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Ci sono associazioni milanesi che si battono per decentrare l’appeal di locali con caratteristiche attrattive nelle zone periferiche, anche allo scopo di rivitalizzare luoghi esposti al degrado. Sono ancora pochi, nonostante il nuovo nastro blu della M4, i temerari che investono in attività commerciali lontani dalle zone comfort centrali e, per questa ragione, andrebbero premiati a prescindere.
I locali che abbiamo trovato, non sono semplicemente gestiti da piccoli imprenditori coraggiosi, ma da persone che hanno abilmente intercettato un bisogno e sapientemente trasformato in una gustosissima offerta, regalando, inoltre, un servizio indiretto alla zona.
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Tre locali di periferia che fanno gola al centro
# Cafè Banlieu, via Inganni 27: arredamenti e caratterizzazione retrò ispirata alla cultura delle periferie
cafebanlieu IG
Il primo locale, addirittura, prende ispirazione dalla stessa traduzione della parola “periferia” in francese e da questa cultura trae anche un po’ ispirazione per gli arredamenti e la caratterizzazione un po’ retrò. Ha un’apertura che abbraccia un arco orario che parte dalle ore 12 fino all’una di notte offrendo possibilità di pranzare, immergersi in una tea’s atmosphere, condividere aperitivi, ritrovarsi per il dopocena accolti dall’ampia scelta di drink e accompagnati talvolta da serate musicali “a tema”.
Un’altra delle sue caratteristiche? È una gestione prettamente “rosa”, frutto di un bando messo a disposizione dal comune per aiutare l’imprenditoria femminile: forza donne!
# Da Vito Macelleria Equina, via Lorenteggio 177: i migliori tagli di carne di cavallo venduta anche ai ristoranti stellati
Da Vito Macelleria Equina FB
Vitoè il faro del Mercato Rionale di Via Odazio. Con i suoi 21 metri di banco in cui vengono esposti i migliori tagli della macelleria equinavenduti anche in molti ristoranti stellati, non solo riesce a fare “sold out” con un prodotto oggi “politically scorrect”, ma racconta anche la storia della zona, la sua storia. Abitava nelle case popolari di Via Apuli nelle quali sono transitate generazioni e culture che hanno generato la Milano di oggi.
Vito tutto questo non lo dimentica ed è qui che ha posizionato le sue fertili radici dai primi degli anni ’80. Oggi, oltre che vendere carne, Da Vito, durante l’orario di pranzo è possibile essere guidati nella scelta dei tagli che poi vengono cotti al momento e gustati nei tavolini adiacenti.
# Forno Gran Fior, Via Forze Armate 165: aperto H24
panificiogranfior IG
Chi ha la nostalgia delle focacce sfornate in Via Palermo negli anni ’80 dopo le serate in discoteca e per i nottambuli impenitenti? Una dolcissima abitudine un po’ superata dalle ultime generazioni che trovano oggi ampia offerta di locali aperti fino a tarda notte fino a quando non si scopre la Panetteria Gran Fior: una panetteria aperta 24/su 24. La trovate in via Forze Armate, una via lunghissima poco trafficata di notte ma molto partecipata nelle adiacenze delle vetrine, come testimoniano le autovetture che con le quattro frecce accese attendono il gustoso bottino appena acquistato.
In un periodo in cui è difficile trovare panettieri anche negli orari canonici, questa Panetteria placa gli appetiti non solo ai perditempo della notte ma anche a coloro che lavorano e prestano un prezioso servizio alla città: guardie notturne, ambulanzieri, taxisti, forze dell’ordine.
Lo staff, nonostante l’orario che metterebbe alla prova anche un monaco zen, ti accoglie con disponibilità, efficienza e sorrisi. Esiste anche la possibilità di accompagnare le leccornie dolce e salate del bancone con una bevanda calda, sostando in qualche angolo del locale adibito a tavolino.
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2025. Quest’anno cade il decennale di Expo. Una stagione fantastica per Milano. Pochi sanno che però manca ancora realizzare una bella parte del progetto presentato per aggiudicarsi la grande esposizione. Forse è arrivato il momento di completare l’opera.
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Metro, tunnel e tanta acqua: cosa manca per realizzare il grande sogno di Expo per Milano?
# M4 aperta con 9 anni di ritardi, a M5 manca un deposito
Credits: metroricerche/Comune di Milano
Nell’autunno del 2024 è giunta al capolinea l’odissea di M4, una delle linee metropolitane previste per Expo2015, realizzata 9 anni dopo la data di inaugurazione inserita nel progetto di aggiudicazione per la manifestazione e 20 anni dopo l’istruttoria del progetto completata da parte della Giunta Albertini.
La lilla è stata l’unica delle tre metropolitane previste nel progetto ad essere completata entro l’Expo. Anche se cinque stazioni non erano operative all’avvio della manifestazione: Portello è stata aperta il 6 giugno 2015, Cenisio il 20 giugno, Gerusalemme il 26 settembre, Monumentale l’11 ottobre e, infine, Tre Torri il 14 novembre 2015, due settimane dopo la conclusione di Expo. Ma ancora qualcosa manca. Nel dossier iniziale delle opere previste per Expo2015 il tracciato attuale della linea era stato ipotizzato su due linee separate. La M5 tra Bignami e Garibaldi FS e la M6 da Garibaldi Fs fino allo stadio di San Siro. Non solo: una delle pecche attuali della linea è la mancanza di un deposito che limita la frequenza ad massimo di un treno ogni 150 secondi invece di 75.
# Un terremoto sulla M6: posticipata dopo Expo, ancora senza una data certa
Linee previste per Expo2015¯
La linea M6, secondo Sala, dovrebbe essere l’ultima metropolitana della città ed è di attualità negli ultimi mesi. Il progetto era tra quelli presentati per aggiudicarsi la candidatura di Milano all’Esposizione Universale: prima come tratto ovest dell’attuale M5, come detto in precedenza, poi come sbinamento del ramo sud-ovest della M1. Ma il terremoto dell’Abruzzo del 2009 ha spento tutto sul nascere: parte dei fondi destinati all’opera furono dirottati dal governo di allora per la ricostruzione dell’Aquila e l’aiuto ai terremotati. Ma qual era il progetto originario?
# Il vecchio progetto M6: il tracciato
Mappa M6
Il Comune di Milano ha ipotizzato un tracciato che da Ponte Lambro attraversi orizzontalmente il sud della città prima di virare verso nord ovest. In alternativa si potrebbe ritirare fuori dal cassetto il vecchio tracciato per M6. Presentato dagli uffici del Ministero dei Trasporti nel 2008, prevedeva lo sbinamento del ramo Bisceglie – Pagano quale prima tratta della nuova linea. In questo modo si lascerebbe M1 completamente dedicata alla tratta Pagano – Rho e si potrebbe raddoppiare la frequenza dei treni diretti a MIND, che a pieno regime dovrebbe vedere ogni giorno 80mila persone tra residenti, studenti e lavoratori.
Il tracciato proseguirebbe poi verso sud lungo l’asse del Ripamonti e magari spingersi fino ad Opera dove il governo ha intenzione di realizzare un hub metro/treno AV, con fermata a servizio della linea alta velocità Milano-Genova. Sarebbe un percorso che potrebbe pertanto ridurre di molto anche il traffico automobilistico proveniente da fuori Milano. Lo stesso obiettivo di ridurre la circolazione delle auto sulla superficie era quello di un altro progetto presentato per il 2015: il maxi tunnel sotterraneo.
# Il tunnel Linate-Expo: 14,5 km con 13 uscite in città
Il progetto per potenziare l’offerta di mobilità tra Linate e la Fiera
Un altro progetto previsto per l’Esposizione Universale era un tunnel di 14,5 chilometri che, partendo dall’aeroporto di Linate, avrebbe dovuto collegarsi all’area di Expo, con un’uscita finale a Molino Dorino. Il percorso prevedeva 13 uscite distribuite in tutta la città. Inizialmente proposto dalla Giunta Albertini, il progetto è stato congelato durante il mandato della Moratti e poi definitivamente abbandonato dalla Giunta Pisapia. L’investimento previsto ammontava a 2 miliardi di euro. Ma i progetti presentato non prevedevano solo cemento: c’era in programma anche tanta acqua per Milano.
# La “Via d’Acqua”: un’autostrada azzurra di 20km dal Villoresi al Naviglio Grande
Vie acqua Expo
Le “Vie d’Acqua” sono state realizzate solo in minima parte. Il progetto originale prevedeva un canale di 20 km, che avrebbe collegato il Canale Villoresi a nord al Naviglio Grande, passando per il sito di Expo 2015, navigabile con battelli. Erano anche previsti percorsi ciclopedonali lungo le alzaie di queste due vie d’acqua esistenti. Alla fine, il progetto è stato quasi completamente stralciato: sono stati realizzati solo 8 chilometri di piste ciclabili lungo il corso d’acqua che collega il Canale Villoresi al sito dell’esposizione, mentre quest’ultimo è stato ridotto in larghezza rispetto alle previsioni.
