio cittadino, verificarne lo stato di conservazione e promuovere la street art attraverso attività di valorizzazione, il Comune di Milano ha deciso di mettere a disposizioni per gli artisti di strada ben 100 muri cittadini liberi. I muri si trovano sparsi per la città, per un totale di settanta zone coperte.
# Dove posso trovare i muri liberi?
Credits: 7giorni.info
I muri sono essere localizzati grazie alla mappa georeferenziata online che ne individua il luogo e la sua scheda descrittiva. Sul luogo è presente un cartello in cui è scritto che “L’Amministrazione Comunale declina ogni responsabilità per i danni in cui potrebbero incorrere i soggetti terzi e i fruitori di questa superficie murale, a causa della realizzazione di disegni e/o pitture, qualora non abbiano adottato tutte le precauzioni necessarie a evitarli”. Questo è utile per riconoscere il muro sul quale gli artisti di strada possono sprigionare la loro fantasia realizzando i graffiti che oggi giorno sono sempre più visibile sui muri della città.
# No autorizzazioni e no tariffe. Ma in caso di scritte offensive?
Credits: milano.repubblica.it
L’amministrazione, dopo aver concesso questi spazi, garantisce ai propri cittadini che eventuali scritte offensive a persone, religioni o organi di stato, saranno rimosse nel minor tempo possibile e i costi saranno a carico dell’amministrazione stessa. Per la creazione dei murales non occorre richiedere particolari autorizzazioni e non prevede nessun pagamento di tariffe, motivo per il quale è possibile anche creare nuove opere di street art su quelle già realizzate. Per le vie di Milano ci aspettiamo grandi opere artistiche, e chissà, se un domani dovessero essere riprodotte su tela ed esposte alla Pinacoteca di Brera? Intanto non ci resta che aspettare e goderci la creatività dell’arte di strada e dei suoi artisti.
Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità.
Da un lato ci stiamo dimostrando super-rigorosi, dall’altro spendaccioni spensierati.
Dal punto di vista dell’epidemia siamo formica. Dal punto di vista dei soldi siamo cicala.
Quando si tratta delle nostre libertà siamo super formiche: restrizioni da carcere di Guantanamo, movimenti da cortina di ferro, libertà solo per i cani. Ma quando si tratta di spendere soldi siamo cicale a manetta: banchi per gli autoscontri, bonus monopattini e caramelle. Sembriamo un bambino che entra in un negozio e qualunque cosa che è colorata e luccica gli viene acquistata. Tranne che le cose che servirebbero per davvero, come più terapie intensive, trasporti o cure più efficaci.
Fare la formica non costa nulla: per chiudere le persone in casa bastano due righe su un foglio di carta. Invece fare la cicala costa, comporta una continua questua a benefattori che ci prestano i nostri soldi. Da che parte cadrà la moneta oggi?
Credits: milano.corriere.it - Email Regione Lombardia
Continua la querelle su chi abbia la responsabilità per l’errato inserimento della Regione Lombardia nella fascia più a rischio e con le restrizioni più dure. L’ultimo indizio è la richiesta della giunta Fontana del ricalcolo dell’indice Rt. Ma quindi di chi è la colpa?
🛑 Zona rossa per errore. L’EMAIL della REGIONE: RICALCOLATE l’Rt
# Ammissione di colpa della giunta regionale?
Credits: milano.corriere.it – Tg3
Ieri 24 gennaio un servizio del Tg3 ha mostrato in esclusiva l’email inviata dal direttore generale del welfare della Lombardia, Marco Trivelli al direttore dell’Istituto superiore di sanità, Silvio Brusaferro lo scorso 19 gennaio in cui si chiedeva un ricalcolo dell’indice Rt con le modifiche inviate: “Con la presente, a seguito delle odierne interlocuzioni, si richiede che venga eseguito un calcolo dell’indice RT Sintomi recependo le modifiche definite a livello tecnico relative al conteggio dei pazienti guariti e deceduti“.
Dopo la richiesta di sospensione dell’ordinanza del Ministero della Salute il 17 gennaio e il ricorso presentato al Tar da parte di Regione Lombardia per l’attribuzione della zona rossa, non ritirato e in attesa di esito, sono proseguite le interlocuzioni con l’Istituto superiore di sanità che aveva sollecitatouna comunicazione più precisa sul numero dei positivi e che questa email testimonierebbe. Un nuovo caricamento dei dati fatto dai tecnici regionali ha fatto scendere l’indice Rt dal 1,4 allo 0,88, riportando la Lombardia in zona arancio. Errore dell’algoritmo e dell’invio incompleto di dati?
# Nel foglio elettronico era assente il dato dei positivi guariti e deceduti: era facoltativo o obbligatorio?
L’Istituto Superiore di Sanità aveva precisato che l’algoritmo era corretto e aveva aggiunto: “La Lombardia, ha segnalato dall’inizio dell’epidemia nell’ultimo periodo, una grande quantità di casi, significativamente maggiore di quella osservata in altre regioni, con una data di inizio sintomi a cui non ha associato uno stato clinico e che pertanto si è continuato a considerare inizialmente sintomatici, in accordo con la procedura sopra descritta. Questa anomalia è stata segnalata più volte dall’ISS alla regione Lombardia“.
A quanto sembra quindi i tecnici della Regione Lombardia responsabili dell’invio dei dati erano a conoscenza di questa informazionema ad oggi non è dato sapere se il dato sui positivi ad oggi negativizzati o deceduti sia facoltativo o obbligatorio. Ma non è questo l’unico problema, in quanto il sistema di tracciamento dei dati continua a non funzionare in tutta Italia. Inoltre non c’è nemmeno chiarezza sulle procedure di inserimento dati e sulle procedure di controllo di qualità del dato che possa escludere errori rilevanti che impattano sulla vita dei cittadini e sull’economia del Paese. Pertanto altre regioni potrebbero avere inviato dati incompleti e le relative attribuzione di zone di rischio potrebbero non essere corrette. ‘
# Lo scontro istituzionale continua senza un colpevole. L’unica certezza è che a rimetterci sono cittadini e imprese della Lombardia
Mentre continua lo scontro tra regione e governo anche il Sindaco di Milano era intervenuto per chiedere chiarimenti alla regione: “I lombardi devono sapere la verità, tirate fuori i dati“. “Il sistema è collaudato, essendo in funzione da mesi una sola Regione (la Lombardia per l’appunto) sostiene che l’algoritmo di compilazione ha una falla mentre per tutte le altre Regioni ha sempre funzionato senza problemi. Possibile che ci abbia visto giusto solo la nostra Regione? La cosa più semplice per chiudere la questione è che la Regione Lombardia faccia vedere i dati. Il calcolo dell’Rt è un fatto eminentemente tecnico, non politico!“.
A Roma PD e Lega continuano a rimpallarsi le responsabilità. Il Ministro delle autonomie regionale Boccia dichiara: “I dati sull’Rt sono stati “ricertificati” dalla Lombardia, che giorni dopo li ha “rettificati”. E se l’Istituto superiore di sanità dice che i dati sono stati rettificati io credo all’Istituto“, mentre Massimo Garavaglia esponente delle Lega replica: “Boccia passa da un canale all’altro cercando di scaricare sugli altri i propri fallimenti: odia il Nord e la Lombardia in particolare“.
In questo scenario Confcommercio ha stimato 600 milioni di perdite di fatturato delle imprese in Lombardia a causa dell’istituzione della zona rossa: chi pagherà i danni?
Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità.
Essere ottimisti, appagati dalla propria relazione, dalle amicizie e vivere in assenza di stress può fare davvero la differenza. Il benessere mentale è sempre stato un alleato vincente per la salute ma dagli studi effettuati sembra che addirittura migliori la risposta del corpo ai vaccini e, in generale, nella produzione di anticorpi.
Chi è FELICE vince il VIRUS
# Essere felici aumenta la risposta anticorpale dopo il vaccino
Negli ultimi anni sono stati fatti diversi studi nel campo della psico-neuro–immunologia, soprattutto su come gli stati mentali influiscono sul sistema immunitario.
In uno dei primi studi del genere, condotto nel 2006, è stato scoperto che i soggetti sereni e non ansiosi sviluppavano il 73% di anticorpi in più dopo la vaccinazione contro l’epatite B, rispetto a coloro che si consideravano più inquieti, tesi o arrabbiati.
