La impone ai lombardi ma lui non la indossa (nella foto: Fontana e Gallera senza mascherine a Roma). Credit: tpi.it
Mascherine obbligatorie per almeno altri 15 giorni. Questa è la decisione ufficiale del governatore Attilio Fontana. I lombardi, unici al mondo, continueranno a coprirsi naso e bocca quando si trovano fuori da casa così da evitare o ridurre la diffusione di «goccioline» che possono veicolare il virus. «Credo che continueremo ancora per 15 giorni – ha annunciato il governatore Abbiamo durante l’evento “Salute Direzione Nord – I discorsi del coraggio” alla Fondazione Stelline di Milano – Abbiamo parlato a lungo con tanti esperti e riteniamo che per una questione di precauzione sia giusto proseguire in questa direzione, visto che i numeri stanno andando bene».
La Lombardia si confermerebbe l’unica area in Unione Europea a prevedere un simile obbligo. D’altronde lo stesso governatore Fontana ha già dichiarato di voler mantenere le mascherine obbligatorie fino al vaccino. La domanda che molti fanno è: se altrove i governi semplicemente raccomandano le mascherine, perchè ai lombardi invece non viene concessa libertà di scelta? E se la Regione Lombardia continua a mantenerle obbligatorie anche in esterno contro ogni evidenza scientifica, se è in possesso di dati di contagi avvenuti all’esterno, perchè non li rende noti?
Ultima nota: se quando i contagi aumentano bisogna mantenerle per farli diminuire e quando invece calano (come ora) bisogna tenerle per non farli aumentare, con la logica del Governatore, quando ne usciremo?
Per inciso: in tutta l’Unione Europea senza che vi sia obbligo di mascherine all’aperto i contagi e i decessi si sono ridotti. Solo l’Italia infatti, insieme alla Romania, è rimasta con ancora più di 5 decessi giornalieri (dati 28 giugno).
Altre misure. Nella nuova ordinanza regionale, oltre alla proroga dell’uso delle mascherine fino al 15 luglio sembra prevista anche la riapertura delle discoteche all’aperto dal 10 luglio, stessa data in cui dovrebbero riprendere gli sport di contatto come il calcetto. Via libera già dal primo luglio, invece, alle manifestazioni fieristiche.
Chi saranno i candidati sindaco?
Secondo le indiscrezioni pubblicate dal Corriere della Sera, ci sono diversi nomi in lizza per il centrodestra e per il centrosinistra. La domanda chiave che circola da tempo è: si ricandiderà Sala?
Salà o non Salà? Il nuovo TOTONOMI dei candidati sindaco
Sala si ricandida? 80% sì
“Nonostante ripeta da settimane che «è un po’ stanchino» i bookmaker nella sua maggioranza azzardano un 80 per cento a favore della candidatura contro un 20 per cento che scommette sulla rinuncia”.
Se non si ricandida sarà derby tra Majorino e Maran oppure Boeri (Tito)?
In caso Sala rinunci la strada sembra quella delle primarie. A meno che non spunti un nome condiviso. Al primo posto ci sarebbe Tito Boeri su cui potrebbero convergere tutti i partiti della coalizione. In caso di primarie facile prevedere il grande derby tra Pierfrancesco Maran, assessore all’Urbanistica, e l’altro Pierfrancesco, l’eurodeputato Pd, Majorino. Con una possibile sorpresa di Paolo Limonta.
Resta il sogno per il centro destra
Soprattutto se Sala non si ricandidasse, si avrebbero più possibilità per il centro destra di avere candidati più competitivi. In particolar modo il rettore del Politecnico, Ferruccio Resta, che se non ci fosse Sala potrebbe essere tentato di accettare la corte di Giancarlo Giorgetti che con il rettore intrattiene ottimi rapporti.
Candidati “in casa”
Con la ricandidatura di Sala sarebbe più difficile trovare candidati della società civile. Riprenderebbe quota la soluzione politica, con Silvia Sardone, Gianmarco Senna e Alessandro Morelli.
Il favorito? Marco Giachetti
Anche se forse il favorito resta Marco Giachetti, presidente della Fondazione Policlinico e grande amico di Salvini che da ministro ha voluto partecipare personalmente all’inaugurazione del museo della Ca’ Granda.
Gli outsider: splende la stella di Zangrillo
Gianluca Vago, ex rettore della Statale, che è anche medico. Altra categoria corteggiata con particolare insistenza da Forza Italia a cui non dispiacerebbe proporre il nome di Alberto Zangrillo, direttore della terapia intensiva del San Raffaele e medico personale di Silvio Berlusconi. Un altro outsider che circola è Enrico Pazzali, presidente della Fondazione Fiera.
Il colpo a sorpresa: il ritorno di Gabriele Albertini
FdI, insieme al mondo che gravita intorno a Stefano Parisi, invece non ha mai dimenticato Gabriele Albertini. La richiesta l’ha fatta il suo ex braccio destro Riccardo De Corato. «Mi ha risposto con un messaggio: “non ho l’età”. Gli ho ricordato che Biden si è candidato a presidente Usa a 78 anni», risponde De Corato, secondo quanto riporta il Corriere.
MILANO CITTA’ STATO
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Quali sono le zone in Europa ad aver visto aumentare di più la mortalità? Il Nord Italia, in particolare la Lombardia orientale che risulta ai vertici nell’intera Europa. Ma anche il Regno Unito e le regioni centrali della Spagna, il Belgio, la Francia Nord-orientale, la Finlandia meridionale. Sono queste le zone dove nel 2020 si è registrato un aumento percentuale dei decessi rispetto alla media degli anni precedenti. Ad aver raccolto i dati, è stata Clara Guibourg per lo European Data Journalism Network.
I territori colorati in arancione sono quelli che hanno visto un aumento della mortalità, mentre quelli in azzurro hanno fatto registrare una contrazione.
Venendo alle variazioni nella mortalità, il dato peggiore spetta alla provincia di Bergamo, che rispetto alla media 2015-2019 ha visto crescere del 147% i decessi nei primi quattro mesi e mezzo del 2020. Tra le prime dieci province per incremento della mortalità ci sono anche Cremona (+119%), Lodi (+99%) e Brescia (+91%).
Tra le altre zone più colpite ci sono la città di Madrid (+128%), Castilla-La Mancha (+104%) in Spagna, Haut-Rhin (+93%), Seine-Saint-Denis (+90%) e Hauts-de-Seine (+82%) in Francia, Mons (+84%) in Belgio.
Da segnalare che i dati non indicano che tutte queste persone morte in più rispetto alla media siano decedute a causa del Covid-19. Ma in un contesto nel quale il numero dei contagi dipende dal numero dei tamponi effettuati e le strategie di tamponamento cambiano non solo da nazione nazione ma, lo si è visto in Italia, da regione a regione, misurare la variazione della mortalità è il modo più efficace per visualizzare l’andamento della pandemia.
Chi governa continua a fare le stesse cose di sempre: distribuire potere e risorse ai propri amici, fare maquillage dei conti pubblici, iniziare mezze riforme che aumentano il malcontento. È facile sentirsi sopraffatti, abbandonare il campo e dedicarsi ai propri affari. Purtroppo, succede che questo abbandono della res publica possa portarci a una illuminazione: perché non trasformare la politica in una startup?
Se la POLITICA funzionasse come le STARTUP
# La politica italiana mantiene un sistema corrotto e scarsamente competitivo. La soluzione? Fare bootstrappping
Certamente il nostro Stato spende in modo assolutamente sbilanciato le nostre tasse: più di 100 miliardi per ripianare il deficit dell’INPS tra pensioni e contributi, 115 miliardi per la sanità. Le priorità a Roma paiono altre, rispetto a quanto richiesto per rilanciare l’Italia. Poi abbiamo un elevato debito pubblico, che ci obbliga a un avanzo primario da parecchi anni. Inoltre, soprattutto nella destra nazionalpopolare, è in voga prendersela con l’Europa, che ci impone stringenti vincoli di bilancio e non ci consente di spendere i nostri stessi soldi.
Nel campo riformista si è soliti imputare gli scarsi risultati raggiunti utilizzando variazioni sul tema dei poteri contrapposti, dei ricatti dei partitini, delle consorterie e della sindrome NIMBY. Siamo così bombardati da questi concetti che alla fine li facciamo nostri, decidiamo di parteggiare per i poveri riformisti incompresi oppure per la becera destra sovranista, e passiamo il nostro tempo a litigare sui social network dando la colpa a chi non la pensa come noi. Nel frattempo, chi governa continua a fare le stesse cose di sempre: distribuire potere e risorse ai propri amici, fare maquillage dei conti pubblici, iniziare mezze riforme che aumentano il malcontento. È facile sentirsi sopraffatti, abbandonare il campo e dedicarsi ai propri affari, sperando che possano germinare, dato l’ambiente inefficiente, corrotto e scarsamente competitivo. Purtroppo, succede che questo abbandono della res publica possa portarci a una illuminazione.
Negli ultimi mesi ho seguito da vicino la nascita di alcune startup, offrendo consigli assolutamente pro bono, per l’interesse di conoscere le innovazioni più promettenti nell’ambito del fintech. Ho avuto modo di vedere realizzati bei siti, contenuti brillanti, software avanzati, con risorse davvero scarse; nel gergo, si parla di bootstrapping, termine che letteralmente significa tirarsi su per gli stivali, come fece il barone di Münchhausen in un racconto leggendario, e che definisce con efficacia le prime fasi di (auto) finanziamento di una startup quando ancora non si hanno risultati da promettere agli investitori.
# Cosa significa fare startup nel 2020?
Fare startup nel 2020 significa poter usufruire di una cassetta degli attrezzi ampia e gratuita che consente di produrre ottimi siti, video promozionali, business plan; centinaia di progetti open source consentono di non partire da zero, a patto che si disponga di un minimo di competenze informatiche o della voglia di crearsele.