MILANO CITTA’ STATO in collaborazione con MARCO FIGURA
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L’azienda islandese Climeworks ha creato “Mammoth”, che è l’aspirapolvere cattura inquinamento più grande del mondo. Si tratta del più grande impianto di cattura diretta dell’aria del mondo.
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Un mega aspirapolvere, la nuova arma per combattere l’inquinamento: la useremo anche a Milano?
# Un semplice aspirapolvere o qualcosa di più?
climeworks – Dettaglio Mammoth
L’Islanda è sempre in prima linea in ambito ambientale: ha inaugurato il “Mammoth”, il più grande impianto anti-inquinamento del mondo. In pratica, una sorta di aspirapolvere che cattura e stocca le emissioni di CO2. Nello specifico, l’impianto può risucchiare fino a 36 mila tonnellate di CO2 all’anno: il valore effettivo sarà un po’ di meno perché l’impianto non lavora sempre a pieno regime e in più emetterà anch’esso delle emissioni, ma rimane comunque un risultato tecnologico importante. Mammoth si aggiunge ad Orca, un impianto analogo ma 10 volte più piccolo, realizzato sempre in Islanda nel 2021 e progettato per una capacità di cattura fino a 4mila tonnellate di CO2 all’anno.
# Come funziona l’impianto e il processo completo
climeworks – Mammoth
La tecnologia dietro Mammoth è della società svizzera Climeworks e prevede 72 moduli di raccolta che consentono di massimizzare la rimozione del biossido di carbonio. Per ora sono stati realizzati 12 container, ma l’obiettivo è di completarli tutti entro la fine dell’anno.
Semplificando molto, come spiega la stessa Climeworks, enormi ventilatori catturano l’aria e la convogliano verso dei filtri che trattengono l’anidride carbonica e la intrappolano nel sottosuolo, sfruttando un processo naturale di reazione grazie al quale viene immagazzinata in modo duraturo. Nel momento in cui le camere di raccolta sono cariche, questi filtri vengono chiusi e sigillati, mentre la temperatura al loro interno raggiunge i 100°C. Successivamente, getti di vapore ad alta pressione liberano il filtro dall’anidride carbonica:il gas disciolto nell’acqua produce una sostanza gassata che fluirà al di sotto delle rocce vulcaniche sotterranee.
Quando l’acqua torna verso la superficie, la CO2, entrando in contatto con il basalto (di cui è composta oltre il 90% della roccia vulcanica terrestre, si tramuta in pietra nell’arco di qualche anno. Utilizzando l’abbondante energia geotermica islandese, Mammoth è in grado di estrarre 36.000 tonnellate di carbonio all’anno, equivalenti a togliere dalla strada 7.800 auto a gas ogni anno. Questo impianto è stato creato per ridurre il costo della cattura del carbonio da circa 1.000 dollari per tonnellata a 100 dollari entro il 2050, sostenendo gli obiettivi climatici globali.
# Le critiche
climeworks.com – Mammoth
Non mancano però le critiche ai sistemi di cattura e stoccaggio della CO2: la DAC, Direct Air Capture. Parte del mondo scientifico ne mette in dubbio l’efficienza, sostenendo che più che risolvere il problema lo nasconderebbero sotto il tappeto o per meglio dire sottoterra. I critici affermano che con i DAC + S le compagnie petrolifere avrebbero l’alibi per continuare a estrarre combustibili fossili, credendo che le emissioni non siano più un problema. Inoltre, i costi restano molto elevati poiché la CO2, essendo presente in quantità diluite nell’atmosfera, richiede impianti che filtrino grandi volumi d’aria con un elevato consumo energetico.
Lo stesso co-amministratore delegato di Climeworks, Jan Wurzbacher, ha dichiarato che è troppo presto per fornire numeri precisi sui costi per tonnellata per il funzionamento di Mammoth a piena capacità, per costruirlo sono serviti centinaia di milioni di euro. In definitiva, la tecnologia DAC + S richiede altissimi investimenti, ma, dicono i critici, è immatura e oltretutto non sarebbe sufficiente a centrare gli obiettivi climatici.
# La International Energy Agency ha stimato che le tecnologie DAC potrebbero catturare oltre 980 milioni di tonnellate di CO2 nel 2050
climeworks – Mammoth, vista d’insieme
“Mammoth è un’altra pietra miliare nel percorso di Climeworks per raggiungere una capacità di rimozione del carbonio su scala di milioni di tonnellate entro il 2030 e di miliardi di tonnellate entro il 2050, necessaria per combattere il riscaldamento globale”, ha detto l’azienda svizzera in un comunicato. La International Energy Agency (Iea) ha stimato che in uno scenario ‘Emissioni nette zero’ le tecnologie DAC possano catturare oltre 85 milioni di tonnellate di CO2 nel 2030 e circa 980 milioni di tonnellate di CO2 nel 2050. Tradotto, si tratterebbe del 5,6% del target a partire dal 2030 e del 65% del target di 1,5 miliardi di tonnellate a partire dal 2050.
Bisogna sottolineare che Climeworks non si limita all’Islanda: sta progettando diversi impianti da installare negli USA, che verranno realizzati sulle fondamenta dell’esperienza conquistata con i due impianti già esistenti in Islanda. L’azienda sviluppa attivamente progetti in Norvegia, Kenya e Canada ed esplora ulteriori potenziali siti di cattura e stoccaggio diretto dell’aria.
Un vero e proprio aspirapolvere, quindi, che accende il più grande impianto di cattura diretta dell’aria al mondo.
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Una delle 100 esperienze da vivere a Milano: il tour delle statue più curiose della città. Ecco le 10 più belle statue di Milano con le incredibili storie che celano scolpite nel marmo, bronzo, pietra. Le ricordiamo nell’anniversario della scomparsa di uno dei più grandi artisti della storia d’Italia. Che a Milano ha donato una celebre residenza per anziani e a cui Milano ha dedicato una celebre statua.
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Il tour delle statue più belle e curiose di Milano
#1 Vittorio Emanuele a Cavallo (Piazza del Duomo)
Ercole Rosa l’ha costruito con chiari fini politici tra il 1879 e il 1896 e forse non pensava che qualcuno, ripetutamente, un giorno, con un iPhone in mano, avrebbe dato appuntamento sotto “Napoleone”. Insomma, lui ci si era impegnato parecchio.
#2 Leonardo Da Vinci (Piazza della Scala)
Altro simbolo di Milano, altra icona non facilmente memorabile per i milanesi meno attenti. L’autore del Cenacolo volta le spalle a Palazzo Marino e con il busto alla Scala e il viso verso il basso è colto assorto, dallo scultore Pietro Magni.
La statua venne inaugurata il 4 settembre del 1872, in occasione della Seconda Esposizione Nazionale, con una cerimonia alla presenza del sovrano.
Perché Leonardo a Milano?
A ricordarlo ci sono i quattro bassorilievi in marmo di Carrara rappresentanti:
Leonardo pittore mentre dipinge il Cenacolo,
Leonardo scultore durante la realizzazione della statua equestre di Francesco Sforza,
Leonardo architetto e stratega nella realizzazione delle opere di fortificazione dei castelli del Duca Valentino in Romagna
Leonardo ingegnere nella costruzione dei canali lombardi navigabili.
Tutto intorno a lui, ecco i suoi discepoli: Cesare da Sesto (prospetto Nord), Marco d’Oggiono (prospetto Ovest), Giovanni Antonio Boltraffio (prospetto Sud), Andrea Salaino (prospetto Est).
#3 Garibaldi (Piazza Cairoli)
Perché una statua di Garibaldi quando la Piazza è intitolata a Cairoli?
Il monumento celebra i fratelli garibaldini e l’eroe dei due mondi insieme. Giuseppe nostro è colto nell’atto di entrare a Milano trionfante, mentre ai suoi piedi campeggiano “Rivoluzione” e “Libertà” in mezzo a corone d’alloro e palme.
Quando venne inaugurato, il 3 novembre 1895, intervenne anche il patriota Felice Cavallotti che qui tenne un eloquentissimo discorso di fronte ai presenti.
Una curiosità: a sancire proprio l’unione dei due mondi sono anche le provenienze degli autori. All’architetto lombardo Augusto Guidini si deve l’architettura, mentre è di mano del palermitano Ettore Ximenes la statua equestre in bronzo.
#4 Nelson Mandela (via San Giovanni sul Muro)
E’ di recente inaugurazione (ottobre 2015) e si trova di fronte all’Ambasciata del Sudafrica, poco lontano dal Teatro Dal Verme. A volerla e patrocinarla è stata Native Explorations, azienda sudafricana nel settore minerario “per celebrare la diplomazia dell’ubuntu come uno dei valori lasciati dall’ex presidente Nelson Mandela”. Insieme a questo, la comunità sudafricana intendeva “ringraziare i cittadini di Milano per aver sempre sostenuto il popolo sudafricano nella lotta per la libertà e la democrazia“.