# Pochi amici = pochi anticorpi
credits: donnamoderna.com
Anche la rete sociale influisce sulla risposta del corpo al vaccino. Uno studio ha analizzato 83 studenti chiedendo loro di elencare gli amici che conoscevano bene e con i quali erano in contatto frequente. 13 studenti, che hanno riferito di avere meno di 20 amici, hanno prodotto molti meno anticorpi contro il virus dell’influenza.
# Avere una relazione soddisfacente migliora l’immunità
credits: ansa
L’Università di Birmingham ha studiato gli effetti della relazione amorosa sulla crescita del livello di anticorpi in risposta al vaccino antiinfluenzale nelle persone anziane: coloro che si sentivano appagati dalla convivenza con il partner avevano in media il 10% in più di anticorpi rispetto a coloro che erano single o coinvolti in relazioni non appaganti.
Visti gli studi effettuati è ragionevole pensare che i fattori psicologici saranno importanti anche per la risposta al vaccino anti covid19.
Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità.
Milioni di morti, ma non solo quelli, le epidemie hanno segnato profondamente anche il nostro modo di vivere. Molte delle cose anche positive che oggi diamo per scontate sono proprio il frutto della risposta che le società del tempo diedero ai mali che le affliggevano. Il lascito del Rinascimento fu forse quello più eclatante come ricorda Eugenio Spagnuolo in un articolo su Business Insider di cui pubblichiamo alcuni spunti.
Dal Rinascimento al Safe Sex: dopo ogni grande EPIDEMIA è CAMBIATO il MONDO. Succederà anche dopo il Covid?
# La peste nera del 1.300 segna la fine del Medioevo e la nascita del Rinascimento
Credits: greenme.it
“È una semplificazione, ma molti storici ne sono stati sedotti: la peste nera che nei primi anni del 1300 funestò l’Italia e l’Europa segnò di fatto la fine del Medioevo e l’ingresso in una nuova epoca di speranza, da cui prese le mosse il Rinascimento. Le migliaia di morti che il morbo si lasciò dietro misero infatti in crisi la concezione medievale della vita, scuotendo le certezze della fede, che aveva dominato fino ad allora, e stabilendo una nuova economia: la manodopera a buon mercato cominciò a scarseggiare e chi ebbe la fortuna di resistere poté godere di un trattamento salariale migliore, mentre i signorotti persero via via il loro potere sui servi.”
# La peste bubbonica del 1630, contribuì al declino delle città-stato italiane ma fece nascere i sistemi di igiene moderni
Credits: cronachediverona.it
“La peste bubbonica raccontata da Manzoni nei Promessi Sposi “secondo lo storico J. N Hays, autore di Epidemics and Pandemics fu un grave colpo per l’economia delle Città Stato italiane: le paralizzò e in buona misura contribuì al loro declino.” I più importanti centri basati sul commercio e le esportazioni come Milano, Firenze, Venezia attorno alla metà del 1500 videro finire il loro periodo d’oro. Da quanto successo “come ha spiegato l’economista Carlo Cipolla, tra i massimi studiosi dell’economia delle pestilenze, le nostre città seppero rispondere al crollo dell’economia” attraverso la creazione di “sistemi efficaci di prevenzione sanitaria e stabilendo nuove pratiche di salute pubblica” a beneficio anche delle future generazioni.”
# Dalle epidemie di colera si svilupparono le grandi capitali europee come le conosciamo oggi: Parigi e Londra gli esempi più eclatanti
Credits: slidepalyer.it – Sistema fognario di Parigi
L’ottocento fu il secolo delle epidemie di colera in Europa e negli Stati Uniti e ed “è da esse che bisogna partire per capire lo sviluppo delle grandi capitali europee.” L’epidemia di Parigi del 1832 fu una spinta decisiva alla realizzazione all’imponente rete fognaria della capitale francese e per il restyling monumentale della città dalla metà del 1850 quando “Haussmann, il prefetto urbanista chiamato da Napoleone III, per far fronte all’epidemia mise la prima pietra dei grandi Boulevard di oggi liberando il centro di Parigi dai vicoli pittoreschi ma degradati de “i Miserabili”.
Dopo l’epidemia di colera del 1854 anche Londra “approvò il piano per la costruzione di una rete fognaria di 2.100 km“. Non solo, perché grazie all’intuizione del medico Jon Snow si diede impulso all’uso dei Big Data odierni a vantaggio della salute pubblica: il medico riuscì a individuare “una relazione diretta tra una fontana di Broad Street a Soho da cui sgorgava acqua inquinata e l’epidemia, appuntando i decessi di un mese su una mappa del quartiere” creando una prima raccolta di dati disponibile al pubblico.
# Anche Napoli fu stravolta urbanisticamente dopo l’epidemia del 1884
Credits: lacooltura.it
Anche il Regno d’Italia dopo l’epidemia di colera che colpì Napoli nel 1884 annunciò “un “risanamento”, che prevedeva lo sventramento delle zone più degradate della città. Molte strade e quartieri furono abbattuti e al loro posto spuntarono larghe arterie come Corso Umberto I, oggi una delle zone commerciali più importanti della città. “La Napoli attuale è sicuramente in parte il risultato delle trasformazioni conseguenti all’epidemia di colera”.
# L’influenza spagnola H1N1 portò alla nascita della moderna sanità pubblica
Vittime dell’influenza spagnola nei letti di un ospedale del Connecticut, nel 1918. Credits: Royston Leonard
Quanto successe durante l’epidemia di influenza spagnola è simile a quello che stiamo vivendo con il Covid: chiusura di scuole, chiese e teatri e tutti con una mascherina sul volto, al punto che negli Stati Uniti qualcuno ne fece anche questione di libertà civili.” L’alta diffusione e i milioni di morti portarono “le popolazioni di Europa e Nordamerica ad assimilare le regole della moderna salute pubblica: la fumigazione, l’uso di antisettici e le crociate contro gli sputi oltre all’introduzione dei servizi igienico sanitari.”
Il lascito più importante fu certamente “l’idea di un sistema sanitario pubblico”, in quanto fino al quel momento solo la classe media e i ricchi poteva farsi curare da un medico. Nel 1919 fu aperto a Vienna “l’ufficio internazionale per la lotta alle epidemie, precursore dell’attuale Organizzazione Mondiale della Sanità” e successivamente diverse Nazioni introdussero nei successi governi i ministeri della salute pubblica.
# Il lascito dell’epidemia di AIDS fu la fine della rivoluzione sessuale e la nascita del Safe Sex
campagna progresso sull’aids – 1989
L’’AIDS ha fortemente segnato gli anni 80 e 90 del secolo scorso e il suo lascito più evidente è di sicuro il preservativo merito del “dottor Everett Koop, capo della salute pubblica negli Usa che capì la portata dell’emergenza e fece distribuire brochure informative sulla prevenzione e l’uso dei condom nelle case degli americani. Così il preservativo divenne il simbolo di una rinnovata coscienza delle malattie sessuali.”
Oltre a questo l’AIDS segnò “la fine della rivoluzione sessuale e la diffusione di una maggiore consapevolezza del rischio legato all’uso delle droghe.
# Dopo il Covid quale insegnamento trarre e cosa potrà emergere di positivo
credits: open.online
Il lockdown forzato in casa, le limitazioni delle proprie libertà nelle vita quotidiana con i negozi chiusi, il lavoro da remoto, le mascherine da indossare sul viso e il distanziamento tra le persone: sono queste le cose negative che il Covid ci consegna oltre ai 2 milioni di decessi e quasi 100 milioni di contagi nel mondo. Il virus ci ha insegnato come le distanze si riducano molto più velocemente di quanto fatto dalla globalizzazione, che in parte ne è causa, e che il mancato rispetto della natura e l’antropizzazione abbiano presentato il conto da pagare all’uomo.
Da quanto è successo e ancora in corso, potrebbe nascere una concezione diversa della presenza dell’uomo sulla Terra, più alleato e rispettoso dell’ambiente, più aperto alla condivisione e all’empatia, capace di ripensare le città non solo come luoghi di lavoro ma luoghi in cui creare le migliori condizioni in cui vivere.
Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità.
La Lombardia è rossa di rabbia. Si sta scatenando l’inferno dopo il riconoscimento dell’errore di aver inserito la regione in zona rossa con dati che potrebbero essere errati non solo nell’ultimo mese ma addirittura da inizio dicembre. Sala alza la voce con Fontana: «Faccia vedere i dati». Moratti tuona contro Speranza: «Pretendeva dicessimo che l’errore era nostro». E i commercianti minacciano una class action da record.
