Dopo un percorso partecipativo che ha permesso di integrare le istanze degli stakeholder locali, Gruppo CAP e CORE hanno presentato il progetto definitivo che trasformerà il termovalorizzatore di Sesto San Giovanni e il depuratore adiacente in una biopiattaforma dedicata all’economia circolare.
A Sesto San Giovanni nascerà la biopiattaforma del futuro: un modello da esportare nel mondo
Si tratta di un progetto realizzato con la partecipazione dei cittadini che creerà 547 posti di lavoro. Sarà carbon neutral (a zero emissioni di CO2) e in grado di impiegare i fanghi di depurazione e la frazione umida dei rifiuti per produrre biometano, energia pulita ed eco-fertilizzanti.
Un ecosistema in grado di realizzare un’economia circolare
Attraverso la trasformazione dei rifiuti, si realizzerà un ecosistema sostenibile in grado di autoalimentarsi, perché capace di creare valore: le acque depurate andranno a irrigare il parco, mentre il biometano prodotto dal digestore servirà per alimentare le vetture e veicoli adibiti al trasporto. Inoltre con la termogenesi, i locali saranno riscaldati proprio dal calore prodotto dall’acqua depurata.
Sono state pensate anche misure compensative all’emissione di anidride carbonica per l’area, che verrà circondata da nuovi spazi verdi grazie alla piantumazione di alberi e piante. L’impianto sarà attrezzato con i più moderni sistemi di limitazione dell’impatto acustico e odorigeno.
Una nota sul traffico: in base agli studi progettuali è prevista una riduzione del 29% del traffico generato dall’impianto, passando dagli 80 viaggi quotidiani attuali ai 57 nel nuovo polo, senza aumentare il numero di mezzi impiegati. Un modello sostenibile di produzione e consumo che risponde agli obiettivi previsti dall’Agenda 2030 dell’ONU e che genererà valore anche sull’indotto del territorio.
Alessandro Russo, CEO del Gruppo Cap “Un impianto unico in Italia, un modello replicabile anche all’estero”
“Il progetto di Sesto San Giovanni, metterà al servizio della comunità un impianto all’avanguardia, frutto di continue ricerche e studi – afferma Alessandro Russo, presidente e amministratore delegato di Gruppo CAP -. Un impianto unico in Italia, che si avvarrà delle migliori tecnologie per ridurre al minimo l’impatto ambientale e che si candida a diventare un modello replicabile non solo nel nostro Paese, ma anche all’estero. Un polo green che creerà valore, occupazione e risparmio in bolletta per tutti i cittadini coinvolti”.
Un investimento da 56 milioni: tutti i numeri di questo progetto innovativo
547 nuovi posti di lavoro
2.200 veicoli alimentati a biometano ogni anno, ovvero 15.000 km l’anno di percorrenza
trattamento di 30.000 tonnellate/anno di rifiuti umidi ora affidate a strutture esterne, per la produzione di biometano
5 comuni coinvolti Sesto San Giovanni, Pioltello, Cormano, Segrate, Cologno Monzese, dai quali arriverà la frazione umida
una drastica riduzione dell’anidride carbonica dal 77% al 92%
sensibile diminuzione dell’ossido di azoto (Nox) a -84%, di anidride solforosa (So2) con un -83% e della CO2 nell’ordine di un -85% rispetto al vecchio impianto
valorizzazione di 65.000 tonnellate/anno di fanghi umidi, pari a 14.100 tonnellate/anno di fanghi essiccati
produzione di ben 11.120 MWh/anno di calore per il teleriscaldamento e recupero del fosforo da impiegare come fertilizzante, con conseguente sensibile riduzione costo delle bollette dei cittadini
il 75% dei fanghi verrà trasformato in energia e il 25% in fertilizzante.
la riqualificazione delle aree verdi
l’impiego delle migliori tecnologie sul mercato per il contenimento dei fumi e degli odori con riduzione delle emissioni del 76%
FABIO MARCOMIN
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Uno dei luoghi più particolari e trascurati di Milano forse ha finalmente un futuro. Si tratta della Goccia della Bovisa, il più grande bosco spontaneo di Milano. Ricordiamo la sua storia e le caratteristiche principali del progetto di riqualificazione che è stato presentato.
La GOCCIA della BOVISA: storia e progetto di riqualificazione del più grande BOSCO SPONTANEO di Milano
# La storia del bosco a forma di goccia
La “Goccia della Bovisa” è un’area abbandonata nella zona nord ovest della città di 42 ettari di bosco e ruderi a forma di goccia.
Si tratta dell’area dove sorgeva l’Union des Gaz che ha avuto il merito di portare a Milano un’innovazione storica: consentì ai milanesi di accendere la luce nelle loro case, oltre che di potersi lavare con l’acqua calda.
E’ il 1905 e l’Union des Gaz di Parigi costruisce delle officine in grado di produrre una grande quantità di gas ricavato dalla distillazione del carbon fossile. Fino ad allora l’illuminazione in città e nelle case funzionava prevalentemente ad olio con i lampedee, gli operai accenditori, che accendevano o spegnevano le poche lampade poste sulle strade.
Con l’arrivo dell’Union des Gaz le cose cambiarono e la luce artificiale si fece strada via via in tutte le case della città. In più ci si poteva anche lavare con l’acqua calda e cucinare senza la stufa a carbone. La materia prima arrivava alla fabbrica via treno e per questo l’Union des Gaz fece costruire attorno un sistema di binari a forma di goccia.
La presenza della fabbrica della luce diede un’impronta decisiva sulla Bovisa, quartiere popolare che si sviluppò dando anche vita ad altri tipi di produzione, tra cui quella cinematografica di cui la Bovisa fu il primo centro di produzione in Italia fino alla fine della Grande Guerra.
# Presentato il progetto di riqualificazione: La Goccia diventerà un grande parco scientifico-tecnologico
La riqualificazione dell’area, a dire il vero oggetto di critiche e di contrasti da parte di comitati del quartiere e gruppi ambientalisti, è stata affidata al Politecnico di Milano. L’ateneo ha presentato mercoledì scorso in Commissione Urbanistica il suo progetto per l’ampliamento del Campus Bovisa. La goccia diventerà un grande parco scientifico-tecnologico, con un grande parco che ruoterà attorno ai due gasometri recuperati, uno destinato ad ospitare lo “Smart city innovation hub“, l’altro la “Fabbrica dello sport“.
Il piano di riqualificazione prevede:
un’area verde pubblica di circa 40 mila metri quadrati che circonda i gasometri;
nuove residenze universitarie;
un edificio sperimentale a zero emissioni per il dipartimento di Energia;
smart city innovation hub;
la fabbrica dello sport con quattro piani dedicati a diverse discipline sportive.
I lavori dovrebbero cominciare tra la fine del 2020 e l’inizio del 2021 così da terminare nel corso del prossimo anno.
# La doppia proprietà futura Comune di Milano-Politecnico
I principali proprietari del futuro parco saranno il Comune e il Politecnico di Milano. Un parco che già oggi vanta oltre 420.000 mq e oltre 2000 piante.
L’obiettivo dichiarato è di valorizzare l’ex-zona industriale dismessa e abbandonata da anni per trasformarla “in un nuovo polmone verde a beneficio dei cittadini e della Città”. Il PGT prevede la realizzazione di un parco di almeno il 50% della superficie totale e la riduzione dell’indice di edificabilità allo 0,35 mq/mq per funzioni legate all’università: direzionali, produttive, finalizzate alla creazione di un parco scientifico-tecnologico, residenze universitarie.
Credits: Urbanfile – Deng, Dipartimento di Energia
Dopo una prima approvazione, il nuovo edificio già nominato “la Piramide” il cui nome ufficiale è Deng, che sarà il nuovo polo del dipartimento di Energia, è passato dal setaccio della commissione paesaggio a stento, facendo storcere il naso a qualche consigliere. Un palazzo dalle tecnologie avanzate e a “zero emissioni”, alto una ventina di metri e rivestito da pannelli solari. Come hanno raccontato le slide della presentazione: “L’edificio rappresenta un’occasione di stimolo progettuale avanzato e l’espressione di una cultura tecnologica ed ambientale, sostenibile anche sotto l’aspetto tecnico ed economico.”
Bisognerà ora attendere il riscontro dei gruppi più accessi della zona che desideravano il mantenimento del bosco spontaneo senza nuove costruzioni.
Per il terzo giorno consecutivo non ci sono state vittime per o con il Covid in tutta la Lombardia.
Zero decessi in Regione. Terzo giorno consecutivo con zero vittime in Regione che sono risultate positive al Covid. In Italia si confermano +5 nuovi decessi.
74 nuovi positivi. Anche il numero di nuovi positivi resta vicino ai minimi, sempre abbondantemente al di sotto dei 100. Solo 74 risultati positivi su poco più di 8.000 tamponi, per una quota in Italia del 29% (su +255 nuovi positivi).
+78 guariti in un giorno. Negli ospedali lombardi restano ricoverate 139 persone (-9 in un giorno) oltre a 13 ancora in terapia intensiva. Tra le province al primo posto per nuovi contagi torna Bergamo (+25) davanti a Milano con +13 nuovi positivi (+10 in città). Tutte le altre sono sotto i 10. Lodi è a zero.
Nel mondo i contagi giornalieri risultano sempre ai livelli massimi e anche i decessi restano elevati, soprattutto in America e in Asia, mentre l’Unione Europea si conferma sotto controllo. Per decessi nelle ultime 24 ore i Paesi più colpiti risultano sempre Messico, India, Brasile e USA. In Unione Europea sopra i 10 decessi giornalieri rimane la Romania (+22).
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Fuoco amico su Sala. Nei giorni in cui sembra sempre più probabile la sua ricandidatura, il sindaco Sala sta ricevendo sempre più critiche dalla sua stessa parte politica. Dopo gli attacchi, partiti anche dalla sua stessa giunta, per le sue prese di posizione su Smart Working e Gabbie Salariali, ora arriva un articolo pubblicato su Il Foglio, quotidiano che non ha mai nascosto simpatie per il sindaco di Milano. La critica che viene fatta a Beppe Sala è di restare ancorato a vecchie categorie del passato invece di avere il coraggio di guardare al futuro battendosi per ciò che è meglio per le nuove esigenze di Milano.
