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La fermata della metro di Milano che ha tre nomi

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Ph. @marcofratini69 IG

Come succede nelle stazioni della metro ormai di tutte le città del mondo, anche a Milano ci sono fermate che recano una dicitura “turistica” accanto al nome originale. Ma sulla rete c’è anche chi fa di più: la fermata con il triplo nome. 

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La fermata della metro di Milano che ha tre nomi

# Le fermate con il doppio nome

Ph. Archivio ATM

Alcuni doppi nomi ormai sono diventati quasi di uso comune tra chi usa la metropolitana, come:

  • sulla linea M1: Cairoli – Castello o la storica Amendola che ha però trasferito la dicitura Fiera a Rho.
  • sulla M2: piazza Abbiategrasso – Chiesa Rossa;
  • sulla M5: Bignami-Parco Nord e San Siro- Stadio 

In generale, c’è l’imbarazzo della scelta di fermate che evidenziano luoghi di rilevanza nei pressi della stazione, da Conciliazione – Cenacolo Vinciano a Lima-Teatro Elfo Puccini.

Ma esiste anche la fermata della metro che fa ancora di più: di nomi ne ha addirittura tre.

# La fermata con tre nomi: Lanza, Brera, Piccolo teatro

Ph. @luanaz_17 IG

Ci vediamo a Lanza? Al Piccolo Teatro? O a Brera? In tutti e tre casi si tratta della stessa fermata. Sì, perchè al nome originario di Lanza, con riferimento alla via dove si trova, è stato aggiunto il riferimento al quartiere (Brera) e al Piccolo Teatro, che è poi lo Strehler, come viene chiamato dai milanesi: qui c’è un’altra confusione, visto che la sede storica del Piccolo è quella in via Rovello (fermata Cordusio). Ma questa è un’altra storia. 

# Altre fermate che potrebbero avere tre nomi

Ph. @fran_k_at IG

Anche in questo caso ci si può sbizzarrire. Forse le due più immediate potrebbero essere Cadorna Triennale a cui si potrebbe aggiungere Parco Sempione e Cordusio Pinacoteca Ambrosiana che potrebbe avere anche Borsa. Oppure il Piccolo Teatro (la sede originaria) che a quel punto potrebbe essere l’unico caso di dicitura ripetuta in due fermate. Ma sarebbe un grande caos. 

Continua la lettura con: Metro fermate: i cambiamenti da fare nei nomi

ANDREA ZOPPOLATO (Spunto di Manuele Mariani)

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Il «ponte dell’amor eterno» di Milano e la leggenda sui suoi baci

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Ph. @bubina68

Il ponte più romantico di Milano non è sempre stato dove si trova ora. 

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Il «ponte dell’amor eterno» di Milano e la leggenda sui suoi baci

# Il primo ponte in ferro d’Italia

il ponte delle sirenette nella posizione originaria (cerchia dei navigli)
il ponte delle sirenette nella posizione originaria (cerchia dei navigli)

Realizzato nel 1842 dall’architetto Francesco Tettamanzi, il Ponte delle Sirene rappresenta una pietra miliare dell’ingegneria italiana: è infatti il primo ponte in ferro mai costruito nel Paese. Originariamente era situato in via Visconti di Modrone e attraversava il Naviglio, che allora scorreva in pieno centro.

# Le quattro statue scandalose

Credits: @_g_i_n_k_o_
Ponte Sirenette

A rendere il ponte celebre non furono solo le sue innovazioni tecniche, ma anche le quattro statue in ghisa raffiguranti sirenette, posizionate sopra i piloni alle estremità. Le figure, scolpite con una grazia che per l’epoca sfiorava lo scandalo, sollevarono un vero e proprio clamore: le dame milanesi, perbeniste e rigorose, erano solite coprirsi gli occhi con la mano mentre attraversavano il ponte, turbate dalla sensualità delle statue. Questo portò al soprannome popolare di “ponte delle sorelle Ghisini,” un gioco di parole che richiamava sia il materiale con cui erano realizzate le statue sia l’atmosfera di scandalo che le circondava.

# Il precursore di Tinder (o dell’Esselunga di Papiniano)

Credits: wikipedia.org

Proprio lo scandalo sollevato dalle quattro procaci fanciulle, rese questo ponte un antesignano di Tinder o, per dirla alla milanese, dell’Esselunga di Papiniano. Era infatti il luogo di Milano dove si usava fare nuove conoscenze amorose. 

# Il trasferimento al Sempione: solo due sirenette si sono salvate

Ph. @leyzee_v IG

Nel 1930, con l’interramento del Naviglio per favorire la modernizzazione della città, il ponte fu trasferito nella sua attuale posizione, all’interno del Parco Sempione. Tuttavia, le sirenette non uscirono indenni dagli eventi storici del Novecento: due delle quattro statue originali andarono perdute, una a causa dei bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale e l’altra per un furto. Le due attualmente visibili sono copie fedeli degli originali, mentre le altre due sono autentiche.

# La leggenda dei baci sul ponte

Oltre al suo valore architettonico, il ponte ha alimentato un immaginario romantico e leggendario. Durante l’epoca in cui dominava i Navigli, secondo una leggenda popolare, un bacio scambiato sul Ponte delle Sirene garantirebbe amore eterno alla coppia. Una leggenda che sembra valga ancora al giorno d’oggi.

Continua la lettura con: Dove baciarsi a Milano

MILANO CITTA’ STATO

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Stretto di Messina: il ponte dei sogni è pronto a diventare realtà

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strettodimessina.it - Ponte di notte

Poco alla volta ci si avvicina alla posa della prima pietra di una delle infrastrutture più dibattute dell’ultimo mezzo secolo. Vediamo il progetto nel dettaglio, quando potrebbero partire i cantieri e che cosa cambierà con la sua costruzione. 

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Stretto di Messina: il ponte dei sogni è pronto a diventare realtà

# Il ponte con la campata unica più lunga del mondo: con 3 corsie stradali per senso di marcia e doppio binario ferroviario

Di Directorate-General for Mobility and Transport, European Commission – Extracted from File:Trans-European Transport Network (2024, not final).jpg., CC BY 4.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=149073069 – Corridoi TEN

Un’opera faraonica, sulla cui realizzazione si è dibattuto molto negli ultimi decenni ma che ora sembra sempre più vicina alla posa della prima pietra. Il Ponte sullo Stretto di Messina si inserisce nel tracciato del Corridoio multimodale Scandinavo-Mediterraneo che attraverserà l’Europa da Helsinki e Stoccolma fino a Palermo e Catania per raggiungere Malta.

Webuild – Ponte Stretto da sotto

Prevede una campata unica da record, la più lunga del mondo, di 3.330 metri e una lunghezza totale di 3.660 metri, con torri alte 399 metri e un impalcato largo 61 metri. Il franco navigabile è previsto di 72 metri per una larghezza di 600 metri in condizioni ordinarie di esercizio, con il pieno carico delle corsie stradali e con due treni passeggeri in contemporanea.

A collegare le torri, 4 cavi da 1,26 metri di diametro e 5.230 metri di estensione, ognuno composto da oltre 44.000 fili d’acciaio. Il ponte ospiterà due carreggiate stradali con tre corsie per direzione (due di marcia e una di emergenza) e una linea ferroviaria a doppio binario. L’apertura al traffico è prevista tutto l’anno per 24 al giorno, mentre la vita utile stimata è di 200 anni. 

# La sicurezza contro terremoti e venti

Secondo le analisi, il ponte, come tutti i ponti sospesi, è intrinsecamente insensibile ai terremoti grazie alla sua estraneità alle frequenze delle azioni sismiche.

Il design aerodinamico garantisce resistenza a venti fino a 216 km/h, ben oltre i 150 km/h massimi mai registrati dai monitoraggi locali. Sul fronte statico, la struttura potrebbe sostenere senza problemi quattro treni da 750 metri ciascuno in transito contemporaneamente.

# Tempi di percorrenza: ridotti da 120 a 15 minuti per i servizi ferroviari, a 10/13 per i trasporti su gomma

Webuild – Ponte sullo stretto di Messina

Sul ponte si stima un transito a regime di 60.000 treni e 6 milioni di veicoli ogni anno. I tempi medi di attraversamento dovrebbero ridursi a:

  • circa 15 minuti per i servizi ferroviari diretti tra Villa San Giovanni e Messina Centrale, rispetto agli attuali 120 minuti per i treni passeggeri ed ai 180 minuti minimi   per i treni merci;
  • circa 10/13 minuti su gomma in confronto agli odierni 70 minuti per le auto e 100 minuti per i mezzi merci.

# La nascita della “Città dello Stretto” con la metroferrovia

strettodimessina.it – Progetto

Nel progetto del ponte sono comprese anche altre opere accessorie importanti per collegare la Calabria e la Sicilia al ponte e per migliorare gli spostamenti all’interno delle due regioni. Nel dettaglio:

  • 40 km di raccordi viari e ferroviari che collegheranno l’autostrada del Mediterraneo (A2) e la stazione Fs di Villa San Giovanni da lato Calabria e le autostrade Messina-Catania (A18) e Messina-Palermo (A20) oltre che la nuova stazione Fs di Messina dal lato Sicilia. La suddivisione è di 9,9 km di strade e 2,7 km di ferrovie in Calabria, 10,4 km di strade e 17,5 km di ferrovie.
strettodimessina.it – Metroferrovia
  • si aggiunge la metroferrovia, impropriamente chiamata metropolitana dello stretto e attualmente operativa con 10 fermate in Sicilia, che andrebbe a collegare i territori delle due città separate dal mare, compresa l’attuale stazione di Reggio Calabria Aeroporto, al servizio degli oltre 400.000 abitanti dell’area dello Stretto.
strettodimessina.it – Centro direzionale
  • il centro direzionale in Calabria;
  • le opere di mitigazione ambientale.

Leggi anche: La Città dello Stretto: la nuova metropoli che potrebbe nascere al Sud

# Quando si parte con i cantieri?

strettodimessina.it – Opere di attraversamento

L’investimento complessivo del progetto è pari a 13,5 miliardi di euro, il 40% a carico del ponte e il resto alle opere connesse, la cui ripartizione è stata modificata in questo modo nell’ambito della manovra di bilancio di fine 2024:

  • 6,9 miliardi di fondi statali;
  • 4,6 miliardi dai Fondi di Sviluppo e Coesione (FSC), gestiti dai Ministeri;
  • 1,6 miliardi di euro da parte di Sicilia e Calabria sempre attraverso i fondi FSC.

Dopo il via libera della Commissione di Valutazione di impatto ambientale e la conclusione della Conferenza dei Servizi, alla fine del 2024, è attesa la definizione del progetto definitivo con il piano economico-finanziario. A seguire toccherà al Cipess dare l’approvazione finale che dovrebbe arrivare entro il mese di febbraio. A quel punto dovrebbero partire la prime attività preparatorie e complementari, mentre come data delle prime demolizioni era stata fissata il 14 maggio e per l’inaugurazione del cantiere operativo di Ganzirri il 17 agosto, come riportato da riportato dalla Gazzetta del Sud. La durata dei cantieri è stimata in circa 8 anni.

Continua la lettura con: Il ponte sospeso tra gli alberi più lungo del mondo

FABIO MARCOMIN 

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Milano è…? Le 7 caratteristiche che definiscono la città secondo Google

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Se si digita “Milano è…” su Google che cosa appare? Queste sono le 7 caratteristiche più associate a Milano nelle ricerche su Google. E con una curiosità: quali sono stati i cambiamenti negli ultimi due anni? Vediamo la top 7 insieme alle caratteristiche di altre città lombarde.

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Milano è…? Le 7 caratteristiche che definiscono la città secondo Google

Ph. Andrea Cherchi

#7 Milano è… nella PIANURA PADANA

Rispetto a due anni fa aumentano le ricerche per capire dove sia esattamente Milano. A furia di parlare di Olimpiadi invernali sempre più persone si chiedono se Milano sia in pianura o su una montagna delle Dolomiti. 

#6 Milano è… ROSSONERA (NERAZZURRA)

Entra in classifica l’abbinamento di Milano con una delle sue squadre. La sfida in questo caso è quasi alla pari. Sono più o meno simili le ricerche che chiedono se Milano sia nerazzurra o rossonera. 