La comunità degli startupper è abbastanza aperta alla condivisione, perché in fondo si soffre tutti degli stessi problemi: è facile quindi chiedere informazioni e consigli per non ripetere errori e risparmiare tempo. Nell’animo dello startupper si iscrivono rapidamente i concetti di project management agile, di approccio lean, di MVP (non Michael Jordan, ma il minimum viable product): sono modi gentili per dire un concetto caro nella nostra infanzia, se vuoi imparare a nuotare, tuffati! Non è un modo di fare alla portata di tutti. Servono molto coraggio, fiducia in se stessi, e molta capacità di apprendere. Non tutti hanno successo, non tutti finiscono su Forbes, ma è difficile non rimanere affascinati dalla passione e dalla rapidità di pensiero del piccolo mondo delle startup italiane, capaci di fare nozze con i fichi secchi, e di divertirsi pure.
# La classe politica italiana si accontenta di campare
Trasformiamo l’amministrazione pubblica in una startup? No, non è mia intenzione fare proposte così ambiziose. Però… ho come l’impressione che se mandassimo al governo persone davvero in gamba, con esperienze di alto livello e un network di eccellenza, sarebbero in grado di produrre idee nuove, efficaci, impattanti. Senza la necessità di enormi risorse, ma attivando meccanismi di selezione trasparenti con obiettivi chiari: gare internazionali, vincoli di sostenibilità ambientale stringenti. Con l’umiltà di imitare quelli più bravi, di contattarli, di scambiare apertamente dati, dubbi, soluzioni.
Lavorerebbero per la cosa pubblica, senza farsi probabilmente troppi amici, perché ogni nuovo intervento sarebbe aperto a tutti, ai migliori offerenti, perché nessuna posizione sarebbe garantita stabilmente. Ho voluto portare questo confronto per fare emergere un punto di partenza solido per capire come cambiare: il problema della nostra classe politica sta tutto nella sua mediocrità – o scarsità del capitale umano, direbbe un economista.
Tale mediocrità va dettagliata, altrimenti pare una banalità. La classe politica italiana si accontenta di campare, perché la mediocrità alberga in tanti settori del Belpaese, tra cui i mass media, ben felici di non svegliare dal torpore gli scarsi amministratori di condominio che governano, e di cavalcare la polarizzazione delle posizioni espresse nella mia premessa. È un atteggiamento a rischio zero, difficile portare argomenti dirimenti quando la battaglia è tra il bene e il male, un modus vivendi che non richiede da parte dei giornalisti grandi competenze: perché imparare a leggere un bilancio, capire qualcosa di macroeconomia e geopolitica, quando basta riportare le dichiarazioni di Salvini e criticare le sue prese di posizione ridicolmente estreme?
# La mediocrità dei politici è il frutto dell’abbandono della parte più produttiva del Paese
La mediocrità dei politici è il frutto dell’abbandono della parte più produttiva del Paese, che non ha tempo di entrare nell’agone, ma anche dell’egemonia culturale di una parte della sinistra che vede le startup come autosfruttamento figlio del tardo capitalismo, che scrive, ancora oggi, articoli a difesa del Liceo Classico ed è pronta a mobilitare tutto il proprio serbatoio retorico per mettere in discussione la scienza (“biopotere”, “scientismo”, “neopositivismo”, “tecnocapitalismo” vanno per la maggiore). Una sinistra che invoca l’intervento pubblico senza prima fissare dei soliti paletti, perché lo stato, soprattutto in Italia, ha coinciso più con assistenzialismo che con sviluppo, e ha creato una vasta clientela di persone e aziende che vivono solo di fondi pubblici e bandi inutili.
La mediocrità dei politici è, infine, il risultato ovvio di chi non ha mai lavorato davvero in vita sua, non ha mai gestito un progetto – ma nemmeno organizzato una partita di calcetto… Di chi si è abituato rapidamente a cercare consenso con promesse irrealizzabili, con grida verso nemici immaginari, sfruttando una cittadinanza che pure non brilla di capacità critica e cultura. La politica data driven è verosimilmente un sogno di pochi accademici, ma vivere nell’inferno del data hidden in cui siamo condannati ha mostrato nella crisi del covid-19 tutta la sua letalità.
ANDREA DANIELLI
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Breaking News: accordo raggiunto tra PD e 5 Stelle per estendere cassa integrazione e blocco dei licenziamenti per tutto il 2020.
I nuovi scenari che si aprono dopo la fase due offrono comunque una serie di domande alle quali è difficile rispondere. Prendiamo in esame alcune situazioni, secondo noi molto importanti, cercando di immaginare cosa potrà accadere nei prossimi mesi per alcuni settori strategici per Milano.
Settembre CALDISSIMO: i 7 settori cruciali per Milano a forte rischio di crisi. Due le strade per evitare il disastro
#1 Università
Inevitabile il calo di iscrizioni da parte degli studenti fuori porta, specie per gli stranieri. L’appetibilità dei nostri atenei, sempre più graditi dagli studenti di tutto il mondo grazie ai progetti Erasmus, si vede svilita dalla fase post Covid che insieme all’incertezza sulla riapertura impone ristrettezze nel poter assistere alle lezioni, almeno per quelle che riprenderanno. Seguirle online può sicuramente essere una soluzione anche se non definitiva, mentre l’esperienza fuori porta è, per la maggior parte dei ragazzi, legata anche al poter vivere in un altra città potendola conoscere e amalgamandosi a tutti gli altri portatori di cultura ed usi che rende l’esperienza stessa indimenticabile. Oltre al gettito diretto agli atenei mancherà quindi l’indotto creato dalla moltitudine di ragazzi più o meno giovani che avranno la vita sociale limitata o seriamente modificata togliendo molto del fascino e dell’interesse a chi ne può usufruire e sarà un motivo per il quale molti studenti eviteranno Milano e l’Italia preferendo altre mete o comunque rendendo la scelta molto più oculata. Già da alcuni mesi migliaia di studenti hanno abbandonato la città per svariati motivi senza confermare il loro ritorno.
#2 Mercato immobiliare
A questo tema si aggancia il Mercato Immobiliare che sta subendo una seria flessione soprattutto per gli affitti a breve termine oltre a una brusca frenata per student housing e alberghi, mentre al momento tiene il residenziale e gli uffici di nuova generazione che sono molto più snelli nel poter essere modificati nelle loro geometrie oltre che sanificati ogni qualvolta si debba fare. Certamente sono in crescita le richieste che riguardano il settore sanitario e medicale, ma rimane una piccola fetta di un mercato molto più ampio.
#3 Eventi
Milano è la città che con Parigi si contende lo scettro di capitale europea degli Eventi, forte della moda e dei moltissimi appuntamenti mondani e spettacoli che fanno ruotare nel capoluogo lombardo un numero impressionante di persone, con un relativo introito importantissimo per la crescita della città meneghina. Ovviamente la situazione attuale impone lo stop a numerosissime iniziative mettendo in forse l’organizzazione di quelle future. E’ impensabile che creare una valida alternativa a Milano possa non essere pericoloso per una eventuale perdita permanente come sede di tutti quegli eventi che verranno eventualmente dirottati in altre città. Ovvio che in Europa scatterà una vera e propria gara affinché la moda e altri ricchi mercati possano essere catturati con una gravissima perdita economica e di immagine da parte nostra.
#4 Turismo
Inevitabile parlare del Turismo e delle presenze decisamente ridotte per i prossimi mesi. La ricettività del capoluogo lombardo stava assumendo dimensioni da tipica città mondiale che, nonostante le dimensioni ridotte rispetto a qualunque metropoli, era in grado di accogliere milioni di turisti spesso concentrati in determinati periodi. Se non si stabiliranno delle linee guida certe e pratiche in brevissimo tempo rischia di prolungarsi anche nei mesi successivi l’ormai certo crollo delle visite previsto nel periodo estivo. Crediamo si debba correre ai ripari al più presto e in modo estremamente efficace.
#5 Fiere e Congressi
Le numerose Fiere e Congressi che fanno parte della tradizione della Madunina sono sospese fino a nuovo ordine. Non discutiamo la scelta di fermare momentaneamente il tutto ma senza una seria pianificazione troviamo difficile si possano programmare in futuro evitando un deciso calo delle presenze, considerando che la movimentazione delle persone si riaggancia ai temi già citati e per i quali, al momento e con le linee guida attuali e pressoché impossibile definirne gli sviluppi. Senza un richiamo deciso e credibile è plausibile si possano perdere numerose Fiere a favore di altre sedi.
#6 Negozi
La chiusura dei Negozi comporta non solo un danno economico ma una desertificazione dei quartieri. Molti esercenti, date le difficoltà di esercitare in modo da poter ricavarne un minimo di utile, stanno preferendo rimanere chiusi attendendo tempi migliori. Si stanno di fatto perdendo alcune realtà storiche e caratterizzanti che se non verranno aiutate spariranno per sempre facendo perdere alla città l’identità che la rende attrattiva, a favore di un impoverimento o di una tendenza globalizzatrice ben differente da quella che Milano ha necessità di mantenere.
#7 Produzioni
Non ultimo le Produzioni Cinematografiche e set fotografici. Milano è da sempre un set ideale per moltissime produzioni italiane e internazionali grazie ai luoghi caratteristici ed alla capacità di coniugare un centro tutto sommato piccolo e di impronta medioevale con una serie infinita di presenze di firme, di prodotti di alta gamma e tecnologicamente avanzatissimi. Un connubio inscindibile che è diventato un teatro naturale per ambientare produzioni che vanno film dei meneghini Aldo, Giovanni e Giacomo a Salvadores fino ai video di Rihanna passando per le numerose case di moda o marchi internazionale che da anni scelgono Milano come set. Un universo che produce utili importantissimi per una città che stenta a ripartire.