Beppe Sala, PRIGIONIERO del PASSATO (da Il Foglio)
Serve coraggio per guardare al futuro, caro sindaco Sala: un modello di sviluppo urbano per Milano non può essere legato con nostalgia al passato
Così scrive Stefano Epifani su Il Foglio:
Dr. Beppe Jekyll
A leggere le ultime dichiarazioni di Beppe Sala sembra essere usciti da un capitolo de Lo Strano caso del dr. Jekyll e del Signor Hyde di Stevenson. Da una parte c’è il Dr. Beppe Jekyll, rappresentante illuminato dell’Alleanza C40 Cities (una rete internazionale di megacity impegnate nella lotta al cambiamento climatico), che in questa veste scrive alla presidenza dell’Unione europea invitando tutti a lavorare per “costruire una società migliore, più sostenibile, più resiliente e più equa”. Lettera appassionata, nella quale si evidenzia l’importanza del cambiamento nei modelli di sviluppo urbani e la centralità della collaborazione tra le istituzioni europee e le grandi città per la realizzazione del green new deal. Una lettera nella quale si parla di abbattimento delle emissioni di CO2, della necessità di orientare tutti gli sforzi possibili verso l’ambiente, del fatto che si debba arrivare a finanziare soltanto progetti sostenibili dal punto di vista sociale ed ambientale. Insomma: una lettera nella quale si invita a progettare un futuro post Covid-19 che ci consenta, sulla base dell’esperienza vissuta nelle grandi città, di costruire una nuova normalità che sia addirittura migliore della precedente proprio in quanto basta su criteri di sostenibilità.
Mr. Beppe Hyde
Dall’altra c’è Mr. Giuseppe Hyde, sindaco di Milano. Un sindaco che nella complessa gestione della crisi generata dal coronavirus, dopo aver promosso una Milano che non si sarebbe dovuta fermare ed essersi ritrovato in una delle città più colpite del paese dalla pandemia, in più occasioni ha evidenziato come l’esigenza di ripartire sia collegata alla necessità di farlo ristabilendo ciò che c’era prima. Perché, parlando ad esempio di smart working, capisce che “c’è una necessità di smart working però, non consideriamola normalità perché se dovessimo considerarla normalità dovremmo ripensare interamente la città”. Alla faccia della nuova normalità.
Due visioni incompatibili e la città rischia lo stallo
Insomma: la città va ripensata come dice Beppe Jekyll o riportata a come era prima come dice Giuseppe Hyde? Certo è che, a meno di trovarsi di fronte a una paradossale città di Schrödinger nella quale il modello di sviluppo urbano sia contemporaneamente quello vecchio e quello nuovo, le due visioni non sono compatibili. Perché se pure è legittimo pensare che la città debba riattivarsi, è particolarmente pericoloso farlo pensando che ciò debba passare per una vera e propria “restaurazione” di un modello che non solo non è più possibile, ma è esattamente il contrario della sostenibilità. Non è ammissibile pensare che il motivo per il quale lo smart working non possa essere praticato su vasta scala dipende dalla necessità di alimentare un sistema economico che mostra in questa circostanza di essere del tutto autopoietico.
Il presente di Sala è già passato
Non è accettabile pensare che gli affitti debbano restare alti perché la gente deve essere portata fisicamente tutti i giorni a lavoro in quanto altrimenti non ci sarebbero clienti nei locali. Non è sostenibile un modello di sviluppo urbano che abdica alla costruzione di un futuro diverso in virtù della tutela di dinamiche di un presente che – chi non se ne era accorto lo sta vedendo in questi mesi – è già passato. Siamo di fronte a una transizione epocale. E non sarà una transizione indolore. Compito preciso della politica è quello di dare visioni di futuro e fare quelle scelte che saranno centrali per la costruzione del nostro domani. Rifugiarsi in un “modello Milano” che non ha più senso non aiuta a costruire quel futuro sostenibile della quale parla Beppe Sala quando si rivolge all’Unione europea.
Non ci possiamo permettere di fare morire Milano
Allo stesso modo, la transizione richiederà tempo e capacità di contemperare la dimensione ambientale con quelle economica e sociale: in questo le tecnologie saranno un grande alleato. La connettività e le reti saranno il fulcro per la realizzazione di un modello urbano che si basi su criteri di sostenibilità digitale quale strumento indispensabile per contemperare le diverse dimensioni coinvolte e per bilanciare la necessità di innovazione con l’esigenza di tutela sociale. Se sono vere le parole di Beppe Jekyll va profondamente rivisto il pensiero di Giuseppe Hyde, perché la certezza, con il paradosso di Schrödinger, è che il gatto, alla fine, muore comunque. E questo, per Milano come per l’Italia, non ce lo possiamo permettere.
Grazie all’emergenza Covid la scuola è tornata al centro dell’interesse dell’opinione pubblica italiana come non accadeva da decenni, ai tempi della Moratti o della leggendaria Falcucci, probabilmente la ministra dell’istruzione più odiata dagli studenti.
In decenni di riforme l’unico elemento immutabile nelle scuole sono rimasti i banchi, un punto di collante tra generazioni di studenti. Banchi spartani, forse brutti, ma incredibilmente resistenti al tempo e all’energia dei ragazzi italiani.
Il Covid è stata la miccia per una rivoluzione: è stato superato il record dei mesi di chiusura nella seconda guerra mondiale (inizio del 1943) e ora, mentre ancora c’è incertezza sul ritorno in classe, divampa il dibattito sulla scelta del governo di cambiare tutti i banchi delle scuole italiane.
I BANCHI ROTANTI: 5 motivi perchè sono da BOCCIARE
Sei ruote e ergonomico, ecco banco singolo anti-covid voluto dal governo (da Skytg24.it)
Il nuovo banco voluto dal governo è munito di sei ruote e omnicomprensivo: alla sedia ergonomica è unito un leggìo di plastica e alla base c’è un ripiano dove gli studenti possono mettere libri o altri oggetti utili per la didattica.
Iniziamo dai punti a favore
I motivi di questa scelta sono quelli annunciati dal governo. Il principale è quello di garantire il “distanziamento sociale” tra gli studenti. Rispetto ai vecchi banchi statici che ospitavano una o due postazioni, questa soluzione consente di isolare maggiormente gli studenti, sia perchè creano attorno a ogni postazione più spazio vitale, sia perchè le rotelle consentono di spostarsi in modo da creare una distanza ottimale. Ma questa non è l’unica ragione: il ministro Azzolina ha detto che questi banchi consentono anche una innovazione nella didattica, in particolare nel rapporto tra docenti e studenti, dando la possibilità agli insegnanti di variare la disposizione dei banchi a seconda della necessità della lezione. Passiamo ora alle criticità.
#1 Il Prezzo della gara: 300 euro a banco. Perchè sul portale cinese alibaba si trovano a 25 dollari?
In tempi di emergenza economica per il settore privato forse questo è il punto che sta attirando le critiche più feroci. Il governo ha fissato per la gara una base d’asta di 300 euro a banco. Come molti hanno osservato, questo tipo di modelli si trovano sul portale cinese alibaba.com, a un prezzo di 28.70 dollari che al crescere della quantità ordinata può scendere a 25.22 dollari. Perchè il governo ha fissato un prezzo di circa 10 volte quello di mercato? Anche se per avere il prezzo finale bisognerà attendere l’esito della gara, si prevede una spesa enorme, che potrebbe superare il miliardo di euro. Una cifra che si sarebbe potuta impiegare per migliorare le strutture spesso fatiscenti delle nostre scuole o comunque si giustifica poco questa sproporzione tra prezzo di gara e prezzo di mercato. L’unica consolazione potrebbe essere di finanziare almeno una o più aziende italiane. Ma così pare non essere.
#2 Bye bye money: commessa su misura di aziende straniere
Già il fatto di trovare il modello in vendita sul portale cinese alibaba ha messo molti sul chi va là. Realizzare tre milioni di banchi in un tempo ristretto non è uno scherzo e probabilmente risulta alla portata solo di aziende che già producono esattamente lo stesso modello. Al momento le aziende italiane che potrebbero partecipare alla gara hanno dichiarato di non essere in grado di assicurare quella fornitura così grande in tempi così rapidi e la risposta del ministro ha confermato i timori: Azzolina ha ricordato che si tratta di un bando internazionale e dunque, se le aziende italiane non sono in grado, saranno aziende straniere ad assicurarsi la commessa. Bye bye ai soldi dei contribuenti per finanziare aziende straniere, dunque. Ma le possibili brutte notizie non si esauriscono con la fornitura. Gli inconvenienti maggiori potrebbero essere quelli che si potrebbero verificare dopo.
#3 Prima lezione: come riparare le rotelline
Per capire gli altri problemi basta essere stati giovani. C’era una ragione perchè abbiamo studiato tutti su banchi spartani: erano fatti per resistere al tempo e agli studenti. I questo caso la resistenza nel tempo non sembra una delle priorità del nostro governo. Anzi. I nuovi banchi proprio perchè sono formati di più strutture unite insieme risultano evidentemente più suscettibili di rotture rispetto alla generazione di banchi compatti in legno che li avevano preceduto e che, al massimo, rischiavano di venire scheggiati. In questo caso il vassoietto mobile che fa da leggìo e le rotelline sono a grave rischio di rottura precoce, soprattutto considerando che verranno gestiti non da adulti universitari o frequentanti un MBA, ma da ragazzini esuberanti di energia e in molti casi facilmente propensi ad azioni indisciplinate e quantomeno avventate. Provate a ricordare i tempi andati quando si era a scuola e ogni occasione era buona per dare sfogo alla propria agitazione: è pensabile che i ragazzi di oggi siano invece così disciplinati da fare durare decenni dei banchi chiaramente più fragili? E il rischio di rottura apre due scenari preoccupanti: il primo è che bisognerà organizzare anche un servizio di manutenzione e di riparazione, con la spesa di altro denaro pubblico. Il secondo che, in mancanza del primo, si rischia di avere classi con alcuni banchi senza leggìo o con rotelline rotte assegnati presumibilmente a studenti “meno popolari” con possibili conseguenze negative sulla loro psicologia.
#4 E chi è fuori misura?
Nella gara del governo vengono richiesti diversi tipi di banco a seconda delle classi, per venire incontro alle diverse taglie degli studenti durante il percorso degli studi. Questa varietà indica già un altro fattore di debolezza: gli studenti non sono tutti uguali. Anche all’interno della stessa classe ci sono ragazzi e ragazze di taglie molto diverse, di altezza, di peso, la crescita inoltre non è uniforme per tutti. Rispetto ai “vecchi” banchi composti semplicemente da una sedia e da un blocco di legno, in questo caso bisogna inserirsi in una struttura che rischia di non andare bene per chi, ad esempio, è sovrappeso oppure ha un fisico diverso dagli standard della sua età. I rischi sono di non starci oppure di obbligare il proprio fisico in uno spazio incoerente per la propria forma. C’è infatti chi ha segnalato che questi banchi sono usati in Cina dove le differenze fisiche tra gli studenti risultano inferiori rispetto a quelle nelle classi italiane.
#5 Ma serviranno davvero contro il Covid?
Da ultimo c’è anche un punto di domanda sulla ragione fondamentale alla base del loro impiego: garantire il distanziamento sociale tra gli studenti. Come ha sottolineato il Prof. Luca Ricolfi sul Messaggero, rischia di rivelarsi inutile tenere distanti gli studenti in classe. Questo perchè, come si può immaginare che i ragazzi restino tra di loro a distanza di almeno un metro in tutti gli altri momenti della vita scolastica in cui non ci sono lezioni? Come si fa a pensare che restino a distanza quando entrano in classe, quando aspettano l’insegnante tra una lezione e quella successiva, nei momenti di pausa, quando stanno nei corridoi o in cortile, o quando escono da scuola per rientrare a casa? Come si fa dunque a impostare una rivoluzione così costosa e, come scritto sopra, causa di ulteriori problemi, in base a un assunto così poco logico, ossia che garantire la distanza tra gli studenti in aula li metta al riparo da ogni contatto?
