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Ghe Pensi Mi il Martedì

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GhePensiMi

Se vi piacciono i cocktail bar che vi fanno sentire a casa, parte di una bella comunità, della vita di quartiere, il Ghe Pensi Mi è il luogo perfetto per voi. Come riconoscerlo? Semplice, la folla che si raduna davanti: giovani e meno giovani, incamiciati e capelloni.

Non importa che giorno della settimana sia, al Ghe Pensi Mi trovi sempre qualcuno con cui condividere le gioie e i dolori della giornata. Ma è anche vero che se ci passi il martedì, troverai un’offerta a prova di fegato: il 2×1: prendi una birra e la seconda è in regalo.

Ottimi anche i cocktail, fatti con tutti i crismi del caso, e la bottigliera lo testimonia: una buona selezione di gin, whisky e bourbon fanno scattare subito l’ora di un Negroni. Ma chiedete pura la lista perché qui le proposte sono diverse e tutte molto interessanti.

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Fizz Party!

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Con la serata Bobino Fizz Party il venerdì è salvo, te lo dico io.

Per tutti, aperitivo con Dinner Buffet, dalle 19 alle 22 con specialità di stagione e una scelta di Cocktail, vini e birre top.

Subito dopo, si balla con Davide Povia e Mirko Tola. International Mood, Fresh Sound & Cool Hits.
Non pensare che sia finita qui, dopo cena: Double Party, TGIF main floor & Upstairs Ballroom! E, per chi ama ancheggiare…. Studio Gem Ballroom – Salsa y bachata!
Il Bobino si è fatto conoscere per la selezione commerciale che mette d’accordo tutti.

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Una linea di ALISCAFI per collegare Milano ai grandi laghi del nord

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aliscafi

Gli aliscafi sono imbarcazioni che riescono a raggiungere alte velocità (oltre 90 km/h) grazie all’effetto portante delle sue loro collegate alla carena, che riducono l’attrito con l’acqua, facendo così emergere considerevolmente lo scafo fino a dare ai passeggeri l’impressione di volare. Il primo aliscafo della storia fu costruito proprio a Milano dal genio di Enrico Forlanini che, dopo aver mostrato un prototipo nel 1898, ne varò il primo esemplare nel 1905.

Leggi anche: Milano era capitale mondiale dell’AERONAUTICA

L’utilizzo nel mondo dell’aliscafo

Più di 100 anni più tardi, oggi l’aliscafo è diffuso in ogni angolo del mondo per collegare tra loro nel modo più efficiente le sponde di laghi e golfi. I modelli più utilizzati sono il sovietico (oggi prodotto in Ucraina) Voskhod e l’americano Jetfoil, costruito dalla più importante azienda nel settore dell’aeronautica e dell’aerospazio, la Boeing. Entrambi si ispirano al Freccia del Sole, il primo aliscafo di linea italiano, ideato a Messina dalla storica Rodriquez Cantieri Navali.

aliscafi
Un aliscafo TurboJET nella baia di Hong Kong

In Italia, le rotte più battute dal mezzo sono quelle dai porti adriatici alla Croazia, quelle interne ai laghi Maggiore, di Garda e di Como, oltre che i collegamenti tra le isole al largo delle coste laziali e campane e le loro città, in particolare tra Napoli, Capri e Ischia.

Ma gli aliscafi sono sorprendentemente utilizzati anche nelle città stato in giro per il mondo: nel Delta del Fiume delle Perle in Cina, ad esempio, opera un efficiente servizio tra le città di Hong Kong, Shenzhen, Guangzhou e Macau. L’aliscafo fa parte della vita quotidiana degli abitanti di San Pietroburgo, Budapest, Vienna e Sebastopoli.

Leggi anche: Le CITTÀ STATO nel Mondo

Il ritorno a casa


Perché allora non tornare a valorizzare un’invenzione tutta milanese? Milano, pur non essendo una città propriamente talassica, è ovviamente ricca di bacini idrici, oltre che a pochi passi da alcuni dei laghi più belli del mondo: assicurare collegamenti al loro interno con un nuovo brand meneghino dedicato agli aliscafi sarebbe un’operazione di marketing che probabilmente all’estero sarebbe già stata portata avanti, mentre ancora una volta in Italia non esaltiamo abbastanza il nostro patrimonio e il nostro know-how che, non dimentichiamolo mai, è anche scientifico e tecnologico.

aliscafi
Una flotta di idrovolanti all’Aeroporto Internazionale di Malé, alle Maldive

Oggi il più importante produttore italiano di aliscafi è la napoletana SNAV: la sfida è lanciata! Senza tralasciare gli idrovolanti, un altro mezzo di trasporto nato italiano, coi quali si potrebbe arrivare a costituire un vero e proprio network tra le acque di Milano Città Stato: si vola in idrovolante come su una rotta aerea long haul, col collegamento finale e capillare via aliscafo a fare da low cost.

HARI DE MIRANDA

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Gastronomia Yamamoto

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In via Amedei 5, a due passi dal Duomo, trovi un locale semplice, con un arredamento semplice e dentro due donne che ti accolgono con un sorriso che scalda il cuore.

Gastronomia Yamamoto, un ristorante giapponese che non vende sushi. Sembrerà strano, ma in questo spazio accogliente Aya Yamamoto e sua madre hanno scelto di vendere tutti quei piatti che i bambini giapponesi mangiano a casa della nonna.

Gastronomia Yamamoto è la prima gastronomia giapponese di Milano. È un esempio di washoku, la cucina tradizionale del Giappone riconosciuta dall’Unesco come patrimonio dell’umanità.

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Una giornata a GRECO: 10 attrazioni di uno dei quartieri più vivaci di Milano

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Murales Via Zuretti
Credits: Claudio-Lucia Flickr - Murales Via Zuretti

Greco è un quartiere ricco di suggestioni fatte di storia, letteratura, mondanità e di preziosissimi angoli di verde senza tempo. Sono talmente tante le cose da vedere e da fare che una giornata sola non può bastare.
Esplorando la zona e i suoi dintorni, ho selezionato alcune curiosità e luoghi di interesse che vi propongo di visitare.

#1 I Ponti

La prima cosa che voglio condividere con voi è questa: passeggiando per le vie di Greco mi ha colpito la moltitudine di attraversamenti sulla Martesana e sulle ferrovie. I ponti sono una costante del paesaggio, della storia, un tratto comune che caratterizza il territorio. Vorranno significare che Greco collega territori e realtà diverse superando barriere non solo naturali e ferrate?

#2 Cassina de’ Pomm e le ville della Martesana

Se volete rilassarvi e dimenticare per un attimo la frenesia di Milano il consiglio è quello di fare una bella passeggiata lungo la Martesana o di bervi una birra sotto il pergolato de LaButtiga: qui il tempo sembra essersi fermato e la sensazione è quella di trovarsi in campagna. Fino ai primi anni ’60, il corso d’acqua scorreva in superficie lungo Melchiorre Gioia; oggi riemerge soltanto nel punto in cui sorge la storica Cassina de’ Pomm: una delle cascine più vecchie di Milano, sicuramente la più antica rimasta integra. Nel corso dei secoli fu prima una casa di villeggiatura, poi una locanda pe ril cambio dei cavalli e di sosta per le barche. Negli anni ‘60 divenne un’osteria famosa per la cucina, i vini e la frequentazione mondana. Oggi è un condominio privato spesso usato come location cinematografica: alcuni film di Maurizio Nichetti, per esempio, “Benvenuti al Nord” e qualche serie televisiva. Sicuramente, quando il naviglio scorreva ancora a cielo aperto, qui furono girate diverse scene di “Miracolo a Milano”. Attraversando lo storico ponte del Pan Fiss si raggiunge la ciclabile della Martesana, lungo la quale si scoprono orti, atelier di artisti, centri di aggregazione e persino una cineteca. Spingendosi ancora oltre in direzione di Cernusco, non si possono dimenticare i parchi e le ville secolari: Villa Lecchi-Villa Pallavicini, Santa Maria Rossa in via Domenico Berra, Villa Albrighi, Villa Petrovic, Villa de’ Ponti, Villa Pino-Brasca.

Naviglio Martesana
Credits: Matteo Grieco

#3 Il Villaggio dei Giornalisti e la Maggiolina

Dalla Cassina De’ Pomm si raggiunge facilmente il Villaggio dei Giornalisti attraversando il ponte in fondo a via Tarvisio. Il quartiere è un’area piuttosto ristretta di edilizia residenziale destinata alla piccola e media borghesia. Le strade sono popolate da villette e piccole palazzine immerse nel verde e nella pace e costruite nei più disparati stili architettonici: gotico, neo-medievale, vittoriano, montanaro e parigino. Si tratta di una delle zone più bizzarre e esclusive della città. Le costruzioni più vezzose e stravaganti sono le case a igloo di via Lepanto. Sono mini-abitazioni (all’incirca 45 m²) progettate dall’ingegnere Mario Cavallè nel 1946. Le case a igloo sono disposte su due livelli: uno al piano rialzato e uno seminterrato che, originariamente accessibile solo dall’esterno, riceve la luce dalle bocche di lupo aperte sul piano strada. Anche le case a fungo (oggi demolite del tutto) si sviluppavano su due livelli sovrapposti: uno più ristretto (il gambo) ed uno più ampio (la cappella). Alle stravaganze dell’ingegner Cavallè si aggiunge la Villa Figini realizzata dall’omonimo architetto come propria residenza e da tutti chiamata la Palafitta. La Villa in rigoroso stile razionalista, è ispirata alla Villa Savoye di Le Corbusier.

