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Il mare culturale urbano e le sue birrette elettroniche

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Il mare culturale urbano è quel posto in cui puoi rifugiarti quando hai voglia di birra artigianale, quella birra di qualità che ti illumina d’immenso.

Soprattutto quando torna il Festival delle Birrette, un evento a ingresso gratuito del mare culturale urbano, che si svolgerà da questo venerdì fino a domenica, dedicato alle birre artigianali, alla musica, al cibo e alla buona compagnia, che questa volta si presenta… in versione Electropark.

Eh sì, perchè per quest’edizione potrai anche goderti i dj set previsti per ciascuna serata, che fanno parte di un progetto di musica elettronica svolto in spazi non convenzionali, tra i quali è stato scelto, appunto, il nostro amato mare: l’Electropark Festival è una manifestazione di Genova, ma anche una rassegna di concerti a teatro a Milano.

Questo venerdì, al mare culturale si parte dalle 18.00 con le tantissime proposte degli stand dei birrifici presenti, che spilleranno per tutta la giornata e, per accompagnare questo scorrere di rigagnoli dorati, ci sarà anche la presenza di alcune postazioni street food per tutti i gusti e della musica dei gruppi che si esibiranno dal vivo.

In particolare, sempre dalle ore 18 potrai ballare sul sound dei dj che si alterneranno in consolle e assistere a spettacoli di visual art.

Insomma, al mare ci sarà davvero di tutto: cibo, birra, musica, birra, street food… birra. Quello che importa è la birra e qui ce ne sarà tanta e di quella buona, quindi non mancare.

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Nightlife in the City. La MOVIDA che vorrei

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Milano sempre più dinamica, più internazionale, più amata dai turisti che la preferiscono anche alla città eterna. Da Expo in poi è stata una continua escalation: più di un milione e mezzo di turisti solo l’estate scorsa, al punto che in piano luglio, in alcune zone semicentrali non era raro entrare nella gelateria di quartiere ed ritrovarsi gli unici a chiedere un cono in italiano. E’ una città in movimento, che sta cambiando volto, faccia, abitudini. I nuovi grattacieli saltano su come funghi e oramai siamo entrati  nella ‘top ten’ delle città più ricercate da chi vuole investire in immobili di lusso.

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Milano sempre più europea, sempre più notturna

I milanesi stessi stentano a riconoscerla. Oggi si ritrovano a vivere in una vera capitale europea, dove non ci si annoia mai tanto è l’offerta di eventi mondani e culturali, dove si sente sempre più parlare straniero, non solo grazie ai turisti ma anche ai tanti che qui decidono di fermarsi a vivere. Perfino il clima non si riconosce più: ve lo sareste immaginati solo vent’anni fa di trovarvi a mangiar fuori di sera quasi alla fine di ottobre?

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Ma Milano è diventata in qualche modo anche più “caciarona”. Inebriata da questa nuova euforia, la gente ha preso sempre più a viverla questa città, anche la sera, anche di notte, e questa abitudine non conosce stagione, seguendo nuovi percorsi tracciati un po’ dalla moda, dagli interessi, dalla pubblicità. Tra shopping, ristorazione, alberghi, tempo libero, sport, musica ed eventi, Milano è la prima provincia italiana per giro di affari (31 miliardi di euro) e numero di lavoratori occupati (oltre 274 mila) nel settore della movida, seguita da Roma (27 miliardi), Napoli (6 miliardi), Padova e Torino (circa 4 miliardi l’uno).

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E se da un lato è piacevole aggirarsi per quartieri un tempo un po’ spenti e trovarli invece brulicanti di vita, dall’altro questa incontenibile voglia di far baldoria spesso entra in conflitto la vecchia Milano, quella della gente che di giorno lavora e la notte gradirebbe riposare tranquilla anziché trovarsi sotto il balcone cori da stadio, auto appostate sul passo carraio e un marciapiede lastricato di lattine di birra, bottiglie di vetro e bicchieri di plastica.

La nuova geografia della movida

Da tempo ormai la movida è un fenomeno critico in grado di innestare dinamiche conflittuali derivanti dalla competizione per l’accesso e l’uso di un territorio. Mentre i residenti hanno interesse a utilizzare gli spazi con riguardo, cura e continuità, i frequentatori temporanei tendono a fruirne in modo strumentale e transitorio, senza molto attenzione per ciò che producono i termini di rumore, immondizia e comportamenti incivili. Senza contare i fenomeni più incresciosi legati soprattutto ai suoi più tipici eccessi, come il consumo di alcol e di droghe leggere.

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E così la gente scappa disperata dai Navigli e dalle altre zone del centro – in particolare Brera, Garibaldi, Sempione e Ticinese, – perché non ci si può più vivere.  No cari, non è la solita “tiritera da benpensanti”. Se la movida può essere un’opportunità per rilanciare il turismo, la produzione artistica e culturale, nuovi posti di lavoro, è altrettanto ovvio che la città non può essere ridotta ad un parco divertimenti o una semplice immagine da copertina, esteticamente gradevole ma ancora più triste e insipida di quanto non fosse la Milano di 50 anni fa.  Senza contare che un centro non più presidiato dai suoi abitanti diventa più facilmente preda dei fondi di investimento stranieri e, soprattutto, della criminalità organizzata.

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L’intervento dei Municipi

I Municipi tentano di mettere in campo soluzioni condivise tra istituzioni, cittadini e commercianti, che lungi da va avere intenti puntivi siano volte a favorire una vita notturna più responsabile. Il Municipio di zona 1 ad esempio – quello del centro appunto – ha recentemente approvato  un «Patto per la movida» che mette in campo alcune misure quali la chiusura dei locali alle due del mattino, il divieto di vendere superalcolici da asporto dopo mezzanotte o di servire drink a prezzi stracciati per attirare i giovanissimi, l’obbligo di utilizzare materiali fonoassorbenti per i dehors all’aperto, in cambio di agevolazioni fiscali o incentivi per ammodernare le attività commerciali. Ma sarà sufficiente?

Sempre più Comuni in Italia approdano alla soluzione di una riorganizzazione del territorio su pianificazione quinquennale o decennale, che preveda la creazione di distretti per la vita notturna più rumorosa fuori dalle zone a destinazione residenziale (distretti commerciali, distretti finanziari e destinati a uffici, ex aree artigianali e industriali, ex aree ferroviarie , ecc..). Una opzione che spesso viene avversata opponendo l’immagine di un centro blindato, morto, senza energie. Ma non deve necessariamente essere così.

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Una maturità da dimostrare

Milano in questo momento ha una grande opportunità. Già i ciclopici progetti di Porta Nuova e City Life ne hanno cambiato il volto in maniera irreversibile, immaginiamo cosa potrà succedere con il ben più vasto sviluppo degli ex Scali Ferroviari, che sono ormai prossimi al bando di gara. E’ anzi appena stato pubblicato il bando di gara per gli scali Farini e San Cristoforo, con l’obiettivo di far partire i cantieri entro il 2021. E allora perché non sfruttare questa enorme occasione?

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Non stiamo parlando di aree periferiche, molte di queste sono ben radicate nel tessuto cittadino e per la loro stessa natura ottimamente servite dai mezzi pubblici. In molti casi prevedono ampie aree verdi e la presenza di spazi che verranno fruiti soprattutto di giorno, lasciando di sera un vuoto che sarebbe facile, anzi auspicabile, che venisse colmato. Allo Scalo Farini, tanto per intenderci, verrà creato il nuovo campus dell’Accademia di Brera, mentre lo Scalo di Greco è adiacente ad un altro importante polo universitario, quello di Milano-Bicocca, e ad una zona a prevalentemente vocazione commerciale e di servizi. 

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Dal momento che si dovrà ricostruire tutto da zero, sarebbe utile progettare fin dall’inizio degli spazi polivalenti e multifunzione che possano essere fruiti in diversi orari e molteplici contesti. E che il Comune da parte sua ripensi la propria offerta ludica e culturale, soprattutto quella a più alto impatto “ambientale”, anche in relazione ai nuovi “centri” nevralgici della città. Se è vero infatti che le persone non si muovono in base a percorsi prestabiliti, è altrettanto innegabile che la definizione di un piano strategico di sviluppo dell’offerta che si basi fin da subito sul coinvolgimento e la collaborazione tra gli attori – attività commerciali, associazioni culturali, giovani, centri sociali e artistici – e sulla promozione di specifiche politiche per la qualità dell’offerta, non possono che accrescere l’attrattività di questi luoghi, consentendo di mantenere nell’intero contesto urbano gli equilibri ambientali, sociali ed economici secondo una prospettiva di sviluppo sostenibile.

In una parola chiediamo più notti bianche e meno notti in bianco. Solo così avremo una città bella, inclusiva e che funziona veramente. Per tutti.

 

ROBERTA CACCIALUPI

 

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Il teatro a cena, con la Trattoria Teatrale

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E’ cosa tristemente nota che, ahimè, sempre meno gente, soprattutto se giovane, passi le serate o si appassioni al Teatro.

Anche se il grande Teatro, che sia in musica o in prosa, porta emozioni e coinvolge anima e corpo, la presenza sugli spalti è sempre minore: oggigiorno, la gente preferisce divertimenti più “luminosi e intermittenti”, come la televisione.

Col passare del tempo, tutto ciò che è più immediato e che non richiede eccessivo impegno mentale ha prevalso sul Teatro e su qualsiasi altra forma artistica che non preveda troppo ragionamento o attenzione.

Ma il Teatro non arrende e se la gente non arriva da lui, allora sarà lui ad andare dalla gente.

No, non sono impazzita: sto parlando della Trattoria Teatrale, una giovane compagnia che porta i suoi spettacoli in giro per i ristoranti di Milano.

Dopo una pausa di qualche mese, questo venerdì alle 20.45 l’allegra brigata torna con il quarto capitolo della sua sit-com musicale, “Due cuori in affitto“, studiata appositamente per questa occasione, alla Rovereto House & Lab.

E ti dirò di più: dopo aver assistito a uno spettacolo diverso dal solito, dinamico e interessante, potrai gustare la tua cena genuina e gustosa servita direttamente… dagli attori.

