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Sono di casa a Milano da quasi cinque secoli. Non potevano scegliere un luogo migliore: dietro a San fedele. Sono le statue di otto grandi uomini che esprimono sofferenza. Ma qual è la loro origine? E chi li ha portati qui?
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La casa dei grandi uomini sconfitti
# Tutto ha origine con un artista rissoso fuggito da Roma
@fabiorcrespi
Questi grandi uomini sono così possenti da aver dato il loro nome non solo al palazzo dove stanno, ma all’intera strada. Ci troviamo nel cuore di Milano, a due passi letteralmente da Palazzo Marino. Queste statue così curiose poste sulla facciata del palazzo sono frutto della fantasia dello scultore Leone Leoni, che abitò questo palazzo con il figlio Pompeo, anche lui scultore. Leoni era un artista imperiale al servizio di Carlo V e Filippo II di Spagna, e giunse a Milano nel 1542, in fuga da Roma per aver ferito in una rissa un gioielliere e tesoriere del papa. La sua nuova città non solo gli salvò le penne ma lo nominò scultore della Zecca e gli consentì di abbellire l’edificio in cui abitava, alle spalle di San Fedele.
# Le statue danno il nome al palazzo e alla strada
Leoni scolpì otto maestosi telamoni che si affacciano sulla strada dal prospetto del palazzo: rappresentano le stirpi dei barbari sconfitti dalla Grande Roma e si ispirano alle statue dell’antico impero. La magnificenza di Casa Leoni non si limitava alla facciata perché padre e figlio riunirono all’interno della loro abitazione collezioni e opere artistiche di grande valore: dipinti di Tiziano, Correggio e Parmigianino, calchi di statue antiche, un libro di disegni di Leonardo da Vinci, ma anche il “Quadrone dei Giganti” e una Venere del Buonarroti.
La straordinarietà di quello che fece il “padre degli omenoni” viene descritta da Giorgio Vasari, il più grande storico dell’arte italiano di tutti i tempi, che descrisse Leone Leoni
come un uomo che “per mostrare la grandezza del suo animo, il bello ingegno che ha
avuto dalla natura e il favore della fortuna, ha con molta spesa condotto di bellissima
architettura un casotto nella contrada de’ Moroni, pieno in modo di capricciose invenzioni, che non n’è forse un altro simile in tutto Milano”.
Ed in effetti quello che ha fatto Leoni è davvero unico. Non solo a Milano. Si capisce l’importanza già dal nome. Le statue vennero denominate Omenoni e automaticamente il palazzo prese il nome di “Casa degli Omenoni”. Non solo: pure la strada si chiama via degli Omenoni a sottolineare che tutto richiama a loro. Anche perché è impossibile non notare l’incredibile facciata con le otto grandi statue di questi uomini massicci dalle espressioni contrite. Non solo: il punto di forza dell’edificio è nei contrasti presenti sulla facciata, dove fa da contraltare ai barbari sconfitti l’alternarsi di festoni, chimere, aquile, leoni e cariatidi. Ma torniamo ai grossi uomini: qual è il loro esatto significato?
# I grandi barbari sconfitti dai romani
Si tratta di sculture maschili che solitamente venivano impiegate come sostegno strutturale in sostituzione di colonne. Questi telamoni furono chiamati ‘omenoni’, termine dialettale che significa grandi uomini, e sono di chiara ispirazione classica. Le sculture sono tristi, cupe, con la barba riccioluta, oppure con la testa ripiegata in avanti: raffigurano le stirpi dei barbari sconfitti dai romani. Non solo: è una chiara allusione al mito di Atlante, il titano che portava su di sé l’intero peso del globo. Sopra le loro teste sono indicate le stirpi a cui appartengono: Marcomanno, Sarmata, Parto, Adiabene, Quado e Svevo. Caratteristici e particolari, inoltre, sono anche i balconcini aggiunti in epoca ottocentesca dove non manca lo stemma degli allora proprietari: la Calunnia sbranata dai leoni.
# Il palazzo nel Novecento
https://www.milanopocket.it/casa-omenoni-milano/
Il palazzo ha subito diversi passaggi di proprietà e nei primi del Novecento rischiò anche di essere demolito. Nel 1929 l’edificio fu ristrutturato completamente dal celebre architetto milanese Piero Portaluppi, acquisendo così nuova vita: viene eliminata la scala originaria, viene chiuso il porticato sul cortile con vetrate, nel cortile stesso viene ideata una piscina e progettato un giardino. Dopo aver ospitato la casa musicale “Ricordi”, negli anni Venti divenne sede del “Clubino”, un circolo esclusivo di “gentiluomini”.
Milano ha un problema simile al resto del Paese: si chiama centralismo. Il potere è tutto accentrato nelle mani del sindaco e della giunta. Tutti gli stati più efficienti prevedono un ampio decentramento, come accade ad esempio alla vicina Svizzera, la nazione che assomiglia di più alla Lombardia e a Milano. Perché non introdurre un modello analogo per la gestione di Milano? Il punto di partenza sono i municipi.
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La nuova «Milano federale»: municipi-città e sindaco ridimensionato, per la Milano del futuro
# La crisi del modello centralista milanese
L’attuale sistema amministrativo di Milano è basato interamente su una figura centrale, il sindaco, e sulla sua giunta, che concentra nelle proprie mani le principali decisioni politiche. Questa struttura ha mostrato numerosi limiti.
Prendiamo l’esempio del sindaco Beppe Sala: all’inizio del suo mandato godeva di un ampio consenso grazie a una visione ambiziosa per la città. Col tempo, questa stessa visione ha polarizzato l’opinione pubblica. Il suo approccio, focalizzato sulla sostenibilità e sulla riduzione del traffico automobilistico, ha agevolato chi vive nel centro città, lasciando le periferie in secondo piano.
Il sindaco esercita un potere assoluto su tutti i municipi che, pur avendo un numero di abitanti analogo alle principali città della Lombardia, sono di fatto senza poteri e senza risorse. E questa penalizza le specifiche esigenze di ogni quartiere con il risultato che politiche che sono sensate per il municipio 1, possono creare danni in altri. E se questo non fosse il modo migliore per gestire una metropoli in cui ogni zona, ha priorità differenti? E, soprattutto, se ridisegnare il modello amministrativo in linea con quanto accade con successo a poche decine di chilometri di distanza, fosse la strada maestra per riportare Milano a una grandezza che sembra perduta?
# Milano: la prima città federale del mondo
Credits: Wikipedia – ArbaleteOpenStreetMap
Una soluzione radicalmente innovativa sarebbe la trasformazione di Milano in una federazione di municipi. In un modello federale, ogni municipio guadagnerebbe lo status di città, ma questo non minerebbe l’esistenza di Milano che anzi, diventerebbe una “super-città”, così come l’esistenza dei singoli Stati americani con le leggi e i loro poteri non mina l’esistenza degli Stai Uniti, anzi li rinforza.
La figura del sindaco resterebbe, ma sarebbe trasformata in un ruolo puramente istituzionale, simile al Presidente della Repubblica italiana o al capo di governo federale svizzero, con la funzione di coordinare i rapporti tra i presidenti di municipio e rappresentare la città nel suo insieme. Il Consiglio comunale, composto dai presidenti dei municipi, eletti democraticamente, si occuperebbe di eleggere questo coordinatore, garantendo una governance condivisa e democratica.
Milano si muoverebbe così su 9 direttrici di sviluppo, ognuna pensata e approvata democraticamente per e dai cittadini di una data comunità.
Per esempio, il Municipio 1 potrebbe valutare di proseguire l’indirizzo della giunta attuale, sviluppando soluzioni innovative per ridurre il traffico nel centro città e favorire la circolazione delle biciclette, ma senza obbligare gli altri municipi a fare altrettanto. Ad esempio, nelle aree periferiche si potrebbero perseguire in modo prioritario altre esigenze, come quelle della casa o dei collegamenti con l’hinterland.
# I vantaggi della Milano decentralizzata
Credits: Pixabay – Gerait
Il passaggio a un modello federale offrirebbe diversi vantaggi per Milano. In primo luogo, garantirebbe una maggiore armonia nello sviluppo urbano, permettendo ai municipi di gestire, e soprattutto ricevere, direttamente le risorse economiche in base alla propria condizione. I fondi comunali, per esempio, potrebbero essere distribuiti tenendo conto sia delle esigenze locali sia della capacità di ciascun municipio di generare entrate e di soddisfare i bisogni dei cittadini.