Zona rossa per sbaglio? Sala contro Fontana, Moratti contro Speranza, i LOMBARDI rossi di rabbia
#1 L’antefatto: l’errore di calcolo
Oggi, domenica 24 gennaio, la Lombardia torna in zona arancione. Sarebbe dovuta restare zona rossa fino ad almeno il 31 gennaio ma ci si è accorti di un grave errore. L’Rt della Lombardia era in realtà inferiore a quello calcolato per farla ritornare in rosso. Di chi è la colpa dei dati? Subito è divampato lo scarico di responsabilità tra i vertici della Regione che dichiarano di aver inviato dati esatti e i rappresentanti del governo nazionale, che dicono di aver ricevuto dati falsi. Quello che pare certo è cosa avrebbe causato l’errore: sono rimasti nel conteggio dei malati anche i contagiati che nel frattempo erano guariti. Questo ha aumentato il numero di contagiati totali della regione e quindi ha penalizzato la Lombardia.
#2 Letizia Moratti tuona contro Speranza: «Pretendeva dicessimo che l’errore era nostro»
Non usa mezzi termini Letizia Moratti, nuovo assessore alla Sanità e vicepresidente in regione Lombardia: “Il ministro Speranza, che ha firmato la nuova ordinanza per mettere la Lombardia in zona arancione, pretendeva che dicessimo che c’era stato un errore nostro. Ma non potevamo accettarlo per la dignità della Regione, per le nostre famiglie e le imprese”.
Aggiunge Roberto Anelli, capogruppo della Lega al Pirellone: “Per poter cambiare colore e passare da rosso ad arancione, la Regione avrebbe dovuto attribuirsi l’errore. Una proposta indecentevergognosa e ricattatoria da parte del governo giallorosso.”.
Questa la ferma posizione della Regione. Ma da Milano arriva il contropiede di Sala.
#3 Beppe Sala contro Fontana: «Faccia vedere i dati. Calcolo dell’Rt fatto tecnico»
“Buttare in rissa la questione dell’Rt lombardo certamente contribuisce a non fare emergere la verità. E i cittadini lombardi, questa volta più che mai hanno il diritto di sapere come stanno le cose”, ha scritto Sala con un post pubblicato su Instagram, aggiungendo che: “La cosa più semplice per chiudere la questione è che la Regione Lombardia faccia vedere i dati. Il calcolo dell’Rt è un fatto eminentemente tecnico, non politico!”.
# I lombardi dopo i sacrifici fatti esigono verità e presa di responsabilità
Dopo tutti i sacrifici fatti suona come una beffa per i lombardi apprendere che le misure restrittive siano state adottate per errore. Significa aver perso libertà e lavoro per ignoranza o superficialità. Mentre le forse politiche sembrano già averla messa sul piano partitico, scaricando ognuno la colpa e le richieste sulla parte avversa, quello che tutti noi cittadini chiediamo a tutte le parti in causa di essere chiari a dirci come sono andate le cose. E che chi ha avuto la responsabilità, se chi avesse inviato dati sbagliati e/o chi avesse preso con superficialità una decisione così grave, lo dica e paghi il suo.
Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità.
Fino al 2009 la quasi totalità nel nostro debito era posseduto dai mercati finanziari. Dal 2015 in poi grazie ai massici piani di acquisto di titoli da parte della BCE la situazione è cambiata in modo radicale. Ecco l’assetto proprietario del nostro debito pubblico. Meglio? Peggio? Comunque diverso.
Il DEBITO ITALIANO ha CAMBIATO MANI: a chi DOBBIAMO ora i nostri SOLDI?
# Nel 2015 è iniziato un cambio nell’assetto proprietario del nostro debito pubblico: dal Quantitive Easing al PEPP
Credits: grafici.altervista.com – Luca P.
Dal 2015 con l’avvio del programma di Quantitive Easing voluto dall’allora presidente della BCE Mario Draghi, la Banca Centrale Europea ha iniziato ad acquistare miliardi di titoli di stato soprattutto nei Paesi con spread più elevati come l’Italia, situazione che determina l’accesso ai mercati finanziari a tassi più onerosi.
In aggiunta a questo, per far fronte all’emergenza economica causata dalla pandemia, con il piano PEPP nel 2020 è partito un altro massiccio investimento di 1800 miliardi di euro di liquidità sui titoli di stato dei Paesi membri e in parte sui titoli privati. In poche parole è proseguito il processo di monetizzazione dei debiti pubblici nazionali degli Stati UE. Vediamo la situazione attuale e futura dell’assetto proprietario del nostro debito pubblico.
# Sempre più debito italiano è in mano alle istituzioni dell’Unione Europea: entro la fine del 2021 la quota sfiorerà il 50%
Credits: Will_ita IG
Nel 2009 il mercato possedeva la quasi totalità del debito pubblico italiano, il 96,5%. Come riporta Will_Ita secondo un recente report dell’Osservatorio dell’Università del Sacro Cuore nelle mani dell’istituzioni dell’Unione Europea è presente oggi il 30% del nostro debito pubblico, contro il 70% dei mercati finanziari sul totale di 2.600 miliardi. Entro la fine del 2021, con una crescita del debito di ulteriori 500 miliardi, il peso dei mercati sarà ulteriormente limitato andando quasi a pareggiarlo: quello dell’Europa, in gran parte della BCE, salirà fino al 47% e quello della Borsa scenderà al 53%.
Il vantaggio per il nostro Paese è quello di avere un debito con interessi ridotti e più sostenibile nel lungo periodo, ma questo potrebbe significare essere sempre più soggetti a imposizioni dettate dall’Unione Europa e quindi essere meno liberi di adottare politiche economiche e sociali. Soprattutto se a questo si aggiunge la previsione del rapporto debito/Pil al 156% per il 2021, in crescita del 22% rispetto al 2019: una corsa che non accenna ad arrestarsi. E che porta sempre più potere nelle mani dei creditori.
Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità.
L’unica lezione certa che si può imparare dalla storia è che non si va mai in Russia in inverno. Tutti quelli che ci sono andati l’hanno preso in quel posto.
La ritirata strategica nella lotta col Covid è l’abbassamento dell’ambizione.
Il Covid è il trionfo dell’accontentarsi.
Non più il viaggio dei sogni ma la gita fuori porta.
La rinuncia all’avanzamento di carriera per ripiegare sulla difesa della posizione acquisita.
Rallegrarsi se possiamo uscire, la soddisfazione di stare meglio di chi sta peggio, la denigrazione di desideri e aspirazioni, siamo tutti la volpe con l’uva.
Nessuno fa scelte coraggiose. Anzi lo stesso coraggio che è il motore dell’universo è visto con sospetto, se non con odio.
La sensazione è che tutti tiriamo a campare, a mangiare la minestra per arrivare al giorno dopo.
In attesa del vaccino l’arma più diffusa contro il Covid è la riduzione dell’ambizione.
Prevenire è meglio che curare? Molti concordano su questo. Ma anche se l’attenzione per la prevenzione è concentrata su mascherine, distanziamento o vaccini, ricordiamo qui anche metodi che mirano ad attivare la prevenzione proteggendo e rinforzando l’organismo e il suo sistema immunitario.
4 semplici ACCORGIMENTI per DIFENDERCI dal VIRUS
Il pericolo di una reazione eccessiva a un’infiammazione
Si pensa spesso che più le reazioni del nostro sistema immunitario siano forti contro virus e batteri e meglio sia. In realtà la faccenda non è così semplice. Lo sa bene chi soffre di malattie autoimmuni o anafilassi. L’infiammazione che è un processo difensivo normale attuato dal sistema immunitario può, se si protrae per un tempo prolungato o se fin da subito è troppo marcato, essere esso stesso causa di danno tissutale o d’organo. I medici che si occupano dei pazienti sintomatici per Covid-19 hanno potuto osservare che la malattia si sviluppa secondo tre fasi crescenti per gravità. La terza e ultima, la più preoccupante e fortunatamente più rara, con prognosi pessima anche in pazienti più giovani e senza malattie croniche pregresse, è dovuta proprio ad una iperinfiammazione che è alla base di sintomi importanti come trombosi dei piccoli vasi e lesioni polmonari gravi che possono portare anche a sostituzione del tessuto polmonare con quello cicatriziale attraverso il fenomeno della fibrosi causando un danno permanente. Per questo motivo è importante non focalizzarsi esclusivamente sull’azione del sistema immunitario ma sull’efficiente risposta dell’intero organismo agli attacchi esterni in un armonico e coordinato sistema.