Ah, ricordati: se vuoi essere sicuro di goderti questa serata, non dimenticare di prenotare il tuo biglietto online.

Aspettati uno spettacolo diverso dagli altri, interpretato da ragazzi e ragazze che hanno ancora quel barlume luminoso negli occhi tipico di chi fa teatro… quello dell’anima.

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Milano non può trattare alla pari con Merdasio Di Sopra e Puzzate Di Sotto

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L’accoglienza del mio primo articolo per Milano Città Stato è stata elettrizzante. Vi sono grato. Certo, forse era un po’ sopra le righe, magari un tantino superficiale, ma che cazzo, dovevo pur farmi notare. E per un F205 -gente riservata per natura- uscire dall’understatement è uno sforzo devastante.

Ciò detto, qualche lettore ha sollevato il problema delle periferie: un tema che mi tocca da vicino, visto che in periferia ci sono nato, in periferia ci sono cresciuto ed in periferia vivo. Starting point: piazzale Udine a cavallo tra gli anni 70 e 80. Lì c’era l’ultima farmacia del mondo civile prima del Parco Lambro, l’ultima Thule di ogni tossicomane. Ho visto passar di mano più siringhe, cucchiai e limoni io di un Narcos, ed avevo solo l’età in cui si vedeva Goldrake alla tele. Ricordo una gita di classe, alle elementari. Per qualche motivo che ancora mi sfugge, finimmo ad aspettare un tram in viale Ungheria: ho ancora davanti l’immagine, e nelle orecchie il rumore, dei nostri piedi di bambini che calpestavano centinaia di siringhe abbandonate a terra. Centinaia.

Mi dicono che il Giambellino, la zona dove vivo ora, all’epoca non fosse meglio. E così il resto di Milano. All’imbrunire scattava il coprifuoco, ed il panorama che sfilava dai finestrini dell’auto, uscendo dalla città, era quello di una zona smilitarizzata.
In quello stesso periodo, ricordo Londra brutta, sporca, puzzolente, i negozi chiusi e le vetrine orbate dalla polvere.

Piuttosto che vivere in periferie squallide, molti decisero di andarsene a cercare la felicità fuori città, in villette-di-nuova-realizzazione nell’hinterland, col miraggio di un fazzoletto di verde tutto per sé. Per un po’ invidiai i fuggiaschi, rimpiansi gli amici persi. La popolazione residente di Milano praticamente si dimezzò, e le prime zone a pagarne il prezzo furono proprio le periferie: via la gente, via le attività, via tutto. Avvitate in una spirale deprimente di abbandono e di degrado che neanche la peste manzoniana.

Poi, a macchia di leopardo, lentamente, qualcosa iniziò a cambiare. Il Parco Lambro fu ripulito. Si ok, le grigliate dei peruviani, ma vuoi mettere coi fattoni che da bambini c’inseguivano con le siringhe spianate? La zona Solari/Savona, che alla chiusura della Riva Calzoni sembrava Detroit e dopo l’arrivo di Armani sembra Soho. O la zona tra via Conterosso / Ventura a Lambrate: ci passavo per andare a scuola, ora non la riconosco quasi più. Prossima in lista, la zona dell’ex Scalo Romana, benedetta dalla Fondazione Prada. Dove hanno prevalso creatività e innovazione è tornata la vita. Dove ha prevalso la pura speculazione (Santa Giulia, Porta Vittoria), no.

A trent’anni dal grande esodo, quelle amene villette-di-nuova-realizzazione sono rimaste strangolate a loro volta dall’asfalto, preda di amministrazioni comunali con la lungimiranza di una talpa: con la cementificazione, invece della comodità, è arrivata l’inenarrabile rottura di palle di vivere in un posto che non è né più campagna né ancora città, appesi ai capricci di Trenord o alle imprevedibili macumbe delle tangenziali. Valori immobiliari praticamente azzerati, famiglie rovinate, obiettivo dei millenials tornarsene a Milano.

La lotta tra il centro e le periferie è la vita stessa di una città. E’ inestinguibile, ma è un male necessario. Quanto più il centro è figo, tanto più la periferia si sente trascurata. Ma quanto più il centro è figo, si espande, e tanto più la periferia è un po’ meno lontana.
Tale Giorgio Scerbanenco descriveva in termini desolati piazza della Repubblica negli anni ’50: palazzoni senz’anima e tutti appartamenti, diceva. Compra lì, adesso. Negli anni ’30, tale Agatha Christie faceva descrivere in termini disgustati al suo Poirot certe zone di Londra in cui oggi trovi Rolls Royce mollate per strada manco fossero delle Punto usate, e dove un metro quadrato costa quanto un terrestre guadagna mediamente in una vita. E un certo Carlo Cattaneo, mentre si proponeva di allagare la città di Milano per impedire agli Austriaci di rientrare dopo il tradimento e la fuga ignominiosa di Carlo Alberto (e non sarà l’ultima volta di un Savoia), descriveva la zona oltre la Porta Orientale (l’attuale Baires e la zona circostante) come aperta campagna, infestata dai briganti. Correva il 1848, mica tanto tempo fa.

Il tema è solo uno, e riguarda quanto gli F205 hanno di più caro al mondo: il tempo. L’espansione urbana, l’attrattività dei suoi modelli culturali, il bisogno di infrastrutture multimodali è qualcosa di ineluttabile, con buona pace dei ragazzi della via Gluck.
Ma la periferia non può aspettare che il centro esploda: e per realizzare tutto questo, una città come Milano non può avere gli stessi strumenti normativi di un qualunque altro Comune italiano di medie dimensioni, trattare alla pari con Merdasio Di Sopra e Puzzate Di Sotto. Non esiste.

L’espansione di Milano ai Comuni circostanti è una necessità vitale: riduce i costi della politica, amplia e moltiplica la nozione di “centro”, dà respiro ad una città intorno alla quale gravita tutto il Nord Italia: nessuno deve potersi sentire dimenticato o troppo lontano. Ecco perché l’autonomia di Milano è una necessità vitale. Questa città è chiusa in una camicia troppo stretta. E le camicie stringono, sia quando metti la panza -parlo per esperienza- che quando metti i muscoli -vi odio-, e comunque ogni volta che si cresce.

Le grandi città del mondo sono cresciute perché hanno sempre potuto decidere per sé stesse: Milano, tanti o pochi che siano gli anni che ha avuto a sua disposizione, non ha mai avuto questo privilegio. Le ultime annessioni a Milano risalgono al 1924, tra queste il Lorenteggio. Da allora la camicia è diventata una gabbia.

Chiudo da dove sono partito, la mia zona. Nel 1873 il Comune di Milano aveva bisogno di un posto dove piazzare la spazzatura, ed inglobò i Corpi Santi, tra cui le Rottole. Quasi cent’anni dopo, in quella zona sono nato io. Dopo altri cinquant’anni, un trilocale con terrazzo in via Pordenone viene via a mezzo milione di Euro. Il bel miliardino di cui si favoleggiava giocando a biliardino all’oratorio.

Centocinquant’anni per arrivare al punto in cui una Città autonoma arriverebbe in dieci.

Leggi anche: Quando Milano non aveva paura di diventare più grande

ANDREA BULLO

Foto di Andrea Cherchi

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Appello a bar, ristoranti e mense di Milano: intervenite sul MENU’ per ridurre gli effetti dello smog sull’organismo

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Sono usciti i nuovi dati sull’inquinamento dell’aria: a Milano quest’anno si sono superati i limiti per 45 giorni. L’inquinamento ci costa ogni anno circa 140 milioni di euro in multe e, solo a Milano, sono state calcolati almeno 600 decessi causati dall’eccesso di biossido di azoto. In autunno e in inverno siamo in pratica immersi in una nube tossica. Cosa possiamo fare per ridurre l’impatto sulla nostra salute e agevolare il più possibile i delicati sistemi di disintossicazione di cui è dotato il nostro corpo? Qualcosa si può fare anche con il cibo: nella sola Lombardia più di 2 milioni di persone mangiano fuori casa ogni giorno, per questo è importante adattare i menù proposti.
Studio da anni gli effetti del cibo sull’organismo e mai come ora ritengo necessario fare questo appello a chi gestisce bar, tavole calde, ristoranti, mense di scuole o aziendali: per cortesia adattate il vostro menù inserendo ogni giorno verdure in grado di agevolare i processi di disintossicazione.

Appello a bar, ristoranti e mense di Milano: intervenite sul MENU’ per ridurre gli effetti dello smog sull’organismo

Ecco le linee guida:

Per i bar che servono frullati, centrifugati, estratti e spremute

Se preparate frullati, procuratevi la microalga clorella in polvere (rigorosamente biologica), va benissimo anche la spirulina ma quest’ultima viene apprezzata per le sue proprietà soprattutto in ambito sportivo (maggiore contenuto di proteine, una più marcata azione antinfiammatoria e antiossidante).
Il colore verde intenso della clorella è dovuto alla ricchezza di clorofilla. Apporta numerose vitamine  (betacarotene, vitamine del gruppo B, vitamina C ed E), nonché sali minerali come calcio, magnesio e fosforo.
La presenza della clorofilla la rende particolarmente indicata per la sua efficace e profonda azione disintossicante e depurativa. In particolare, contribuisce all’eliminazione delle tossine e riduce gli eventuali stati infiammatori.
Numerosi studi hanno evidenziato la sua straordinaria capacità di legarsi ai metalli pesanti facilitandone l’eliminazione. 
Oltre alla sua potente azione disintossicante e antiossidante, quest’alga svolge un’attività di rinforzo alle difese immunitarie e di rigenerazione dei tessuti nervosi. Ne basta pochissima: un cucchiaino aggiunto al frullato o al centrifugato.
Ne potenzierete l’effetto se utilizzerete anche un pizzico di curcuma e/o zenzero.
Per quanto riguarda le spremute, in questi giorni critici non abbiate paura a proporre spremute realizzate utilizzando sia arance che limoni. In questo modo offrirete alla vostra clientela una spremuta più ricca di vitamina C, vitamina fondamentale per svolgere una mirata azione antiossidante e sostenere il delicato lavoro delle ghiandole surrenali che necessitano proprio di adeguati apporti di vitamina C per rispondere allo stress psicoemotivo e fisico che genera questa situazione. 
Negli estratti o nelle centrifughe aggiungete: broccoli freschi, prezzemolo, oppure cavolfiore. In questo modo arricchirete del prezioso sulforafano il vostro estratto.

