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L’ORTO URBANO in Piazza della Scala. La nostra proposta: lo trasformiamo in permanente?

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Orto urbano in Piazza della Scala
Credit: Andrea Cherchi - Orto urbano in Piazza della Scala

In occasione della Women Milano Fashion Week, la città vede fiorire iniziative collaterali. Una di queste è la realizzazione di un orto urbano in Piazza della Scala, dove si alternano aiuole, verdure di stagione, piante aromatiche e una piccola vigna, sul modello di Leonardo da Vinci.

I Green Carpet Fashion Awards portano frutta e verdura alla Scala

Da tre anni Milano organizza i Green Carpet Fashion Awards 2019, l’evento che premia i traguardi raggiunti in materia di sostenibilità nell’ambito della moda e del lusso. L’iniziativa, giunta alla sua terza edizione, è stata organizzata dalla Camera Nazionale della Moda Italiana, in collaborazione con Eco-Age e nell’ottica di celebrare il rispetto che le case di moda nutrono per le tematiche di sviluppo sostenibile.

La scelta non poteva che ricadere su un orto in pieno centro cittadino, dove avere prodotti della terra a km 0 è più complicato e soprattutto non è un’abitudine cittadina. Il risultato, oltre a stimolare le persone a puntare sulla sostenibilità ambientale in tutte le loro azioni quotidiane, è un suggestivo giardino che esalta il contesto in cui è inserito.

Il progetto di restyling della piazza è sparito: manteniamo l’orto?

Il Comune di Milano aveva lanciato un concorso di idee per riqualificare Piazza della Scala, rendendola pedonale e ridefinendo le alberature. Dal 2015 tutti gli incontri previsti tra l’amministrazione comunale e l’architetto Pierpaolo Tonin dello studio Polin, vincitore del concorso, sono andati a vuoto pare per mancanza dei 2 milioni di euro necessari all’intervento e ad oggi non ci sono notizie in merito.

Progetto vincitore riqualificazione Piazza della Scala
Credit: milano.repubblica.it – Progetto vincitore riqualificazione Piazza della Scala

Questa potrebbe essere l’occasione per lasciare un segno distintivo nella piazza, senza alcun investimento pubblico, contribuendo alla svolta green dell’amministrazione e rendendo Piazza della Scala ancor più un luogo d’attrazione per milanesi e turisti. Tenendo conto che comunque il progetto di ripensamento della piazza non prevedeva alcuna introduzione di aree verdi, sarebbe un peccato perdere questo orto urbano nell’attesa della pedonalizzazione.

In fondo già era successo in passato che opere temporanee, come il dito di Cattelan, siano poi state trasformate in installazioni iconiche. Potrebbe essere questa l’occasione di fare lo stesso, consentendo al bello e alla natura non solo di entrare in città ma di rimanerci.

FABIO MARCOMIN

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End Of Summer Party

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Ragoo vuole salutare l’estate con una festa degna delle migliori leggende.

E’ la tradizione estiva del Ragoo, un party delirante e scatenato! Si inizia alle 20.00 con l’apertura del giardino con il concerto live Blues, Country & Rock dei Two Blue.

Dalle 22.00 pronti a scatenarvi in pista con Dj set di Marco Rigamonti, dai ritmi Dance, HipHop, Rock 6 Funky Beats!

Mica è finita qui, perchè se ti viene fame, tranquilla: lo Street Food ti farà compagnia tutta notte!

 

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La GOCCIA della Bovisa: storia e futuro del bosco segreto di Milano

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Goccia

Oggi sono i grattacieli e i grandi complessi immobiliari, un tempo erano le industrie a dare forma al futuro di Milano. Per capire quanto siano cambiati i tempi basta fare un salto nella goccia della Bovisa. 

Ciò che rimane sono scheletri di cisterne arrugginite, magazzini vuoti e capannoni divorati dalla vegetazione. La “Goccia della Bovisa” è un’area abbandonata nella zona nord ovest della città di 42 ettari di bosco e ruderi a forma di goccia.

Si tratta dell’area dove sorgeva l’Union des Gaz che ha avuto il merito di portare a Milano un’innovazione storica: consentì ai milanesi di accendere la luce nelle loro case, oltre che di potersi lavare con l’acqua calda.

E’ il 1905 e l’Union des Gaz di Parigi costruisce delle officine in grado di produrre una grande quantità di gas ricavato dalla distillazione del carbon fossile. Fino ad allora l’illuminazione in città e nelle case funzionava prevalentemente ad olio con i lampedee, gli operai accenditori, che accendevano o spegnevano le poche lampade poste sulle strade.

Con l’arrivo dell’Union des Gaz le cose cambiarono e la luce artificiale si fece strada via via in tutte le case della città. In più ci si poteva anche lavare con l’acqua calda e cucinare senza la stufa a carbone. La materia prima arrivava alla fabbrica via treno e per questo l’Union des Gaz fece costruire attorno un sistema di binari a forma di goccia.

La presenza della fabbrica della luce diede un’impronta decisiva sulla Bovisa, quartiere popolare che si sviluppò dando anche vita ad altri tipi di produzione, tra cui quella cinematografica di cui la Bovisa fu il primo centro di produzione in Italia fino alla fine della Grande Guerra.

Il futuro della Goccia

Che succederà della Goccia? Dovrebbe ospitare spazi per i nuovi incubatori del PoliMi, in una parte, mentre su un’altra parte A2A dovrebbe realizzare una termocentrale. Ma il problema è che lo spazio deve essere profondamente bonificato prima di poter essere utilizzato. Questo problema impenna i costi e dilata i tempi. Nell’attesa, il bosco spontaneo più bello di Milano si potrà continuare ad ammirarlo ma senza poterci entrare.

Leggi anche: Storie dimenticate: la Goccia della Bovisa

MILANO CITTA’ STATO

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Moviola ATM: fino a 2 mesi per ottenere l’ABBONAMENTO

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Tessera Atm
Tessera Atm

ATM è da sempre un vanto per i milanesi per la sua efficienza e questo è riconosciuto da chiunque venga a Milano ed utilizzi i suoi mezzi di trasporto pubblico. Un fattore però intacca la sua “nomea”: i tempi biblici per avere un abbonamento funzionante a seguito di richiesta di una nuova tessera.

Ci possono volere 2 mesi per utilizzare un abbonamento già pagato

Se si sceglie o si è obbligati, per esigenze di tempo e risparmio di costi, ad utilizzare quotidianamente i mezzi pubblici, la soluzione ottimale è la sottoscrizione di un abbonamento mensile o annuale.

Le strade da percorrere sono due: recarsi direttamente ad uno sportello ATM oppure procedere con la richiesta online. Se la scelta ricade sulla seconda opzione e per l’occasione necessitate di richiedere l’emissione della prima tessera o il rinnovo della tessera scaduta, armatevi di tanta tanta tanta pazienza.

Recita così la pagina Atm di richiesta di una nuova tessera con contestuale nuovo abbonamento “Il tuo abbonamento sarà valido a partire dal mese successivo alla tua richiesta se questa viene fatta entro il 20 del mese stesso. Se la richiesta viene fatta dopo il 20, l’abbonamento sarà valido a partire da due mesi dopo. Ad esempio, se richiedi l’abbonamento entro il 20 di settembre, sarà valido a partire dall’1 ottobre, mentre se lo richiedi dal 21 settembre fino a fine mese, sarà valido a partire dall’1 novembre.”

Quindi la domanda è: se dopo aver speso € 55 o € 345 (costo abbonamento mensile o annuale, tessera, spese di consegna) passano fino a 2 mesi prima di utilizzare la tessera ATM, nel frattempo come ci si può spostare per Milano? E chi pagherà il costo del trasporto?

Nella Milano sempre di corsa è inaccettabile questa lentezza

Una città che non è mai ferma e impone a tutti coloro che la vivono di adeguarsi ai suoi ritmi per “non soccombere”, trova sicuramente in Atm un suo alleato, ma in questo caso si rivela un ostacolo.