Un sistema decentralizzato promuoverebbe una politica più vicina ai cittadini, che è la base del successo del modello svizzero. I rappresentanti municipali, responsabili diretti del loro territorio, sarebbero incentivati a rispondere in modo efficace ai bisogni locali e sarebbero più facilmente misurabili dai singoli cittadini. Questo approccio pragmatico ridurrebbe la distanza tra amministratori e amministrati, migliorando la qualità delle decisioni politiche e rafforzando la fiducia dei cittadini nelle istituzioni.
Un altro vantaggio significativo sarebbe la possibilità di introdurre politiche fiscali differenziate, come le città svizzere fanno da tempo. Ogni municipio potrebbe adottare politiche tributarie specifiche, per attrarre investimenti, incentivare settori economici strategici. Questa flessibilità favorirebbe una sana competizione interna, stimolando lo sviluppo e l’innovazione a livello cittadino, incrementando anche le identità specifiche di ogni municipio e alimentando una sana competizione tra le singole amministrazioni a beneficio dei cittadini.
Squisitezza d’animo, innata affabilità e una reciproca simpatia con gli ambrosiani. Sono solo alcune delle qualità del principe Umberto che fecero chiudere un occhio ai milanesi intransigenti quando, durante i soggiorni a Milano, il principe organizzava serate mondane all’insegna di musica, danze e tanto, tanto alcol.
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Le feste sfrenate del principe a Milano
# Il ballo a Villa Reale
Era il 29 gennaio del 1863. Il principe Umberto organizzò uno sfarzoso ballo nella sontuosa Villa Reale di Via Palestro, che oggi ospita la Galleria d’Arte Moderna. Colonne scanalate con capitelli dorati, teste femminili che sostengono una volta a cassettoni e rosoni, ricchi arredi e un affascinante giardino “all’inglese” accolsero gli invitati alla festa. Le danze si protrassero fino a notte fonda nel lusso più sfrenato e (solo) alle 6 del mattino, quando tutti gli ospiti si furono congedati, il principe pensò bene di montare a cavallo, imboccare lo stradone di Loreto, oggi Corso Buenos Aires, e recarsi a Monza, dove lo avrebbe atteso una battuta di caccia, suo passatempo preferito.
# Il Carnevalone
Non passò neanche un mese che il principe Umberto, ancora 18enne, prese parte al carnevalone ambrosiano. Non solo. Per l’occasione indossò il costume da cacciatore e partecipò al corso dei carri mascherati, il suo era quello dello Spirito Folletto, uno dei più apprezzati dalla folla in delirio. Gli furono lanciate da finestre e balconi di corso Venezia e Vittorio Emanuele fiori, stelle filanti, coriandoli, confetti, gettoni… inutile dirlo, il principe apprezzò molto.
# Il torneo ippico alla Scala
Poco più di un anno dopo, ecco che Principe Umberto ricomparve a Milano in occasione del magnifico torneo ippico Italia-Savoia che si svolse alla Scala. La platea del teatro fu sgombrata dalle sedie e recintata da un grande steccato entro cui i cavalieri, divisi in tre squadre, diedero spettacolo sbizzarrendosi in avventate evoluzioni e giochi di destrezza. Scontato sottolineare la felicità delle elegantissime dame che guardavano lo spettacolo dai palchi. L’esilarante carosello si concluse con una quadriglia che, capeggiata da un cavaliere in costume cinquecentesco, radunò tutti i partecipanti all’esibizione e tutti insieme in coro inneggiarono al principe che aveva assistito allo spettacolo dal palco reale.
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È la prima opera d’arte che si vede arrivando a Milano in treno e l’ultima che ci saluta quando dobbiamo partire. Chi di noi non si è mai chiesto cosa ci fa una mela di 8 metri di altezza e 11 tonnellate di peso, davanti alla Stazione Centrale?
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La mela di Pistoletto: il significato dell’opera d’arte che che presenta Milano al mondo
# Realizzata per Expo 2015 inizialmente sul sagrato del Duomo
Dobbiamo tornare indietro al 2015, anno di EXPO. Michelangelo Pistoletto, artista biellese, legato alla corrente dell’arte povera, realizza per il sagrato del Duomo un’enorme Mela con una sorta di morso ricucito ad essa, interamente ricoperta di muschio: la Mela Reintegrata. Una mela morsa e ricomposta insomma, a suo modo in linea con le tematiche del green e dell’alimentazione sostenibile di cui l’esposizione universale si faceva portavoce. Terminata EXPO, anche la mela fu ricollocata in Parco Sempione ma.. ammettiamo, non si sapeva bene cosa farne finché non fu siglato un accordo tra l’autore, Cittadellarte, il FAI e il comune di Milano, accordo con il quale “La Mela” veniva definitivamente donata dall’artista al città.
Il 21 marzo 2016 fu presentata nella sua nuova location, di fronte alla Stazione Centrale, come suggerito dallo stesso Pistoletto quando definì il suo lavoro come “un’opera simbolica che si apre al mondo, così come la stazione ferroviaria, anche simbolicamente, apre la città al mondo”.
Prima naturalmente le fu rifatto il look, siamo nella città del fashion dopotutto. Dismesso il green, la Mela fu rimodellata con intonaco argilloso mescolato a polvere di marmo: il risultato fu un bianco brillante che ben si fonde con i toni chiari della Stazione e del piazzale antistante.
# Il reale significato della mela: l’entrata in una nuova era
Ma qual è il suo significato? E’ solo una mela molto molto grande o vuole dirci qualcosa di più? Si ripresenta chiaramente la simbologia biblica del morso di Eva al frutto della conoscenza ma è proprio l’autore stesso che di nuovo ci chiarisce ogni dubbio:
“il simbolo della mela attraversa tutta la storia che abbiamo alle spalle, partendo dal morso, che rappresenta il distacco del genere umano dalla Natura e l’origine del mondo artificiale. La Mela Reintegrata rappresenta l’entrata in una nuova Era, nella quale mondo artificiale e mondo naturale si ricongiungono generando nella società un equilibrio esteso a diffusione planetaria.
Il simbolo della Mela Reintegrata rappresenta la ricomposizione degli elementi opposti: natura e artificio. La mela significa natura, il morso significa artificio, così come lo vediamo utilizzato in un marchio di computer mondialmente diffuso posto ad emblema della tecnologia che sostituisce integralmente la natura. Con la Mela Reintegrata l’artificio assume il compito di ricucire la parte asportata del morso e ricongiungere l’umanità alla natura, anziché continuare ad allontanarla da essa.”
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Un film è la vita senza parti noiose, diceva Hitchcock. Da appassionati di film ci siamo chiesti, senza le parti noiose Milano quale titolo di film sarebbe? A corto di risposte, abbiamo girato la domanda ai milanesi. Tra i molti titoli questi dieci hanno ricevuto più menzioni. Passiamoli in rassegna con una recensione alla milanese.
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I 10 titoli di film che rappresentano meglio la vita dei milanesi
credits: Instagram – @uncutfilms.it
# Io speriamo che me la cavo
Il primo pensiero del milanese quando apre gli occhi la mattina.
# Via col Vento
Domani è un altro giorno e francamente me ne infischio. Due frasi fondamentali per sopravvivere a Milano.
# La classe operaia va in paradiso
A Milano anche chi arriva con una valigia di cartone può salire sul tetto del Duomo.
# Il sorpasso
Serrato testa a testa in via Novara, tra Roberto il ciclista e Bruno su Maserati decappottabile, al limite dei 30 all’ora. Finiranno multati entrambi.
# Blade Runner
Perché a Milano si vedono cose che voi umani non potreste neanche immaginarvi.
# Non ci resta che piangere
Contro la desolazione della Milano contemporanea, due simpatici cittadini decidono di tornare indietro nel tempo prima di Expo 2015, per impedire la realizzazione del grande evento dopo cui la città ha iniziato un lento e inesorabile declino. Per errore finiranno nella Milano di Leonardo Da Vinci.