#5 Milano è… in LOMBARDIA

Una new entry rispetto a due anni fa. Forse con il casino sull’autonomia differenziata sempre più persone si interrogano se Milano sia o non sia in Lombardia. Anche perché per i milanesi la regione è spesso vista come l’istituzione che si occupa di tutto ciò che sta attorno a Milano. 

#4 Milano è… stata CAPITALE D’ITALIA

Scende di due posti questa caratteristica. Forse è il tempo che passa e sempre meno si ricordano che Milano è stata anche capitale. Dal 286 al 402 dopo Cristo, Milano è stata capitale dell’impero romano d’occidente, quando Roma non lo era più. Napoleone la rese capitale del Regno d’Italia nel 1805 per una decina d’anni. 

#3 Milano è… una METROPOLI

Sale di una posizione dal 2023. Secondo comune d’Italia, Milano è al centro di una delle più popolose aree metropolitane d’Europa (la prima d’Italia, secondo l’OCSE). Una metropoli (dal greco antico μήτηρ = madre e πόλις = città/popolazione) è una città di grandi dimensioni con più di 1 milione di abitanti, centro economico e culturale di una regione o di un Paese, e spesso nodo di comunicazioni internazionali. Secondo il City Reptrack Milano è tra le 10 metropoli con la migliore reputazione al mondo (nona posizione). 

#2 Milano è… nome MASCHILE o FEMMINILE

Questa era la numero uno due anni fa. Molti se lo chiedono: Milano è maschio o è femmina? In generale, sono femminili i nomi delle principali città. Anche Milano. Pochi sanno però che nei Promessi Sposi Manzoni usa Milano come maschileil Milano, seppur di rado, capita di sentirlo ancor oggi. Il definitivo passaggio dall’antico o popolare maschile al femminile è dovuto al sostantivo città che tutti avvertono più o meno sottinteso.

#1 Milano è… PERICOLOSA

Due anni fa non appariva tra le prime sette. Segno che il problema si sta aggravando. Addirittura è al primo posto degli abbinamenti sui motori di ricerca: Milano è pericolosa? Forse solo Google può dare la soluzione. 

Guarda qui: Milano è… (versione 2023) 

Le altre “sorelle” lombarde

Ma come sono le altre sorelle lombarde? Qui tra le prime opzioni scelgo quelle più affascinanti: 

Brescia è… una malattia che non va più via (coro degli ultras della squadra di calcio)

Bergamo è… la Napoli del Nord (Bergamo è la terza città lombarda per numero di napoletani)

Mantova è… un mondo addormentato in una calda luce (citazione di Baudelaire)

Monza è… la nuova Milano 

Continua la lettura con: I confini inesistenti di Milano 

ANDREA ZOPPOLATO

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Metro D: non è ancora partita ma già cresce. Queste le nuove fermate

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ilmessaggero.it - Nuovo tracciato Metro D

Il progetto cambia rispetto a quello a originario: il tracciato subisce alcune modifiche e cresce per lunghezza e numero di fermate. Questa la linea in valutazione, l’investimento richiesto e i tempi di realizzazione della prima tratta. 

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Metro D: non è ancora partita ma già cresce. Queste le nuove fermate

# Cambia il progetto della linea: cresce per lunghezza e numero di fermate

Roma metropolitane – Vecchio progetto Metro D

La direttrice è sempre la stessa: da nord est a sud attraversando il centro città parzialmente parallela alla linea B, ma con alcune modifiche rispetto al progetto preliminare originario. La nuova idea di Metro D presentata da Roma Metropolitane al Campidoglio, come riportato da Il Messaggero, non prevede più 20 km di tracciato e 22 stazioni da Agricoltura a sud fino a Ojetti a nord con interscambi a Eur Magliana, Venezia, Spagna e Jonio. A seguito di una lunga revisione cresce sia per lunghezza che per fermate: 30,5 km e 30 stazioni. 

# Previsti quattro interscambi con le altre linee e tre con le ferrovie

ilmessaggero.it – Nuovo tracciato Metro D

Il nuovo tracciato si attesterebbe a nord allungandosi su via Nomentana all’altezza del GRA, poi procedendo verso sud interscambierebbe sempre con Jonio della metro B1 e poi la novità con l‘interconnessione con la fermata ferroviaria di Val d’Alta della FL2. Proseguendo a sud spiccano le fermate di Galleria Borghese, quella di Barberini dove poter scambiare con la metro A, prima era previsto a Spagna, quella con interscambio con la metro C a Venezia e con la stazione ferroviaria di Trastevere.

Dalla fermata Fermi in poi il progetto è ancora allo studio e si ipotizza un solo passaggio sotto il Tevere invece che due, con stop tra le altre a Vigna Pia, ospedale Forlanini e Colli Portuensi per poi intercettare la FL1 a Villa Bonelli. Il tracciato dovrebbe seguire quello previsto in origine con estensione fino a via di Vigna Murata (altezza ex Dazio) dove si prevede un secondo deposito, un altro è posizionato a nord nelle aree inutilizzate di Roma Smistamento, e parcheggio scambiatore quasi al confine del parco regionale dell’Appia Antica.

# I passi da compiere e le tempistiche di realizzazione del progetto

Nuovi treni Metro A

La quarta linea metropolitana di Roma prevede l’impiego di treni a guida automatica da 70 metri, più corti di quelli della Metro C che misurano 108 metri, e un investimento complessivo stimato in circa 9 miliardi di euro. Una parte dei finanziamenti potrebbe arrivare tramite un mutuo contratto presso la Banca Europea degli Investimenti, come riportato dalla testata romana.

L’Assessore ai Trasporti capitolino ha specificato come ora sia in fase di elaborazione il documento delle alternative progettuali, a cui seguirà il Documento di indirizzo alla progettazione e un confronto con i proponenti sulla compatibilità del progetto con le attuali esigenze. Le analisi sui carichi urbanistici nell’ultima tratta del percorso, in particolare da piazzale dell’Agricoltura a via di Vigna Murata, è prevista entro marzo. La conclusione della prima fase dovrebbe avvenire entro l’autunno. La progettazione complessiva e la realizzazione della prima tratta, da Nomentana a Nemorense per una durata dei cantieri stimata in 8-10 anni, prevede un investimento di 1,5 miliardi che saranno richiesti al termine delle fasi progettuali. 

Continua la lettura con: Milano e Monza hanno perso la voglia della metropolitana inter-urbana?

FABIO MARCOMIN 

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Tipica modalità di problem solving della pubblica amministrazione

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Tipo quando provi a risolvere un problema chiamando lo 02.02.02

Qui il video: Tipica modalità di problem solving della pubblica amministrazione

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Continua con: Sei al lavoro, il Milan ha perso con la Juve e il collega ti ha inserito nella chat degli interisti

SMAILAND, “il sorriso di Milano”: ogni giorno su milanocittastato.it

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Anche in Spagna un solo abbonamento per tutti i trasporti pubblici, dai treni alle bici in sharing: prossima fermata, l’Italia?

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La Spagna intende rivoluzionare il suo sistema di trasporti con un unico biglietto nazionale. Valido per tutti i mezzi di trasporto pubblico, dai treni alle bici in sharing. Non è una novità. Anche Germania e Austria hanno adottato questa soluzione. E l’Italia? Scopriamo il progetto spagnolo e le possibilità per l’Italia.

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Anche in Spagna un solo abbonamento per tutti i trasporti pubblici, dai treni alle bici in sharing: prossima fermata, l’Italia?

# L’abbonamento unico spagnolo: come funzionerà

La Spagna prevede di introdurre, entro il 2026, un abbonamento unico mensile che consentirà ai cittadini di accedere a tutti i mezzi pubblici disponibili: treni, autobus, metropolitane, tram e perfino biciclette in sharing. Questo sistema mira a unificare i trasporti nelle 17 regioni del Paese, pur mantenendo l’autonomia gestionale della Catalogna. La novità consiste nella possibilità di utilizzare un solo titolo di viaggio, eliminando la necessità di acquistare biglietti separati per ciascun mezzo o regione.

Per esempio, un cittadino potrà spostarsi liberamente utilizzando un autobus a Siviglia, un tram a Saragozza, la metropolitana a Bilbao e un treno regionale a Madrid, senza preoccuparsi di calcoli tariffari o di compatibilità tra diversi sistemi di pagamento.

# Modelli internazionali di riferimento

 

L’idea spagnola si ispira a modelli già adottati in altri Paesi europei. In Germania, il Deutschlandticket, introdotto nel 2023, permette ai cittadini di viaggiare su tutti i mezzi pubblici a un costo mensile di 58 euro.

Allo stesso modo, l’Austria ha lanciato il “Biglietto climatico” a 79 euro al mese, mirato a incentivare l’uso dei mezzi pubblici e a ridurre l’utilizzo delle auto private. Entrambi questi modelli hanno riscosso grande successo, con un aumento significativo dell’utenza e una riduzione delle emissioni di CO2.

In Spagna, le stime preliminari suggeriscono un prezzo mensile compreso tra 30 e 50 euro per il nuovo abbonamento unico, rendendolo particolarmente competitivo. Un prezzo accessibile potrebbe infatti incoraggiare molte persone a scegliere i trasporti pubblici rispetto ai veicoli privati, contribuendo alla lotta contro il cambiamento climatico e migliorando la qualità della vita nelle città.

# Le sfide da affrontare

La realizzazione dell’abbonamento unico non sarà priva di ostacoli. Una delle principali difficoltà, in Spagna come, eventualmente, anche in Italia è rappresentata dal coordinamento tra le diverse amministrazioni locali e regionali.

Mentre i servizi ferroviari spagnoli sono gestiti dal Ministero dei Trasporti, autobus, metropolitane, tram e biciclette rientrano sotto la giurisdizione di comuni e consorzi regionali. Questo implica la necessità di un’integrazione tecnologica e logistica significativa, oltre che di un accordo sulla distribuzione delle entrate.

Un’altra sfida riguarda l’investimento necessario per migliorare le infrastrutture esistenti e garantire che i mezzi pubblici siano sufficienti e affidabili per far fronte a un aumento della domanda.

# L’Italia può seguire l’esempio spagnolo?

 

In Italia, il sistema di trasporti pubblici è frammentato e gestito da un gran numero di enti locali e regionali, ciascuno con tariffe e abbonamenti propri. Ad esempio, un cittadino che vive a Roma e desidera viaggiare in treno verso Milano deve acquistare separatamente un biglietto per il trasporto pubblico locale e uno per il treno ad alta velocità. Questa mancanza di integrazione non solo rende più complessa la pianificazione degli spostamenti, ma rischia di scoraggiare l’uso dei mezzi pubblici.

Un abbonamento unico nazionale potrebbe rappresentare una soluzione efficace per superare queste difficoltà. Tuttavia, la realizzazione di un progetto simile richiederebbe un cambiamento strutturale significativo. Sarebbe necessario creare una piattaforma centralizzata per la gestione delle tariffe e dei pagamenti, oltre a un accordo tra le diverse amministrazioni locali, regionali e statali.

L’esperienza spagnola potrebbe fornire un modello utile, ma l’Italia dovrebbe anche affrontare sfide specifiche legate alla sua conformazione geografica e alla disparità di sviluppo infrastrutturale tra Nord e Sud.

# L’Abbonamento Unico Differenziato

Una possibile soluzione per il costo dell’abbonamento nazionale potrebbe essere prevedere tariffe differenziate in base alla zona di residenza, riflettendo il divario tra quantità e qualità dei servizi di trasporto.

Un cittadino di Milano, che dispone di un sistema di trasporto capillare ed efficiente, con metropolitane, tram e autobus ben collegati, ha un accesso molto più ampio rispetto a un residente in un piccolo paese della provincia di Bari, dove le opzioni di trasporto pubblico sono spesso limitate. Allo stesso modo, i mezzi di superficie di Roma, pur essendo più numerosi rispetto ad aree rurali, non possono essere paragonati all’efficienza del sistema milanese.

Il modello tariffario potrebbe includere una quota base per l’uso del sistema nazionale e una maggiorazione proporzionale alla qualità e alla quantità dei mezzi disponibili localmente. Tale maggiorazione verrebbe destinata interamente all’azienda locale, così da risolvere anche le controversie di distribuzione, ad esempio ATM a Milano, contribuendo a finanziare e migliorare i servizi. Tuttavia, il costo totale dell’abbonamento non dovrebbe superare quello delle tariffe tedesche, garantendo un sistema equo e accessibile.