Fare l’abbonamento sta diventando sempre più complicato, perchè oltre al ritardo con cui gli abbonati beneficiano di quanto pagato, non una novità dell’ultimo momento, esiste un’altra grossa pecca. Tempo fa abbiamo raccontato di come il Comune abbia pensato di agevolare chi volesse acquistare un abbonamento avvalendosi della rateizzazione: obbligandolo ad essere in possesso di un auto e di un apparato Telepass, rischiando quindi di produrre l’effetto opposto, ovvero di disincentivare l’utilizzo del trasporto pubblico.

Due problemi non irrisolvibili, sempre che si abbia la volontà di affrontarli.

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Biglietto a due euro: quello che la lettera di Sala non dice

FABIO MARCOMIN

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I TRE CONTADINI di Cavriano

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Credit: turismo.milano.it - Cascina Cavriano

“I tre contadini di Cavriano” potrebbe suonare come una leggenda. In realtà Martini, Artioli e Colombo sono tre agricoltori che lavorano nei campi attorno alla Cascina Cavriano, all’interno del Parco Forlanini verso Ponte Lambro.

Grande Parco Forlanini
Credit: assparcosud.org – Grande Parco Forlanini

Nel progetto di istituzione del Grande Parco Forlanini, che prevede percorsi ciclopedonali in grado di connettere il centro di Milano con uno dei suoi parchi più grandi e con le fermate della nuova linea metropolitana M4, sono stati creati dei camminamenti in mezzo ai campi agricoli per promuovere l’agroturismo e consentire ai milanesi di fruire di questa area verde inserita nel contesto metropolitano.

 

I 3 contadini non vogliono diventare fenomeni da baraccone

Il progetto non ha però tenuto conto di tutti gli attori coinvolti, anche indirettamente in questa operazione. Infatti i contadini che si occupano della gestione e della coltivazione di questa porzione di area agricola non vedono di buon occhio che chiunque possa passeggiare in mezzo ai loro campi, per 2 motivi: primo per non essere oggetto di attenzione folckloristica e secondo per il pericolo di investimento da parte dei trattori durante la loro attività.

Di fatto, comunque, essendo al momento un progetto appena partito, i camminamenti sono poco frequentati anche per il fatto di essere un parco non parco vista la predominante agricola che lo caretterizza. Inoltre il Parco è a ridosso del centro di identificazione di via Corelli, non propriamente un luogo famoso per la sua sicurezza.

FABIO MARCOMIN

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🇦🇱 Anita Likmeta: “Milano è la città dell’EUROPA, come Londra negli anni ’90 o Berlino nel 2000”

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Intervista ad Anita Likmeta. Donna di grande volontà, arrivata in Italia nel 1997. Figlia dell’immigrazione di massa dall’Albania degli anni novanta. Oggi è professionista di spicco nel settore della comunicazione e sta per pubblicare un saggio storico sulle relazioni tra Albania e l’Italia durante l’epoca dell’invasione fascista.

Partiamo dall’inizio

In Italia sono arrivata a 10 anni. Ho studiato in una piccola cittadina in Abruzzo. Poi mi sono spostata a Roma, dove ho fatto l’Accademia d’Arte Drammatica “Corrado Pani” e mi sono laureata in Storia e Filosofia a La Sapienza. Durante gli studi ho vissuto per un lungo periodo a Parigi, dove mi si è aperto un mondo. Per me Parigi è come dovrebbe essere una città: un ottimo welfare, molto più multietnica e soprattutto centri di incontro per i giovani. 

Città e Stato di provenienza?

Nata a Durazzo, sono cresciuta in montagna, nell’entroterra albanese. I nonni avevano una casa in mezzo ai boschi.

Il tuo lavoro?

Mi definirei un investitore. Perché innanzitutto la costante della mia vita è stata di investire su me stessa. Poi perché faccio l’advisor in cambio di equity: aiuto a crescere delle start up ad alto potenziale dando comunicazione. Se cresciamo, cresciamo tutti.

Perché in Italia? Perché a Milano?

Immigrare in Italia non è stata una mia scelta, lo è stato nel momento in cui ho deciso di lasciare Parigi per rientrare nella mia Patria adottiva: ecco lì ho l’ho scelta, il mio “give back” al Paese che, tra mille difficoltà, mi ha dato l’opportunità di crescere e di formarmi. Dopo la laurea iniziai a fare i primi passi come giornalista pubblicando su Il Fatto Quotidiano e successivamente sull’Huffington Post diretto da Lucia Annunziata. Nel 2014 Roma mi sembrava stesse precipitando, non riuscivo a coltivare passioni o amicizie perché erano scoordinate, non c’erano progetti comuni. Per ogni iniziativa dicevano: “Quanti soldi ci sono?”, come se il tornaconto fosse la parte importante del progetto. Io non amavo Milano perché ci avevo vissuto nel 2009 e in quegli anni lavoricchiavo in Radio facendo la voice over. Era la Milano delle Olgettine, non mi sembrava un ambiente affine a me. Mia sorella, che ci viveva da anni, mi diceva che la città era stupenda e che aveva molto da offrire, e aveva ragione. Oggi Milano è a metà tra la mia famiglia e le mie ambizioni.

Quali sono le differenze tra Milano e Tirana?

Milano è eclettica, ti sorprende quando meno te lo aspetti. Una città attraente, più che bella è intrigante, tutta da scoprire. Milano per me è la città del futuro, la città dell’Europa, come Londra negli anni Novanta o Berlino nel Duemila.

Tirana è tutta un’altra cosa. Sta facendo un grandissimo percorso. Un percorso interessante, a metà tra Oriente e l’Occidente, tra quello che è stata e l’aspirazione di essere incorporata nel futuro dell’Europa. Sta vivendo una specie di primavera anche dal punto di vista intellettuale, giovani artisti, poeti, sempre più donne che si affacciano alla politica. Sta crescendo tantissimo, ideale per uno studente che voglia fare l’esperienza in un Paese Orientale in cui si parla italiano.

Milano per me è la città del futuro, la città dell’Europa, come Londra negli anni Novanta o Berlino nel Duemila.

I principali problemi che hai riscontrato in Italia?

Inizialmente la lingua. Senza era difficile costruire rapporti. Poi io dico sempre che ho fatto un viaggio non solo geografico ma temporale, sono passata dalle carrozze trainate dai cavalli a città completamente illuminate. Ho vissuto il Medioevo e ho fatto un grande salto nel futuro.

Cosa pensi di Milano e dei milanesi?

Io adoro i milanesi. Anche se è più facile trovare un milanese a Como che a Milano. Qui c’è già il melting pot delle regioni italiane, anche se non sei milanese Milano ti ci fa diventare. Ti impone un mind code, è una città che ti forma caratterialmente, che pretende, e si fa rispettare.

anche se non sei milanese Milano ti ci fa diventare. Ti impone un mind code, è una città che ti forma caratterialmente, che pretende, e si fa rispettare.

Cosa cambieresti di Milano?

Farei la “Giornata di Milano”: una giornata colorata, in cui il melting pot sia l’evidenziatore, le persone possano avere l’opportunità di scambiarsi idee, lingua, con una grande tavolata davanti all’Arco della Pace come esibizione dello spirito di Milano. Dedicherei delle giornate alla cittadinanza, con dei tavoli, utilizzando gli spazi della città per far sì che le persone si possano incontrare, farli mischiare tra loro con degli slot, come lotterie, 2 milioni di persone che si incontrano come cellule e vedere dal mix cosa ne nasce. Fare questo a Milano sarebbe rivoluzionario.

Quali sono i tuoi posti preferiti qui?

Castello Sforzesco, dal lato dello spazio aperto fino all’Arco della Pace, come una finestra tra passato e futuro. Mi piace tantissimo Villa Necchi, un giardino botanico pieno di macchinari, di storia, di passato. Poi lungo il Naviglio, uscendo dalla città quando diventa tutta campagna e fabbriche antiche.

Hai intenzione di fermarti qui?

Amo questa città, la sento mia. Non so dove mi porterà la vita, certamente Milano è e rimarrà per sempre nel mio cuore. In questo momento non c’è nessuna città al mondo che mi intrighi più di Milano.

In questo momento non c’è nessuna città AL MONDO che mi intrighi più di Milano

Cosa pensi di Milano Città Stato? Di dare a Milano i poteri di una Regione?