Per bar, tavole calde, ristoranti, mense che servono piatti caldi e freddi per la pausa pranzo

Ogni giorno proponete un contorno di verdure cotte (pochi minuti privilegiando la cottura la vapore) scegliendo tra: broccoli, cavolfiori, cavoletti di bruxelles, pak choi, cavolo verza, cime di rapa. Queste verdure sono il must have a tavola per rimuovere le tossine respirate in queste ore. Per renderle ancora più efficaci, una volta cotte potete aggiungervi sopra una spolverata di mandorle spezzate o mezzo cucchiaino di semi di lino o di semi di canapa decorticati. I semi di lino, in particolare, si caratterizzano per l’elevato contento di lignani potenti antiossidanti e antitumorali. Oltre ai semi di lino, i lignani si trovano nei cereali integrali, nei legumi, nei semi oleosi, in molti ortaggi e nella frutta. Perché privilegiare il consumo di semi di lino?  Semplice, contengono 800 volte più lignani rispetto gli vegetali. Nei semi di lino il lignano principale è il secoisolariciresinolo-diglucoside (SDG). Una volta ingerito, l’SDG viene metabolizzato dalla microflora intestinale e trasformato in enterodiolo ed enterolattone. Queste due sostanze vengono poi assorbite dall’intestino e trasportate nel fegato dove vengono sottoposti ad altri processi prima di essere immessi in circolo e dove agiscono anche come antiossidanti epatici.&nbsp
Per chi serve passati di verdura: arricchiteli con il cavolo nero toscano o il crescione. Per chi prepara insalate arricchitele con rucola, cavolo cappuccio rosso, cipolla rossa, daikon, foglie di senape. Potete anche preparare una citronette con olio extravergine d’oliva, succo di limone, senape e un pizzico di curcuma da usare per condire l’insalata. 

Un’idea per un centrifugato DETOX

1 mazzetto di prezzemolo
1 mela verde
2 carote
1 gambo di sedano
Questa centrifuga si basa sulle proprietà energetiche del prezzemolo che grazie all’elevato contenuto di clorofilla, contribuisce ad ossigenare il sangue, e di altri importanti fitonutrienti come la vitamina C.
Il prezzemolo inoltre rinfresca l’alito, disintossica l’organismo e costituisce un ottimo rimedio per rimuovere le tossine.
Mettere nella centrifuga  per primo il prezzemolo, poi le carote, poi il sedano e solo da ultima la mela. Servire subito. Si può arricchire con un cucchiaino di alga clorella. 
 
 

DEBORA CANTARUTTI

Foto di Andrea Cherchi

 

 

Al De Bini ti aspetta un giovedì… all’olio

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Se talvolta senti la mancanza di quei sapori intensi, corposi e genuini che solo il centro Italia sa offrire, ti propongo il De Bini Tuscany Restaurant.

Il De Bini è un accogliente ristorante toscano/maremmano dall’atmosfera rustica, ma elegante, frutto dell’esperienza di una famiglia di ristoratori che propone la tradizione di questa terra e delle sue eccellenze gastronomiche da ben cinque generazioni.

Perchè proprio questo ristorante? Perchè per il De Bini è fondamentale che chiunque assaggi le sue proposte culinarie provi un senso di appagamento e di serenità…

… E riesce benissimo a raggiungere quest’obiettivo grazie ai suoi prodotti di alta qualità e alla rielaborazione in modo innovativo della tradizione, senza però stravolgerne il gusto intenso che caratterizza i territori toscani.

Che si tratti di piatti tipici o di vini corposi, di tisane profumate o di oli pregiati, ognuna delle materie prime utilizzate al De Bini sarà in grado di emozionare ciascuno dei sensi dei clienti, rappresentando pienamente l’idea di “buon mangiare”, che si tratti di una degustazione di un pranzo o una cena…

… e questa volta voglio proprio parlarti di una cena, perchè questo giovedì, a partire dalle 19, potrai partecipare a un menù degustazione didattico a 30 euro che avrà come protagonista il saporitissimo e intenso olio extra vergine di oliva.

Il menù comprenderà tante prelibatezze: bizzaria di fettunte, lattuga all’extra vergine e  insalata Bini, che saranno seguite da tartine di avocado all’extra vergine, tagliatelle alla polpa di oliva di ponente e arrosto di maiale all’ananas, per poi contornare il tutto con fagioli cannellini all’extra vergine, purè di patate all’extra vergine e terminare in bellezza con una torta di amaretti all’extra vergine e del buon castagnaccio.

Se vuoi provare con le tue papille gustative tutto queste leccornie, non dimenticare che la prenotazione è obbligatoria: chiama il 329 6014878 per riservare il tuo tavolo.

Quindi, ricorda: prenotandoti al numero sopra riportato e dicendo di essere con Spotlime, dalle 19 di giovedì 25 ottobre, al De Bini Tuscany Restaurant avrai un menù degustazione di olio extravergine di oliva a 30 euro.

Come lasciarsi scappare un’occasione così?

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Ci facciamo uno Spritz in piazza 7 GIORNATE?

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rinascimento italiano

Può un rinascimento moderno italiano basato sulla cultura partire da Milano? Diciamocelo, quando nei giorni scorsi è girata la voce che da quest’anno sarebbe stata abolita la storia tra le tracce della prima prova dell’Esame di Stato per i nostri giovani maturandi, molti di noi hanno pensato – a ragione – che nel giro di non troppi anni il titolo di questo articolo sarebbe stato dato per buono. Magari l’unico dubbio sarebbe rimasto tra lo Spritz con l’Aperol o con il Campari, oppure cercare di capire per quale errore su Google Maps compare solo piazza 5 Giornate…

rinascimento italianoLa risposta su Facebook del ministro Bussetti all’indomani di tante critiche ci ha risollevato? Non troppo… “Il riordino del funzionamento dell’Esame di Stato ha evitato di relegare la storia, come accadeva prima, a un’unica prova. Ognuna delle tre tipologie previste potrà interessare, e interesserà, anche l’ambito storico…”, ha scritto il numero uno del MIUR. Intanto, storia a parte, “interesserà” ha un senso, “potrà interessare” un altro e, volendo, anche contrario. Capiremo esattamente a giugno 2019 leggendo le tracce ufficiali che fine avrà fatto la nostra importantissima storia, senza la quale è inutile parlare di futuro.

 

Altro punto della riforma: le prove scritte da tre diventano due, più il confermato orale. Sarà sicuramente felice una buona parte degli studenti, ma questa semplificazione non è un altro passo a danno del rigore che l’educazione scolastica dovrebbe dare, garantire, pretendere?

 

Piccola parentesi complottista: appurato che da questo Governo non è stato ancora abolito l’ordine dei giornalisti (non entriamo oggi nel merito della questione…), notiamo invece che sempre sulla prova scritta alla Maturità è stato tirato un colpo di spugna secco sull’articolo di giornale e il saggio breve, durati appena tre lustri. Si vuole forse affrontare la questione “giornalismo” alla radice partendo da così lontano? O forse la prossima riforma introdurrà, al posto dell’articolo, un tema in 140/280 caratteri alla Twitter o un simil post di Facebook e Instagram con mezzo voto in più per ogni hashtag inserito?

 

Tornando al ruolo che la scuola dovrebbe avere nel formare i futuri cittadini-adulti, a ogni “evoluzione” cui assistiamo da mezzo secolo in qua si nota un costante appiattimento della grande cultura che in particolar modo la nostra bella Italia (anche quando non si chiamava così) ha garantito nei secoli passati. Invece di pretendere maggiore impegno da parte delle giovani generazioni, si semplificano i percorsi di studio perché ritenuti troppo difficili o non più al passo con i tempi. Eppure grazie agli smartphone che ci fanno risparmiare tempo nel comunicare, fare la spesa, ascoltare musica… tutti questi giovani avrebbero veramente molto più tempo libero, quindi anche per studiare.

rinascimento italianoPiccola considerazione storica: il terrificante buio medievale vissuto dall’umanità quantomeno occidentale è stato superato grazie a un tal Carlo Magno, alla Scolastica, ai benedettini che diffondendo il più possibile con rigore – e non semplificando – la grande cultura greco-romana hanno prodotto quella straordinaria conseguenza che ricade sotto i nomi di Umanesimo e Rinascimento, fucine ineguagliabili di arti e mestieri, di scienza e bellezza.

 

Nonostante oggi si parli tanto di robot, intelligenza artificiale, connessioni in 5G, algoritmi e big data, quelle poche persone che governano il mondo stanno costruendo anche e soprattutto le catacombe della creatività umana. E tutti noi siamo loro complici nell’accettarlo e nel dargli in pasto la migliore gioventù.

rinascimento italiano
Copyright Semplicemente Milano/Andrea Cherchi

Può un rinascimento moderno italiano basato sulla cultura partire da Milano? Non può, deve. Magari facendo tanto nelle scuole pubbliche che in quelle private programmi ad hoc (se la legge lo permettesse) stilati insieme a quelle menti di formazione e passione classico-umanistica che sono ancora sparse (magari prima che scompaiano tutte…) lungo la Penisola.

È solo avendo padronanza del “vecchio” pensiero analogico con cui naturalmente funzioniamo, possiamo sfruttare e non subire quello “innovativo” digitale.

 

Altrimenti le giornate non saranno 5 o 7, ma una, una soltanto: cioè uguale alla precedente e a quella successiva, inesorabilmente appiattita per un MedioEvo senz’altro moderno, smart e social, ma di un buio mai visto prima e colorito solo da un po’ di Spritz…

 

“Se i così detti potenti della Terra avessero consuetudine di frequentare il grande tempio della Storia, il mondo sarebbe meno intriso di sangue, meno bagnato di lacrime. È un tempio grande più di quello egizio, frequentato dal greco Solone. È il tempio sconfinato che nelle sue dimensioni celesti Dante poté contemplare: ‘miro e angelico templo / che solo amore e luce ha per confine’ (Par. XXVIII, 53-54)”.