Continua la lettura con: L’abbonamento ATM diventa digitale: la tessera “sparisce” nella nuova app

MATTEO RESPINTI

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Il dialetto più odiato d’Italia? Il sondaggio che fa infuriare i napoletani

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Più del sondaggio che sta circolando ormai fanno scalpore le reazioni sui social. Il dialetto più odiato dagli italiani? Il napoletano. Vediamo i risultati del sondaggio e le reazioni. 

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Il dialetto più odiato d’Italia? Il sondaggio che fa infuriare i napoletani

# Il sondaggio di Preply

Scandalo sui social. Tutto nasce da Preply, piattaforma di studio delle lingue, che ha condotto uno studio su quali dialetti risultano essere i più odiati dagli italiani. Il sondaggio commissionato, realizzato da un istituto di ricerca di mercato indipendente, ha coinvolto 1000 partecipanti, con una suddivisione quasi equa tra uomini (48%) e donne (52%), di età superiore ai 18 anni.

Gli intervistati avevano la possibilità di scegliere fino a tre dialetti tra quelli proposti: napoletano, sardo, siciliano, veneziano e lombardo. Risultano invece più apprezzati ligure e dialetti emiliano romagnoli che non piacciono solo a meno del 3% degli italiani. 

# Lingue e dialetti: differenze e sfumature

Lingua o dialetto? Il sondaggio ha riacceso il dibattito che da tempo divide linguisti e gli appassionati di cultura. In ambito linguistico, la differenza tra una lingua e un dialetto è netta: una lingua è un sistema autonomo di comunicazione, dotato di una grammatica, un lessico e una sintassi propri, mentre un dialetto rappresenta una variante di una lingua, legata a specifiche aree geografiche o a gruppi culturali, ma senza una codifica ufficiale standardizzata.

Tuttavia, la percezione dei dialetti italiani non è sempre così semplice. Alcuni dialetti, come il sardo e il friulano, sono riconosciuti ufficialmente come lingue autonome in Italia, con uno statuto giuridico che conferisce loro dignità e protezione.

Il sardo, ad esempio, ha una grammatica propria e una storia che lo lega indissolubilmente alla cultura della Sardegna, mentre il friulano, pur non essendo una lingua ufficiale a livello nazionale, gode di un riconoscimento come lingua minoritaria.

Questi casi sollevano interrogativi su cosa debba essere considerato “dialetto” e cosa debba invece essere valorizzato come una lingua a pieno titolo. Molti dialetti, pur non godendo dello status legale, sono parlati quotidianamente da milioni di persone e continuano a rivestire un ruolo fondamentale nella cultura nazionale.

# Le critiche sui social: un’onda di reazioni

L’uscita dei risultati del sondaggio ha scatenato numerose reazioni sui social media. Molti utenti hanno sollevato dubbi sulla metodologia del sondaggio, chiedendosi se 1000 risposte possano davvero essere sufficienti per rappresentare l’opinione di un’intera nazione, con la sua vasta diversità linguistica e culturale. Altri hanno accusato il sondaggio di favorire una visione centralista, penalizzando i dialetti meridionali.

In particolare, molti hanno criticato l’utilizzo del termine “odiato” per descrivere i dialetti in questione. Secondo alcuni, nessun dialetto dovrebbe essere considerato negativo o fastidioso, in quanto ciascuno rappresenta un patrimonio linguistico e culturale che merita di essere valorizzato. Ogni dialetto racconta storie, tradizioni e legami profondi con il territorio e le persone che lo parlano.

# Il napoletano può davvero essere il dialetto più odiato?

Al di là della classifica, è oggettivo che il napoletano gode di una grande popolarità in tutto il Paese, soprattutto in ambito musicale e televisivo.

La musica napoletana è patrimonio nazionale. In più, serie televisive di successo come Gomorra e Mare Fuori, nelle quali gli attori recitano principalmente in dialetto, o comunque fanno riferimento al vissuto della cultura campana, hanno contribuito a portare il napoletano nelle case di milioni di italiani, facendo sì che non solo il dialetto, ma anche la cultura partenopea, conquistassero un posto di rilievo nella cultura popolare.

Alcune domande sono quindi legittime: come può un dialetto che è così radicato, apprezzato e amato essere davvero il più odiato? E, soprattutto, ci sono davvero dialetti odiati dagli italiani? Aspettando il sondaggio su un campione più rappresentativo, non sarebbe meglio che ogni Comune, Milano in testa, valorizzasse la propria cultura?

Continua la lettura con: La classifica delle parole più belle del dialetto secondo i milanesi (bell e nüva)

MATTEO RESPINTI

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Il «Tour dell’Orrore»: i 7 luoghi più macabri di Milano (mappa)

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Tra vie, piazze e edifici Milano nasconde un lato macabro che non tutti conoscono. Scopriamo quali sono i luoghi più inquietanti.

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Il «Tour dell’Orrore»: i 7 luoghi più macabri di Milano (mappa)

#1 Villa Triste, teatro di torture a partigiani e antifascisti 

Villa Triste

Villa Fossati in via Paolo Uccello (MM Lotto), attualmente gestita dalle Suore Immacolate dell’Addolorata, nasconde una storia alquanto macabra. Sede di un reparto speciale della polizia repubblichina guidata da Pietro Koch, nel 1944 venne chiamata “Villa Triste”. Nei suoi sotterranei venivano torturati partigiani e antifascisti e si narra che le loro urla di dolore risuonavano fin sulla strada. Alla fine della guerra la famiglia Fossati rinunciò ad abitarla e la donò alle suore.

Leggi anche: la storia triste della villa di Lotto

 

#2 Stretta Bagnera, la strada del primo serial killer italiano

Stretta Bagnera

Via Bagnera è la via più stretta di Milano tristemente famosa per essere stata teatro del primo seriale killer italiano, un tale Antonio Boggia, il quale uccise 4 persone e le nascose in una cantina. Il modus operandi era sempre lo stesso: le vittime venivano avvicinate, uccise a colpi d’ascia e alla fine smembrate o murate. La via si trova in pieno centro storico, nei pressi di Via Torino, e ancora oggi passandoci si respira un’aria inquietante.

 

Leggi anche: La Stretta Bagnera: la via più stretta di Milano nasconde un tragico passato

#3 L’appartamento di via san Gregorio 40, il massacro di una madre e tre figli a colpi di spranga

Credits streetview google – Via San Gregorio 40

In un appartamento nella zona di porta Venezia al civico 40 di via San Gregorio, il 30 novembre del 1946, fu scoperto un orrendo massacro: una donna e i suoi tre figli, di 7 e 5 anni e un altro di 10 mesi, erano stati trovati ammazzati a colpi di spranga. L’accusa cadde su Caterina Fort, detta Rina, amante di Pippo Ricciardi, proprietario del negozio dove l’assassina lavorava come commessa, marito della moglie ammazzata e padre dei tre figli trucidati. Un evento macabro che sconvolse la città da poco uscita dalla distruzione della Seconda Guerra Mondiale.

 

#4 San Bernardino alle Ossa, con le pareti rivestite da ossa umane

Chiesa di San Bernardino alle Ossa. Credits: @lavy.92 IG

L’Ossario di San Bernardino è senza dubbio uno dei luoghi più macabri di Milano. Risalente al 1210, la cripta che possiede è rivestita interamente da ossa umane. Fu scelto questo luogo per deporre le ossa del vicino cimitero in esubero. Dopo la distruzione dell’ossario e della chiesa di San Bernardino nel 1695, a causa del crollo del campanile di Santo Stefano su di essi, fu ricostruito nel 1776. Da allora tutto è rimasto immutato.

 

Leggi anche: Nightmare ambrosiano: i 5 SIMBOLI ESOTERICI di Milano

#5 Banca Nazionale dell’Agricoltura in Piazza Fontana, luogo della strage che diede il via agli “anni di piombo”

strage piazza fontana
Strage piazza fontana

Il 12 dicembre 1969 alle ore 16.37 una bomba con 7 chili di tritolo esplose nella sede della Banca Nazionale dell’Agricoltura in Piazza Fontana. La sala era piena di clienti, in maggioranza provenienti dalla provincia, 16 persone rimasero uccise e altre 87 ferite. Un’altra bomba inesplosa fu ritrovata nella sede milanese della Banca Commerciale Italiana in piazza della Scala, e altre esplosero a Roma senza provocare morti. Tre giorni dopo, con la morte dell’anarchico Giuseppe Pinelle precipitato da una finestra della questura di Milano, tra i primi fermati per la strage, iniziarono ufficialmente gli “anni di piombo”.

 

Leggi anche: 10 giornate storiche di Milano: dall’editto di Costantino all’inchiesta Mani Pulite

#6 Il Piccolo Teatro: ex caserma di comando della Legione Autonoma Muti dove furono torturati i partigiani

Credits Piccolo Teatro – Piccolo Teatro

Durante la Repubblica di Salò, l’attuale “Piccolo Teatro” di via Rovello era la caserma del comando della famigerata “Legione Autonoma Muti” che aveva altre quattro caserme in città. Lo spazio occupato dal comando era quello dei locali del dopolavoro del comune di Milano, dove gli oppositori venivano torturati. Fu sempre la Muti, insieme alla Guardia Nazionale Repubblicana, a comporre il plotone di esecuzione che fucilò i 15 partigiani in piazzale Loreto.

Lo stato dell’edificio al termine della guerra era così agghiacciante, che i tre futuri fondatori del Piccolo Teatro, Giorgio Strehler che fu partigiano, Paolo Grassi e la moglie Nina Vinchi, esitarono parecchio e furono dubbiosi sino all’ultimo se aprire la loro “avventura teatrale” in luogo così orribile. Oltre al disfacimento generale dell’edificio infatti, i camerini erano stati trasformati in celle, i muri imbrattati di sangue e con i nomi dei partigiani giustiziati. 

#7 Piazzale Loreto: il massacro e la gogna dei partigiani e del Duce Benito Mussolini, con l’amante e i gerarchi fascisti

Credits lefotografiechehannosegnatolastoria.it – Mussolini e gerarchi nazisti appesi, Piazzale Loreto 1945

Piazzale Loreto è tristemente noto per due macabri episodi. Il primo fu la fucilazione di 15 partigiani prelevati dal carcere di San Vittore all’alba del 10 agosto 1944, da un plotone di esecuzione composto da militi fascisti del gruppo Oberdan della legione Ettore Muti guidati dal capitano Pasquale Cardella agli ordini del comando tedesco. In seguito i cadaveri, a scopo intimidatorio, vennero lasciati esposti sotto il sole della calda giornata estiva, coperti di mosche, fino alle ore 20 circa.

Stessa sorte, ancora più brutale, venne riservata il 29 aprile 1945 a Benito Mussolini, alla sua amante Claretta Petacci e a 16 gerarchi fascisti. Dopo essere stati uccisi a colpi di mitra e pistola, i corpi vennero lasciati distesi sul piazzale e riempiti di calci, pugni e sputi dalla folla accorsa. Infine i cadaveri furono appesi a testa in giù alla pompa di benzina che qui si trovava, e sottoposti al pubblico scempio.

 

Continua la lettura con: LUOGHI CELEBRI di Milano che in realtà hanno un ALTRO NOME

FABIO MARCOMIN

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Perché il ligure fa così ridere i milanesi? Le 7 ragioni

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Ph. @ilmugugnogenovese IG

Basta un belìn per farci sorridere. Se poi si aggiunge la tipica cantilena alla Beppe Grillo diventa impossibile restare seri. Ma perché il ligure suona così buffo ai milanesi (e non solo a noi)? Prova a spiegarlo Alessandro Parodi su Cosmopolitan, rilanciato dal gruppo facebook Genova la SUPERBA. Immagini da @ilmugugnogenovese IG

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Perché il ligure fa così ridere i milanesi? Le 7 ragioni

#1 La cantilena risuona «come una dolorante lamentela» anche quando si vuole esprimere giubilo e felicità

Ph. @ilmugugnogenovese IG

«Il problema fondamentale che devi affrontare se hai l’accento ligure è che la sua riconoscibilità va al di là della lingua. Noi liguri non ci mangiamo le consonanti come fanno i veneti, né le moltiplichiamo come i sardi, non allunghiamo le vocali come i napoletani… Noi abbiamo la cocina, ossia la cantilena: un’alternanza di quelle che a teatro si chiamano “intenzioni” e sembrano riprodurre una risacca marina, come un pentagramma dalle minime variazioni. Che alla fine suona come una dolorante lamentela.»