Se è una volontà condivisa di avere più autonomia, parliamone. Bisognerebbe dare l’opportunità ai cittadini di esibire il proprio pensiero e di misurare insieme i valori di questa maggiore voglia di autodeterminarsi. Io penso che insieme si può fare meglio, sono per le politiche di inclusione ma se fossi madre e mio figlio mi chiedesse più autonomia glielo lascerei fare con tutti i rischi che ne conseguono. Per me questo significa crescere, accettare il rischio di fare il meglio con le proprie opportunità, e quindi il meglio per la comunità. Ma potrebbe significare anche perdere e si sa che quando si perde si è soli. Ecco valuterei bene tutte le opzioni tenendo a mente che uniti nella diversità è il senso più profondo di essere europei.

ANDREA ZOPPOLATO

Le Interviste Mondiali è un progetto curato da Andrea Urbano e Hari De Miranda.
Clicca qui per leggerle tutte.

 

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Milano deve diventare LUCE per l’Italia

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Qualche mese fa 700.000 persone hanno manifestato a Londra per chiedere un nuovo referendum sulla Brexit. La capitale inglese è ancora sotto choc. Il referendum sull’Europa ha mostrato una profonda spaccatura nella Gran Bretagna: Londra ha votato in massa per rimanere nella UE mentre il resto del Paese ha girato le spalle al continente. Così Londra rischia di perdere il suo ruolo di città guida in Europa e nel mondo, perché la forza di Londra è l’integrazione, l’apertura internazionale, è soprattutto la possibilità per persone di tutto il mondo di poter accedere e portare il loro contributo. Questo i londinesi lo sanno bene, tanto che hanno avviato una raccolta firme per chiedere di trasformare Londra in una città stato indipendente dalla UK per restare in EU.

Il grave errore compiuto da Londra

Se si può imparare qualcosa dal dramma politico che sta vivendo la capitale inglese, è forse quello di essersi svegliata troppo tardi. Il fatto che il resto del Paese abbia votato in modo opposto a Londra significa che Londra, reduce da oltre 20 anni di successo, almeno da quando ha votato per l’autonomia nel 1998, non ha saputo londrizzare il resto del Paese: la leadership di Londra è rimasta solo economica e non ha saputo trasformare la sua ricchezza in una leadership culturale. Come leadership culturale non si intende una supremazia, ma tutt’altro: è la capacità di contagiare il resto del Paese con i suoi valori cardine. Ossia la grande apertura al mondo, l’internazionalità, l’accogliere il diverso per farlo contribuire al successo proprio e della comunità di cui fa parte.
Questi valori non sono stati diffusi, anzi: Londra ha amplificato alcuni limiti strutturali della società inglese, in primis una stratificazione classista che si basa non sulla capacità ma sui diritti di nascita, quelli stessi diritti per cui molti londinesi si considerano in cuor loro superiori rispetto alle parti da loro giudicate più retrograde della nazione. Una superiorità che i londinesi hanno sempre rivendicato con orgoglio e che ora gli si sta rivoltando contro.

Invece di contagiare il resto del Paese con i suoi valori cardine, Londra ha amplificato alcuni limiti strutturali della societa’ inglese, in primis una stratificazione classista e un senso di superiorita’ culturale

Il grande rischio di Milano: godere della sua superiorità su un paese che cola a picco

Nei rapporti con il resto del Paese Milano soffre di pericoli simili a quelli che stanno ricadendo addosso a Londra. Milano è la città internazionale, l’unica città europea dove si parla italiano, come è stata definita. Qualche giorno fa ho chiesto a un dirigente di un grande gruppo bancario il polso della situazione economica, riferita al loro contesto, e mi ha risposto: Milano sta andando alla grande, il resto del Paese è un disastro.
Io credo che il rischio di Milano sia gioire per una frase come questa. Significa compiacersi di eccellere in tutte le classifiche nazionali. Ma è una sensazione scorretta perchè non è Milano che sta andando meglio: è il resto del Paese che sta retrocedendo. Ed è un principio naturale che quando qualcosa va a picco, trascina con sé la parte che riesce a rimanere a galla. Pensare di salvarsi al tracollo dell’Italia sarebbe come cercare di salvare una mano al proprio annegamento. Non esiste.

non è Milano che sta andando meglio: è il resto del Paese che sta retrocedendo. Ed è un principio naturale che quando qualcosa va a picco, trascina con sé la parte che riesce a rimanere a galla.

Milano deve diventare luce per l’Italia

Milano sta giocando col fuoco: da un lato rimanendo amministrativamente ancorata a regole italiane che stanno compromettendo il futuro della nazione, dall’altro non trasformando la ricchezza che produce in una leadership politica e culturale.
La forza di Milano non sono i suoi governanti o sue risorse esclusive, la forza di Milano è la sua cultura, intesa come mentalità. Come diceva Manzoni chiunque può acquisire la milanesità, la capacità di affrontare con concretezza i problemi e l’attitudine di darsi da fare, a lavorare e a rendersi utile alla comunità di cui si fa parte. A Milano chiunque può diventare milanese, di qualunque parte sia, se si dà da fare e se condivide questi valori.
Chiunque può diventare milanese anche senza stare a Milano. Questo Milano deve essere capace di trasmettere. Perchè in Italia c’è pieno di milanesità: l’Italia è ricca di persone che vivono con i valori di Milano, che ogni giorno cercano di darsi da fare per il loro meglio, che pensano che i problemi siano la chiave per migliorare, e che la soluzione dei problemi sia motivo di crescita. Questi sono valori che l’Italia sta perdendo ma che a Milano sono ancora dominanti e per questo Milano è chiamata a fare qualcosa di importante: diventare una luce per il nostro Paese.
Si tratta di una veste che già Milano ha indossato nel corso della storia. Milano è stata una luce del Rinascimento, quando è stata l’unica città stato di quei tempi, insieme forse a Venezia, che ha dato lustro non tanto a suoi geni, nati nel suo territorio, ma ha accolto i migliori del tempo, il cui simbolo è stato Leonardo Da Vinci, consentendo loro di godere della libertà e dell’ambiente ideali per fare emergere la loro eccellenza.

l’Italia è ricca di persone che vivono con i valori di Milano, che ogni giorno cercano di darsi da fare per il loro meglio, che pensano che i problemi siano la chiave per migliorare, e che la soluzione dei problemi sia motivo di crescita. Questi sono valori che l’Italia sta perdendo ma che a Milano sono ancora dominanti

Milano deve diventare il nuovo orizzonte per il Paese

Milano è stata luce del Risorgimento, guidando con le 5 giornate il processo di liberazione nazionale, è stata avanguardia della rivoluzione industriale in Italia di inizio novecento, col futurismo ha diffuso nel mondo la cultura del progresso. Anche il fascismo è nato a Milano come risposta a un’emergenza di un Paese confuso e dilaniato, e quando il fascismo ha dimostrato il suo fallimento è stata Milano a essere il centro della resistenza nel nord occupato dai tedeschi. Milano è stata medaglia d’oro della resistenza e qualche decennio dopo ha guidato la fine della prima repubblica con Mani Pulite, è dove sono nati i movimenti più innovativi degli ultimi trent’anni. Milano dà il meglio di sè quando alza lo sguardo e si assume il ruolo di aprire la strada a un nuovo futuro per il Paese.
E’ arrivato un momento in cui non serve dare vita a un nuovo partito o fare una rivoluzione nel suo territorio. Serve un radicale rinnovamento da proporre a tutto il Paese, serve quello che la politica non sta riuscendo a dare. Invece di assecondare la proiezione di un consenso, occorre indicare un nuovo orizzonte. L’orizzonte a cui l’Italia dovrebbe essere chiamata da Milano a guardare è proprio Milano: l’Italia se vuole costruirsi un futuro migliore deve diventare milanese, riscoprendo gli stessi valori che hanno reso grande Milano. Per farlo, all’Italia serve umiltà, a Milano serve il coraggio.

L’orizzonte a cui l’Italia dovrebbe essere chiamata da Milano a guardare è proprio Milano: l’Italia se vuole costruirsi un futuro migliore deve diventare milanese, riscoprendo gli stessi valori che hanno reso grande Milano.

ANDREA ZOPPOLATO

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Bike-MI, Foresta-MI, MOLLA-MI: mettiamo al bando il suffisso -mi a Milano?