 

Citazione tratta dalla “Premessa quasi moralistica ma non troppo” nel volume La favola dell’indoeuropeo (2005, Bruno Mondadori) di Giovanni Semerano.

 

FLAVIO INCARBONE

 

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Iniziative POPULISTE che si potrebbero fare a Milano

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foto andrea cherchi
foto andrea cherchi

Dopo la caduta di Bolzano solo Milano resiste all’ondata populista. Ma prima o poi è destinata a cedere anche lei. Ecco cosa accadrà.

Iniziative POPULISTE che si potrebbero fare a Milano

#1 15 miliardi per fare tre nuove linee della metro

Così non bisogna attendere il 2080 per avere la quarta linea. Nessuno a Milano potrà abitare a più di 500 metri dalla fermata della metro.

#2 Il Senato dei pensionati

Con piena autonomia di definire ammontare di pensioni e vitalizi.

#3 Ministro degli esteri

Istituzione a Milano del ministro degli esteri per le relazioni con Roma.

#4 Ambasciata di Roma

Si darà a Roma il diritto-dovere di aprire un’ambasciata a Milano, nel palazzo di Ligresti mai finito all’Isola. All’ambasciata di Roma si potrà chiedere il reddito di cittadinanza.

#5 Una spiaggia libera sui navigli

Con sabbia bianca dei Caraibi.

#6 Camaleonti anti zanzare

50 per ogni condominio.

#7 Generatori di nebbia

Di ultima generazione a basso impatto ambientale, nelle vie a maggiore scorrimento, per i nostalgici della Milano di un tempo.

#8 Detassazione dei coworking

Creazione di aree a tassazione agevolata attorno agli edifici in coworking.

#9 Detrazione degli aperitivi

Possibilità di scaricare l’aperitivo, del resto è una cosa che si fa per lavoro, no?

#10 L’acquisizione della Juventus

Torino ha già il Torino.

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MILANO CITTA’ STATO

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Magritte: la mostra digitale alla Fabbrica del Vapore

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Il Surrealismo è quella corrente artistica contemporanea che permette di valicare i confini della percezione del reale e volare verso orizzonti inesplorati… sensazione che trasmettono, a parer mio, i quadri di Magritte.

Perchè te lo dico? Perchè vorrei proporti una mostra dedicata, naturalmente a questo artista contemporaneo… certo: è una “mostra multimediale“, come se ne vedono in giro tantissime ultimamente, ma se si parla di un genio dell’universo onirico e surreale come Renè Magritte, beh, direi che ne vale la pena, no?

Eh sì, l’artista francese ha avuto delle trovate geniali: dal suo “Ceci n’est pas une Pipe“, il quadro che evidenziava il fatto che lo spettatore stesse vedendo solo la rappresentazione di una pipa, non la pipa stessa – concetto che, a sua volta, generava una serie di paradossi a catena che sottolineavano un’attenta riflessione su cosa fosse effettivamente la rappresentazione artistica – fino al “Falso Specchio“, il celeberrimo dipinto di quel meraviglioso occhio la cui iride è costituita da un cielo azzurro colmo di nuvole che pone la domanda “ci troviamo davanti al riflesso del cielo specchiato negli occhi di un individuo o al riflesso del mondo interiore del suddetto individuo al quale appartiene quest’occhio?“, ogni sua opera è in grado di passare un messaggio e un concetto mai banale.

Insomma, il Surrealismo di Magritte mette davanti a una serie di interrogativi estremamente interessanti: se anche tu sei un ammiratore della sua produzione artistica, non posso che consigliarti la mostra multimediale “Inside Magritte” della Fabbrica del Vapore.

Magari finirai col trovarti proprio in mezzo a questo cielo azzurro tanto citato dall’artista francese.

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La LEGGE che ci vorrebbe per l’Italia

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Berlino 2005. La capitale tedesca è in crisi. La disoccupazione sfiora il 20%, in città ci sono poche imprese e molti artisti squattrinati. Anche il Paese sta soffrendo: la disoccupazione è all’11,7% e ci sono grossi problemi di integrazione dei Laender dell’est, con ripercussioni sul deficit dello Stato. Sono pochi gli italiani che si trasferiscono nella capitale tedesca che guarda con ammirazione l’Italia e Milano in particolare. Il Milan spadroneggia in Champions League, con due finali in tre anni, e la nazionale si avvia a vincere i mondiali a Berlino. 

Berlino 2018. Berlino è una grande capitale europea. Nel giro di pochi anni si è saputa trasformare da città più assistita della Germania nella capitale europea delle startup. Gli artisti squattrinati sono diventati startupper. Berlino pullula di aziende tecnologiche, spesso nate all’estero ma che hanno scelto di trasferirsi nella capitale tedesca. La città è un magnete che attira giovani di tutto il mondo in cerca di fortuna: soprattutto italiani che ormai rappresentano una delle più importanti comunità straniere. La disoccupazione è crollata: ora è al 3,8%. Ma già nel 2007 era passata da quasi il 12% al 7,1%. Un paio d’anni e la Germania è ripartita. Il segreto è una legge poco popolare ma che si è innestata come una turbina nell’economia tedesca. Il suo nome è quasi impronunciabile.

In POCO PIU’ DI UN ANNO IL TASSO DI DISOCCUPAZIONE E’ SCESO DI 5 PUNTI. Il segreto è una legge poco popolare ma che si è innestata come una turbina nell’economia tedesca

La legge che ci vorrebbe per rilanciare l’economia in Italia

Torniamo alla Germania del 2005. Un Paese indebitato, scoraggiato, con una pesante frizione tra ovest e un’est ammaliato da revanscismo e nostalgie naziste. A capo del Paese una metropoli pesantemente indebitata, reduce di una lunga tradizione di assistenzialismo.
Una situazione difficile che attira anche gli strali dagli altri paesi europei per i frequenti sforamenti nel bilancio. Anche le banche sono in crisi mentre gli stati della vecchia Germania Est rivendicano aiuti per la grande distanza che li separa dall’ovest.

In una situazione del genere è forte la tentazione di assecondare la pancia della Germania più disperata, aumentando sussidi e redistribuzione dagli stati più ricchi a quelli più poveri. Invece quello che fanno prima Schroeder (governo di sinistra) e poi la Merkel (grosse Koalition) va nella direzione opposta.
Con una politica coraggiosa tra consenso e bene del paese, decidono di puntare la rotta verso il secondo.
La strategia dei governi di quegli anni si può concentrare in due linee di azione molto difficili da fare accettare in una democrazia:
1. Responsabilizzare gli stati, rinunciando a una redistribuzione assistenzialista
2. Dare incentivi a chi crea lavoro, invece che aiutare chi è in difficoltà.

1. Responsabilizzare gli stati, rinunciando a una redistribuzione assistenzialista

A est paesi poveri, reduci di un’economia socialista, più arretrata. A ovest paesi ricchi che, a dire degli Ossie- gli abitanti dell’est, si erano letteralmente divorati le poche industrie orientali. In una situazione del genere sembrerebbe logico che i paesi dell’ovest debbano sovvenzionare quelli dell’est. Invece quello che sceglie il governo tedesco è l’opposto. Sordo ai richiami di aiuto dei paesi in difficoltà, decide che l’unico modo per farli uscire dal pantano è di lasciarli nel pantano. Anche perchè l’esempio più citato è proprio quello italiano, con il sud che dopo decenni di assistenzialismo è rimasto sempre alla stessa distanza dalle regioni del nord per una politica che ha finito per impoverire tutto il Paese. Cari paesi dell’est, vi lascio le vostre risorse ma ce la dovete farcela da soli, questa la politica del governo Schroeder che viene proseguita dai governi guidati da Angela Merkel. Il risultato è che i paesi dell’est, con in testa Berlino, superano la crisi facendo leva proprio sui loro punti deboli, come il basso livello degli affitti e il fatto di poter disporre di manodopera in eccesso e a buon prezzo.
Ma responsabilizzare gli stati in difficoltà non è stata la sola scelta vincente. Quella determinante per il nuovo boom economico della Germania è una legge dal nome impronunciabile.

Sordo ai richiami di aiuto dei paesi in difficoltà, IL GOVERNO TEDESCO decide che l’unico modo per farli uscire dal pantano è di lasciarli nel pantano.

2. Dare incentivi a chi crea lavoro, invece che aiutare chi è in difficoltà: la Gründungszuschuss

La Gründungszuschuss è una disposizione che si inserisce in una vasta riforma del mercato del lavoro (Hartz IV). La sua filosofia è semplice quanto inusuale nel mondo della politica. Il punto di partenza è che in un paese con alto debito e bassa occupazione, la priorità è avere più produzione di ricchezza e di lavoro, per poi operare a una redistribuzione. In un’economia di mercato l’unica strada per avere una crescita sostenibile è di avere più aziende. Sono le aziende a creare ricchezza e lavoro, tutto il resto è solo una partita di giro. Questo lo sanno gli economisti tedeschi e questa è la scelta del governo tedesco.
La scelta è quella di incentivare i disoccupati non a trovare lavoro ma a creare lavoro. In media una start up nei primi due anni è incapace di generare un reddito per i fondatori: il governo decide allora di rendere equivalenti disoccupati e fondatori di startup. Se un disoccupato decide di mettersi in proprio, lo stato gli riconosce per i primi sei mesi lo stesso sussidio di disoccupazione con in più 300 euro per i contributi sociali. Per i successivi 9 mesi l’assegno viene ridotto per poi cancellarsi dopo due anni. Nel caso in cui lo startupper dovesse fallire potrà rientrare nel sussidio di disoccupazione abituale, nel caso in cui abbia successo, potrà camminare sulle sue gambe.
Ma c’è di più. Per superare un altro limite delle start up, ossia la difficoltà di attrarre i migliori manager, viene esteso il sussidio anche a chi lascia il proprio lavoro per unirsi alla startup, con lo stato che può arrivare a coprire per i primi sei mesi lo stesso stipendio che il manager riceveva prima di lasciare l’azienda precedente.