#2 Si sente anche «quando parliamo francese, spagnolo, tedesco o inglese»

Ph. @ilmugugnogenovese IG

Anche «all’estero ci facciamo riconoscere. La cantilena ligure si sente anche quando parliamo francese, spagnolo, tedesco o inglese. Lo straniero che ci ascolta capisce che c’è qualcosa di strano. La cocina suona come una lamentela, anche se vogliamo esprimere giubilo e felicità. Nun è un triste destino? Gli unici che non se ne accorgono sono i portoghesi, che hanno una cocina simile, che non si sa bene se abbiamo preso noi da loro oppure loro da noi.»

#3 Sembra di «trovarsi di fronte al Gabibbo»

hater- Crozza

«L’effetto nel non ligure che ascolta il ligure è quello di trovarsi di fronte al Gabibbo. Ma anche Beppe Grillo, Maurizio Crozza o Luca di Luca e Paolo. Eh vabbè, pasiensa, che c’è di male? Provate voi a sostenere una conversazione telefonica professionale con qualcuno dall’altra parte dell’apparecchio che a ogni vostra frase si aspetta una frecciata caustica alla ligure!»

#4 E poi ci sono i «liguri della domenica»…

Ph. @ilmugugnogenovese IG

«Sei circondato da “liguri della domenica”. Avere l’accento ligure vuol dire anche che, ovunque tu ti trovi, a Roma o a Treviso, a Siena o persino a Boston (a me è successo!) ci sarà qualcuno che ti racconterà che aveva un amico d’infanzia (sospiri malinconici) o una zia (sospiri di sollievo) proprietari di una casa in Liguria dove ha passato le più belle/le più noiose estati della sua vita. E qui la cocina-lamentela la fanno gli altri!»

#5 «Il ligure si lamenta sempre, anche in situazioni super positive»

Ph. @ilmugugnogenovese IG

«“Torta di riso finita!” Noi liguri a volte ci allontaniamo dalla terra natìa e andiamo in vacanza in altre regioni italiane. E così scopriamo che in un ristorante in Toscana si può pranzare ancora alle 14, o se chiediamo un’indicazione a un passante napoletano lui ci accompagna personalmente alla meta, improvvisando anche una miniguida storico-gastronomica. Il ligure, diffidente e inospitale per carattere, istintivamente si stupisce di tanta accoglienza e gentilezza. Ma quando ritorna a casa non farà altro che raccontare agli amici ogni mancanza riscontrata durante la vacanza con il tipico mugugno (quel borbottio indefinito, espressione di profonda insoddisfazione) Esempio tipico di conversazione post vacanza all’estero: “Allora, come è andata in Polinesiaaaaa?” (ndr le vocali finali si allungano sempre, così vuole la cocina) “Nun stamme a di’ninte che avevo il bungalow overwater a 5 stelle lusso con pavimento trasparente, tv satellitare, ma non sono riuscito a vedere la Sandoriaaaa (o u Zena)” Il ligure su lamenta sempre, anche in situazioni super positive! Come dice un proverbio famoso: Chi nu cianze nu tetta! Chi non piange non viene allattato, ovvero se non ti lamenti non ottieni nulla! Visto?»

#6 «Diciamo “andare a spiaggia” anche se sappiamo che è sbagliato»

Ph. @ilmugugnogenovese IG

«Diciamo “andare a spiaggia” anche se sappiamo che è sbagliato (questo punto riguarda i savonesi). Il turista usa naturalmente la versione italiana corretta: andare in spiaggia. Questa espressione è talmente radicata in noi liguri che non possiamo liberarcene, come un orgoglio d’appartenenza a cui non si vuole rinunciare. Tanto che, persino il sottoscritto, consapevole si tratti di un’errore, quando gli è capitato di invitare gli amici turisti a fare un bagno, come segno di compromesso linguistico, prontamente esclama: “Andiamo al mare!?”»

#7 «Il belin non conosce frontiere»

Ph. @ilmugugnogenovese IG

«Il belin non conosce frontiere. Siamo giunti alla parola che credo tutti stavate aspettando. Una parola che è sì una “parolaccia”, giacché definisce l’oggetto della virilità, ma è soprattutto un innocuo intercalare, usato anche da chi proviene dalle classi sociali più privilegiate e colte. Il belin è democratico: lo usano proprio tutti.

Ma come reagisce il non ligure quando sente il ligure inanellare 8 belin in una frase di 20 parole?
Fase A: stupore e derisione. A un primo ascolto, o nel caso del turista che ritorna ogni anno, nei primi giorni della vacanza, ad ogni belin scatta una risatina a volte celata, a volte che il milanese/torinese non riesce proprio a nascondere.
Fase B: dopo una settimana non ci fa più caso, anzi ha l’impressione che nella parlata dell’ospite ci sia qualcosa di nascosto, ma fondamentale, come il basso in una canzone. Ma cos’è?
Fase C: dopo un mese ormai anche lui usa il belin per chiudere o aprire le sue frasi, senza pudore, senza in realtà rendersene conto. La metamorfosi è avvenuta. Se da anni viene in vacanza in Liguria lo potrai ascoltare esprimersi con meravigliose crasi interregionali, come “Belin, va a ciapà i ratt”, o come mia moglie, che si è trasferita qui dal Veneto, esclamare nella concitazione istintiva di sgridare il marito:* “Ocio che ti casca i schei, belin!”.*»

Fonte: 9 problemi che devi affrontare se hai l’accento ligure di Alessandro Parodi (Cosmopolitan)

Continua la lettura con: Camminare a picco sul mar Ligure

MILANO CITTA’ STATO

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Milano e Monza hanno perso la voglia della metropolitana inter-urbana?

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M1 e M5

È arrivato anche il 2025 e ancora non è stato pubblicato il bando di gara per il prolungamento della M5 da Bignami. Dopo lo stanziamento del Governo di 300 milioni di euro nell’ultima finanziaria, all’appello manca la quota di copertura degli extra costi da parte dei comuni. Questo attendismo alimenta i dubbi sulla voglia di fare la metropolitana da parte dei sindaci delle due città coinvolte. Ma vediamo gli ultimi sviluppi. 

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Milano e Monza hanno perso la voglia della metropolitana inter-urbana?

# Il progetto: raddoppio della M5 con 13 km di tracciato e 11 fermate

Credits ascuoladiopencoesione.it – Tracciato M5

Monza e la metropolitana si rincorrono da decenni, ma per una serie di motivi non si sono mai incontrate. Oltre all’estensione della M1 fino a poco prima del confine con il territorio provinciale, il vero progetto di collegamento tra Milano e la Brianza è il prolungamento della M5 da Bignami di 13 km e 11 fermate. Un raddoppio della linea e per la prima volta una metropolitana che unisce due capoluoghi di provincia, un tempo sotto lo stesso tetto. L’opera era già stata finanziata interamente con circa 1,3 miliardi, ma la burocrazia e l’incremento dei costi di energia e materie prima ha fatto lievitare la spesa di altri 400 milioni di euro. Pertanto, nonostante l’avvio della procedura di esproprio dei terreni alla fine del 2023 tutto si è impantanato e i cantieri hanno una durata prevista di 7 anni: il rischio è di non vedere un convoglio sui binari prima di 10 anni.

Leggi anche: M1 e le altre: le novità della metro di Milano attese per il 2025

# Stanziati 300 milioni di euro con l’ultima finanziaria: ma ne servono altri 100

frankie_g2t____beach IG – M5

Un passo in avanti è stato compiuto con lo stanziamento di 300 milioni di extra costi nell’ultima finanziaria, spalmati dal 2027 al 2036. Venerdì 17 gennaio la delegazione di HQMonza ha ha consegnato al viceministro ai Trasporti Alessandro Morelli, incontrato in prefettura, una richiesta ufficiale per velocizzare lo sblocco dei fondi annunciato ma non formalizzato, come riportato da Monza Today. Queste le parole dell’associazione: «Il sottosegretario ha assicurato il suo interessamento e ci ha informato che è in attesa di avere dagli uffici ministeriali un quadro chiaro e ufficiale dello stato delle cose per valutare quali iniziative sia opportuno suggerire o intraprendere per sbloccare la situazione». 

# Monza e Milano fanno mielina?

Credits hoigole IG – Palazzo Marino

I restanti 100 milioni di euro sono da trovare tra Regione Lombardia, Comune di Cinisello, Milano e Monza. Proprio i sindaci delle due città non sembrano essere così interessati ad accelerare. Già nell’estate 2024 l’associazione HQ Monza aveva sottolineato questo aspetto: «Milano spinge per quelle che sono per lo più idee senza né fondi né valutazioni costi/benefici, mentre il prolungamento di M5 sino al nord di Monza ha tutte le carte in regola, e l’iter burocratico interamente completato, per arrivare all’apertura dei cantieri. Questa melina di Milano sul prolungamento di M5 sino al nord di Monza non è una novità, si è verificata altre volte nel tempo. Ci siamo chiesti e ci chiediamo quale sia la ragione.» Nelle settimane successive la Regione aveva lamentato il mancato dialogo da parte di palazzo Marino, in merito alla documentazione che accertasse la necessità di ulteriori risorse. 

# Il nodo di Bettola con il centro commerciale fantasma e la condanna per corruzione dell’ex Sindaco di Cinisello

M1 e M5

Al nodo risorse si affianca quello dell’interscambio tra M1 e M5 a Bettola. Da oltre 14 anni è in corso il cantiere che dovrebbe attestare il nuovo capolinea della linea rossa nel territorio di Cinisello Balsamo. Innumerevoli problemi hanno bloccato la conclusione dei lavori, dagli intoppi burocratici alla rinuncia dell’ultima azienda incaricata. Nell’area di Bettola era previsto inoltre un maxi centro commerciale, che raddoppiasse l’esistente, con annessi 2.500 posti anche a servizio degli utenti della metropolitana. Allo stop del progetto legato all’arrivo della pandemia, con la necessità di ripensarlo, anche la condanna in primo grado per corruzione dell’ex primo cittadino Trezzi nell’operazione urbanistica ex Auchan-parco del Grugnotorto. 

Continua la lettura con: Le metro direttissime senza fermate intermedie: 5+1 linee express che servirebbero a Milano

FABIO MARCOMIN

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Le opere a rischio per buchi inattesi: c’è anche il PalaItalia?

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Ph. @Onirism IG - PalaItalia

Il tempo corre. Manca ormai un anno all’apertura dei giochi olimpici invernali: il 6 febbraio ci sarà la Cerimonia di Apertura allo stadio di San Siro. I cantieri dell’opera più attesa a Milano rischiano però di essere interrotti, con il rischio di un altro grave flop dopo l’ex PalaSharp. Non solo, per ospitare le gare di hockey servirebbe comunque una deroga. Vediamo perchè e il punto della situazione.

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Le opere a rischio per buchi inattesi: c’è anche il PalaItalia?

# Il primo inghippo: per ospitare le gare di hockey servirà deroga della Prefettura

La costruzione del PalaItalia nel quartiere di Santa Giulia, nella porzione nord, procede a ritmi serrati anche perchè non c’è un secondo da perdere: in caso di un minimo intoppo non si arriverebbe in tempo per le Olimpiadi Invernali di Milano Cortina.

Onirism – Pala Italia

Nell’impianto sono programmate le gare di hockey maschile nelle due settimane che vanno dal 6 al 22 febbraio 2026, ma solo con deroga perchè non sarebbe dedicato a questo tipo di manifestazioni. Questo il primo nodo da risolvere. Servirà la deroga da parte della Prefettura di Milano e successivamente l’omologazione da parte della Federazione Sportiva, ma questo era già preventivato. La deroga è necessaria perchè l’opera viene costruita e finanziata dal gruppo tedesco Eventim, a cui è poi affidata la gestione e che ha in pancia la società di bigliettazione Ticketone, ed è stata pensata prevalentemente per concerti e in subordine per eventi sportivi quali pallavolo, tennis e basket con capienza limitata a 3.500 posti: l’Olimpia Milano, ad esempio, non ci potrà giocare.