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L’ultimo arrivato è un progetto stupendo. Tre milioni di alberi da impiantare a Milano entro il 2030. Per un progetto così bello ci si sarebbe aspettato un nome all’altezza, che so, la “Foresta Urbana”, il “Parco Orbitale” (cit. Giacomo Biraghi) e invece no, ancora una volta arriva lui, l’immancabile suffisso -mi. Così abbiamo un progetto bellissimo con un nome che non si può sentire: Foresta-MI.

Una moda che si è affacciata negli anni novanta, è esplosa negli anni duemila e, alle soglie degli anni venti, possiamo dire che ha ormai rotto i maroni. Dall’inizio degli anni 2000 le iniziative del Comune di Milano e delle associazioni territoriali, come eventi, mostre e palinsesti sono quasi sempre caratterizzate dal ricorrente espediente creativo: il il suffisso “MI” al termine della parola. L’effetto ricercato è quello di sorprendere con il doppio senso: mi come me, mi come Milano.

Non è forse giunta l’ora, nella città del design, di ricercare nuove forme di creatività?

Le parole “MI” e “YES” dovrebbero esser messe al bando

Le mode passano, magari ritornano ciclicamente, ma esiste un momento preciso in cui perdono il loro fascino.

La Milano riconosciuta per il design e la creatività non riesce più a sfornare titoli originali per le iniziative sul territorio senza scadere in banalità: Foresta-MI, Guida-MI, Partecipa-MI, Informa-MI, Bike-MI, Concorri-MI, Pulisci-MI, CercaMIcasa. La necessità di mettere un richiamo alla città ad ogni costo, invece che stimolare nuove modalità creative, ha appiattito la ricerca e fossilizzato la scelta sul suffisso MI come panacea di tutti i mali.

L’uso ripetitivo del -mi non è l’unico segnale di questa carenza di originalità. Che dire infatti di  YES-MILANO, il marchio del palinsesto delle week che suona come il tentativo di Totò e Peppino di impressionare due turiste straniere?  Se l’obiettivo era di mostrarsi internazionali sentendo anche il commento di persone straniere temiamo che il risultato sia proprio l’opposto, di mostrarci provinciali. Con Yes Paris ci sarebbe stata una nuova rivoluzione, con Yes Berlino sarebbero tornati i carro armati russi. 

Le parole sono importanti

Potrebbe sembrare qualcosa di poco conto invece no. Le parole sono importanti!, come diceva Moretti. Sono importanti perchè scegliere modi banali per marchiare iniziative della città trasmette un’immagine banale e priva di identità. Cosa che mortifica la città che invece dovrebbe rappresentare un forte marchio distintivo di creatività e di eccellenza.

In un momento storico in cui spesso si chiedono divieti e multe contro cittadini che si comportano male, si dovrebbe pretendere dall’amministrazione di applicare la stessa severità verso se stessa. Perchè ci sia tolleranza zero contro ogni modalità di discredito e di sciatteria che possa recare danno all’immagine di Milano. 

FABIO MARCOMIN

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Film in chiesa?Non sto scherzando!

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“Chi ben comincia…tre esordi italiani” è un’iniziativa particolare. Una serata di proiezioni ed incontri con giovani registi italiani.

Sono tre serate uniche, in cui si incontreranno giovani registi italiani alla prova del loro film d’esordio.

Come funziona la serata? La proiezione è introdotta da un critico cinematografico e dal regista del film.

Poi, ovviamente, si vedrà il film, che in questa serata eccezionale è “Manuel”, di Dario Albertini!

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Max It Up!

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Ebbene sì, la Fashion Week arriva sempre e porta con sè qualche festicciola… ma che dico?!

Questa volta si parla di un party coi fiocchi, perché Max&Co ti invita a scoprire in anteprima il suo nuovo look e la collezione A/I 2019!

Tra le altre cose, ci sarà anche un Cocktail Party, con dj-set by Emmanuelle!

Pronto a far festa?

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L’annus horribilis per Milano: niente PONTE DI SANT’AMBROGIO. Introduciamo le Bank Holiday?

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2019. L’annus horribilis per Milano. Il 7 dicembre è sabato, l’8 dicembre è domenica. Il ponte più importante dell’anno, il simbolo della città, svanisce nel nulla.

Nel nuovo millennio una simile sventura era capitata solo due volte: nel 2013 e nel 2002. 

I ponti di festa sono fondamentali: non solo un’occasione per tirare il fiato ma comportano anche effetti economici. In primis proprio quello di Sant’Ambrogio che di norma coincide con l’apertura della stagione sciistica oltre che con la prima della Scala e il mercato degli ‘O bej ‘o bej”, il più celebre della città.

Per evitare gli scherzi della malasorte sul calendario gli inglesi si sono inventati le “Bank holiday”. Le bank holiday (letteralmente: bank holiday in lieu) sono delle festività sostitutive: se la festività cade nel fine settimana, il giorno di festa perduto si trasferisce al lunedì successivo. In questo modo ogni anno i giorni di festa risultano in numero sempre uguale, neutralizzando l’effetto week end.

L’esistenza delle bank holiday in Inghilterra viene motivata dal fatto che il numero di festività ufficiali nel Paese è tra i più bassi del mondo. Grazie al meccanismo delle bank holiday così la differenza con gli altri paesi si riduce.

Considerando che Milano è la locomotiva d’Italia anche perchè qui si lavora come dei pazzi, crediamo che sia un diritto dei lavoratori della città poter introdurre delle festività sostitutive delle feste che cadono nei week end. Se ci fosse questa regola avremmo anche nel 2019 il nostro ponte, considerando come bank holiday venerdì 6 e lunedì 9 dicembre.

Le Bank Holiday sul territorio potranno essere una delle normative applicate a Milano se dovesse diventare una città stato. Altrimenti per compensare non ci restano che gli scioperi generali.

MILANO CITTA’ STATO

 

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Hot topic di fine 2019: di cosa SI PARLA A MILANO negli ultimi mesi dell’anno

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Da "Mostra "Genio & impresa - Leonardo e Ludovico ieri e oggi"
Da "Mostra "Genio & impresa - Leonardo e Ludovico ieri e oggi"

A Milano non si sta mai con le mani in mano. Si ci si sente protagonisti in tutto e qualunque questione locale o internazionale si affronta con un’unica idea: trovare una soluzione risolutiva. Questo il menù dei dieci argomenti su cui si dibatterà da qui ad almeno la fine dell’anno.

Hot topic di fine 2019: di cosa SI PARLA A MILANO negli ultimi mesi dell’anno

#1 La candidatura di Sala (a sindaco, a tutto)

Su questo il sindaco ci sguazza. Gli piace un sacco alimentare il mistero sul suo futuro. Cosa farà Sala è la domanda passepartout per ogni evento mondano, azzeccata anche se non si conosce l’orientamento dell’interlocutore. Tra l’altro il testa-coda al governo ha scompaginato anche le carte, secondo noi aumentando le probabilità di una sua ricandidatura e inserendo anche l’unico rischio di una sua sconfitta: nel caso in cui il governo dovesse fare disastri, l’onda dell’impopolarità potrebbe travolgere anche il sindaco. 

#2 Come si può superare il mancato ponte di Sant’Ambrogio

Quest’anno per Milano è come il passaggio della cometa di Halley: la sventura che capita una volta ogni cinquecento anni è l’azzeramento del ponte dell’immacolata. Sabato 7 dicembre, domenica 8 dicembre. La festa principe di Milano viene cancellata con una spugna. Argomento eccellente per coinvolgere qualunque altra persona in un lamento comune.

#3 L’inghippo sulle Olimpiadi

Prepariamoci a parlarne a intermittenza come è capitato negli anni prima di Expo. Settimane di silenzio e poi una fiammata, sì, ma le olimpiadi? Polemiche, richiesta di leggi speciali, nomine, progetti e poi un nuovo silenzio. Per risvegliare gli animi si può lanciare l’argomento in qualunque occasione.