ANDREA ZOPPOLATO
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Dovrebbe essere il simbolo della Rinascita di Milano dall’emergenza sanitaria. In via Canonica, all’altezza del civico 63, nei pressi di Chinatown, durante i mesi del lockdown è apparso un albero nel bel mezzo del marciapiede. Ecco alcune curiosità di questo prodigio che affascina i residenti della zona.
Un ALBERO da MARCIAPIEDE: in via Canonica il simbolo della rinascita di Milano
# Mistero su come è apparso: frutto del lockdown o piantato da qualcuno di nascosto?
Le notizie su come sia capitato che un albero dai frutti arancioni sia cresciuto nel bel mezzo di un marciapiede milanese tutto ricoperto d’asfalto rimane un mistero. I residenti della zona di Paolo Sarpi, che si sono espressi sui vari gruppi social, hanno opinioni varie e stravaganti: c’è chi ritiene che questo piccolo esemplare di pianta non sia cresciuto da zero proprio lì durante i mesi di lockdown della città, ma sia stato spostato e piantato in quel punto solo una volta cresciuto. C’è, poi, chi ha osservato come la pianta in questione sia una particolare specie infestante e un po’ velenosa. E chi pensa che appartenga ad una donna, proprietaria del ristorante cinese che si trova proprio davanti.
# E’ la Ciliegia di Gerusalemme: originaria del Perù, un simbolo di resilienza
Qualche certezza però c’è. La pianta infatti fa parte della famiglia delle Solanaceae, è originaria del Perù ed è in grado di resistere al freddo e alle gelate. Il suo nome è Solanum pseudocapsicum, in italiano Ciliegia di Gerusalemme.
# La risposta politica che tira in ballo Jovanotti
Il primo tra gli esponenti politici a prendere atto dell’evento è stato Alessandro Giungi, consigliere comunale del Pd, che in un post su Facebook si è espresso così: “In Via Canonica 63 è nato sul marciapiede questo albero. Per me è un piccolo miracolo. Che va preservato e protetto. Due giorni fa a tal proposito ho avvertito l’Assessore Pierfrancesco Maran che sicuramente farà il possibile”.
E l’Assessore Maran ha prontamente replicato: “Sei un fiore che è cresciuto sull’asfalto e sul cemento”, citando Jovanotti.
Nell’attesa che la giunta si decida a una posizione ufficiale, gli abitanti della zona si sono già organizzati: alcuni danno da bere all’albero, se ne prendono cura e sembra che si stia perfino costituendo un Comitato per la sua tutela.
LETIZIA DEHÒ
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Il Tar del Lazio accogliendo il ricorso di tre avvocati della Fondazione Einuadi dà il via libera alla desecretazione degli atti del Comitato Tecnico Scientifico sui cui si sono basate tutte le decisioni del governo in termini di limitazioni agli italiani durante l’emergenza.
🔴 STOP al SEGRETO di Stato sul Covid: il Tar ordina al governo di rendere PUBBLICI I VERBALI del CTS
Una sentenza del Tar del Lazio pronunciata lo scorso 13 luglio ha stabilito che i verbali sulla gestione dell’emergenza Coronavirus debbano essere resi noti. Cade dunque il segreto di Stato sul Covid. I giudici amministrativi della Prima sezione quater hanno accolto il ricorso di tre avvocati della Fondazione Einaudi, che avevano chiesto l’accesso civico ai verbali del Comitato tecnico scientifico anti-Covid.
Si tratta degli atti sulla base dei quali il governo ha deciso le limitazioni da imporre agli italiani per contenere il contagio e ridurre l’emergenza. Per il Tar, il mancato accesso agli atti è stato un errore, perché i verbali in questione non erano qualificabili come “atti amministrativi generali”, come invece sostenuto nella memoria difensiva da Presidenza del Consiglio dei ministri-Dipartimento della Protezione civile. Di qui l’ordine di far vedere e fare copia degli atti, entro 30 giorni.
A Milano il trasporto pubblico si paga già dopo i 14 anni, l’iniziativa del Sindaco di Parigi consente invece a tutti i ragazzi in età scolare di girare gratis dall’inizio del nuovo anno di studi sgravando moltissime famiglie da un costo importante. Sala, che spesso prende a riferimento Parigi, saprà seguirne l’esempio?
La METROPOLITANA di Parigi GRATIS per tutti i cittadini FINO A 18 ANNI
# Anne Hildago: “È un forte impegno che stiamo assumendo nei confronti dei giovani e del potere d’acquisto”
Ciò che è stato deciso per i bambini a gennaio 2019 è ora esteso a tutti i minori. Questo giovedì, 23 luglio, Anne Hidalgo ha fatto adottare al Consiglio di Parigi il trasporto gratuito per i minori di 18 anni. Una misura, “ha lavorato con i comunisti parigini“, che era stata promessa durante la campagna elettorale comunale e che sarà efficace tra qualche settimana. “Questo è un forte impegno che stiamo assumendo nei confronti dei giovani e del potere d’acquisto“, ha affermato il sindaco di Parigi nelle sue osservazioni iniziali.
Secondo il sindaco di Parigi, il costo dell’operazione è stimato a 27,6 milioni di euro all’anno, di cui 12,6 milioni di euro per la sola fascia 11-18 anni. “L’evoluzione approfondita del modello di mobilità urbana verso una mobilità più sostenibile, pulita e multimodale comporta in effetti lo sviluppo, fin dalla tenera età, di un riflesso dell’uso del trasporto pubblico e delle modalità attive“, possiamo dire. leggere nella relazione illustrativa del progetto di deliberazione.
# Un risparmio di 350 euro per ogni adolescente
Questa misura, che entrerà in vigore dall’inizio del prossimo anno scolastico, permetterà alle famiglie di ricevere il rimborso entro “5-6 settimane” dei Pass Navigo dei loro figli “grazie a un modulo che dovrà essere completato“, ha precisato il verde David Belliard, vice responsabile dei trasporti. Perché se il Junior Navigo Pass costa meno di 30 euro per i bambini di 4-11 anni, il pacchetto “Immagina R Scolaire” costa ancora 350 euro per gli altri 11-18 anni.
Nel dettaglio, questo rimborso ha riguardato studenti universitari, studenti delle scuole superiori e “giovani apprendisti che seguono un programma di studi di lavoro a un livello inferiore al diploma di maturità domiciliato a Parigi, il cui costo massimo annualedell’abbonamento è di 350 euro”. Anche i giovani parigini di età inferiore ai 20 anni con disabilità sono interessati da questo sistema.
Inoltre, i giovani parigini di età compresa tra 14 e 18 anni potranno beneficiare di un aiuto economico equivalente a un abbonamento al bike sharing elettrico.
Un’indiscrezione che circolava da giorni è diventata realtà. A due mesi dall’inchiesta di Report che ha sollevato il polverone sulla commessa di camici bianchi dalla Regione a una società del cognato e della moglie di Fontana, il Presidente di Regione Lombardia è stato iscritto nel registro degli indagati. Lo comunica il Corriere della Sera aprendo con questa notizia la prima pagina nazionale. La replica del Presidente: “Sono certo dell’operato della Regione Lombardia che rappresento con responsabilità“.
# 19 Maggio: il Governatore lombardo “avrebbe cercato di salvare la sua reputazione” tentando un bonifico per ripagare i camici
Come riporta il Corriere della Sera, con parte dei soldi di un proprio conto in Svizzera, sul quale nel 2015 aveva fatto uno “scudo fiscale” per 5,3 milioni detenuti fino ad allora da due “trust” alle Bahamas, il presidente della Regione Lombardia, Attilio Fontana, ora indagato per l’ipotesi di “frode in pubbliche forniture”, il 19 maggio cercò di fare un curioso bonifico per arginare — 4 giorni dopo una generica intervista di Report — il rischio reputazionale insito nei 75.000 camici e 7.000 set sanitari venduti per 513.000 euro alla Regione il 16 aprile dalla società Dama spa del cognato Andrea Dini e per il 10% della moglie Roberta”.
“Andò all’Unione Fiduciaria, che gli amministra il “mandato fiduciario misto” da 4,4 milioni accennato a pagina 3 del modulo sulla “situazione patrimoniale” dei politici sul sito online della Regione, e tentò di bonificare alla Dama spa del cognato 250.000 euro: cioè gran parte del mancato profitto al quale il cognato l’indomani sarebbe andato incontro facendo il 20 maggio, in una mail alla centrale acquisti regionale Aria spa diretta dall’ex Gdf Filippo Bongiovanni, l’unilaterale bel gesto di tramutare in donazione alla Regione l’iniziale vendita dei 75.000 camici, e di rinunciare a farsi pagare dalla Regione i 49.353 camici e 7.000 set già consegnati”.
# 7 giugno: il Governatore dichiara “Non sapevo nulla della procedura e non sono mai intervenuto in alcun modo”.
Sempre secondo il Corriere, l’azione di Fontana sarebbe stata ideata per poter in futuro dire “vabbè, vero che nel marasma dell’emergenza Covid mio cognato stava vendendo alla mia Regione i camici, ma guardate che, appena l’ho saputo, per scrupolo ho rimesso persino soldi di tasca mia”.
Una mossa difficile da conciliare con la sua dichiarazione del 7 giugno: “Non sapevo nulla della procedura e non sono mai intervenuto in alcun modo“. “Intanto perché”, scrive ancora il Corriere, “il presidente ha saputo invece sin dall’inizio dell’avviato rapporto commerciale tra cognato-fornitore e Regione-acquirente, in violazione del “Patto di integrità” anti-conflitti di interesse: e lo ha saputo perché a informarlo da subito fu uno degli uomini a lui più vicini: il suo assessore Raffaele Cattaneo, capo dell’unità di emergenza che cercava ovunque camici”.
“Inoltre i soldi per il bonifico arrivano da un suo conto in Svizzera nella banca Ubs Ag. Del tutto lecito. Ma la cui delicatezza — per un presidente di Regione che non ne ha mai fatto alcun cenno pubblicamente — sta nel fatto di essere il frutto di una voluntary disclosure: cioè della legge per favorire il rientro di capitali illecitamente detenuti all’estero, con la quale nel settembre 2015, dopo la morte in giugno della 92enne madre Maria Giovanna Brunella, a titolo di erede l’allora sindaco di Varese scudò 5 milioni e 300.000 euro, detenuti in Svizzera da due “trust” (strumenti giuridici di stampo anglosassone per proteggere il patrimonio da possibili pretese), creati alle Bahamas nel 2005 (dopo inizio nel 1997) quando Fontana presiedeva il Consiglio regionale, e nei quali la madre dentista figurava «intestataria», mentre Fontana risultava in uno il «soggetto delegato» e nell’altro il «beneficiario economico»”.