Case Maggiolina
Una casa a igloo

Muovendosi verso il centro, si incontra il quartiere della Maggiolina il cui nome deriva dalla Cascina Maggiolina, un antico edificio che sorgeva lungo il Seveso, all’altezza dell’attuale via della Maggiolina. Il casale venne demolito nel 1920 e il nome passò negli anni Sessanta al nuovo complesso residenziale chiamato appunto Villaggio Maggiolina. Oggi il quartiere è pieno di casette e villette a due piani costruite tutt’intorno a Piazza Carbonari e andando verso nord-ovest  si confonde con il Villaggio dei Giornalisti.

#4 La chiesetta di Segnano con i suoi affreschi

La Chiesetta di Sant’Antonino di Segnano è un altro piccolo tesoro inaspettato e soprattutto nascosto per chi non sa dove cercare. La chiesetta, che risale al Sedicesimo secolo, si trova in via Cozzi ed è ormai quasi completamente circondata da alti palazzi. Il suo interno è riccamente affrescato e decorato. L’affresco principale sulla sinistra raffigura una battaglia, ma non tutti concordano di quale scontro si tratti: potrebbe essere quello di Legnano del 1176 o invece la battaglia della Bicocca avvenuta intorno al 1500. Sulla parete destra c’è la contemplazione della Vergine Maria con il Bambino Gesù da parte di sei santi vescovi di Milano: Geronzio, Benigno, Ampelio, Antonino, Simpliciano, Vigilio e San Carlo Borromeo. L’arco dell’abside è decorato con delle quinte teatrali tenute aperte da angeli. All’interno dell’abside ci sono Sant’Antonino sulla sinistra e Beato Ludovico Barbo sulla destra. Molto bello è anche il soffitto a cassettoni, anch’esso riccamente decorato.

#5 Piazza Greco

La piazzetta di Greco con la Chiesa di San Martino era il centro del vecchio borgo ed è tutt’oggi il fulcro del quartiere. E neanche a farlo apposta in Piazza Greco c’è il ristorante ellenico Callistos. La Chiesa costruita alla fine del 1500 è in stile barocco ma al suo interno custodisce dipinti e molte altre opere del tardo Rinascimento che meritano una visita. Particolare di questo luogo sacro è il campanile, che nello scorso secolo venne rialzato con otto colonnine in ghisa, per ospitare delle campane più grandi.

#6 Il Refettorio Ambrosiano

Sulla piazza si affaccia un teatro rimasto chiuso a lungo fino a quando, in occasione di EXPO 2015, è diventato il Refettorio Ambrosiano. Per far sì che il cibo della manifestazione non andasse sprecato, Massimo Bottura e il regista Davide Rampello ebbero l’intuizione di creare il Refettorio come luogo di solidarietà e di bellezza. Coinvolsero fin da subito la Diocesi di Milano, e in particolare la Caritas, per tradurre in concreto questa idea alla quale si sono unite eccellenze dell’arte, della cultura e della cucina. Numerosi artisti contemporanei hanno contribuito a tradurre in bellezza gli ambienti e 40 tra i migliori chef del mondo hanno ideato e preparato menù a partire dalle eccedenze alimentari raccolte ogni giorno a Rho, nel pieno rispetto delle normative vigenti sulla sicurezza alimentare. Il Refettorio Ambrosiano gestito dalla Caritas continua a funzionare come luogo di solidarietà, di cultura e spazio d’arte.

Refettorio Ambrosiano
Refettorio Ambrosiano

#7 il Teatro alla Scala di via Bottelli

A pochi passi da piazza Greco, in Via Bottelli, sorge l’edificio che dal 1985 ospita la sala prove privata del Teatro alla Scala e dove, data l’ottima acustica, si sono tenute in numerose registrazioni concertistiche. L’edificio mantiene tutt’oggi la stessa destinazione, ma per anni è rimasto in condizioni disastrose, completamente lasciato a se stesso. Nel 2018 è stato oggetto di un rinnovamento speciale grazie all’associazione Retake-Milano, il Politecnico e i cittadini: la facciata è stata interamente ricoperta con un enorme murales antismog. Gli studenti della scuola di Design del Politecnico che hanno progettato il murale hanno coinvolto il quartiere chiedendo ai residenti di scegliere il soggetto tra i cinque proposti.

#8 La porta di ingresso di Renzo Tramaglino

Nel capitolo 33 de “I Promessi Sposi” Manzoni descrive l’entrata di Renzo a Milano colpita dalla peste. Il giovane, dopo essere passato per Monza arriva di sera a Greco, descritto come un importante borgo rurale. Qui passerà la notte al riparo sotto al portico di una cascina, probabilmente la Cassina de’ Pomm. La targa posta sulla scuola elementare di via Bottelli che ricorda questo episodio riporta il passo del romanzo.

Sale Prove Teatro alla Scala
Sale Prove Teatro alla Scala

#9 La Villa Mirabello: “sempre el dovere”

Fra Greco e Niguarda, c’è il quartiere Mirabello che prende il nome dalla omonima villa che si trova a pochi passi dalla fermata della Metropolitana Marche. È una dimora in stile rinascimentale lombardo con le tipiche finestre ogivali in cotto e un piccolo cortile a loggiato con l’annessa cappella affrescata. Nel ‘400 fu residenza di caccia e villeggiatura dei Visconti e in seguito passò a Pigello Portinari, il rappresentante dei Medici a Milano. Verso la fine di quello stesso secolo, la villa divenne proprietà della famiglia Landriani, che lasciò tracce ancora oggi ben visibili, come gli stemmi sul camino e sui soffitti e il motto “sempre el dovere” sulle pareti esterne, accanto a melograni e croci azzurre. Sembra che la villa sia poi passata dai Landriani ai Marino, ricca famiglia di origine genovese che costruì Palazzo Marino in piazza della Scala. La Villa è oggi sede della Casa per ciechi di Lombardia.

Villa Mirabello
Villa Mirabello

#10 Il Leoncavallo, la “cappella sistina della contemporaneità”

Per uno svago alternativo l’attrazione del quartiere è il centro sociale Leoncavallo, invia Watteau). Il centro sociale nacque nel 1975 in via Leoncavallo quando il civico 22 venne occupato. Nel 1994, dopo lo sgombero, si trasferì nell’attuale sede, l’ex cartiera Cabassi, dove, seguendo i numerosi graffiti colorati si scova l’ingresso. Il nuovo spazio, ampio 4.000 m² al coperto, più cortili, spazi verdi e sotterranei, venne strutturato come un piccolo quartiere, con una “piazza” centrale sempre aperta e le varie strutture attorno. Qui vengono organizzate numerose attività: dai concerti ai corsi di fotografia e di lingue, dalla serigrafia al laboratorio di teatro, dalla ciclofficina alla radio, dalla cucina popolare all’accoglienza per i migranti e i senzatetto. Nel 2006 l’assessore alla cultura Vittorio Sgarbi ha definito i murali dell’ex cartiera “la Cappella Sistina della contemporaneità” e li ha inseriti fra i luoghi d’arte permanente da visitare come il Pac, la Triennale, Palazzo Reale.

Leoncavallo
Leoncavallo

Per lo svago: locali e ristoranti della zona

Itinerario alternativo: in zona ci sono moltissimi locali e ristoranti molto frequentati dove fare delle soste durante una passeggiata nel quartiere. Per la colazione vi consigliamo la pasticceria Alvin’s, in via Melchiorre Gioia 141, oppure la Martesana in via Cagliero. Per il business lunche e il brunch il Dulcis in Fundo in via Zuretti 55, un ex capannone industriale adibito ora a bistrot. Per l’aperitivo, l’ideale è nella bella stagione il “Tranvai”, che si incontra attraversando il “Giardino Cassina de’ Pomm”: un tram storico del 1928 trasformato in un bar, sotto a uno spettacolare pergolato di glicine. Per la birra è d’obbligo una sosta a La Buttiga, proprio affacciata sulla Martesana. Per assaggiare le specialità elleniche, bisogna assolutamente prenotare un tavolo al Callistos in piazza Greco oppure al Mikonos in via Tofane, atmosfera romantica in un angolino di rara bellezza. Al Fuorimano di Via Cozzi 3 trovate di tutto, persino la pasta fresca democratica e i caffè letterari. E proprio alla pasta fresca democratica è dedicato un localino giovane e informale in piazza Greco: qui si sceglie tra mafaldine, ravioli, trofie, tagliatelle…e li si abbina a piacere ai sughi del giorno. Invece per cocktails, la cena di pesce e il dopo cena c’è La Gintoneria di Davide, in Via Comune Antico.

Cucina toscana all’antica trattoria Il Borghetto, all’angolo tra via Emilio de Marchi e via Comune Antico. Se invece amate il rock, non potete rinunciare a una serata al Rock’n’Roll, in via Bruschetti 11, angolo via Zuretti, molto frequentato da musicisti e metallari. Qui non è difficile incontrare Le Vibrazioni, il dj Ringo, Pino Scotto e altri protagonisti del mondo della musica. Per l’electro music imperdibile il Tunnel in via Sammartini 30 e infine, per i nostalgici, c’è la storica bocciofila di via del Progresso,dove si mangia e si beve in dialetto milanese.

 

Grazie a Alberto Michele Ghezzi Dora Markus Piero Dragan Christian Di Sante Arianna Ricotti Giorgio Castoldi Tiziano Zeloni Floria Bersani Gabriele Sotgia

SOFIA MARI

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“La mia Milano sarà ancora più CORAGGIOSA”: intervista a Francesca Colombo, ingegnere della cultura a BAM

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Curiosa, appassionata di musica e d’arte. Manager culturale, 13 anni trascorsi al Teatro alla Scala, ha curato diverse startup in ambito culturale tra cui il festival MITO, lo Stradivari Festival, l’avvio della programmazione culturale di Expo 2015, Mantova capitale della cultura italiana, la fondazione MAST di Bologna. È stata la più giovane sovrintendente al Maggio Musicale Fiorentino e oggi affronta una nuova sfida a BAM- Biblioteca degli alberi, un parco pubblico a Milano, per portare i cittadini a vivere esperienze culturali a contatto con la natura. Di formazione ha una laurea in ingegneria e una in pianoforte: “mi piace quando mi definiscono ingegnere della cultura. Da ingegnere porto il metodo e il rigore gestionale, dalla cultura l’armonia e la creatività”.