#4 L’impatto giallo rosso su Milano

La politica ormai è l’argomento più pop che ci sia. E’ l’argomento principe che ha sostituito musica e sport. I politici si atteggiano a rock star e fanno picchi di ascolto. Dopo la prima estate in cui si è parlato più di politica che di abbronzatura si annuncia un autunno giallo rosso per Milano. Si ricorderà il governo più levantino della storia di questa città di origine celtica sperduta nelle nebbie del nord?

#5 Salvini a Milano?

Aveva l’Italia nelle sue mani. Era acclamato come una superstar. E poi come spesso succede nella politica italiana ha fatto la fine di Prometeo che sfida gli dei. E’ passato da risplendere di carisma puro a una faccia da pugile suonato. Un argomento molto caldo questo autunno sarà: che cosa farà Salvini nella sua città che così poco lo ama?

#6 L’Atalanta a San Siro

Lo confessiamo. La cosa ci piace un mondo. L’Atalanta che gioca in Champions a San Siro. Non è magnifico? Ed è pure capitata in un girone facile, chissà che a portare i colori di Milano nel mondo non sia la dea che corre nei boschi della val Brembana. Forza, andiamo tutti a tifare per lei, per una volta uniti a Milano nel tifo calcistico.

#7 Stadio sì o stadio no

Se ne parla ormai da mesi. La strategia in questi casi è quella dei tormentoni musicali. All’inizio fanno schifo poi a furia di bombardarti le orecchie uno non ne può più e cede, e finisce per fischiettarli. Questa è la strategia per lo stadio. Vogliono costruirne uno nuovo, piccolino in modo da essere sempre pieno e da poter fare schizzare i prezzi in alto come per gli Swatch degli anni novanta. All’inizio l’idea faceva schifo, sembrava senza senso, ma a furia di insistere, di riproporla a giorni alterni, ogni opposizione sta mollando. Si sa, vinceranno loro. 

#8 Milano città stato

Non è da noi fare i falsi modesti, anche perchè altrimenti non ci chiameremmo in questo modo. Il tema di Milano città stato o, per i più scrupolosi, della città regione sta divampando. Lo vediamo da ogni tipo di segnale: boom negli accessi, nelle interazioni, nelle persone che scrivono, nell’impegno di chi si sta dedicando al progetto. E anche l’appoggio delle forze politiche, dei portatori di interesse della città, dei media. Questo autunno è il momento giusto per fare diventare Milano città stato e il referendum una materia di conversazione diffusa in tutti gli ambienti.

#9 La riapertura di Linate

Milano era una capitale mondiale dell’aeronautica. Il primo aeroporto, Caproni, i dirigibili di Baggio, Forlanini, l’Idroscalo. Tutto è stato spazzato via e da qualche mese non ci sono più neppure gli aerei che decollano nella periferia est. UN argomento che mette insieme nostalgia e futuro.

#10 La nuova stagione dei rendering

Non ce ne vorranno gli amici della giunta ma sappiamo tutti che una delle strategie più utilizzate da alcuni nostri assessori è quella dei rendering. L’effetto annuncio è forse più potente di quello della sua realizzazione. Circolano dei rendering di progetti formidabili praticamente per ogni angolo della città. Con il prossimo autunno attendiamo con ansia una nuova serie di progetti da condividere e di celebrare sul web in modo entusiasta. Poco conta che poi non ci sia traccia di terme open air a San Siro o di maestosi Colossei alberati.

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Vive la France e l’aperitivo!

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L’Hosteria Porta Tosa si trova vicino a Porta Vittoria. Sembra un controsenso, ma non lo è: l’antica porta orientale nelle mura spagnole un tempo si chiamava proprio Porta Tosa.

Un nome che richiama la tradizione, non trovate? Ebbene, tutto dell’Hosteria Porta Tosa richiama i sapori e l’atmosfera delle osterie milanesi di una volta.

Qui troverete personale più che gentile, un menù da leccarsi i baffi e – tenetevi forte- questo venerdì c’è anche una sorpresa…

Vive la France e vive l’Hosteria Porta Tosa! E viva l’Aperitivo alla francese! Con un’eccezionale selezione di vini, tra cui Kressman, Muscadet, Moutard e moutard rose e Louis costant champagne… il tutto, accompagnato da un buffet di baguette, paté e formaggi francesi!

Avete un’idea migliore?

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Il far west di via BENEDETTO MARCELLO: i contrasti sul futuro di una delle aree più problematiche di Milano

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Piazza Benedetto Marcello
Credit: corriere.milano.it - Piazza Benedetto Marcello

Via Benedetto Marcello, poco distante dalla Stazione centrale, è sempre stata una zona ai limiti della legalità a causa di spaccio di droga, prostituzione, microcriminalità.

La sua strana forma: né via, né piazza

La strada lunga circa 600 metri presenta un parterre in mezzo, che pone all’esterno le corsie con i rispettivi sensi di marcia assomigliando così a una piazza. O forse il contrario: né via né piazza.

La suddivisione del parterre centrale vede: una parte predominante destinata a giardini e giochi per bambini, al di sotto della quale è situato un parcheggio sotterraneo, e un’area più ridotta, da via Vitruvio a via Scarlatti,  utilizzata come parcheggio e area di mercato il martedì e il sabato di ogni settimana.

Il degrado caratterizza da anni la via, complice la scarsa considerazione dell’area adibita a parcheggio alternato al mercato, con la presenza di asfalto e cemento rovinato, alberi abbattuti e mai più rimpiantumati, buche pericolose e “tag” su l’arredo urbano.

Credits: Urbanfile – Degrado Via Benedetto Marcello

Dal degrado alla microcriminalità

Il degrado trascina con sè situazioni di disagio sociale e comportamenti borderline. Via Benedetto Marcello non si sottrae a questa regola e infatti registra da anni episodi di microcriminalità, quali furti, spaccio di droga, vendita di oggetti rubati e attività di prostituzione, che si accompagnano a danneggiamenti di proprietà pubblica, imbrattamenti e incuria.

Credit: Urbanfile – Scritte vandaliche e incuria

Il progetto del nuovo mercato “calato dall’alto”: le proteste dei cittadini

Oltre all’attività di prevenzione e repressione da parte del Comune di Milano, per mezzo della Polizia Locale, l’amministrazione ha presentato un progetto di sistemazione dell’area di mercato e parcheggio della via, con riparazione della pavimentazione danneggiata, ripristino delle situazioni di degrado e piantumazione di alberi sradicati a causa delle auto.
I lavori sono partiti alla fine di agosto, tra le proteste dei cittadini che vorrebbero finalmente eliminare il parcheggio di auto e il mercato dal parterre centrale per restituirlo alla sua funzione di viale alberato e di giardino. Questa richiesta non è certamente un capriccio visto che è dal lontano 1965 che l’area è vincolata paesaggisticamente dalla Sovrintendenza.

Il fatto che il mercato abbia una storia decennale comporta per il Comune, come riporta Urbanfile dalla voce dell’Assessore al commercio Cristina Tajani, delle “obbligazioni giuridiche…verso i titolari di concessione e la soppressione espone a ricorsi, spesso vinti”.

Credits: Urbanfile – Progetto di riqualificazione

Pertanto i lavori prevedono solo la messa a dimora di alberi per ricostituire il perimetro precedente e la sistemazione a nuovo della pavimentazione e dell’arredo urbano. Si tratta quindi di una riqualificazione leggera che non ha visto la partecipazione diretta dei cittadini ma, data la mole di proteste che si è levata, il Comune ha dato spazio a possibili alternative in occasione della presentazione del progetto nel contesto dell’assemblea pubblica del Municipio 3.

In sostanza, i cittadini chiedono che il mercato venga trasferito lungo tutto la via e che l’area oggi utilizzata si trasformi in un giardino come tutta Via Benedetto Marcello. Verranno accolte le richieste? Il Comune ha offerto una possibilità: di certo se la partecipazione dei cittadini fosse avvenuta prima di presentare il progetto e metterlo in atto, forse si sarebbe potuta trovare una soluzione migliore per il quartiere.

FABIO MARCOMIN

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La piazza contesa. PIAZZA D’ARMI tra difesa dello status quo e progetti avveniristici

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Credits: urbanfile.org - Progetto Leopoldo Freyrie

Cittadini contro il Comune, Comune contro Ministero. Quella sul futuro di Piazza d’Armi è una partita che si gioca sulla pelle di Milano, interessata in questi ultimi anni da una vera e propria rinascita culturale ma soprattutto urbanistica. Finché qualcuno non si mette di traverso.