#5 Monumento ai Caduti (Piazza Cinque Giornate)
5-giornate-1925 – vecchiamilano.files.wordpress
1881-94: quattordici anni di lavoro nel suo atelier in via Stella (Porta Vittoria), una vita eccezionalmente ritirata che non si addiceva al suo fare istrionico, una fatica così grande da ammalarsi e morire di tubercolosi tre mesi prima dell’inaugurazione dell’opera.
Aveva poco più di cinquant’anni Giuseppe Grandi e questa resta la sua più grande opera, a Milano. Nel luogo in cui nel 1848 si erigevano barricate e si lottava contro il dominatore austriaco, “gli artisti milanesi vollero rendergli omaggio facendo scoprire il 6 dicembre del ’94, almeno per mezza giornata, il monumento già finito, che sarebbe poi stato inaugurato ufficialmente, per commemorare le Cinque Giornate, solo il 15 marzo dell’anno dopo”.
Qualche curiosità: le donne ai piedi dell’obelisco raffigurano ciascuna una giornata di combattimento.
Inoltre, per essere quanto più fedele ai principi del Realismo, Grandi si procurò i modelli di cui aveva bisogno senza badare a spese: si fece mandare un’aquila da Budapest, andò ad Amburgo per comprarsi un Icone, che si portò dietro con relativo domatore, racconta Carlo Dossi: «Poiché gli occorreva che (il leone) apparisse belva feroce e non pelle impagliata da museo zoologico, lo eccitava in ogni maniera. Inenarrabili i suoi tiri, gli scherzi, che gli faceva attraverso le sbarre, gettandogli pezzi di scarpe e di carbone e gomitoli di filo in bocca. A forza di questo trattamento il leone era diventato addirittura feroce e … stitico ».
Ai piedi del gruppo scultoreo, un vano d’accesso porta alla sotterranea cripta dei Caduti.
#6 La Colonna del Verziere (Largo Augusto)
E’ una delle ultime “crocette” votive che punteggiavano Milano in epoca controriformistica e si trova nel “Verziere”, o “Verzée”, l’antico mercato ortofrutticolo che aveva sede attorno al luogo in cui sorge.
Venne iniziata nel 1580 come ex voto per la cessazione dell’epidemia di peste del 1577, ma solo nel 1673 fu completata con la collocazione della statua di Cristo Redentore che la sovrasta (la statua fu scolpita da Giuseppe e Gian Battista Vismara su disegno di Francesco Maria Richini).
Dell’autentico monumento manieristico-barocco resta un’elaborata colonna in granito di Baveno sovrastata da una statua di Cristo.
Sul suo basamento, in origine, le mensole servivano come altare per le messe all’aperto. Dopo il 1860 quella base venne trasformata in monumento per i meneghini caduti durante le Cinque giornate di Milano: i loro nomi sono incisi su tavole di bronzo, su tre delle quattro facce.
#7 Giuseppe Verdi (Piazza Buonarroti)
13 anni di lavoro per realizzarla. Due bandi di concorso indetti. Un autore morto prima del completamento della figura del maestro e una serie di spese straordinarie perché il monumento al genio di Busseto scomparso al Grand Hotel et de Milan il 27 gennaio 1901 fosse svelato entro il centenario dalla nascita. I tempi furono rispettati e il 10 ottobre 1913 tutti poterono rivedere Verdi con la barba e il completo scuro sorridere davanti alla Casa per Musicisti da lui voluta e dove riposano le sue spoglie.
#8 Il cavallo di Leonardo (Piazzale Lotto)
La più grande statua equestre del mondo, nascosta agli occhi dei milanesi e dei turisti in un anonimo cortile dell’Ippodromo. Avevamo raccontato la sua storia incredibile qui.
#9 Il dito di Cattelan a Piazza Affari
Il nome vero di questo blocco di marmo di Carrara alta 4 metri e 60 è L.O.V.E. ed è l’acronimo di «libertà, odio, vendetta, eternità». Maurizio Cattelan l’ha realizzata e la collocazione è avvenuta, provocatoriamente, di fronte a Palazzo Mezzanotte, sede della Borsa, il 24 settembre 2010. Si pensava che lì sarebbe rimasto per poche settimane, e invece… quella mano che fa un saluto fascista e ha le dita mozzate, come se erose dal tempo, eccetto il dito medio, è diventato uno dei nuovi simboli di Milano.
#10 La Madonnina
Eccola, ‘la’ statua di Milano. Forse non tutti sanno che è in rame dorato, realizzata da Giuseppe Perego, dorata all’orafo Giuseppe Bini e posata il 30 dicembre 1774
La Assunzione della Vergine, questo il tema, presenta un’alabarda che è in realtà un parafulmine “mascherato”. E’ alta 4,16 metri e con lei il Duomo raggiunge quota 108,5 metri.
Durante la seconda guerra mondiale la statua venne ricoperta da teli, per ridurne la visibilità impedendo che diventasse un riferimento topografico di navigazione per i bombardieri alleati.
Ne esiste una copia, posata nel 2010 sulla sommità del Palazzo Lombardia, sede della Regione Lombardia, a 161 metri d’altezza.
Per legge e per tradizione, nessun edificio può essere più alto della Madonnina. Così avvenne per Torre Branca, Torre Velasca, mentre a rompere ogni indugio è stata, di recente, Torre Allianz, progettata dal celebre architetto giapponese Arata Isozaki. Nonostante i suoi 207 metri di altezza, 249 metri con l’antenna, il sesto palazzo più alto della Comunità Europea ha voluto issare una copia della Madonnina. Così resterà sempre lei la più alta de Milàn.
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Un’associazione svizzera spinge per trasformare il sogno in realtà. Questi gli interventi necessari sulla rete ferroviaria per renderlo possibile.
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Da Milano a Lugano in treno in soli 30 minuti? Il progetto
# L’associazione SwissRailvolution spinge per velocizzare il collegamento tra le due città
osservatore.ch – La “Croce federale della mobilità” ipotizzata da SwissRailvolution per il futuro delle ferrovia svizzere
Milano e Lugano sono da sempre legate da interessi economici e culturali. Il treno è il mezzo che di più di altri consente di spostare turisti e transfrontalieri verso le città elvetiche, con Lugano quale grande centro più vicino e ormai considerata la “nuova Montecarlo” dagli italiani.
Uno degli obiettivi dell’associazioneSwissRailvolution, nata il primo dicembre 2021, è proprio quello di definire alcuni progetti ferroviari strategici nella sua proposta di “Croce federale della mobilità”: in cima alla lista c’è la velocizzazione della connessione Milano-Lugano.
# In 30 minuti da Milano a Lugano con la prosecuzione dell’AlpTransit verso sud
Credits: varesenews.it
Gli interventi necessari per collegare le due città in meno tempo, si stima circa 30 minuti di viaggio a regime, sono sostanzialmente due:
la prosecuzione dell’AlpTransit verso sud con la realizzazione della tratta veloce Lugano-Chiasso e il congiungimento alla rete italiana;
sul lato italiano dovrebbe essere realizzato il quadruplicamento delle linee della Brianza
In teoria già oggi grazie alle gallerie di base del Gottardo e del Ceneri i tempi si sarebbero dovuti ridurre di un’ora ma, complici i 30 minuti sulla Chiasso-Milano (con un peggioramento del 50%) e altri 15 sul percorso svizzero, il guadagno effettivo è di soli 15 minuti. In totale si va dagli 80 ai 100 minuti di viaggio. Una tratta che invece di migliorare è peggiorata nel corso dei decenni. Basti pensare che negli anni ’60, prima con il TransEuropaExpress e poi con il Cisalpino, la Milano-Lugano veniva percorsa in meno di un’ora.
Vediamo nel dettaglio cosa è l’Alptransit. Si tratta della nuova ferrovia transalpina che ha consentito alla Svizzera di accorciare le distanze tra il nord e il sud del Paese e dell’Europa. Sono tre le nuove gallerie di base che attraversano le Alpi apertre dal 2007 al 2020: la galleria del Lötschberg, quella del San Gottardo che con i suoi 57 chilometri è il tunnel ferroviario più lungo del mondo e la galleria di base del Ceneri entrata in servizio lo scorso anno.
I benefici più significativi in quanto a riduzione dei tempi di percorrenza si sono avuti con l’inaugurazione dalla Galleria del San Gottardo: nel tratta Milano-Zurigo si è passati da 5 a 3 ore di viaggio.
# Milano-Lugano in mezz’ora non prima del 2050?
L’associazione SwissRailvolution è convinta che l’intervento per velocizzare la Milano-Lugano sia fondamentale per il futuro della rete ferroviaria nazionale ma, al contempo, crede che fino al 2050 non si riuscirà a concretizzare. Il governo svizzero non prevede infatti per ora una prosecuzione a sud dell’AlpTransit, mentre quello italiano ha congelato il quadruplicamento della Como-Monza.