“Amo lo sport, in particolare ora il Padel, sono pazza per gli animali, adoro viaggiare”

Come è che è arrivata a BAM e perché?

Mi chiamano spesso per lanciare iniziative sfidanti e innovative dove protagonista è la cultura e dove ci sono da creare virtuose partnership pubblico-privato, in questo caso Comune di Milano e la Fondazione Riccardo Catella. Quello che metto di mio è la creatività e il coraggio di esplorare nuove frontiere lavorando fianco a fianco con gli artisti e la capacità di creare a supporto un’organizzazione con il suo staff, il modello organizzativo, il controllo di gestione, lo sviluppo di partnership con le aziende… capacità fondamentali per progetti come quello di BAM.

Le modifiche che ha portato in BAM?

Quando sono arrivata non c’era ancora BAM: è un progetto che abbiamo creato quest’anno. Sono stata chiamata in Fondazione Catella, che si occupa di cultura dello sviluppo urbano sostenibile, proprio per fare partire un progetto completamente nuovo. Il nostro compito è quello di prenderci cura del parco pubblico, curarne la manutenzione, la sicurezza e, la parte innovativa. È proprio quella di creare un programma culturale per i cittadini.

Quali sono le priorità di sviluppo strategico di BAM nell’anno che ci aspetta?

Siamo appena partiti. L’obiettivo strategico è di creare un parco con una identità forte, un luogo di crescita e di riflessione sugli obiettivi di sviluppo sostenibile che il mondo sta affrontando, cercando di far vivere ai cittadini emozioni ed esperienze non fini a se stesse, ma di crescita e di confronto.

Perché la partnership con Vivaio?

Viviamo in un mondo globale complesso. Per me è importante nel lavoro che svolgo e per veicolare le iniziative in cui credo, creare un network tra persone e associazioni serie, coerenti con i propri valori e capaci di coinvolgere le persone in obiettivi condivisi. In Vivaio e in Andrea Zoppolato, in particolare, ho trovato proprio questo: energia, capacità e voglia di give back alla società in cui stiamo crescendo.

Tipi attività per svolgere per chi vuole sostenere BAM?

Il successo di BAM è il successo di chi vorrà far parte della sua “comunità green” che è fatta di BAM friends e di volontari. I primi danno un piccolo contributo economico annuale a BAM, da 15 euro, i secondi dedicano il loro tempo, dal volontariato quotidiano come “guardiani” del parco a un volontariato legato ai singoli eventi della programmazione culturale. Condividono i nostri valori e ci aiutano con il loro tempo e la loro generosità a prenderci cura di uno spazio pubblico e a gestire gli avvenimenti culturali che offriamo ai milanesi, e non solo. (questo è il link per iscriversi: https://bam.milano.it/about/volunteers/

Come Le piacerebbe che Milano migliorasse ancora di più nel futuro?

Milano dovrebbe essere coraggiosa e investire maggiormente nella creatività contemporanea multidisciplinare e multidimensionale, con forme e linguaggi diversi. La mia Milano vorrei che continuasse a valorizzare le sue istituzioni culturali e produrre più cultura: che bello sarebbe chiamare gli artisti e le istituzioni culturali ad affrontare con il linguaggio dell’arte le sfide globali che il mondo sta affrontando e che i paesi che aderiscono alla Nazioni Unite hanno firmato come obiettivi per il 2030!

MILANO CITTA’ STATO

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Le prime auto erano… ELETTRICHE!

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auto elettriche
Jenatzi a bordo della Jamais Contente

Molti guardano alla mobilità elettrica come a qualcosa di innovativo, quasi fantascientifico.
In realtà le auto elettriche antidatano le comunissime motorizzazioni a combustione interna di diversi anni.

Questo perché da un punto di vista ingegneristico, sviluppare un’auto elettrica richiede molta meno progettazione e componenti che una benzina o diesel. Il motore, o meglio i motori, devono solamente far girare una ruota spinti dall’energia conservata a bordo nella batteria. I motori a combustione oltre ad avere molte più componenti hanno poi la funzione di “contenere” l’esplosione generata dall’ignizione del carburante. Oltre che più complessi sono quindi più pesanti e ingombranti.

La locomotiva elettrica

Era il 1828 quando Ányos Jedlik inventò il primo rudimentale motore elettrico e lo installò su una piccola auto di sua costruzione.
Giusto per capire di che epoca stiamo parlando, Napoleone Bonaparte era morto da appena 7 anni e l’Italia non sarebbe stata una nazione unita per altri 33 anni.
Qualche anno dopo, nel 1837, il chimico scozzese Robert Davidson progettò la prima locomotiva elettrica alimentata da celle galvaniche (le batterie dell’epoca). Per quanto fosse ancora poco performante rispetto alle vecchie locomotive a vapore, la locomotiva elettrica fu la prima vera applicazione commerciale di un motore elettrico.

Le prime vere auto elettriche

Per la mobilità elettrica rimaneva però un’enorme incognita: come immagazzinare efficacemente l’energia per garantire un’autonomia di marcia accettabile alle auto?

La risposta arrivò nel 1859 grazie all’invenzione della batteria al piombo-acido da parte del francese Gaston Planté, migliorata poi dal suo connazionale Camille Faure nel 1881. Questi inventori consentirono infatti di immagazzinare in modo consistente quantità di energia elettrica tali da garantire diverse decine, se non centinaia, di chilometri di autonomia.
All’auto elettrica si devono poi alcuni record motoristici. Nel 1899 il primo veicolo a rompere la barriera dei 100 km/h fu infatti la “Jamais Contente” (mai contenta) di Camille Jenatzi. Un veicolo dalla forma particolarmente affusolata a missile, frutto dei primi rudimentali studi di aerodinamicità.

Gli anni d’oro dell’elettrico

Tra la fine del 19esimo secolo e gli inizi del ‘900 le auto elettriche divennero i più comuni mezzi a motore in circolazione per le strade d’Europa. Questo perché le auto a benzina e diesel di massa del signor Ford erano ancora lontane e si stava cominciando a sviluppare una rete di logistica dell’elettrico degna ancor oggi di ammirazione.
Il problema della rete di colonnine di ricarica, tanto sentito nel 2019, già affliggeva la mobilità elettrica di oltre 100 anni fa. Alcuni produttori cominciarono quindi ad offrire veicoli pensati per avere una batteria rapidamente sostituibile (concetto ripreso oggi dalla concept car Fiat Centoventi).

La concept car Fiat Centoventi, presentata nel 2019

Già dal 1896 Hartford Electric Light Company offriva un servizio con cui il proprietario acquistava l’auto e, con l’aggiunta di un canone mensile, era in grado di sostituire la batteria esausta con una carica presso le stazioni della azienda. Alla faccia del car sharing!
I taxi di molte città tra cui Londra e Parigi erano elettrici e affiancavano auto a motore e carrozze a cavallo. A Londra i taxi elettrici erano soprannominati “hummingbirds” (colibrì) a causa del fruscio generato dai motori elettrici.

 

Il declino

auto elettriche
Thomas Edison con un’auto elettrica nel 1913

Con l’industrializzazione di massa del settore automobilistico e la comparsa delle catene di montaggio, molti produttori cominciarono ad offrire a prezzi concorrenziali auto a benzina.
Ogni giorno venivano scoperti nei più remoti angoli del mondo nuovi giacimenti petroliferi. Questo consentiva di avere combustibile a basso costo in un momento in cui, con l’elettrificazione delle città e delle fabbriche, il prezzo della corrente elettrica continuava a salire.
Ford, Daimler-Benz e molti altri marchi ancora esistenti furono i pionieri della mobilità di massa che, per ragioni di logistica e produzione, scelse la combustione interna piuttosto che l’elettrico.
Per concludere possiamo quindi pensare che la mobilità elettrica di cui tanto parliamo oggi non sia affatto rivoluzionaria ma solamente “riemersa” dal passato in un momento storico in cui i benefici dell’elettrico diventano più apprezzati.

 

ALESSANDRO MAIOCCHI

 

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Signorvino, SignorSì!

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Chi beve vino campa cent’anni, oppure Vino rosso fa buon sangue, di proverbi legati al vino ce ne sono tantissimi, e sono sicura che voi ne conosciate parecchi.

Ecco, quindi ho l’evento che fa per voi: una degustazione di vino, in abbinamento con le eccellenze gastronomiche del nostro Bel Paese!

La serata, a soli 35 Euro prevedere la degustazione di tre vini, una cena di tre portate in abbinamento ai vini scelti, acqua e caffè.

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10 motivi per non andare in ERASMUS e restare a Milano

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Olimpiadi Erasmus (foto: Corriere)
Olimpiadi Erasmus (foto: Corriere)

In un periodo di fuga di cervelli c’è una voce che resiste: il numero di studenti stranieri che scelgono Milano per i loro studi. In effetti, la nostra città è un magnete poderoso per gli universitari di tutto il mondo.

10 motivi per non andare in ERASMUS e restare a Milano

#1 Perché a Milano ci sono tutte le città del mondo

Ma in tutte le città del mondo non c’è Milano.

Leggi l’articolo: 15 città del mondo sono a Milano. Ecco dove si trovano

#2 Le università milanesi

Sono delle eccellenze internazionali. Sicuri di trovare di meglio?

Leggi l’articolo: Dimmi che università di Milano fai e ti dirò chi sei

#3 Feste Erasmus

E’ l’unico posto al mondo dove ogni sera c’è almeno una festa gratis per gli Erasmus. Organizzano pure viaggi a Montecarlo gratis.

Leggi l’articolo: Milano internazionale: 10 luoghi dove si incontrano persone di tutto il mondo

#4 Cibo

Mangi bene senza svenarti, all’estero ti sveni e mangi malissimo: non trovi frutta e verdura e rischi di mangiare hummus di ceci per un mese filato.

#5 In due ore sei ovunque

Sei al mare, nelle città d’arte più belle del mondo, in mezz’ora sei al lago, vai sulle Alpi solo usando trasporti di terra.

Leggi l’articolo: 10 destinazioni da raggiungere in treno da Milano per una gita

#6 In due ore sei in tutta Europa

Con tre aeroporti e collegamenti di ogni tipo per qualunque destinazione dal cuore dell’Europa.

#7 Perché sono già tutti qua

Quasi il 20% dei residenti di Milano è di origine straniera. Ed è una capitale Erasmus.

Leggi l’articolo: Milano è capitale degli Erasmus

#8 Una metropoli misura d’uomo

La zona 1 di Londra è grande come tutta Milano. A Berlino se da est devi andare all’Olimpia Stadium perdi la giornata. Agevola nella sistemazione perché anche se sei fuori sei sempre in centro.

#9 Per la burocrazia

Perché da noi per fare tutte le pratiche per l’Erasmus ci metti più tempo del periodo che stai là.

#̶1̶0̶ ̶P̶e̶r̶c̶h̶è̶ ̶l̶’̶a̶r̶i̶a̶ ̶è̶ ̶p̶u̶l̶i̶t̶a̶

 

MILANO CITTA’ STATO

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Voglia di Cocktail?

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Atmosfera suggestiva, quasi grottesca, ma raccolta e familiare in un piccolo locale in zona Cinque Giornate, a Milano: è il Nottingham Forest, un locale che figura tra i primi 50 cocktail bar nel mondo già dal 2007.
Appena entrerai (se riuscirai a entrare: ti consiglio di arrivare moto prima dell’orario di apertura… o di accamparti direttamente dal giorno prima, perchè non accettano prenotazioni), sarai subito colpito dalle decorazioni del Nottingham: appesi al muro, al soffitto o poggiati per terra, troverai tantissimi souvenir da tutto il mondo, che danno quel tocco etnico particolare che rende tutto più affascinante e misterioso.

La parte più bella, però, arriva adesso: quando arriverà il menù, dovrai prenderti due giorni di ferie per leggere tutte le informazioni che troverai sotto ogni cocktail. Non si tratta, infatti, di drink convenzionali, ma di miscele provenienti da tutto il mondo, ognuna con la sua storia, i suoi strani ingredienti e gli effetti di ognuno di essi.

Cocktail molecolari, drink sperimentali ed etnici, miscele rielaborate per dare quel tocco di creatività che salta subito all’occhio, se poi ti soffermerai sulla presentazione di ognuno di essi non andrai più a casa: ogni cocktail è servito in un bicchiere particolare, dalla vasca da bagno alla tazza a forma di teschio, dalla scarpa di cristallo a dei cubetti colorati uno sopra all’altro, rimarrai sorpreso ogni volta che ti avventurerai nel Nottingham Forest.

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PRATOCENTENARO vuole la sua piazza!

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prato centenaro

Photo Credits: Urbanfile

Pratocentenaro, zona a nord tra Niguarda e Viale Fulvio testi, è uno dei quartieri più antichi di Milano – se ne trova infatti già traccia in alcuni scritti del 1078 – ma rischia di essere dimenticato.

PRATOCENTENARO vuole la sua piazza!

Il quartiere e gli abitanti non si accontentano del mero nome della fermata della metro M5 ‘Ca’ Granda – Pratocentenaro’ al confine col distretto, vorrebbero una piazza intitolata.

E’ questa la proposta di cittadini e negozianti, con un gruppo Facebook ed eventi che promuove una raccolta firme. Ora la piazza è stata inserita nella lista delle aree oggetto di riprogettazione all’interno del bando del Comune di Milano ‘Piazze Aperte in ogni quartiere’.  Le aree e le proposte pervenute saranno oggetto di una prima valutazione e, qualora ritenute idonee, sarà avviata l’istruttoria tecnica.

Il luogo per la piazza Pratocentenaro in realtà è già stata identificata dai cittadini, ovvero nello spazio in cui convergono la Chiesa di S. Dionigi, le sedi di alcune associazioni aggregative e della Cooperativa con l’obiettivo di dar vita ad un polo d’interesse comune in cui potersi incontrare, far giocare i bambini, chiacchierare.

Un esempio di ricostruzione proposto vedrebbe la riqualificazione dell’incrocio – oggi utilizzato in modo indecoroso come parcheggio selvaggio – in un’area pedonale/ciclabile con verde e panchine.

 

Fonte: urbanfile.org
Credits: Urbanfile

Una piazza, una panchina, un monumento, esprimono una dimensione di comunità. Una voglia di aggregazione che i cittadini del quartiere Pratocentenaro non vogliono esplicitamente perdere.

Come recita il bando del Comune: restituendo gli spazi ai cittadini, questi potranno, con attività, incontri o anche semplicemente ‘vivendo’ l’area, tornare a dare senso compiuto al termine ‘piazza’ come luogo di relazioni del quartiere.

Che con il progetto arrivi finalmente la piazza Pratocentenaro? Resta poco tempo: la presentazione delle proposte di collaborazione scade alle ore 12 del giorno 20/11/2019!

 

SILVIA BOCCARDELLI

 

Le città più internazionali e aperte al mondo sono delle città stato come #Amburgo #Madrid #Berlino #Ginevra #Basilea #SanPietroburgo #Bruxelles #Budapest #Amsterdam #Praga #Londra #Mosca #Vienna #Tokyo #Seoul #Manila #KualaLumpur #Washington #NuovaDelhi #HongKong #CittàDelMessico #BuenosAires #Singapore

 

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Comedy Special

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L’Ostello Bello di via Medici 4 non solo è stato giudicato come Miglior Ostello d’Italia secondo Hostelworld, ma, grazie alla varietà e cura dei suoi eventi, dovrebbe vincere un premio anche per l’impegno che quotidianamente mette per trasformare un luogo comune in una casa.

In occasione di questo grigio lunedì sera, quando la settimana lavorativa è appena iniziata e l’umore sta sotto ai piedi, l’Ostello Bello viene in tuo soccorso con la Stand Up Comedy, uno “special” mensile apprezzato da tutti.

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Non costerebbe nulla allo Stato, ci sarebbe una ripartizione più centrata sul territorio, un solo organo che decide laddove oggi ce ne sono tre

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L’intervista su Milano All News ad Andrea Zoppolato, fondatore di Milano Città Stato

 

 

Che cos’è Milano città stato?

Milano città stato nasce come progetto concepito da Vivaio, un’associazione nata 7 anni fa con l’obiettivo di supportare progetti che possano rendere grande Milano.
Abbiamo creato dei tavoli aperti anche a non soci, per una volta che avessero contenuto politico, e abbiamo invitato politici. Abbiamo detto cerchiamo di trovare dei punti d’intesa con le varie forze politiche per trovare ,quel progetto che se realizzato potrebbe rendere grande Milano a livello internazionale. Alla fine dopo un brainstorming abbastanza tosto, è maturata l’idea di prendere come riferimento quello che mette in comune le grandi città del mondo che è quello di essere delle città regione, cioè delle entità, degli enti che non hanno mediazione fra sé e il governo centrale e che quindi hanno competenze e poteri maggiorati, e da lì è nato il progetto Milano città stato.

quello che mette in comune le grandi città del mondo è di essere delle città regione: non hanno mediazione fra sé e il governo centrale e hanno competenze e poteri maggiorati. da lì è nato il progetto Milano città stato.

Allora, tu hai detto “politico”, ovviamente non schierato politicamente ma che concerne la polis, che concerne l’opinione pubblica e la città, giusto?

Sì, in più noi, non essendo politici di professione, cioè nessuno ha mai fatto politica, ci piace proprio l’aspetto filosofico della politica, come anche dignità intellettuale ci piace riallacciarci a quello che è l’esempio più elevato di politica che è quello aristotelico: Aristotele diceva che ogni essere umano ha una dimensione politica, intendendo con dimensione politica il fatto che la realizzazione personale non può che prescindere anche l’effetto che può avere sulla polis, e in più diceva che il vero ambito dove si può giocare la reale politica è la polis, cioè la città.
Quindi sulla base di questo, Milano città stato è politico nel senso che risponde alle esigenze di ognuno di poter esercitare un ruolo positivo sulla comunità di cui fa parte ed è politico nel senso che fa proprio parte della polis, dove secondo noi ha più senso il gioco politico.

Milano città stato è politico nel senso che risponde alle esigenze di ognuno di poter esercitare un ruolo positivo sulla comunità di cui fa parte ed è politico nel senso che fa proprio parte della polis, dove secondo noi ha più senso il gioco politico.

Quindi, la policy in questo caso è Milano sotto esempio di altre città nel mondo, giusto?

Sì, per Milano abbiamo preso a riferimento quello che lega tutte le grandi città del mondo, soprattutto quelle con cui Milano si raffronta, in primis le due città dove ho vissuto all’estero: Berlino e San Pietroburgo.
Berlino è una Staat-Stadt, una città-stato, come Amburgo, come Brema, come Vienna, come tante del mondo germanico, ci sono città-cantone come Ginevra e Basilea, Madrid è una comunità autonoma, San Pietroburgo è una città-stato così come Mosca e altre.
In più il punto di riferimento di Berlino io l’ho vissuto in prima persona perché Berlino è nel Brandeburgo, che è la regione di Berlino, l’equivalente di come dovrebbe essere a mio avviso Milano con la Lombardia: geograficamente Berlino è il capoluogo del Brandeburgo ma amministrativamente ci sono sostanzialmente due regioni, Berlino e il territorio periurbano.
Tra l’altro da notare che sette\otto anni fa, c’è stato proprio un referendum a Berlino e nel Brandeburgo dove hanno chiesto “volete diventare un’unica entità amministrativa?” (come Milano e la Lombardia) e sia Berlino che il territorio circostante han votato contro. Noi abbiamo fatto molte ricerche e non esiste nessun caso al mondo di referendum popolare che abbia richiesto una riduzione di autonomia territoriale, mentre ci sono tantissimi casi di cittadini che hanno chiesto un aumento di autonomia. A livello mondiale, non è mai stata esercitata una volontà dei cittadini per ridurre il proprio autogoverno.

non esiste nessun caso al mondo di referendum popolare che abbia richiesto una riduzione di autonomia territoriale, mentre ci sono tantissimi casi di cittadini che hanno chiesto un aumento di autonomia. A livello mondiale, non è mai stata esercitata una volontà dei cittadini per ridurre il proprio autogoverno.

Quali sono i vantaggi di questa autonomia amministrativa?

Ci sono vantaggi sia in termini di potere sia in termini economici. Innanzitutto, il principio è: perché noi diciamo che Milano ha senso che abbia un suo modo di governare rispetto al resto della Lombardia? Perché in un confronto che abbiamo fatto con persone che sono per una grande autonomia della Lombardia, tra l’altro anche noi siamo per una maggiore autonomia della Lombardia, alla domanda “quali sono i problemi della Lombardia?” ci hanno detto: “lo svuotamento delle campagne, le connessioni tra i vari territori, infrastrutture per potenziare certe offerte” e invece io ho detto che per Milano i primi problemi sono gli affitti cari, il fatto che sta diventando una città insostenibile, lo smog, il traffico urbano, lo sviluppo delle università, tutti temi che riguardano Milano e non il resto della regione.
Dato che la regione Lombardia gestisce 23 miliardi di euro all’anno, che sono comunque consistenti, ed esercita in autonomia dei poteri, noi crediamo che sia più vantaggioso il fatto che si separino sia budget che competenze, tra tutto quel territorio extraurbano che ha determinate caratteristiche, dalle montagne, le pianure eccetera, dal territorio urbano, che quindi potrebbe avere 7 miliardi e mezzo all’anno di risorse. Tenendo conto che Milano oggi riceve 450 milioni di trasferimenti tra Stato e Regione, passare ad un’autogestione di 7 miliardi e mezzo secondo noi potrebbe essere molto più efficiente rispetto ad adesso che è centralizzato nella Regione, e in più potrebbe finalmente sul suo territorio avere il sindaco governatore con il consiglio parlamento, che potrebbe decidere su ogni cosa che oggi prevede quattro organi che spesso litigano fra loro, che sono: sindaco del comune, sindaco della città metropolitana, che “casualmente coincidono”, governatore della regione e organi della regione, governo dello Stato.
Ad esempio, aumentare il prezzo del biglietto determina che la regione dice no, teoricamente la città metropolitana potrebbe dire no, lo Stato potrebbe dire no. Invece con il vantaggio della città-regione si avrebbe un solo organo che su determinate competenze avrebbe libertà di decisione.

oggi SU MILANO CI SONO quattro AUTORITA’ AMMINISTRATIVE che spesso litigano fra loro: sindaco del comune, sindaco della città metropolitana, che “casualmente coincidono”, governatore della regione e organi della regione, governo dello Stato.
Invece con LA città-regione si avrebbe un solo organo che su determinate competenze avrebbe libertà di decisione.

 

Quindi alla casalinga di Voghera cambierebbe essenzialmente poco, visto che Voghera è fuori da Milano, però per il cittadino milanese cambierebbe molto.

In realtà per Voghera “nì”, nel senso che, per l’Ocse Voghera fa parte comunque della cintura milanese. Sarebbe una volontà del comune di Voghera: secondo la nostra Costituzione, ogni comune può scegliere di appartenere a una regione differente, infatti, ogni tanto ci sono dei referendum di comuni che chiedono di spostarsi, ad esempio dal Veneto al trentino, ecc. Secondo la nostra Costituzione anche un comune della Sicilia potrebbe chiedere di far parte di Milano, non c’è neanche il vincolo territoriale, quindi Voghera potrebbe anche dire “preferiamo staccarci dalla regione attuale per andare nella regione Milano che magari è più vicina a tematiche come lo sviluppo economico eccetera”. Teoricamente, quindi, anche per la casalinga di Voghera potrebbe cambiare qualcosa.
Per i cittadini di Milano invece potrebbe cambiare tantissimo, nel senso che, e la dimostrazione è che tutte le grandi città che sono città-stato spesso lo sono per una spinta dei cittadini. Noi siamo molto vicini alla Svizzera, un modello dove tutti gli organi sono decentrati come tra l’altro prevede l’articolo quinto della Costituzione italiana, che dice che bisogna decentrare a livello più basso possibile. Quindi noi chiediamo addirittura non di andare contro la Costituzione ma ci appelliamo alla Costituzione italiana. Perché conviene andare a livello più basso possibile? Un esempio oggi, il comune di Milano, qualunque decisione faccia o prenda, subito diventa di dominio pubblico, cioè diventa subito conosciuto: si può fare una lista di tutte le decisioni prese dal comune di Milano sul territorio. Se invece provassimo a vedere quello che ha fatto la regione Lombardia sul territorio di Milano a me viene in mente solo un’opposizione a scelte del comune, non mi viene in mente “ha fatto quella normativa rispetto a quell’altra”. Questa è una dimostrazione di quanto, spostare a livello più basso il governo sul territorio, consente che effettivamente i cittadini da un lato possono partecipare molto di più e dall’altro possono essere molto più al corrente delle scelte sia a livello economico delle risorse che vengono destinate, e in regione Lombardia non si sa dove finiscano questi 23 miliardi, a livello comunale invece fino al dettaglio si sa dove arrivano e dove finiscono questi soldi. Quindi ci sarebbe una vicinanza totale e la possibilità per il cittadino che vuole partecipare in una città come Milano, che tra l’altro è forte proprio grazie alla comunità dei milanesi, ci sarebbero infinite possibilità oltre ad avere disposizione direttamente sul territorio una cifra che va dai 7 agli 11 miliardi, pari a circa tre linee della metropolitana all’anno.

Con Milano città stato ci sarebbe una vicinanza totale e la possibilità per il cittadino che vuole partecipare, in una città come Milano che tra l’altro è forte proprio grazie alla comunità dei milanesi, ci sarebbero infinite possibilità oltre ad avere disposizione direttamente sul territorio una cifra che va dai 7 agli 11 miliardi.

Quindi voi promuovete la partecipazione attiva del cittadino all’ambito politico per avere più controllo su tutto quello che è Milano inteso come concetto esteso? Non è un concetto geografico?

No, premessa che secondo noi Milano dovrebbe diventare un modello per l’Italia, perché, che ne dicano spesso, anche se esiste questa immagine dell’”imbruttito”, piuttosto che altro, la grande forza di Milano è che ha questa magia, e nei secoli è sempre stata così, per cui, tu arrivi dalla Puglia o dalla Nuova Zelanda e Milano ti rinforza la tua identità ma sempre come eccellenza. Cioè, tu mantieni la tua caratteristica di pugliese, ci sono pugliesi qui da quarant’anni che ancora hanno l’accento, però Milano tira fuori il meglio dell’essere pugliese e la comunità dei milanesi diventa migliore grazie al rinforzo delle diversità. Ad esempio, China Town, tanto più è unica, tanto più Milano ne guadagna.
Quindi, premesso questo, noi siamo convinti che il segreto di Milano è questa comunità, di persone in gran parte neanche nate a Milano, e se son nate a Milano la prima cosa che ti dicono è “in realtà le mie origini di famiglia sono fuori di qui”, è rarissimo trovare qualcuno che ti dica “io sono di Milano, milanese da dieci generazioni”. Questa comunità che valorizza la diversità anche grazie al fatto che è stata dominata da tutte le grandi culture del mondo e quindi ha saputo metabolizzarle e rinforzarle, è talmente magica che noi crediamo che tanto più le dai potere di partecipazione e anche di un genuino controllo sull’amministrazione, questo può creare dei circoli virtuosi che qua sono sideralmente superiori rispetto a quelli già positivi che avvengono nel resto del mondo.

Questa comunità che valorizza la diversità anche grazie al fatto che è stata dominata da tutte le grandi culture del mondo e quindi ha saputo metabolizzarle e rinforzarle, è talmente magica che noi crediamo che tanto più le dai potere di partecipazione e anche di un genuino controllo sull’amministrazione, questo può creare dei circoli virtuosi che qua sono sideralmente superiori rispetto a quelli già positivi che avvengono nel resto del mondo.

Attualmente Milano città stato è in un momento caldo, perché?

È un momento caldissimo nel senso che, innanzitutto noi come sito, abbiamo vissuto questa situazione per noi abbastanza strana: dal settembre dell’anno scorso dove avevamo tra gli 8 e i 9 mila lettori unici al giorno a settembre di quest’anno siamo sui 40\50 mila al giorno, è avvenuto un boom pazzesco, oltre a molti volontari che ci scrivono. Diciamo che oggi è diventato un cosiddetto “hot topic”, perché c’è stato un disincanto, siamo in una situazione politicamente direi affascinante, nel senso che, io ho sempre timore a quando si crede troppo a ideologie o a stereotipi e ci si divide per fazioni, invece mi piace quando la politica rientra un confronto di come vogliamo l’Italia in un futuro. Credo che oggi ci sia una disillusione da una certa parte politica e una presa di coscienza da parte dell’altra parte politica del fatto che oggi non ci sono più certezze. Quindi succede che, ad esempio, si sta ridefinendo anche l’organizzazione, perché si parla tanto di autonomie, che sono ritenute ormai da chiunque positive: se usciamo dall’Italia tutti gli Stati più efficienti prevedono autonomie molto accentuate, non c’è eccezione. Però il tema è: ha senso, oggi, dare tanta autonomia a regioni quando oggi ci sono dei giochi territoriali, ma le grandi città sono in grande collegamento con le altre? Rispetto a 20 anni fa, che poteva essere che uno lasciava Milano per trasferirsi a Como, oggi se un ragazzo va via da Milano va a Barcellona o a Berlino: quindi il tema è come si può rendere Milano competitiva nei confronti di Berlino, anche come scambi di best practice. Quindi sulle basi di questo tema io so, per via traverse, che dal Ministero in giù stanno valutando fortemente il fatto di poter dare un’autonomia a Milano che potrebbe essere aggiunta all’autonomia di altre città, col vero tema che è: la via più facile ma più complessa è quella di dare più potere alle città metropolitane, la via più coraggiosa ma più semplice è quella di creare nelle aree urbane più importanti l’equivalente di una regione. Se lo sono il Molise e la Valle d’Aosta non vedo che dramma ci sarebbe che Milano potesse diventare una città-regione.

la via più facile ma più complessa è quella di dare più potere alle città metropolitane, la via più coraggiosa ma più semplice è quella di creare nelle aree urbane più importanti l’equivalente di una regione. Se lo sono il Molise e la Valle d’Aosta non vedo che dramma ci sarebbe che Milano potesse diventare una città-regione.

Perché Milano sarebbe comunque una regione molto popolosa

Sì. Se si creano due regioni, Lombardia e Milano, per il nostro ordinamento tutti i comuni della cintura urbana di Milano potranno decidere se far parte di una o dell’altra. Io credo che (lo farebbero) molti comuni della cosiddetta area Ocse, che è l’area metropolitana, che è diversa dalla città metropolitana, è composta da circa 8 milioni di abitanti che come PIL e forza sarebbe una delle tre regioni più potenti a livello europeo. Per esempio, sarebbe più popolosa della Svezia e come PIL tra i più forti a livello europeo. È ovvio che questo è un processo, però già inizialmente, quello che è certo e garantito dalla Costituzione, è che avendo almeno 1 milione di abitanti può chiedere di diventare una regione.

È un processo nel senso che ci sono diversi passaggi da fare per arrivare all’autonomia?

Sì, per diventare città-regione ci sono due casi: uno con la legge speciale dello Stato per dare alla città metropolitana che oggi non ha né risorse né poteri, poteri amplificati, come modello a livello mondiale quello che è successo a Parigi nel 2009. Molto semplice perché basta una legge dello Stato e complessa perché riproduce e aggiunge organi sul territorio: se domani bisogna aumentare il biglietto dell’autobus ci sarà il sindaco che dice una cosa, il sindaco della città metropolitana un’altra, regione, eccetera, quindi solita complessità italiana. Infatti a Parigi è stata introdotta nel 2009 e ad oggi non è ancora operativa.
Invece la cosa più semplice perché prevista dalla Costituzione, articolo 132, è la richiesta da parte della giunta del comune di Milano, più tutte le giunte della cintura che volessero aggregarsi, al Parlamento per dire che si vogliono separare dalla regione Lombardia e diventare una regione. Collaboreremo perfettamente in tutto, se si passa dalla Lombardia al Veneto non c’è un dramma esistenziale e economico, ma c’è una divisione del budget. Non costerebbe nulla allo Stato italiano, ci sarebbe una ripartizione più centrata sul territorio, un solo organo che decide laddove oggi decidono Comune, città metropolitana e regione. Rimarrebbe, quindi, il comune regione che può direttamente trattare con lo Stato. Oggi, il governo italiano, solo come cortesia potrebbe parlare con Sala, perché non è predefinito, parla con la regione. Un domani, Milano, potrà parlare direttamente con lo Stato, addirittura farsi valere a livello della comunità europea, potrebbe anche gestire direttamente i fondi europei, oggi gestiti dalla regione, potrebbe legiferare e potrebbe anche promuoversi a livello internazionale perché i budget del turismo sono tutti dati alla regione.
Per innescare questo processo, perché siamo in contatto con tutte le forze politiche, la chiave migliore è quella di partire con un referendum propositivo sul territorio che per prima istanza deve attivarsi con mille firme, successivamente nei prossimi 6 mesi dovremmo depositare 15 o 50 mila firme, a secondo del territorio, e poi con il referendum che avrà il quorum circa di 1\3 degli elettori, quindi agevolato.
È una strada opportuna perché tra due anni cambia la giunta, e quindi nessuna giunta oggi si prenderebbe l’impegno di fare una cosa così importante: in questo caso potrà essere il trigger per la prossima giunta, e può avvenire se dimostri che c’è volontà popolare e poi automaticamente secondo lo statuto del comune e della città metropolitana, se ogni referendum propositivo che delibera su una competenza ovviamente riservata alla giunta, se passa automaticamente il comune deve dare mandato, entro 45 giorni il comune dovrà procedere per avviare l’iter per diventare città-regione.

si vUOLE separare MILANO dalla regione Lombardia e diventare una regione. Collaboreremo perfettamente in tutto, se si passa dalla Lombardia al Veneto non c’è un dramma esistenziale e economico, ma c’è una divisione del budget. Non costerebbe nulla allo Stato italiano, ci sarebbe una ripartizione più centrata sul territorio, un solo organo che decide laddove oggi decidono Comune, città metropolitana e regione. Rimarrebbe, quindi, il comune regione che può direttamente trattare con lo Stato.

Quindi in realtà è un processo abbastanza semplice che ha bisogno soltanto di volontà della politica, quindi della giunta e di Milano?

Sì, teoricamente la giunta lo potrebbe fare con poi referendum confermativo dei cittadini. Parlando con i politici delle varie parti politiche il tema è ovvio che su un argomento del genere ci deve essere una volontà della comunità, sono i cittadini che devono decidere se vogliono più o meno autonomia.

Mentre MCS il sito in questo momento sta facendo crowdfunding

Sì, per la prima volta dopo la fondazione abbiamo deciso di fare un mese di funding, non dico crowdfunding perché c’è sia il tipo di iniziative rivolte ai cittadini, partiamo da una base di 20 euro con una serie di servizi: si può scegliere di supportare il referendum, noi ci siamo informati dai vari partiti più attivi nel mondo referendario, a vederlo da fuori non ci si rende conto dei costi che ci sono. Quando si raccolgono le firme ci deve essere per legge un notaio che le certifica, ed è difficile trovare tutti notai gratis, devi prendere occupazione pubblico, devi fare promozione. Teniamo conto che un referendum dal momento della raccolta firme a quello dell’attivazione sul territorio ti costa dalle 200\300 mila euro nelle prime fasi al milione di euro. Noi siamo tutti volontari, non vorremmo arrivare alla situazione che fai tutto ma poi ci guardiamo nelle tasche perché non abbiamo le risorse.
C’è anche la possibilità di far parte dell’associazione e quindi di diventare soci con varie forme, di prendere determinati servizi, dal libro ad altre cose, e poi di partecipare, il 20 novembre, alla Fondazione Catella alla cena di fund raising, la prima di Milano città stato, aperta a tutti quelli che vogliono finanziare sia partecipando alla cena, dal costo di 200 euro, che sembra tanto, ma tra costi di location, catering, service e di organizzazione, alla fine riusciamo quasi a coprirlo e poi ci sono le esperienze che vengo messe in palio e i partecipanti potranno vincere l’asta dell’esperienza.
È importante perché, oltre a essere un ambiente fantastico ed essere in contatto con quelli che noi chiamiamo “gli illuminati”, perché a Milano finanziano un progetto che non ha colore politico, non ha un tornaconto personale però è anche un’occasione per avviare delle collaborazioni con altre organizzazioni, tipo la stessa fondazione Catella che gestisce la Biblioteca degli Alberi, il Teatro Franco Parenti che gestisce il Parenti District e poi stiamo invitando alcune altre associazioni perché vorremmo creare un gruppo di enti che in un qualche modo, da un lato si agevolano i contatti di quelli che sono i finanziatori che decidono, all’americana, di destinare una parte dei loro risparmi alla comunità, quindi una volta li darà a noi, una volta a un teatro eccetera.
Dall’altro lato, noi riceviamo tantissime richieste di volontari che vogliono dare una mano, per ora non abbiamo tante attività e soprattutto abbiamo delle soglie molto alte, cioè, nonostante il sito sia fatto da volontari, cerchiamo di avere degli standard a livello di grande giornalismo e così via.
Quindi purtroppo abbiamo tanti che vorrebbero dare una mano ogni tanto però non abbiamo la possibilità, fintanto che non avremo banchetti eccetera, ma, visto che ci sono altri enti che hanno una carenza di volontari, che magari cercano qualcuno per raccogliere le foglie dal parco, molto semplicemente. Vogliamo quindi provare a vedere se si possono dare diversi sbocchi alle persone accomunate dalla voglia di destinare un poco del loro tempo a Milano.

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Il Beccaria è il LICEO PIÙ ANTICO di Milano

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liceo cesare beccaria

Rinomato come una delle scuole più prestigiose di Milano, il Liceo Classico Cesare Beccaria forma i propri studenti dal 1603. Da Giuseppe Parini, Cesare Cantù, Giovanni Berchet a Carlo Porta, Carlo Cattaneo, Pietro e Alessandro Verri.

Una lunga storia con cui si aggiudica il titolo di Liceo più antico di Milano. Diamo a Cesare quel che è di Cesare.

 

Gli inizi, le scuole Arcimbolde

liceo cesare beccariaL’atto di nascita risale al 1603, quando i Padri Barnabiti fondarono una scuola presso la chiesa di S. Alessandro, oggi una delle sedi dell’università Statale.

Nella loro casa i Barnabiti tenevano scuole private di grammatica e di umane lettere, ma quando nel 1606 il religioso milanese Monsignor Gianbattista Arcimboldi donò ai Barnabiti un cospicuo lascito (più di 5000 scudi romani e beni immobili), essi le aprirono al pubblico a vantaggio della gioventù milanese.  E, in onore del finanziatore, le denominarono “Scuole Arcimbolde”.

 

Liceo Sant’Alessandro

A quel tempo la distinzione tra scuola superiore ed universitaria non era chiara: vi si insegnava da retorica a grammatica, da filosofia morale a teologia. La separazione avvenne con l’arrivo della dominazione francese che introdusse il sistema dei licei.

Dopo alterne fortune, il liceo, chiamato Liceo Sant’Alessandro, tornò a risplendere intorno al 1770 sotto il regno di Maria Teresa D’Austria e fu sempre gestito dai Barnabiti fino allo scioglimento dell’ordine nel 1810 quando si fuse con il liceo di Brera (Scuole Palatine).

 

Liceo Cesare Beccaria

Il governo austriaco incrementò in ogni modo la biblioteca ed i gabinetti scientifici con preziosi cimeli che il Liceo conserva ancora oggi e che si possono visitare durante le aperture straordinarie della scuola: si tratta di apparecchi scientifici di costruzione straniera, costosissimi e rari in quel tempo, di collezioni di animali, minerali, fossili, alghe, conchiglie.

Il Liceo cambiò nome nel 1865. Pochi anni dopo la proclamazione dell’unità d’Italia, il Ministro della Pubblica Istruzione stabilì che ogni liceo dovesse intitolarsi a qualche illustre personaggio della storia locale e nazionale: l’antico nome di S. Alessandro cedette dunque il posto a quello di C. Beccaria, uno dei padri fondatori della teoria classica del diritto penale.

Fu nel 1901 che alcune sezioni dell’istituto si staccarono per formare il nuovo Liceo Ginnasio “G. Berchet”.

 

La nuova sede

liceo cesare beccariaNel 1957, infine, il Liceo classico Beccaria abbandonò la sede di Piazza Missori e si trasferì nella nuova di via Linneo, costruita dal Comune di Milano, presso la Fiera Campionaria, il polo fieristico e comunicativo della città orientata al futuro.

 

LETIZIA DEHÒ

 

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Travel is Made of Colours

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Andare a Teatro piace a tutti. Nei teatri si respira quell’aria particolare, di un posto magico, un po’ retrò ma pur sempre magico.

Travel is made of colours è uno spettacolo particolare: ti farà viaggiare con gli occhi, la recitazione e la fantasia! Se poi aggiungiamo che l’evento prevede invito a teatro e tè e pasticcini, non puoi far altro che prendere la metro, la bicicletta o il tram e andare alla Corte dei Miracoli!

Il tutto inizia alle 16.00 con un ricevimento (i famosi tè e pasticcini di cui parlavamo prima), prosegue con lo spettacolo stesso.

Una domenica pomeriggio così non si vedeva da tempo, non è vero?

P.s. L’ingresso è gratuito!

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Marta Arpini Trio e Colibrì

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Il Colibrì è un posticino preziosissimo per chi ama gli ambienti genuini, tranquilli, vivaci e alla mano. E’ un luogo in cui fare serate danzanti, aperitivi e bere un cocktail o due.

Ma il Colibrì è un luogo ancora più magico, perché qui si organizzano concerti live. In trio con i due eccezionali e poliedrici musicisti Gianluca di Ienno (piano) e Stefano Zambon (contrabbasso), Marta propone un repertorio che abbraccia le piu? belle e intense canzoni della tradizione afroamericana e brani originali freschi di scrittura.

E’ la volta di Marta Arpini Trio, cantante e compositrice. E’ specializzata in jazz vocals, e con il poliedrico duo piano e contrabbasso, propone un repertorio unico: le più belle ed intense canzoni della tradizione afroamericana oltre che brani inediti e freschi freschi di scrittura.

 

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I misteri della CASSINA DE’ POMM: il nome, il ponte e le candele

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cassina de pomm

La Cassina de Pomm è una tra le più remote cascine a corte rimaste ancora integre a Milano: ubicata in Via Melchiorre Gioia, lungo il Naviglio della Martesana, risale al XV Secolo.

“Cassina de Pomm” non si traduce con Cascina delle Mele, nonostante sorgesse su di un articolato sistema di terreni destinato alla coltivazione di frutteti di mele, bensì con “Cascina di Pomi”, scritto maiuscolo proprio perché si tratta del cognome della prima famiglia proprietaria che ha dato il nome al complesso rurale.
La Cassina fu voluta da Francesco Sforza, appunto nel XV Secolo.

Da zona di villeggiatura a punto di riferimento della Mala

cassina de pommNonostante fosse lontana dal centro città, aveva una posizione invidiabile perché immersa in uno straordinario ambiente naturale.
Inizialmente la Cassina de’ Pomm fu acquistata dalla famiglia nobiliare dei Marino e successivamente, nel ‘500, dai De Leya, i quali più tardi ampliarono la villa costruendo l’ala padronale, che venne destinata a zona riservata al soggiorno per la villeggiatura.
Nel XVI Secolo venne adibita anche a punto di cambio dei cavalli, spessissimo utilizzati per risalire il Naviglio della Martesana.

La Cassina era collocata lungo l’importante direttrice Milano-Monza, per questo motivo vi venne costruito un albergo, nel quale pernottarono personaggi di spicco, come Giuseppe Garibaldi e Napoleone Bonaparte.

In un secondo momento, conclusa la sua funzione di locanda, l’edificio venne adibito ad osteria.
In seguito, a partire dagli anni 70 del XX secolo diventò un ristorante alla moda frequentato da politici e personaggi dello spettacolo.

Il Naviglio della Martesana, purtroppo, è diventato tristemente famoso negli anni della Milano odia: la polizia non può sparare per l’uso ripugnante che ne faceva la malavita, dominata dai Vallanzasca e Turatello vari: questi malfattori optavano sempre per le buie e appartate rive del canale per regolare i conti con coloro che avevano commesso errori inammissibili. Sul fondale era possibile trovare, oltre a pneumatici, vecchi mobili, motorini e carogne di animali, anche cadaveri di uomini, donne e in qualche occasione di ragazzi anche molto giovani. La malavita non andava per il sottile. Quando era necessario sparare, si sparava. Senza alcun timore.

Leggi anche -> Quando a Milano vincevano i cattivi: Turatello, Epaminonda, Vallanzasca e la mala degli anni 70

Candele come petrolio: il Ponte del Pane Sicuro

cassina de pommAccostato alla Cascina c’è un ponte di ferro che sovrasta la Martesana, che molti sostengono sia stato progettato da Leonardo. Il ponte venne di fatto costruito a inizio del Novecento per dare la possibilità agli operai di una vicina fabbrica di candele, che era stata costruita sui campi di mele, di oltrepassare il Naviglio.

Il ponte era denominato “el Pont del Pan Fiss”, il Ponte del Pane Sicuro, in riferimento alla fortuna degli operai di avere ogni mese un lavoro sicuro, che garantiva loro uno stipendio mensile, in un’Italia che stava crescendo in mezzo a molte difficoltà.

I bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale distrussero gran parte della fabbrica e le disgrazie economiche successive completarono l’opera. Oggi i resti delle sue mura custodiscono un giovane parco, piccolo memoriale della guerra.

Un’altra piacevole sorpresa della Cassina de’ Pomm è la bella e rilassante passeggiata lungofiume. Ci sono varie panchine e una pista ciclabile che permette di pedalare fino a Trezzo sull’Adda, per ammirare la dolce campagna lombarda.

Infine, nel 2018 e al passo coi tempi, la Cascina venne convertita in un’agenzia di comunicazione.

EMILIO CELESTE

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PORTA ROMANA 2026: the next big thing

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Grattacielo A2A

Credits: Urbanfile – Grattacielo A2A

Milano, gennaio 2026: la nostra città si appresta ad ospitare le Olimpiadi Invernali. Accanto alle tradizionali passeggiate dal centro ai Navigli o dal centro a Porta Nuova attraverso Brera e corso Garibaldi, si è aggiunta una nuova gradevole camminata.

Porta Romana anno 2026

Da Porta Romana si imbocca via Crema, dove hanno aperto molti nuovi locali con tavolini all’aperto. La strada è alberata ed i marciapiedi ampi. È davvero una bella scoperta. Sullo sfondo si vedono dei grandi palazzi moderni e molto verde.

È un vero piacere far due passi per via Crema, sembra un po’ d’essere in una strada parigina; le altre passeggiate milanesi sono in vie più strette e quasi mai alberate. In questa via, dove non ci sono i dehors dei bar e dei ristoranti, le aiuole sono ben tenute, senza auto parcheggiate.

Il secondo tratto della strada dopo l’incrocio con via Piacenza è più ampio e caratterizzato dal verde urbano che occupa quello che un tempo era lo scalo di Porta Romana. Intanto si vede imponente la nuova torre dell’impresa energetica A2A.

Grattacielo A2A
Credits: Urbanfile – Grattacielo A2A

Piazza Trento è un bel rondò alberato: un percorso pedonale permette di attraversarla agevolmente per arrivare all’incrocio con viale Isonzo. Qui il traffico è intenso ma controbilanciato da un’ampia area piantumata, su cui svettano alcuni palazzi moderni. In fondo al parco si scorge un edificio curioso: è la torre della Fondazione Prada.

Fondazione prada
Fondazione Prada

Da Piazza Trento al distretto di Symbiosis

Entrati nel parco, si può notare come sia ben tenuto. C’è un gran viavai di studenti, qui, e non stupisce vista la vicinanza con il Campus Universitario della Bocconi e il convitto che è stato costruito all’angolo con la via Ripamonti, nell’ex sede del Consorzio Agrario.

Al centro di quest’oasi di pace, i vialetti sono in leggera salita: una scelta obbligata, visto che qua sotto passala nuova linea circolare suburbana gestita da Trenord. Le frequenze sono aumentate tanto che la si può considerare ormai un’altra linea metropolitana; inoltre ultimamente sono state introdotte molte nuove stazioni lungo il percorso. La stazione, adesso sotterranea, è stata spostata oltre il ponte di corso Lodi, al centro del parco, ed è collegata direttamente con la M3 attraverso un percorso ricavato nel sottosuolo. L’altra uscita della fermata è in corrispondenza del vialetto che collega piazza Trento con la Fondazione Prada.

Proseguendo attraverso i giardini, ci si avvia verso il complesso della Fondazione Prada. È interessante notare come l’edificio moderno si integri armonicamente con gli stabilimenti della vecchia distilleria “Società italiana spiriti”, risalenti al 1910.

Prendendo via Orobia si raggiungono il complesso Symbiosis e la nuova piazza Adriano Olivetti.

Nella piazza Olivetti ci sono diversi bar con tavolini all’aperto. Lo slargo è molto bello ed ampio, essendo pedonalizzato, e viene voglia di sedersi e riposarsi guardando la gente che entra ed esce dagli uffici. Pensare che questi edifici ospitano i geniali ideatori di diverse start up con nuove iniziative fa pensare che sarebbe divertente avere l’opportunità di conoscere queste persone e scambiare quattro chiacchiere.

Piazza Olivetti
Credits: milano.corriere.it – Piazza Olivetti

Riprendendo il giro diamo un’occhiata alla Fabbrica Orobia per vedere se è aperta. Questo edificio industriale spesso ospita mostre di arte contemporanea, i cui allestimenti richiedono grandi spazi.

Mostra alla Fabbrica Orobia

Uscendo dalla Fabbrica Orobia svoltiamo a sinistra in via Vallarsa. Questa zona ricorda il quartiere Isola di qualche anno fa. Quasi tutti gli edifici sono interessati dai lavori in corso: rifacimento di facciate, conversione di costruzioni industriali in loft. I vecchi condomini della zona hanno i portoni aperti per invitare a visitare la corte interna, in cui si sono insediate piccole botteghe che vendono vestiti vintage, prodotti artigianali, manufatti artistici che mai potremmo trovare nei negozi della grande distribuzione.

La rinata piazza San Luigi e il parco nello Scalo di Porta Romana

Di qui, si raggiunge una piazzetta alberata e semipedonalizzata: è la piazza San Luigi con l’omonima chiesa. Qui convivono la vecchia e la nuova Milano, che sa accogliere generazioni ed etnie diverse.

Credits: Urbanfile – Piazza San Luigi

Ritornando verso il centro, s’imbocca corso Lodi costeggiando il nuovo parco che rimane alla nostra sinistra e da questa prospettiva è bellissimo ammirarlo in tutta la sua estensione, che supera il chilometro. Sullo sfondo svettanole palazzine che ospiteranno gli atleti delle Olimpiadi Invernali tra pochi giorni.

Piazzale Lodi 2026
Piazzale Lodi 2026

Il traffico in piazzale Lodi è incessante ma rispetto a qualche anno fa è più facile per i pedoni attraversare viale Isonzo e continuare la passeggiata nel primo tratto del corso. Anche qui c’è più movimento rispetto ad un tempo ed è un piacere continuare la passeggiata in direzione dell’arco di Porta Romana.

Ritorno al presente

La riqualificazione degli ex scali ferroviari rappresenta una opportunità unica per Milano. Tra i sette scali ferroviari da riqualificare,quello che rappresenta le maggiori opportunità per la sua posizione vicina al centro città è quello di Porta Romana.

Scalo di Porta Romana
Scalo di Porta Romana

Lo Scalo di Porta Romana ha un’estensione di 187.000 metri quadrati e si estende da corso Lodi fino a via Ripamonti. È servito dalla linea M3 della metropolitana e dalla linea S9 del servizio ferroviario suburbano.
È distante da Porta Romana meno di un chilometro, per cui può essere raggiunto tranquillamente a piedi percorrendo via Crema. Questa graziosa via alberata ha pertanto una grossa opportunità di diventare il principale asse di collegamento tra il centro ed i nuovi quartieri che stanno sorgendo a sud dello scalo.

Già oggi percorrendo via Crema e raggiungendo piazza Trento si può scorgere sull’altro lato dell’ex scalo l’emblematica torre della Fondazione Prada disegnata da Rem Koolhaas, noto architetto olandese.
La Fondazione Prada, che oggi appare un po’ decentrata, una volta terminata la riqualificazione, si troverà di fronte ad un parco tra i più estesi e centrali della città. In piazza Trento è in costruzione la nuova sede della società energetica A2A che si sposterà in questi uffici nel 2022. Dovrebbe arrivare ad avere 1.500 dipendenti oltre all’affluenza giornalieri dei clienti.
Lo scalo di Porta Romana ospiterà il Villaggio Olimpico per le Olimpiadi Invernali che Milano-Cortina si sono aggiudicate per il 2026. Una volta terminate le Olimpiadi, gli edifici del Villaggio Olimpico diverranno residenze universitarie, data la vicinanza al Campus della Bocconi, dello IULM e della NABA.

Anche il Consorzio Agrario è in fase di riconversione in residenza universitaria: al termine dei lavori è previsto che ospiti 700 studenti.

Consorzio agrario
Consorzio agrario

La stazione della linea S9, attualmente in corrispondenza di corso Lodi, verrà spostata in prossimità di piazzale Lodi per garantire un miglior collegamento con la linea M3 della metropolitana. Inoltre questo tratto di linea ferroviaria verrà riqualificato ed integrato nel percorso della nuova linea ferroviaria semicircolare.
Le frequenze di questi treni saranno migliori del servizio attualmente svolto dalla S9 e permetteranno a questa zona di diventare ancora più fruibile. Alle spalle della Fondazione Prada si trova il nuovo business district di Symbiosis, che ospita importanti società tra cui la nuova sede di Fastweb. Al centro del complesso la nuova piazza pedonale intitolata ad Adriano Olivetti. È attualmente in corso la costruzione del complesso di uffici Symbiosis 2 più a sud del primo agglomerato.

Progetto Symbiosis
Progetto Symbiosis

LUCA SVALUTO

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Le tre gloriose SOCIETÀ DI CANOTTAGGIO di Milano

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canottaggio a milano
Credits: canottierimilano.it - Circolo Canottieri

La dimensione cosmopolita di Milano, città di terra percorsa dall’acqua, si espleta anche nel fatto che ospita ben tre società di canottaggio, non a caso tutte e tre sulle sponde del Naviglio Grande.

Canottieri Milano

In ossequio al motore di innovazione che Milano è sempre stata, nel 1891 la città vide la fondazione della Canottieri Milano, la prima società di canottaggio in Italia. Quattro anni dopo, sempre a cura della Canottieri Milano, venne pubblicato il primo giornale specialistico nel campo, intitolato semplicemente Canottaggio.
Nel 1919 questa società, una volta divenuta impossibile la fusione con la Canottieri Olona, dovette spostarsi in zona San Cristoforo dalla sua sede presso la Darsena, a seguito di un ordine di sfratto esecutivo.
Negli anni successivi, il nuoto, i tuffi e la pallacanestro si aggiunsero al canottaggio come attività sportive praticate in questa realtà.

Canottieri Olona

Un’altra delle più antiche e titolate società di canottaggio del panorama italiano è la Canottieri Olona, fondata nel 1894 da dissidenti della sopracitata Canottieri Milano. Nello specifico, il nome di Canottieri Olona si deve alla prima sede di questo circolo di ‘ribelli’, presso la Darsena di Milano, ove all’epoca sfociava il fiume Olona.
L’ultima incarnazione/evoluzione di questa realtà sportiva si è avuta nel 2014.  Ai corsi di canottaggio e canoa, tennis, running e altre attività sportive, nella sua nuova veste e denominazione di Olona 1894, questa realtà ha infatti aggiunto anche corsi di wellness, attività per il tempo libero e la possibilità di affittare spazi per ospitare eventi, innanzitutto a tema “acquatico”.

CUS San Cristoforo

La società di canottaggio ultima nata a Milano, anch’essa sul Naviglio Grande, è quella del CUS Milano San Cristoforo, che è stata fondata nel 2009 all’interno del glorioso Centro Universitario Sportivo Milano.
Le attività della San Cristoforo si concentrano sulle imbarcazioni scuola e, in generale, sulla formazione a beneficio dei canottieri, soprattutto dei più giovani.

ANTONIO ENRICO BUONOCORE

 

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Schianto a Teatro

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Schianto è uno spettacolo teatrale molto particolare, di quelli che ti fanno rimanere col fiato sospeso. Uscirete dalla sala e metterete tutto in discussione: e vi piacerà!

Un uomo cinico e disilluso e un esuberante tassista che ha da poco scoperto di diventare padre, diventano, loro malgrado, protagonisti di un on the road allucinato e contaminato dai generi più diversi.

Una serie di incidenti, reali e metaforici, tra cui l’incontro con un Robin stanco di essere l’eterna spalla del vecchio Batman, li obbligherà a fermarsi in uno squallido locale in mezzo al nulla. Questa sosta improvvisa verrà allietata dalla ipnotica voce di una misteriosa cantante da night club, pronta ad accogliere e a custodire i segreti e le frustrazioni dei tre uomini in un tempo che si dilata a ritroso fino alla prima giovinezza, quando tutto sembrava ancora possibile.

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