Natura vs Nuove costruzioni

I progetti storici della nuova Milano – porta Nuova, City Life, l’area ex-Expo e ora anche gli Scali ferroviari – sono ormai in fase quasi conclusiva o comunque avviati su un percorso già ben definito. Ma se finora sì è trattato semplicemente di riempire spazi in abbandono ma già fortemente urbanizzati, alcune delle aree attualmente all’attenzione dell’amministrazione comunale pongono il problema più spinoso di dover mettere mano ad ampi vuoti urbani che in qualche modo la Natura ha già avuto modo di colmare, creando piccole (ma neanche tanto) oasi naturali. E in un periodo storico in cui i problemi climatici e la riforestazione sono al centro del dibattito politico, le opposizioni di chi vorrebbe preservare il patrimonio naturalistico – e paesaggistico – della città trovano, per così dire, terreno particolarmente fertile.

Così ad esempio il futuro di Piazza d’Armi è diventato un po’ un emblema di due visioni diverse sullo sviluppo della città. Potremmo dire, semplificando, di chi si batte per la conservazione e la riqualificazione dell’esistente, preservandone il valore culturale, naturalistico e pubblico, e chi vorrebbe investire su uno stravolgimento totale, in grado di ricostruire su basi più moderne e di rendere appetibile l’investimento per soggetti privati, con positive ricadute anche sui conti pubblici cittadini.

La sua storia: dai dirigibili alle esercitazioni militari

Partiamo dall’inizio. Piazza d’Armi è un interessante e vasto complesso situato in via Forze Armate, a poca distanza dal Parco delle Cave e dal Parco Agricolo Sud Milano. Tale area aveva avuto un uso agricolo fino al primo decennio del ‘900. Poi, nel 1913, l’Ingegner Forlanini vi costruì le Officine Leonardo Da Vinci, da cui uscì il primo dirigibile italiano denominato “città di Milano”. Qui nacque anche il primo aerodromo cittadino, su cui volò in più riprese, negli anni Dieci, la prima aviatrice italiana, Rosina Ferrario.

Dagli anni ’30 la piazza divenne un campo di esercitazione soprattutto per mezzi logistici (carri armati e mezzi pesanti) dell’adiacente Caserma Santa Barbara. L’area oggi comprende  una  Piazza d’armi vera e propria (35 ettari) e alcuni edifici adibiti a suo tempo a Magazzini militari (7 ettari), costruiti con caratteristiche costruttive e stilistiche unitarie, per una superficie complessiva ampia come quella del Parco Sempione (che non a caso era la vecchia piazza d’Armi).

Ormai in disuso dalla fine anni ’80, l’area verde è stata ricolonizzata dalla natura e trasformata in boschetti di latifoglie miste, alternati ad aree umide e praterie dalle vivaci fioriture, e vi si sono  inseriti spontaneamente orti urbani e  un’attività di apicultura. La biodiversità dell’area è tale che Piazza d’Armi è stata inserita nella Rete Ecologica Regionale ed è stata di recente riconosciuta ufficialmente come Area di Rilevanza Erpetologica Regionale per la rilevata presenza di anfibi rari e in via d’estinzione.

I progetti in campo

Nel 2015 Investimenti Immobiliari Italiani Sgr S.p.A. (Invimit Sgr), una società di gestione del risparmio del Ministero dell’Economia e delle Finanze, è stata incaricata del recupero e della valorizzazione dell’area. Il Comune di Milano, nel Documento di obiettivi per il piano di governo del territorio dell’agosto 2017, ha inserito Piazza d’Armi, insieme ad altre aree come quelle degli Scali ferroviari, di Città Studi e dell’ex area Expo, tra quelle che potranno contribuire in modo rilevante a ridefinire l’assetto urbano della città e dell’intera area metropolitana del prossimo decennio. Il Piano di Governo del Territorio (PGT) identifica quindi l’area come ATU (Ambito di Trasformazione Urbana) e prevedeva la possibilità di  costruirvi 290.000 mq di superficie lorda di pavimento. Un progetto che si sarebbe potuto attuare con la costruzione di circa 4000 alloggi di medie dimensioni o con la realizzazione di un centro sportivo per il quale sembrava esserci l’interesse dell’Inter. Il bando pubblicato da Invimit Sgr era tuttavia andato deserto.

Credits: urbanfile.org – Progetto Leopoldo Freyrie

In entrambi i casi, tuttavia, una buona fetta dell’area ora totalmente verde sarebbe stata cementificata con indici di edificabilità molto elevati, e la cittadinanza privata dell’uso di tale spazio oggi completamente pubblico.

Un luogo del cuore

Nel corso di questi anni quindi si è levata la voce critica e autorganizzata di alcuni gruppi di cittadini, in particolare quella dell’Associazione Parco Piazza d’Armi Le Giardiniere, che ha richiesto una revisione del PGT che preveda l’abbattimento dell’edificabilità sull’intera area verde.

A loro si sono affiancati nel corso del tempo altri comitati cittadini, che sono confluiti nel Coordinamento Piazza D’Armi. Le loro richieste sono supportate da evidenze importanti, come il fatto che nell’area si sia sviluppata spontaneamente un’oasi naturalistica e della biodiversità che merita protezione, un unicum in una città come Milano ove il problema dell’inquinamento è all’ordine del giorno. I Comitati di Piazza D’Armi hanno anche avanzato una petizione alla Commissione Europea affinché l’area verde boschiva esistente venga mantenuta e valorizzata come “capitale naturale di biodiversità”, diventando una grande Parco Pubblico Urbano, mentre il FAI l’ha inserita tra i suoi luoghi del cuore.

Il loro progetto, alternativo a tutti quelli finora presentati, prevede nell’area a verde la realizzazione di un parco agro-silvo-pastorale urbano, con attività di carattere orticolo, vivaistico, didattico, culturale, botanico, scientifico e di allevamento, oltre alla tutela degli animali selvatici presenti e delle colonie feline; e la riqualificazione dei Magazzini militari dismessi a scopo residenziale, sociale con attività didattiche, riabilitative, culturali produttive e commerciali, senza aumento delle volumetrie.

Progetto dell’Associazione Parco Piazza d’Armi Le Giardiniere

Recependo in parte le istanze della cittadinanza, all’inizio del 2018 sono state accolte dal Comune due importanti osservazioni, che hanno ridotto l’indice di edificabilità da 0,7 a 0,35, aumentando la quota minima di verde dal 50% al 70% dell’area (quasi tutta quella non già edificata), e identificano la Grande Funzione Urbana della Piazza d’Armi nella riforestazione urbana. E’ un passaggio importante perché, per la prima volta, nel Pgt di Milano l’area di piazza d’Armi viene esplicitamente considerata innanzitutto area verde. Piazza d’Armi è quindi destinata ad essere un grande parco con edifici non residenziali al posto degli ex magazzini militari, che avrebbero dovuto essere abbattuti per far posto alle nuove costruzioni.

Il vincolo paesaggistico, una decisione annunciata

Ma ecco che la primavera scorsa, insieme ai temporali di stagione, arriva anche il vincolo paesaggistico chiesto dal Ministero dei Beni Culturali, che riguarda tutti gli edifici militari esistenti nonché il divieto di nuove edificazioni in tutta l’area attualmente a verde, oltre ad alcune prescrizioni paesaggistiche per la salvaguardia di “prospettiva, luce, ambiente e decoro degli edifici sottoposti a tutela”. Il complesso della Piazza d’Armi e l’ospedale militare attiguo del resto costituiscono un esempio unico di cittadella militare del periodo tra le due guerre in Lombardia, di importante memoria storica e identitaria e di significativo valore artistico-antropologico.