# Sliding Doors
Come cambia la vita di Helen se prende la M1 per Bisceglie invece che per RhoFiera.
# Goodbye Lenin
Kristine, socialista convinta, cade in coma poco prima della caduta del muro di Berlino. Al suo risveglio, il figlio Alex per nasconderle quanto è accaduto la porta nella Milano di Beppe Sala.
# Essi vivono
Un giovane proletario appena arrivato a Milano, scopre, utilizzando degli strani occhiali scuri trovati all’interno del Duomo, che i milanesi sono degli alieni.
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Un quartiere tra i più trascurati dall’amministrazione. Anche per il fiume: un tempo la cosa più bella di Ponte Lambro era accedere alle sue sponde. Ma oggi non si può più fare.
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A Ponte Lambro hanno tolto anche il fiume
# Il quartiere con un passato agricolo, segregato dalla tangenziale
Maps – Ponte Lambro
Ponte Lambro, situato all’estremo sud-est di Milano, è un quartiere che porta i segni di un passato agricolo, ma oggi è separato dal resto della città a causa della tangenziale. Nonostante questo isolamento, conserva ancora tratti della sua storia compreso il secondo ristorante più antico d’Europa, ilBagutto, e ospita una delle eccellenze ospedaliere riconosciute a livello europeo, il Centro Cardiologico Monzino. Attende però ancora che si completi il più importante progetto di riqualificazione: il “Laboratorio di Quartiere” a firma Renzo Piano, un intervento che prevedeva la nascita di uno studentato. Nel futuro potrebbe essere servito dalla linea M6, ma quello che più lo caratterizza è il fiume che lo attraversa.
# «Ci hanno tolto il fiume, e cosa vuoi che ci rimane qui se togli il fiume?»
urbancuratorart.org – Vista fiume dal paese, dipinto
Il fiume Lambro, che nasce in Brianza e scorre silenzioso ai margini di Ponte Lambro, è un elemento che definisce in parte l’identità di questo quartiere milanese. Da sempre considerato un confine naturale, insieme al ponte che lo attraversa ha dato il nome a questa parte della città che fino agli anni ’20 non era Milano. Peccato che i residenti di Ponte Lambro non possano più arrivare alla sue sponde, mentre un tempo era possibile. Hei Linquian, studentessa coreana che per tre anni ha vissuto a Milano per un dottorato, ha avuto modo di fare amicizia con un’anziana del luogo che così le ha descritto il problema: «Ci hanno tolto il fiume, e cosa vuoi che ci rimane qui se togli il fiume? Quelli in Comune non ci hanno mai capiti, per loro noi non contiamo niente.»
# Il Lambro è visibile solo dal ponte che separa con Peschiera Borromeo e da via Cadolini, ma le sponde non sono più accessibili
Maps – Lambro visto da Ponte Lambro
L’unico punto pedonale da cui si può vedere il fiume è dal marciapiede sul ponte di via Vittorini, all’angolo con via Camaldoli. Proprio quest’ultima via, che costeggia il fiume, è protetta da un parapetto continuo escludendo ogni possibile accesso al Lambro.
Maps – Confine con Peschiera Borromeo
Oltre l’abitato a nord, l’unico camminamento sulle rive del Lambro è presente nel Comune di Peschiera Borromeo, a destra del fiume nella cartina, però su strada arginale e quindi non si arriva alle sponde. Per farlo bisogna spingersi fino al quartiere Monluè. D’altra parte a quelli di Ponte Lambro «quelli in Comune non ci hanno mai capiti, per loro noi non contiamo niente».
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Tra le vetrine luccicanti di via Monte Napoleone e via Bigli, c’è una porta discreta che sembra quasi sfuggire all’occhio dei più. Questo passaggio pedonale è uno degli angoli meno conosciuti ma più affascinanti del centro di Milano. Scopriamolo insieme a Unbanfile.
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L’affascinante «passaggio invisibile» nel cuore di Milano
# Una porta verso il passato con un muro del XII secolo e un dislivello di sei gradini
E’ grazie al sito Unbanfile che questa gemma nascosta è tornata alla ribalta. Si tratta della Galleria Monte Bigli. All’apparenza, sembra poco più di un corridoio privato. L’ingresso al civico 25 di via Monte Napoleone è modesto, quasi nascosto tra le boutique di lusso. L’entrata da via Bigli è leggermente più curata, ma comunque discreta. Una volta entrati, però, si viene “accolti” da un’atmosfera unica: il corridoio stretto, appena illuminato, rivela un antico muro in mattoni e pietra.
Questo muro non è una struttura qualsiasi, ma ciò che resta di una chiesa medievale: San Donnino alla Mazza, costruita nel 1162. La chiesa, distrutta nel tempo, ha lasciato dietro di sé solo questa parete, che racconta una storia fatta di dettagli architettonici dimenticati. Tra finestrelle murate, una porta antica e un arco in pietra, si ha l’impressione di camminare in un luogo sospeso tra presente e passato.
Un dettaglio curioso? Il corridoio presenta un leggero dislivello tra le due vie, con sei gradini che si scendono entrando da via Monte Napoleone. Questo è il segno di quanto il tessuto urbano di Milano sia stratificato, e come la città si sia evoluta inglobando frammenti del passato. Ma chi era San Donnino?
# San Donnino e il mistero della “Mazza”
Questo santo del IV secolo era un soldato romano convertitosi al Cristianesimo e perseguitato fino alla decapitazione presso il torrente Stirone, vicino a Fidenza. La sua immagine, spesso rappresentata con la testa mozzata tra le mani, è tanto macabra quanto iconica.
La chiesa a lui dedicata venne costruita dai milanesi di ritorno dopo le devastazioni di Federico Barbarossa, lungo le antiche mura romane e accanto al corso del fiume Seveso. Il curioso suffisso “alla Mazza”, invece, sembra derivare dalla presenza di una statua romana raffigurante Ercole, armato appunto di una mazza, o raffigurante il dio Giano bifronte, simbolo di passaggio e protezione.
Con il passare dei secoli, la chiesa subì diverse modifiche. Nel XVII secolo fu completamente ricostruita dall’architetto Andrea Biffi, ma la facciata barocca non venne mai completata. Nel 1787 fu sconsacrata e, infine, demolita nel 1803. L’unico frammento sopravvissuto è proprio questo muro laterale, che oggi si può ammirare lungo il passaggio della Galleria Monte Bigli.
Attraversando la Galleria Monte Bigli, si possono notare molti dettagli che raccontano storie dimenticate. Sul muro in mattoni si trovano ancora tracce di porte e finestre medievali, alcune murate e altre sostituite da strutture moderne. Una lapide racconta proprio la storia di San Donnino alla Mazza, un promemoria per i passanti più attenti.
Questo luogo è anche un esempio di come Milano sia una città che stratifica il nuovo sull’antico, creando un mix unico. Sopra il muro medievale, infatti, si notano finestre moderne e ogivali, che testimoniano le trasformazioni subite dall’edificio nel corso del tempo.
Ma c’è un altro elemento che rende speciale questo passaggio: la sua atmosfera. Mentre i turisti si affollano nelle vie dello shopping, questo corridoio rimane un’oasi di silenzio, quasi surreale. È un luogo dove ci si può fermare e si può immaginare com’era la vita a Milano secoli fa, quando questa zona era attraversata dal Seveso e la chiesa di San Donnino accoglieva ancora i fedeli.
C’è la data per la ripartenza del Frecciarossa diretto da Milano a Parigi. Ecco cosa vedere lungo questa straordinaria tratta che collega in meno di 7 ore Milano con la capitale francese.
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Frecciarossa e TGV Milano-Parigi sono di nuovo in partenza: queste le 6 fermate intermedie
# La nuova ripartenza è stata fissata per la primavera 2025
Credits brian_en_tramway IG – Frecciarossa Gare de Lyon
La data ufficiale del ripristino del collegamento ferroviario diretto tra Milano e Parigi è ufficiale: si riparte il primo aprile 2025. Manca quindi ancora poco prima di poter salire nuovamente a bordo del Frecciarossa o del Tgv. Lo stop era occorso a causa di una frana che si era abbattuta sui binari e sull’autostrada tra Modane e Saint-Jean-de-Mauriennenell’estate 2023. Il servizio è stato poi progressivamente ripristinato in modo parziale grazie alla combinazione di un servizio treno più bus. Ma quali sono le fermate intermedie lungo il percorso?
#1 Torino, tappa obbligata per gli amanti dell’arte e della magia
Credits: @russo_alice – Torino
Il capoluogo piemontese è la prima fermata lungo il percorso, tappa obbligata per gli amanti dell’arte e della magia. Dal fascino barocco di Piazza Castello al maestoso simbolo cittadino, la Mole Antonelliana oggi sede del Museo Nazionale del Cinema, per arrivare al Museo Egizio, secondo al mondo per importanza dopo quello del Cairo. C’è poi il lato “magico” di Torino, con leggende e misteri che avvolgono luoghi come Piazza Statuto e il Quadrilatero Romano e che ne fanno la capitale mondiale dell’esoterismo. Per una pausa golosa, si può gustare un bicerin in una delle storiche caffetterie del centro.
La stazione successiva è Oulx che, a dispetto del nome, si trova ancora in territorio italiano. Un piccolo gioiello incastonato tra le montagne della Val di Susa, punto di partenza ideale per escursioni, trekking e attività all’aperto, perfetto per chi cerca natura e tranquillità. Da qui si possono infatti raggiungere le meravigliose vette del Parco Naturale del Gran Bosco di Salbertrand o fare un salto nella vicina Sauze d’Oulx, una delle capitali dello sci. Anche in estate si può assistere a uno spettacolo da cartolina grazie ai prati in fiore e alle antiche borgate alpine. A chi non basta appagare la vista può sempre provare le specialità locali, come la toma piemontese e il miele artigianale.
#3 Modane: il fascino della storia e della natura
lukemad92 IG – Modane
La terza fermata è a Modane, al confine tra Italia e Francia. Una cittadina che racchiude un mix affascinante di storia e paesaggi naturali, conosciuta per il Forte di l’Esseillon, un’imponente fortezza ottocentesca che domina la valle dell’Arc. Gli appassionati di avventura possono invece trovare pane per i loro denti con il Parcobranche du Diable, un parco avventura tra i più spettacolari d’Europa. Per chi ama fare escursioni sono presenti diversi itinerari naturalistici diretti al Parco Nazionale della Vanoise, una gemma per gli amanti della montagna.
#4 Saint-Jean-de-Maurienne: la culla della bicicletta
philauthe IG – Saint-Jean-de-Maurienne
La quarta fermata lungo il tragitto conduce a un luogo che gli appassionati di ciclismo devono visitare almeno una volta nella vita: Saint-Jean-de-Maurienne. Il piccolo centro è infatti celebre per le sue salite leggendarie, spesso protagoniste del Tour de France. Qui si può inoltre visitare il Museo Opinel, dedicato al celebre coltellino francese nato proprio in questa regione. Da vedere la splendida Cattedrale di San Giovanni Battista, con il suo chiostro medievale, e da non farsi mancare una passeggiata tra le stradine del centro storico. Per soddisfare anche la gola, in questa località si possono assaggiare i prodotti tipici della Savoia, come la fonduta e la raclette.
#5 Chambéry: città degli elefanti e dei duchi di Savoia
ann_highlands IG – Chambéry
Penultima tappa intermedia è Chambéry. Questa cittadina si caratterizza per un’atmosfera elegante, con una combinazione perfetta tra arte e cultura che si ritrova nei suoi passaggi coperti, nei vicoli pittoreschi e nella celebre Fontaine des Éléphants, mentre il Castello dei Duchi di Savoia domina dall’alto. La posizione di Chambéry è ottima anche per partire in esplorazione dei paesaggi mozzafiato della Savoia, tra laghi, montagne e vigneti.
#6 Lione: capitale gastronomica della Francia e città Unesco
Credits dxdue IG – Lione
Eccoci a Lione, ultimo approdo prima di terminare la corsa a Parigi. Dichiarata patrimonio dell’umanità UNESCO, è famosa per i traboules, passaggi nascosti che si intrecciano nei quartieri di Vieux Lyon e Croix-Rousse, nota per la sua storia legata all’industria della seta. La Basilica di Fourvière “guarda” la città dall’alto, regalando una vista mozzafiato sulla Presqu’île e sul Rodano, da scoprire in battello o passaggiando lentamente lungo le sue sponde. Per gli amanti della cucina francese, nelle bouchon lyonnaises si possono assaporare piatti iconici come la quenelle e il cervelas, il coq au vin e il saucisson brioché.
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Il capolinea della linea M1 dal 1992 è molto più di un semplice punto di arrivo: è il simbolo di un incontro tra Milano e la Puglia, un omaggio a una storia di riscatto e integrazione. Scopriamo insieme questa storia curiosa.
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Perché la M1 termina con una piccola città pugliese?
# La fermata Bisceglie: punto di arrivo e simbolo di una storia
Credits: Wikipedia – Michele M. F.
Gennaio 1990. Con l’approvazione del Piano dei Trasporti urbani, viene deciso il prolungamento della linea M1 da Inganni a Bisceglie, senza stazioni intermedie. Il nuovo capolinea viene inaugurato il 21 marzo 1992 e prende il nome dal quartiere nella zona sud-ovest della città. Il prolungamento, che ha aggiunto solo 700 metri alla linea rossa, sembra di per sé un intervento minimo, ma ha un valore simbolico che va ben oltre la sua funzione di trasporto pubblico. Bisceglie è infatti il capolinea di una storia di migrazione che ha caratterizzato la città di Milano dal secondo dopoguerra.
# Il Sogno Milanese di Dino Abbascià: da Bisceglie a Milano
Tutto ha inizio con Dino Abbascià, nato Berardo Abbascià nel 1942 a Bisceglie. Arrivato a Milano nel 1955, all’età di soli 13 anni, Dino è uno dei tanti meridionali che, negli anni ’50 e ’60, scelgono Milano come meta di speranza per costruirsi una vita migliore. Parte in treno per raggiungere il fratello maggiore Donato, che già lavora a Milano come elettrauto.
La carriera di Dino inizia in modo umile: garzone in un negozio di frutta a Lambrate, dove dorme nello sgabuzzino e fa consegne in bicicletta. Ma la sua determinazione e intraprendenza lo portano ben presto a emergere. Con i fratelli, inizia a lavorare come fruttivendolo, prendendo in affitto due licenze, e con il tempo crea un impero nel settore ortofrutticolo milanese. Non solo diviene uno dei leader di settore, ma anche una figura di riferimento per il commercio e l’imprenditoria a Milano, arrivando a essere una delle voci più influenti di Confcommercio.
Ma la sua figura non si limita a quella di un imprenditore di successo. Dino Abbascià, infatti, è stato anche presidente dell’associazione dei pugliesi a Milano, diventando un simbolo di integrazione e di successo per la comunità meridionale che, come lui, aveva intrapreso il lungo cammino verso Milano.
# L’Intitolazione della fermata: un omaggio alla comunità meridionale
Credits: Comune di Bisceglie
Il legame tra Milano e Bisceglie viene sancito dall’intitolazione della fermata della metropolitana, un gesto che ha rappresentato un tributo a una città pugliese ma, al contempo, a tutta una comunità che ha avuto un ruolo fondamentale nella crescita della capitale economica d’Italia.
Questa intitolazione, che risale a circa venti anni fa, non è solo un omaggio alla città di Bisceglie, ma anche un riconoscimento per tutte quelle persone, come Dino Abbascià, che hanno lasciato la propria terra per intraprendere un cammino di successo nella Milano del benessere. La stazione è diventata, così, simbolo di riscatto, di speranza e di un nuovo inizio per chi, come tanti meridionali, ha trovato a Milano un’opportunità di rinascita.
Con la morte di Dino Abbascià nel 2015, la fermata Bisceglie ha acquisito un ulteriore valore simbolico, diventando un memoriale per un uomo che ha incarnato i valori della migrazione e dell’integrazione. La sua figura è oggi indissolubilmente legata alla fermata, che continua a raccontare, forse troppo un po’ troppo silenziosamente, la storia di chi ha costruito Milano con il lavoro e il sacrificio, e che oggi trova in quel punto simbolico un riconoscimento tangibile.
Milano è l’interscambio centrale delle ferrovie italiane. Ma la sua ambizione futura è di diventarlo anche a livello internazionale. Il presupposto è di creare delle grandi infrastrutture utili per il trasporto di merci e persone. Una delle chiavi strategiche è l’alta velocità che oggi è ancora troppo scarna e incompleta. Allo stesso modo bisognerebbe intervenire sulla cintura per andare a ottimizzare i treni regionali.
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Il presente e il futuro dell’alta velocità a Milano e dintorni
# Torino è vicina, ma poi?
giacomodenittis IG – Torino Porta Susa
A ovest il ragionamento da fare è tortuoso, da un lato troviamo uno dei migliori collegamenti del nostro paese, quello che collega Milano con Torino, dall’altro però troviamo una grande povertà di collegamenti. I collegamenti con la Francia sono difficoltosi, anche a seguito della frana che ha coinvolto la ferrovia del Frejus non è ancora possibile transitare per intero con il treno tra Italia e Francia, limitando quindi un’importante via commerciale.
Non solo: il traforo ha ormai più di 150 anni, in quanto risale al 1871, il che implica un tracciato che non è pensato per il traffico ferroviario attuale e quindi è sempre necessario avere un compromesso per effettuare i trasporti di merci e persone tra Italia e Francia.
Una buona notizia è il ripristino della linea veloce (almeno in parte) tra Milano e Parigi dal primo aprile 2025. Ma a che punto è il completamento di tutta la linea?
Di Cheminvento (talk) – Opera propria, CC BY-SA 4.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=17290207 – Tav Torino Lione
Dagli inizi del 2000 è in costruzione la NLTL, nuova linea Torino-Lione, meglio nota come TAV, che affiancherà lo storico traforo, garantendo prestazioni migliori e la possibilità di raggiungere appunto il territorio transalpino mediante l’alta velocità. A tutti i problemi tecnici del caso si sono contrapposti anche le problematiche sociali che hanno rallentato di molto l’opera che a questo punto vedrà la sua apertura non prima del 2033.
# Rinforzare il collegamento con le montagne della Valle d’Aosta
aostasera.it – Tracciato Tram Aosta-Courmayeur
Allo stesso tempo, non esiste un treno veloce che vada direttamente in Valle d’Aosta, neanche un intercity, rendendola una regione difficilmente raggiungibile da Milano con i mezzi, quando invece potrebbe essere una destinazione di chiave anche come appeal internazionale.
# Milano al mare in meno di un’ora: il Terzo Valico
Credits terzovalico – Cantieri attivi
Fondamentale poi il progetto del Terzo Valico, l’infrastruttura che collegherà direttamente Genova con Tortona, permettendo uno scambio di merci più efficiente tra il porto di Genova e la pianura Padana. Non solo: si potrà andare da Milano al mare in meno di un’ora, fattore strategico per far diventare Milano un hub anche internazionale, come porta del Mediterraneo per il centro e nord Europa. L’apertura della ferrovia è prevista per il 2027.
terzovalico.it – Rivalta Scrivia-Tortona
# L’alta velocità fino a Messina: in Sicilia in poche ore
Strettoweb – Salerno-Reggio Av
Allo stesso tempo, guardando ancora più a sud, i progetti che prevedono di estendere la linea alta velocità oltre Salerno, raggiungendo prima Reggio Calabria e poi Messina, tramite Ponte dello Stretto, si fanno sempre più concreti. Al momento non sono ancora previste delle date certe per il completamento dell’opera in quanto non è ancora stato presentato un progetto definitivo, ma sarebbe fondamentale che potesse essere completata entro il 2032 anno in cui il ministro delle infrastrutture Matteo Salvini ha promesso il ponte sullo stretto di Messina.
# La TAV per Venezia e il tunnel ferroviario del Brennero: Milano hub per Austria, Slovenia e Germania
Tav Brescia Verona
A est l’alta velocità punta dritto oltre confine: il primo è passo è Venezia, infatti oggi la tratta è coperta dall’alta velocità tra Milano e Brescia e tra Padova e Venezia, mantenendo dei tempi di percorrenza piuttosto elevati. Sono in costruzione entrambi i lotti che permetteranno il collegamento tramite l’alta velocità di Milano e Venezia. Il cantiere prosegue in due tratti, quello tra Brescia e Verona e quello tra Verona e Padova, entrambi dovrebbero essere conclusi entro il 2026, data in cui scadono i finanziamenti del PNRR. Da Venezia si stanno già sperimentando i collegamenti veloci con Lubiana con altre città dell’Est già nel mirino di successivi sviluppi.
Galleria di Base Brennero
Risulta di vitale importanza il collegamento con Verona, infatti dalla città scaligera parte la ferrovia del Brennero, la linea che collega direttamente Italia e Austria. Anche qui ci sono grandi lavori, in particolare per il 2032 è prevista l’aperture deltunnel ferroviario del Brennero, una galleria da oltre 55 km di lunghezza che permetterà di rendere l’Italia più vicina ad Austria e Germania. In particolare si sta già prospettando il Frecciarossa per Monaco e, successivamente, per Berlino.
A nord si trova la nota forse più dolente: la linea che collegherà direttamente Milano al Nord Europa si snoda sulla Milano-Como-Chiasso,una delle linee peggiori della regione. Tra i suoi problemi principali diverse gallerie non adatte all’alta velocità che impediscono ai coinvolgi provenienti dal Canton Ticino di proseguire alla loro velocità di esercizio.
In particolare nella Galleria Monte Olimpino 2, i treni sono costretti a rallentare dai 200 km/h ai soli 50km/h, questa galleria è la stessa che impedisce ai “Caravaggio” di raggiungere la stazione di Chiasso per via della sua altezza. La ferrovia a nord di Chiasso si è invece sviluppata grazie ad un grande progetto svizzero, l’AlpTransit, che ha visto anche la costruzione del tunnel ferroviario del San Gottardo.
# Come cambiare Milano: le nuove infrastrutture per la città
Credits: Andrea Cherchi – Stazione Centrale
Con tutti questi interventi di espansione dell’alta velocità di Milano, è necessario pensare a nuove infrastrutture per la città, in modo da rendere il treno una vera e propria alternativa all’aereo su percorsi di media lunghezza. Per questa ragione è necessario pensare di rivedere il numero di treni che transitano lungo la cintura ferroviaria e valutare la possibilità di rivedere la Stazione Centrale: i suoi sistemi sono ormai datati in quanto risalgono agli anni ’80 e avrebbe bisogno di una svecchiata e quindi cosa fare?
Le opzioni sul tavolo sono molte: la prima è quella di creare delle stazioni hub dell’alta velocità, come quella di Rogoredo, Rho Fiera, Segrate e Opera, ma queste non garantirebbero un interscambio con mezzi provenienti da direzioni diverse. Milano ha bisogno di iniziare una grande riflessione sulla Stazione Centrale perché ormai quella attuale non può sorreggere il traffico di un nodo nevralgico della rete ad alta velocità del Paese.
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Girando nell’hinterland milanese ci siamo imbattuti mille volte in paesi come Binasco, Abbiategrasso, Segrate, Assago, Vimodrone. Vi siete mai chiesti come mai hanno questi suffissi? Ecco i vari perché e percome dei nomi di alcuni paesi dell’area metropolitana di Milano!
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Ate, Ago, Asco, Grasso e One: perché così tanti paesi nell’hinterland di Milano finiscono in questo modo?
# -ATE: i luoghi posti nei pressi dell’acqua
Ph. credits Cyber Italia
I paesi con suffisso in –ate (ad esempio Carate, Casate, Garbagnate, Novate, Rancate, Vignate) sono molto numerosi specialmente in Lombardia, Piemonte orientale e nel Canton Ticino meridionale. Tale suffisso indicava l’appartenenza ad una famiglia, ad una persona o a un elemento geografico. Comuni come Galbiate, Gallarate, Linate rimandano infatti a un Galbius (Galbio), Galerius (Galerio), Linus (Lino). Questa regola però non è sempre valida. Segrate infatti deriva dal latino secalis (segale) così come Vimercate da mercato e Vignate da vigna. Un’altra interpretazione è che nella lingua celtica si indicherebbe con il suffisso ate dei luoghi posti nei pressi dell’acqua.
I comuni con suffisso -ago (Asnago, Binzago, Cimnago, Marconaga, Osnago, Camuzzago, Verzago, Crescenzaga) o -aco rimandano ad antiche denominazioni celtiche.
# -ASCO: di origine ligure
Ph. credits laterradeglianunnaki
Le località che hanno suffisso -asco si trovano specialmente in zone anticamente abitate dai liguri. Tale popolazione ebbe degli insediamenti a sud di Milano e paesi come Binasco ne sono memoria. Nella lingua ligure tale suffisso segnalava la presenza di un corso d’acqua.
# -GRASSO: si trovano in una valle fertile
Il suffisso -grasso, che ci rimanda subito alla cittadina di Abbiategrasso, deve tale nome al fatto che probabilmente i borghi a cui si riferiscono sorgevano su valli fertili (valli grasse). Per quanto riguarda specificamente Abbiategrasso possiamo dire che il suo nome trova radici profonde nella lingua celtica e quella latina. La radice del nome potrebbe derivare dal celtico Abia (acqua) + atis (che rimanda alla vicinanza dell’acqua) poiché Abbiategrasso sorge sulla cosiddetta linea dei fontanili. Tale nome latinizzato divenne Habiate e in seguito Habiate qui dicitur Grassus. Quest’ultimo dovuto, come già accennato, al fatto che la cittadina fosse situata in una valle fertile.
# -ONE: di origine romana
La città di Vimodrone secondo alcune ipotesi deve tale suffisso al fatto che il nucleo originale era un piccolo villaggio romano (Vicus) dedicato alle deeMatrone. Da qui il nome Vicus Matronis sacer da cui Vicus Modroni ed infine mutato in Vimodrone. Secondo una seconda ipotesi invece il nome Vicus Mutronis deriva dal cognome di una antica famiglia romana che viveva nel villaggio.
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Se si parla di sciare i milanesi pensano subito a Cortina e a Courma. O alla Valtellina. Ma non tutti sanno che a pochi chilometri da Milano c’è una stazione ideale per una sciata in giornata.
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Questa è la stazione sciistica più vicina a Milano
# I 35 chilometri di piste ai Piani di Bobbio
Si definisce “la montagna vera più vicina a Milano”. Stazione sciistica della Valsassina, in provincia di Lecco, si trova a 1660 metri di altezza. Le piste del versante lecchese sono collegate con quelle del versante bergamasco di Valtorta, creando così un unico comprensorio sciistico di 35 km di piste.
I Piani di Bobbio distano da Milano 67 chilometri percorribili in circa un’ora passando per la Strada Statale 36 del Lago di Como e dello Spluga.
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L’infrastruttura è stata pensata per rivoluzionare la mobilità cittadina del capoluogo ligure: ancora prima di essere realizzata ha scritto già due primati. Questo il progetto nel dettaglio, l’aggiornamento sui cantieri e quando è prevista l’inaugurazione del tunnel.
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Genova accelera sui tunnel stradali con il primo «sottomarino»: Milano recupererà il terreno perduto?
# Un tunnel da record: il primo sottomarino in Italia e con il diametro più grande in Europa
Credits genova24 – Tunnel subportale
Un’opera ambiziosa per Genova e per l’Italia: il tunnel subportale. Si tratta infatti del primo tunnel sottomarino nel Paese, con un tracciato principale che si sviluppa per 3,4 km su un intervento complessivo di 4,2 km, raggiungendo una profondità massima di 45 metri.
L’infrastruttura è costituita da due gallerie separate, una per ciascuna direzione di marcia, con un diametro di scavo di circa 16 metri che ne fa il più grande d’Europa e ai primi posti nel mondo. Il tunnel consente di collegare il nodo di San Benigno, a ponente, con Viale Brigate Partigiane nel quartiere Foce, a levante, passando sotto il bacino portuale e, secondo le previsioni sui flussi di traffico, vedrà transitare a regime fino a 7.335 veicoli l’ora nei momenti di punta.
Dal punto di vista dei collegamenti, il tunnel sarà connesso al casello autostradale di Genova Aeroporto (A10) tramite la viabilità del Lungomare Canepa e la strada a scorrimento veloce Guido Rossa. Verso il casello di Genova Ovest (A7), invece, sfrutterà la nuova viabilità del nodo di San Benigno.
# Un investimento di 1 miliardo di euro per un progetto basato sul masterplan di Renzo Piano
Ingresso tunnel subportale
Il progetto, che prevede un investimento di 1 miliardo di euro, è stato sviluppato seguendo il masterplan di Genova elaborato dallo Studio Renzo Piano, sotto la supervisione del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e con il prezioso contributo delle istituzioni locali. Non si tratta solo di un intervento strategico per la mobilità, ma di una parte fondamentale di un più ampio piano di riqualificazione urbanistica.
Tunnel subportale
L’opera punta a potenziare la rete del verde urbano, ricucendo aree ad alta densità abitativa attraverso la creazione di tre nuovi parchi pubblici e percorsi ciclopedonali.
# I tre nuovi parchi: Parco della Lanterna, della Foce e delle Mura
Credits genova24 – Parco Genova
Veniamo quindi al verde. Come detto si prevede la realizzazione di tre parchi urbani, nei punti di raccordo tra il tunnel e la viabilità cittadina: uno nei pressi della Lanterna, un altro vicino all’ex via Madre di Dio e il terzo sarà realizzato nella zona di viale Brigate Partigiane. La superficie complessiva tra aree pedonali e verdi è di circa 10mila ettari.
Parco della Lanterna
Questi interventi sono state pensai per integrarsi nel sistema paesaggistico genovese, “richiamando le sue caratteristiche e la storia del suo territorio, dei suoi giardini, parchi, piazze e del suo lungomare, a favore di una continuità strutturale dei sistemi verdi a difesa e sostegno della qualità ambientale e della biodiversità.”
# Il punto sui cantieri
telenord.it – Tunnel Subportale
A giugno 2023 sono partite le prime lavorazioni nel lotto A0, con attività di preparazione, interventi di bonifica bellica a terra delle aree interessate dagli scavi e di bonifica bellica subacquea delle calate portuali Concenter e Giaccone. Nella primavera 2024 c’è stato invece l’avvio ufficiale dei cantieri per la demolizione del grande capannone industriale CSM che consente di aprire alla città un’area di oltre 25.000 mq dove è previsto l’imbocco Ovest del tunnel e l’inizio degli scavi. Terminata la prima fase dei lavori, all’inizio del 2025 sono iniziate le fasi di costruzione del tunnel e nello specifico la realizzazione della nuova galleria ferroviaria, per sostituire il Romairone, e il nuovo viadotto per servire porto, del quale è stato costruito la spalla e parte di una pila. In predisposizione l’area per lo scavo principale dove la talpa dovrebbe iniziare la sua attività a metà del 2026, si prevedono 2 milioni e 425 mila metri cubi di materiale di scavo, mentre tra le opere complementari è in corso la demolizione dello svincolo “giro Lanterna” e la costruzione dello scolmatore del rio San Bartolomeo.
# L’inaugurazione è programmata per settembre 2029
Ingresso tunnel subportale dall’alto
In base all’ultimo cronoprogramma i cantieri dovrebbero concludersi ad agosto 2029 e l’apertura al traffico dovrebbe avvenire per settembre dello stesso anno, anche se rimane da definire l’assegnazione dell’appalto principale che ha un valore pari a più di 800 milioni di euro. L’infrastruttura nasce con l’obiettivo di rendere più rapido ed efficiente l’attraversamento della città, una necessità ormai non più soddisfatta dalla strada sopraelevata costruita nei primi anni ’60, oggi insufficiente a gestire il continuo aumento del traffico.
Tra le opere complementari legate alla nuova infrastruttura, tutte a carico di Aspi, è prevista anche l’installazione di barriere fonoassorbenti lungo lungomare Canepa, un intervento pensato per mitigare l’impatto acustico e migliorare la qualità della vita nelle aree circostanti.
# Se Milano non si fosse fermata: questo il tunnel che avrebbe risolto il problema del traffico
Il progetto per potenziare l’offerta di mobilità tra Linate e la Fiera
Insieme al Terzo Valico è un’altra infrastruttura fondamentale per migliorare la mobilità dei milanesi verso la Liguria e nella città di Genova. Tra i principali benefici dell’opera spicca il risparmio di oltre 1 milione di ore di viaggio ogni anno, con ricadute positive anche sull’ambiente data la contestuale riduzione delle emissioni inquinanti, favorita dal transito dei veicoli nel sottosuolo, e gli effetti benefici generati dalle nuove aree verdi previste dal progetto.
Milano cerca con fatica di risolvere i problemi di inquinamento, generati in parte dal traffico veicolare, ma rispetto al capoluogo ligure ha accantonato l’idea di realizzare tunnel sotterranei che attraversino la città. Uno era stato immaginato da Linate a Molino Dorino passando per Expo, per una lunghezza di 14 km e 14 uscite, un altro di 4 km da piazza Repubblica a Forlanini: non sarebbe giunto il momento di riportarli alla luce?
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La “grigia” Milano è in realtà ricca di vie e piazze colorate, dall’Ortica al Quartiere Arcobaleno in zona Risorgimento. Tra queste se ne inserisce una davvero curiosa. Ecco dove si trova.
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La mini-piazza di Milano dai colori pastello
# Si trova vicina a una delle abitazioni più iconiche della città
Map – Piazza con case coloro pastello
Siamo tra Porta Venezia e Tricolore, a pochi passi dalla famosa Casa 770, la casa del rabbino, un simbolo per la comunità ebraica. Un clone di altre 15 case sparse per il mondo, con architettura in stile neo-gotica, e quella milanese è l’unica in Europa. Per la precisione ci troviamo in Piazza Fratelli Bandiera, posta tra via Pisacane, via Poerio e via Modena.
# Le case di colore pastello nella mini-piazza Fratelli Bandiera
Giovanni Fanelli FB - Piazza con case colore pastello
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Giovanni Fanelli FB - Casa bicolor pastello
Giovanni Fanelli FB - Casa color panna
Giovanni Fanelli FB - Casa color pastello
Giovanni Fanelli FB - Casa di color pastello
Giovanni Fanelli FB - Casa pastello
Giovanni Fanelli FB - Via con case colore pastello
Una piccola piazza con pavimentazione in porfido dalla forma rettangolare, larga appena 18 metri e lunga circa 70 metri, completamente pedonale e su cui sono affacciati deliziosi edifici di altezze variabili, comunque di pochi piani, caratterizzati ognuno da un differente colore pastello. Si va dal giallo ocra all’arancio pesca, dal crema al verdino. Gli stili si discostano tra di loro, alcune case sono di realizzazione più antica con monofore, bifore e terrazzi, altre più moderne con abbaini e finestre rettangolare. Davanti ai portoni grandi aiuole verdi, alberi e panchine.
# Dal Villaggio Operaio di via Lincoln alle atmosfere caraibiche di via Bassano del Grappa
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Quali sono i luoghi più romantici di Milano, quelli da vivere assieme alla propria dolce metà? In realtà tutti se si è davvero innamorati, ma alcuni più di altri possono suscitare incredibili emozioni.
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7 luoghi dove Milano diventa romantica
#1 Vicolo dei lavandai
Credits Andrea Cherchi – Vicolo dei Lavandai
Andarci di proposito o ritrovarsi qui per caso è comunque una esperienza indimenticabile. Tra gli antichi lavatoi, stradine e vicoli inaspettati, sarà facile cogliere lo sguardo incantato e sognante del vostro partner: questo è il momento giusto per giurare amore eterno. Della serie ora o mai più.
Maestoso monumento in pieno centro città dove sostare con lo sguardo rivolto all’insù per ammirare le sedici colonne romane alte più 8 metri. Della serie 8 metri sopra il cielo.
Per vincere la timidezza non c’è nulla di meglio che ritrovarsi in questa piazza antichissima, dove, tra scorci medievali e la galleria dei sussurri, sarà giocoforza confessare il proprio amore al partner. Della serie, vi piace vincere facile.
Credits Andrea Cherchi – Vista dalle Terrazze del Duomo
Perché non provare l’ebrezza dell’altezza a 70 metri sui tetti del Duomo? Un panorama mozzafiato in grado di regalare emozioni forti, incorniciato dalle caratteristiche guglie. Non preoccupatevi, qui le parole sgorgheranno da sole.
Impossibile sottrarsi al fascino senza tempo del quartiere artistico di Milano, fra boutiques uniche (si, accontentatela, entrate in una di esse), gallerie d’arte, ristorantini caratteristici e stradine strette dove perdersi abbracciati per sempre.
#6 Quadrilatero del silenzio
Foto redazione – Quadrilatero del Silenzio
Lontano dal caos cittadino. Un luogo incantevole dove perdersi tra strade sontuose come via Serbelloni o via Vivaio, statue, giardini, fenicotteri rosa e decori liberty. La magia che solo atmosfere di altri tempi riescono a regalare.
#7 Cena a lume di candela
d_paolina_d IG – Rubacuori
A Milano non c’è che l’imbarazzo della scelta, ma non si può sbagliare se si sceglie una location tipo Al Garghet, il ristorante Rubacuori o Capra e Cavoli per gli amanti della cucina vegetariana. Prendere per la gola insomma.
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Nella cittadina di Saas Fee nel vallese è nato il primo “All you can sleep”, una nuova iniziativa destinata a far discutere. Ma come funziona?
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In Svizzera il primo «all you can sleep»: arriverà anche in Italia?
# Il debutto il 22 gennaio 2025
margreetdevries1974 IG – Saas-Fee
Si tratta di una formula decisamente molto particolare di turismo invernale: ha debutato il 22 gennaio 2025 ed è stata ideata da Daniel Renggli, il capo di Revier Hospitality Group AG. Il gruppo di cui fa parte l’ideatore di questa iniziativa punta per le sue strutture su un’architettura moderna e un’automazione molto avanzata, utilizzata ad esempio durante il check-in.
# Con una quota fissa puoi dormire nell’hotel tutte le volte che vuoi
travel-dealz.be – All You Can Sleep Pass
Con l’abbonamento “All You Can Sleep Pass” è possibile prenotare soggiorni illimitati in hotel per due persone in una categoria di camera prefissata, di 16 metri quadri, che può avere vista sulla montagna e anche trovarsi al settimo o ottavo piano. Il titolare dell’abbonamento deve obbligatoriamente essere una delle persone che soggiornano, mentre l’accompagnatore può cambiare. Pagando una quota fissa si potrà avere a disposizione per tutto l’inverno, da gennaio ad aprile, una camera doppia al costo di 999 franchi, poco più di 1.000 euro. Ci sono 3 regole fondamentali da seguire:
le prenotazioni devono essere effettuate online almeno due giorni prima dell’arrivo e sono soggette a disponibilità;
ogni soggiorno può durare fino a sette notti consecutive, seguite da un’interruzione obbligatoria di due notti prima di una nuova prenotazione;
la prima colazione, le tasse di soggiorno o altri servizi extra sono esclusi dal forfait.
# La previsione è tra le 18 e le 20 notti per una media di 40 franchi (meno di 50 euro) a notte
travel-dealz.de – Smart Cabin
La risposta dei clienti e dei media è stata molto positiva, tanto che un portale tedesco di viaggi ha calcolato che vale la pena prenotare usando questo sistema per circa sette giorni per avere un vantaggio economico. Diversa è la situazione per hotel affermati dove in molti casi si è già al completo per la stagione sciistica. Renggli parte dal presupposto che in questa stagione gli utenti della tariffa forfettaria potranno facilmente ottenere tra le 18 e le 20 notti gratuite nell’hotel di Saas-Fee, il che per 18 notti corrisponderebbe ad un prezzo di 40 franchi a notte.
L’obiettivo principale è riuscire a far avvicinare i giovani alla montagna e rendere le operazioni efficienti ed economiche. Infatti, l’offerta è rivolta principalmente a persone flessibili in termini di tempo, ad esempio gli studenti o i pensionati che vorrebbero andare in montagna tanti giorni durante la stagione invernale, ma ai quali non importa in quali date.