La scelta è quella di incentivare i disoccupati non a trovare lavoro ma a creare lavoro. Se un disoccupato decide di mettersi in proprio, lo stato gli riconosce per i primi sei mesi lo stesso sussidio di disoccupazione, con in più 300 euro per i contributi sociali.

Il risultato della Gründungszuschuss è clamoroso. In poco più di un anno dalla sua introduzione (2006), la disoccupazione cala dall’11,7% al 7,1% per poi giungere al 3%. Non basta. Il 70% delle startup fondate da disoccupati riesce a superare i due anni di avviamento, arrivando così a generare un circolo virtuoso di creazione di occupazione, produzione di ricchezza e, quindi, versamento di tasse e contributi per lo Stato. Questo porta il bilancio federale al pareggio con il debito pubblico che progressivamente si riduce grazie al boom dell’economia.

Il risultato della Gründungszuschuss è clamoroso. In poco più di un anno dalla sua introduzione (2006), la disoccupazione cala dall’11,7% al 7,1% per poi giungere al 3%

Proviamo in breve a confrontare gli effetti verosimili della Gründungszuschuss e del reddito di cittadinanza.
Reddito di cittadinanza significa finanziare con i soldi dei contribuenti una persona senza lavoro finchè non riesca a trovare un lavoro. Questo si traduce in un incentivo alla disoccupazione, senza alcun effetto sulla creazione di posti di lavoro. Quindi: più debito (per la maggiore spesa dello stato), nessun impatto sull’occupazione né sulla produzione di ricchezza (per l’assenza di incentivi ad aprire una nuova azienda).
Il Gründungszuschuss, a parità di risorse impiegate, mira alla produzione di lavoro e di ricchezza, finanziando i disoccupati a mettersi in proprio. Nell’ipotesi di fallimento il disoccupato tornerà ad essere tale, nell’ipotesi di successo non avrà trovato un posto ma avrà creato un nuovo posto di lavoro, forse anche più di uno, e sarà diventato capace di produrre reddito con un impatto positivo su PIL e debito.

ANDREA ZOPPOLATO

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Appendino: “Milano tenta di scipparci tutto”. 10 cose che RUBEREMO a Torino

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“Tenta di scipparci tutto!”, il nuovo attacco dell’Appendino a Milano. Il casus belli è la pubblicazione del nuovo rapporto Rota sullo stato delle città italiane che si rivela impietoso con Torino: fanalino di coda nel settore terziario, in forte calo turismo e cultura. La causa della crisi di Torino secondo il sindaco è una sola: Milano. “La sua aggressività ci penalizza” dichiara. In effetti caro sindaco, il Salone del Libro e le Olimpiadi sono solo l’antipasto. 

Appendino: “Milano tenta di scipparci tutto”. 10 cose che RUBEREMO a Torino

#1 I gianduiotti

Da esportare in Svizzera. Ne faremmo un successo mondiale.

#2 La Mole

Da mettere in un punto panoramico, sopra la Tangenziale, tipo Autogrill.

#3 La Juventus

Perché Milano ha bisogno di almeno tre squadre, come Londra. Costruiamo uno stadio apposta, vicino a Milano tre, così Berlusconi è contento.

#4 Uno dei fiumi

Ci prendiamo la Dora perché è più elegante e sottovalutata del Po. La faremo passare a sud di Milano, lungo il parco agricolo, per collegare i due confini naturali di Milano, il Ticino e l’Adda, passando attraverso il Lambro.

#5 Quel che resta della Fiat

Prima che portino all’estero quel poco che resta della Fiat, ci prendiamo il Lingotto, lo mettiamo a Rho nell’area Expo e ci riprendiamo l’Alfa Romeo.

#6 Artissima

Così la rendiamo nota anche fuori dal Piemonte.

#7 La collina

La mettiamo a sud, altezza Melegnano, nuova barriera naturale di Milano.

#8 La Reggia di Venaria

La mettiamo vicino alla collina di Superga, in modo simmetrico a Monza per creare l’asse reale.

#9 Museo Egizio

Lo mettiamo nel Castello Sforzesco per incrementare la collezione di mummie.

#10 Gli Anti Tav

Li prendiamo e li mandiamo a Roma a cambiare il regolamento del Parlamento.

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MILANO CITTA’ STATO

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Klimt e Schiele – eros e psiche al Cinema Ariosto

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Chi ama l’arte contemporanea sa che è stata popolata da personalità geniali e incomprese, che sono state criticate fino all’ultimo momento passato su questa terra: due di queste figure sono sicuramente Gustav Klimt ed Egon Schiele.

Klimt affascina per le sue figure monolitiche e simboliche, per lo più donne dall’aspetto imponente, come la “Giuditta“, ma anche capaci di infondere infinita sensualità, se si pensa- per esempio – alla sua “Danae“. In più, gli sfondi dorati di Klimt rendevano i suoi soggetti immobili nello spazio e nel tempo, immortali.

Schiele cercava e ricercava il modo perfetto per esprimere sè stesso attraverso i suoi disegni, come si evince dai suoi nudi rannicchiati, scheletrici e tormentati: la sua perenne indagine per scoprire qualcosa che andasse al di là della semplice rappresentazione lo ha reso ai posteri ancora più enigmatico e inquieto di quanto mostrasse ai suoi coetanei.

Se anche tu sei un appassionato di arte contemporanea e, in particolare, di Klimt e Schiele, quello che voglio proporti sarà proprio un viaggio che ti permetterà di ripercorrere la vita e le opere di questi due giganti dell’Avanguardia artistica del Novecento, che hanno sconvolto e interessato i propri contemporanei.

Grazie alla proiezione di “Klimt & Schiele – eros e psiche, potrai ammirare le più grandi e famose opere di questi due artisti osservando “con i tuoi occhi” le sale dell’Albertina, del Kunsthistorisches, del Freud e del Wien Museum.

Quello che posso garantirti, sarà uno spettacolo senza precedenti indietro nella storia dell’arte.

Questo è solo un accenno di quello che potrai vedere grazie al documentario “Klimt & Schiele – eros e psiche“, che verrà proiettato questo martedì alle 19.30 al Cinema Ariosto. Per un’occasione del genere, i 10 euro del biglietto sono anche pochi.

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PopCorn Garage Market

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Sai cosa piace tanto a chi abita in zona 22 Marzo? Il PopCorn Garage Market.

Se sei una di quelle poche persone che non possiede quel “quid” creativo che permette di vedere il mondo a colori o, al contrario, ti piace sguazzarci, nei colori, allora il Garage Market è il luogo giusto per te.

Perchè? Perchè il PopCorn Garage Market è il mercatino dell’home-made per eccellenza, quello progettato, pensato e realizzato con un certo tipo di maestria, e se sei un appassionato del genere devi (perchè è un obbligo morale) andare al PopCorn Garage Market.

Questo sabato, dalle ore 10, potrai girare tra le bancarelle di questa manifestazione interamente dedicata alla creatività esplosiva e che si svolgerà al Giardino delle Culture. 

Oltre ai mercatini interessantissimi e pieni di curiosità di ogni genere, ci sarà tanta buona musica fra cui un dj set funky groove da paura e, ovviamente, tante sorprese intriganti e variopinte.

Il PopCorn Garage Market sarà un’occasione di divertimento all’insegna della creatività, della musica e della buona compagnia, un evento da non perdere e non mancheranno nemmeno le leccornie firmate Ape Cesare e drink particolari, oltre e birrette ghiacciate e artigianali by PicoBrew per rendere questo fine settimana stimolante a trecentosessanta gradi.

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Milano città stato d’EUROPA

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Le città non hanno veri confini. Li hanno in termini amministrativi. Qualche volta sono anche delimitate naturalmente. Ma, il più delle volte, una grande città si estende su un’area formata dalla sovrapposizione di tante diverse connessioni (ecologiche, sociali, della mobilità, economiche,…) il cui limite non è mai netto e assoluto (o dentro o fuori), ma sfumato e cangiante, persino nell’arco delle 24 ore.
In conseguenza della propria natura, le città non hanno quel tipo di confini che sono più pericolosi per la libera e pacifica convivenza civile: i confini della contrapposizione identitaria. Lo Stato nazionale può essere creato, invocato o difeso nei propri confini (ben delimitati e controllati) per definire “noi” contro gli “altri”: su base etnica, religiosa, linguistica, o su una combinazione di tali elementi. Storicamente si è trattato spesso di pretese imposte con la forza e dagli esiti fallimentari, ma tuttora l’idea circola. Anche le Regioni, con qualche forzatura in più, si possono prestare a questo utilizzo.
La città no. Non può vivere di una sola ed unica identità. Diventerebbe un ghetto.

Ecco perché “Milano Città Stato” è un obiettivo possibile ed auspicabile solo se ne ampliamo l’orizzonte: “Milano Città Stato d’Europa”. Nell’epoca dei muri e delle paure, l’identità europea è la più preziosa per Milano, perché esprime l’ambizione di aprirsi, di connettersi e connettere. Non voglio con questo eludere i limiti dell’attuale costruzione istituzionale dell’Unione europea, in particolare nella legittimazione democratica del processo decisionale. Ma, prima ancora di ogni doverosa riflessione sulle necessarie riforme della UE, è l’Europa la direzione dove cercare risposte di governo alle grandi questioni del nostro tempo, a fronte dell’inadeguatezza conclamata degli Stati-Nazione. La direzione opposta è quella del nazionalismo delle piccole patrie, delle illusioni indipendentiste che possono mandare in pezzi le nostre istituzioni. O si va in una direzione o nell’altra: bisogna scegliere, fin dalle parole d’ordine. Ecco perché “Milano Città Stato Europea”.

“Milano Città Stato” è un obiettivo possibile ed auspicabile solo se ne ampliamo l’orizzonte: “Milano Città Stato d’Europa”

Milano -come ogni città dinamica- ha già connotati transnazionali, che si alimentano della libera iniziativa delle persone e che non spetta certo alla politica costruire artificialmente. La politica può però fornire strumenti adeguati per facilitare il compito. Il progetto di Vivaio si muove nel solco di ciò che è già consentito dalla normativa italiana per costruire una autonomia politica all’altezza delle sfide che si pongono per il nostro territorio. La stessa Città metropolitana di Milano -ad oggi istituzione svuotata di poteri e di democrazia- potrebbe già attivare il superamento dell’attuale perimetro istituzionale milanese attraverso l’elezione diretta del Sindaco metropolitano e l’effettiva autonomia degli attuali municipi.
Il progetto di “Milano Città Stato Europea” non può però ridursi a uno scontro sulla ridefinizione dei poteri, ma deve affrontare anche il tema della qualità dei poteri. Due obiettivi devono essere centrali: democraticità e federalismo fiscale.
In termini democratici, la partecipazione effettiva del cittadino nel concepire, deliberare e controllare le decisioni pubblica merita non solo riforme istituzionali (poteri di iniziativa popolare e referendaria) ma anche investimenti tecnologici per l’effettivo esercizio del diritto a conoscere e interagire con le istituzioni.
Per quanto riguarda l’aspetto fiscale, bisogna invertire la tendenza di questi anni di graduale svuotamento dell’autonomia fiscale dei Comuni. Sono la fiscalità ambientale (certo non aggiuntiva, ma sostitutiva di altre forme di imposizione nazionali, regionali e locali) e la valorizzazione economica dei beni culturali (sulle quali Vivaio lavora) le chiavi per fornire a “Milano Città Stato Europea” i mezzi per investire sul proprio futuro senza dilapidare il patrimonio di risorse ecologiche e immateriali.

Due obiettivi devono essere centrali: democraticità e federalismo fiscale.

In tempi in cui il “sovranismo” è diventato il termine per riproporre come novità il ritorno al passato dei nazionalismi, “Milano Città Stato Europea” può indicare la direzione opposta, quella della sovranità democratica ed economia del cittadino. A livello nazionale, Radicali italiani ha avviato la raccolta firme su una proposta di legge proprio sull’accessibilità anche digitale e il potenziamento degli strumenti di iniziativa popolare e di controllo della qualità dei servizi. A livello milanese, c’è una proposta semplice, sulla quale abbiamo raccolto l’impegno del Sindaco Sala in campagna elettorale: abolire il divieto di referendum cittadini in materia di tariffe e tributi, come in Svizzera.

In ultimo, esiste già uno strumento che consente alle grandi città mondiali di muoversi come attori globali senza aspettare il “permesso” degli Stati, delle Regioni o di altre istituzioni. Le “reti” e i “patti” tra città di tutto il mondo rappresentano già oggi una realtà significativa che traduce in pratica l’ambizione globale di Sindaci che non vogliano limitarsi alla retorica. L’azione delle città mobilitate contro il riscaldamento globale anche a fronte della timidezza o reticenza di molti stati nazionali è un esempio già rodato da anni. La rete di città che scambiano migliori pratiche in tema di integrazione e governo delle politiche migratorie sta crescendo in consapevolezza. Milano sta già giocando, grazie ad Expo, un ruolo in tema di alimentazione, che potrebbe rappresentare un volano in altri campi collegati, come quello della ricerca scientifica. Una Rete di Città federaliste europee potrebbe essere un’altra iniziativa per avvicinarci al modello di Milano Città Stato Europea senza aspettare che il Parlamento italiano abbia un sussulto di consapevolezza su quanto sia urgente imboccare seriamente la strada federalista.

MARCO CAPPATO

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Il casus belli che farà SALTARE il governo italiano

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Si potrebbe fare un parallelo tra i governi di Milano e quelli nazionali. A Milano esiste qualcosa di magico per cui qualunque governo della città migliora la città. Si può essere di parte quanto si vuole però è innegabile che Albertini, Moratti e Pisapia hanno lasciato una Milano migliore rispetto a quella in cui si erano insediati. E il miglioramento pare proseguire anche con Sala. E’ una magia che dipende dalla cultura e dalla mentalità di chi vive a Milano più che di chi la amministra.

A Milano esiste qualcosa di magico per cui qualunque governo della città migliora la città

Lo stesso discorso vale anche per il governo nazionale che, non a caso, si trova a Roma. A Roma pare esistere qualcosa di diabolico per cui ogni governo che si insedia pare riuscire a peggiorare la situazione del Paese. Ogni primo ministro che si insidia promette riforme e innovazioni per rilanciare il Paese ma ogni volta che arriva a fine mandato, sempre che ci arrivi, lascia al successore un’Italia sempre più disastrata.
Fuori di retorica basta vedere cosa è successo agli ultimi governi, almeno da Berlusconi in poi: tutti hanno aumentato il debito pubblico, hanno fatto crescere il PIL del Paese meno delle altre nazioni europee, non sono riusciti a rendere l’Italia più competitiva né a incidere positivamente sulle inefficienze croniche della pubblica amministrazione. Il risultato più evidente è che ogni nuovo governo ha ottenuto i voti degli elettori puntando proprio a invertire la rotta rispetto al governo uscente.

A Roma pare esistere qualcosa di diabolico per cui ogni governo che si insEdia LASCIA AL SUCCESSORE UN’ITALIA SEMPRE PIU’ DISASTRATA

La legge di Roma pare calare inesorabile anche sull’attuale governo. Un governo che si è proclamato “cambiamento” ma che di fatto sta accelerando il declino del Paese negli stessi punti deboli dei governi precedenti: deficit, debito pubblico, bassa crescita, alta dipendenza dall’Europa e dai mercati.
Ora è arrivata anche la bocciatura dell’Europa che si aggiunge a quella dei mercati con il robusto calo in borsa e l’impennata dello spread. Le aziende continuano a lasciare il Paese e sono sempre meno gli investitori internazionali disposti a rischiare i loro soldi in un’Italia che riesce a fare sempre peggio.

Queste turbolenze si stanno ora diffondendo anche nel governo e ci sono i primi segnali di un si salvi chi può per lasciare l’alleato con il cerino in mano.
Lega e Cinque Stelle non si sono mai amati. Sono diversi per mentalità, per valori, direi che sono diversi anche antropologicamente, in quanto espressione di due aree del paese che da secoli risentono di influenze culturali differenti.
Quello che la convenienza ha unito, la convenienza presto dividerà. Come due nazioni pronte a sfidarsi, quello che manca è solo il casus belli, la ragione per giustificare una dichiarazione di guerra tra gli attuali alleati. Ecco quelle su cui sono pronto a scommetterci.

Quello che la convenienza ha unito, la convenienza presto dividerà. Come due nazioni pronte a sfidarsi, quello che manca è solo il casus belli

#1 L’Europa

(quota: 2,3 a 1: se si scommette 1 euro se ne vincono 2,3)
La manovra non passa per la bocciatura dell’Europa. Lo spread si impenna, la borsa crolla, panico, colpa tua o colpa mia? Colpa dell’Europa! Il governo cade e si rientra in campagna elettorale contro l’Europa.
Probabile conseguenza: governo del presidente (PD più altri “responsabili”).

#2 Il condono

(quota: 3 a 1: se si scommette 1 euro se ne vincono 3)
Come casus belli il condono è più aggressivo dell’Europa. Significa rottura netta, uno contro l’altro, io sono il bravo tu sei il cattivo, 5 stelle partito degli onesti contro lega partito dei tartassati dal fisco.
Probabile conseguenza: governo del’onestà (M5S- PD – con appoggi esterni).

#3 Reddito di cittadinanza

(quota: 4 a 1: se si scommette 1 euro se ne vincono 4)
L’attacco lo sferra la lega che darebbe fiato ai mal di pancia della base produttiva. Bisogna rientrare nel deficit? Allora si tagli il reddito di cittadinanza! Si apre così lo scontro tra l’Italia del divano e quella di chi si sveglia all’alba.
Probabile conseguenza: governo dell’equità (M5S- PD con appoggi esterni).

#4 Riforma Fornero

(quota: 4 a 1: se si scommette 1 euro se ne vincono 4)
L’aut aut di Europa, Corte dei Conti e INPS è: o la Fornero la si lascia com’è oppure è il default dei conti pubblici. La Lega non cede, i 5 stelle sì. Urla, insulti, governo cade.
Probabile conseguenza: governo dell’emergenza (M5S a guida Conte con PD e Forza Italia).

#5 Autonomia delle regioni

(quota: 10 a 1: se si scommette 1 euro se ne vincono 10)
Era l’icona ideologica della Lega: il federalismo con più autonomia agli enti locali. Era stata inserita nel contratto di governo ma, misteriosamente, ogni volta che entra in azione un governo romano la parola autonomia esce dal dizionario politico. Per chi vuole puntare forte sul casus belli meno probabile, si potrebbe pensare a un ritorno alle origini della Lega, con Salvini che annuncia l’autonomia di Veneto e Lombardia e i 5 stelle che si oppongono. A quel punto crisi e scontro frontale tra accuse di secessione e di clientelismo.
Probabile conseguenza: governo del centralismo (M5S a guida Conte con PD e Forza Italia).

ANDREA ZOPPOLATO

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La porchetta al Carroponte: Porchette d’Italia

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La porchetta è ciò a cui pensi quando hai voglia di qualcosa di gozzo e appetitoso.

La porchetta è quella tipica pietanza romana che fa ballare la samba alle papille gustative, che ti soddisfa in ogni momento e che mette d’accordo tutti.

La trovi a fiere, festival e sagre, il suo profumo si avverte lontano un miglio e ti assicuro che, quando alle 3 di notte esci da un locale con i tuoi amici e senti il profumo della porchetta, alle tue narici odora come il profumo della salvezza dopo le tre birre che ti sei fatto durante la serata.

Saporita, intensa e appagante, la porchetta è la regina delle carni di Ariccia e Norcia, famosissime per questa prelibatezza gastronomica e che da sempre si contendono il titolo di “creatore della porchetta” e “porchetta più prelibata“.

Se anche tu sei un fan della porchetta, sarai lieto di sapere che fino a domenica, il Carroponte organizzerà Porchette d’Italia 2018, un’occasione d’oro a ingresso libero per tutte le buone forchette che vogliano passare un weekend a dir poco saporito.

Da questo venerdì alle 18.00, potrai strafogarti di questa appetitosa pietanza per carnivori incalliti e scoprirne tradizione e tipologie, grazie ai tanti stand giunti a Sesto San Giovanni da tutta Italia e alle Birre selezionate per l’occasione, oltre alla musica, agli eventi e all’animazione prevista per queste giornate.

Quando sei impaziente da uno a “ho l’acquolina in bocca”?

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A Milano manca l’ARIA

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Ci mancava solo il rogo dei rifiuti. Forse anche questo è un segno, una secchiata di acqua fredda che dovrebbe scuoterci. Perchè se è vero che Milano è penalizzata dalla posizione, insaccata tra le Alpi, senza circolazione dei venti, è anche vero che un problema maggiore degli altri dovrebbe portare alla ricerca di soluzioni migliori.
Tokio, Los Angeles o Santiago in Cile, ad esempio, sorgono in un’area ad alto rischio sismico. Invece di piangersi addosso, confidando nella fortuna, hanno costruito le città più sicure contro i terremoti.

Da amante di Milano penso che la cosa più triste delle nostre amministrazioni, attuale e passate, sia questa inerzia nei confronti del problema maggiore della nostra città: la cattiva qualità dell’aria.

Per colpa dell’aria cattiva perdiamo un anno di vita

Non ci sono rischi per la salute“, ha dichiarato il sindaco Sala per tranquillizzare i cittadini dopo il rogo dei rifiuti che ha appestato l’aria di Milano ancora più del solito. A voler essere precisi, forse sarebbe stato più corretto dichiarare che l’aria di Milano presenta già grossi rischi per la salute.
E’ forse ancora molto sottovalutato l’impatto dell’aria nell’organismo. Più attenti infatti siamo al cibo, eppure a fronte di circa 2 chili di alimenti, ogni giorno ingeriamo nel nostro organismo dai 10.000 ai 15.000 litri di aria al giorno.
In Italia, a causa dell’inquinamento dell’aria in città, nel 2012 si sono
registrati 84.400 decessi premature*. A causa dell’inquinamento dell’aria, ogni milanese perde in media circa un anno di vita*

Leggi anche: Aria irrespirabile a Milano

La città del futuro è ancora ferma agli anni settanta

In media perdiamo un anno di vita a causa dell’aria di Milano. In Italia, la nostra città è ai vertici in tutte le principali classifica ma miseramente in coda per l’inquinamento atmosferico.
Si dice che milanesità sia quella mentalità che porta ad affrontare i problemi per risolverli, allora ci si chiede, dove è finita la nostra milanesità per l’inquinamento dell’aria?
Siamo nel 2018, nel mondo si stanno diffondendo tecnologie d’avanguardia in ogni settore, eppure è come se sul tema dell’aria fossimo rimasti fermi ai primi anni settanta, quando in caso di picco degli inquinanti si interveniva sulla riduzione del traffico e sugli incentivi all’uso delle biciclette.
Se altre città sono riuscite a risolvere il problema dei terremoti, possibile che noi siamo ancora ad affrontare lo smog con interventi sul traffico e con le piste ciclabili?
Da innamorati di Milano ci vergogniamo di questa inerzia, anche perchè il resto del mondo, su questo, si sta muovendo. Con coraggio e sfruttando la sperimentazione scientifica.

Leggi anche: Forum contro l’inquinamento a Milano. 5 città del mondo, ma Milano è assente

Cosa stanno facendo gli altri

Londra

La città che Milano vorrebbe sostituire con la Brexit aveva grossi problemi di inquinamento dell’aria. Le sue nebbie di smog erano leggendarie almeno quanto le ambientazioni di Sherlock Holmes. Negli ultimi decenni tutto è cambiato e oggi a Londra si respira un’aria che meraviglia chi la visita. Tutto è nato dalla riforma che ha trasformato Londra in città stato, con maggiori poteri all’amministrazione e l’attribuzione di una responsabilità prioritaria ed esplicita per il sindaco di migliorare ambiente e qualità del’aria.
Da allora a interventi sul traffico si sono aggiunte sperimentazione di tecnologie mangia smog, inizialmente usate nelle aree da proteggere, come quelle attorno ad asili e scuole.

Olanda

Altra nazione che ha problemi di inquinamento per ragioni geografiche. Così come le montagne sono favorite per la circolazione dell’aria, così le terre basse o sprofondate al di sotto del livello del mare sono penalizzate dal ristagno dell’aria. Un problema simile al nostro ma che gli olandesi hanno deciso di affrontare di petto. Sono così diventati un’avanguardia mondiale nello sviluppo di soluzioni antismog, tra cui centraline di rilevazione casa per casa con premio per chi riesce a migliorare l’aria, piste solari per la produzione di energia naturale, impiego di cemento mangia smog e utilizzo di torri che filtrano l’aria.

Il resto del mondo.

Anche la Spagna sta impiegando cementi mangia smog. L’India sta sperimentando torri che filtrano l’aria, mezzi che puliscono l’aria e ventole per produrre effetti simili al vento. Anche Città del Messico sta impiegando materiali anti inquinamento, negli spazi chiusi, e San Pietroburgo sta adottando sistemi di misurazione direttamente sulle imprese con un sistema di penalità o di incentivi a seconda che riscontrino aumenti o diminuzioni nella produzione di inquinanti.
Forse chi si sta muovendo di più, in modo innovativo, è la Cina che sta realizzando interi quartieri a inquinamento zero, unendo tecnologie mangia smog a sistemi di ventilazione innovativi, oltre all’impiego di alberi per ricoprire interi palazzi. Idea questa che vi ricorda qualcosa? Già, perchè la città del bosco verticale è straordinaria a dare idee al mondo, ma pessima ad applicarle su vasta scala nel proprio territorio.

Per concludere: Bologna.

Anche più vicino a Milano qualcosa si muove. L’altra grande città della pianura, anch’essa penalizzata dallo smog, strozzata dalle colline, sta per avviare una fase di sperimentazione sulla scia delle migliori esperienze internazionali. Nei prossimi mesi, infatti, partirà un progetto che, in caso di esiti positivi, potrà portare la città bolognese tra le migliori città al mondo nella capacità di ridurre l’inquinamento. Sperando che prima o poi anche Milano faccia parte di questo gruppo. O almeno che provi a fare qualcosa di più che puntare su meno traffico e più biciclette.

ANDREA ZOPPOLATO

(*) Ultimo rapporto dell’Agenzia Europea dell’Ambiente

Su questo tema leggi anche:
Milano città stato contro l’inquinamento
Appello per rendere Milano galleria d’arte a cielo aperto con vernici antinquinamento
Due tunnel per portare Milano fuori dal traffico
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Arriva Oxygen: il parco pensile per dare aria a Parigi

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Città più smart d’Italia: VINCE Milano, anche se siamo in coda per qualità dell’aria

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città più smart
Copyright Semplicemente Milano/Andrea Cherchi

Per il quinto anno consecutivo Milano vince la speciale classifica della città più smart d’Italia stilata da FPA. Sul podio di ICity Rate 2018 anche Firenze e Bologna, con Roma sempre ancora distante dalla top 10 ma con 2 posizioni recuperate (15^) rispetto allo scorso anno, stretta tra Trieste e Cremona. Fanalino di coda, 107^, la città di Agrigento. Tra i capoluoghi di regione le posizioni peggiori sono quelle di Catanzaro (94° posto), Palermo (88°) e Napoli (79°).

città più smartAnche se alcuni indici meneghini non sono tra i migliori e vanno assolutamente migliorati (addirittura 96° posto per qualità dell’aria senza considerare la nube “tossica” e maleodorante di queste ore…, 76° nell’ambito “suolo e territorio”, 47° sulla gestione dei rifiuti urbani e 30° nell’inclusione sociale), seppur Firenze trionfi in attrattività turistico-culturale e pure in trasformazione digitale, ciò che emerge da questo rapporto è che Milano gioca un’altra partita rispetto al resto dell’Italia. Seppur in generale lungo la penisola sono confermate tante isole felici (anche se purtroppo concentrate al centro-nord, partendo da Cesena) da cui prendere spunto, come ad esempio l’asse orizzontale est-ovest Udine- Pordenone-Belluno-Treviso-Cremona-Lodi-Biella.

 

Oltre a un confronto nazionale, si può pensare a una Milano che deve fare i conti con il resto del pianeta?

città più smart
Risponde Gianni Dominici, Direttore Generale di FPA – Foto di Stefano Corso

“Milano è senz’altro cerniera tra due mondi, tra un Paese in cerca di visione e futuro e il contesto internazionale – afferma Gianni Dominici, Direttore Generale di FPA –Guardandola in prospettiva con le altre grandi metropoli, posso dire che seppur con lo straordinario lavoro che si sta attuando, da sola Milano può non farcela. Per fare un salto di qualità a livello internazionale ci vuole dietro un Paese che faccia squadra. Guardiamo i casi recenti dell’Agenzia del Farmaco o delle Olimpiadi invernali. Milano è una città che non ha la forza quantitativa di una grande massa come la possiedono Berlino, Londra e tutte le altre realtà europee e mondiali. E per di più, lo dico ancora, gioca da sola…”.

 

Una maggiore autonomia burocratico-legislativa potrebbe aiutarla a competere in ambito internazionale?

“Non posso dirlo. Forse sì, forse al contrario sarebbe lasciata ancora più sola di quello che è oggi”.

città più smartMilano – si legge ancora nella nota stampa rilasciata a margine della presentazione rapporto ICity Rate 2018 avvenuta ieri a Firenze – rimane saldamente al primo posto per il quinto anno consecutivo, confermandosi una realtà ‘fuori categoria’ e un modello difficilmente replicabile altrove. Dopo il riavvicinamento rilevato lo scorso anno, torna ad allargare la distanza che la separa dalle inseguitrici, con performance positive che la portano a collocarsi ai vertici nella maggior parte delle dimensioni analizzate. È una realtà che fronteggia con determinazione le sfide ambientali (verde urbano, 15°) e funzionali (mobilità sostenibile ed energia, 1° e 10°) metropolitane e che ha saputo individuare nuove dinamiche di sviluppo economico (solidità economica, 1°, ricerca e innovazione, 1°, e lavoro, 2°). Una città che mantiene standard elevatissimi sia sul versante dell’istruzione (4°) sia su quello dell’attrattività turistico-culturale (2°) e che sta cercando di mettere in campo nuovi strumenti di partecipazione civile (7°) e di sperimentare le opportunità offerte dalla trasformazione digitale (3°).

città più smartLe dimensioni prese in esame sono 5, con 15 indici particolari: Ambiente (acqua e aria + verde urbano + territorio e suolo), Servizi funzionali (rifiuti + energia + mobilità sostenibile), Economia (solidità economica + lavoro + ricerca e innovazione), Società (inclusione sociale + istruzione + attrattività turistica e culturale) e Governance (partecipazione + sicurezza e legalità + trasformazione digitale).

 

 

ICity Rate 2018 – le prime 10 città in classifica + Roma
Posizione 2018CittàPunteggioPosizione 2017
1Milano640,21
2Firenze621,63
3Bologna620,02
4Trento583,65
5Bergamo567,16
6Torino547,77
7Venezia544,14
8Parma539,19
9Pisa538,613
10Reggio Emilia532,811
15Roma522,717

 

 

Il rapporto completo ICity Rate 2018 con tutte le tabelle, i commenti e il ranking per ciascuna delle 15 dimensioni analizzate è scaricabile da questa pagina.

 

FLAVIO INCARBONE

 

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Design your life – Brera Design Days 2018

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Design è una parola che negli ultimi anni sta spopolando.

E’ un termine presente sulla bocca di tutti, ma del quale pochi conoscono il reale significato.

E quei pochi che sanno cosa si intende davvero quando se ne parla, non vengono troppo presi troppo sul serio (purtroppo).

Tutti lo vogliono, tutti lo cercano e pochi sanno di cosa si tratta, quindi… ma, dunque, cos’è realmente il design?

A cosa serve?

Quante tipologie ne esistono?

Quando vengono posti interrogativi del genere, chi non sa realmente di cosa si stia parlando si immobilizza, fingendosi morto, sperando che il vento lo spinga nell’angolino più buio dello spazio in cui si trova.

Troppo facile fingersi esperti in materia quando non si sa nemmeno chi sia Bruno Munari.

Ma non temere: se sei realmente curioso di conoscere cosa sia il design, potrai trovare risposta a tutte le domande che ti verranno in mente durante i Brera Design Days, dei giorni speciali per partecipare a incontri, mostre e workshop a ingresso gratuito, aperti a tutti.

Per questa terza edizione, il tema principale sarà “Design your life”: tra i tanti appuntamenti e i numerosissimi ospiti invitati per l’occasione, sarà un festival che punterà a indicare Milano come capitale mondiale del design.

Che tu sia un appassionato o semplicemente un curioso, sono certa che qui troverai tutte le risposte che cerchi… ma, mi raccomando: questo giovedì sarà l’ultimo giorno, approfittane!

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Nube tossica a Milano: come si difende l’organismo e cosa mangiare per depurarci dai VELENI dell’aria

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milano vista da montevecchia (foto 17/10)
milano vista da montevecchia (foto 17/10)

Desta particolare preoccupazione l’odore acre causato dagli incendi di Quarto Oggiaro e di Nova Milanese degli ultimi giorni avvertito in diverse zona della città, ma soprattutto i potenziali effetti negativi sull’organismo.

Il sistema di depurazione dell’organismo

Come per l’inquinamento legato al traffico veicolare, anche nel caso di nube derivante da incendio di rifiuti aumentano i livelli di particolato aereodisperso che consiste in una miscela eterogenea di particelle solide e liquide sospese in aria che varia continuamente in termini di dimensioni e composizione chimica nello spazio e nel tempo.

I componenti del particolato sono eterogenei: solitamente vengono isolati componenti biologici, metalli pesanti, acqua legata alle particelle, solfati, nitrati, carbonio organico ed elementare e sottoprodotti di combustione pericolosi chiamati idrocarburi policiclici aromatici come naftalene e benzopirene. Il particolato viene classificato in base al diametro in micrometri delle particelle isolate (abbiamo il particolato ultra-fine (PM-0.1), fine (PM-2.5) e grezzo (PM-10). Va da sé che più sono presenti microparticelle e maggiore sarà la loro capacità di penetrazione nell’organismo se inalate. Non solo, i rischi per la salute possono perdurare per lunghi periodi a causa della sua sospensione in aria per settimane o mesi e della sua capacità di essere trasportato per centinaia o migliaia di chilometri.

Il nostro organismo cerca di difendersi come può. Esistono barriere fisiche e sistemi di depurazione interni che aiutano il nostro corpo a neutralizzare le sostanze chimiche ingerite attraverso l’aria o attraverso i cibi. E’ noto che le ciglia presenti nel naso e il muco che ricopre le nostre vie aeree sono in grado di filtrare le particelle più grossolane. Queste si depositano nella trachea o nei bronchi e vengono espulse grazie ai colpi di tosse o agli starnuti. Cosa succede invece quando vengono inspirate particelle più piccole? Queste purtroppo si depositano nel tratto respiratorio con maggiore velocità, hanno una capacità di penetrazione maggiore e non si fermano a livello degli alveoli polmonari ma entrano nel corrente circolatorio.

I danni a carico dei tessuti delle vie respiratorie sono provocati principalmente dai metalli presenti nel particolato, che determinano aumento dello stress ossidativo. Questo a sua volta induce infiammazione vascolare.
Nello specifico è noto che il passaggio di particelle PM-2,5 dai polmoni al corrente circolatorio sia in grado di stimolare risposte infiammatorie in grado di favorire il processo aterosclerotico.

Il nostro organismo è dotato di uno straordinario sistema di depurazione interno. Non solo le nostre cellule sono programmate per difendersi dall’azione dei radicali liberi prodotti ma è anche dotato di specifici sistemi di detossificazione. Questi ultimi sono presenti nel nostro fegato. Esistono due fasi di detossificazione epatica. Nella prima le tossine subiscono modificazioni chimiche che rendono i metaboliti più reattivi e potenzialmente più dannosi. E’ con la fase II che le tossine che hanno subito il primo passaggio vengono rese più solubili in acqua in modo da favorirne la loro espulsione. La seconda fase è quindi essenziale alla completa eliminazione/neutralizzazione degli inquinanti e tossine presenti nel nostro organismo . Purtroppo la continua esposizione a tossine endogene e quelle di provenienza dall’esterno induce congestione del fegato per eccessivo sovraccarico dei sistemi di detossificazione. Si crea una sorta di collo di bottiglia in cui la fase I supera la fase II, che porta ad un accumulo di radicali liberi che a loro volta impoveriscono il corpo del principale antiossidante endogeno, il glutatione.

Al fine di promuovere la rimozione di sostanze nocive dal corpo, è essenziale garantire che la disintossicazione di fase II funzioni senza impedimenti.

Le strategie a tavola

1# Consumare più verdure crucifere 
E’ noto da tempo lo straordinario effetto protettivo delle crucifere.
Alcune delle crucifere, appartenenti alla famiglia delle Brassicaceae, includono rucola, broccoli, cavoletti di Bruxelles, cavolo rosso, verde, cinese e verza, cavolfiore, bietola, cavolo, ravanello, rapa, cime di rapa, wasabi, pak choi, crescione. La molecola superstar che accumuna tutte queste verdure è il sulforafano, un composto di cui particolamente ricchi i broccoli. Che succede quando conusmiamo verdure ricche di sulforafano? Si riducono le sostanzeinfiammatorie nel nostro organismo. Non solo, in quanto  agente chemioprotettivo, il sulforafano diminuisce anche l’incidenza, il numero e la velocità di sviluppo dei tumori mammari.
Fateli cuocere al vapore o per pochi minuti: verranno preservate le vitamine più termolabili come le vitamine del gruppo B e la preziosa vitamina C.
 
2# Cannella sul cappuccino 
Alcuni lo fanno già da tempo perchè la cannella in polvere conferisce un delicato aroma speziato al cappuccino, altri più informati, sanno che la cannella aiuta a mantenere più stabile la glicemia Ebbene, esiste un nuovo motivo per consumare cannella: migliorare i processi di detossificazione epatica. Nella cannella è stato individuato un composto, definito cinnamaldeide, che conferisce un odore e un sapore caratteristici alla cannella, e che è in grado di attivare i geni coinvolti nella difesa cellulare antiossidante e antinfiammatoria e nella protezione dei mitocondri. Ne beneficia anche il glutatione e  gli enzimi che agiscono nella fase II di detossificazione epatica.
 
3# Bevi tè Roiboos
In realtà non si tratta di vero tè, in quanto non derivato dalla Camelia Sinensis, esplica una significativa  attivazione degli enzim fase II a livello epatico.
Quanto? 2-3 tazze al giorno, anche di sera perché a differenza del tè non contiene eccitanti che possono disturbare il sonno. 
 
4# Colora di giallo i tuoi piatti: curcuma a go-go
La curcuma e in particolare il suo principio attivo più studiato, la curcumiuna, è in grado di prevenire il consumo di glutatione. 
Allo stesso modo è stato dimostrato che la curcumina previene la disfunzione mitocondriale e riduce l’epatotossicità indotta da metalli come arsenico, piombo, mercurio, rame, cromo e cadmio.
 
5# Mangia frutti ricchi di resveratrolo e quercitina
Il resveratrolo, presente in  uva, mirtilli e mirtilli rossi, aumenta l’espressione degli enzimi antiossidanti (superossido dismutasi) e glutatione perossidasi in modo concentrazione-dipendente, che spiega gli effetti protettivi vascolari di questo fitonutriente.
La quercetina (un flavonoide trovato in alimenti vegetali come mele e cipolle) ha aumentato i livelli di glutatione e di enzimi antiossidanti di difesa tra cui la superossido dismutasi, la glutatione transferasi e il glutatione perossidasi. 
 
6# Consuma grassi e oli sani
Olio d’oliva: nei volontari di mezza età è stato dimostrato che un’integrazione con tre grammi al giorno di olio d’oliva per quattro settimane prima dell’esposizione al particolato ambientale è in grado di ridurre i livelli dei principali marker infiammatori.
Altre fonti straordinarie di grassi sani sono la frutta a guscio (noci, mandorle, nocciole) e i semi di canapa decorticati o di lino. 
 
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