Non si è trattato di un fulmine a ciel sereno. Già nel marzo 2018 infatti il FAI aveva presentato una richiesta di apposizione di vincolo paesaggistico sull’intera area, ai sensi della legge 42 del 2004 – “Codice dei beni ambientali e culturali”, in cui  si sottolineava il “notevole interesse pubblico per gli aspetti di memoria storica, di valore estetico, tradizionale e visivo/paesaggistico e per peculiarità panoramiche in ambito urbano”. Mentre il Parlamento Europeo aveva inviato nel marzo 2019 a Comune, Regione e ai Ministeri Finanze, Beni culturali e Ambiente un monito in cui faceva suo l’appello dei cittadini contro il possibile scempio nell’ex Piazza d’Armi, invitando a preservare i suoi valori ambientali, paesaggistici, storici-architettonici, nonché a porre vincoli urbanistici con gli appositi piani regolatori e paesaggistici”.

E’ però evidente che il mantenimento di un’ampia area verde, unito all’impossibilità di aumentare le volumetrie esistenti, è molto difficilmente compatibile con l’appetibilità economica di questo complesso per gli investimenti immobiliari. E da qualche parte il denaro per la riqualificazione deve pur essere trovato, se non si vuole destinare ampie zone di città all’abbandono definitivo, rinunciando altresì a ricavarne nuove risorse per i cittadini. «Se parliamo in termini economici – ha dichiarato l’assessore Maran – Invimit deve rientrare dei 60 milioni di euro di investimento (il prezzo di acquisto dell’area) e l’intervento deve generare oneri sufficienti a realizzare il parco e le altre urbanizzazioni necessarie» (circa 40 milioni di euro  per 30 ettari di parco e servizi vari).

E il Modello Milano?

Pare difficile che il vincolo paesaggistico possa mutare, anche a seguito delle recenti vicissitudini della politica nazionale, ma la questione di fondo rimane, e si pone anche per altre aree del nostro territorio interessate da vicende simili, come la Goccia alla Bovisa. In parole povere la questione è la seguente: è meglio difendere le conquiste della Natura, preservando un patrimonio verde atoctono e spontaneo, completamente pubblico e in funzione prevalentemente ecologica; oppure è preferibile fare piazza pulita riprogettando il verde ad uso privato e prevalentemente come arredo urbano, dove magari gli alberi si vedono solo nei rendering, piegandosi a logiche prettamente economiche (anche in funzione di investimenti pubblici)?

Siamo fiduciosi che la soluzione stia nel mezzo, e che nella conciliazione tra la salvaguardia del nostro patrimonio culturale e naturalistico,  e il ritorno economico di soggetti pubblici e privati possa infine identificarsi il famigerato “modello Milano”, tanto sbandierato dalla Giunta Sala.

ROBERTA CACCIALUPI

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Il FONTANILE dei Certosini e la sensazione di non stare a Milano

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Fontanile dei Certosini
Credit: ilcielosumilano.it - Fontanile dei Certosini

Il fontanile dei Certosini è un corso d’acqua all’interno dei giardini di Ponte Lambro, che risulta essere presente sulle carte idrografiche sin dal 1833, e che fino al 2017 non era tenuto propriamente in ordine e risultava inserito in un’area degradata complice l'”ecomostro” iniziato e mai concluso dell’hotel previsto per i mondiali di calcio del 1990.

 

Dall’ecomomostro al bosco

Credit: albesteiner.net – Hotel mondiali ’90

Nel 2017, successivamente all’abbattimento dell’ecomostro al cui posto sono sorti giardini pubblici, con panchine e giochi per bambini, grazie all’opera di un gruppo di cittadini volontari compreso il presidente di Muinicipio l’area del fontanile è stata completamente ripulita.

Inoltre sono stati messi a dimora 1.400 alberi, una vera area boschiva  curata dal WWF, tipici della pianura padana e dell’ambiente fluviale con altezza variabile fra 1,5 e 6 metri, per ricreare ambienti tipici della pianura quali il bosco di latifoglie e un arbusteto campestre.

Credit: ilcielosumilano.it – Aironi in volo e coltivazioni di piselli

Tra le cose incredibili di questo luogo, ai margini della città, la presenza di fauna caratteristica come gli aironi e altri uccelli tipici della pianura padana, piante erbacee di ogni tipo e migliaia di fiori, oltre a coltivazioni come quella dei piselli bioligici, sui terreni affidati dal Comune e alimentati dall’acqua pulitissima del fontanile circondato da enormi pioppi neri.

Percorrendo il sentiero al di sotto dell’argine del Lambro si ha “la sensazione di non stare a Milano”.

FABIO MARCOMIN

Un ringraziamento speciale a Paolo Guido Bassi, Presidente del Municipio 5

Le città più internazionali e aperte al mondo sono delle città stato come #Amburgo #Madrid #Berlino #Ginevra #Basilea #SanPietroburgo #Bruxelles #Budapest #Amsterdam #Praga #Londra #Mosca #Vienna #Tokyo #Seoul #Manila #KualaLumpur #Washington #NuovaDelhi #HongKong #CittàDelMessico #BuenosAires #Singapore

 

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Primi assaggi del District Tour

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Diario di bordo del 13 settembre 2019. Destinazione: Milano città stato.

Nuovo record di lettori per Milano città stato: 24.400 lettori unici nella giornata di ieri. L’autonomia di Milano sta diventando un tema sempre più caldo.

Oggi abbiamo fatto un piccolo assaggio del district tour. Mattinata in municipio 9 accompagnati dal presidente vulcanico e appassionato. Tanti progetti per il futuro che cercheremo di supportare.

Delegazione District Tour di Milano città Stato con il presidente Lardieri
Delegazione District Tour di Milano città Stato con il presidente Lardieri

Una nota di colore: la sede del Municipio 9, Villa Hanau, è forse la più bella insieme a quella del Municipio 1, ma lo stemma non si può guardare. Nove quadrati che potrebbero rappresentare qualunque zona con il numero 9 di qualunque città del mondo. Uno dei nostri cavalli di battaglia sarà di rinforzare l’identità di ogni municipio, anche attraverso l’adozione di stemmi più rappresentativi.

Nel pomeriggio incontri con rappresentanti dei municipi 1, 5 (Alessandro Giacomazzi) e il consigliere comunale Gabriele Luigi Abbiati che ci ha illustrato ancora il municipio 9.

Delegazione District Tour di Milano città Stato con il consigliere Abbiati
Delegazione District Tour di Milano città Stato con il consigliere Abbiati

Nota a margine che fatichiamo a comprendere: abbiamo contattato tutti i presidenti dei municipi. Per ora ci hanno risposto solo rappresentanti del centro destra. Amici presidenti della sinistra milanese ci risponderanno?

Delegazione District Tour di Milano città Stato con il consigliere Giacomazzi del Municipio 5
Delegazione District Tour di Milano città Stato con il consigliere Giacomazzi del Municipio 5

MILANO CITTA’ STATO

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White Premier Party!

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Tutti conoscono la Terrazza Duomo21. Tutti la conoscono perchè è la terrazza panoramica più bella di Milano, perchè è la più In e perchè organizza party ed aperitivi più fashion che mai!

E questa volta si ricomincia: White Premier Party, la Terrazza Duomo 21 organizza un aperitivo esclusivo.

Non solo cocktail e stuzzichini a partire dalle 19.00, ma anche dj Set!

Ricordatevi che c’è il dress code: white elegant chic!

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I pro e i contro dell’URBANISMO TATTICO, la nuova moda importata a Milano dalle piazze di New York

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Credit: milano.repubblica.it - Nolo

Gli interventi di urbanistica tattica stanno venendo realizzati dal Comune di Milano su iniziativa dei delegati di Bloomberg Associates che hanno portato a Milano un modello di intervento sperimentato nella città di New York. L’urbanistica tattica consiste nel ridisegnare in maniera leggera e quindi non definitiva dei “non luoghi”, per vivacizzarli riducendo degrado e problemi di sicurezza.

Le esigenze di modifiche dell’assetto, di quelle che diventeranno nuove piazze, può arrivare direttamente dal Comune o da richieste di gruppi/comitati cittadini.

Gli effetti principali di questi interventi

Il primo effetto è il divieto di transito e sosta alle auto, il secondo è la trasformazione in area pedonale e quindi piazza ad uso esclusivo di chi si muove a piedi.
La trasformazione consente nel delimitare l’area con alberi in vaso, dipingere la pavimentazione con diverse colorazioni, inserire panchine e arredi quali tavoli da ping pong per favorire l’utilizzo del luogo e la socializzazione in generale.