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Un sondaggio inesorabile. Abbiamo chiesto ai milanesi: Se Roma non fosse più la capitale, quale vorresti al suo posto? Queste le sette menzioni più votate. Foto cover: Ph. @romatoday IG
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La capitale che i milanesi vorrebbero al posto di Roma
#7 Bari
Sarà per il lungomare più esteso d’Europa o per la vasta colonia pugliese presente a Milano? Forse entrambe o nessuna delle due. Ma la realtà è che il capoluogo pugliese si affaccia al settimo posto tra le capitali preferite dei milanesi, anche perché è un errore storico che Brindisi sia stata capitale ma non Bari. Certo che immaginare i nostri politici che si sollazzano in Puglia… già non fanno che magna’, a quel punto rischiano di esplodere.
#6 Napoli
Credits leggofuorigrotta IG – Banchina fermata Duomo Napoli
Discorso simile a quello di Bari. Ma con qualche elemento in più. Innanzitutto la metropolitana. Più bella di quella di Roma e di Milano. Ha anche una fermata Duomo, per farci sentire a casa. E poi Napoli potrebbe proporre un nuovo modello di Stato, più anarchico, spensierato, meno invadente. Anche se l’arrivo di politici da Roma potrebbe dare troppa forza alla criminalità organizzata.
#5 Vienna
Anche in questo caso non capiamo se i milanesi fanno sul serio oppure ci prendano per i fondelli. Non è un mistero che i nostalgici della Milano asburgica non siano solo quelli dell’aperitivo al Radetzky. Però forse sarebbe troppo. Anche se nell’epoca dell’Unione Europea si potrebbe immaginare di delegare il ruolo di capitale a un altro paese. Potrebbe essere interessante rimanere senza una capitale sul territorio. Almeno i politici sarebbe costretti a imparare il tedesco.
#4 Torino
Credits andrea_canali_ IG – Gianduiotto Torino
Qui sappiamo che molti milanesi piuttosto preferirebbero lanciarsi nel Naviglio e fare la fine dei nuotatori della Senna. Eppure ci sono alcuni che vorrebbero che Torino tornasse capitale. Un po’ per motivi storici, un po’ per ridare un senso a una città che a furia di ridimensionarsi e deindustrializzarsi sta rischiando di diventare una nuova Novara.
#3 Firenze
Quattro dissidenti nella storia di Firenze
In questo caso lasciamo la parola a Federico B. che così ha argomentato questa ipotesi: “Non perché la ami particolarmente, ma perché è un fatto storico, artistico e geografico (è anch’essa in centro Italia) ed è più adatta a far sentire uniti tutti gli italiani. Inoltre non è molto grande è questo è un vantaggio: se, ad esempio, Milano dovesse anche ospitare tutti gli organi dello stato nazionale, diventerebbe caotica in modo indescrivibile e avrebbe un impatto catastrofico sulla Pianura Padana”. Aggiunge Lorenzo V. :”E’ anche la culla del Rinascimento e della nostra stessa lingua”
#2 Una città piccola
Credit marcobenedettiph IG – Mantova
Al secondo posto risultano tutti quelli che hanno proposto o votato l’ipotesi di una città piccola. Ossia di città menzionate proprio per il loro essere di piccole dimensioni. In questo modo potrebbero specializzarsi unicamente nel ruolo di capitale politica senza creare altri casini o sovrapposizioni come accade a Roma. “La città piccola è meglio gestibile. Lo dico da milanese” sintetizza efficacemente Gaud B. Tra le ipotesi più gettonate al primo posto risulta Parma, anche per la sua regalità oltre che per la posizione e una storia gloriosa. Segue Mantova che qualcuno aveva immaginato come capitale della Padania. Infine vengono segnalate anche città che oltre a essere piccole, risultano particolarmente prive di tentazioni, così da favorire un impegno maggiore nei politici. Come Orvieto, Novara o Cuneo.
#1 Milano
Ph. @comune_milano IG
Qui bisogna aprire un inciso. A parte i molti milanesi che si dicono contrari a questa ipotesi, soprattutto per il rischio di un eccessivo sovraccarico per la città, alla fine l’opzione Milano raggiunge il primo posto per sostituire Roma. Ma le ragioni sono di due tipi, soprattutto. Quelli che dicono che così l’Italia avrebbe un vero motore, anche politico, non solo economico, come ricorda Simon U. “Milano è il motore dell’Italia”, e poi ci sono quelli che sottolineano come Milano dovrebbe essere capitale sì, ma di un’altra cosa, come sostiene Mario Z: “Milano capitale, ma di una nazione compresa a est del Ticino e a nord del Po”. O chi, infine, ricorda che Milano capitale lo è già: “Per noi lombardi la nostra capitale è Milano… Roma è un altro mondo” (Vanda V.)
Beppe Sala ha dichiarato che M6 sarà l’ultima metro di Milano. Potrebbe avere senso: la metro successiva potrebbe non essere una metropolitana all’interno di Milano, ma diventare la prima metropolitana ad uso esclusivo della vasta area a Nord della città. Questo potrebbe essere il percorso.
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La metro NORD: la prima metropolitana di Milano tutta Extra-urbana? Queste le 14 fermate
# M1, M5 e M2 in Brianza: il punto di partenza per una metropolitana extraurbana
Credits ilcittadinomb.it – Ultime fermate M5 a Monza
Oggi la metropolitana è rinchiusa solo all’interno del comune di Milano, ma nei prossimi anni questa si estenderà velocemente all’interno della Brianza. Ci sono principalmente due progetti: il primo è l’estensione di M1 e M5 verso il comune di Monza, nonostante il progetto sia migliorabile, i lavori sono pronti a partire.
L’altro importante cantiere sarà quello di M2, che dovrebbe estendersi lungo il ramo di Cologno Monzese, verso Vimercate, servendo diversi comuni della provincia di Monza.
Sembra tutto perfetto per procedere a un passo storico per il territorio della “Grande Milano”: una linea metropolitana che possa collegare le località principali della provincia di Monza e Brianza.
# Quel “buco” da nord-est a nord-ovest
Prolungamento M1 Monza-Bettola
Il trasporto pubblico brianzolo ha un grande problema: non esiste una vera e proprio linea di trasporto pubblico ferroviario che la attraversi da nord-ovest a nord-est. Questo è possibile solo tra Saronno e Carnate grazie al collegamento S9 e il regionale tra Seregno e Carnate, che ha frequenza oraria. Quindi urge pensare di creare un vero e proprio servizio che possa collegare tutta la Brianza.
# Il possibile percorso della Metro Nord: 14 stazioni su 22 chilometri
In azzurro il percorso
La “Metro Nord” che potrebbe denominarsi M7 o M0, potrebbe avere un tragitto da Est a Ovest lungo 22km circa con queste 14 stazioni:
CAPOLINEA EST: Concorezzo (hub con M2), in fase di progettazione
Stadio Brianteo
Monza est S7-S8, in costruzione
Monza Villa Reale (hub con M5), in progettazione
Monza Boito
Monza ovest S9-S11, in progettazione
Muggiò est
Muggiò ovest
Nova Milanese est
Nova Milanese ovest, interscambio metrotranvia Milano-Seregno
Varedo Est, dove si potrà creare un interscambio con la Milano-Meda
Il percorso di questa ipotetica “Metro Nord” porterebbe moltissimi vantaggi per la Brianza, per la città di Monza e anche per la città di Milano: infatti questa infrastruttura permetterà la diminuzione del traffico su tutte le principali arterie di Milano e grazie alle interconnessioni con gli altri mezzi pubblici renderà il trasporto pubblico più sostenibile per i pendolari.
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Milano guarda tutti dall’alto in basso in Italia per estensione della sua rete metropolitana, con ulteriori progetti in cantiere e allo studio. Le altre città non rimangono ferme e stanno lavorando per aggiungere chilometri di binari alle loro linee. Vediamo come cambierebbero i numeri se tutti i progetti in corso e in valutazione diventassero realtà.
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Le 7 reti metropolitane d’Italia: come sarebbero se tutti i progetti venissero realizzati
# La classifica 2025 delle città italiane per lunghezza della rete metropolitana
Mappa Atm metro e linee S
In Italia sono 7 le città dove è presente un servizio di trasporto pubblico con linee metropolitane. Partendo dal fondo della classifica per estensione delle reti troviamo tutte con una sola linea Genova con 7,1 km, Catania con 10,5 km, Brescia con 13,7 km e Torino con 15,1 km. Il gradino più basso del podio vede Napoli con 34,5 km (3 linee e 30 stazioni), al secondo posto vede Roma con 60 km (3 linee e 73 stazioni) e incontrastata al primo posto Milano con 111,8 km (5 linee e 134 fermate). Tra la prima e l’ultima la distanza è di oltre 100 km.