Questi sono quattro semplici accorgimenti che possiamo adottare fin da subito per rafforzare il nostro organismo:
#1 Vitamina D
credits: terranuova.it
Uno studio tutto italiano condotto e coordinato dall’Università di Padova in collaborazione con diversi atenei e con il CNR, pubblicato sulla rivista Nutrients, ha dimostrato che la somministrazione di colecalciferolo (vit. D nativa) a soggetti colpiti da Covid-19 diminuisce dell’80% il ricorso alla terapia intensiva. Non si conosce ancora in dettaglio la modalità d’azione su questi pazienti ma da studi precedenti si evince che la carenza di vit.D è associata non solo a una maggiore suscettibilità a diverse malattie ma anche a una loro manifestazione clinica più severa. Alcuni studi ad esempio hanno associato l’integrazione di vit. D a un controllo migliore dei sintomi asmatici.
#2 Attività all’aria aperta
Credits: sportsmall.it
È importante svolgere ogni giorno attività fisica all’aperto sia perché sostare per lunghi periodi in luoghi chiusi può facilitare la trasmissione virale e batterica sia perché l’esposizione alla luce solare ha un effetto benefico sull’organismo, anche per la produzione di vitamina D. Una regolare attività fisica all’aperto, basta anche solo una bella camminata di quaranta minuti al giorno di buon passo, rinforza il cuore e i muscoli senza affaticarli eccessivamente, migliora la capacità vitale polmonare (volume d’aria che può essere espirato dopo avere inspirato a fondo), che va ricordato, se non ci si allena diminuisce ogni anno a partire dai 25 anni circa, ed è un toccasana per il nostro sistema immunitario. Ovviamente l’attività fisica dovrà adattarsi al proprio livello di allenamento e al proprio stato di salute.
#3 Lavaggi nasali
credits: pmlaser.it
Conosciuti da secoli e praticati mediante la Lota in Ayurveda, non è raro che vengano consigliati anche in Occidente da otorinolaringoiatri e allergologi per pulire le cavità nasali e mantenere ottimale la loro funzione di filtro allontanando residui inquinanti e allergeni. Possono migliorare notevolmente i sintomi da raffreddamento e di riniti e ovviamente aiutare, anche se in modo non risolutivo, ad allontanare virus e batteri che provano ad infettarci passando proprio per il naso. Sono molto semplici da effettuare e sul web si trovano molte spiegazioni. Si utilizzeranno soluzioni saline o ipertoniche che si possono preparare anche a casa acquistando le bustine da sciogliere in acqua. Uniche accortezze sono quelle di non utilizzare mai acqua del rubinetto e in caso di patologie nasali particolari rivolgersi sempre prima al medico.
#4 Avere un cane (o un gatto)
Foto: Andrea Cherchi
I benefici della pet therapy, della vicinanza con gli animali sono ormai assodati a livello scientifico. Il migliore amico dell’uomo oltre a dare amore incondizionato al suo umano e rallegrargli le giornate, lo costringe a fare quotidiana attività fisica (la famosa passeggiata all’aria aperta tanto benefica!) ma pare, come emerso da diversi studi, aiutare a rafforzare l’organismo aumentando i livelli di ossitocina (l’ormone dell’amore) che fa diminuire pressione sanguigna e frequenza dei battiti, migliora le difese immunitarie e abbassa i livelli di stress e i sintomi depressivi. Va ricordato infine che cani e gatti, come insinuato da una brutta fake news, non sono in grado di infettare l’uomo con il Covid-19.
Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità.
Ci sono due modi di vivere i problemi. Si può vivere sotto i problemi oppure sopra.
Vivere sotto i problemi significa abbassarsi di fronte al problema. Ossia ridimensionare se stessi e i propri orizzonti.
Vivere sopra i problemi significa invece usarli come base per poter crescere, evolvere e costruire un futuro migliore.
Sembra evidente quale sia il modo in cui ci stiamo ponendo non solo nei confronti dell’ultimo problema, il Covid, ma in generale di fronte a tutti i principali problemi che riguardano in particolare la vita a Milano, come l’inquinamento, la crisi economica o le debolezze dello stato italiano. Di fronte a ognuno di questi problemi Milano si sta mettendo al di sotto, riducendo se stessa e attendendo che questi problemi se ne vadano per poter risollevare la testa.
Da innamorati di Milano auspichiamo che il Covid che sta flagellando Milano nelle sue fondamenta, a livello mentale, sociale ed economico, sia l’occasione per un vibrante cambio di rotta. Auspichiamo che Milano sia la città che alza la testa sopra i problemi e che guidi in Italia un nuovo approccio di affrontare la vita.
Che significa porsi sopra ai problemi?
Significa porsi la vera questione che ha messo in luce il Covid: se la gente scappa da Milano se può lavorare da casa, il problema è che Milano non concede una qualità della vita all’altezza di altre città o zone d’Italia. E questo aspetto va messo al centro perché non ci possiamo più permettere di vivere in una città in cui le persone scelgano di viverci solo per interessi economici.
Lo stesso vale per un problema più strutturale del Covid: l’inquinamento.
Siamo colpiti come poche aree al mondo per la cattiva qualità dell’aria, ma invece di prendere questo problema come punto di partenza per sviluppare soluzioni innovative per depurare l’aria, stiamo applicando interventi accessori che imitano altre città che però non condividono la stessa causa: la scarsa circolazione dell’aria nella pianura padana. Vivere sopra e non sotto i problemi significa fare come Tokio con i terremoti: hanno sviluppato delle tecnologie antisismiche d’avanguardia mondiale. Se avessero avuto invece il nostro atteggiamento di ripiegarsi sotto i problemi avrebbero semplicemente evitato di costruire abitazioni più alte di uno o due piani.
Questo dovrebbe essere l’approccio per Milano: vivere sopra i problemi, non sotto. Affrontare la vita come occasione continua di crescita, di progresso e di sviluppo di intelligenza. Senza la paura di mettere in discussione le regole e soprattutto ciò che dimostra di non funzionare. Questo è ciò che anima Milano Città Stato: un invito non solo a una riforma amministrativa che metterebbe le ali a Milano e la porterebbe a diventare una sorgente per l’Italia di investimenti internazionali, ma soprattutto l’invito a un nuovo modo di vivere la realtà politica ispirando una svolta radicale di rinascita per l’intera nazione. Risolvendo il problema Italia, delle sue debolezze croniche, ponendosi al di sopra, non al di sotto.
In un’intervista condotta da Riccardo Palleschi sulla pagina Facebook “Italiani nel mondo” l’avvocato genovese Marco Mori ha illustrato come le leggi dello Stato possano intervenire per tutelare il cittadino nei confronti di alcune possibili applicazioni dei DPCM. Ecco le 3 situazioni più comuni.
LEGGE contro LEGGE: un avvocato spiega come DIFENDERSI da eventuali ABUSI da DPCM
#1 Mascherine all’aperto: cosa dice la legge
Credits: gazzettadelsud.it
L’avvocato Mori sottolinea come anche in base ai DPCM vigenti non ci sia “alcun di obbligo di indossare la mascherina all’aperto indiscriminatamente”. Nell’ultimo DPCM che le menziona si prevede infatti che “in base alle circostanze di fatto e alla situazione dei luoghi se c’è una condizione di isolamento dalle altre persone non c’è obbligo di utilizzo.” Inoltre in caso di conviventi non c’è obbligo di indossare la mascherina e nemmeno di tenerla sotto il volto anche se si è vicini perché la norma parla di obbligo di “portarla con sè”, anche in tasca.