A questi si aggiunge infine il rischio più grande: quello di crisi sistemica irreversibile che aggravi la spirale di burocrazia, controlli e fiscalità oppressiva che sta progressivamente portando sempre più aziende del territorio a spostare la loro attività oltre frontiera.
Quale conclusione trarre? Che chi ha la responsabilità del territorio si impegna al massimo per evitare che tutto questo accada. Le strade sono due: pretendere che buona parte dei futuri aiuti europei per riparare i danni della pandemia arrivino nelle aree realmente più colpite (in primis la Lombardia) e/o pretendere dal governo centrare di lasciarci finalmente liberi di amministrare risorse e poteri sul territorio per rilanciare la nostra città.
ROBERTO BINAGHI
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«Non ho alcun timore dei nuovi focolai», l’ha dichiarato il primario del San Raffaele Alberto Zangrillo, ospite nel programma di Lucia Annunziata “Mezz’ora in più”.
Il Primario del San Raffaele, Zangrillo: «Ora dobbiamo ripartire, altrimenti moriamo. Ma non di Covid»
«Oggi è il 28 giugno e tutti gli indicatori sono assolutamente favorevoli»
Le dichiarazioni di Zangrillo. «Se torno indietro a 4 mesi fa, il 28 marzo è stato il giorno in cui sono stato più spaventato, mi veniva da piangere. Non sapevo dove mettere i malati. Oggi è il 28 giugno e tutti gli indicatori sono assolutamente favorevoli».
Ha aggiunto poi spiegando che «Il virus c’è e non è mutato, ma nella sua interazione con l’ospite è andato incontro, attraverso il fenomeno dell’omoplasia, a una perdita della carica rilevata in laboratorio, quindi è un’evidenza a cui corrisponde una mancanza di malattia. Non posso dire che non torni tra qualche mese ma tutti gli indicatori sono positivi».
«I nuovi focolai non hanno alcun significato per me»
In merito alle nuove situazioni di contagio rilevate in Italia negli ultimi giorni invita a non allarmarsi: «I nuovi focolai non hanno alcun significato per me: la mortalità è passata dal 6,7 allo 0,4. In Italia abbiamo una serie di focolai che vanno controllati e identificati ma non equivalgono a un focolaio di malattia».
Più che l’epidemia, Zangrillo si dice preoccupato di altro: «l mio dovere è dire una parola di saggezza e verità agli italiani, che come abbiamo visto sono stati martoriati da una serie di ragioni differenti e sono assolutamente disorientati e spaventati. Solo un terzo dell’Italia è veramente ripartita, ora dobbiamo ripartire con attenzione, seguendo le regole, altrimenti moriamo e non di Covid».
28 giugno 2020. Leggera crescita di decessi e nuovi contagi in Lombardia, anche se si rimane prossimi ai migliori valori dall’inizio dell’emergenza. 13 morti e nuovi contagi sempre sotto a quota 100 in Regione. Quattro nuovi positivi a Milano città. Restano ricoverati solo 323 persone (-92 in un giorno). in Unione Europea, malgrado ormai tutti i paesi abbiano riaperto e allentato notevolmente le misure di protezione, sopra i 3 decessi giornalieri ci sono solo l’Italia (22) e la Romania (23). Svezia e Germania a zero ormai da giorni.
Dati Lombardia. Si torna sopra i 10 decessi in tutta la Regione (13 dai 2 di ieri), i contagi restano sotto a quota 100: sono 97 (di cui 31 “debolmente positivi”) su 8.119 tamponi effettuati. Quattro nuovi contagiati a Milano città e sedici in tutta l’area metropolitana. Restano ricoverati 323 persone (-92 in un giorno), di cui 43 in terapia intensiva.
Italia. I decessi giornalieri risalgono a 22 in tutta Italia (dagli 8 di ieri). I contagi sono stabili a 174 dai 175 di ieri.
Mondo.Insieme all’Italia (22) anche la Romania (23) risale sopra i 10 decessi giornalieri. Gli altri Paesi dell’Unione Europea sono sotto i tre decessi giornalieri: Polonia 3, Portogallo 3, Ungheria 2, Spagna 2, Belgio 1, mentre Svezia e gli altri Paesi sono a 0. Anche l’UK scende a 36 decessi. Nel mondo al primo posto il Brasile con +961 decessi giornalieri, poi Messico +652, Usa +449 e India +355.
Fonte: dati Regione Lombardia, Protezione Civile, Worldometers
Alcuni dati anticipano il boom dell’estate 2020: restare in Lombardia.
Vacanze 2020: il trend è restare in LOMBARDIA. 10 mete per un’estate unica da vivere in Regione
Da una rilevazione di Airbnb sulle ricerche effettuate da cittadini lombardi e mete più ricercate sono all’interno dei confini regionali, seguite dal Trentino Alto Adige. Nella regione le zone più ambite dai turisti lombardi sono Valtellina, Orobie e lago di Como. In grande perdita la Riviera romagnola e il Salento.
Conferma questi dati anche una ricerca del sito Casa.it: rispetto allo scorso anno c’è stato un incremento nelle ricerche di case in affitto nelle zone più belle della Lombardia. Qualche esempio: Valtellina +234%, Valcamonica +141%, Lago d’Iseo +23%, Lago di Como +22% che segna gli incrementi maggiori a Cernobbio (+71%), a Como (+60%), ma arriviamo addirittura al +1.952% per Eupilio e al +6.079% per Grandola ed Uniti. Stando a una ricerca di Bluepillow, un aggregatore dei principali portali di e-travel, le case vacanze più ambite devono avere piscina, giardino e wi-fi.
Riproponiamo queste dieci attrazioni per una gita o una vacanza unica.
Restiamo in Lombardia: 10 Mete Alternative per un’estate unica in Regione
#1 ABBADIA CERRETO: natura e affreschi rinascimentali
A poca distanza da Lodi, nel verde delle campagne del Parco Regionale dell’Adda Sud, sorge questo pittoresco borgo rurale costruito intorno a quella che era l’antica abbazia di San Pietro, meta ideale per una gita in bicicletta tra arte e natura. Furono i monaci cistercensi, attorno al XII sec, a bonificare le zone acquitrinose attorno all’abbazia, dando inizio alla coltivazione e l’irrigazione grazie all’utilizzo dei numerosi canali e fontanili presenti. Anche se oggi i monaci non abitano più quest’edificio, l’abbazia resta un piccolo gioiello dell’arte romanico-gotica con al suo interno affreschi tardo-rinascimentali.
#2 TRE CORNI: lo sfondo della Vergine delle Rocce
Credits InLombardia
Lungo il percorso ciclopedonale che costeggia l’Adda, tra i comuni di Paderno e Trezzo, è possibile osservare il luogo che ispirò il genio diLeonardo da Vinci per lo sfondo della “Vergine delle rocce”. Terra amata e ben conosciuta dall’artista toscano, dove l’Adda scorre più impetuoso del solito, modellando nei secoli con le sua acque quelle rocce che hanno così formato questi caratteristici canyon brianzoli.
#3 DIGA DEL GLENO: il Vajont lombardo
Per gli amanti del trekking e delle viste mozzafiato non si può non avventurarsi verso la monumentale diga del Gleno, in Val di Scalve. Basta lasciare l’auto nella piccola Pianezza, frazione di Valminore, per incamminarsi tra sentieri immersi nel verde dei boschi e su su fino all’antica strada scavata nella roccia ed utilizzata dai costruttori di quel mastodontico muro di cemento che fu la diga del Gleno. Una storia triste, quella di questa diga, che anticipa di ben quarant’anni il tragico e ben più noto disastro del Vajont. Il 1 dicembre del 1923 la diga si squarciò in due provocando la devastante fuoriuscita di ben sei milioni di metri cubi d’acqua verso valle, inghiottendo e devastando molto dei paesi sottostanti, causando 356 morti. Oggi lo scheletro silenzioso di questa diga è la prima immagine che accoglie chiunque arrivi, un immagina che toglie il fiato per la bellezza naturalistica che la circonda, certamente, ma anche per l’impatto che ebbe sulla storia di questa valle.
#4 SANTA MARIA DELLA NEVE: La “Cappella sistina dei poveri”
Lo scrittore Giovanni Testori la definì :”la cappella sistina dei poveri”, ed è, a mio parere, il capolavoro assoluto di Girolamo Romanino, quel pittore, che assieme a Savoldo e Moretto, ha reso noto in tutto il mondo il Rinascimento Bresciano. Vista da fuori, la chiesa di Santa Maria della Neve di Pisogne, sul lago d’Iseo, appare agli occhi quasi anonima, un semplice edificio religioso come tanti in questo lembo di terra tra lago e montagna. È varcando il suo portale che ci si rende davvero conto del tesoro che si trova al suo interno, un intero ciclo pittorico realizzato dall’artista bresciano nel 1534 in cui sono raffigurate le scene della passione, morte e risurrezione di Cristo. Ciò che più colpisce è senza dubbio la grande crocifissione affrescata sulla controfacciata, in cui i personaggi raffigurati sotto la croce non sonoabitanti della Gerusalemme romana, ma cavalieri, soldati e contadini rinascimentali, rendendo ancor più terrena e tangibile questa scena evangelica. La fantasia artistica di Romanino, che scelse di lavorare in queste valli per un periodo della sua vita, dà il meglio di sé in ogni scena, lasciando uscire il visitatore stupito e appagato.
#5 MONTE ISOLA: L’isola lacustre più grande d’Europa
Restando lungo le acque del lago d’Iseo, non possiamo non visitare Monte Isola, l’isola lacustre più grande d’europa. La sua mole boschiva emerge dalle acque come il guscio di una tartaruga, eper raggiungerla basta prendere un traghetto dai porti di Sulzano o Sale Marasino. Caratteristico è il borgo dei pescatori di Carzano, mentre per i più sportivi il consiglio è di mettervi in cammino fino al Santuario della Ceriola, il punto più alto dell’isola da cui godere della miglior vista sul paesaggio alpino circostante.
#6 VALLE DI GAINA: Il Sentiero delle Cascate
Credits Bresciatoday
Sempre in territorio sebino, per gli amanti della natura e dell’avventura, nella Valle di Gaina a Monticelli Brusati si trova il “sentiero delle cascate”. Un itinerario che si snoda su due livelli di percorsi tra cascate, torrenti e scale metalliche. Se l’avventura vi ha messo sete, ricordatevi che siete nel bel mezzo della Franciacorta.
#7 ABBAZIA DI PIONA: la chiesa dei tesori
Situato nella penisola dell’Olgiasca, sulle sponde del lago diComo, il complesso abbaziale di Piona risale addirittura al VI sec, anche se l’aspetto attuale lo si deve ad opera dell’ordine benedettino nel XII sec. Magnifico esempio d’arte romanica, l’abbazia è un vero scrigno di tesori e un toccasana per lo spirito. All’interno della chiesa di Santa Maria si trovano due leoni in pietra oggi adibiti ad acquasantiere, inizialmente posti all’esterno per sorreggerne il portale, mentre lungo l’abside affreschi colorati di epoca ottoniana raffiguranti Cristo, gli evangelisti e gli apostoli si alternano allo scuro delle pietre. Attiguo alla chiesa è il chiostro, anch’esso romanico, risalente al XIII secolo, con capitelli decorati ed affreschi raffiguranti i mesi dell’anno e i loro cicli. L’abbazia è inoltre nota per la produzione delle famose “gocce imperiali”, un liquore al sapore d’anice con gradazione alcolica al 90% ottimo come digestivo diluito con acqua.
#8 OLTREPO’ PAVESE: castelli, eremi e cantine
Basta scendere a sud di Pavia ed oltrepassare il grande fiume per entrare in questa terra di borghi e castelli medioevali, natura e buon vino. Tra i numerosi borghi meritano di essere menzionatiZavattarello, celebre per il suo castello “infestato”,Varzi, celebre per il suo salame, e Fortunago. Per gli amanti della natura è possibile fare una passeggiata alle Grotte di San Ponzo, rifugio medioevale dell’omonimo santo, oppure all’eremo di Sant’Alberto di Budrio, un luogo senza tempo circondato da una pace quasi irreale. Un consiglio, non lasciate queste terre senza prima aver assaggiato almeno un bicchiere dell’ottimo vino prodotto in queste zone.
#9 SABBIONETA: la città ideale
Credits Baroque
Sabbioneta sorge come un oasi di arte e cultura nel bel mezzo della campagna mantovana. Venne fondatadal duca Vespasiano Gonzaga-Colonna nel 1554 come capitale del suo piccolo dominio, una città ideale secondo i canoni architettonici rinascimentali. Già varcando la bianca porta imperiale ci si rende conto di essere entrati in una sorta di città in miniatura dove il tempo sembra essersi fermato ai fasti dell’epoca gonzaghesca. Centro del potere politico era Palazzo Ducale, nell’omonima piazza, le cui sale interne sono un omaggio alla casata gonzaghesca e ai suoi illustri membri. Degni di nota anche il Palazzo del Giardino, residenza ad uso privato del duca, le cui sale sono state affrescate da Bernardino Campi, la chiesa dell’Incoronata, mausoleo ducale, e il piccolo Teatro olimpico realizzato da Vincenzo Scamozzi, tra i primi esempi di teatro moderno al mondo.
#10 VALLE DI FRAELE: la via dei laghi
Una meta ideale per gli amanti della montagna, incastonata sopra l’abitato di Isolaccia, tra Bormio e Livigno, la Valle di Fraele, coi suoi laghi e corsi d’acqua, vi farà dimenticare i mesi di lockdown. Porta d’ingresso alla valle sono le due torri medioevali a difesa dell’antica strada alpina che collegava la Valtellina all’Engadina, tanto che per attraversarle bisognava pagare un dazio di dodici denari per ogni carico trasportato. All’interno della valle l’occhio può perdersi ad ammirare le sue bellezze naturalistiche, tra il lago naturale Scale, alimentato da sorgenti sotterranee, e i due laghi artificiali di Cancano. Numerosi sono i percorsi che qui si possono prendere e che conducono anche alla bellissima Val Müstair, nei Grigioni.
Resisterete alla tentazione di non uscire dal confine?
Non c’è estate senza le code in Liguria. Però di solito succedevano al rientro la domenica sera. Invece già la partenza del week end per molti milanesi si è rivelata un incubo.
LIGURIA da INCUBO: 14 KM di CODA per cantieri in autostrada, turisti fatti SCENDERE dai treni per rispettare il distanziamento nei posti a sedere
Obbligo di distanziamento nei posti a sedere: turisti diretti in Liguria fatti scendere dai treni a Milano.
Disagi sabato mattina in Stazione Centrale a Milano: molti passeggeri sono stati fatti scendere dai treni diretti in Liguria perché troppo affollati e non sono riusciti a partire oppure sono arrivati con grande ritardo. La denuncia arriva da Assoutenti.
Il caos si è creato a causa della necessità del rispetto della normativa coronavirus che fa sì che sui treni i viaggiatori possano sedere solo distanziati. E l’ordinanza della Regione Liguria entrata in vigore oggi che consente di occupare tutti i posti sui convogli non ha valore per i treni che arrivano da altre regioni.
A questo si è aggiunta la cancellazione nel pomeriggio di un treno proveniente da Milano e diretto ad Alassio via Genova ha lasciato “a piedi” diverse persone che contavano su quel convoglio per tornare nel savonese.
“Ora basta – dice il presidente di Assoutenti Furio Truzzi – Andare in vacanza nel fine settimana non può diventare un problema di ordine pubblico. Servono subito otto coppie di Frecciarossa, dalla Lombardia e dal Piemonte per le riviere si ponente e di levante della Liguria!”. Infine il Presidente di Assoutenti chiede un risarcimento simbolico di 100 euro per tutti i passeggeri, sia quelli lasciati a terra sia quelli arrivati a destinazione con ore di ritardo.
Traffico in tilt per lavori in autostrada: fino a 12 chilometri di coda verso Genova. E Autostrade vuole chiudere totalmente 14 tratte
6 chilometri di coda fin dalla mattina di venerdì tra Genova Est e Nervi, lungo la A12 in direzione Livorno. E nel pomeriggio, con i turisti in arrivo da Piemonte e Lombardia, la situazione è peggiorata in diversi tratti interessati dai cantieri con code fino a 12 chilometri al bivio A12-A7 Milano-Genova e Genova Nervi. Altri serpentoni chilometrici si sono formati sull’A7 tra Genova Bolzaneto e il bivio A7-A12 Genova-Livorno, sempre per lavori, così come sull’A10 Genova-Ventimiglia e tra Celle Ligure e bivio A10-complanare Savona.
Un bollettino di guerra, quello del traffico ligure nel fine settimana, strozzato tra chiusure, cantieri, salti di carreggiata. E il piano di Autostrade rischia di mandare definitivamente in tilt la viabilità lungo le grandi arterie regionali, con ripercussioni anche lungo la Aurelia e nei paesi, come accaduto nelle scorse settimane ad Arenzano. Uno “stritolamento” della Riviera di Levante, lo definisce il sindaco di Rapallo Carlo Bagnasco parlando di una situazione “non più sostenibile”, mentre il governatore Giovanni Toti chiede “serietà” e “rapidità” alla società concessionaria e al ministero dei Trasporti perché “così non possiamo andare avanti”.
Con la stagione turistica alle porte, infatti, si diffonde la paura della paralisi. E restano due giorni per trovare una soluzione che eviti ad Autostrade di procedere con il suo piano per le ispezioni delle gallerie, la cui prima tranche dovrà terminare entro il 15 luglio. Un vaso di pandora di problemi, inefficienze e buchi nei regolamenti che ha presentato il conto agli automobilisti.
Buona parte dei problemi delle ultime settimane sono riconducibili alla necessità per la concessionaria di ispezionare le gallerie. E farlo in fretta. Il 15 luglio scade il termine stabilito dal ministero dei Trasporti per i controlli. Nonostante le numerose chiusure notturne disposte, con deviazioni sulle carreggiate opposte, Autostrade ritiene di non riuscirci in tempo. E – come riportato da Il Secolo XIX – ha inviato un piano al Mit che prevede la chiusura totale, giorno e notte, week end esclusi, di 14 tratti schierando una task force di un centinaio di persone per accelerare. Un piano che potrebbe partire già la prossima settimana, salvo che da Roma non arrivi il via libera a un posticipo del termine. Una risposta è attesa entro lunedì, in caso contrario la concessionaria è pronta a procedere.
Un’ipotesi che ha mandato su tutte le furie il governatore Giovanni Toti: “Non consentiremo che la Liguria resti paralizzata. Servono serietà, rapidità”. E chiede “un piano alternativo” che” permetta alla regione di ripartire e ai liguri e ai tanti turisti di non restare in coda ore per percorrere pochi chilometri, così non possiamo andare avanti”.
27 giugno 2020. Mentre ancora la Regione pensa di estendere ad almeno altre due settimane l’obbligo di mascherina anche da soli all’aperto, i dati sembrano riflettere quello che numerosi medici sostengono: l’emergenza sanitaria ormai è finita. Due soli decessi in regione (non capitava da febbraio), un solo nuovo contagio in tutta Milano, otto morti in Italia, nessun paese in Unione Europea sopra i 10 decessi (per la prima volta neppure l’Italia). Terapie intensive libere. Ospedali sotto controllo. Possiamo fare ritorno a una vita più serena a Milano e in Lombardia?
Dati Lombardia. Due soli decessi in tutta la Regione, solo 77 nuovi contagi in Regione (di cui la metà “debolmente positivi”) su 9.568 tamponi effettuati, un solo nuovo contagiato a Milano città e quattro in tutta l’area metropolitana. Restano ricoverati 415 persone (-86 in un giorno), di cui 43 in terapia intensiva.
Italia. I decessi giornalieri scendono a 8 in tutta Italia (dai 30 di ieri). I contagi calano a 175 dai 259 di ieri. Si scende sotto i 100 ricoverati in terapia intensiva (97).
Mondo.Per la prima volta nessun Paese in Unione Europea conta più di 10 decessi giornalieri. Oltre all’Italia con 8, dei paesi più colpiti ci sono la Spagna con 3, Belgio con 1, Olanda con 2, Portogallo e Polonia con 6 e Romania con 10. Nel mondo al primo posto il Messico con +719 decessi giornalieri.
Fonte: dati Regione Lombardia, Protezione Civile, Worldometers
Mascherine obbligatorie per almeno altri 15 giorni. Questa è la decisione del governatore Attilio Fontana. I lombardi, unici al mondo, continueranno a coprirsi naso e bocca quando si trovano fuori da casa così da evitare o ridurre la diffusione di «goccioline» che possono veicolare il virus.
La Lombardia si confermerebbe l’unica area in Unione Europea a prevedere un simile obbligo. D’altronde lo stesso governatore Fontana ha già dichiarato di voler mantenere le mascherine obbligatorie fino al vaccino. La domanda che molti fanno è: se altrove i governi semplicemente raccomandano le mascherine, perchè ai lombardi invece non viene concessa libertà di scelta? E se la Regione Lombardia continua a mantenerle obbligatorie anche in esterno contro ogni evidenza scientifica, se è in possesso di dati di contagi avvenuti all’esterno, perchè non li rende noti?
Ultima nota: se quando i contagi aumentano bisogna mantenerle per farli diminuire e quando invece calano (come ora) bisogna tenerle per non farli aumentare, con la logica del Governatore, quando ne usciremo?
Per inciso: in tutta l’Unione Europea senza che vi sia obbligo di mascherine all’aperto i contagi e i decessi si sono ridotti. Solo l’Italia infatti, insieme alla Romania, è rimasta con ancora più di 5 decessi giornalieri (dati 28 giugno).
Altre misure. Nella nuova ordinanza regionale, oltre alla proroga dell’uso delle mascherine fino al 15 luglio sembra prevista anche la riapertura delle discoteche all’aperto dal 10 luglio, stessa data in cui dovrebbero riprendere gli sport di contatto come il calcetto. Via libera già dal primo luglio, invece, alle manifestazioni fieristiche.
Pubblichiamo l’articolo di Alberto Mattioli per “la Stampa”
GIÙ LA TESTA, MILANO. Dopo anni di primati la città ha preso una sonora SBERLA (La Stampa)
Battuta d’arresto o fine delle ambizioni?
Le metafore variano: una sberla, una mazzata, una débâcle. Però è certo che a Milano la pandemia ha colpito forte, forse più che altrove. La città si è trovata stretta fra i due peggiori focolai italiani, le provincie di Lodi e Bergamo, e le prove non esaltanti della sanità lombarda. E dopo anni di primati e trionfalismi, grattacieli e Saloni da record, insomma dopo un decennio in cui correva mentre il Paese arrancava, si scopre fragile. Con l’aggravante di non risultare nemmeno troppo simpatica.
La Schadenfreude del resto d’Italia – il piacere provocato dalla sfortuna altrui – si nota fin troppo: per una volta, il primo della classe indossa il cappello da asino. È una battuta d’arresto o l’arresto definitivo delle smisurate ambizioni cittadine? Prevale quello che l’antica saggezza democristiana definiva «cauto ottimismo». In fondo al tunnel si inizia a vedere la luce. Ma il tunnel è ancora lungo. Il commercio ha sofferto moltissimo. Secondo la Confcommercio, il 64% degli esercizi ha riaperto e il 21 non ha mai chiuso. Resta un 15% di serrande ancora abbassate.
La situazione varia da settore a settore: l’alimentare accusa un calo del fatturato del 20%, il non alimentare del 60, bar e ristoranti del 70, gli alberghi del 90. Per il turismo è Waterloo. Molti hotel non hanno ancora riaperto, fiere, saloni e congressi sono stati tutti cancellati e in maggio il calo era del 98% sul 2019.
I limiti dello sviluppo degli anni dieci
E tuttavia, turismo a parte, qualche segnale di ripresa si vede. Nelle previsioni di Marco Barbieri, segretario generale di Confcommercio, ci sono molti “se”: «Se non ci sarà una seconda ondata della pandemia, se il turismo ripartirà, se gli uffici riapriranno, e se tutto questo succederà da settembre, torneremo ai livelli del ’19 nel maggio ’21».
Appunto: se. Per inciso, Beppe Sala avrà sbagliato il tono, un po’ troppo da milanese imbruttito, quando ha detto che bisogna farla finita con lo smart working e tornare a “lavurà” in ufficio. «Però ha ragione – chiosa Barbieri – perché se la gente non va in ufficio tutto l’indotto soffre». Nel frattempo, Milano «fa un bagno di umiltà», come dice l’assessore alla Cultura, Filippo Del Corno. «Il Covid ci ha resi consapevoli dei limiti dello sviluppo degli Anni Dieci. La città dinamica era talvolta frenetica. E la sua attrattiva globale una narrazione patinata, quindi fragile. Abbiamo chiamato il piano di ripresa “Un passo alla volta”, ed è una novità in una città che ne faceva tre. Attenzione: non era sbagliato quel modello. Era sbagliato pensare che fosse l’unico possibile. Pensiamo ai grandi eventi, le settimane, i saloni: benissimo, ma bisogna riscoprire anche una cultura diffusa. E con le altre città passare dalla competizione alla collaborazione».
Si recuperanno i dané perduti
Guarda caso, il cartellone per l’estate si chiama “Aria di cultura”: per una volta, uno slogan cittadino è scritto in italiano e non in inglese. Le ciclabili approntate in fretta e furia perché nessuno voleva più prendere i mezzi (talvolta così in fretta da provocare ingorghi e polemiche) diventeranno strategiche, simbolo di una città che si ripensa più verde e più lenta, più a misura d’uomo e meno di fatturato. Resta il problema di recuperare i “dané” perduti.
Un indizio infallibile dello stato di salute economica è il mercato della casa, che poi nella Milano pre-Covid andava così bene da trasformarla nella Disneyland degli agenti immobiliari. E qui, sorpresa: il business è ferito ma vivo. «Prevedevamo per il 2020 un aumento del 7%, poi abbiamo rivisto la percentuale a meno 20 – spiega Alessandro Ghisolfi del Centro studi di Abitare Co -. Due segnali inducono però all’ottimismo. Primo: si è tornato a rogitare, insomma chi era interessato prima della fase 1 nella fase 3 ha poi comprato.
Secondo: dopo la clausura, i milanesi chiedono appartamenti magari meno centrali ma più grandi e con il terrazzo». La Scala riapre il 6 luglio In questa altalena di speranze e paure, c’è anche chi dalla crisi non esce. Come Pier Galli, titolare dello storico ristorante “Galleria”, lì dal 1968. Ha chiuso il 7 marzo, dopo che il fatturato era calato del 95%. E, insieme ad altri locali storici della Galleria, come Marchesi o Biffi, ha scritto al Comune che, se tutto va bene, non riaprirà prima di settembre. «Io vivevo di turisti, che sono spariti. A pranzo avevo i bancari, che sono in smart working, e a cena gli spettatori della Scala, che è chiusa. Con 33 dipendenti e quasi mezzo milione di affitto all’anno al Comune, alzare la serranda mi costa 8 mila euro al giorno. Se, come negli ultimi giorni, ne incasso meno di mille, tanto vale restare chiuso». La Scala però riaprirà, il 6 luglio. Niente opera, per ora, ma concerti da camera per seicento persone, circa un terzo della capienza. Un altro sintomo di guarigione. E poi, recita un detto milanese, piuttosto che niente è meglio piuttosto.
Volare post lockdown è ancora complicato e, tra voli cancellati con biglietto già pagato, cancellazioni e annullamenti di collegamenti, sarà un’estate di fuoco. Soprattutto i voli da e verso Sardegna e Puglia, in particolare per arrivare ad Alghero e Brindisi, sono in alto mare, anche per l’estero è tutto a rilento e in molti aspettano rimborso per viaggi mai effettuati. Le proteste dei passeggeri iniziano a farsi sentire.
MALPENSA nel CAOS: molti voli cancellati e passeggeri sul piede di guerra
# Prima annunciati e poi cancellati i collegamenti con il Salento
Alitalia aveva annunciato i primi giorni di giugno dell’avvio dei collegamenti giornalieri da Milano Malpensa a Brindisi mettendoli a disposizione per l’acquisto da parte dei viaggiatori sul sito ufficiale. A pochi giorni dal decollo però sono stati cancellati e sostituiti con alcuni collegamenti con scalo a Roma Fiumicino. Questo significa tempi di viaggio compresi tra le 3 e le 7 ore e mezza e un prezzo di 360 euro.
Immediate le proteste del presidente della provincia di Lecce Stefano Minerva, per i disagi creati da questo cambio di decisione, che si è immediatamente mobilitato contro Alitalia: “Il territorio pugliese usufruisce dei collegamenti con Brindisi come porta di accesso alla città barocca e a tutto il rinomato territorio. Sarà un colpo durissimo per il turismo.”
# La cancellazione dei voli low cost verso Alghero
Sono numerose le proteste dei viaggiatori per gli enormi disagi subiti per la cancellazione dei collegamenti fra Malpensa e l’aeroporto sardo di Alghero con i voli Easyjet, tanti hanno programmato voli e devono capire se dovranno acquistare nuovi biglietti per far fronte alle esigenze.
Uno dei tanti passeggeri: “Per un volo che è stato cancellato ho dovuto acquistare un nuovo biglietto con Ryanair pagandolo 80 euro. Mentre i biglietti Alitalia sono ancora più costosi. Mi chiedo se ora si dovrà programmare una nuova organizzazione. Al netto che di una manciata di voucher non me ne faccio niente. EasyJet dovrebbe spiegare per quale motivo ha cancellato i voli.”
# Catania e Trapani raggiungibili grazie ad Albastar
Viaggiare in Sicilia è più facile grazie alla compagnia Albastar che ha introdotto collegamenti settimanali da Malpensa verso Catania e Trapani, con i primi quasi tutti venduti a prezzi accessibili, con il biglietto a meno di 60 euro a tratta.
# I collegamenti con l’estero un’incognita
I viaggi intercontinentali restano una grande incognita con la notizia più fresca da parte della compagnia di bandiera di Malta che ha annunciato che da metà luglio tornerà ad accogliere i lombardi, con la ripartenza dei collegamenti verso l’isola. I voli che collegano gli Stati Uniti sono stati messi in vendita ma vengono puntualmente cancellati, con enormi difficoltà per chi deve ritornare in Italia.
Credits: salvisjuribus.it - Senato della Repubblica
Nel giorno dell’anniversario della bocciatura del referendum sul federalismo e il taglio dei parlamentari del 2006, approvato dai cittadini di Lombardia, Veneto e italiani all’estero ma bocciato dal resto d’Italia, dal Parlamento arriva l’ennesimo schiaffo ai cittadini: annullata la delibera sul taglio dei vitalizi al Senato.
🔴 STOP al TAGLIO dei VITALIZI in Senato: annullata la delibera
# In Commissione Contenziosa arriva la bocciatura. Ex-parlamentare Paniz: “È stato ripristinato lo Stato di diritto”
Mentre la crisi economica imperversa in tutto il Paese arriva lo stop al taglio dei vitalizi del Senato, a seguito del voto arrivato nella notte del 25 giugno alla Commissione Contenziosa del Senato. I voti a favore sono stati quelli del presidente della commissione Giacomo Caliendo, e di due membri tecnici ovvero i professori Gianni Ballarani e Giuseppe Della Torre, mentre quelli contrari da parte di Simone Pillone e Alessandra Riccardi della Lega, con quest’ultima che ha lasciato da poco il M5S. L’annullamento di questa delibera porta come conseguenza l’obbligo di restituire le quote di vitalizi tagliati dall’ottobre 2018, quando il provvedimento fu approvato su proposta del Movimento 5 Stelle, a oggi.
L’ex parlamentare Maurizio Paniz che rappresenta 300 ex senatori e 700 ex deputati nei ricorsi contro il provvedimento entrato in vigore due anni fa, ha dichiarato: “È stato ripristinato lo Stato di diritto. La delibera è stata annullata perché ritenuta ingiustificata a fronte della giurisprudenza consolidata della Corte Costituzionale e del diritto dell’Unione europea, in base alla quale di fronte a una situazione consolidata gli interventi di riduzione degli importi devono rispondere a cinque requisiti, nessuno dei quali era stato rispettato dalla delibera. In primo luogo non deve essere retroattivo, mentre questo taglio lo era; in secondo luogo non deve avere effetti perenni, come invece li aveva la delibera; in terzo luogo non deve riguardare una sola categoria ma deve essere ‘erga omnes”, mentre qui si colpivano solo gli ex parlamentari; in quarto luogo deve essere ragionevole, mentre questo taglio raggiungeva l’86% degli importi; infine deve indicare dove vanno a finire i risparmi che non possono finire nel grande calderone del risparmio, e anche su questo punto la delibera era carente“.
Incastonato come un piccolo gioiello tra le bianche cime valdostane a nord, la provincia di Torino a ovest, la Valsesia ad est e le pianure vercellesi a sud, il territorio Biellese è ad oggi poco apprezzato e sconosciuto ai più sebbene abbia molto da offrire al visitatore che qui decide di recarsi.
Non è vero che il BIELLESE è triste
Un territorio morfologicamente variegato, fatto di montagne e pianure, ma con radici storiche e tradizioni ben salde che vale la pena di scoprire per sfatare il falso mito di una terra triste e senza nulla da offrire.
#1 Biella e il suo Piazzo medievale
credit: comune.biella.it
Ai piedi delle Alpi, la città di Biella vanta una storia millenaria capace di rievocare epoche diverse: dalle crociate contro i dolciniani, nel 1307, che videro i sostenitori di fra Dolcino giustiziati fuori dalle mura cittadine, al rinascimento biellese importato in città da Milano grazie a Sebastiano Ferrero, signore di Biella, fino alla nascita dell’industria tessile che renderà famosa la città in tutto il mondo tanto da ottenere l’appellativo di Manchester italiana.
Oggi la città della lana, patria di noti brand come Ermenegildo Zegna, Fila e Lanificio Cerruti, offre, oltre ad elementi di archeologia industriale lungo le sponde del torrente Cervo, attrazioni storico-artistiche dislocate tra la città bassa e la sua parte alta: il Piazzo.
Nella parte bassa, dal fascino ottocentesco che sembra uscito da una pagina del libro Cuore, tra viali porticati si incontrano la cattedrale con il suo battistero romanico e il complesso di San Sebastiano, oggi sede del museo del territorio biellese.
Il vero cuore della città resta l’antico borgo medioevale del Piazzo, raggiungibile sia a piedi che in funicolare, che fu per secoli dimora delle più importanti famiglie cittadine.
#2 Oropa e la Madonna nera
credit: siviaggia.it
Situata a 1200 metri e dichiarata patrimonio mondiale dell’umanità dall’UNESCO nel 2003, Oropa è il cuore spirituale del biellese.
Qui infatti si trova l’antichissimo Santuario Mariano in cui è custodita la statua lignea della Madonna Nera, un’opera che, secondo la tradizione, venne qui portata nel IV secolo da St. Eusebio dalla Palestina per evangelizzare i popoli alpini delle valli.
Attorno alla venerazione della Madonna Nera si è formato nei secoli l’attuale santuario, un complesso ricchissimo di stili architettonici che spaziano dal gotico dell’antico sacello al barocco di Filippo Juvarra.
Oltre alla chiesa in cui è conservata la Madonna, il complesso architettonico comprende gli appartamenti reali di casa Savoia, famiglia fortemente devota al culto di Oropa, e il seicentesco Sacro Monte.
Da Oropa la vista spazia su tutta la pianura sottostante come ad abbracciare il Piemonte intero, un’effetto ancora più spettacolare se ammirato dalla Porta Regia.
#3 Le Alpi Biellesi, Oropa Sport e il Lago della Vecchia
Per gli amanti dello sport estivo ed invernale il Biellese offre numerose attrazioni che vanno dall’alpinismo al trekking, dallo sci alla mountain bike fino al bungee jumping.
Proprio dietro al santuario di Oropa si estende il complesso di Oropa Sport, attivo dal 1926 tanto da essere il secondo impianto sciistico più antico d’Italia. Da qui è possibile non solo sciare, ma anche praticare alpinismo fino alle cime del monte Mucrone (2335mt) e del monte Camino (2398 mt) da cui si gode una vista spettacolare sulle grandi vette alpine della Valle d’Aosta e del Piemonte.
Altro percorso per gli amanti del trekking è la salita al Lago della Vecchia, nella vicina Valle Cervo, a quota 1865 mt, un luogo tanto affascinante da ricordare il paesaggio scozzese e con una leggenda che ha per protagonisti una donna e un orso.
Per gli amanti degli sport estremi, a Veglio-Pistolesa si trova invece il primo centro permanente di bungee jumping in Italia da cui è possibile saltare dalla vertiginosa altezza di 152 mt, che lo pone a più alto bungee jumping permanente d’Europa.
#4 Rosazza, il villaggio massonico
credit: siviaggia.it
Il fascino e la bellezza di questo piccolo borgo della Valle Cervo che conta poco più di 80 abitanti è dovuto a quell’alone di mistero esoterico che ne fa una sorta di Rennes-le-Château italiana.
L’aspetto attuale della cittadina lo si deve proprio a Federico Rosazza Pistolet, filantropo e Gran Maestro Venerabile della massoneria biellese, che scelse di restaurare il suo paese natale secondo un impronta massonica ma anche aiutando la popolazione locale dotando il territorio di infrastrutture moderne.
Tra gli edifici che si possono vedere passeggiando per Rosazza colpisce subito la chiesa e il suo piazzale, ornato di simboli massonici ed esoterici e con all’interno una volta celeste in cui sono visibili numerose costellazioni.
Di gusto neogotico il palazzo comunale, sede delle riunioni massoniche biellesi, e il castello, abitazione di Federico, decorato con altri simboli inerenti alla massoneria biellese. Una specie di percorso d’iniziazione in cui tutto, compreso il cimitero, sono frutto di un progetto ben studiato.
#5 Ricetto di Candelo, la “Pompei medioevale”
Visitare il borgo medioevale di Candelo equivale a fare un salto nel medioevo, dove tutto si è fermato. Effettivamente tra queste mura di cinta è rimasto tutto come nel lontano XIII-XIV sec.
Passeggiando tra queste vie acciottolate si può davvero capire come vivesse la popolazione medioevale, un po’ come chi va oggi a Pompei od Ercolano respira l’atmosfera che si viveva nella Roma Imperiale.
Oltre ad avere ancora tante altre attrazioni da visitare, il biellese vanta un’ottima cucina.
Il piatto sicuramente più famoso delle alpi biellesi, e soprattutto d’Oropa, è la polenta Concia (Cunscia in dialetto locale), un unicum biellese preparato con farina, Toma Biellese e Maccagno, il tutto mescolato assieme ad abbondante burro fuso che da come risultato questa deliziosa polenta molto cremosa. Un piatto antico che veniva servito ai pellegrini giunti ad Oropa.
Tipicamente biellesi sono anche la birra Menabrea, fondata a Biella nel 1846, e il Ratafià di Andorno, un liquore tradizionalmente a base di ciliegie nere risalente all’anno 1000 ed oggi preparato ancora in Valle Cervo nell’antico liquorificio Rapa.
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Credits: oceanasian.org - Mascherine recuperate in mare
Mascherine, guanti, vaschette per alimenti: la paura del contagio ha riportato la plastica usa e getta nelle nostre vite. Ma con quali conseguenze per l’ambiente?
L’effetto boomerang della sicurezza: l’INQUINAMENTO AMBIENTALE
Pensavamo di essercene liberati ma l’arrivo del coronavirus ha riportato “in voga” l’uso della plastica usa e getta e ci sono già i primi segnali che l’inquinamento da plastica monouso stia peggiorando. In molti Paesi i governi hanno affidato la sicurezza dei loro cittadini a guanti e mascherine usa e getta, dispositivi di protezione considerati necessari per frenare il contagio da Covid-19 e che dovrebbero permettere una graduale ripresa di tutte le attività sociali e produttive. Per molti governi, Italia in primis, l’impiego di questi dispositivi di protezione è diventato il baluardo del ritorno alla nuova normalità e sembra destinato ad accompagnarci nella tumultuosa e difficile convivenza con il virus. Ma se da un lato questi dispositivi dovrebbero aiutarci a contenere l’epidemia, dall’altro rischiano di causare un nuovo problema: l’inquinamento ambientale da plastica e la produzione di materiale difficile da smaltire in modo sostenibile. Solo in Italia si stima che ogni giorno l’uso di mascherine produca almeno 100 tonnellate di rifiuti plastici che, essendo materiale contaminato, non possono essere riciclati e molto spesso finiscono per essere dispersi nell’ambiente.
# L’impiego della plastica monouso ai tempi del coronavirus
L’obbligo per i cittadini di indossare dispositivi di protezione in pubblico e le normative imposte a molti settori produttivi per tornare alle proprie attività hanno portato ad aumentare l’impiego della plastica in diversi settori. I principali modi in cui il Covid-19 ha aumentato il consumo di plastica sono:
uso di dispositivi di protezione come mascherine, guanti e camici
aumento dell’utilizzo di imballaggi in plastica monouso per gli alimenti. Nonostante oggi siano disponibili valide alternative, durante la pandemia è aumentato il ricorso a sacchetti monouso e pellicole avvolgenti. Secondo i dati di un recente rapporto di ISMEA, durante la fase 1 il consumo di prodotti alimentari confezionati è cresciuto del 18 per cento rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.
aumento del consumo di cibo da asporto, un settore che sembra non poter fare a meno dell’uso di grandi quantità di contenitori in plastica
normative che obbligano all’utilizzo di plastica monouso, come ad esempio la normativa INAIL che obbliga i parrucchieri a consegnare a ogni cliente “una borsa/sacchetto individuale monouso per raccogliere gli effetti personali da restituire al completamento del servizio”, e a “fornire al cliente durante il trattamento/servizio una mantella o un grembiule monouso ed utilizzare asciugamani monouso”.
A ciò si aggiungono due aggravanti. Innanzitutto, almeno in Italia, non esiste un piano nazionale per il recupero a fine vita delle mascherine e altri dispositivi di protezione individuale ed inoltre, con il petrolio ai minimi storici riciclare la plastica è oggi molto meno conveniente che produrne di nuova e questo potrebbe indurre le aziende a fare meno ricorso a plastica riciclata per confezionare i propri prodotti.
# L’inquinamento da plastica è aumentato durante il coronavirus?
La plastica prodotta e utilizzata per gestire l’emergenza Covid-19 non può essere riciclata, in quanto si tratta di materiale contaminato che deve essere smaltito nelle discariche e negli inceneritori. Se questo non accade, i rifiuti non riciclabili si disperdono nell’ambiente e possono compromettere la salute di fiumi, laghi e oceani, azzerando gli sforzi fatti fino ad ora per ridurre l’inquinamento da microplastiche. E questo sta già succedendo, almeno secondo quanto dichiarato dalle associazioni ambientaliste, che denunciano come guanti e mascherine hanno già raggiunto fiumi e mari, dove lentamente si degraderanno in piccole particelle, chiamate appunto microplastiche, pericolose per la salute dell’uomo e dell’ambiente. Infatti le microplastiche hanno le stesse dimensioni del plancton, per cui vengono mangiate dai pesci e tendono ad accumularsi negli organismi superiori, arrivando fino a noi. La pericolosità delle microplastiche per la salute umana è ancora oggetto di studio, ma dato che la maggior parte della plastica dispersa nell’ambiente è contaminata da sostanze tossiche, si ritiene che il suo accumulo nel nostro organismo possa avere effetti negativi sul nostro organismo.
I dispositivi di protezione rappresentano poi un’ulteriore peculiare minaccia per gli oceani del mondo. “I guanti, proprio come i sacchetti di plastica, possono essere scambiati per meduse dalle tartarughe marine, mentre gli elastici delle mascherine sono un pericolo per molte specie animali”, ha dichiarato John Hocevar, direttore della campagna oceani di Greenpeace Usa. Quindi guanti e mascherine, oltre ad aumentare le microplastiche, possono interferire e alterare anche il normale habitat della fauna acquatica.
# Il paradosso della sicurezza
Il paradosso è che mentre cerchiamo di combattere una crisi di salute pubblica, potremmo contribuire lentamente a crearne un’altra. Per evitare che l’emergenza coronavirus generi una nuova bomba ecologica, è quindi necessario tener conto anche dello smaltimento della plastica monouso utilizzata e pensare a nuove soluzioni più sostenibili per l’intera filiera produttiva. Perché quando avremo finalmente vinto la nostra battaglia contro il coronavirus, la plastica che abbiamo disperso nell’ambiente ci farà compagnia ancora molto, molto a lungo.
E’ la regione della prima capitale d’Italia, circondata a nord dalla bianca corona delle Alpi, i cui massicci dominano come giganti le pianure circostanti fino a Milano, dalla mole del Monte Rosa alla perfetta punta piramidale del Monviso a cui si ispira il logo della Paramount. Andiamo alla scoperta di queste sette chicche poco conosciute del Piemonte.
Le 7 MERAVIGLIE sconosciute del PIEMONTE
#1 Gurro, un angolo di Scozia tra le valli piemontesi (VB)
Credits: travel.fanpage.it – Gurro
Basta passeggiare per le vie di questo piccolo borgo della Val Canobbina per rendersi conto dell’autenticità che lo caratterizza, ad iniziare dall’abbigliamento tipico dei suoi abitanti: il tartan. Difatti Gurro è un piccolo angolo di Scozia tra le valli piemontesi, dove la cultura gaelica vive ancora nel dialetto locale, nei suoi costumi tipici con tanto di kilt, nelle sue architetture e nelle melodiche cornamuse.
Tutto ebbe inizio nel 1525 quando, alla disfatta francese di Pavia, un gruppo di soldati scozzesi di ritorno verso l’amata patria decisero di fermarsi in questa valle e di stabilirvisi, forse vedendo una somiglianza con la loro terra natia. Ricerche effettuate dal barone Gayre of Gayre and Nigg negli anni ’70 confermarono quanto la storia effettivamente tramandava, riscontrando nei cognomi locali l’effettiva origine scozzese, e decidendo di adottare Gurro e i suoi abitanti nel clann Gayre, il cui colore verde del tartan è oggi presente nei kilt indossati dagli abitanti del borgo.
#2 Terre Ballerine, un bosco magico (TO)
Credits: viaggiaescopri.it – Terre ballerine
Un percorso naturalistico in cui sembra quasi di camminare, o saltellare, su un morbido materasso elastico, queste sono le cosiddette “Terre ballerine”. A poca distanza da Ivrea, tra i laghi Sirio e Pistono, sorge questo bosco che potremmo definire magico, dove gli alberi sembrano muoversi quasi a ritmo di danza. In realtà questo fenomeno è dovuto alla presenza in passato del Lago Coniglio, divenuto in parte una torbiera e quindi prosciugato nel 1895 per volere dell’industriale valdostano Francois Mongenet, padre della siderurgia italiana, per ricavarvi materiale combustibile per le sue industrie.
Grazie allo strato d’acqua presente nel sottosuolo si ha la sensazione di camminare su un materiale talmente morbido da sembrare di gomma, provare per credere. Per gli amanti dell’arte, a Montalto Dora, comune di cui fanno parte le “terre ballerine”, si trova anche la quattrocentesca chiesetta di San Rocco, al cui interno è presente un pregevole ciclo di affreschi rinascimentali influenzati dallo stile di Gaudenzio Ferrari.
#3 Menir di Cavaglià, la Stonehenge piemontese (BI)
Credits: wikipedia.org – Menhir Cavaglia
Poco distante dal lago del Viverone in passato insediamento palafitticolo, sorge il più grande cerchio di pietre del Piemonte, una sorta di Stonehenge locale. Risalente al 4000/5000 a.C., questi Menhir costituivano il più grande luogo di culto celtico dell’intera regione, in cui nell’età del ferro la popolazione vi giungeva per celebrare riti legati all’astronomia.
Sebbene negli anni ’70, a causa dell’incuria e del menefreghismo dell’espansione edilizia molto spesso nocivo per le bellezze del passato, i Menhir siano stati spostati in un area poco distante dal loro sito originale. Nel 2005, grazie alla Soprintendenza ai Beni Archeologici della Regione Piemonte e allo studioso Luca Lenzi, questo sito è stato risistemato e valorizzato in maniera decorosa. Un importante, silenziosa e mistica testimonianza del passato celtico di questa terra.
#4 Abbazia di Vezzolano (AT)
Credits: ambientecultura.it – Abbazia di Vezzolano
Immersa nel verde delle colline vinicole astigiane, questa romanica Abbazia venne fondata da niente meno che Carlo Magno attorno all’VIII secolo. Oggi l’edificio è un insieme di stili architettonici che variano dal romanico al gotico, con una facciata in cotto decorata con motivi decorativi in pietra come la statua di Cristo posta a mo di bifora tra gli arcangeli Michele e Raffaele. L’interno, risalente al 1100, ricorda molto le abbazie francesi, con il suo pontile divisorio nel mezzo della navata centrale, decorato con alcune storie della Vergine, oltre ad affreschi trecenteschi che si sono conservati lungo le pareti.
#5 Sale San Giovanni, un angolo di provenza tutto italiano (CN)
Credits: piemonte.eu – Sale San Giovanni
Da metà giugno fino al 5 luglio i campi attorno a questo caratteristico borgo medioevale si colorano del viola tipico delle lavande e del loro profumo, come se per incanto fossimo trasportati in Provenza. Fino al 5 luglio è possibile percorrere quei campi di lavanda a piedi, ammirarne i colori ed apprezzare il paesaggio circostante.
Sale è comunque apprezzabile tutto l’anno, in quanto con la lavanda raccolta vengono prodotti distillati, oli profumati che si possono comprare nelle botteghe del paese. Paese che non smette di affascinare anche culturalmente ed artisticamente, grazie alla presenza della romanica Pieve di San Giovanni e al medioevale castello dei Marchesi di Incisa Camerana.
#6 Santuario del Cavallero, gioiello incastonato nella Val Sessera (BI)
Credits: fondoambiente.it – Santuario del Cavallero
Per raggiungere il santuario che sorge sul ponte-piazzale più grande d’Italia bisogna percorrere un facile sentiero boschivo, con tanto di ponticello sospeso sulle acque del torrente Sessera. Dopo un suggestivo cammino tra le bellezze della natura, ecco apparire la barocca mole della chiesa e la sua piazza-ponte sul rio Cavallero, costruita nel 1772 e talmente ambia da poter ospitare numerosi fedeli.
Il santuario venne costruito sul finire del XVII secolo, quando la Vergine apparve in questo luogo ad contadina sordomuta, ridonandole l’uso dell’udito e della parola. Bell’esempio di arte tardo barocca, il santuario gode di una posizione unica e magica, incastonato nel mezzo della biellese Val Sessera, uno dei cosiddetti santuari minori che circondano il piu ben noto santuario alpino di Oropa.
#7 Ponte Tibetano Cesana Claviere, il ponte sospeso più lungo del mondo (TO)
In una terra come questa non poteva mancare un ponte tibetano, per l’esattezza il ponte sospeso più lungo del mondo, coi suoi 554 mt di lunghezza su 30 di altezza. Un percorso mozzafiato attraverso tre ponti sospesi sulle Gorge di San Gervasio, nelle quali scorre la piccola Dora. Costruito nel 2006, è un esperienza che vale la pena di fare almeno una volta nella vita.
Opere d'arte su cantiere a Sidney (Foto di Natalia Molchanova (c))
Un’idea interessante per migliorare Milano arriva da Sydney: i cantieri sparsi nella metropoli australiana sono ricoperti di stampe di artisti locali per tutta la durata dei lavori, per portare bellezza in luoghi anonimi, caratterizzati da impalcature e ferraglia.
A Sydney ogni cantiere è una mostra d’arte
Foto di Natalia Molchanova (c)
Le metropoli sono in costante mutamento, le trasformazioni urbane sono continue e questo porta ad avere immobili in costruzione o in ristrutturazione in diversi quartieri. Per sfruttare positivamente questa situazione, a Sydney hanno avuto un’idea geniale: dare la possibilità ad artisti emergenti di esporre gratuitamente la propria arte in forma di stampe sulle strutture metalliche che fungono da camminamenti per gli operai.
Foto di Natalia Molchanova (c)
Girando tra le strade della città si possono vedere carrellate di opere d’arte con tanto di descrizione dell’idea, un modo originale per valorizzare i cantieri, gli artisti e regalare cultura agli abitanti e ai turisti.
Qualcosa di simile è stato fatto anche a Milano
Milano città del design ha sempre valorizzato poco i suoi monumenti e le sue opere d’arte, mostrando sempre scarsa cura nell’arredo urbano, figuriamoci se è in grado di rendere i cantieri un’attrazione turistica, tralasciando gli umarell per i quali ogni lavoro edile è una meraviglia.
Un esempio di arte abbinata a lavori pubblici si è avuto ed è presente tuttora solo sulle cesoie che delimitano i cantieri della costruenda linea metropolitana M4.
Opere d’arte su cesoie metro M4
I disegni da esporre e gli artisti che li avrebbero dovuto produrre sono stati scelti tramite un concorso indetto congiuntamente da Comune di Milano e Metro4 Spa, optando prevalentemente per disegni dipinti direttamente sui pannelli e solo in alcuni casi stampe o quadri di materiale di vario genere, dal gesso alla cartapesta.
E se Milano diventasse una città di cantieri d’arte?
Milano ha fatto scuola nel mondo per il design, Franco Albini e Bob Noorda hanno fatto da spartiacque nelle comunicazione visiva snella segnaletica delle linee metropolitane, Leonardo da Vinci ha dipinto il Cenacolo diventato Patrimonio dell’Unesco: purtroppo è solo un ricordo.
La città avrà nei prossimi 20 anni degli stravolgimenti urbanistici senza precedenti, dall’ulteriore sviluppo immobiliare del quartiere Porta Nuova alla riqualificazione degli scali ferroviari, dall’apertura dei Navigli ai cantieri olimpici: potrebbe essere un’occasione imperdibile per far esplodere di bellezza Milano, attrarre turisti e a lavori conclusi realizzare un parco-museo permanente che celebri gli artisti passati da Milano mentre la stessa ha cambiato volto.
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la prima panchina arcobaleno inaugurata nel municipio 8
Corona Virus permettendo, con il lavoro congiunto di istituzioni pubbliche, associazioni e realtà commerciali, Milano si colora per il Milano Pride 2020, l’evento-manifestazione dell’orgoglio delle persone gay, lesbiche, bisessuali, transessuali, asessuali, intersessuali e queer, quest’anno in versione online il 27 giugno.
Arrivano a Milano le PANCHINE ARCOBALENO
Verranno dipinte dieci panchine
Dieci panchine arcobaleno decoreranno altrettanti quartieri di Milano per dire basta all’omotransfobia. È il progetto del Municipio 8 che, insieme al Coordinamento Arcobaleno, regalerà alla zona Nord-Ovest della città dieci simboli di riscatto contro le discriminazioni e le violenze nei confronti della comunità Lgbt. La prima panchina è stata inaugurata il 21 giugno.
Da Citylife a Quarto Oggiaro, tutti i quartieri interessati
CityLife, QT8, Trenno, San Leonardo, Lampugnano, Piazza Firenze e Gerusalemme; Villapizzone, il quartiere di Quarto Oggiaro e per finire Piazza Chiesa. Sono queste in cui verranno colorate le prime 10 panchine. Nel frattempo, molti cittadini le vorrebbero in tutta la city. Quando?
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Morimondo dista circa 5 chilometri da Abbiategrasso lungo la statale per Pavia e 30 da Milano.
Il territorio è posto sulla riva sinistra del Ticino e vanta diversi primati.
5 + 1 primati e curiosità su MORIMONDO, il comune del “distanziamento sociale”
#1 Un nome scelto per “marketing territoriale”
In origine si chiamava Coronate. Dal 1871 ha preso questo nome, anche per identificarlo con l’abbazia divenuta di interesse nazionale, mentre Coronate è diventata una sua frazione.
#2 E’ il comune del “distanziamento sociale”
Per chi vuole sfuggire dalla calca e si è affezionato al distanziamento sociale, Morimondo è il comune che fa per lui.
Con soli 41,69 abitanti per km quadrato, Morimondo è infatti il comune con la più bassa densità abitativa della città metropolitana di Milano.
Dopo di lui i comuni per chi non soffre di solitudine ci sono Ozzero, Besate, Mediglia, Abbiategrasso e Corbetta.
#3 E’ nella lista dei “borghi più belli d’Italia”
Nella selezione ufficiale dell’associazione privata che promuove i piccoli centri.
#4 Prende il nome da un’abbazia francese
La fondazione della prima chiesa risale al 1134. I primi monaci giunsero dall’abbazia di Morimond, vicino a Digione. I monaci bonificarono l’area nei pressi del Ticino, realizzarono dei canali di irrigazione e impiantarono la coltivazione a marcite. Nel 1182 iniziò la costrizione dell’abbazia attuale, tutta in laterizio, con facciata a capanna e tiburio ottagonale sulla crociera. Secondo altre fonti il nome del luogo deriverebbe dalle parole francesi “moire mont”, cioè “monte nella palude”, poiché l’abbazia fu costruita su un rilievo in mezzo alle zone paludose.
#5 Napoleone soppresse il Monastero
Nel 1798 con l’arrivo di Napoleone il monastero fu soppresso e il patrimonio culturale andò disperso. In tempi più recenti, grazie al supporto della comunità locale, l’attività religiosa e culturale dell’abbazia è rifiorita.
#5+1 Un set cinematografico
Alcune scene del film Cado dalle nubi di Checco Zalone sono state girate a Morimondo. Qui sono stati girati anche alcuni spezzoni del film Papà dice messa di Renato Pozzetto, e, presso l’abbazia, è stato girato il telefilm mediaset “Benedetti dal Signore” con Ezio Greggio ed Enzo Iacchetti.