Se tutti i progetti in corso e allo studio venissero completati, come cambierebbero i numeri? E la classifica?
#7 Brescia scenderebbe all’ultimo posto rimanendo con 13,7 km di linea
Metro Brescia
La metro di Brescia dovrebbe rimanere così ancora per diversi anni: 13,7 km e 17 fermate, per ora non ci sono ipotesi concrete di estensione. Scenderebbe dal quinto all’ultimo posto.
#6 Genova raggiungerebbe i 18 km, lasciando il fondo della classifica
Prolungamento metropolitana di Genova
La rete più corta d’Italia guadagna 10,8 km e 12 fermate nell’unica linea presente, arrivando a un totale di circa 18 km, e anche una posizione. Le estensione allo studio e in progetto sono verso est, ovest e nord ovest. Lo skymetronon è da considerarsi come metropolitana, ma più come metrotranvia/peopelmover.
#5 Catania salirebbe in quinta posizione con 33 km di rete
Sviluppo metro Catania
Salirà di una posizione anche Catania. Dall’estensione attuale di 10,5 km e 12 stazioni potrebbe crescere rispettivamente a 33,2 km e 31. Diversi tracciati sono in fase di studio. Tra i collegamenti previsti, programmato per il 2026, anche l’aeroporto.
#4 Torino aggiungerebbe una linea e tallonerebbe il capoluogo campano con 59 km
Mappa Metro Torino con estensioni
Torino si prepara a cresce aggiungendo chilometri alla linea attuale e realizzando la linea 2. In totale passerebbe dai 15,1 km attuali ai 59 km complessi, così suddivisi:
18,5 km e 27 fermate sulla linea 1;
27 km e 32 sulla linea 2.
# Napoli sfonderebbe il muro dei 60 km, a quota 63,3
Futura metro Napoli
Con il completamento di tutti i progetti, la rete metropolitana di Napoli raggiungerebbe una lunghezza totale di 63,3 km, con 61 stazioni, quasi il doppio rispetto ai circa 34 km di oggi. Questi i nuovi tratti previsti:
6,2 km e 7 stazioni sulla linea 1;
4,5 km e 2 stazioni sulla linea 6;
5,5 km e e 6 stazioni sulla linea 11;
12,3 km e 13 della futura linea 10.
# Roma manterrebbe la medaglia d’argento con quasi 120 km
Mappa trasporti Roma
Il secondo posto sarà ancora di Roma, nonostante Napoli le sia con il fiato sul collo. All’estensione di rete attuale di 60 km potrebbero aggiungersene altri 58 km, quasi un raddoppio, con totale a 118,1 km:
2 km e fermate fino a Torrevecchia sulla linea A;
2,8 km e 2 stazioni fino a Torraccia/Casal Monastero sulla linea B, 3,8 km e 3 nuove stazioni fino a Bufalotta sulla B1;
19,6 km e 16 stazioni sulla linea C fino a Farnesina;
#1 Milano sempre prima con oltre 140 km di rete, vicino ai 170 km contando la M6 e la M4 fuori città a ovest
Urbanfile – Estensioni Metro
Regina assoluta si conferma Milano con circa 142 km. Ai 111,8 km attuali se ne potrebbero aggiungere altri 30,2, così distribuiti:
3,3 km e 3 fermate della linea M1 verso Quartiere Olmi ad ovest;
1,9 km e 2 fermate della linea M1 verso Cinisello Bettola a nord;
13 km e 11 fermate della linea M5 verso Monza Polo Istituzionale a nord;
4,4 km e 2 fermate della M3 fino a Peschiera Borromeo;
3,1 km e 2 fermate della M4 a Segrate Porta Est;
4,5 km e 4 fermate della M5 fino a Settimo Milanese a ovest.
Aggiungendo anche la futura M6, di cui però al momento non si conosce né tracciato né estensione ufficiali, e il prolungamento della M4 a ovestsi sfiorerebbero i 170 km.
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Mentre nel nostro paese si pensa di rendere più efficaci le telecomunicazioni di ogni genere, tramite l’espansione della linea di fibra ottica, mediante le installazioni di reti 5G e mediante l’utilizzo di reti satellitari, ancora oggi spesso ci ritroviamo senza campo nella vita quotidiana. Quando si prende un treno accade che talvolta non sia possibile utilizzare la connessione alla rete mobile, in galleria, o in qualche area più remota del tracciato ferroviario, che invece sarebbe utile rendere più piacevole il loro viaggio in treno o per lavorare mentre ci si sposta, rendendo più vantaggioso l’utilizzo del treno.
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Questi treni milanesi e lombardi non ci sentono: dove si viaggia senza connessione
# Metro e passante: a Milano va quasi sempre bene, tranne a Garibaldi
Foto redazione – Interno M4
Milano, quasi sempre, è un esempio virtuoso in tal senso: tutte le linee metropolitane garantiscono connettività telefonica e la M4 è la prima linea a garantire la copertura 5G. Oltre a questo anche il passante ferroviario garantisce la copertura 4G, permettendo quindi a chi lo utilizza di connettersi alla rete internet.
Passante
I chilometri in galleria non sono poi molti, ma comunque in alcuni di essi non è garantita la connessione telefonica, ad esempio nella galleria della stazione di Porta Garibaldi non è possibile connettersi alla rete, e capita spesso che in quel tratto il treno si fermi per qualche imprevisto.
# Fuori un po’ meno: impossibile usare il telefono nelle gallerie verso Chiasso
Di Arbalete – Opera propria. Background map form Openstreetmap (http://www.openstreetmap.org/)., CC BY-SA 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=33964277 – Linea Milano-Chiasso
Una cosa simile a Garibaldi accade a Monza, dove i binari della linea Monza-Chiasso non hanno copertura nei tratti in galleria e dove spesso i convogli si trovano fermi e causano disagi ai passeggeri. Ci sono diversi tratti della rete che poi non hanno copertura perché passano in mezzo alle campagne o in mezzo ai boschi, potendo quindi creare qualche problema.
Quindi, con le tecnologie attuali, perché non provare a garantire una copertura su tutte le linee ferroviarie, visto che in contesti analoghi, come le autostrade, questa è garantita anche nei punti più remoti?
# I nuovi treni hanno il Wi-Fi, ma la rete non funziona
Credits: iltrenoesempreiltreno.it – Doninzetti
Se vi è capitato di salire su un treno di nuova generazione, come i Donizzetti e i Caravaggio per intenderci, probabilmente vi è apparsa la rete Wi-Fi “Portaleregionale FNM”: peccato che ad ogni tentativo di connessione qualcosa è andato storto.
La rete è libera, ma non permette di accedere ad internet o ad alcuni servizi, risultando di fatto inutile. Solo i treni di nuova generazione hanno questa possibilità che quindi si pensa sia stata voluta sia da Trenord che da Trenitalia (in quanto utilizzano gli stessi treni ma con colorazione differenti) eppure dal 2020 questa rete non ha mai funzionato quindi ci dobbiamo chiedere se ci sia o meno l’intenzione di far funzionare questo servizio.
Non è neanche chiaro con chi dobbiamo prendercela per questo disservizio. Se i treni sono mossi e gestiti da Trenord dovremmo prendercela con loro, ma se la rete porta il nome “FNM” forse dovremmo prendercela con Ferrovie Nord. Insomma, come al solito, si entra in questa serie di scatole cinesi che non fanno capire di chi sia la responsabilità di un malfunzionamento.
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La Stazione Centrale di Milano è ben collegata con il trasporto pubblico grazie a due linee metropolitane, tram e bus. Se però si vuole accompagnare qualcuno a prendere il treno o dargli un passaggio fino a casa, una volta sceso in banchina e uscito all’esterno, diventa una missione quasi impossibile. Vediamo perchè.
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Niente “baci e abbracci” in Centrale: l’assurda scomparsa del “Kiss & Ride”
# Impossibile fermarsi per far scendere o salire passeggeri dall’auto
Maps – Fronte Stazione Centrale
Nel corso degli anni tutta l’area attorno alla Stazione Centrale è stata oggetto di riqualificazioni e cambiamenti che ne hanno radicalmente trasformato la mobilità. Un tempo le auto potevano addirittura transitare nella Galleria delle Carrozze, oggi diventata pedonale con negozi dentro a delle bussole e tapis roulants diretti al piano inferiore e alle metropolitane.
Nell’area antistante all’accesso principale su piazza Duca d’Aosta era presente un’area dedicata al “Kiss & Ride” per consentire, come avviene in tutte le stazioni e aeroporti del mondo, brevi soste utili a far scendere dall’auto i passeggeri diretti ai treni, scaricare i bagagli e poi riprendere la marcia. Al suo posto sono stati creati degli orrendi parcheggi, come sottolinea il blog Urbanfile, che peggiorano l’estetica stessa della stazione. Risultato: è impossibile fermarsi per far scendere o salire passeggeri dall’auto.
# Piazza Luigi Savoia è per i taxi, pochi posti e spazio per le auto private in strada
Maps – Piazza Luigi Savoia
Piazza Luigi Savoia è sostanzialmente adibita a parcheggio e attesa taxi, eccetto alcuni posti in direzione di via Ferrante Aporti, e lo spazio in strada per le auto è risicato. Essendo gli ingressi alla stazione nella parte iniziale dell’edificio, anche da questo lato, le possibilità di sostare per poco tempo per far scendere o salire qualcuno si riducono al lumicino.
Pedonalizzazione Luigi Savoia
La riqualificazione prevista nell’ambito della costruzione del nuovo grattacielo M.I.C. sul lato est della piazza, al posto del vecchio hotel Michelangelo, toglierà ulteriore spazio ai veicoli privati. Gli automobilisti già oggi non trovando alternative si fermano nella piccola rotonda presente nella piazza, generando un caos quasi quotidiano.
# Piazza IV Novembre off limits eccetto autorizzati, con rischio multa
Maps – Piazza IV Novembre
Non va meglio in piazza IV Novembre, dove sono presenti gli altri accessi alla stazione. L’accesso è consentito solo ai taxi, ai tram e bus di atm, oltre ai pulmann diretti agli aeroporti. Non solo però i privati non possono accedere con la propria auto, ma nel caso dovessero farlo per errore verrebbe sanzionati dalle telecamere, anche nella limitrofa via Filzi e da da piazza Duca D’Aosta direzione via Sammartini.
In tutte le grandi stazioni ferroviarie si stanno implementando aree per il “Kiss & Ride”, c’è persino al capolinea della M4 a Linate, e in quelle nuove sono accessibili con comodità, e per di più al coperto come quella dell’Alta Velocità a Bologna. Milano ce l’aveva ma ha deciso di eliminarla: non è forse ora di porvi rimedio?
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I primi a occupare l’università sono stati i pisani. Ma Milano è stata la prima nelle scuole. Procediamo con ordine.
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Il ’68 nelle scuole milanesi: Il 26 gennaio i ragazzi del Berchet fecero la prima occupazione d’Italia
Il 1968 in Italia in realtà ha avuto inizio nel 1967. L’8 febbraio a Pisa gli studenti occupano l’Università per chiedere il rinnovamento del sistema universitario nazionale. Vengono seguiti a ruota da studenti di altre università italiane. A Milano la rivolta parte in Cattolica dove il 16 novembre 1967: Mario Capanna in una concitata assemblea proclama l’occupazione della Cattolica. In realtà dura solo poche ore per l’intervento della polizia che, chiamata dal rettore, nella notte libera l’ateneo.
Ma è solo l’inizio. Anche perchè l’occupazione è solo la punta dell’iceberg di una generazione che sta stravolgendo lo status quo. Lo si vede negli abiti che indossano, nella musica che ascoltano, negli atteggiamenti distanti anni luce da quelli dei loro genitori.
berchet
Il 1968 resta nella memoria soprattutto per ciò che è avvenuto nelle università. Eppure anche le scuole non sono restate a guardare. Anzi. Il 26 gennaio del 1968 i ragazzi del Berchet per primi in Italia occupano la loro scuola. Anche in questo caso dura poco: la sera dichiarando che “ritenendo esauriti i lavori dell’occupazione” viene sciolta l’assemblea e i ragazzi lasciano la scuola, come riporta il giornale degli studenti. Se al Berchet fanno qualcosa, il Parini non può certo restare immobile: così il 5 marzo gli studenti dell’altro celebre liceo classico della città danno vita alla “occupazione bianca“, in cui chi vuole può continuare a frequentare le lezioni, gli altri si ritrovano in aula magna, messa a disposizione dal preside Mattalia che per questo atto sarà temporaneamente sollevato dal suo incarico.
Le principali richieste degli occupanti furono:
la riduzione dell’orario dedicato allo svolgimento dei programmi ministeriali
la sostituzione dello studio individuale con lo studio di gruppo, più orientato alla ricerca
l’introduzione della libera adesione ai programmi di ricerca
la sostituzione dei compiti a casa con “controcorsi” imperniati su temi di attualità
la sostituzione del voto trimestrale con un giudizio complessivo.
Dopo il Parini fu la volta del Carducci, del Manzoni e dell’Einstein, mentre iniziarono i cortei al grido di “Scuola sì, governo no!”. Ormai il sessantotto era diventato un processo irreversibile che avrebbe travolto l’intera società italiana.
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Il sondaggio dell’insofferenza. I milanesi sono tolleranti in tutto tranne una cosa. Quello che sentono. Ci sono parole ripetute a Milano che i milanesi vorrebbero abolire dal vocabolario. Per capire quali sono vediamo i risultati di un sondaggio condotto tra i milanesi.
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Le parole più fastidiose che si sentono ripetere più spesso a Milano (secondo i milanesi)
#10 BellaZio
“Anche senza il bella: zio, zia” (Patrizia M.).
#9 Com’é?
“Ma com’è cooooosaaaa?” (Sandra D.)
#8 L’uso transitivo di “aver bisogno” o di “uscire”
Tipo “ho bisogno l’acqua”, “ho bisogno il pane”, “esci il cane”
#7 L’articolo determinativo davanti al nome proprio maschile
“O anche femminile, tipico di queste zone” (Massimiliano B.). Anche se “L’articolo ci sta, serve a specificare che la ragazza di cui stiamo parlando la conosciamo entrambi, ‘la Silvia’ sennò sembra una a caso” (Silvia M.)
#6 Ciao Bro’
“Si usa anche in Sudamerica” (Stefania C.)
Credits: pinterest.it Maranza
#5 Tanta roba
“Tra l’altro, a Roma è diventato ‘tanta robba’. Peggio mi sento” (Marco M.)
#4 Adooooro!
“Con il tono alla Malgioglio o Signorini” (Carla Z.)
#3 Ma anche no
“Gradevole come una zecca” (Franco F.)
#2 Assolutamente sì (o assolutamente no)
“Mi irritano da morire” (Maria G.)
#1 Apericena
“Non so se è un po’ provinciale. Ma non si può sentire” (Lucia V.)
Abbiamo condotto un sondaggio tra i milanesi per identificato i 7 quartieri più maranza di Milano, ecco quello che è emerso… c’è anche una vera sorpresa…
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Questi sono i 7 quartieri più «maranza di Milano»: uno è insospettabile…
Il termine “maranza” è un’evoluzione del notissimo “zanza”, che nella tradizione milanese significa truffatore o imbroglione, a cui è sommato, come prefisso, “mar” che, almeno in teoria, sta a indicare l’origine magrebina del ragazzo in questione.
Si tratta di giovani, spesso adolescenti, che esprimono la loro ribellione sociale attraverso comportamenti aggressivi e atti di vandalismo. Riconoscerli è un gioco da ragazzi: tute di marca (spesso contraffatte), borselli, passamontagna e l’immancabile atteggiamento da branco. Soprattutto la sera e nelle zone della movida, è meglio evitarli. Queste sono le zone ritenute più maranza di Milano. Secondo i milanesi.
Da sempre, Quarto Oggiaro è associato alla criminalità giovanile e alle tensioni sociali. Il quartiere periferico è spesso citato come simbolo della “cultura maranza” per la presenza di baby gang e, di conseguenza, per le numerose segnalazioni di atti vandalici.
La mancanza di opportunità, unita al degrado edilizio, ha fatto sì che la zona diventasse terreno fertile per fenomeni di ribellione sociale. La condizione di abbandono e il disinteresse generale hanno amplificato il malessere, e l’impatto si è subito fatto sentire sulle spalle dei residenti.
Il Giambellino, storicamente uno dei quartiere popolari di Milano, è, anche lui, frequentemente legato a episodi di criminalità giovanile. Nonostante i tentativi di riqualificazione, il quartiere rimane un luogo dove la figura del maranza trova terreno fertile, soprattutto nelle piazze e nei luoghi di ritrovo informale.
Qui, i giovani si confrontano con difficoltà economiche e sociali, che spesso sfociano in atti di vandalismo o bullismo. Le risorse limitate per le attività sociali contribuiscono a mantenere viva una cultura di resistenza e ribellione fine a se stessa.
Baggio è un quartiere contraddittorio, caratterizzato da un mix di case popolari e spazi verdi. La percezione comune è che sia un “quartiere difficile”, dove si alternano episodi di vandalismo e criminalità a un forte senso di comunità.
I maranza qui si distinguono per il loro stile di vita di strada, con una forte presenza nei parchi pubblici. Nonostante il contrasto tra le diverse realtà sociali, Baggio resta un punto di riferimento per i giovani in cerca di identità e appartenenza.
La Barona è nota per le sue aree residenziali popolari e i problemi di degrado urbano. Negli ultimi anni, grazie al successo di alcuni rapper nati e cresciuti qui, il quartiere è diventato un punto di riferimento per i giovani che cercano di affermarsi attraverso l’appartenenza e il confronto tra “gang”.
La vicinanza al Naviglio Pavese ha reso la zona anche teatro di scontri, soprattutto durante la movida. La tensione tra generazioni e la povertà economica alimentato un contesto sociale problematico, dove alcuni ragazzi scelgono di rifugiarsi nell’aggressività come forma di affermazione.
Stadera, rispetto alle altre zone segnalateci dai milanesi, è sicuramente il quartiere meno noto, ma ha guadagnato attenzione per la sua reputazione tra i giovani. L’architettura, che mescola case popolari e complessi moderni, contribuisce a un’immagine di zona degradata, quasi ex-sovietica e esteuropea.
Anche qui, il disagio sociale sfocia spesso in comportamenti antisociali, alimentati dalla mancanza di opportunità e di spazi dedicati alla socializzazione più tradizionale.
Corvetto è il quartiere che compare più spesso di tutti nelle cronache milanesi a causa degli episodi di microcriminalità e vandalismo. Ne sono un esempio recente le proteste violente per la morte di Ramy Elgaml.
I maranza sono visibili nelle piazze principali e nelle vicinanze delle stazioni della metropolitana, dove spesso si verificano atti di bullismo e violenza. Questa zona in particolare è spesso il teatro degli scontri tra gruppi rivali e la sensazione di insicurezza tra gli abitanti è da sempre molto alta.
Chiude la classifica una vera sorpresa. Inaspettatamente, anche un quartiere moderno e benestante come CityLife (ma c’è anche chi nomina Corso Como), appare nella lista. Questo quartiere, caratterizzato da eleganza, innovazione e strutture moderne, è diventato un punto di ritrovo per i giovani, attratti dai suoi spazi aperti, dai locali e dai suoi negozi.
La frequentazione massiccia da parte dei giovani, come nel caso dei Navigli, ha determinato l’arrivo anche dei gruppi di maranza in cerca di giornate brave. Il contrasto tra l’eleganza della zona e la cultura di strada dei giovani maranza crea frizioni che non passano inosservate.
# Perché proprio questi quartieri?
La presenza dei maranza è strettamente legata a due fattori principali: la marginalità sociale e la visibilità.
Nei quartieri periferici come Quarto Oggiaro e Giambellino, il disagio economico e la mancanza di opportunità creano un terreno fertile per la devianza giovanile. Allo stesso tempo, aree come CityLife e il centro cittadino sono veri e propri palcoscenici che danno occasione a questi ragazzi di “farsi notare” causando scontri e disordini.
La presentazione delle ipotesi di tracciato per la futura linea M6 era attesa per lo scorso autunno, ma il tempo è trascorso senza novità rilevanti. Tra le indiscrezioni più recenti il fatto che la linea potrebbe incrociare tutte le linee esistenti e “chiudere” la Circle Line. Vediamo quindi il “borsino” delle ipotesi più quotate.
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M6, il sogno rosa di Milano: le ultime indiscrezioni sul tracciato più probabile
Designer AI – M6
# Si aspetta la presentazione dei risultati dei 6 studi di fattibilità di Politecnico e MM
Designer AI – M6
Ancora non si sa quale tracciato potrebbe avere la linea M6, anche se si sarebbe dovuto sapere già nell’autunno scorso. In un’intervista nell’estate del 2024 da parte di Stefano Ferri per il periodico “Il Sud Milano”, l’Assessore all’Urbanistica e Mobilità del Municipio 5, Mattia Cugini, aveva infatti dichiarato: «La presentazione ai cittadini dei sei studi di fattibilità sui tracciati della M6 preparati da MM e Politecnico avverrà a ottobre, con l’obiettivo di far conoscere gli esiti delle valutazioni, dell’analisi di costi benefici e anche dei relativi flussi che sono stati effettuati per ciascuna delle ipotesi e capire perchè viene scelto un tracciato piuttosto che un altro».
# La M6 potrebbe completare la Circle Line e incrociare tutte le altre linee
A fornire qualche indiscrezione sul possibile percorso della nuova linea era stata l’Assessore alla Mobilità del Comune di Milano, Arianna Censi, intervistata da Mia News a margine del convegno ‘Italia Direzione Nord’, qualche mese più tardi: si configurerà come la chiusura dell’anello della Circle Line.La linea ferroviaria in costruzione, in realtà è prevista la costruzione di nuove stazioni. e un servizio svolto dal passaggio della linea S9 e della futura S16, è monca nel tratto ovest. La futura metropolitana andrebbe a colmare quella lacuna. A questo si aggiunge il fatto, ribadito in altre occasioni da Palazzo Marino, che la linea incrocerà tutte le altre cinque della rete e che sarà l’ultima in città.
# Il borsino dei tracciati: nord-sud, est-ovest o “chiusura” anello circle line
In base a questi punti fermi e alle ultime indiscrezioni, questi sono i tracciati possibili in ordine di probabilità.
L’idea di un tracciato che vada dalla futura stazione suburbana e della Circle Line di Merlata MIND a Ponte Lambro prende sempre più quota. Il blog Urbanfile ha provato ad immaginarne il percorso con 26 fermate e interscambi a: Lodi TIBB M3, Piazza Abbiategrasso M2, Frattini M4, Bande Nere M1, Segesta M5, QT8 M1.
Possibilità: 35%
# Dalla Barona a Ponte Lambro: 25%
Credits metromilano – Nuova M6
Rimane ancora in auge l’idea di un tratto più breve sulla stessa direttrice sopra citata: dalla Barona a Ponte Lambro, che è il percorso che il Comune di Milano aveva inviato al Ministero dei Trasporti per raccogliere risorse, poi stanziate, da destinare al progetto di fattibilità. Una linea di circa 10 fermate, con incroci a piazza Abbiategrasso M2, Lodi T.I.B.B. M3, Zama futura stazione della Circle Line e uno stop all’Arena di Santa Giulia. L’Assessore del Municipio 5 Mattia Cugini, nell’intervista periodico “Il Sud Milano”, aveva infatti anche detto che tra le ipotesi erano confermati “tracciati trasversali, da sud est a sud ovest, in cui i discrimini sono il punto di altezza in cui si posiziona il tracciato, dove inizia, dove arriva e dove intercetta tra le altre linee di interscambio”.
Possibilità: 25%
# Lungo via Ripamonti con capolinea sud a Opera: 10%
M6 verso sud
Pare raffreddarsi l’ipotesi di scendere con il tracciato lungo via Ripamonti, con capolinea da Opera dove realizzare un hub d’interscambio con la futura stazione AV della linea Milano-Genova. Caldeggiato dal Governo a più riprese, ma ora più lontano visti anche i ritardi nel cantiere del Terzo Valico e degli interventi di raddoppio e prolungamento non ancora messi in cantiere da Tortona a Mortara. Inoltre, sono in partenza i lavori per estendere il tram 24 su una parte del ipotetico percorso. Accantonata anche una delle prime ipotesi fatte diverse anni fa, quella di sbinare il ramo di Bisceglie della M1 per poi scendere sempre lungo Ripamonti.
# L’alternativa della M2 da Piazza Abbiategrasso per servire il Vigentino, linea M6 solo nel tratto ovest: 5%
Maps – Linea verde da piazza Abbiategrasso a Ripamonti
La linea M6 è stata pensata inizialmente per servire il Vigentino e per questo è in valutaziione anche il prolungamento della linea M2 da Piazza Abbiategrasso in direzione est. Una soluzione più costosa in quanto sarebbe da realizzare come metropolitana pesante. A quel punto la nuova linea coprirebbe solo il lato ovest, per colmare la Circle Line monca, ma non incrocerebbe tutte le altre linee.
Possibilità: 5%
# Il sogno impossibile: la Metro Sur “alla milanese” (1%)
M6 Circle Line
Se si vuole servire il Municipio 5 e collegare i primi paesi dell’hinterland, compresa Opera in vista della possibile stazione dell’Alta Velocità, perchè non prendere spunto da Madrid con la MetroSur? Stiamo parlando di una linea circolare, che collega cinque città suburbane a sud-ovest della capitale spagnola con al centro territori disabitati e interscambia con una sola stazione della rete. Situazione simile al contesto del sud milanese. Si potrebbe immaginare una linea circolare partendo da piazza Abbiategrasso M2 con 14 fermate tra cui PalaItalia a Santa Giulia, Ponte Lambro, San Giuliano Milanese, Opera, Rozzano all’Ospedale Humanitas e interscambio con la M3 a Lodi T.I.B.B.
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In una città dove sempre più sale chiudono per l’assalto di Netflix e dei centri commerciali c’è chi resiste: l’Anteo. L’occasione giusta per godersi un film nella sala Nobel unendo cinema e buona cucina. Per un 2025 con effetti speciali.