# Abuso: multa se non si indossa la mascherina stando a distanza. Cosa fare?
In caso di accertamento sarebbe utile fare vedere all’agente che effettivamente nel luogo in cui si viene fermati attorno a noi non c’è nessuno nelle vicinanze ed è legittimo anche filmare la situazione come prova video che si è in una situazione di isolamento dagli altri. Ma quanto deve essere la distanza minima per avere l’isolamento? L’avvocato ritiene che costituisca una lacuna normativa il fatto che il DPCM non prescriva nessun limite specifico al concetto di “isolamento” dalle altre persone. Questa lacuna va dunque a vantaggio della persona che basta che dimostri di non essere a distanza ravvicinata dagli altri. In caso di multa comminata, si tratta infatti di mera violazione amministrativa, per non avere indossato la mascherina, a meno di reiterazione della violazioni in momenti successivi, l’agente non può imporre di indossare la mascherina, in base all’articolo 650 del Codice Penale. È diritto poi fare ricorso al Prefetto entro trenta giorni e, se viene respinto, presso il giudice di pace.
#2 Coprifuoco dalle 22 alle 5: cosa dice la legge
Il DPCM prevede che non sia consentito spostarsi se non per motivi di reale necessità di salute o lavoro tra le 22 e le 5 su tutto il territorio nazionale. E’ comunque consentito il rientro a casa. Secondo l’avvocato, il coprifuoco costituirebbe una palese violazione dell’articolo 13 della Costituzione. La Costituzione infatti prescrive che solo l’autorità giudiziaria può disporre la detenzione o la limitazione del movimento. In base a questo nessuna forza dell’ordine può obbligarvi a rientrare presso la vostra abitazione senza l’intervento dell’autorità giudiziaria.
# Abuso: multa se non si rispetta il coprifuoco. Cosa fare?
In caso di controllo da parte degli agenti di polizia, senza una valida motivazione per essere in strada, sarete passibili al massimo di una sanzione amministrativa di 400 euro, mentre non può esservi attribuito nessun altro reato. Sempre consigliato ritirare il verbale di accertamento perché in caso di rifiuto risulterebbe comunque notificato e si perderebbero i termini dei 30 giorni per impugnarlo e fare ricorso. In teoria insieme al ricorso facendo appello all’articolo 13 della Costituzione che rende di fatto inammissibile l’applicazione del coprifuoco, si potrebbe chiedere il risarcimento danni: l’articolo 605 del codice penale infatti punisce chi comprime la libertà personale. Si aggiunge che esiste la riserva di legge: la libertà può essere ridotta per motivi di emergenza solo con una legge dello Stato. Quindi con un decreto, convertito poi in legge, ma non con un DPCM che costituisce un atto amministrativo.
#3 Muoversi dalla città o spostarsi in altre regioni: cosa dice la legge
Credits: laprovinciacr.it – Blocco stradale
In base all’ultimo DPCM e alle ordinanze del Ministero della Salute è fatto divieto di spostarsi tra regioni e di uscire dal proprio comune o muoversi all’interno di esso in base al grado di rischio assegnato alla specifica regione. Questo non toglie che nessuna forza di polizia possa impedire di uscire dalla città o di spostarsi in altre regioni, in quanto l’obbligo di permanenza in un comune o in una regione rientra in quanto normato dall’articolo 13 della Costituzione: solo l’autorità giudiziaria può disporre la detenzione o la limitazione del movimento.
# Abuso: multa se non si rispetta il divieto di spostamento. Cosa fare?
Può solo essere emesso un verbale amministrativo sempre di 400 euro, al quale si può fare ricorso al Giudice di Pace o al Prefetto. Non si può essere denunciati in base all’articolo 650 del Codice Penale, articolo che tra l’altro non prevede nemmeno l’arresto, in caso di richiesta di ritornare presso il proprio domicilio in quanto espressamente escluso dal Decreto legge 19-20. Si potrà quindi proseguire il proprio viaggio anche in caso di accertamento e multa.
Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità.
Il territorio del Municipio 5 è costituito dallo spicchio sud di Milano, caratterizzato da variegati elementi. Dalla cinta delle mura spagnole che vanno da Porta Romana ai confini con la Darsena, ai quartieri più residenziali sorti via via dalla fine degli 60’ sino agli anni ‘90. Poi ci sono gli ambiti più popolari come il quartiere Gratosoglio, il Lambro, una sponda del naviglio pavese, le numerose rogge come la Vettabbia. Senza dimenticare altri gioielli come Chiaravalle e la sua abbazia, il borgo di Macconago con il suo castello e gli ambiti naturalistici di particolare pregio come il Parco Sud e il Parco del Ticinello.
Ma se dobbiamo volgere lo sguardo al futuro ecco le principali trasformazioni programmate o auspicate.
7 questioni IRRISOLTE e PROSPETTIVE intriganti dell’area SUD di Milano, il Municipio 5
#1 La trasformazione a cavallo dello Scalo Romana e i problemi di riqualificazione del circostante spazio pubblico
Credits: fanpage.it – Torre Faro A2A
Negli ultimi tempi i riflettori sono puntati su un’area in particolare, quella ricompresa a cavallo dello scalo romana destinato a essere trasformato per ospitare il villaggio olimpico dei prossimi giochi invernali del 2026 e con il 50% della sua superficie destinata a verde fruibile. Nel suo versante nord, in Piazza Trento, è in progetto il nuovo Headquarter A2A con la previsione di una avveniristica torre in cristallo di 144 metri ma con la correlata difficoltà di saper dare risposta soddisfacente alla riqualificazione del circostante spazio pubblico. Nel versante a sud dello scalo si sta progressivamente completando il progetto Symbiosis (edifici direzionali, scuola internazionale, ecc.) in continuità con quanto già attuato da Fondazione Prada che è stata la pioniera della rigenerazione di quell’ambito urbano.
Il Municipio 5 è stato inoltre prescelto dagli operatori per la realizzazione di nuovi studentati per universitari, quali quello di via Castelbarco-Col Moschin che sta sorgendo sulle ceneri degli ex depositi della Rinascente e quello che si insedierà nell’edificio dell’ex consorzio agrario, investimenti che fanno seguito alla realizzazione del nuovo Campus Bocconi. Credo sia utile interrogarsi se la previsione di una domanda di tutti questi nuovi posti letto sarà ancora attuale in uno scenario post Covid, laddove ci si potrebbe comunque maggiormente orientare su modalità di insegnamento a distanza, anche considerando che – negli intendimenti del Comune – gli alloggi olimpici saranno anch’essi successivamente riconvertiti a studentato.
#3 La costante dei nuovi progetti di riqualificazione: l’eliminazione dei posti di sosta su strada
Si nota, tuttavia, che una costante di tali progettualità è certamente quella della eliminazione di posti di sosta esistenti su strada, con il beneplacito dell’attuale amministrazione comunale, in quanto ogni progetto sopra citato non prevede la creazione di nuovi posti ma la diminuzione se non addirittura l’integrale eliminazione di quelli esistenti. Si è certamente già in cammino verso altre forme di mobilità più “sostenibili” ma, allo stesso tempo, ritengo che la battaglia alle auto messa in atto, anche mediante eliminazione di stalli di sosta e riduzione delle carreggiate con corsie ciclabili comparse nottetempo, sia oggi troppo esasperata e irrispettosa nei confronti di coloro che, legittimamente, hanno ancora necessità di utilizzare l’auto non potendo sempre disporre di un box proprio e con rate ancora da pagare per l’acquisto di auto bi-fuel, Euro 6, ibride o elettriche.
Come per ogni aspetto, occorre fare i conti con la realtà e l’uso delle vituperate auto (così come l’esigenza di sosta) permane tuttora e a ciò va data risposta, ritenendo che ogni processo di trasformazione o evoluzione delle abitudini dei cittadini dovrebbe seguire i propri tempi naturali per non correre il rischio di ricadere in uno Stato etico di hegeliana memoria.
#4 La costruzione della linea M6 sull’asse di Ripamonti: sarebbe fondamentale come impulso alle trasformazioni di tutto il Municipio 5
Credits: milanosud.it
Certamente un impulso a tale trasformazione può essere dato incentivando e migliorando il trasporto pubblico locale con la creazione di un nuova tratta di linea metropolitana. Difatti, nel Municipio 5 esiste una sola fermata (M2 Abbiategrasso) e, specialmente lungo l’asse di via Ripamonti, si sente un gran bisogno della metro (vedi “M6: la favola della metropolitana ROSA” su Milano Città Stato) che sarebbe già protesa a proseguire nel tempo fino a Noverasco, Opera e Locate Triulzi intersecandosi con la fermata FS e tale esigenza non si risolverebbe certo con il prolungamento del tram 24 fino all’IEO come invece il Comune pare stia ipotizzando. Altro asse interessato dai problemi di mobilità è quello lungo le vie Solaroli-Antonini-Cermenate rispetto al quale si attende ancora una risposta che sappia risolvere o mitigare il quotidiano congestionamento veicolare.