# Venduti già 50 buoni: «potrei estendere l’offerta a tutti i nostri alberghi»
credits: skimania.it
Nei primi giorni sono stati già venduti 50 abbonamenti per dormire nel “All You Can Sleep”. Il costo di 999 franchi sarebbe però troppo basso, in quanto con i costi fissi per ogni camera a partire dalla quattordicesima notte la struttura risulterebbe in perdita. Non è chiaro quindi se l’offerta sarà disponibile anche la prossima stagione e, soprattutto, se sarà ancora allo stesso prezzo. Tuttavia, l’albergatore prevede di introdurre un’offerta del genere nei prossimi anni: “potrei immaginare un’offerta all-you-can-sleep per tutti i nostri hotel in montagna, ma ad un prezzo completamente diverso, probabilmente intorno ai 3.000 franchi a stagione”, dice Renggli.
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Il quotidiano britannico The Telegraphha inserito Ostia nella classifica delle località balneari più brutte d’Europa, scatenando un acceso dibattito in Italia. Abbiamo così condotto un sondaggio tra i milanesi per scoprire quali, secondo loro, sono le località balneari peggiori d’Italia. Scopriamo cosa ci hanno detto…
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Secondo gli inglesi, Ostia è la spiaggia più brutta d’Italia. E secondo i milanesi?
# Cosa dice il The Telegraph su Ostia?
Credits: The Daily Telegraph
Il giornalista Tim Jepson, autore del pezzo che classifica Ostia come la seconda località balneare peggiore d’Europa, ha descritto il lido romano come una meta balneare con una “sabbia accettabile”, ma con un’acqua che “è meglio evitare”. Non solo: ha anche sottolineato come il lungomare sia caratterizzato da una serie di edifici moderni e anonimi, con pochissimo verde a interrompere la monotonia urbana. Jepson, che ha visitato Ostia da giovane, ha confessato di non esserci mai più tornato, lasciando intendere che il ricordo della sua esperienza non sia stato dei migliori.
L'”attacco” non è passato inosservato. Mario Falconi, presidente del Municipio X di Roma Capitale, ha difeso Ostia esaltando la qualità delle acque marine, certificate per il terzo anno consecutivo come “eccellenti” dall’ARPA Lazio. Falconi ha ricordato il valore storico e naturale della località, dal Parco Archeologico di Ostia Antica all’Area Marina Protetta delle Secche di Tor Paterno, fino al lungomare che, seppur bisognoso di rilancio, rappresenta una risorsa importante per il territorio.
Incuriositi dalla polemica, abbiamo chiesto ai milanesi quali siano, secondo loro, i peggiori lidi d’Italia. Ecco 7 tra i lidi peggiori che sono emersi del nostro sondaggio.
# E per i milanesi, quali sono le località di mare peggiori d’Italia?
#1 Viareggio (Toscana)
Credits: Pixabay – Travelato_eu
La città di Viareggio, insieme ai suoi lidi, è stata citata piuttosto negativamente, molti milanesi che ne criticano la mancanza di autenticità. La città, famosa per la sua tradizione balneare, viene vista da alcuni come troppo turistica e invasa da strutture che non rispecchiano le aspettative di chi cerca un’esperienza più genuina.
Neanche il mare ha ricevuto una menzione positiva, la presenza massiccia di locali e strutture turistiche non sembra essere apprezzata. In generale il suggerimento è di evitare Viareggio in favore di altre destinazioni costiere, che offrono un’esperienza più rilassata e meno commerciale.
#2 Marina di Massa (Toscana)
Credits: Wikipedia – User: Sailko
Anche Marina di Massa non trova un grande riscontro positivo tra i milanesi, con molti commenti che evidenziano la delusione rispetto alle aspettative altissime. Il mare non è ritenuto particolarmente invitante, e così anche le spiagge, che sono state ritenute poco curate.
Alcuni hanno avuto esperienze deludenti legate alla qualità dei servizi e alla gestione delle strutture balneari. Per molti, la zona sembra non essere riuscita a mantenere quel fascino mitico che aveva un tempo.
#3 Rosignano (Toscana)
Credits: TripAdvisor – Camilla P
I lidi di Rosignano sono descritti come luoghi che che non lasciano una buona impressione. Molti milanesi hanno evidenziato la sua scarsa qualità rispetto alle promesse che una meta di mare dovrebbe offrire.
Le spiagge sono state definite poco curate, ma la criticità più evidente riguarda la famosa “spiaggia bianca” che, nonostante la bellezza, risulta essere troppo frequentata e poco accessibile. Alcuni sostengono che il luogo abbia perso il suo appeal naturale, in favore di un turismo di massa che influisce negativamente sull’esperienza complessiva.
#4 Lidi Ferraresi (Emilia Romagna)
Credits: lidiferraresi.net
Anche i Lidi Ferraresi sono stati descritti in modo abbastanza critico, con molti milanesi che lamentano la mancanza di infrastrutture adeguate e, anche qui, la qualità del mare che non corrisponde alle aspettative. Le spiagge sono spesso descritte come affollate e, in più, gli ombrelloni sono troppo ravvicinati l’uno all’altro e ciò limita decisamente la privacy.
La critica si estende, poi, anche alla gestione dei servizi e alla mancanza di luoghi di ritrovo, questo rende i Lidi ferraresi poco accattivanti per chi cerca una vacanza rilassante, senza privarsi della possibilità di conoscere qualcuno di nuovo.
#5 Marina di Bibbona (Toscana)
Credits: TripAdvisor- Romano 121
Marina di Bibbona è un’altra località toscana che non trova il favore di tutti. I commenti di alcuni milanesi mettono in luce la scarsità di attrazioni e servizi, considerando la località poco dinamica e adatta soprattutto a chi cerca un tipo di vacanza molto rilassante, ma con pochi stimoli.
La spiaggia è stata criticata per non offrire un mare particolarmente cristallino e per essere poco curata. Alcuni visitatori hanno trovato la zona troppo affollata durante i periodi di alta stagione, compromettendo l’esperienza generale.
#6 Porto Cesareo (Puglia)
Credits: Wikipedia – Paolo Damiano Dolce
Anche Porto Cesareo, noto per la bellezza del suo mare, è stato oggetto di critiche da parte di alcuni milanesi, che ne lamentano la scarsa qualità del turismo locale. In particolare, alcuni commentano negativamente la presenza di immondizia lungo la spiaggia, la scarsa igiene nelle bancarelle e la folla durante la stagione estiva.
Questi aspetti sembrano aver contribuito a una percezione negativa del posto, nonostante la fama di bellezza naturale. I turisti apprezzano il mare, ma non i problemi legati alla gestione e all’affollamento durante il picco estivo.
#7 Jesolo (Veneto)
Credits: Wikipedia – Kallerna
Jesolo è una delle località più citate in modo negativo, con milanesi che criticano il troppo caos e l’eccessivo affollamento, soprattutto nei mesi estivi. Questo lido è visto come una meta troppo turistica e commerciale, lontana da quella tranquillità che alcuni cercano in una località balneare.
I servizi sono spesso ritenuti scadenti, con una gestione delle spiagge che non soddisfa le aspettative di molti turisti. Anche la presenza di locali troppo affollati e l’atmosfera di “frenesia” estiva non risultano adatti a chi desidera un’esperienza di mare più rilassante.
Tra loro anche i più grandi ballerini italiani, come Carla Fracci, Oriella Dorella e Roberto Bolle. Ma perchè questo soprannome?
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Chi sono le Spinazitt di Milano? E perché si chiamano così?
L’Accademia Teatro alla Scala è la scuola del Teatro milanese. E’ stata fondata nel 1813, con il nome di “Imperial Regia Accademia di Ballo Teatro alla Scala”.
Dal 2001 è diventata una fondazione di diritto privato. Presieduta da Alexander Pereira e diretta da Luisa Vinci, l’Accademia opera attualmente attraverso quattro Dipartimenti (Musica, Danza, Palcoscenico-Laboratori e Management).
Il Dipartimento di Danza è diretto da Frédéric Olivieri e fornisce un diploma dalla duplice specializzazione in danza classico-accademica (balletto) e moderno-contemporanea. Qui si sono formati Carla Fracci, Luciana Savignano, Oriella Dorella e Roberto Bolle.
Le allieve dell’Accademia della Scala sono chiamate Spinazitt: la loro acconciatura ricorda gli spinaci.
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