# L’unione Fiduciaria blocca il bonifico per incoerenza tra la causale con il bonifico, in base alla normativa antiriciclaggio
Ma nella questione sembra che al Presidente non gliene vada bene mezza. Neppure versare il bonifico gli riesce. Scrive infatti il Corriere che “la milanese Unione Fiduciaria, incaricata il 19 maggio da Fontana del bonifico, blocca il pagamento perché in base alla normativa antiriciclaggio non vede una causale o una prestazione coerenti con il bonifico, disposto da soggetto “sensibile” come Fontana per l’incarico politico”.
# Tentativo di marcia indietro di Fontana e la mancata donazione dei camici restanti
Oltre il danno la beffa: “E così la fiduciaria in gran segreto fa una «Sos-Segnalazione di operazione sospetta» all’Unità di informazione finanziaria di Banca d’Italia, che la gira a Gdf e Procura. La Gdf va ad acquisire gli atti nella fiduciaria di via Amedei, e il 9 giugno ascolta come teste A. M., «responsabile della Funzione antiriciclaggio»”.
Arriva a quel punto un nuovo dietrofront di Fontana. Forse accortosi dell’ulteriore danno, scrive il Corriere che “Due giorni dopo, l’11 giugno, Fontana di colpo chiede alla fiduciaria di non fare più il bonifico che era così urgente. E il cognato? Invece di regalare ad Aria spa anche i 25.000 restanti camici degli iniziali 75.000 tramutati in donazione alla Regione, per rifarsi del mancato guadagno cerca invano (attraverso una agente a provvigione) di rivenderli alla casa di cura varesina «Le Terrazze», a 9 euro l’uno anziché 6.” “Ovvio che l’imprenditore Dini”, scrive ancora il Corriere, “il 20 maggio ben potesse rinunciare al proprio diritto di vedersi pagare dalla Regione a 60 giorni le fatture emesse sui 49.353 camici e 7.000 set già consegnati.”
# Fontana dopo aver preso di esser indagato: “Sono certo dell’operato della Regione Lombardia che rappresento con responsabilità”
Ma ieri nell’interrogatorio di Bongiovanni, difeso dall’avvocato Domenico Aiello, si è compreso che i pm dell’aggiunto Maurizio Romanelli stanno verificando se Dini potesse sottrarsi anche al dovere contrattuale di comunque fornire alla Regione, fosse a titolo di regalo o in esecuzione di una vendita, l’intera quantità per la quale si era impegnato il 16 aprile: e cioè anche i restanti 25.000 camici, sui quali la Regione faceva affidamento perché in emergenza aveva un disperato bisogno di 50.000 camici al giorno, obiettivo talmente arduo che non fu mai raggiunto in alcun giorno. E invece la Regione di Fontana non li pretese dal cognato di Fontana. Ecco perché Bongiovanni e Dini, sinora indagati dai pm Furno-Scalas-Filippini per «turbata libertà nel procedimento di scelta del contraente», lo sono ora anche, ma qui in concorso con Fontana, per l’ipotesi di «frode in pubbliche forniture».
“Da pochi minuti – dice il governatore Fontana su Facebook dopo la notizia Ansa delle 23.06 – ho appreso di essere stato iscritto nel registro degli indagati. Duole conoscere questo evento, con le sue ripercussioni umane, da fonti di stampa. Sono certo dell’operato della Regione Lombardia che rappresento con responsabilità“.
Dopo l’inaugurazione il 3 gennaio 2020 e la chiusura il 7 marzo 2020 a causa dell’emergenza Coronavirus, i primi di giugno ha riaperto le porte per tornare a emozionare il palato dei milanesi.
DESSERT BAR MILANO: tre percorsi emozionali fatti di dolci
# Il pastry chef Federico Rottigni: “Milano stava esplodendo, ho scelto di tornare nella mia città”
Credits: ilgamberosso.it – Federico Rottigni
Il concept chiamato Dessert Bar Milano, di Federico Rottigni, pastry chef appena trentenne, dove su di un grosso banco marmoreo, viene preparato e servito un vero e proprio percorso emozionale, fatto da piccoli dessert creativi e drink alcolici. L’idea differenziante e innovativa di Federico è quella di servire emozioni, ricordi e nostalgia per dessert, in quello che è un vero e proprio momento gastronomico/spettacolo, dove coesistono scenari luminosi, musicali ed olfattivi, divisi per ogni momento.
Credits: ilgamberorosso.it – Dessert Bar
Federico seppur molto giovane arriva da un percorso decennale con grandi nomi ed è secondo la stampa uno dei giovanissimi da tenere d’occhio in Italia. La contaminazione con concetti di arte, lo ha reso più vicino ad un artista, che ad uno chef. “Sono 10 anni che faccio il pasticcere, dopo due anni con Knam sono stato a Villa Crespi, poi di nuovo a Milano, a Palazzo Parigi e all’hotel Gallia, come chef pasticcere responsabile quando avevo solo 24 anni. Per due anni ho lavorato in Norvegia, prima nel bel mezzo di una foresta, al Lysebu Hotel, poi in una grande struttura alberghiera nel centro di Oslo, circa 70 persone al lavoro in brigata, io ero a capo di pasticceria, cioccolateria e bakery, con un team di 15 pasticceri di molte nazionalità. Ma avevo già quest’idea in testa, Milano stava esplodendo, ho scelto di tornare nella mia città“.
# Tre formule da scegliere, con il dolce abbinato a un drink
Tre sono le formule tra cui scegliere, tutte con drink pairing: 64 euro per la degustazione da 4 portate, 52 per quella da 3, 48 per il percorso (sempre da 4 portate) che abbina una bottiglia di champagne anziché i cocktail ideati dal team. La ricerca sul gusto si spinge oltre ciò che convenzionalmente etichetteremmo come dolce: “I miei dessert sono ‘dezuccherati’, per una questione tecnica. Un intero menu incentrato sul dessert non può contenere troppi zuccheri, dev’essere bilanciato su acidità e consistenze. E in generale mi piace sfruttare la dolcezza naturale degli ingredienti”.
Come il litchi, che interviene nel mix di suggestioni riunite nel primo dessert del percorso, l’Ultimo petalo, ispirato alla Bella e la Bestia: “Una riflessione sul tempo, che mette insieme la rosa e il suo profumo, il lampone proposto in tre consistenze, il litchi, un cremoso al cioccolato bianco e il cocktail a base di gin in abbinamento”.
La prenotazione è obbligatoria e su un unico turno, ore 21.00, da mercoledì a domenica.
Altra giornata molto positiva per la situazione Covid in Lombardia.
Zero decessi in Regione. Oggi zero vittime in Regione che sono risultate positive al Covid. Altra giornata in cui la Lombardia dà segnali di essere uscita dall’emergenza sanitaria e, in più, mostra di non essere ormai più il centro dei problemi. Nel resto d’Italia la situazione procede in netto miglioramento con 5 decessi nelle ultime 24 ore, risultando così in linea con gli altri paesi dell’Unione Europea, a eccezione della Romania che rimane al di sopra dei dieci morti giornalieri (+24).
53 nuovi positivi. Anche il numero di chi è risultato positivo al tampone è a livelli minimi. Solo 53, soprattutto asintomatici o debolmente positivi, risultati su quasi 10.000 tamponi. Il totale in Italia è 252 nuovi positivi, la quota della Lombardia è dunque attorno al 20% del totale nazionale, una percentuale che si riduce progressivamente. Per nuovi contagi la Lombardia è al secondo posto, dietro all’Emilia Romagna (+63).
+235 guariti in un giorno. Negli ospedali lombardi restano ricoverate 144 persone (+5) oltre a 17 ancora in terapia intensiva. Tra le province al primo posto resta Milano con +22 nuovi positivi (+11 in città). Tutte le altre sono sotto i 10. Sondrio è a zero.
Nel mondo i contagi giornalieri risultano sempre ai livelli massimi e anche i decessi sono in ripresa, soprattutto in America e in Asia, mentre l’Unione Europea si conferma sotto controllo. Per decessi nelle ultime 24 ore i Paesi più colpiti risultano Brasile (+1.192), USA (+974), Messico (+718) e India (+467). Sopra i 100 morti giornalieri ci sono anche Iran (+215), Russia (+154), Sud Africa (+153), UK (+123), Indonesia (+117) e Cile (+116).
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Anche se ufficialmente non ha ancora svelato le sue intenzioni su una sua eventuale ricandidatura, rimandando la decisione al prossimo autunno, si moltiplicano i segnali che invece la decisione Sala l’avrebbe già presa. L’ultimo sembra dipanare ogni dubbio.
🔴 Breaking News. SALA verso la RICANDIDATURA: gira la bozza del suo programma
Sala sì, Sala no, era uno dei tormentoni di queste ultime settimane. Non c’era intervista al sindaco senza la fatidica domanda che riceveva sempre la fatidica risposta: “non ho ancora deciso“.
Invece negli ultimi giorni hanno iniziato ad intensificarsi segnali che la decisione Sala sì che l’avrebbe già presa. E sarebbe quella di ricandidarsi a sindaco per il secondo mandato. Come anticipato da Affari Italiani, sarebbero in corso già le manovre per allargare e compattare la coalizione, come il recente ingresso degli “arancioni”, ex seguaci di Pisapia, nel PD milanese (Gli arancioni (quasi) tutti nel Pd: 58 ingressi, l’anticipazione di Affari).
Così come nei suoi messaggi ai cittadini molti hanno notato che il Sindaco ha ammainato la bandiera di potenziale leader della sinistra nazionale per ritornare nei ranghi di sindaco di Milano. In particolare sposando da un lato la linea super ambientalista e dall’altro difendendo la città da alcuni attacchi fatti da altri rappresentanti politici italiani.
Forse la parola fine su ogni dubbio la mette un’indiscrezione che ci arriva direttamente da membri di categorie professionali della città. Starebbe circolando una prima bozza di programma politico da integrare con proposte di professionisti e, presumibilmente, di altre categorie di cittadini.
Sui contenuti sembra non ci siano grandi sorprese rispetto alle prese di posizione del sindaco negli ultimi tempi. Volete sapete se c’è spazio anche per Milano città stato (autonomia di Milano con poteri da regione)? Risposta: zero. Però, come detto, si tratta ancora di una bozza. Chissà che sulla strada delle elezioni non arrivi un’illuminazione.
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Dopo il Ministro per il Mezzogiorno che ha dichiarato che nel sud ci vuole “una fiscalità agevolata”, dopo il primo ministro Conte che ha elencato tra i progetti da finanziare tutte opere nel mezzogiorno, dopo il ministro Speranza che ha dichiarato che “la maggior parte del Recovery Fund deve finire nel Sud”, arriva il Ministro per le Autonomie, Francesco Boccia. Fedele al suo ruolo spezzerà una lancia a favore delle regioni del nord più colpite dal virus ma più ignorate dal Governo?