#6 Gli edifici ex-direzionali in disuso da decenni che aspettano una riqualificazione urgente: dalle torri verdi ENPAM ai palazzi di Via Amidani
Credits: milanosud.it – Via Amidani
Esistono poi altri ambiti con nodi ancora da sciogliere, quali gli edifici ex-direzionaliin disuso da decenni e meta di ricoveri notturni occasionali, quali le torri verdi ENPAM di Via Lampedusa e gli edifici ex Ligresti e ora di Unipol in via Amidani, che reclamano una rapida uscita dallo stato di abbandono e degrado come è fortunatamente avvenuto per gli altri edifici ex Ligresti in via Antegnati, riconvertiti in housing socialecon una trasformazione anche di pregio di tali edifici. Oppure procedere con celerità, giusto per restare in quell’ambito, al completamento del PII Monti Sabini fermo da oltre dieci anni (realizzazione di ulteriori edifici residenziali e soprattutto di servizi pubblici) che il Comune ha inteso inserire nel bando europeo Reinventing Cities, non raccogliendo tuttavia alcuna manifestazione di interesse.
Resta inoltre alta la domanda diservizi sportivi, essendo sinora riusciti come Municipio 5, in assenza di una previsione di nuove strutture pubbliche comunali, a convenzionarci per l’utilizzo da parte dei residenti del Municipio delle nuove piscine del Campus Bocconi e di ICS International School di Viale Ortles.
#7 Il grave problema dell’abbandono di materiali nel Parco Agricolo Sud
Credits: massimoderosa.com – Materiali abbandonati nel Parco Agricolo Sud
C’è infine un grande problema da risolvere, quello dei continui abbandoni di materiali all’interno del Parco Agricolo Sud Milano e, in particolare, nei pressi della cascina di via Vaiano Valle dove è presente una vera discarica a cielo aperto di materiali più vari, da scarti di edilizia a elettrodomestici fino a parti di automobili. Ben venga quindi l’introduzione di una nuova ricicleria anche quale strumento di contrasto a comportamenti incivili, purché realizzata con tutte le cautele del caso per salvaguardare le aree verdi circostanti ed evitare di ripetere gli errori di Piazza delle Milizie, dovendo al contempo intervenire senza ulteriore indugio anche su quei soggetti che da troppo tempo occupano abusivamente gli immobili circostanti e che da tali abbandoni traggono lauto profitto.
Questa è solo una piccola e limitata finestra sulla più vasta e complessa realtà del Municipio 5 che non è solo uno spicchio periferico della città ma una territorio dove si realizza una completa fusione e sintesi tra innovazione, tradizione e natura.
FLAVIO VERRI
Se vuoi collaborare al progetto di Milano Città Stato, scrivici su info@milanocittastato.it (oggetto: ci sono anch’io)
Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità.
Ultimo giorno in zona rossa. Speriamo sia davvero l’ultimo. In una città silenziosa e vuota, la fotografia fissa nel tempo attimi evanescenti.
Rubo le IMMAGINI di una CITTÀ che EVAPORA
# La città appare come un palcoscenico senza attori né festoni
Credits: tg24.sky.it
Cammino per le strade di una città che non riconosco più. Insieme a lei scolora l’identità di noi milanesi che, come tutti gli abitanti del luogo in cui si nasce e si cresce, ci riflettiamo in esso affrancando le reciproche caratteristiche.
Cammino fra le quinte di un palcoscenico spoglio dei suoi attori, dei suoi festoni più belli, dei suoi affreschi più vivi. In ogni via una vetrina spenta.
Passi sordi che lasciano solo l’eco dei silenzi.
# Scatto per immortalare attimi evanescenti
Ultimamente sento il bisogno irrefrenabile di scattare foto ai palazzi, alla nostra cattedrale, ai cieli scontornati dai fili del tram.
È come se volessi fissare nel tempo qualcosa di evanescente che evapora come il fumo di una locomotiva che se ne va.
Scatto, scatto, scatto. Con un cellulare da pochi euro imprimo in uno piccolo schermo la bellezza di una città, ricca di storia e di futuro. La afferro, la rubo, me la porto via, me la metto in tasca. Me la riguardo nel silenzio di mura nelle quali da troppi mesi siamo costretti.
Ci è stata spenta la luce dell’orizzonte.
Eppure io vedo ancora negli sguardi dei miei concittadini la fierezza della resistenza. In loro riconosco la volontà di non sedersi neppure quando siamo invitati a farlo.
Perché a noi le sedie comode non servono. Non sono mai servite.
Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità.
Nei prossimi anni la Lombardia potrebbe produrre autonomamente tutta l’energia di cui ha bisogno. Gabriele Barucco ha l’obiettivo di creare una Comunità Energetica per la regione.
La LOMBARDIA potrebbe diventare AUTONOMA nella produzione di ENERGIA
# Un Progetto di Legge per una Comunità Energetica
Gabriele Barucco, Consigliere Regionale, ha presentato in Commissione Ambiente a Palazzo Lombardia un Progetto di Legge con l’obiettivo di creare una Comunità Energetica lombarda. Le Comunità Energetiche Locali sono gruppi di cittadini ed enti che danno il loro contributo alla progettazione e al finanziamento di nuovi impianti di produzione di energia grazie a fonti rinnovabili. Si condivide l’energia auto-prodotta, consumandola a livello locale, mentre quella in eccesso viene messa in rete.
# A cosa serve una Comunità Energetica lombarda?
credits: @rinnovabili.it
Prima di tutto servirebbe ad entrare di più nella mentalità della decarbonificazione e, come dice Barucco, “creare una cultura di produzione, accumulo e autoconsumo dell’energia rinnovabile.”
Saltando il Gestore Statale la produzione resta tra i cittadini sul territorio, permettendo quindi la condivisione dell’energia che prima invece poteva essere solo venduta. Il Consigliere aggiunge: “Moltiplicando la produzione e la condivisione, aumenta il volume di produzione e la diffusione. L’obiettivo è raggiungere una autonomia energetica tramite autoproduzione e autoconsumo in tutta la regione”.
Un sufficiente accumulo potrebbe portare infuturo quindi all’autonomia energetica della regione.
# Autosufficienza: due fasi per raggiungerla
credits: @brema_energierinnovabili
Per arrivare all’autosufficienza energetica sono due le fasi da completare. Prima di tutto bisogna creare una collaborazione fra chi produce e chi consuma, per creare comunità. Si vuole usare l’energia prodotta in tutto il territorio regionale.
La seconda fase è cercare un Ente che agevoli questo modo di organizzare la produzione e distribuzione, supportando le Comunità Energetiche dal punto di vista burocratico, visto che ad oggi non è previsto un supporto tecnico da nessuna legge.
Il percorso è ambizioso ma sembra mettere d’accordo le varie forze politiche in campo, diventando fonte di ispirazione per altri Progetti di Legge simili. Speriamo che altre regioni seguano questa via, che può davvero fare la differenza per la comunità ma soprattutto per il pianeta.
Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità.
1.Lombardia in zona rossa. 2. Ricorso al Tar della Regione. 3. La sorpresa questo pomeriggio: i dati Rt che hanno penalizzato la Lombardia sarebbero sbagliati. In realtà l’Rt lombardo sarebbe tra i più bassi. Al limite della zona gialla. Il Governo: “la Regione ci ha mandato dati errati”. Fontana ribatte: “Basta calunnie! Abbiamo sempre fornito informazioni corrette”. Si attendono gli sviluppi. Domenica il ritorno in zona arancione?
🛑 Sorpresa! Rt in Lombardia era SBAGLIATO. Governo e Regione si rimbalzano la colpa. Di chi è l’ERRORE?
Regione Lombardia, in attesa del ricorso al TAR contro l’istituzione della zona rossa la cui decisione dovrebbe arrivare lunedì prossimo, rilancia la richiesta al governo di rientrare in zona arancione. Perché? Perché i dati Rt sarebbero errati. Secondo i dati effettivi l’Rt in Lombardia sarebbe il terzo più basso su scala nazionale. Di chi allora l’errore? Governo e Regione si scambiano le accuse. Queste sono le due ipotesi.