Piazza Angilberto II
Credits: Urbanfile – Piazza Angilberto II

Tra le trasformazioni effettuate: Piazza Angilberto II, la nuova piazza nel quartiere Dergano, il piazzale di Porta Genova e l’area tra le vie Venini e Nolo, North Of Loreto, termine coniato per identificare quella porzione di città.

Leggi anche: Dèrgano e Dergàno? 10 motivi che rendono SPECIALE il quartiere della rivoluzione contadina

Luci e ombre di una modalità di azione che sta dividendo i cittadini

Il processo di cambiamento della città messo in atto con questa modalità mostra sia luci che ombre.

LUCI

#1 BASSA SPESA, ALTA RESA
Con l’impiego di risorse ridotte, visto l’utilizzo di vernici, panchine amovibili e vasi, si è in grado di modificare la percezione di un luogo adibito a transito e parcheggio auto in una piazza vivibile dai pedoni. A questo si aggiunge che i progetti sono attivati su iniziativa dei delegati di Bloomberg che stanno supportando a costo zero per il Comune le attività dell’amministrazione locale.

#2 STIMOLO AI RAPPORTI SOCIALI
La possibilità di avere uno spazio all’aperto in cui sedersi
a parlare, giocare a carte o a ping pong favorisce i rapporti sociali e rinforza la vita di quartiere.

#3 VALUTAZIONE DELL’IMPATTO PER SUCCESSIVA SISTEMAZIONE DEFINITIVA
Un approccio urbanistico leggero consente di valutarne l’impatto
nel contesto del quartiere e la risposta dei cittadini, decidendo quindi se studiare una progettazione definitiva della piazza oppure se tornare indietro all’assetto precedente.

OMBRE

#1 ELIMINAZIONE DEI POSTI AUTO E AUMENTO DEGLI INGORGHI
Come si è visto per il caso di Porta Genova o anche per quello di Piazza Angilberto II la trasformazione di queste aree senza prima prevedere un serio impatto viabilistico ha prodotto la rimozione di posti auto, non reintrodotti in zone limitrofe, e l’aumento della congestione dei veicoli a motore a causa di percorsi obbligati e della chiusura di aree adibite prima al traffico.

Leggi anche: Delirio in PORTA GENOVA: il disastro viabilistico

#2 COMMERCIANTI DANNEGGIATI ECONOMICAMENTE
Alcune delle proteste,
che si sono levate al termine dei lavori, sono giunte dai commercianti che vedendo l’eliminazione del transito e della sosta delle auto in prossimità delle loro attività temono una riduzione di passaggio dei clienti e quindi degli incassi, considerando in particolare che si tratta di via periferiche o lontane da percorsi pedonali ad alto scorrimento.

#3 ALTA PROBABILITA’ CHE DIVENTINO SOLUZIONI DEFINITIVE
La paura
di chi ha valutato negativamente l’intervento, ma anche di chi l’ha valutato positivamente, è che le piazze rimangano per anni così, carine per una soluzione di breve durata, ma di scarso impatto estetico-funzionale a livello urbanistico se dovessero rimanere tali. Una paura che può trovare fondamento dal fatto che il Comune ha già stanziato i fondi per il mantenimento dei luoghi allo stato attuale, senza che ci sia all’orizzonte l’ipotesi di un progetto definitivo di risistemazione.

FABIO MARCOMIN

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La Milano dei CENTENARI: in meno di 20 anni sono triplicati

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centenari

I centenari o ultracentenari residenti nel comune erano 249 nel 1999 e nel 2017 hanno raggiunto quota 667 (dati Anagrafe). Ma non è finita: secondo le proiezioni nel 2030 potrebbero quintuplicare, arrivando a superare quota 3.000!

God save the Queens

Dei 667 centenari milanesi, 474 hanno superato i cento anni e la probabilità di sopravvivenza a 100 oggi sono due su tre. La vita non è solo più lunga ma anche migliore. Il traguardo dei 100 non corrisponde più all’abbandono e alla fine dell’attività: oggi si parla di invecchiamento attivo. La crescita esponenziale dunque non è solo quantitativa ma anche qualitativa e ciò significa un miglioramento della qualità della vita. Un segno positivo che riflette una città che si evolve continuamente in linea con gli standard delle altre grandi metropoli del mondo.

I numeri parlano al femminile perché la quota rosa è in netto vantaggio: 580 donne e solo 87 uomini. In altre parole l’83% di donne e il 13% di maschi. In più fra quelli che superano i 105 non ci sono uomini (Istat 2019).

La generazione delle due guerre

Questi fuoriclasse sono i figli della Grande Guerra venuti al mondo negli anni in cui in Italia la natalità crollava. Sono sopravvissuti a due Guerre Mondiali e sono i testimoni di una storia di Milano lunga un secolo. La generazione della Guerra si è mostrata in ogni caso resistente o meglio ancora resiliente, cioè capace di fare fronte in maniera positiva a eventi traumatici.

Il minor numero di centenari maschi è legato verosimilmente alla leva e ai numerosi caduti della Seconda Guerra Mondiale ma ci sono anche altre spiegazioni. Da una valutazione condotta dall’Università di Milano nel 2006 emerge inoltre che molte di delle donne centenarie hanno vissuto sole per numerosi anni, in quanto nubili o vedove, mentre i maschi sembrano beneficiare di un maggiore supporto familiare, in quanto sposati una o due volte o accuditi dai figli. Essere donna e sola sembrerebbe quindi rappresentare una condizione favorevole per la longevità.

I segreti della lunga vita

Secondo gli esperti la componente genetica pesa per circa il 30%, ma tutto il resto è legato allo stile di vita cioè: alimentazione, l’accessibilità alle cure mediche e l’ambiente. L’alimentazione e le condizioni di salute sono legate a fattori economici, sociali e culturali. In altre parole incide sulla lunghezza della vita la qualità del sistema sanitario, l’istruzione, il fatto che siamo ricchi o poveri. Sull’ambiente influiscono diversi fattori fra cui l’inquinamento del territorio, gli incidenti stradali, la criminalità ma anche l’invecchiamento attivo come strumento utile per risolvere alcune delle sfide legate all’invecchiamento della popolazione.

Proprio di invecchiamento attivo ha parlato Stefano Errico della Direzione Politiche Sociali del Comune di Milano e Coordinatore dei Centri Socio Ricreativi Culturali (CSRC). I 29 centri contano 15 mila soci e sono distribuiti in tutti i 9 municipi. Le attività offerte dai centri sono ricchissime e vanno dal ballo alle lingue straniere, dalla scrittura creativa alla alfabetizzazione digitale. In occasione dei 50 dallo sbarco sulla Luna è stato organizzato un ciclo di lezioni tenuto dell’astrofisico Fabio Peri del planetario civico e per novembre la direzione ha promosso un convegno sull’invecchiamento attivo che coinvolgerà città italiane e europee. L’Assessorato quindi non solo promuove cultura per i cittadini ma è anche soggetto produttore cultura in questa materia. Sempre secondo Stefano Errico le più attive sono le donne e questo è uno dei fattori che spiega la dominate femminile fra i centenari milanesi: le donne dunque sono sole ma non soffrono certamente di solitudine.

L’invecchiamento attivo: un marchio di fabbrica della mentalità milanese

Milano insomma è sulla buona strada. Certo bisognerebbe coinvolgere più attivamente gli uomini nelle attività dei Centri Socio Ricreativi Culturali, che sono però già una ottima risposta per l’invecchiamento attivo. Molti altri aspetti sono già dei punti di forza della Città: La criminalità è bassa e la qualità del sistema sanitario milanese è indiscutibile ed è una delle ragioni del turismo sanitario dalle altre regioni.

Con un piano di mobilità integrata innovativo come hanno tutte le grandi metropoli del mondo gli incidenti stradali e l’inquinamento diminuirebbero significativamente. Milano ha anche bisogno di un piano mirato contro l’inquinamento che sfrutti tutte le tecnologie più innovative che oggi sono disponibili.

Per realizzare questi grandi progetti Milano ha bisogno di maggiori risorse, di più autonomia e di grandi idee che valorizzino, rafforzino e sviluppino le sue potenzialità.

 

SOFIA MARIA BERNADETTE MARI

 

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