#26 Correre una Stramilano… partendo dal fondo (dribblando tutti quelli che la fanno camminando)
L’Half Marathon dell’anno scorso
Una vera istituzione a Milano. Se ancora non l’hai fatto, rimetti ai piedi le scarpe da corsa e inizia ad allenarti che a primavera arrivano le grandi classiche. Tonifica corpo e spirito partire in fondo e superare più concorrenti possibile. Un’emozione da provare. Per un 2025 in recupero.
O almeno provarci entrando nel suo celebre club. Per un 2025 stiloso.
#24 Amoreggiare all’aperto in una sera d’estate
Ph. @la.blu IG
Certe sere di tarda primavera o d’estate Milano è da baciare. Basta passeggiare con la giusta compagnia e si rischia di essere travolti da un’insostenibile passione. Per un 2025 appassionato.
#23 Riuscire a trovare un posto nel bar più piccolo del mondo (Backdoor43)
Se vuoi farlo prima che finisca il 2025 affrettati a prenotare. Per un 2025 intimo.
L’Italia gode di fama mondiale per quanto riguarda il cibo. Eppure Milano risulta un po’ sottovalutata. Purtroppo stanno chiudendo molti locali storici, ma tanti altri resistono. Da provare. Per un 2025 tipico.
#21 Assaporare una cucina straniera mai provata
Si dice che il tipico cibo di Milano sia il sushi. La verità è che poche città al mondo offrono così tante cucine internazionali di standard così elevato. Cingalese, Nepalese, Belga, l’importante è provarne una nuova. Per un 2025 internazionale.
#20 Farsi la sauna nel tram delle Terme (e provare le nuove Montel)
A Porta Romana ci sono le grandi terme di Milano. Tra vasche di acqua calda e percorsi benessere in stile scandinavo, emerge un unicum nelle Spa del mondo: la sauna sul tram. Se non l’hai provata il 2025 è l’anno buono. Nota: il primo aprile inaugurano le Terme Montel: anche quelle da provare. Per un 2025 caliente.
Incoronato tra i locali top del mondo, se non l’hai mai provato, devi bere un cocktail in questo piccolo locali di culto in zona Porta Venezia. Per un 2025 col friccico nel cuore.
#17 Guardare Milano dall’ultimo piano del Palazzo Lombardia
Palazzo Lombardia
Si apre e si chiude a intermittenza. Speriamo che nel 2025 rimanga aperto al pubblico in modo permanente. Perché da lassù Milano è bella da togliere il fiato. Per un 2025 da vertigini.
#16 Sfidare la Serravalle Genova per fare colazione a Santa Margherita
Un tempo era una prova di iniziazione per i neo patentati. Un po’ come le prove del fuoco degli indigeni della Nuova Guinea. Poi è un po’ decaduto, anche per l’introduzione dei limiti e dei tutor. Però, anche senza mirare ai 180, resta l’autostrada più adrenalinica della nostra rete. E poi giunti al mare ci aspetta una colazione da capogiro a Santa Margherita. Per un 2025 iniziatico.
#15 Assistere a un derby o una partita di Champions a San Siro
Con la vittoria del City Milano non è più l’unica città al mondo ad aver vinto la Champions con due squadre diverse. Però rimane l’unica dove due vincitrici della Champions giocano nello stesso stadio. Quest’anno si possono vivere serate di Champions con entrambe le squadre: speriamo che siano più partite possibile. In attesa che lo abbattano, muoviamoci ad ammirare lo spettacolo di San Siro con le luci accese e gli spalti esauriti. Per un 2025 da campioni.
#14 Girare per la città in bicicletta o in motorino
Comunque la si pensi, è indubbio che Milano non sia una città per automobili. Circolare a quattro ruote può trasformarsi in un inferno. Invece passare su due ruote può rivelarsi davvero intrigante. Agile ma al tempo stesso rischioso. Un’esperienza da brividi. Per un 2025 scattante.
#13 Un giro in elicottero sopra la città in una giornata di sole
E farlo assieme ad Andrea Cherchi che fa le foto è ancora più elettrizzante. Contattatelo. Per un 2025 panoramico.
La verità? Pochi milanesi lo hanno fatto. Che il 2025 sia l’occasione per acquistare qualcosa nella strada più cara d’Europa? Per un 2025 con le mani bucate.
La superpedonale di Milano. Il grande classico. Da Brera al Bosco Verticale, passando per corso Garibaldi, Porta Nuova, Corso Como, Gae Aulenti e il Bosco Verticale. Per un 2025 dal passato al futuro.
Il grande miraggio di noi poveri mortali di Milano: la prima alla Scala (non a tirare gli ortaggi). Che sia l’anno buono? Per un 2025 regale.
#2 Salire sul Duomo, a piedi, e guardare il monte Rosa con il batticuore per gli scalini
Concerto tra le guglie del Duomo
Vale lo stesso scritto sotto al Cenacolo. Per un 2025 col cuore in gola.
#1 Andarsene (e rimpiangerla)
A Milano si progetta di andare via. Per l’estate, per i ponti, per Natale, per il week end. Sapendo che una volta via, Milano ti manca da morire. Comunque sia, progettiamo grandi viaggi quest’anno, ok? Per un 2025 da non rimpiangere.
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Manuele Mariani - Stazione Cadorna ingresso lato Cenacolo Vinciano dettaglio
Non ci sono solo l’Aeroporto di Malpensa che avrebbero bisogno di una sistemata, migliorando il numero e la qualità dei servizi disponibili, e il Terminal di Lampugnano. Anche una delle stazioni più trafficate ma più trascurate di Milano necessita di qualche intervento. Vediamo quali sono i più immediati, grazie ai suggerimenti di Manuele Mariani.
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Cadorna FN, l’ultima stazione: 5 interventi immediati per riportarla nel cuore di Milano
# Una stazione simbolo di Milano, la prima connessa a una metropolitana
trenord.it – Milano Cadorna
Hub principale del Gruppo FNM è la prima stazione ferroviaria di Milano ad avere l’interconnessione con la metropolitana e ad essere servita direttamente da due linee di metropolitana, oltre che tra le più trafficate della città. La stazione di Cadorna ha visto grandi trasformazioni dalla sua attivazione nel 1879: realizzata in legno strutturale e dall’aspetto di uno chalet, fra il 1999 e il 2000 ha avuto luogo l’ultimo intervento che ha riguardato anche la piazza, con la dibattuta scultura Ago, filo e nodo creata dai coniugi Claes Oldenburg e Coosje van Bruggen, in vista dell’arrivo del Malpensa Express. Proprio il Malpensa Express ha un binario dedicato, il numero 1, e un accesso agevolato su via Leopardi. Fatta questa introduzione, la stazione richiede almeno 4 interventi per migliorarne l’efficienza. Vediamo quali.
#1 Il deposito bagagli va ripristinato
Credits aeroportilombardi.it – Area bagagli
Cadorna rimane la stazione più comoda per andare da Milano all’aeroporto e viceversa: con il Malpensa Express, si impiegano meno di 40 minuti, ma ci sono alcuni aspetti che andrebbero sistemati. Per prima cosa andrebbe ripristinato il deposito bagagli, un tempo presente al binario 1 ma sparito da anni.
#2 Introdurre il check in dei bagagli, previsto negli anni ’90 ma mai implementato
Aeroporti di Roma – Check in bagagli Roma Termini
Come succede già alla stazione di Roma Termini, andrebbe istituito poi un servizio per il check in dei bagagli per chi prende il Malpensa Express, per rendere più agevole e rapida la salita sul treno. Nella capitale, i passeggeri ottengono la carta di imbarco e possono lasciare gratuitamente il bagaglio da stiva a Termini, per poi ritirarlo alla destinazione finale. Il progetto per Cadorna era previsto negli anni ’90, ma non è mai stato implementato.
#3 Riaprire la sala d’attesa
Manuele Mariani – Sala d’attesa scomparsa Cadorna
Da tempo non è più attiva la sala d’attesa: gli spazi ci sono, solo che la struttura è chiusa e inutilizzata.Andrebbe riaperta per consentire ai passeggeri di attendere comodamente l’arrivo del convoglio al binario.
#4 Indicare il Cenacolo
Manuele Mariani – Stazione Cadorna ingresso lato Cenacolo Vinciano dettaglio
Cadorna è anche la stazione di riferimento di uno dei più grandi capolavori artistici del mondo: il Cenacolo.Eppure all’interno e all’esterno della stazione non esiste alcuna indicazione relativa alle celebre opera di Leonardo Da Vinci e alla direzione da prendere. E pensare che è si trova a soli pochi minuti di cammino. Il cartello sarebbe non solo utile per chi deve andarlo a vedere ma sarebbe anche un fondamentale strumento di marketing per Milano.
#5 Pulizia delle colonne dalle affissioni e dei muri dai graffiti
Maps – Colonne stazione Cadorna
Arriviamo poi al capitolo decoro. Le colonne del porticato esterno della stazione, che danno sull’ingresso principale di piazzale Cadorna, sono ricoperte di affissioni. Urge una pulizia profonda: lo stesso discorso vale per le pareti imbrattate di tag.
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