#1 Errore di Regione Lombardia
Il Governo sostiene che i dati utilizzati sono quelli inviati da Regione Lombardia. Quindi se sono errati è la Regione che deve fornire quelli corretti. In questo caso procederebbe alla conversione in zona arancione della Lombardia. Quindi serve che la Lombardia ammetta l’errore e fornisca i dati reali. Se le cose sono andate così l’ipotesi più probabile è che siano i tecnici della Regione ad aver sbagliato il calcolo dell’Rt o inviato dati falsati.
#2 Errore del Governo
Ma Fontana non ci sta e replica su Facebook: “La Lombardia deve essere collocata in zona arancione. Lo evidenziano i dati all’esame della Cabina di regia, ancora riunita. Abbiamo sempre fornito informazioni corrette. A Roma devono smetterla di calunniare la Lombardia per coprire le proprie mancanze”. E dalla Regione aggiungono: “Tale dato è in ritardo rispetto al contagio sia perché è calcolato sui sintomatici, i quali sviluppano i sintomi a distanza di giorni dalla data in cui sono entrati in contatto con il virus, sia perché, proprio non considerando il dato dei contagiati non sintomatici, non fa emergere le catene di trasmissione tra asintomatici che restano occulte”.
L’ipotesi velata, a questo punto, è che il Governo potrebbe aver usato la scusa dei “dati errati” per scongiurare la decisione del TAR, procedendo alla “promozione” della Lombardia scaricando ogni colpa sulla Regione per una decisione che è parsa fin da subito non comprovata dai dati, come più volte dimostrato su questo sito.
# Aggiornamento: la nota ufficiale dell’Istituto Superiore di Sanità (in serata)
“La Regione Lombardia, nella settimana corrente, ha modificato i dati relativi alla settimana precedente il 22 gennaio. La modifica ha riguardato in particolare il numero di pazienti sintomatici con infezione confermata sui quali si basa il calcolo dell’Rt. Questa variazione ha comportato la modifica della stima di Rt della settimana precedente“.
Questo dovrebbe aver svelato il mistero. A questo punto l’unica certezza sembra che da domenica 24 la Lombardia tornerà arancione. A meno di qualche nuovo colpo a sorpresa che ci porti al giallo…
Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità.
Aveva destato molto scalpore l’uscita sui social del sindaco che aveva accostato Greta ad Anna Frank. Arriva la rettifica con una lettera inviata al Presidente della Comunità Ebraica.
Greta come Anna Frank? Sala scrive alla Comunità Ebraica: “Nessun paragone possibile”
Nella serata di ieri, giovedì, era circolata una agenzia di stampa rilanciata tra gli altri da affaritaliani.it nella quale era riportato il presunto paragone fatto dal primo cittadino milanese tra la giovane ebrea simbolo dell’oppressione nazista e della Shoah e l’ambientalista Greta Thunberg, parlando di “due storie di coraggio enorme”.
Il sindaco ha oggi scritto al presidente della Comunità ebraica di Milano Milo Hasbani tornando sulle parole da lui pronunciate a seguito della sua visita alla camera di Anna Frank ricostruita presso il Piccolo Teatro per la registrazione del film documentario: “È più che evidente che non ci fosse la volontà da parte mia di fare un paragone, che del resto non avrebbe alcun senso, tra il dramma della Shoah e le vicende politiche dell’oggi. Si parlava di coraggio di giovani donne e il giornalista mi ha portato sull’attualità, facendo un riferimento a Greta. Lo ribadisco con chiarezza: il dramma della Shoah è tragicamente unico e non esiste paragone possibile”.
L’accostamento di Greta ad Anna Frank ha innescato una selva di reazioni nel mondo politico cittadino. “Paragonare Greta Thunberg ad Anne Frank è un oltraggio alla memoria”, tuona Stefano Bolognini della Lega. “Le frasi di Sala sono gravissime e offendono la memoria di milioni di persone. Il Sindaco Sala chieda immediatamente scusa”.
In difesa del sindaco accorre invece Lia Quartapelle del PD: “L’impegno di Beppe Sala contro l’antisemitismo e per la memoria è fuori discussione. Se la destra fosse altrettanto rigorosa su queste battaglie, li avremmo sentiti almeno una volta condannare Casapound”.
Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità.
La parola umiltà viene da “humus” che è il terreno attorno alle radici di una pianta. Umiltà significa non uscire dal proprio terreno, la consapevolezza dell’ignoranza. Meglio non dire niente al di fuori delle proprie radici, della propria esperienza.
La nostra epoca ha perduto totalmente il senso dell’umiltà. La gente è convinta che l’umanità sappia tutto e si pensa che la conoscenza sia universale. Quindi si confida che la conoscenza umana sappia risolvere ogni problema.
Invece siamo ugualmente ignoranti a prima e incapaci di affrontare qualunque cosa. Il sapere è diventato talmente vasto che nessuno è capace di coglierlo nella sua complessità. Come nella pandemia: si sta sbagliando qualunque cosa e i rimedi si stanno rivelando spesso peggio della malattia ma si continua ad avere un atteggiamento fideistico nei confronti della soluzione del momento.
Anche il modo di affidarsi ai governanti. Meno i governanti dimostrano di sapere, più esercitano imposizione sugli altri. Un’imposizione che tutti ricevono in modo fideistico perché non si misurano le decisioni imposte in base ai risultati ottenuti.
L’umanità ha un atteggiamento sciamanico nei confronti della conoscenza moderna, della tecnologia. Si crede che la tecnologia possa risolvere qualunque cosa.
La tecnologia se ha consentito un aumento delle connessioni e della velocità di azione, si crede che abbia potenziato le capacità dell’intelletto. Che in realtà è rimasto quello di sempre.
Se si considera l’intelligenza nella sua radicalità, come “capacità di leggere dentro”, “intus legere”, lo sviluppo della tecnologia ha portato a una riduzione dell’intelligenza. Perché le persone sono diventate incapaci di discernere tra realtà e finzione, e si affidano a chi esercita il potere tecnologico in modo fideistico. Un mondo ipertecnologico è di fatto un mondo in cui la magia è dominante.
La classe dirigente che è sempre più ignorante, è lei stessa a essere vittima di questo atteggiamento sciamanico: eleva la tecnologia a dogma assoluto e a la mette al riparo da qualunque messa in discussione.
La soluzione è basica. Occorre un atteggiamento più umile soprattutto da parte di chi deve esercitare la tecnologia, in ambito scientifico, politico o culturale.
Bisogna ritrovare il principio dell’umiltà, che è racchiuso nel concetto socratico: “io so di non sapere”.
“Se questa scienza che grandi vantaggi porterà all’uomo, non servirà all’uomo per comprendere se stesso, finirà per rigirarsi contro l’uomo.” (Giordano Bruno)
Primo classificato nella competizione “Borgo dei Borghi” scopriamo insieme qual è “il borgo più bello d’Italia” e che cosa lo rende così speciale.
Il BORGO più BELLO d’Italia si trova a UN’ORA da Milano
# 20 paesi finalisti al “Borgo dei Borghi”
Credits: siviaggia.it
Bobbio, cittadina nella provincia di Piacenza che raggiunge poco più di 3 mila abitanti è stata eletta in diretta nazionale come il borgo più bello d’Italia. La competizione, andata in onda su Rai3, ha visto selezionati 20 paesini come più belli d’Italia, uno per ogni regione. A scegliere il vincitore sono stati i telespettatori e una giuria di esperti tra cui composta anche dal compianto Philippe Daverio, Margherita Grambassi e il geologo Mario Tozzi.
# Bobbio batte tutti e viene eletto il borgo più bello d’Italia
Credits: repubblica.it
Giunta nel quartetto finale ha lottato con Palazzolo Acreide, contendente siciliana, Laigueglia, borgo ligure e infine la località della Basilicata Rotondella. Ma ad aggiudicarsi il rinomato premio è stata proprio Bobbio che, grazie al mix di storia, bellezze naturali e enogastronomiche può così fregiarsi del titolo “il borgo più bello d’Italia”. Ma quali sono le 5 cose da vedere e da provare che hanno permesso a Bobbio di trionfare nella competizione?