“I FONDI europei VADANO AL SUD” lo ha detto il ministro del mezzogiorno? No, IL MINISTRO PER LE AUTONOMIE
Ministro Boccia perchè il recovery fund può aiutare molto a definire un accordo anche sulla riforma dell’autonomia differenziata come lei stesso ha detto all’indomani dell’accordo di Bruxelles?
“Il Recovery Fund è un’occasione straordinaria per separare il passato del futuro. E mi spiego. L’Europa ci dà i soldi e tocca a noi puntare su progetti strategici che cambino la storia d’Italia. Non è enfasi è ragionare su alcuni dati certi. La pandemia ha cambiato il mondo e noi abbiamo l’impegno di cambiare noi stessi. A cominciare dal rapporto tra Stato e Regioni: l’emergenza ha insegnato che si esce dal tunnel solo tenendosi per mano con leale collaborazione. È ciò che ha fatto il governo con le Regioni. Il Recovery Fund è il nostro esame per ridurre le diseguaglianze.”
# L’Italia delle diseguaglianze accresce il divario, tutti gli indicatori annunciano scenari difficili per il Sud, basteranno le misure annunciate dal ministro Provenzano, dalla fiscalità di vantaggio agli incentivi per il lavoro alle donne?
“Sono misure importanti; e zero oneri contributivi sulle donne è una risposta efficace a una piaga intollerabile, come la disoccupazione femminile al sud. Il Mezzogiorno è in cima all’agenda del governo. L’azione di governo è orientata a uno sforzo globale per il riallineamento del Mezzogiorno all’asse del Paese e soprattutto alla lotta alle disuguaglianze sociali che saranno a mio avviso il vero banco di prova dell’inverno. Noi ci siamo e vogliamo esserci con un’azione costante ma soprattutto pragmatica: la storia di questi mesi ci insegna che anche un giorno in più diventa un’eternità”.
# Siete stati etichettati come il governo dei meridionali, vi pesa?
“Con orgoglio rivendichiamo i nostri luoghi di nascita e a maggior ragione abbiamo una responsabilità storica in più. Ma come ha dimostrato l’emergenza, quando il Sud funziona non solo tutto il Paese ne beneficia ma addirittura aiuta il nord come nel caso dello straordinario aiuto dei medici e infermieri volontari che dal Mezzogiorno sono andati senza farselo chiedere una volta di più negli ospedali in cui si moriva ogni giorno.”
# Il ministro si dimentica il Nord nonostante sia stata l’area più colpita del Paese dal Covid
Nelle dichiarazioni del Ministro per le Autonomie non viene fatto nessuna accenno a:
#1 I decessi in Lombardia sono oltre il 50% del totale italiano: quindi a rigore di logica essendo la nostra regione quella più danneggiata avrebbe avuto diritto ad una quota preponderante dei fondi europei.
#2 I 56 miliardi a fondo perduto che ogni anno la Lombardia da al resto d’Italia senza porre condizioni: non si capisce come mai per impiegare i fondi ricevuti dall’Europa, all’Italia sia giustamente richiesto di presentare dei progetti a cui destinarli, mentre i contributi a fondo perduto che la Lombardia regala al resto del Paese, viene lasciato senza sapere come verranno utilizzati.
#3 All’autonomia richiesta nel 2017: sono passati più di 1000 giorni dai referendum di Veneto e Lombardia, nei quali a maggioranza schiacciante i cittadini avevano dato potere ai presidenti delle due regioni di trattare con il Governo per ottenere maggiore spazi di autonomia in diverse materie di competenza degli enti locali
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I numerosi affondi, spesso gratuiti e al limite dell’indecenza, profusi dal governatore campano durante tutta l’emergenza Coronavirus, ultima quella di qualche giorno fa dove con una battuta dal sarcasmo nero diceva “Milano non si ferma, Bergamo non si ferma. Poi si sono fermati a contare migliaia di morti” nasconde in realtà un’amara verità.
Il Corriere della Sera ha scoperto il “segreto” dell’eccellenza campana: è la Regione che fa meno tamponi di tutti. Anche se alla fine forse i nodi verranno al pettine: nell’ultima settimana la Campania è prima tra le regioni del Sud per incremento di contagi.
La lotta al Covid alla DE LUCA, il “giustiziere” di Milano: basta non fare TAMPONI e il VIRUS non c’è più
Il governatore della Campania Vincenzo De Luca sta dispensando “lezioni” alle altre regioni e in particolare alla Lombardia. In realtà analizzando i dati relativi all’andamento della curva epidemiologica della Campania emergono numeri che mostrano diverse anomalie e soprattutto dimostrano che non si tratta affatto di una zona “franca”. E si tratta di numeri trasmessi dalla stessa regione al ministero della salute che poi li inserisce nel monitoraggio settimanale per calcola l’indice di trasmissione, l’Rt.
# Per tamponi effettuati la Regione è ultima in Italia in rapporto agli abitanti: solo 217 tamponi su 100.000 abitanti
Uno dei parametri per misurare la circolazione del Covid-19 è quello dei tamponi effettuati. Ebbene come denunciato anche dalla fondazione indipendente Gimbe che analizza il quadro complessivo dell’Italia e poi focalizza l’attenzione sulle varie aree, nelle ultime due settimane “la regione Campania si assesta in ultima posizione per numero di tamponi diagnostici ogni 100.000 abitanti“. La media nazionale è infatti di 570 tamponi effettuati per ogni 100.000 abitanti mentre nella terra amministrata da De Luca ne sono stati prelevati e comunicati soltanto 217.
# Per incremento dei contagi è prima tra le regioni del sud
Nella settimana tra il 15 e il 21 luglio ci sono stati 60 nuovi contagiati con un incremento di 28 casi rispetto alla precedente settimana. Dopo Lombardia (+184), Veneto (+172), Lazio (+46), Liguria (+44), Piemonte (+35) e Toscana (+30) c’è al settimo posto proprio la Campania che supera tutte le altre regioni del sud. La Sicilia ha soltanto 12 nuovi casi, la Calabria e la Puglia 9, staccate anche l’Umbria con 6, l’Emilia con 2, le Marche con 6, l’Abruzzo con 3 e la Basilicata che ha 0 contagi.
# I parametri dell’incremento percentuale vede la Campania seconda dopo la Calabria
Negli studi di Gimbe vengono valutati i dati del monitoraggio del ministero della Salute seguendo due criteri. La Prevalenza (casi totali per 100.000 abitanti): misura la “densità” dei casi confermati nella popolazione e rappresenta anche una stima indiretta dei contagi non noti. L’incremento percentuale dei casi totali: misura la “velocità” con cui si diffonde il virus. Tale valore viene calcolato su un arco temporale settimanale, viste le notevoli fluttuazioni dei dati giornalieri. Secondo l’incrocio di questi numeri “al 22 luglio la Campania è seconda, dopo la Calabria, per incremento percentuale dei casi“.
# Per casi “attivi” la regione amministrata da De Luca arriva subito dopo le regioni del nord e il Lazio
Anche nella classifica degli “attualmente positivi” la regione guidata da De Luca non ha risultati ancora soddisfacenti visto che è settimanella classifica perché conta 297 persone ed è preceduta da Lombardia, Emilia Romagna, Lazio, Piemonte, Veneto e Toscana.
# Le vittime
Dall’inizio della pandemia la Campania ha avuto 4.858 casi e 434 vittime che la colloca all’11mo posto rispetto alle altre Regioni. Complessivamente ha effettuato 316.191 tamponi. Per avere un’idea della differenza la Lombardia ha effettuato 1.217.829 con 95.633 accertati; il Veneto 1.138.625 con 19.707 accertati.
La linea del governo è unanime: i fondi dell’Europa devono prendere la direzione del Mezzogiorno. Anche sul fronte del sistema sanitario con l’obiettivo del ministro della Salute di farne arrivare almeno il 60% al Sud. La dichiarazione di Speranza si aggiunge a quella di Boccia, Ministro delle Autonomie, e di Provenzano, Ministro del Sud. Almeno su un punto tutte le forze politiche che sostengono il governo sembrano d’accordo: indirizzare il Recovery Fund verso il Sud del Paese.
# Obiettivo del ministro della Salute Roberto Speranza: assegnare 60% risorse disponibili al Mezzogiorno
Che si tratti dei 37 miliardi dei fondi europei del Mes, da spendere per il potenziamento del Servizio sanitario nazionale, o che si ripieghi sulla fetta di circa 30 miliardi, attinta alla più ampia torta delle risorse del Recovery fund, da dirottare sugli investimenti diretti e indiretti in Sanità, uno degli elementi chiave, posti dal ministro della Salute Roberto Speranza nell’intervista dei giorni scorsi al Mattino, è che vi sia un riequilibrio nelle assegnazioni delle risorse tra Nord e Sud.
L’obiettivo del gruppo di lavoro, attivato in via Lungotevere già nel periodo preCovid, è superare i criteri di riparto del fondo sanitario nazionale stabiliti nell’ultimo decennio in Conferenza Stato Regioni che hanno visto fortemente penalizzato il Sud rispetto al Centro-Nord. Il tema centrale è anche come spendere queste risorse Ue in più che potrebbero arrivare nelle casse delle Regioni meridionali nei prossimi mesi. Al Mezzogiorno, nello scenario che si va delineando, andrebbe assegnato circa il 60 per cento delle risorse disponibili: in soldoni 22 miliardi su 37 nel caso si attivi il Mes ovvero 18 a fronte dei 30 attinti dal Recovery fund. Investimenti per i presidi ospedalieri, edilizia sanitaria, rafforzamento della sanità territoriale, nuove strumentazioni per la diagnostica, sanità digitale, telemedicina e Ricerca alcune delle rotte su cui orientare la bussola dei nuovi investimenti nella sanità soprattutto al Sud.
# Interventi per rendere attraente il Sud per gli investimenti delle Big Pharma
Di suo il ministro ha anche aggiunto gli interventi per rendere il Mezzogiorno più attraente per gli investimenti del settore cruciale degli investimenti delle big del farmaco. Direttrici che, nelle Regioni che, come Campania, Puglia, Calabria e Sicilia, hanno scontato i tagli del Piano di rientro dal deficit, devono fare i conti con la priorità dell’assunzione di nuovo personale. La sola Campania ha perso in dieci anni due generazioni di medici e personale sanitario (14 mila camici bianchi) disarticolando molti servizi essenziali ridotti all’osso a cominciare dalle rete dell’emergenza e urgenza passando per i dipartimenti della medicina del territorio, (prevenzione e unità epidemiologiche collettiva che oggi svolgono il lavoro gravoso per la tracciaiblità dei casi Covid) per finire alle cure domiciliari e alla presa in carico sociosanitaria delle cronicità. Da marzo sono state effettuate circa 15.000 assunzioni al Sud, circa 1000 in Campania, ma sono quasi tutti contratti di pochi mesi che bisogna trasformare in lavoro e servizi stabili. Qui evidentemente occorre un lavoro di approfondimento serio sui costi strutturali a lungo termine che evidentemente non possono essere sostenuti solo con un piano di investimenti diluito negli anni.
# Un piano Marshall per rimettere in piedi e in efficienza il sistema sanitario del Mezzogiorno
Quello che serve insomma è un vero e proprio Piano Marshall per tappare le crepe del sistema sanitario italiano e rimettere in piedi e in efficienza quello del Sud. Operazione che mira a tirare il freno allo stillicidio della migrazione sanitaria che da lustri sottrae preziosa linfa, centinaia di milioni di euro all’anno, 300 annui solo in Campania, agli investimenti nella Sanità del Sud. Il Mezzogiorno pur potendo contare su singole eccellenze assistenziali emerse con nettezza durante la pandemia, paga pegno in termini di ritardi strutturali. Il piano degli investimenti programmato dal ministero con i fondi straordinari sarebbe pluriennale e poggia innanzitutto sulla ristrutturazione della rete ospedaliera. La Campania ad esempio potrebbe raddoppiare l’attuale posta di 1,1 miliardi messa nel piatto a fine 2018 dai ministeri per accompagnare il Piano ospedaliero. Qui uno dei nodi da sciogliere riguarda la capacità di spesa: l’attuale compagine tecnica che interfaccia Regioni e Ministeri sui progetti di ristrutturazione edilizia finisce a Roma in un imbuto burocratico fatto di due Nuclei di valutazione che impiegano anni per approdare alla fase esecutiva. “Servirebbe una forte struttura di affiancamento tecnico – fanno sapere Palazzo Santa Lucia, sede della giunta regionale della Campania – che svolga un ruolo operativo teso a velocizzare e sostenere realmente le esigue forze operative delle singole Regioni ridotte all’osso dalla stagione dei tagli“.
# 5 miliardi al sud, il 50% del budget totale, per la medicina di territorio
L’altro snodo strategico è un investimento altrettanto massiccio, si parla di 10 miliardi di cui la metà al Sud, nella cosiddetta medicina del territorio che ha funzionato male anche al Nord nei mesi scorsi. Qui si tratta di costruire una serie di strutture di prossimità specializzate ramificate nelle Asl come ambulatori, day hospital, nuclei multidisciplinari che abbiano in uso tecnologie di primo livello, ma soprattutto di assumere personale specializzato, soprattutto infermieristico e tecnico, che curi a casa i malati bisognosi di interventi semplici ma ripetuti nel tempo. C’è poi il tema dell’ammodernamento delle tecnologie che giocano un ruolo cruciale per l’innovazione e l’efficacia delle cure e che ogni dieci anni richiedono un tura-over oggi insostenibile per molte regioni che potrebbe assorbire circa 2 miliardi di euro.
Sullo sfondo il tema delle cronicità:il Covid-19 ha fatto emergere il grave ritardo nella riforma dei servizi territoriali mostrando la necessità di spostare l’assistenza dei malati cronici dall’ospedale al territorio puntando al massiccio uso della telemedicina e teleassistenza. “Su questo fronte l’emergenza Covid, tutt’altro che conclusa – avverte Fabrizio Starace psichiatra napoletano membro del gruppo di lavoro che ha affiancato il premier Giuseppe Conte durante l’emergenza Covid – ha posto il nostro sistema sanitario di fronte a uno stress test che ne ha messo a nudo le principali fragilità“. L’obiettivo è orientare gli in vestimenti alla presa in carico attiva delle persone con fragilità e cronicità tramite servizi di prossimità riequilibrando Nord e Sud.
# Nelle dichiarazioni del Ministro per le Salute non si fa nessun riferimento a:
#1 I decessi in Lombardia sono oltre il 50% del totale italiano: quindi a rigore di logica essendo la nostra regione quella più danneggiata avrebbe avuto diritto ad una quota preponderante dei fondi europei.
#2 I 56 miliardi a fondo perduto che ogni anno la Lombardia da al resto d’Italia senza porre condizioni: non si capisce come mai per impiegare i fondi ricevuti dall’Europa, all’Italia sia giustamente richiesto di presentare dei progetti a cui destinarli, mentre i contributi a fondo perduto che la Lombardia versa al resto del Paese, viene lasciato senza sapere come verranno utilizzati.
#3 All’autonomia richiesta nel 2017: sono passati più di 1000 giorni dai referendum di Veneto e Lombardia, nei quali a maggioranza schiacciante i cittadini avevano dato potere ai presidenti delle due regioni di trattare con il Governo per ottenere maggiore spazi di autonomia in diverse materie di competenza degli enti locali.
In più domanda finale: come è possibile che tutti i ministri della Repubblica si preoccupano così tanto solo di una parte del Paese (il Sud d’Italia) ignorando completamente le regioni del Nord? E tutto questo accade nonostante nel governo ci sia pure un Ministro per il Mezzogiorno?
Sicuramente più dedita al divertimento, coi suoi parchi a tema e locali, la sponda veronese è tutta da scoprire.
Vacanza sul LAGO DI GARDA (sponda VENETA): 10 mete da sogno
#1 Peschiera del Garda e le sue isole fortificate
Credits: veronissima.com – Peschiera del Garda
Caratterizzata dalle sue isole fortificate tra il lago e le acque del fiume Mincio, Peschiera vale sicuramente una visita. La scenografica Porta Verona, con il suo leone marciano, accoglie i visitatori che ancora oggi giungono qui dalla città scaligera. Oltre al suo aspetto fortificato, simbolo del suo passato militare a difesa dei territori veronesi, il borgo presenta caratteristiche vie e piazze con tanto di locali e ristoranti.
#2 Gardaland: il parco di divertimenti per eccellenza in Italia
Gardaland
Sicuramente la meta più famosa di questa sponda del Garda, il parco di divertimenti per eccellenza in Italia che accoglie dal 1975 generazioni di bambini e gente di ogni età. Un luogo dove è facile tornar bambini passando una giornata nella totale spensieratezza delle sue numerose attrazioni.
#3 Parco Termale Villa dei Cedri tra filari di vigneti
Credits: palazzoaicapitani.it – Parco Termale Villa dei Cedri
Luogo ideale per rilassarsi a pochi chilometri dalle sponde del lago, immersa tra un verde parco e filari di vigneti, la neoclassica Villa dei Cedri accoglie i suoi ospiti dal 1997. Qui è possibile rigenerarsi tra un bagno e l’altro nelle numerose piscine e laghetti termali.
#4 Lazise, il pittoresco borgo a pochi minuti da Villa dei Cedri
Lazise
Ideale, dopo una giornata di relax passata nella vicina Villa dei Cedri, è una passeggiata alla scoperta del pittoresco borgo lacustre di Lazise. Sul suo piccolo porticciolo si affacciano gli edifici della cinquecentesca dogana veneta, la romanica chiesa di San Nicoló e il municipio cittadino. A poca distanza sorge anche il Castello Scaligero, circondata da un verde giardino, che vide nei secoli i numerosi assedi che si susseguirono per il controllo della cittadina.
#5 Sant’Ambrogio di Valpolicella, dove degustare i celebri vini del luogo
Credits: venetoway.com – Sant’Ambrogio di Valpolicella
Circondata da lussureggianti vigneti, il borgo vinicolo di Sant’Ambrogio è la tappa ideale per conoscere ed assaggiare i celebri vini prodotti in queste zone. Nelle vicinanze merita una visita la frazione di San Giorgio, non solo per essere uno dei borghi più belli d’Italia ma anche per la sua romanica pieve, al cui interno presenta pregevoli affreschi che spaziano dall’epoca romanica al rinascimento.
#6 Punta San Vigilio: una lingua di terra affacciata sulle acque del lago che nei secoli ha attirato visitatori da tutto il mondo
Credits: bertoldiboats.com – Punta San Vigilio
Questa incantevole lingua di terra affacciata sulle acque del lago ha nei secoli affascinato e attirato visitatori da ogni parte del mondo, ammaliati dalla vista del tramonto sulle sue acque. Si può scegliere di passare una giornata nella spiaggia di Baia delle Sirene oppure di passare una romantica serata cenando nella suggestiva Locanda di San Vigilio, uno dei più antichi ristoranti d’Italia, attivo dal XVI secolo, che ospitò tra i tanti personaggi Napoleone, Churchill e il principe Carlo d’Inghilterra.
#7 Torri del Benaco, con il castello sulle acque del lago
Altro borgo lacustre molto caratteristico, con un castello affacciato direttamente sulle acque del lago.
#8 Verona, da Shakespeare all’Arena, un patrimonio culturale immenso a pochi chilometri dal lago
Verona
La capitale della signoria Scaligera, città nota al mondo per la sua Arena e il dramma shakespeariano di Romeo e Giulietta, dista appena 25 km dalle sponde del lago di Garda. Ciò la rende una meta ideale per scoprirne le sue tante bellezze artistiche e non solo, dalla Basilica di San Zeno, in cui è conservato il noto Polittico di Andrea Mantegna, al Castello Scaligero, dalla centrale Piazza delle Erbe alla celebre Piazza Bra.
#9 Malcesine, un borgo fiabesco che rischiò di inguaiare Goethe
Malcesine
Goethe, che si fermò in questo pittoresco borgo nel settembre 1786, ne restò talmente affascinato da voler prolungare il proprio soggiorno, tanto da essere scambiato dalle autorità locali per una spia austriaca. Il perché il grande scrittore si innamorò di questo paese e del suo castello lo possiamo ben dedurre, Malcesine sembra uscito da un racconto fiabesco, il cui castello abbarbicato sulla roccia è solo il punto di partenza da cui iniziare ad esplorarlo.
#10 Arco con il suo castello arroccato su uno scoglio roccioso
Arco
Costeggiando nuovamente il lago verso nord, giungiamo nel borgo trentino di Arco, località spesso scelta dal Bayern Munchen per i loro ritiri calcistici estivi e nota per il suo clima salubre. Sicuramente merita una visita il suo affascinante castello, arroccato su uno scoglio roccioso dominante il borgo sottostante, ammirato da Albrecht Dürer durante il suo viaggio in Italia. Salendo fino al suo punto più alto la vista spazia fino alle montagne circostanti e alle acque del Garda.
MATTIA GALBIATI
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Nato con la quarantena, e la fornitura di 50 pasti giornalieri ai medici impegnati nell’emergenza Covid all’Ospedale San Giuseppe di Milano, si tratta di uno spin-off del Ristorante Tokuyoshi che non riaprirà prima di Settembre. La “gastronomia giapponese” trovo spazio come laboratorio nei locali del ristorante stellato.
Bentōteca: dal Ristorante Tokuyoshi chiuso per Covid nasce il LABORATORIO DI GASTRONOMIA GIAPPONESE
# Lo chef Yoji Tokuyoshi: “Adibisco il ristorante chiuso a laboratorio dove creeremo bentō e udon kit”
Credits: gamberosso.it – Sabakatsu Bento
La Bentōteca è la concretizzazione di un’idea che da tempo lo chef stellato Yoji Tokuyoshi aveva in mente: “Prima che scoppiasse la pandemia già stavo pensando di aprire un locale di gastronomia giapponese. Certo, doveva essere altrove ma dato che non ho intenzione di riaprire il Ristorante Tokuyoshi, non prima di settembre almeno, allora lo adibisco a laboratorio per la mia bentōteca dove creeremo bentō e udon kit”, ovvero dei pasti completi, come tradizione giapponese comanda, ma stravolti dalla creatività di Tokuyoshi. “Ho voluto cambiare tutto, senza però dimenticare da dove vengo. Vorrei che la cucina della Bentōteca rappresentasse i sapori giapponesi sempre mantenendo una chiave di lettura occidentale”.
# Aperto per pranzo, aperitivo e cena, in caso di successo rimarrà definitivo e il ristorante stellato si trasferirà
Anguilla grigliata e udon tirati a mano, ma anche tempura di verdura e katsusando, aperta per pranzo, aperitivo o cena, Bentōteca ha inaugurato e prevede i piatti il cui prezzo non supera i 22 euro. In caso di successo dell’iniziativa, si penserà a come renderla stabile, spostando lo stellato “Tokuyoshi” in un’altra sede in autunno. In pratica si tratta di uno spin-off del Ristorante Tokuyoshi, ma con una identità tutta sua – la filosofia ricorda un po’ quella di Anthony Genovese e il suo Turnè – capace di abbracciare un più ampio ventaglio di clientela. E di fatto è un progetto nato durante la quarantena, e la fornitura di 50 pasti giornalieri ai medici impegnati nell’emergenza Covid all’Ospedale San Giuseppe di Milano, ma che balenava nella testa dello chef già da prima e che andrà avanti anche in futuro.
Money for nothing. Era la canzone di punta dell’omonimo album dei Dire Straits. Con parole che ossessivamente ripetevano lo stesso concetto, money for nothing, soldi senza far niente, and chicks for free, e le ragazze sono gratis. Era un attacco alla società degli anni ottanta, di consumi inutili e di soldi facili, talmente facili che sembravano alla portata di tutti. E soprattutto che si potessero guadagnare senza fare nulla. Se dovessimo scegliere una colonna sonora per la nostra epoca politica money for nothing sarebbe perfetta.
Prendi il DENARO e non far nulla: la nuova frontiera della POLITICA ITALIANA
Sarebbe ingeneroso attribuire la responsabilità dell’ultima frontiera della politica italiana a una sola forza politica. I soldi per non fare nulla è ormai l’unica linea politica del nostro Paese. La logica evoluzione di una politica che ha radici lontane. Per capirlo facciamo qualche passo indietro.
Scavare buche e poi ricoprirle
Lo Stato governa, mentre la produzione di ricchezza e di lavoro vengono lasciati al settore privato: questa divisione di ruolo era le fondamenta delle società fino alla grande crisi degli anni trenta del novecento. Crollo in Borsa, superinflazione, risparmi bruciati, code di persone per raccattare un tozzo di pane. Una situazione inedita per i nuovi stati nazionali trasformati dalla rivoluzione industriale del secolo precedente. E come risposta è arrivato in soccorso Keynes con la sua idea semplice: se le cose si mettono malelo Stato deve dare lavoro. Poco importa se quel lavoro è davvero utile, sosteneva Keynes, piuttosto date una pala a ognuno per scavare un buco per poi ricoprirlo da capo, non importa che sia utile ciò che conta è che la gente lavori. Una regola semplice semplice che ha portato gli stati occidentali a combattere la disoccupazione con una scorpacciata di lavori pubblici. L’America di Roosevelt ha sposato le idee di Keynes e si è risollevata, così come nel vecchio continente hanno fatto i nazisti in Germania e i fascisti in Italia. Visioni del mondo diverse ma accomunate dall’idea di uno stato salvifico che dà lavoro ai suoi cittadini.
Un’idea che per alcuni anni ha funzionato anche se non si può sapere come sarebbero andate le cose visto che è stata interrotta dalla più grande e devastante guerra che il mondo abbia mai sperimentato. Nessuno può dire che ci sia una relazione di causa ed effetto tra lo Stato che dà lavoro e il conflitto mondiale, ciò che conta per questa analisi è che quando lo Stato crea lavoro dal nulla non si sa dove si può andare a finire.
I soldi non fanno la felicità ma…
Difatti nel dopoguerra le cose sono cambiate. Gli anni cinquanta e sessanta hanno assistito a un boom economico con lo Stato che ha fatto lo Stato e il mercato che ha fatto il mercato. Questo almeno è accaduto in una metà del mondo, perchè l’altra metà ha spinto sull’acceleratore dello Stato che fa tutto. Sono i decenni della guerra fredda, della divisione del mondo tra Bene e Male, della diffusione di modelli collettivistici del mezzo universo comunista, dove si prometteva ai cittadini uguaglianza, lavoro e felicità per tutti. Un modello che però aveva qualche limite. Forse il limite maggiore era dovuto alla psicologia e alle debolezze umane: il comunismo ha fallito perché alla fine il lavoro lo dava ma i soldi erano pochi, troppo pochi per rendere la gente felice.
Mentre l’altra metà del mondo suonava musica a palla che diceva money for nothing and chicks for free (soldi senza fare nulla e ragazze gratis per tutti), dall’altra parte più che avvertire la critica a un sistema arido e in decomposizione, sentivano solo le schitarrate e le sirene dei soldi di cui erano privi e di un mondo in cui tutto era possibile. Soldi in cambio di niente? Forse qualcuno negli anni ottanta, ascoltando Mark Knopfler e i coretti di Sting, su quel “money for nothing” ha iniziato a fare mumble mumble, a pensare che forse in quella frase c’era nascosta una luminosa carriera politica.
La scarpa di Lauro
In realtà prima di arrivare ai giorni nostri, più che una canzone di grande successo, il primo seme, la prima intuizione che il potere si potesse ottenere agendo sull’avidità delle persone la ebbe Achille Lauro. Non il cantante, ma il sindaco di Napoli.
Detto “il Comandante”, Achille Lauro è stato un sindaco negli anni cinquanta di stampo peronista, anche se è andato oltre perfino a Peron e alla sua compagna. E’ entrato nella storia per i suoi metodi leggendari per accaparrarsi voti, come donare una sola scarpa: l’altra l’avrebbe data solo dopo aver ricevuto prova del voto alle elezioni. Non ancora money for nothing, ma scarpe in cambio di voti, una mossa innovativa ma che è nulla rispetto alla politica attuale. Ma prima di arrivare ai giorni nostri c’è stato un ultimo passaggio.
“Un milione di posti di lavoro”. Questo il felice slogan che a detta di molti è stato alla base della rivoluzione berlusconiana, quando per la prima volta nella storia d’Italia un imprenditore ha fondato un partito dal nulla arrivando a stravincere le elezioni diventando primo ministro. Anche in questo caso sarebbe ingeneroso ridurre tutto il suo successo alla promessa di lavoro. La vera promessa con le sue parole e il suo esempio era quella del successo. Un successo ottenibile con il lavoro ma soprattutto con relazioni, scorciatoie e un sorriso convincente. Per il resto la ricetta era simile a quella degli anni trenta, lo Stato che crea lavoro anche se in questo caso non lo fa con lavori pubblici e a spese dei contribuenti, ma attraverso un modello culturale che si diffonde nel paese, che è poi il modello cantato dai Dire Straits, di money for nothing, dei soldi facili, delle ragazze disponibili, del successo con poco. E se questo non capita grazie al mercato, è il debito che lo produce.
Work for nothing
L’idea dei soldi in cambio di niente covava già forse nell’inconscio politico dagli anni ottanta in poi ed è stato alla base dell’esplosione del debito pubblico usato per acquisire voti, alimentare clientele e pompare a bomba uno stile di vita superiore alle proprie possibilità, lasciando il conto alle generazioni che seguono. E il conto è arrivato nel nuovo millennio quando solo per il pagamento degli interessi sul debito creato due decenni prima, il nuovo debito è finito in una spirale che chi finisce nelle mani degli strozzini conosce bene. Indebitarsi per ripagare i debiti. Debito per debito che ha portato il Paese a indebitarsi e a impoverirsi sempre di più, segnando per tutto il nuovo millennio uno dei tassi di crescita inferiore tra tutte le economie del mondo.
Dopo anni di stenti e di arretramento, in cui spesso invece che money for nothing era diventato work for nothing, lavora come una bestia ma alla fine in tasca non ti rimane nulla. E questo vale per la piccola impresa o il commerciante massacrato dalle tasse prese per pagare il debito oppure il giovane inserito nel mondo del lavoro che si spacca in due per uno stage non retribuito. Logico che molti iniziano a scappare: persone e anche soldi che cercano riparo in luoghi dove la causa-effetto non è soldi per niente né lavoro per niente, ma lavoro per soldi e soldi per lavoro.
Dalla corsia di emergenza alla corsia di sorpasso
Arriviamo ai giorni nostri. L’Italia ha molti difetti ma una cosa non le manca. Il tocco di genio, nel bene o nel male. Un luogo straordinario dove spesso si anticipa quello che accadrà nel resto del mondo. Così il Paese che ha generato il Rinascimento, la Chiesa Cattolica, la scoperta dell’America, ma anche l’Inquisizione o il fascismo, mette la freccia e dalla corsia di emergenza passa direttamente alla corsia di sorpasso facendo ciao ciao alle auto delle nazioni incolonnate in una crescita costante ma per noi troppo banale. La macchina Italia dopo vent’anni in panne ora spinge sul gas suonando da una vecchia musicassetta “Money for Nothing”.
Pensateci. Non sono money for nothing le due grandi riforme che ha fatto il governo giallo verde, quota 100 e reddito di cittadinanza? Ed era solo l’antipasto. Chiudete gli occhi e pensate a Conte che appare in televisione con i suoi discorsi alle otto di sera, cosa vi viene in mente? 80, 150 o 450 miliardi? Soprattutto promessi per cosa: per la cassa integrazione, per le persone in difficoltà, per autonomi e dipendenti, per chi è a casa, per chi non ce la fa ma anche per chi ce la fa, per aziende in crisi, per aziende di stato, per aziende private da trasformare in aziende di stato, soldi, soldi, soldi in cambio di niente. E senza gli sforzi del passato di cercare di darli in cambio di qualcosa, senza opere pubbliche, senza avere gente che armata di pala costruisce autostrade o scava buche per poi ricoprirle. Il colpo di genio è capire che ancora più che dare soldi per chi lavora è molto meglio darli per non fare nulla. Un colpo di genio che è riuscito anche a fare breccia in Europa. Il Paese fondatore dopo aver trascorso decenni a costruire, a fare, a immaginare un nuovo futuro tra i paesi dell’Unione, ha sbancato tutte le trattative chiedendo semplicemente questo: money for nothing. Soldi in cambio di nulla. Ed è riuscito a ottenerli.
Come tutte le canzoni, anche money for nothing alla fine finisce
Questa politica ha capito qualcosa di geniale. Dare e promettere soldi senza far niente per meritarli. È la paghetta di papà semplicemente perchè esisti, è l’assistenzialismo dalla culla alla tomba, è ricevere soldi senza far niente. La conseguenza di un paese fatto per chi vive di rendita più che per chi produce, per chi controlla più che per chi crea valore, per l’assistito più che per chi assiste.
A questo punto sembra una storia bellissima. La politica italiana si è conformata a una voce sola, gialli, rossi, verdi e blu, in gara per chi dà e promette più soldi in cambio di nulla, una sfida che sembra irresistibile e senza alcun elemento negativo. Il problema è che come in tutte le storie che sembrano iniziare bene, c’è sempre un ma a rovinare tutto.
L’unico problema di questo sistema è che i soldi non durano per sempre. Non si possono fare debiti all’infinito, non si può avere aiuti eterni dall’Europa e, se anche tornassimo un giorno a farlo, non si può stampare moneta senza avere un corrispondente deprezzamento del valore dei soldi.
E allora a quel punto, quando terminerà il giochino, cosa accadrà?
Dopo aver alimentato e diffuso una mentalità parassita del pretendere senza dare, del dipendere in uno stato di costante passività e distruzione di ricchezza, l’unica conseguenza logica sarà di trovare un capro espiatorio.
Oggi c’è un’emergenza sanitaria, domani potrebbero essere i ricchi o, più probabile, qualche potere occulto o potenza nemica che ci trascinerà in una guerra devastante.
Ma la responsabilità di quello che accadrà è nostra, ora. Come diceva Jean Paul Sartre, “si è sempre responsabili di ciò che non si è riusciti ad evitare”. Noi oggi, con il nostro lassismo compiacente verso la politica del denaro in cambio di niente, dicendo sì a tutto questo ci stiamo rendendo complici della disintegrazione del nostro Paese.
Get your money for nothing. Get your chicks for free.
ANDREA ZOPPOLATO
LA SCUOLA POLITICA DI MILANO CITTA’ STATO (Clicca per informazioni)
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Accomunata dalla sua storia e dall’influenza veneta della sponda orientale del lago di Garda, la sponda bresciana offre un panorama ricco di attrazioni storico/culturali, ma anche percorsi ed attività per gli amanti dello sport.
LAGO DI GARDA (sponda LOMBARDA): 10 idee per una splendida vacanza di prossimità
#1 Sirmione, la perla del lago di Garda
Credits: @sam_wonderlands Sirmione
Questa lingua di terra protesa verso le acque del Garda, circondata da mura medioevali, è una delle perle più conosciute della sponda lombarda di questo lago. Il consiglio è di visitare l’antico castello scaligero per godere appieno di un panorama a 360 gradi, perdersi per le sue vie medioevali dal profumo di lavanda, affacciarsi sulle acque del lago dai resti romani delle “Grotte di Catullo” e, ovviamente, scendere nella nota Jamaica Beach.
#2 Villa Bettoni, la piccola “Versailles” del Garda
Credits: residenzedepoca.it – Villa Bettoni
A mio parere la villa più bella di tutto il lago, una dimora da sogno fatta costruire nel XVIII secolo dalla nobile famiglia Bettoni di Bogliago, che tutt’ora ne è propietaria, e decorata internamente dai geniali fratelli andornesi Galliari, tra i più grandi decoratori del secolo. La villa ospitò illustri ospiti quali Napoleone Bonaparte, Victor Hugo e Giacomo Puccini che ne ammirarono le sale e gli stupendi giardini che valsero alla dimora il titolo di “piccola Versailles del Garda”.
#3 Isola del Garda: un’isola esotica dalla storia secolare
Credits: bresciatourism.it – Isola del Garda
Una gemma incantevole, un’isola esotica dalla secolare storia iniziata già in epoca romana e su cui aleggia una sorta di sacralità. Già prima dell’anno 1000 l’isola era proprietà dei monaci veronesi di San Zeno che, nel XIII secolo, la donarono a San Francesco d’Assisi, il quale vi edificò un piccolo monastero. Nel corso dei secoli l’isola divenne un importante centro spirituale tanto da ospitarvi una delle più importanti scuole di filosofia e teologia d’Europa, finché non venne soppressa da Napoleone nel 1797 che ne ordinò la vendita. Tra i suoi numerosi proprietari, verso la fine del XIX secolo, il duca genovese Gaetano de Ferraris e la moglie Maria Annerkoff diedero all’isola l’aspetto attuale, facendo realizzare l’attuale giardino esotico e la villa in stile neogotico.
#4 Saló, il borgo dagli edifici dal gusto veneto che fu capitale della “Repubblica Sociale Italiana”
Credits: quibrescia.it – Salò
Incastonata nella sua baia, il borgo di Saló è la meta ideale per una passeggiata pomeridiana o, ancor meglio, nell’ora di cena. Con i suoi locali, il suo lungolago e i suoi edifici dal gusto tipicamente veneto, Saló vanta anche un interessante duomo gotico, nel quale sono conservate opere del Romanino, e il MUSA, un interessante museo inaugurato nel 2015 che, oltre a proporre mostre temporanee, espone un interessante collezione sull’arte e la storia di questa cittadina
#5 Vittoriale degli Italiani, la dimora di D’Annunzio
Credits: comunitadelgarda.it – Vittoriale degli italiani
Un interessante percorso alla scoperta del Vate d’Italia, attraverso le sue passioni, collezioni ed eccentricità qui raccolte. Il Vittoriale è stato, dal 1921 fino alla morte del poeta, la dimora di Gabriele d’Annunzio, l’autocelebrazione del suo personaggio che qui viene pienamente mostrato in tutta la sua limpidezza. Qui è possibile visitare la sua villa, le sue collezioni, la nave militare Puglia, donata al vate nel 1923, il teatro all’aperto e la tomba del poeta, il tutto tra la verde vegetazione del parco del parco del Vittoriale e la vista spettacolare sul lago di Garda.
#6 Muslone, il borgo incantato che domina il lago di Garda
Credits: altempoperduto.com – Muslone
Meta ideale per chi è alla ricerca di pace e relax, il piccolo borgo di Muslone domina dall’alto le acque del Garda, in un atmosfera senza tempo. Percorrere le sue vie scoscese, tra case in pietra e angoli fioriti, è senza dubbio il modo migliore per apprezzarne la bellezza.
#7 Santuario di Montecastello, un luogo sospeso tra cielo e terra
Credits stefanocosta83 IG – Santuario di Montecastello
Lontano dagli itinerari più battuti, salendo lungo i pendii rocciosi dominanti le acque lacustri, ecco apparire l’antico Santuario di Montecastello, un luogo sospeso tra cielo e terra. Al suo interno è custodita la Santa Casa, un piccolo tempio di epoca carolingia decorato con un pregevole ciclo di affreschi trecenteschi, oltre al più grande ex voto d’Europa.
#8 Tremosine, alla fine di un percorso scavato nella roccia, tra strapiombi mozzafiato e canyon naturali
Credits: borgando.it – Tremosine
Raggiungere il borgo di Tremosine attraverso la “strada della forra” è già di per se un esperienza indimenticabile, un percorso scavato nella roccia, tra strapiombi mozzafiato e canyon naturali. Ci sarà un motivo se Winston Churchill la definì l’ottava meraviglia del mondo? Una volta giunti a Tremosine il consiglio è godervi la pace del suo borgo e la vista a picco sul lago, luogo ideale per chi è alla ricerca del totale relax lontano dal trambusto delle città.
#9 Sentiero dei Contrabbandieri, per gli amanti delle viste mozzafiato e delle ferrate
Credits: arcomountaninguide.it – Sentiero dei Contrabbandieri
Un esperienza emozionante per gli amanti delle viste mozzafiato e delle ferrate, un percorso che richiede determinazione e capacità nell’utilizzare moschettoni e corde. Camminare in un percorso sulla roccia a picco sulle acque del lago, un sentiero wild che vi lascerà un ricordo indelebile di questa terra.
#10 Riva del Garda, appena dentro la provincia di Trento
Ph. pcdazero Pixabay
A poca distanza dalla sponda lombarda, Riva di Garda è una metà che vale la pena visitare. Qui la storia cambia, non siamo più sotto l’influenza veneta ma in pieno territorio trentino, un tempo Principato Vescovile di Trento, oggi ben rappresentato dalla rocca di Riva, quasi una sorta di isola, e dalla grande piazza cittadina su cui si affacciano la torre dell’orologio e il municipio.
L’idea è venuta ai fondatori dell’app di streaming musicale berlinese SoundCloud, che per superare il problema del costo eccessivo e del rischio di furti delle e-bike, stanno lanciando una startup di e-bike elettrico, chiamato Dance. L’abbonamento previsto include il servizio, la manutenzione, la protezione dai furti e il servizio di portineria. Punta ad essere alternativa economicamente sostenibile al bike sharing
Novità per le due ruote: il NOLEGGIO E-BIKE con ABBONAMENTO MENSILE
Il nuovo servizio di abbonamento alle e-bike si chiama Dance ed è stato lanciato dai fondatori di SoundCloud
I fondatori dell’app di streaming musicale berlinese SoundCloud stanno lanciando una startup di e-bike elettrico. Attraverso questo nuovo servizio, chiamato Dance, sperano di riuscire ad ottenere un’alternativa più sostenibile del bike sharing. L’iscrizione all’app sarà inizialmente solo su invito e verrà avviata questo mese a Berlino. L’abbonamento include il servizio, la manutenzione, la protezione dai furti e il servizio di portineria. L’azienda dice che può consegnare la bici direttamente a casa del cliente ed entro 24 ore. Inoltre in caso di furto la e-bike verrà sostituita immediatamente. Dance è un’idea che mira a sfruttare il boom delle bici elettriche utilizzando un modello Netflix o Spotify.
Il crescente successo delle e-bike in Europa
Le vendite di e-bike sono in piena crescita, soprattutto in Europa, dove secondo la Federazione europea dei ciclisti solo da marzo hanno costruito 930 km di piste ciclabili. A differenza del bike sharing, che ha affrontato problemi con atti vandalici, furti e biciclette abbandonate, questo modello di abbonamento implica che i ciclisti ottengono una e-bike personale quindi questi problemi non esisterebbero. Comunque sia, Dance non è la prima azienda ad offrire veicoli di micromobilità elettrica in un servizio in abbonamento. Infatti, l’azienda ha già un concorrente principale ed è Swapfiets, un azienda olandese molto consolidata in alcuni mercati europei.
Come ottenere il servizio, per ora disponibile unicamente a Berlino
L’idea dell’impresasi basa su un paio di verità difficili sulle e-bike: sono costose, in genere costano 1.700 euro o più, e sono inclini a furto. Dance punta ad eliminare queste preoccupazioni e a replicare il successo di vari servizi di abbonamento musicale. Infatti il “prezzo introduttivo” è quello di 59 euro al mese e i clienti interessati con sede a Berlino dovranno solo iscriversi a una lista d’attesa e poi iniziare l’abbonamento. L’obiettivo di Dance è quello di diventare un’azienda internazionale, una volta ridefinito il design delle bici, l’applicazione per smartphone e il modello operativo.