# Il nuovo problema degli extra costi: mancherebbero tra i 50 e i 90 milioni di euro, ma il Governo non potrebbe intervenire

Veniamo al secondo problema dovuto al fatto che a realizzare il palazzetto, dalla forma ellittica ispirata all’archetipo dell’anfiteatro a firma di Sir David Chipperfield e con 16.000 posti a sedere, è un privato. L’investimento di Eventim è pari a 176 milioni di euro ma, come è risaputo ormai da due anni, il budget messo a preventivo non sarebbe più sufficiente per completare l’opera. Per questo motivo, la società avrebbe chiesto al Comune di Milano di coprire gli extra costi, stimati attorno almeno a 50 milioni di euro ma potrebbero anche essere di più, tra i 70 e i 90 milioni. Richiesta che la stessa amministrazione avrebbe girato al Governo italiano, senza però ricevere al momento una risposta positiva. Questo perchè, essendo un lavoro interamente assegnato a un soggetto privato, lo stanziamento di fondi si configurerebbe come aiuto di stato. Il tempo inizia a stringere e, nonostante non sia stato prodotto alcun documento ufficiale che attesi il buco, il rischio concreto è che i lavori per l’arena vengano bloccati.

# Riprende quota l’opzione Torino?

stefanochecchi IG – Oval Torino

Ma cosa potrebbe succedere se il PalaItalia non venisse completato in tempo utile? Secondo alcune indiscrezioni sembrerebbe riprendere quota l’opzione Torino, esclusa dai giochi in fase di candidatura dopo aver ospitato le Olimpiadi 2006. Tra le strutture che potrebbero ospitare le gare di hockey potrebbe esserci l’Oval al Lingotto, oggi spazio utilizzato per eventi fieristici ma che 19 anni fa ha visto gareggiare gli atleti del pattinaggio sul ghiaccio.

# E il Villaggio Olimpico?

Fabio Marcomin – Villaggio Olimpico

Anche per il Villaggio Olimpico c’è ancora da sciogliere il nodo extracosti: si parla di circa 40 milioni di euro dovuti al rincaro delle materie prime e dell’energia. In questo caso la situazione non è problematica dato che gli edifici destinati agli atleti sono conclusi da mesi, sono in corso le rifiniture e il completamento di impianti e allestimenti interni oltre alle sistemazioni esterne quali pavimentazione, illuminazione, verde. La consegna è prevista in anticipo, luglio 2025, rispetto al cronoprogramma e sul tema delle risorse Coima ha confermato che è aperto un tavolo istituzionale insieme a Fondazione Milano-Cortina, Regione Lombardia e Comune di Milano.

Il problema dei buchi nel budget previsto stanno colpendo Milano da tempo: ci sono già opere andate a picco per colpa delle mancate risorse. Questi i due episodi più clamorosi. 

Leggi anche: Le perplessità dei milanesi sul villaggio olimpico

# Il flop Palasharp e la metrotranvia che arriverà solo dopo le Olimpiadi

coordinamentotutelaparcoovest IG – Palasharp

Concludiamo la rassegna delle opere olimpiche con il Palasharp e la metrotranvia tra Repetti M4 e Rogoredo M3. Per la prima si tratta di un vero e proprio flop. Inserita nel dossier per ospitare le competizioni di hockey su ghiaccio femminile, che traslocano nei padiglioni di Rho Fiera, il progetto non ha passato il vaglio del Cio che ha richiesto di modificarlo prevedendo un’area maggiore per gli atleti e riducendo i posti a sedere, rendendo la riqualificazione antieconomica per i privati che avrebbero dovuto farsene carico. Al suo posto verranno realizzati probabilmente case a basso costo, mentre è in corso una disputa legale tra Comune di Milano e TickeOne-Mca Events, azienda vincitrice del bando.

Percorso Metrotranvia 13

La metrotranvia 13, il lascito più importante dell’evento in termini di infrastrutture, dovrebbe entrare in funzione nell’estate 2027: un anno e mezzo dopo le Olimpiadi e circa 6 mesi dopo che il PalaItalia sarà rinconfigurato per ospitare concerti e spettacoli. La linea infatti, lungo il percorso di 4,7 km per 17 fermate tra M4 Repetti e la stazione M3 di Rogoredo, prevedeva una fermata nei pressi del Pala Italia. I tifosi diretti all’impianto per vedere le gare dovrebbe avere a disposizione solo dei bus di collegamento dalla metro blu e gialla.

Leggi anche: Olimpiadi a Milano: le 5 opere da medaglia d’oro e…le 3 occasioni buttate

Continua la lettura con: Milano avrà una «arena rock»: le immagini

FABIO MARCOMIN 

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Milano Genova con il treno in 56 minuti? La grande corsa si ferma… sul gas!

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Un intoppo inatteso blocca l’avanzata della TAV tra Milano e Genova. Che cosa succede adesso?

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Milano Genova con il treno in 56 minuti? La grande corsa si ferma… sul gas!

# In costruzione la più grande opera ferroviaria con la galleria più lunga d’Italia

Terzo valico

La più grande opera ferroviaria in corso in Italia: il Terzo Valico dei Giovi – Nodo di Genova. La costruzione principale è la Galleria di Valico, che con una lunghezza di 27 chilometri è in predicato di diventare la galleria più lunga d’Italia, superando di poco quella in cantiere tra Napoli e Bari. A questo si aggiungono il Nodo ferroviario e lo scalo merci di Campasso, per un totale di 90,7 km di tunnel, con 53 km che collegano Genova a Tortona, di cui 37 km saranno sotterranei. Si tratta di un investimento di 10,6 miliardi, 8,2 miliardi il Terzo Valico e 2,4 per il Nodo di Genova. Il risultato di questo: si andrà con il treno al mare in meno di un’ora. Ma a che punto sono i lavori?

# Avanzamento scavi arrivato al 90%

 

primocanale.it – Avanzamento lavori Terzo Valico

A Terrazza Colombo a Genova, trasmesso in diretta su primocanale.it, il 20 gennaio 2025 si è tenuto un incontro per fare il punto sullo stato del progetto. Tra gli ospiti intervenuti anche il commissario del Terzo Valico, Calogero Mauceri, che ha spiegato a che punto sono i cantieri e le criticità emerse. Sono 12 i cantieri attivi, l’avanzamento degli scavi è arrivato al 90%: in totale 47 km di gallerie, completate quelle in Liguria, ne mancano 6 all’appello. 

primocanale.it – Punto lavori Terzo Valico

L’ultimo intervento portato a termine è stato il completamento dei cunicoli di ventilazione dell’Interconnessione di Coltri dopo che a giugno 2024 era stato attivo il doppio binario della Rivalta Tortona.

Leggi anche: Milano – Genova in meno di un’ora di treno: come si costruisce l’alta velocità tra le montagne

# Le tre criticità emerse: pressione eccessiva della montagna, presenza di amianto e di gas

Nell’ultimo periodo sono emerse diverse criticità. Il tratto più complesso è quello tra la finestra Vallemme e il Pozzo Radimero. Ecco cosa è successo:

primocanale.it – TBM bloccate
  • Una delle TBM è rimasta bloccata nella galleria nell’ultimo dei 10 km di scavo, schiacciata e ovalizzata. Queste le parole del commissario Mauceri: «Il fatto che i 6km non sono stati completati all’altezza di Voltaggio dipende dalla cosiddetta zona tettonica tra Sestri e Voltaggio, le centine non reggevano la pressione della montagna, per questo è stato necessario fare una modifica del progetto». Nel mese di aprile è prevista la ripartenza con lo scavo tradizionale, dopo la conclusione delle operazioni, tra cui lo smontaggio della testa della fresa;
primocanale.it – Aree con amianto
  • il ritrovamento di amianto sopra le soglia consentita nella tratta centrale. «Poi c’è stato il problema dell’amianto, quello che determina problemi è se la rottura delle pietre libera nell’ambiente le fibre di amianto» ha proseguito il commissario nel suo intervento. Per motivi di sicurezza si è deciso di procedere con prospezione di 50 metri alla volta, con una riorganizzazione del cantiere che ha previsto la realizzazione di aree di decontaminazione. Questo comporta un rallentamento inevitabile nello scavo;
primocanale.it – Aree con gas
  • infine il ritrovamento di gas in quantità eccessive rispetto a quanto preventivato in fase di analisi progettuale, su 2 dei 5 fronti in cui è presente, sempre nella tratta Vallemme-Radimero. Anche in questo caso si procede con prospezioni poco alla volta e sono state previste tre tipologie di soluzioni: delle specie di tubazioni che funzioneranno come dei rubinetti facendo defluire il gas per consentire ai tecnici di scendere, il potenziamento della ventilazione per portare il gas all’esterno e delle esplosioni controllate.

# L’inaugurazione dell’opera slitta ancora… almeno al 2027

Terzovalico.mit.gov – Terzo Valico

Un triplice stop che comporta uno slittamento nel completamento dell’opera. Per quanto riguarda la tratta critica è programmata la ripresa degli scavi in direzione nord rispettivamente a maggio, per il binario pari, e a giugno per quello dispari, con l’abbattimento dei due diaframmi delle gallerie tra Cravasco e Vallemme entro la fine dell’anno. Sul nodo di Genova i lavori sono invece quasi finiti, entro la fine dell’anno si dovrebbe concludere anche il sestuplicamento, mentre entro il 2026 dovrebbe essere terminata la linea del Campasso, come spiegato dal commissario Mauceri. 

Rispetto all’ultimo cronoprogramma, il 2026 non sarà l’anno del primo viaggio, ma quello della conclusione di tutti gli interventi infrastrutturali se non sopraggiungeranno ulteriori intoppi, a cui seguiranno la fase di collaudi, le prove e il pre-esercizio. Il primo viaggio slitta quindi almeno al 2027, con la conferma che i treni inizialmente opereranno su una sola canna: sarà transitabile al 75% e verrà completata negli anni successivi. Sempre nello stesso anno dovrebbe essere definito il modello di esercizio.

# Cosa serve per avere una vera linea veloce: le opere da realizzare tra Milano e Tortona

Credits: RFI – Quadruplicamento Milano Pavia

La nuova linea AV/AC prevede l’attraversamento delle province di Genova e Alessandria, consentendo ai treni di raggiungere una velocità massima di 250 km/h e garantendo un collegamento tra Milano e il capoluogo ligure in meno di un’ora. Tra i vantaggi dell’infrastruttura ferroviaria ci sono anche il miglioramento del traffico merci e una notevole diminuzione delle emissioni di CO2. Ma anche al completamento di tutto il progetto del Terzo Valico la linea dell’alta velocità sarà comunque monca, mancano infatti diversi da tasselli nella tratta tra Milano e Tortona. Nello specifico:

  • per il quadruplicamento dei binari tra Milano Rogoredo e Pavia, nella prima fase è programmato solo la costruzione del tratto di 11 km fino a Pieve Emanuele. I lavori dovrebbero concludersi nel 2026, dato che il finanziamento è sostenuto dal PNRR, anche se i cantieri sono alle fasi preliminari. Per il tratto successivo di 18 km fino a Pavia è in corso l’iter autorizzativo e il reperimento delle risorse per indire il bando di gara;
  • per il raddoppio della tratta di linea successiva, tra Pavia e Voghera, deve essere invece ancora portata a termine la redazione del documento di fattibilità per scegliere la migliora alternativa progettuale. In questo caso nessuna ipotesi sulle tempistiche delle fasi successive; 
  • per il quadruplicamento tra Tortona e Voghera si attende la convocazione della Conferenza dei Servizi per la fine del 2024 e l’approvazione del progetto entro l’estate 2025; 
  • l’adeguamento del nodo di Tortona come sbocco nord del Terzo Valico è fase di realizzazione e i lavori dovrebbero terminare entro il 2026.

# Il sogno di andare dalla M6 al mare grazie all’hub dell’alta velocità di Opera

Per la nuova linea M6 di Milano non è stato ancora elaborato un tracciato definitivo, ma tra le le ipotesi sul tavolo c’è quella di un percorso che scenda a sud lungo Via Ripamonti per attestarsi nel Comune di Opera, dove è in valutazione la stazione per Frecciarossa e Ntv e interscambiare proprio con la futura M6. 

Localizzazione della possibile stazione AV Opera

L’obiettivo è stato confermato dal Vice Ministro dei Traporti, Alessandro Morelli, in occasione dell’apertura della M4 fino a San Cristoforo Fs. Se si realizzasse basterebbe scendere dalla metro e prendere un treno per arrivare al mare della Liguria in 56 minuti. 

Continua la lettura con: «Milano-Genova-Torino»: la nuova megalopoli dalle «tre anime»?

FABIO MARCOMIN 

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I confini inesistenti: 9 comuni che non sono Milano, ma che in realtà sono Milano

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Alcuni comuni della Città Metropolitana sono inurbati nel capoluogo senza soluzione di continuità e non si avverte il passaggio dei limiti municipali attraversando le vie o viali o semplicemente osservando dall’alto la densità di costruzioni. Ecco i nove comuni che dovrebbe essere incorporati d’ufficio a Milano perchè di fatto sono Milano.

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I confini inesistenti: 9 comuni che non sono Milano, ma che in realtà sono Milano

# Sesto San Giovanni, 82.000 abitanti, talmente conurbato nella città di Milano da non avere elementi di separazione… e, a breve, avrà 4 fermate della linea rossa

Il nome del comune si compone di Sesto, ad indicare la distanza in miglia da Milano lungo un’antica strada romana che collegava Milano e Monza, e San Giovanni, indicazione introdotta a partire dal 1100, per rendere chiara la dipendenza di Sesto dalla Basilica di San Giovanni a Monza e dal suo territorio, la Corte di Monza. Sesto San Giovanni si trova in perfetta continuità con l’agglomerato urbano di Milano a tal punto da non distinguersi la fine e l’inizio di uno e dell’altro. Ci sono due fermate della linea rossa e a breve se aggiungeranno altre due. Difficile non considerarlo parte del capoluogo lombardo.

# Cinisello Balsamo, 75.000 abitanti, collegato da metrotranvia e in futuro dalla metropolitana

Formato nel 1928 dall’unificazione dei due distinti comuni di Cinisello e Balsamo, questo comune nell’area a nord della città ha le stesse caratteristiche di urbanizzazione di Milano e si trova poco sopra Sesto San Giovanni. Al capoluogo meneghino è collegato con la metrotranvia 31 e nei prossima anni verrà raggiunto dalla linea M1 e in futuro dalla linea M5 con una diramazione da Bignami. Guardando dal satellite o percorrendo Viale Fulvio Testi non ci si accorge di cambiare comune.

# Bresso, 26.500 abitanti, condivide il Parco Nord con il capoluogo e ospita l’Aero Club Milano

Condivide con Milano, e altri comuni dell’area a Nord, il Parco Nord ovvero il parco più grande della città. Ospita anche l’Aero Club Milano e la via che entra nel paese, Via Vittorio Veneto, mantiene lo stesso nome passando il confini che quindi risultano ancora di più incomprensibili. Se tutto procede per il meglio la linea M5 avrà una o due fermate all’interno del suo territorio.

# Novate Milanese, a soli 8 km dal centro di Milano, con 3 linee suburbane che lo collegano alla città

Si trova a circa 8 chilometri a nord dal centro della città di Milano, raggiunto dalle linee suburbana che attraversano il passante, S1, S12 e S13 e già di fatto inglobato nel comune capoluogo di regione e vedendo anche dalle immagini satellitari é inspiegabile che faccia comune a sè.

# Baranzate, con poco più di 12.000 abitanti, è a 7km da Piazza del Duomo

Diventato comune nel 2004 dopo lo scorporo da Bollate, il Comune di Baranzate dista solamente 7 chilometri da piazza del Duomo, è confinante con il comune di Novate Milanese e con Rho. Inoltre si trova a poche centinaia di metri dal capolinea del tram 12 nel quartiere di Roserio e dal ex-sito di Expo in futuro MIND. La via di accesso al capoluogo meneghino si chiama Via Milano, non serve aggiungere altro.

# Pero, un vero e proprio quartiere di Milano 

Situato tra il capoluogo e Rho, sito lungo la statale del Sempione, è una prosecuzione del quartiere Gallaratese ed ha una fermata della metropolitana, la linea rossa, in mezzo al centro del comune come fosse un vero quartiere di Milano, In più è presente l’Aero Gravity, il simulatore di caduta libera da un aereo, impossibile rimanga fuori dai confini della città.

# Corsico, 35.000 abitanti lungo il Naviglio Grande

La via Ludovico il Moro, che fiancheggia il Naviglio Grande, si trasforma in via Milano entrando a Corsico ma la conformazione dell’abitato non subisce alcun cambiamento, sembra sempre di essere città. Non per niente Corsico diventò parte del ducato di Milano alla fine del 1200 e ancora oggi è strettamente collegato da viabilità stradale, ferrovia e in futuro dalla nuova linea metropolitana M4.

# San Donato Milanese, con il capolinea M3 che porta il suo nome

A San Donato Milanese ha sede una delle più grandi multinazionali dell’energia che realizzato, e ha in un’ultimazione un sesto building, il suo Headquarter. Oltre ad Eni sono presenti le sedi di altri colossi internazionali. Appena oltre il confine, dentro il comune di Milano, è presente il capolinea della linea M3 che porta il nome di San Donato anche se termina in città. Che senso avere una fermata che porta un nome di un’area che non è all’interno della città?

# Peschiera Borromeo, con l’aeroporto di Milano in una sua frazione

Il paradosso del city airport che non è dentro la città, ma in una frazione, Linate, che fa parte di un comune vicino a Milano ovvero Peschiera Borromeo. Qui non servono altre motivazioni per capire che se non tutto il comune di Peschiera Borromeo, almeno la sua frazione Linate e il suo aeroporto dovrebbero ricadere nei confini municipali del capoluogo lombardo.

Continua la lettura: I prossimi comuni da ANNETTERE a Milano

MILANO CITTA’ STATO

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Quello che resta dei celti a Milano

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Sei secoli prima di Cristo, una tribù celtica alla ricerca di un territorio dove stanziarsi, guidata da Belloveso, conquista la terra tanto ambita. Tra leggende e segni che si possono vedere ancora oggi, ecco come Milano nasce celtica.

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Quello che resta dei celti a Milano

# Cose “dell’altro Mondo”

Credits: rperucho by pixabay

La leggenda vuole che il popolo celtico, guidato da Re Belloveso, sia arrivato nel luogo che sarebbe poi divenuto Milano, alla ricerca di una terra da vivere e coltivare. La ricerca ha seguito delle tappe ben precise.
I Celti arrivano da Nord attraversando le Alpi, un primo portale “magico” che, nelle credenze celtiche, hanno un significato mistico ben definito, perché da lì inizia “l’altro mondo”.

La gente di Belloveso è alla ricerca di esatte coordinate astrali e, inoltre, la Dea Belisama, ha predetto loro di stanziarsi laddove avrebbero trovato una scrofa semi lanuta. La scrofa, in quanto femminile, è portatrice di fertilità, considerata un segnale di buon auspicio.
Tutta questa magia è riunita in un unico luogo. Forse è già abitato dagli Etruschi, ma i Celti vogliono così tanto questo posto per sé, che li sconfiggono, li mandano via e fondano Milano.

Leggi anche: I 7 ANNI più BELLI nella storia recente di MILANO

# L’oppido celtico di Medhelan, il “bosco sacro”

Credits: milanoguida.com

Tanta magia e tanta ritualità, porta i Celti alla fondazione di Milano, nel 600 a.C. circa.
Il villaggio viene edificato alla maniera celtica: di forma ellittica, con al centro il luogo in cui i Druidi, gli antichi sacerdoti, possono vivere in stretto contatto con la natura e dove la popolazione celebra i sui riti. Questo luogo è il Medhelan, il bosco sacro.
Due secoli dopo la fondazione sorgerà il Santuario dedicato alla Dea Belisama, proprio centro dell’oppido celtico, ovvero la caratteristica forma che i Celti imprimono ad ogni loro insediamento urbano.

Tutto intorno al Santuario i Celti costruivano dei camminamenti, oppure dei terrapieni rinforzati, per fare del medhelan un luogo sicuro dove celebrare riti e feste, o per dare riparo alla popolazione. Il bosco ha infatti una funzione mistica: gli stessi alberi sono sacri, perché forniscono riparo a tutte le creature che lo abitano, quelle di origine animale, alla specie umana e, non ultime, le entità magiche.

# Da Medhelan a Mediolanum e a Milano

Credits: milanoguida.com

L’Oppido celtico conosce un grande sviluppo con l’insediamento dei Romani, verso il II secolo a.C.
La città romana si sovrappone a quella celtica, crescendo con una prospettiva diversa.
Mentre i Celti hanno scelto i luoghi in base alle loro credenze, il pragmatismo dei Romani fa espandere la città lungo i corsi d’acqua e tutto ciò che il territorio può fornire come produttività, ad esempio per i mestieri, ovvero più a Sud del villaggio celtico.
Può darsi che Medhelan non fosse il nome di Milano a quel tempo. Fatto sta che i Romani la ribattezzano Mediolanum.

Il nome Mediolanum può avere attinenza con la scrofa semi lanuta (medio lanae) oppure col medhelan, oppure ancora con la precisazione latina che pone Mediolanum in mezzo alla fertile Pianura Padana, il luogo di mezzo.
Resta il mistero del nome della città, ma i ritrovamenti archeologici che la storia ha restituito, ci fanno capire come Milano è nata.

Leggi anche: Dai Celti agli Scienziati: le MAPPE dell’espansione di Milano

# Dove sono oggi i luoghi celtici?

Elaborazione da GoogleMaps

Milano non è stata scelta da Belloveso per farne un luogo sacro, come Stonehenge, ma i tratti dell’oppido celtico sono ben riconoscibili tutt’ora.
Piazza della Scala è ancora oggi, il centro di un percorso smussato che in pochi conoscono, ma che alcuni servizi turistici milanesi esaltano con visite guidate.
È legittimo pensare che Piazza della Scala sia il luogo ove un tempo i Celti hanno edificato il loro Santuario alla Dea Belisama.

Il perimetro dell’oppido celtico è ancora visibile, percorrendo il “circuito” formato da Via Morone, Via Andegari, Via Arrigo Boito, Via Clerici, Via San Protaso. Si perde un po’ per le sovrapposizioni che la storia hanno impresso all’urbanistica milanese, ma continua in Via Tommaso Grossi, Via Agnello e Via Hoepli.

# Il ritrovamento della scrofa semi lanuta

Credits: Twitter

Leggenda vuole che i Celti di Belloveso, abbiano incontrato la scrofa semi lanuta da qualche parte nella pianura intorno a Milano. Vero o no, l’hanno seguita fino a che questa non si è fermata per abbeverarsi ad un fontanile e che, guarda caso, questo fontanile corrispondesse esattamente alle coordinate astrali di cui i Celti sono all’inseguimento.

Il momento in sé e la misteriosa storia che si portano dietro, non è ovviamente stato immortalato in alcun modo, ma la scrofa semi lanuta è ancora presente in città.
La si può trovare scolpita su un capitello che sostiene uno degli archi del Palazzo della Ragione, al Broletto Nuovo oggi Piazza dei Mercanti. È probabilmente stata ritrovata durante gli scavi del XIII secolo ed apposta lì, come decorazione.
C’è poi un secondo stemma, all’interno di un cortile di Palazzo Marino, che ritrae l’animale mitico.

Leggi anche: Il fondatore di Milano è BELLOVESO

# Ciapa sü

Credits: rperucho by pixabay

La forma dell’antico villaggio celtico è ancora con noi, insieme a due particolarità della lingua celtica, che i nostri antenati hanno tramandato per 2.500 anni.

Ciapa sü, che significa “accontentati” o “beccati questa” è una formidabile combinazione di due espressioni celtiche.
La ü non è infatti francese, ma celtica, così come ciapar deriva dal celtico hapà, che significa appunto “prendere”.
Una sessantina di parole della lingua italiana, derivano dal celtico e sono legate al mondo della natura, tanto venerato dai Celti. Sono i nomi dell’allodola, del Salmone, le espressioni come becco o garrese, la brughiera, l’ardesia, la roccia.

# Altri reperti del V secolo a.C.

Il centro dell’oopido celtico Credits: dimitrisvetsikas1969 by pixabay

In un susseguirsi quasi frenetico di distruzioni e ricostruzioni, la storia di Milano ha restituito vari reperti che, oltre alla forma dell’oppido, testimoniano l’oggettiva origine celtica della città meneghina.
Le costruzioni più antiche repertate nella zona di Piazza Duomo, risalgono ai secoli V° e IV° a.C..
In Via Rastelli sono stati ritrovati i resti di alcuni edifici, databili tra la fine del V secolo a.C. e l’inizio del successivo IV secolo.

Il tempio di Belisama è stato poi soppiantato da quello di Minerva, voluto dagli Insubri arrivati dopo i Celti. Solo l’arrivo dell’Imperatore Augusto, con il divieto ai culti non romani, porrà fine all’uso del medhelan, cambiando per sempre l’uso dei luoghi.

Per approfondire: “Milano nasce Celtica”, di Tito Livraghi

Continua la lettura con: Riti celtici e prosperità: la SCROFA SEMILANUTA

LAURA LIONTI

copyright milanocittastato.it

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Smitizziamo gli anni ottanta a Milano

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Credits: imbruttito.com Cartolina da Milano

Lo slogan di una ben riuscita campagna pubblicitaria proposta in maniera martellante diventa, con l’appoggio di giornali, radio, televisioni compiacenti, la didascalia di un decennio. Una frase priva di senso è riuscita a mitizzare qualcosa che di mitico non aveva davvero nulla

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Smitizziamo gli anni ottanta a Milano

# La memoria alterata degli ex paninari

Credits: @bircide_il_paninaro
Paninari

Se non nella memoria offuscata da rimpianti e nostalgie di qualche ex paninaro di mezza età, appesantito di molti chili e magari imbruttito da qualche brutto vizio, che in quegli anni era solito trangugiare hamburger e bere coca cola in piazza San Babila indossando scarpe da boscaiolo e mostrando imbarazzanti acconciature, o se non nella visione distorta di qualche ex socialista frustrato che rimpiange politici corrotti e latitanti, ad insistere nel considerare quella Milano dimessa, triste, buia come una metropoli da prendere a modello, non resta per fortuna praticamente nessuno ad avere nostalgia di quegli anni. Perchè la verità è un’altra. 

# La nera città delle aree dismesse

varesine e torre breda
varesine e torre breda

Scordatevi lo storto, il lungo e il curvo di City life, dimenticatevi l’Area Garibaldi Repubblica con la Torre Unicredit, la linea lilla completamente automatizzata, La Fondazione Prada, il Silos di Armani, la nuova futuristica area nata sulle ceneri dell’EXPO, non sognatevi nemmeno il Mudec, la Livellara vecchia vetreria rinata dopo aver rischiato la demolizione o la fabbrica del Vapore. Dimenticatevi i tantissimi progetti in fase di realizzazione a Milano, dalla Goccia della Bovisa, al Villaggio Olimpico in zona Porta Romana, dalla Torre di A2A alle terme di San Siro… No, quella grigia e spenta metropoli era disseminata di sterminate aree abbandonate, il suo volto tumefatto era ancora quello di una città bombardata come se la guerra fosse terminata pochi anni prima, una città ancora in cerca di una sua nuova identità urbanistica nel disordine e grigiore più totale. Il decennio in multicolor era solo alla tv. 

# Puzza di zolfo, fogne a cielo aperto, parchi con le siringhe

Negli anni ’80 non solo l’aria era più mefitica: non aveva nemmeno i depuratori delle acque fognarie! Ogni giorno sversava tonnellate e tonnellate di veleni attraverso i suoi corsi d’acqua putridi. Sversamenti che ci sono costati giustissime sanzioni dalla comunità europea. La Milano da bere festaiola degli anni ’80 era un qualcosa riservato a pochi, la gran parte dei cittadini si rinchiudeva in casa in quartieri poco illuminati che all’epoca erano solo dei mesti dormitori. In realtà, Milano era tetra e cupa, popolata di zombi barcollanti con la siringa infilata nel braccio (il record di morti per overdose fu proprio in quel periodo): guai a camminare sull’erba dei parchi senza scarpe. Si rischiava la vita negli anni della psicosi dell’Aids. Non solo: la sera non uscivano molti dei suoi abitanti, e sulle sue strade si aggiravano ben pochi turisti. Difatti i treni delle metropolitane ai giorni nostri sempre pieni ad ogni ora, negli anni ’80, dopo le 21:00 circolavano con solo tre vagoni regolarmente semivuoti. Linee sostitutive non esistevano, in fondo non c’era nemmeno l’esigenza. Tutti stavano a casa. 

# Il palazzetto crollato, perfetto emblema di quel periodo

Credits: museodelbasket-milano.it
Palasport crolla nell’85

Celebrato come capolavoro architettonico è bastata la nevicata dell’85 per far crollare il palazzetto dello sport come un castello di sabbia. Non si è riusciti non solo a ricostruirlo ma neppure a sostituirlo con qualcosa di accettabile: per anni le più grandi rockstar internazionali dovettero suonare in un tendone da circo. Certo, qualcuno potrebbe ricordare che fu ideata e costruita la linea gialla, costata però Dio solo sa quanto in più rispetto a quanto preventivato e terminata con il solito ritardo… In ogni caso basterebbe la costruzione di una linea metropolitana per mitizzare una città disastrata? Le metropolitane le hanno costruite anche a Praga, Budapest, Sofia, Berlino e Parigi solo per citarne alcune. Senza che diventassero una bandiera di successo mondiale. 

Credits: imbruttito.com
Cartolina da Milano

A Monaco di Baviera poi già si erano sviluppate, oltre ad una moderna e ramificata rete metropolitana, delle svariate linee di passante ferroviario. Era già in quegli anni un città verdissima, ordinata, con chilometri e chilometri di piste ciclabili, una città che, dopo averla visitata durante un gita scolastica rendeva il ritorno a Milano un’esperienza profondamente imbarazzante. Ritrovavi la solita Milano con quella sua sciatteria ben rappresentata dalle orrende luci pubblicitarie al neon in piazza Duomo, dai suoi rari giardinetti spelacchiati, dalle sue auto parcheggiate in ogni angolo libero, dalla sua fioca e dimessa illuminazione.

# Stazione Centrale e Darsena erano inguardabili

Darsena prima dei lavori

Non parliamo poi di sensibilità animalista praticamente a livelli del terzo mondo, nel canile municipale Lager, dopo trenta giorni i cani che non riuscivano a trovare casa venivano mandati nelle camere a gas! La Stazione Centrale, biglietto da visita della città, era un girone dantesco: popolato da senza tetto, tossici, sbandati in un deprimente contesto, nulla a che vedere con la stazione moderna e ripulita di adesso pur con i suoi problemi. La Darsena era ridotta ad un enorme disordinatissimo parcheggio, qualcosa di inguardabile. Non che ora sia tutto oro, per carità, ma è tutto infinitamente meglio di prima.

# Cosa ci rimane di questa Milano da bere…

Credits: @milanopersempre.it
Piazza Duomo, Milano

Tirando le somme, cosa rimane di memorabile di quel periodo rifilatoci come “Milano da bere”? Una pioggia di tangenti, le risottate in piazza, eventi simili a sagre degne di un piccolo borgo rurale, cantieri infiniti dai costi incerti e i paninari, il più raffinato fenomeno socio culturale dell’epoca. A livello urbanistico pur sforzandosi, tra le anonime costruzioni di Ligresti, le desolanti e finte Milano 2, Milano 3 e l’orrenda stazione della Bovisa non emerge nulla di rilevante e degno di essere conservato.

Davvero si fatica a trovare qualcosa che valga la pena menzionare in mezzo a quel degrado deprimente. La Milano degli anni ’80 non era la brutta copia di quella odierna: era proprio un’altra orrenda triste città. Per fortuna oramai solo un lontano ricordo.

Per chi volesse rinfrescarsi la memoria facendo un tuffo in quel cupo periodo consigliamo: MILANO 1983 di Olmi.

Continua la lettura con: La MILANO degli ANNI ’70: le FOTO della città tra violenze, austerity e voglia di libertà

ANDREA URBANO

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Il tunnel tra Europa e Africa: assegnato il progetto per unire i due continenti

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Unire Europa e Africa attraverso un tunnel? Il progetto, proposto per la prima volta 40 anni fa, ha avuto un’improvvisa accelerata. Questo tunnel rivoluzionerebbe i collegamenti tra i due continenti, trasformando radicalmente il trasporto merci, la circolazione di turisti e, potenzialmente, mettendo un freno al traffico illegale dei migranti. Scopriamo insieme i dettagli resi noti.

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Il tunnel tra Europa e Africa: assegnato il progetto per unire i due continenti

# Un progetto ambizioso: inaugurazione entro il 2030 per la coppa del mondo

 

Il tunnel sottomarino, lungo 17 miglia (circa 27 chilometri), intende collegare Tangeri, in Marocco, con la località spagnola di Punta Paloma, vicino a Algeciras. Il costo stimato per la sua realizzazione è di circa 6 miliardi di euro (£5,1 miliardi). Il tunnel dovrebbe essere completato entro il 2030, in tempo per la Coppa del Mondo che sarà co-ospitata da Spagna, Portogallo e Marocco.

Il progetto rappresenta una collaborazione tra la Società Nazionale per gli Studi sullo Stretto di Gibilterra (SNED) del Marocco e la Società Spagnola per gli Studi sulla Comunicazione Fissa attraverso lo Stretto di Gibilterra (SECEGSA). Entrambe le organizzazioni stanno conducendo studi approfonditi per garantire la fattibilità tecnica ed economica del tunnel.

# Le caratteristiche del tunnel: dimezzato il viaggio tra Madrid e Casablanca

Il tunnel sarà una struttura altamente innovativa, progettata per resistere alle complesse sfide geologiche e ambientali della regione. La tratta più breve tra Europa e Africa è anche la più profonda, con punti in cui l’acqua raggiunge i 900 metri. L’area è anche nota per la sua attività sismica, trovandosi al confine tra la placca tettonica eurasiatica e quella africana. Questi fattori rendono il progetto estremamente complesso dal punto di vista ingegneristico.

Una delle soluzioni proposte prevede la costruzione di stazioni terminali simili a quelle del Tunnel della Manica, che collega Inghilterra e Francia. Queste stazioni saranno dotate di tecnologie avanzate per garantire la sicurezza e l’efficienza del transito.

Il tunnel ospiterà principalmente un servizio ferroviario ad alta velocità, collegando Casablanca a Madrid con fermate intermedie a Tangeri e Algeciras. Si stima che il tempo di viaggio tra Casablanca e Madrid verrà ridotto a 5 ore e 30 minuti, una notevole differenza rispetto alle 12 ore attuali necessarie per il viaggio via terra e traghetto.

# Le sfide tecniche: il tunnel sarà attraversabile in macchina?

La società spagnola Herrenknecht Ibérica, specializzata nella costruzione di tunnel con alcune delle più grandi macchine da perforazione al mondo, ha recentemente vinto l’appalto per condurre lo studio di fattibilità. Questo studio, dal costo di 296.400 euro, sarà completato entro giugno 2025. Il Ministro delle Infrastrutture e dell’Acqua del Marocco, Nizar Baraka, ha confermato che il progetto è una priorità strategica per il paese.

Lo Stretto di Gibilterra è un punto strategico cruciale per il commercio globale e la sicurezza europea, per questa ragione non sono in pochi a ritenere che, se possibile, il tunnel dovrebbe essere progettato per essere attraversabile anche da mezzi a motore, come camion e automobili. La possibilità di transitare via macchina permetterebbe di rendere autonomi i flussi di merci e persone, riducendo notevolmente i tempi e lo sforzo logistico di una tratta ferroviaria.

# Una soluzione definitiva contro l’immigrazione illegale?

Credits: Pagellapolitica 

Un tunnel tra Europa e Africa potrebbe anche rappresentare una rivoluzione umanitaria, specialmente in relazione al fenomeno migratorio. Alle estremità del tunnel, si potrebbero istituire dei centri di accoglienza dove i migranti possano essere identificati e verificare il loro diritto di attraversamento.

Per evitare ingorghi e problemi di gestione, si potrebbero creare centri di stazionamento all’interno del tunnel, dove i migranti con diritto di passaggio potrebbero fermarsi temporaneamente in attesa che i governi competenti organizzino la loro accoglienza. Questi centri dovrebbero fornire servizi essenziali come il cibo, l’acqua e l’assistenza sanitaria di base fino al trasferimento nelle strutture di accoglienza ufficiali.

Questa soluzione ridurrebbe significativamente la dipendenza dalle traversate rischiose attraverso il Mediterraneo, salvando migliaia di vite e garantendo un sistema di migrazione regolare, sicuro e controllato. Per i migranti irregolari, invece, potrebbe essere creato un programma di lavoro legato alla costruzione del tunnel. Il lavoro in questo grande progetto infrastrutturale potrebbe essere considerato come un’opportunità per guadagnare il diritto di emigrazione, in un’ottica di inclusione sociale. L’impiego nell’opera potrebbe essere una via per integrare questi migranti nel mercato del lavoro.

Continua la lettura con: La proposta choc: un tunnel sottomarino tra Italia e Tunisia

MATTEO RESPINTI

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I no di Caressa alla Milano di oggi: «L’area B è classista e dopo le 20 non si può prendere la metropolitana»

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Ph. @fabiocaressareal IG

In un’intervista al Corriere del 20 gennaio 2025, il noto telecronista, quello di “andiamo a Berlino, Beppe!” parla del suo rapporto con Milano, senza risparmiare alcune critiche. Di seguiti alcuni estratti sulla sua esperienza a Milano. Foto: @fabiocaressareal IG

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I no di Caressa alla Milano di oggi: «L’area B è classista e dopo le 20 non si può prendere la metropolitana»

(…)

Partiamo dall’inizio. A Milano sbarca per Telepiù.
«Nel 1991, sul finire della Milano da Bere, (…) abitavo al residence «Futura» di via Mecenate, allora frequentato in modo – diciamo – colorito. Lavoravamo e la sera andavamo a ballare: Beau gest, Lizard. Che tempi».

Primo impatto?
«Arrivo il 19 agosto: in ufficio c’è addirittura l’aria condizionata, il traffico è più ordinato che a Roma. Non solo: la gente è puntuale e io, che ci tengo, finalmente mi trovo nel mio elemento (a Milano dici: appuntamento alle 9.30, a Roma: appuntamento tra le 9 e le 10). Insomma, un uomo felice. Poi inizia l’autunno ed ecco il mio ricordo traumatico. Una mattina apro la finestra in piazza Udine, dove mi ero spostato: nebbia, nebbione. Non si scorgeva nemmeno il lampione nel mezzo dello slargo. Io la nebbia non l’avevo mai vista e guidare era impossibile».

Credits nuovostadiomilano.it – Stadio Popolus

Oggi è perfettamente naturalizzato. Tema dibattuto in città è San Siro, che lei conosce benissimo lavorandoci spesso. Cosa farne?
«Ribadisco il mio parere: San Siro bisognerebbe rifarlo. Mancano i servizi e invece un impianto deve essere fruibile. Al Bernabeu ci puoi vivere una giornata intera, al Meazza no. Non ci sono dotazioni adeguate, ristoranti».

Rifarlo anche a costo di abbatterlo?
«Non sarebbe uno scandalo. Dicendo “gli stadi non si toccano” non si va da nessuna parte: la Roma dovrebbe giocare al Colosseo. In Italia c’è un enorme problema di impianti».

(…)

Oggi dove abita?
«A Milano 2: io mi sono trasferito nel 1994, Benedetta (Parodi, sua moglie e volto tv, ndr) nel 1998».

Da allora ha fatto pace con la nebbia?
«Non c’è quasi più. Comunque nebbia o no mi sono innamorato subito della città».

Siamo ancora puntuali?
«».

Difetti di Milano.
«L’area B mi sembra classista e sa un po’ di ponte levatoio che viene alzato dal castello: per lo smog sarebbero state meglio altre soluzioni. Inoltre oggi Milano non è una città che si possa definire sicura: dopo le 20 non puoi prendere la metropolitana. Vuoi il taxi? Non lo trovi. Ciò non va bene e lo dico da padre di tre figli di 22, 20 e 15 anni (Matilde, Eleonora e Diego, ndr) che vogliono uscire la sera ma poi sono in difficoltà».

(…) 

Intervista completa: corriere.it

Continua la lettura con: «Non merita di essere sporca»: lo studente giapponese che ripulisce le strade di Napoli (video)

MILANO CITTA’ STATO

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La metropolitana leggera tra Milano e Lodi: il grande sogno dei pendolari diventerà realtà?

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Immagine generata con l'IA

I pendolari su questa linea sono abituati a problemi e disservizi. Ma sono anche proattivi: questa la loro richiesta per rendere più agevole il collegamento tra Milano e Lodi. E magari non solo quello. 

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La metropolitana leggera tra Milano e Lodi: il grande sogno dei pendolari diventerà realtà?

# Una linea travagliata

Credits: Il Cittadino MB

La S1 collega Lodi a Saronno, passando per Milano Rogoredo e Milano Bovisa-Politecnico. Tutti i giorni effettua una corsa ogni 30 minuti, dalle 6.08 alle 20.08 da Saronno e dalle 5.53 alle 20.53 da Lodi. E’ una delle linee più frequentate e anche una delle più problematiche per disagi e ritardi. Tra gli eventi più significativi, si ricordano il pantografo incastrato e la rottura della linea di tensione sopraelevata, che hanno trasformato i viaggi in veri e propri “sequestri di persona”.

I pendolari si trovano spesso bloccati in un limbo: in piedi sulla banchina con vista su un display degli orari che non si aggiorna, oppure intrappolati su treni fermi in mezzo alla campagna lodigiana, senza una chiara indicazione sul prosieguo del viaggio.

Questo stato di incertezza è troppo spesso aggravato dalla gerarchia ferroviaria, che sembra penalizzare i pendolari a favore dei treni ad alta velocità. I pendolari hanno molta pazienza. Non solo: hanno anche idee per risolvere una situazione sempre più problematica. 

Leggi anche: Il TRENO FANTASMA: il passante che non passa mai

# Il sogno dei pendolari: una metropolitana leggera tra Milano e Lodi

Credits: @pietroberra IG

Chi subisce questi disagi ha proposto una serie di soluzioni per migliorare la situazione del trasporto ferroviario locale.

  1. Una delle richieste principali è quella di trasformare la S12 in una sorta di “metropolitana leggera” tra Milano e Lodi, creando un collegamento frequente e strategico tra due capoluoghi di provincia, con corse previste ogni 12-15 minuti. Contestualmente, si richiede l’attuazione del progetto di riqualificazione della stazione di Lodi, un intervento promesso da tempo ma mai realizzato. 

2. Un’altra proposta avanzata dai viaggiatori riguarda l’interconnessione tra i servizi “lenti” e “veloci”, spesso causa di ritardi dovuti alla coesistenza di corse Trenord, treni merci e Frecce. I pendolari suggeriscono di anticipare questa interconnessione tra Lodi e Tavazzano, rendendo la linea lenta esclusiva per la S12 lungo l’intera tratta Lodi-Saronno. Questo approccio garantirebbe una maggiore fluidità del traffico ferroviario e ridurrebbe i disagi quotidiani per gli utenti.

Infine la priorità dovrebbe rimanere la tutela degli orari di punta, non solo quelli mattinieri: i pendolari rivendicano il diritto di rientrare nelle loro case ad orari decenti, non solo arrivare al lavoro puntuali.

Leggi anche: Le ESTENSIONI FUTURE delle linee della METROPOLITANA

Continua la lettura con: La M3 arriverà fino a PAULLO? La regione dice NO e propone altre due soluzioni

Articolo originale di LAURA LIONTI (aggiornato da redazione)

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La triste storia della chiesa che ha dato il nome a tutto un quartiere

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antonellascorta IG - San Siro alla Vepra

Una chiesa antica con una storia singolare e dei segreti da svelare. L’origine del nome e quali fatti terrificanti successero nella villa costruita a seguito di una sua parziale demolizione.

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La triste storia della chiesa che ha dato il nome a tutto un quartiere

# La storia della chiesa che ha dato il nome al quartiere e…allo stadio

antonellascorta IG – San Siro alla Vepra

A nord-ovest di Milano, a due passi dalla fermata MM Lotto è presente una chiesa antica che ha una storia singolare e dei segreti da svelare. Si tratta di San Siro alla Vepra, situata precisamente in Via Masaccio 20. È la chiesa da cui prende il nome tutto il quartiere di San Siro, fin dalla sua costruzione quando era solo un borgo rurale, sotto il dominio dei Franchi, per arrivare a dare il nome allo stadio Meazza. Ma chi era questo Siro?

Siro era il ragazzo che portò i pani e i pesci a Gesù e fu il primo vescovo che portò il Vangelo a Milano e dintorni. Ma torniamo alla chiesa. 
Appena arrivati quello che ci si presenta è un cancello di ferro anonimo, uno come tanti delle abitazioni milanesi. Ma una volta varcata la soglia, accediamo in un cortile dove è presente la chiesa e annessa un’abitazione, che ha preso il nome di Villa Triste.
Attualmente la chiesa ospita le suore della Casa delle Missionarie dell’Immacolata.
Le prime notizie della chiesa risalgono all’anno 885 d.c. e, a quei tempi, non era presente l’edificio adiacente, molto successivo.

# Che significa “alla Vepra”?

wikipedia.org – Mappa idrografica di Milano del1870

L’attributo “alla Vepra” si deve al fatto che la chiesa sorge su un affluente sotterraneo del fiume Olona, il canale Vepra o anche canale Vetra, corso d’acqua secondario appunto. Di costruzione risalente all’epoca romana, per deviare verso la città le acque del maggiore fiume Olona, il torrente corre sotterraneo attraverso tutta la città, arrivando fino all’attuale piazza Vetra.
La chiesa, abbastanza piccola, delle dimensioni di una cappella, ha subito varie ricostruzioni e sono presenti al suo interno interessanti affreschi quattrocenteschi.
Durante il ‘400 infatti subì una prima ricostruzione, in cui solo l’abside rimase dell’originaria struttura. È a questo periodo che risalgono gli affreschi, molto probabilmente della scuola degli Zavattari, famiglia di pittori quattrocenteschi, già noti per le rappresentazioni pittoriche della Cappella di Teodolinda nel Duomo di Monza. Nel corso del 1600 essa venne infatti, di nuovo, parzialmente demolita da Pecchi, allora proprietari, per costruirvi, addossata un’abitazione che è collegata alla chiesa.

# La riunione per il “Il nuovo governo della Lombardia” durante i moti del 1821

bandierine atm
Le cinque giornate

Successivamente l’area venne venduta alla famiglia Fossati, da cui prese il nome definitivo di Villa Fossati che la fece di nuovo restaurare. Un episodio dei tanti che riguardano questo edificio storico è quello che riguarda i patrioti milanesi che al tempo dei moti del 1821, vi tennero una riunione per discutere “Il nuovo governo della Lombardia” per liberarla dagli Austriaci, all’epoca dominatori. Si narra che il conte Federico Confalonieri, marito di Teresa Casati, fu formalmente accusato di aver preso parte a tale riunione e spedito al carcere dello Spielberg insieme a Silvio Pellico, avendo già in precedenza partecipato all’insurrezione che portò anni prima al linciaggio del conte Giuseppe Prina.

# La Ville Triste, teatro di torture efferate durante la Seconda Guerra Mondiale

Villa Triste

Ma San Siro alla Vepra e in particolare l’adiacente Villa Fossati sono famose anche per la definizione di Villa Triste. Durante la seconda guerra mondiale fu infatti abbandonata dai Fossati e l’edificio divenne ben presto la base della Banda Koch, squadra della polizia fascista nota anche come “Reparto speciale di polizia repubblicana”.
Pietro Koch (1918 – 1945), il capo, originario di Roma, era particolarmente noto per la sua efferatezza nel torturare e uccidere i prigionieri politici, nelle prigioni sotterranee della Villa. Dagli orrori perpetrati in questo luogo, la denominazione di Villa Triste.

Collaboratore delle SS e di Kappler, Koch mise in atto qualsiasi tipo di tortura verso i partigiani, socialista, comunisti catturati. Inenarrabili sono i racconti dei pochi sopravvissuti.
Per quanto breve fosse il periodo trascorso a Milano da Koch e i suoi accoliti, la sua truce fama si sparse ben presto oltre le mura della Villa, anche tra gli abitanti del quartiere, inducendo perfino l’allora cardinale Schuster a chiedere la cessazioni di tali efferatezze.
In seguito Koch fu catturato, processato e fucilato. I Fossati ripresero possesso della Villa ma non vi tornarono mai più ad abitarla. Le celle dei sotterranei vennero smantellate, la struttura dichiarata Patrimonio Nazionale e donata alle suore che tutt’ora vi risiedono.

Leggi anche: “Villa Triste”, la casa degli orrori di zona Fiera

Continua la lettura con: 40 anni fa «il Titanic di Milano»: crolla il Palasport di San Siro

ELEONORA PRINA

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