#1 Il Ponte Gobbo e i suoi 11 archi
Credits: digitalcameraschool.it/
Il simbolo della cittadina piacentina è senza alcun ombra di dubbio il famoso Ponte Gobbo o per molto conosciuto anche con i nomi di Ponte Vecchio o Ponte del Diavolo. Il ponte è lungo circa 273 metri e attraversa il fiume Trebbia ma ciò che lo caratterizza particolarmente sono gli 11 archi non uguali tra loro che, nonostante lo rendano imperfetto e fuori dagli schemi, lo differenzia dagli altri.
#2 Una passeggiata in Piazza Duomo
Twitter: atlante turismo
Anche Bobbio ha il suo Duomo e la sua piazza. La cattedrale di Santa Maria Assunta è una costruzione in stile romanico che risale al XI secolo. A circondare la piazza sono gli antichi palazzi nobiliari che sorgono attorno ai giardini del palazzo vescovile.
#3 Alla scoperta dell’Abbazia di San Colombano
Credits: sulleormedisancolombano.it
Al centro di Bobbio possiamo trovare una famosa abbazia che durante l’era medioevale fu tra i centri monastici più famosi di tutta Europa. La sua edificazione si intreccia con la storia di San Colombano, un monaco irlandese vissuto tra il 500 e il 600 che trascorse nella Bobbio di altri tempi gli ultimi anni della sua vita.
#4 Le tradizioni a tavola
Credits: merlochicago.com
Uno dei punti forti di Bobbio, come del resto un po’ in tutta Italia, sono le tradizioni culinarie. Le tradizioni piacentine si fondono a quelle emiliane dando vita a numerose pietanze da leccarsi i baffi. Si possono assaggiare salumi e piatti tipici come i Pisarei e faśö o gli anolini in brodo. Inoltre si possono deliziare pietanze come i maccheroni bobbiesi, la pasta realizzata con l’utilizzo di ferri da calza condita con lumache in umido.
#5 Bobbiowood – la città da cinema
Credits: italybyevents.com
Bobbio ha dato i natali a Marco Bellocchio, uno dei grandi maestri del cinema nazionale. Proprio dove è nato, il regista dal 1995 ha organizzato una ricca serie di eventi dedicati al grande schermo tra cui corsi di alta formazione o il Bobbio Film Festival dove ogni anno vede la presenza di prestigiosi attori e registi.
Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità.
Non accenna a fermarsi la protesta degli studenti degli istituti milanesi contro la prolungata chiusura delle scuole, che con l’istituzione della zona rossa in Regione Lombardia comprende ora anche la seconda e terza classe media. Ecco la situazione aggiornata.
La RIVOLTA SILENZIOSA degli STUDENTI: salgono a DIECI le SCUOLE OCCUPATE per tornare in classe
# Il liceo Einstein è l’ultimo in ordine di tempo, in 40 studenti entrati a scuola: “Chiediamo che il modello di scuola cambi”
Credits: repubblica.it IG
L’ultima occupazione, la decima dall’inizio delle proteste degli studenti, ha visto come protagonisti un gruppo di 40 studenti del Liceo Einstein che ieri 21 gennaio è entrato in classe dopo essersi sottoposto al tampone per seguire dai banchi le lezioni online. Dopo la fine delle lezioni i ragazzi si sono riuniti in assemblea per “immaginare un modello di scuola differente“, scrivendo che: “Non chiediamo la riapertura immediata, ma che il modello di scuola cambi affinché la riapertura sia una naturale conseguenza di investimenti politici e economici“.
Appena il 14 gennaio era arrivata la vittoria al tar del comitato «A scuola!»contro l’ordinanza dell’8 gennaio della Regione Lombardia che aveva prorogato la didattica a distanza fino al 25 gennaio. Dopo pochi giorni, l’istituzione della zona rossa aveva però vanificato la sentenza del tribunale.
# Tutte le proteste degli studenti milanesi: dal Liceo Manzoni al Cremona-Zappa
Credits: ilgiorno.it
Le occupazioni a cascata sono cominciate martedì 12 gennaio al Liceo Manzoni da parte del “Collettivo Manzoni” con il loro portavoce Dario del Prete che ribadiva “la nostra è una azione doverosa che ci ha permesso di rientrare dove dovremmo essere di diritto. La scuola deve tornare davvero al centro del dibattito politico. La didattica a distanza deve finire. Chi ci governa deve smetterla di pensare che noi siamo oggetti”. A seguire un presidio e lezioni a distanza davanti alla scuola per oltre 80 studenti al classico Carducci, banchi e coperte anche allo scientifico privato Steiner. Una quarantina di liceali invece aveva fatto irruzione nel cortile del Parini portando fuori i banchi per fare lezione all’aperto, venerdì 15 gennaio è toccato al Vittorio Veneto e sabato 16 gennaioal Severi-Correnti.
Credits: repubblica.it IG
Ieri 21 gennaio prima del Liceo Einstein è stato il turno di una ventina di studenti del Liceo Berchet che si sono distribuiti tra il cortile e la palestra, poi quelli del Boccioni. Alcuni docenti del liceo Cremona-Zappa hanno invece proposto per ieri la “giornata dell’Orgoglio della Scuola Pubblica” in un momento in cui, complice la zona rossa nella Regione Lombardia, anche le seconde e terze classi delle scuole medie sono chiuse. Hanno deciso di utilizzare le proprie ore di lezione per discutere a distanza con studenti e genitori sul ruolo dell’istruzione e su come ridarle la centralità che merita.
Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità.
A Milano sta arrivando il primo borgo residenziale: Forrest in Town. Sarà una rivoluzione per l’edilizia milanese?
FORREST in TOWN: il primo BORGO RESIDENZIALE di Milano
# Forrest in Town: il luogo della sostenibilità e della socialità
credit: forrestintown.it
Il progetto Forest in Town è un’iniziativa del Gruppo Building che intende trasformare l’ex fabbrica Galbani nel primo borgo residenziale milanese all’insegna della sostenibilità, del relax ma soprattutto della socialità. Del progetto se n’è occupato Daniele Fiori, uno degli architetti milanesi più famosi, che ha voluto aggiungere design e tecnologia all’ambiente tradizionale delle case di ringhiera. Anche la posizione è simbolica, si troverà infatti situato in una delle zone milanesi più rivalutate negli ultimi anni: il Naviglio Grande. Lì dove prima vi era un quartiere popolare, oggi si concentra la vitalità cittadina sia notturna che diurna. Le nuove residenze parteciperanno alla progressiva riqualificazione di Milano che è ancora oggi prosegue tenacemente.
# L’opportunità di vivere in una corte, ma moderna
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Per descrivere l’esterno del borgo che sorgerà si possono utilizzare più aggettivi: sostenibile, green, rilassante… Se invece dovessimo parlare degli interni non potremmo che usarne una: design. La caratteristica principale di questa corte moderna è proprio il contrasto tra tradizione e innovazione, che poi a pensarci bene è il filo rosso che unisce ogni angolo della città di Milano. Gli interni delle residenze sono state pensate per rappresentare l’aspetto moderno e tecnologico restando fedeli ad un unico presupposto: la cura. L’attenzione ai dettagli è ciò a cui il progetto punta e può essere uno spunto per il resto della città: perché non prestare attenzione anche alle piccole cose?
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# Un’oasi di relax a stretto contatto con la natura
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Un altro aspetto centrale del progetto è il contatto con la natura e con sé stessi, e infatti il cuore pulsante della corte sarà proprio il giardino: un’area di 5.500 mq per risvegliare la socializzazione, trascorrere tempo insieme ma soprattutto per non perdere quell’innato bisogno di natura che spesso chi vive in città chiude in un cassetto. Tutto il complesso residenziale sarà realizzato seguendo i criteri della bioedilizia e del contenimento energetico. Tutte le aree verdi verranno innaffiate grazie al reimpiego delle acque di pozzo e anche l’inquinamento sonoro sarà ridotto al minimo e contenuto all’interno dei locali tecnici interrati. Qual è l’obiettivo di vivere in un’oasi piena di natura e socialità? Sicuramente il benessere personale. Il relax qui sarà a portata di condomino, infatti al di sotto del giardino si troveranno una SPA e una palestra che sulla torta di questo spettacolare borgo, rappresentano la ciliegina.
Questo sarà il primo borgo residenziale di Milano ma perché non farlo diventare un modello a cui ispirarsi per costruirne di molti altri? Il bisogno di vivere in luoghi rilassanti, circondati da persone differenti con cui confrontarsi per non smettere mai di imparare è un bisogno latente, ma da non sottovalutare.
Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità.