Nel 1861 aprono a Milano le prime edicole d’Italia. Sono a Piazza San Babila e a Piazza del Duomo ricavate sotto i portici. Oltre ai giornali vendono anche guide e fiammiferi.
Prima di allora i giornali venivano venduti attraverso gli strilloni, ragazzi che giravano per le strade della città declamando a gran voce notizie di cronaca per lo più cronaca nera per attirare i lettori.
Per ridurre il frastuono “macabro” degli strilloni intervenne la Questura che stabilì per loro il divieto di dire qualunque cosa al di fuori del titolo del giornale.
Così divenne familiare sentire passare gli strilloni che annunciavano il nome del giornale che vendevano.
Fonte: Milano d’Italia, Alberto Pezzotta- Anna Gilardelli, Bompiani
Sì, è vero: Milano è bella, funzionale e variegata.
Trovarle un difetto è dura… anche se…
Con il mare sarebbe tutta un’altra cosa: hai presente quel bel mare partenopeo che ti riempie il cuore con la sua brezza marina e il suo calore tipico di quei meravigliosi panorami?
Non si può dire che l’Idroscalo sia proprio la stessa cosa: a chi verrebbe in mente di farsi il bagno all’Idroscalo (in generale, eh) in autunno o primavera?
Anche tu la pensi così? Allora parlando di paesaggi, sapori e profumi campani ti propongo un ristorantino intimo e caloroso, sia per l’atmosfera accogliente al suo interno… sia per i suoi dehor esterni.
Sto parlando di Sciuè, che ogni giorno propone pesce fresco di qualità eccellente, come tutte le sue materie prime, e ottimi piatti tipici della cucina napoletana, dall’antipasto ai dolci.
Ed è proprio un localino perfetto per i milanesi che non vogliono rinunciare al “buon mangiare” nonostante la loro vita frenetica: “sciuè sciuè“, infatti, vuol dire “veloce veloce“, che calza a pennello con i ritmi dei meneghini… che, però, non disdegnano di fermarsi un attimo, se è per godere delle prelibatezze di questo ristorante inVia Friuli.
Questo martedì, per esempio, dalle 19 alle 23Sciuè ti propone il primo del giorno a base pesce (che di solito sono linguine vongole veraci e bottarga di muggine… alla faccia!), accompagnato da un calice di vino, a partire da 14 euro.
Direi che per un’ottima cucina di mare ci siamo… se poi si aggiunge la bontà dell’ottimo vino partenopeo siamo a cavallo.
Quindi, ricordati: prenotandoti con Spotlime, dalle 19 fino alle 23 per te un primo di pesce con calice di vino a 14 euro.
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Intervista ad Andrea D’Addio, l’Italiano dell’anno 2017. Romano, studi in Scienze Politiche, lavora come giornalista freelance dal 2002. Dal 2009 vive a Berlino e scrive di politica, cultura, società e cinema per diverse testate tra cui Huffington Post, Panorama, Io Donna, Wired, Repubblica, die Welt. Nel 2010 apre il blog, poi giornale online in italiano sulla Germania, Berlino Magazine. Nel 2015 fonda la società Berlin Italian Communication attraverso la quale organizza diverse iniziative culturali a Berlino tra cui la 72hrs True Italian Food, e fonda la scuola di lingua Berlino Schule. È tra i co-organizzatori dell’Italian Film Festival Berlin e ha curato la realizzazione del libro Berlino Low Cost per la Bur-Rizzoli. A inizio 2018 è stato nominato Italiano dell’anno a Berlino.
– Il cibo tedesco vs quello italiano: cosa ti manca di più? E quali sono invece le sorprese positive della cucina berlinese? Mi mancano le mozzarelle e i latticini in generale. Il latte del Brandeburgo è diverso da quello italiano, cambia l’alimentazione degli animali e, di conseguenza, il sapore. Fare arrivare i prodotti caseari in Germania significa non mangiarli quando sono freschissimi. Analogo discorso per frutta e verdura, per quanto in quel caso il sapore “tiene” più a lungo e, almeno, anche se diversi, si possono sfruttare i prodotti locali.
– La tv: cosa amano vedere i tedeschi? I tedeschi amano Tatort, la serie tv poliziesca che va in onda dal 1970 ogni domenica sera. Ci si riunisce nei pub per vederla in compagnia. In generale c’è spazzatura anche qui, solo che parallelamente ci sono anche tanti approfondimenti culturali sulle reti pubbliche anche in orari di prima serata. In Italia non vedevo regolarmente la tv da anni prima che mi trasferissi nel 2009 quindi non saprei. Report e Presa diretta li posso vedere online e va bene così.
– La comunità italiana: quanto è attiva nella società di Berlino? Ci sono personaggi che si sono affermati? È molto attiva all’interno stesso della comunità. Si sono ricreate dinamiche analoghe a quella di una piccola cittadina italiana. Amicizie, gelosie, amori, tradimenti. Alla lunga la maggiore parte (non tutti) degli italiani passano il tempo libero con gli italiani. Non è una colpa, succede lo stesso tra i francesi, gli spagnoli o i polacchi… Ci sono spettacoli teatrali per italiani, corsi di fotografia o videomaking per italiani (come quelli organizzati dalla mia Berlino Schule), bar per italiani (con cappuccini con poca schiuma e cornetti di prima mattina), librerie per italiani, studi di psicologi e psichiatri per italiani, medici per italiani, alimentari pieni di prodotti che mangerebbero solo gli italiani…insomma, abbiamo clonato un medio centro del Belpaese qui in città. Ci sono poche persone italiane, forse nessuno a livello globale, che sono popolari al di là della comunità. Ad esempio, nonostante la nostra sia una delle prime tre comunità di stranieri a Berlino, non abbiamo nessuna persona impegnata direttamente in politica, non almeno che basi la propria popolarità elettorale sulla popolarità dei suoi potenziali elettori italiani. Nè c’è un artista o un architetto. Tanta gente in gamba e di talento, ma nessuno popolare oltre al suo ambito di lavoro.
– Cosa ti manca di più dell’Italia? Il clima di Roma, le gite fuori porta nel fine settimana (intorno a Berlino c’è molto poco), il mare raggiungibile in un’ora, gli amici storici, la famiglia.
– Cosa apprezzi di più di Berlino? La possibilità di vivere come se si fosse in un piccolo centro (assenza di traffico, tranquillità generale), ma con gli stimoli culturali di una metropoli occidentale per qualità e varietà.
– Luogo comune dei tedeschi che smitizzeresti? Nessuno, è difficile che i luoghi comuni non abbiano sempre un fondo di verità. Diciamo che Berlino è la città meno tedesca della Germania e, quando si tratta di progetti pubblici, manca di puntualità nelle consegne (vedasi l’apertura continuamente rimandata del nuovo aeroporto) e la pulizia in alcuni quartieri.
– Cosa ti pesa di più a vivere lì? Il clima, ma faccio una vita piena di viaggi, non c’è niente che mi pesi davvero
– Come è amministrata la città? Il programma che la coalizione di governo mette a punto all’ìnizio del mandato viene normalmente rispettato. C’è una certa ansia a fare entrare soldi nelle casse della città e così in passato si sono svendute tante aree e proprietà immobiliari, ma è una scelta dettata dal rischio bancarotta di dieci anni fa.
– La PA: dovessi dire qual è la principale differenza? Più burocrazia e meno digitalizzazione che in Italia, però più efficienza.
– Cosa porteresti da noi di Berlino? L’apertura mentale e il principio sacro del non giudicare gli altri.
– Cose più strane che ti sono successe? Sono nove anni che sono qui, mi sono abituato a quello che un tempo forse avrei trovato strano.
– Cosa fatichi a capire dei berlinesi? Una certa ottusità, a volte, nel volere seguire regole anche quando chiaramente in contrasto con il buon senso.
– Come ci vedono veramente, al di là dei luoghi comuni? Ci vedono proprio secondo i luoghi comuni: ci amano, ma non ci stimano.
– Quali sono le maggiori differenze tra Berlino e l’Italia? Posso dire tra Berlino e Roma visto che l’Italia, come altri paesi, è a sua volta un continente: clima (mi ripeto), qualità del cibo (mi ripeto), capacità di non giudicare/giudicare gli altri (anche questo già detto), internazionalità delle persone che ci vivono e dei progetti culturali proposti.
– Personaggi celebri più amati dai tedeschi? Chi sono? Che fanno? I tedeschi non amano le persone carismatiche, almeno non più dopo Hitler. Non a caso da 12 anni hanno la Merkel al governo. Non seguo molto la tv o il cinema tedesco, anche i più popolari non sono popolari come lo sono le star del piccolo schermo italiano.
– Quali locali vanno di più? A Berlino quelli di musica techno, spesso in location non nate per ospitare serate. E allora Berghain, Tresor, Sisyphos, Salon zur wilden Renate…
– Business interessanti (es. start up particolari)? Berlino attira sempre più investitori a causa del costo del lavoro relativamente basso rispetto al resto dell’Europa del nord/centrale. L’azienda principale cittadina – tra le “nuove”, è Zalando, ma tutto il gruppo Rocket è un’entità importante. Tra le nuove direi, ma non è vero, è solo pubblicità, la mia Berlin Italian Communication, ovvero Berlino Magazine, Berlino Schule e il network di veri locali italiani True Italian 😉
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E’ considerato il primo best seller “industriale” della letteratura italiana: Cuore di De Amicis. Per certi aspetti fu il risultato di una precisa strategia dell’editore Emilio Treves, triestino trapiantato a Milano.
L’idea del romanzo venne a Treves stesso che ne parlò a De Amicis, allora semplice inviato di “Illustrazione Italiana”, primo periodico illustrato d’Italia pubblicato dallo stesso Treves. L’idea era ispirata dall’Amour di Michelet. La prima versione del testo uscì con il titolo de “Gli amici”, anche se Treves voleva chiamarlo Cuore parte prima: gli amici. Ma non ebbe successo. La seconda versione integrò i temi della scuola, della famiglia e del Risorgimento e uscì con il titolo che lo rese famoso.
Per il lancio si utilizzò la leva della rivista Illustrazione Italiana e accordi con il mondo scolastico che lo adottò come libro di testo. In due anni uscirono 40 edizioni e nel 1904 raggiunse le 300mila copie.
Milano d’Italia, Alberto Pezzotta- Anna Gilardelli, Bompiani
Tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento, era percepibile il forte spirito di cambiamento che aleggiava intorno al mondo dell’arte.
Un pittore in particolare è stato la miccia che ha dato il via alle correnti rivoluzionarie di tutto il secolo scorso, ovvero il pittore francese Édouard Manet, il precursore dell’Impressionismo.
Come ha fatto a guadagnare così tanta visibilità?
Dipingendo due quadri in particolare: “Colazione sul’erba” e “Olympia“, che hanno destato scandalo e stupore, facendo passare il nome dell’autore di bocca in bocca tra i salotti parigini… e non solo.
Questo nuovo modo di interpretare la realtà ha dato il via a grandi trasformazioni pittoriche e culturali, mentre nuove e rivoluzionarie correnti espressive dell’arte si sono scontrate ripetutamente con un accademismo dominante.
Se anche tu ammiri questo celebre artista, ti propongo di fare un salto al Let’s, questo martedì, perchè ti aspetta un aperitivo culturale esclusivo per raccontare la vita e le opere del grande Édouard Manet.
Ricorda, però, che se vuoi partecipare alla serata devi arrivare abbastanza presto, perchè dalle ore 20 gli ingressi sono disponibili fino ad esaurimento posti.
Se, invece, non vuoi rischiare di perdere questa occasione per esplorare l’universo di questo grande pittore, puoi prenotare scrivendo a prenotazioni@letsfeelgood.it.
E quando parlo di “arte dell’aperitivo” dico sul serio, perchè potrai gustare vini biologici, birre artigianali e taglieri con formaggi e salumi, ma anche taglieri vegetariani a 15 euro.
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Primo mese del 2018: liste di buoni propositi ma anche bilanci sull’anno appena concluso. Come è andata per le celebrità milanesi? Abbiamo analizzato chi, tra i nati a Milano, abbia avuto il maggior numero di visualizzazioni alla propria pagina Wikipedia in italiano nel corso del 2017 (la fonte dei dati è Wikimedia).
Vi aspettavate questi nomi?
10. Fabio Rovazzi
534.881 visualizzazioni di pagina (in media 1465 al giorno) per Fabio Piccolrovazzi (eh sì), youtuber, cantante a attore nato a Milano nel 1994. Arrivato o in rampa di lancio?
9. J-Ax
Dove c’è Rovazzi ultimamente non può mancare J-Ax e anche le visite alla sua pagina Wikipedia rispettano questo trend: Alessandro Aleotti totalizza 592.486 visualizzazioni (in media 1623 al giorno). Fratello maggiore.
8. Manuel Agnelli
Cambiando genere, all’ottavo posto troviamo il frontman degli Afterhours e giudice di X Factor. L’impegno in tv gli vale 611.253 visualizzazioni nel 2017 (1675 di media giornaliera). Popolarizzato.
7. Adriano Celentano
Il mondo della musica ancora protagonista. Gli anni ormai sono 79, ma il molleggiato rimane in cima alle classifiche di popolarità: 756.636 visualizzazioni (2073 al giorno). Siete già passati in via Gluck?
6. Ghali
Classe 1993, il rapper di origini tunisine conquista un ottimo sesto posto: 766.902 visualizzazioni alla sua pagina (in media 2101 al giorno). Genere? Trap.
5. Maria de Filippi
L’anno della conduzione a Sanremo lancia Maria de Filippi al quinto posto con 877.319 visualizzazioni di pagina e una media giornaliera di 2404 al giorno. Ma quando si candida?
4. Raffaello Tonon
Opinionista tv e concorrente al Grande Fratello Vip, l’ex ospite fisso del Maurizio Costanzo show ritorna in voga e raggiunge un inaspettato quarto posto. Per lui 923.476 visualizzazioni totali e una media di 2530 al giorno. Rispolverato.
3. Silvio Berlusconi
L’inossidabile presidente di Forza Italia tiene botta e si issa al terzo posto tra i più visti. Oltre un milione di visualizzazioni (1.059.415) e una media giornaliera di 2903 in vista delle politiche 2018. Sarà davvero immortale?
2. Daniele Bossari
Il vincitore del Grande Fratello vip ritorna alla ribalta dopo qualche anno di assenza coincisa con la fine della nostra adolescenza. Daniele Bossari è nato a Milano il primo ottobre 1974: per lui 1.127.381 visualizzazioni (media di 3089 al giorno). Rinato.
1. Fedez
Il rapper, giudice di X Factor e quasi padre vince con un buon margine: 1.242.681 visualizzazioni (3405 al giorno). Fedez, pseudonimo di Federico Leonardo Lucia, nasce a Milano il 15 ottobre 1989. Vincitore.
Fondato nel 1866 a Milano dall’editore Edoardo Sonzogno, fino ai primi anni del novecento Il Secolo fu il quotidiano più diffuso in Italia. Era un quotidiano d’opinione di sinistra che intraprendeva battaglie politiche e sociali anche se doveva gran parte del suo successo ai feuilletons pubblicati a puntate e a concorsi a premi per i lettori.
La forza di Sonzogno furono anche i libri di narrativa a prezzi bassi e l’opera, con la concorrenza diretta a Ricordi. Sonzogno era anche un grande filantropo: nel 1884 fece aprire gli “asili notturni” per i senzatetto.
Diciamocelo chiaramente: lo stile hippie non muore mai.
Capelli talmente lunghi da essere usati come vestiti, sandali così consumati da essere ridotti a frange, fiori… fiori. Fiori ovunque. Fiori di qualsiasi colore. Fiori di qualsiasi forma.
Il motto? Peace&Love… e di love ce n’era tanto, a volte anche molesto, soprattutto quando si prendeva un piccolo aiutino per essere “più ricettivi ai sentimenti“, diciamo così.
E proprio grazie a questi “aiutini” si viveva in universi psichedelici, colorati di mille tonalità e brillanti come stelle, percepiti soprattutto durante le lunghe sedute di ascolto musicale, quando ancora la musica era ascoltabile.
La musica, ecco.
Forse è il tratto più caratteristico di questo stile: la tipica musica rock anni ’60/’70.
E se dico “musica rock anni ’60/’70” cosa ti viene in mente?
Ovviamente Woodstock: che festival, ragazzi, che festival.
Sarebbe bello riviverlo, vero?
Beh, il Magnolia ti da questa opportunità proprio questo settimana, grazie alla serata Woodstock Revolution di oggi, che inizierà alle 22.00 precise: sfodera il tuo outfit hippie migliore e vieni a muoverti sul sound Rock, funky e discodi Sgt Pepper, Ricky O’Riley Dj e della Walzer & Band.
Si prospetta un weekend esplosivo, soprattutto perchè l’ingresso costa solo 5 euro.
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Quando si dice essere oculati, e che è peccato buttare… Milano risponde sempre “presente!” Anche in architettura e in urbanistica, la città ha saputo spesso riciclare elementi di arredo urbano. Se fate un giro dalle parti di via Marina, vi imbatterete in un elegante obelisco. La sua storia? Eccola!
Nel 1785, terminati i lavori di realizzazione dei giardini pubblici di corso Venezia, si pensò di unirli scenograficamente alla cerchia dei navigli (oggi via Senato). Il Piermarini ideò un viale alberato, all’epoca chiamato “i boschetti“, che vide la luce tra il 1787 e il 1788. I Boschetti occupavano tutta la via Marina (dal nome di una nobile famiglia) tra il naviglio e i nuovi giardini e furono realizzati piantando due serie di cinque file di alberi allineati secondo la lunghezza della strada, ma sfalsati rispetto alla larghezza, con al centro una zona scoperta. Il bel viale fu frequentato anche dal Foscolo e dal Parini, che ne hanno lasciato ricordi nei loro scritti.
Nel punto in cui il viale piega leggermente verso nord, il Piermarini pensò di collocare la colonna votiva che si trovava, ormai un poco trascurata, all’ingresso dello storico quartiere del Bottonuto. Questa pregevole colonna votiva era stata innalzata nell’antico quartiere nel 1606, e solennemente benedetta l’11 giugno 1607, dal cardinale Federico Borromeo, che la volle dedicare a S. Glicerio, vescovo milanese attivo tra il 436 e il 438.
La colonna è in granito rosa di Baveno, e poggiava inizialmente su quattro sfere di ottone. Alla sommità, naturalmente, il cardinale vi aveva fatto collocare una croce votiva in ferro. Il Piermarini dunque fece trasportare in via Marina la colonna, privata per evidenti ragioni della croce in ferro, dato che ormai doveva essere una colonna ornamentale e non più stazionale con finalità religiose. Sulla sommità fu posto un sole raggiante in bronzo e venne anche progettato e realizzato un nuovo e più maestoso basamento.
E’ la via più macabra di Milano. E’ via Bagnera, una volta “stretta Bagnera”, la strada più stretta di Milano. Nel marzo 1860 fu al centro delle cronache quando all’interno dei muri di un magazzino della via furono ritrovati i resti di quattro cadaveri. Erano le vittime di Antonio Boggia, imprenditore fallito che dopo averle invitate nel suo magazzino le uccise facendole a pezzi, murandole vive.
Boggia fu condannato a morte e fu impiccato su un prato tra porta Ludovica e porta Vigentina nell’aprile del 1862. Come boia, non essendocene a Milano, furono chiamati da Parma e da Torino. Fu questa l’ultima condanna a morte avvenuta a Milano. La testa di Boggia è stata conservata nell’Ospedale Maggiore fino al 1949.
Fonte: Milano d’Italia, Alberto Pezzotta- Anna Gilardelli, Bompiani
Il fondamento di ogni società è l’economia, tutto il resto è sovrastruttura, diceva Marx. L’economia ha delle regole ferree che purtroppo i governi del nostro paese hanno spesso disatteso. La prova principale di questo è il debito pubblico che pesa come un macigno sulle prospettive dell’Italia. Un debito che è stato creato perdendosi proprio in quella che Marx definiva la sovrastruttura, ossia cose di secondaria importanza.
Il pregio dell’economia è nella semplicità delle sue regole: guadagni se i ricavi superano i costi, il debito pubblico aumenta se lo stato spende più di quello che incassa. Debito pubblico significa un problema economico, per la sua sostenibilità, e un problema diingiustizia sociale, perchè più risorse vanno da chi produce a chi ha già soldi (possessori di titoli di stato). E’ anche ingiustizia sociale perchè prendi oggi quello che qualcun altro pagherà domani.
Il dibattito politico italiano sembra avere un punto in comune: proporre ricette che aumentano il debito pubblico. Tutti infatti sembrano d’accordo ad accettare un deficit dello stato in contrasto con il principio costituzionale del pareggio di bilancio. Non basta. Tutte le forze politiche sembrano d’accordo nella necessità di combattere l’austerity imposta dall’Europa, rivendicando il diritto di poter aumentare il deficit oltre il 3% del reddito prodotto. Più aumenta il deficit, più aumenterà il debito pubblico. Questa unione di intenti delle diverse forze politiche sembra essere accettata positivamente dall’opinione pubblica. E questo è strano: saremmo felici se nostro padre ogni anno si indebitasse sempre di più? Credo di no, perchè sapremmo che quei nuovi debiti saremo noi a doverli pagare. L’unico modo strutturale per ridurre l’incidenza del debito pubblico è che il PIL cresca più del deficit. Fissare il deficit al 3% significa che se vogliamo ridurre il debito, il PIL dovrebbe crescere di oltre il 3%. Fatto abbastanza insolito nella nostra storia recente: l’ultimo anno che il PIL è cresciuto in Italia più del 3% è stato il 2000. Se vogliamo produrre più ricchezza in modo continuativo c’è un solo sistema: vediamo quale.
In un’economia di mercato ci sono tre protagonisti principali che gestiscono le risorse nel sistema: pubblica amministrazione, famiglie e imprese, in ordine crescente di efficienza. I soggetti incaricati di produrre ricchezza sono le imprese. Se non lo fanno, falliscono. Le famiglie devono cercare di consumare meno di quanto guadagnano, mentre lo stato svolge l’attività della redistribuzione: prende risorse dai contribuenti per ridistribuirle secondo quanto stabilisce nel bilancio pubblico. Di conseguenza, se si vuole che il paese produca la ricchezza necessaria a ridurre il debito pubblico esiste una sola ricetta, al di là della propaganda politica: occorre lasciare più risorse alle imprese, perchè la loro attività è proprio quella di incrementare la ricchezza. Da un punto di vista strettamente economico, ogni euro tolto dallo Stato alle imprese significa una perdita per l’economia del Paese, perchè lo Stato da quell’euro è meno capace di produrre ricchezza rispetto alle imprese.
Se la priorità della politica economica è dunque quello della crescita del PIL e della riduzione del debito pubblico, l’unica reale strategia che produrrebbe questi risultati in modo strutturale è di lasciare più risorse alle imprese. Questo lo si dovrebbe raggiungere mettendo le imprese italiane in condizioni simili a quelle che operano nei paesi europei a maggiore crescita, quindi non solo riducendo l’IRES, ma consentendo alle imprese di scaricare costi pieni e non solo una parte, di pagare le tasse su quanto incassato e non su quanto fatturato, di eliminare il pagamento anticipato delle imposte e di ridurre ogni tipo di balzello diretto o indiretto che rende l’attività di impresa sconveniente in Italia. Il meglio sarebbe poi prevedere incentivi per favorire gli investimenti da parte delle aziende e, se si vuole avere un contributo più esteso in termini di benefici per la collettività, prevedere forme di misurazione e di premio per le esternalità positive prodotte dalle imprese sul territorio.
Ogni strategia diversa da questa non può portare a una riduzione del rapporto debito pubblico/PIL.
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Certo che bisogna proprio avere una Poker Face per non esaltarsi con Lady Gaga.
Ebbene sì: anche a me piace da matti, perchè I’m Born This Way.
Quindi, credo proprio che raccoglierò i miei amici Roberto, Fernando e Alejandro e farò una bella gita al Forum di Assago, circa alle 21.00, per godermi il suo meraviglioso concerto… sperando che non facciano i Judas e non mi diano buca.
Certo, dovremo evitare tutti i Paparazzi che ostacoleranno l’ingresso al Forum (penso proprio sarà pieno) e dovrò anche fare del Bad Romance con Alejandro, che ogni volta ci prova con me, ma – ehi -, se è no è no. Lui, però, continua inesorabile con la sua Perfect Illusion. Vabboh, lasciamolo fare.
Anzi, sai che ti dico? Perchè non vieni anche tu, con noi? Così mi azzecco a te e me lo tolgo dai piedi… ah no aspetta… è sold out… che sfortuna.
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La Siae fu fondata a Brera il 23 aprile 1882 per tutelare il diritto d’autore. Una delle violazioni che spinsero a questa necessità fu quella per i Promessi Sposi. Alessandro Manzoni infatti fece causa a un editore fiorentino, Felice Le Monnier, che aveva pubblicato l’opera nel 1845 senza autorizzazione. Manzoni vinse la causa e nel 1866 Le Monnier dovette risarcirlo di 34 mila lire.
Fonte: Milano d’Italia, Alberto Pezzotta- Anna Gilardelli, Bompiani
I neonazisti tedeschi hanno tappezzato Berlino con adesivi che la raffigurano, inneggiando alla sua morte.
Le sue mostre fotografiche sono esposte in tutta Europa.
Chi è Irmela Mensah-Schramm?
Una berlinese di sessantacinque anni che una mattina del 1985, andando al lavoro, ha visto su un muro un adesivo razzista e la sera ha preso le chiavi di casa e lo ha staccato.
Da allora, ogni giorno cancella dai muri scritte omofobe e razziste dopo averle fotografate.
È sola, quindi rischia grosso: ma Irmela ha già sconfitto il cancro e un passato difficile, per questo rifiuta di piegarsi anche a questo.
Scopri come andrà a finire la vicenda de “The Hate Destroyer”questo mercoledì, alle ore 20.20, al Cinema Beltrade.
Per un film profondo come questo, 7 euro sono anche pochi… soprattutto perchè è una storia vera.
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Nel segmento della Borsa di Milano dedicato alle piccole e medie imprese italiane ad alto potenziale di crescita (AIM) si nascondono numerose storie interessanti di imprenditori. Ne abbiamo scelte cinque particolarmente interessanti per storia e potenziale di crescita.
#1 La “Tesla” a due ruote di Franco e Livia Cevolini (Energica Motor Company Spa)
Energica Motor Company S.p.A. è la prima casa costruttrice al mondo di moto elettriche ad elevate prestazioni. A Piazza Affari è l’unico titolo appartenente a questo segmento (motori elettrici).
Il presidente della società è l’ing. Franco Cevolini, nato nel 1972 a Modena. Due anni prima della sua nascita, il padre, Roberto Cevolini, appassionato da sempre del mondo delle corse, diede vita alla Roberto Cevolini & C. snc.,società attiva nella produzione di componenti per la Formula 1, realizzando parti di scocca, cambio, motore e parti ricavate dal pieno per la galleria del vento.
Nel 1996, Franco Cevolini ha ricoperto la carica di direttore esecutivo presso la neo-costituita C.R.P. Technology S.r.l. (spin-off della Roberto Cevolini & Company) sviluppando la nuova famiglia di materiali per la stampa 3D, denominata Windform. Nel 2000 collabora con il Team Minardi allo sviluppo della prima scatola cambio al mondo per Formula 1 in lega di titanio fusa. Nel 2003 CRP Technology srl e Roberto Cevolini srl si fondono in una unica entità mantenendo il nome CRP Technology srl.
Lo affianca la moglie, Livia Cevolini, amministratore delegato della società. Nata a Scandiano (RE), dopo essersi laureata in ingegneria meccanica nel 2003 presso l’Università degli studi di Parma, ha lavorato sin dall’inizio nel Gruppo CRP dove ha curato tra l’altro l’avvio della società controllata negli Stati Uniti d’America nel 2008.
L’ingegnere ha rivelato che la sua famiglia viene dal mondo delle corse, dove gareggiavano con la Crp, moto elettrica da corsa. Da lì decisero di industrializzare il primo prototipo e nacquero così i primi due modelli.
L’obiettivo: affermarsi come marchio leader di moto elettriche
I primi motocicli prodotti e venduti con metodologia industriale risalgono a metà 2016. Il Gruppo Energica ha realizzato nel primo semestre 2017 un risultato negativo dopo le imposte pari ad Euro 2.981.599. Come nel 2016, anche il primo semestre 2017 si è rivelato essere un periodo fondamentale per la crescita del Gruppo Energica, che si è dato l’obiettivo di avere un ruolo chiave nel settore di appartenenza, puntando ad affermarsi come marchio leader di moto elettriche ad elevate prestazioni nel panorama automotive internazionale.
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#2 I vini con lode di Sandro Boscaini (Masi Agricola)
Altro titolo interessante dell’Aim è Masi Agricola, azienda vitivinicola radicata in Valpolicella Classica che produce e distribuisce vini di pregio ancorati ai valori del territorio delle Venezie. Oggi è uno dei produttori italiani di vini pregiati più conosciuti al mondo.
La storia di Masi è la storia di una famiglia e dei suoi vigneti nelle Venezie. Il nome deriva dal “Vaio dei Masi“, la piccola valle acquisita dalla famiglia Boscaini, tuttora proprietaria. Oggi Sandro Boscaini, Presidente e Amministratore Delegato (dal 1978), guida l’Azienda con il supporto della figlia Alessandra, responsabile dell’amministrazione delle vendite, del figlio Raffaele, Responsabile Marketing e Coordinatore del Gruppo Tecnico Masi e del fratello Bruno, Responsabile delle attività produttivo-industriali.
Risultati: 64 milioni di fatturato in 100 paesi
Sandro Boscaini guida un’azienda presente in 100 Paesi del mondo con un fatturato (anno 2016) di circa 64 milioni di euro con un EBITDA Margin del 24% circa. I primi nove mesi 2017 registrano un incremento dei ricavi di circa l’1% rispetto allo stesso periodo dell’esercizio precedente. Al netto di Canevel si sarebbe registrata una diminuzione dei ricavi pari al -5%, segnando comunque un miglioramento rispetto al primo semestre 2017, in cui il Gruppo ha riportato un decremento dei ricavi consolidati dell’1% (-7% al netto di Canevel). L’EBITDA consolidato passa da Euro 10,719 M dei primi nove mesi 2016 a Euro 8,351 M (EBITDA Margin dal 24% al 19%). A fine settembre l’indebitamento netto si era ridotto a 6,27 milioni di euro, dai 6,58 milioni di inizio anno. ****************
#3 Le fragranze di Alessandro Agrati (Culti Milano)
Culti Milano è uno dei principali player italiani nella produzione e distribuzione di fragranze d’ambiente. A Milano sono presenti tre showroom: CULTI MILANO SpA (via S.Sofia); CULTI MILANO BOUTIQUE (via Fiori Chiari) e CULTI MILANO SHOWROOM (Corso Venezia)
CULTI MILANO fu fondata nel 1990 da Alessandro Agrati, eclettico designer d’interni che intuì il forte potenziale e l’impatto che una fragranza ha nel caratterizzare un ambiente. Negli anni 90 fonda a Milano Ex-Culti, società specializzata nella produzione di profumi per ambiente, in particolare con la creazione del diffusore “a midollino” (Rattan) che consente di propagare le fragranze in ambienti interni, abitativi e pubblici grazie alla sua composizione più porosa.
Risultati e strategie: Export all’80% e ampliamento prodotti
Culti Milano opera nel settore da 27 anni e fa capo a Intek Grp spa (quotata a Piazza Affari). Il 2015 ha segnato l’inizio di un importante rinnovamento per quanto riguarda la strategia ed organizzazione aziendale. La scelta dei prodotti è stata ampliata e ne sono stati creati dei nuovi per soddisfare le richieste di mercato.
I principali indicatori commerciali gestionali al 30 settembre 2017, resi noti dalla società indicano: “vendite complessive pari a 4,044 milioni di Euro, in crescita del +29% rispetto ai primi 9 mesi del 2016; un giro d’affari sul mercato domestico a 880 migliaia di Euro, con una crescita del +18,87% rispetto all’analogo aggregato del settembre 2016; un fatturato sui mercati internazionali in sensibile incremento (+33%), che raggiunge i 3,164 milioni di Euro, pari al 78,24% delle vendite complessive”.
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#4 Gli accessori per occhiali di Callisto Fedon (Giorgio Fedon Group)
Altro titolo interessante sul listino AIM di Milano è Giorgio Fedon Group, società leader a livello internazionale nel settore degli accessori per l’occhialeria e il life style a marchio “Fedon”.
L’azienda viene fondata nel 1919 a Vallesella che in un primo momento distribuisce solo per il territorio italiano ma dopo gli anni ’30 inizia ad esportare il suo prodotto. L’Azienda fa capo ancora oggi alla Famiglia Fedon. Negli anni ’80 la società inizia a farsi notare grazie all’ingresso di grandi griffe della moda che concedono ai produttori la licenza per l’uso del loro marchio per produrre e commercializzare occhiali e astucci.
Presidente della società è Callisto Fedon. Laureato in Economia e Commercio entra in società nel 1976 e ricopre diversi incarichi operativi (è stato Presidente dell’ANFAO e membro del Consiglio di Amministrazione di Unicredit ) prima di assumerne la presidenza del Consiglio di Amministrazione nel 1985.
Risultati e obiettivi: il lancio dei trolley da viaggio
Il Fatturato consolidato del Gruppo ammonta a Euro 49,4 milioni (Euro 52,2 milioni nel 2016) con una flessione del 5,5% rispetto al 2016. In particolare, il fatturato della divisione Fabbricanti dell’Ottica è diminuito del 5,8% rispetto al 30 settembre 2016 per un importo di oltre 2,0 milioni di Euro. A tale flessione, si aggiunge quella registrata dal fatturato del canale Wholesale Ottico, destinato ai negozi e alle grandi catene di ottica, che si attesta a Euro 5,6 milioni ovvero in diminuzione del 24,1% rispetto allo scorso anno (Euro 7,4 milioni). Tale decremento era previsto poiché il Gruppo ha avviato da tempo un complesso processo di riorganizzazione dell’assetto distributivo che privilegia una clientela italiana e estera di maggior pregio, in grado di sostenere l’acquisto di prodotti a più alto valore aggiunto e che si completerà non prima della fine del 2017.
La società ritiene che: “L’andamento della gestione nei primi sei mesi dell’esercizio 2017 non risulta in linea con le previsioni del Gruppo. (…) Il Gruppo prevede che tali risultati potranno migliorare nella seconda parte dell’anno, sia per effetto delle ulteriori aperture di negozi monomarca Fedon – in particolare, si segnalano le aperture previste rispettivamente negli aeroporti di Madrid e Lione –, che per effetto del lancio delle nuove collezioni di trolley da viaggio e dei nuovi modelli di borse da donna, nonché per alcune promettenti commesse di Luxury packaging destinate al settore della gioielleria e delle penne di lusso”.
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#5 La “Google” italiana di Luca Tomassini (Vetrya)
Vetrya è un gruppo italiano con sede a Orvieto (Umbria) quotato in Borsa Italiana sul Mercato Alternativo del Capitale leader nello sviluppo di servizi digital, applicazioni e soluzioni broadband. Il Gruppo opera sui mercati digital, media, telco, broadband, product, outsourcing e content management.
Pilastro del gruppo Vetrya è Luca Tomassini, fondatore, presidente e amministratore delegato. Dal 1995 al 1999 è stato responsabile sviluppo sistemi business e responsabile del progetto Internet & Intranet del Gruppo Telecom Italia. Nel 1999 è socio fondatore del Gruppo Franco Barnabé e A.D.di Integra Net Factory S.p.A., società che opera nel mondo dell’ICT. Nel 2004 è fondatore, presidente e amministratore delegato di Kelyan Lab. Successivamente (nel 2010) fonda Vetrya.
Risultati e obiettivi: crescita internazionale
I ricavi netti consolidati sono pari a 28,16 milioni di euro al 30 giugno 2017 e registrano un incremento del 24% rispetto ai ricavi consolidati del primo semestre 2016 (pari a 22,72 milioni di euro). Tale incremento è principalmente riconducibile alla crescita delle attività di sviluppo e integrazione di piattaforme per la gestione di servizi a valore aggiunto in ambito telecomunicazione, broadband, media e televisione, di servizi di digital advertising, progetti e soluzioni applicative.
L’EBITDA consolidato è pari a circa 1,82 milioni di euro al 30 giugno 2017 (+50%) rispetto al semestre dello scorso anno. L’EBIT consolidato è pari a circa 0,66 milioni di euro con un incremento del 23%.L’UtileNetto consolidato del periodo è pari a 320 mila euro con un incremento del 59% rispetto al 30 giugno 2016.
La Posizione Finanziaria Netta al 30 giugno 2017 è negativa per 10,33 milioni di euro, in lieve aumento rispetto al 31 dicembre 2016 che era di 9,45 milioni di euro ed è riconducibile alla crescita del giro di affari. Il Patrimonio Netto consolidato al 30 giugno 2017 è pari a circa 10,68 milioni di euro (circa 10,36 milioni al 31 dicembre 2016).
La strategia è quella dell’internazionalizzazione: Vetrya ha aperto sedi in Spagna, Usa, Brasile e Malaysia.
A Intercettazioni Milano c’è Antonella Tagliabue, imprenditrice molto attiva nel mondo sociale e del volontariato (nel board di Aiesec, Volontari per un giorno, COOPI cooperazione internazionale). Vive e lavora tra Milano e Roma. Le abbiamo chiesto che cosa distingue di più le milanesi e, in particolare, quali sono le principali differenze che nota nelle donne romane.
– Delle donne milanesi? Cose che vengono poco considerate che però hanno un grande valore e che noti con grande frequenza nelle donne milanesi? -Intanto la tenacia, sicuramente. La capacità di essere indipendenti, cosa non banale, non scontata. Anche la capacità di essere proattive, di provarci, anche se, voglio dire può non sempre essere facile, non sempre ti prendono sul serio, ma direi la capacità di dire la propria in un mondo che è di uomini, la capacità di dire la proprio e di fregarsene anche
– Dovessi dire le differenze che ti saltano agli occhi tra le donne romane e le donne di Milano? – Le romane si truccano tantissimo.
– Ah, sì? Si truccano molto di più? – Sono sempre pittate meravigliosamente, apparecchiatissime. Molto formali, molto più attente alla forma. Di solito c’è lo stereotipo della figa di gesso milanese, invece no, io lo noto tantissimo nelle donne romane. Sono sempre truccatissime, vestitissime e c’è un po’ questo atteggiamento soprattutto a certi livelli di essere un po’ signorine Rottermaier, se sei in certe posizioni devi essere un pochino fredda, sai, la maestrina con la penna rossa in mano.
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Una parola per definire gli anni tra il ’66 e il ’70? Rivoluzione.
Culturale, musicale, cinematografica e molto altro.
Sono gli anni in cui i Beatles, i Rolling Stones eJimi Hendrix hanno cominciato a far sentire la propria voce, cambiando per sempre l’universo musicale.
Gli anni in cui la minigonna ha cominciato a fare il suo ingresso nei negozi di tutto il mondo, suscitando fascino, stupore… e scandalo.
Sono gli anni in cui personaggi come Marthin Luther King ed Ernesto Che Guevara hanno smosso le masse con discorsi di amore, uguaglianza e rispetto.
Tutto il mondo seguiva la stessa moda, la discodance andava forte, il cinema stava diventando sempre più provocatorio…
Insomma, quattro anni di grandi cambiamenti sotto tantissimi punti di vista… e potrai goderteli tutti grazie alla mostra Revolutiondella Fabbrica del Vapore, che racconterà con abiti, foto, musica e tanto altro quegli anni rivoluzionari, quelli che hanno determinato lo stile di vita contemporaneo… e durante i quali i giovani pensavano di poter cambiare il mondo.
Se questo martedì deciderai di farci un salto, ricorda che l’orario di apertura è dalle 10 alle 20 e il biglietto costa 16 euro… ben spesi, aggiungerei.
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Nel 1837 Carlo Erba prese in gestione l’Antica Farmacia di Brera in via Fiori Chiari. Il suo primo successo fu una magnesia lassativa, seguita dall’estratto di Tamarindo.
Accanto alla farmacia costruisse anche il primo opificio d’Italia per produrre i suoi ritrovati. Tra i suoi esperimenti ci furono anche quelli sull’hashish e sulla canapa indiana che portarono al Micranol, medicina a base di cannabis per curare il mal di testa che venne prodotto fino all’inizio del Novecento. Carlo Erba fu filantropo e collaborò con Cesare Lombroso per debellare la pellagra. L’Antica Farmacia di Brera è ancora in funzione.
Fonte: Milano d’Italia, Alberto Pezzotta- Anna Gilardelli, Bompiani
Inauguriamo “città del mondo”, nuova rubrica che ha lo scopo di descrivere la vita in altre città attraverso gli occhi di italiani da esportazione. Per incuriosire, stimolare e, speriamo, anche sprovincializzare la nostra città inserendola in una prospettiva più ampia. Iniziamo questo giro del mondo dalla Silicon Valley con Adriano Farano, imprenditore nell’ambito media a Stanford. Originario di Cava de’ Tirreni, Farano ha fondato il giornale online CafeBabel.com e l’applicazione di video notizie Watchup (acquisita da Plex).
– Il cibo in California vs quello italiano: cosa ti manca di più? E quali sono invece le sorprese positive della cucina californiana? Mi manca la pizza napoletana ma ho costruito un forno a legna, d’argilla, nel mio giardino! In California adoro il vino e sono membro di un’ottima cantina sulle colline di Santa Cruz che offre anche gite a cavallo con vista sulla valle di Santa Chiara, altresì nota come Silicon Valley.
– La tv: il programma/i programmi che porteresti d’Italia? E quali sono gli hobbies più in voga tra gli americani? Per fortuna non guardo mai la TV tradizionale. Guardo però le notizie via Plex (la società che ha comprato la nostra app, Watchup). Come hobby credo che la cucina sia uno che sta crescendo molto. Il mio vicino fa il pane e l’altro giorno mi ha regalato un po’ di lievito madre. Un altro mio amico fa la torrefazione del caffè. Io la pizza. Insomma, la California si avvicina sempre di più all’Italia.
– La comunità italiana: quanto è attiva nella società californiana? Ci sono personaggi che si sono affermati? Da Luca Maestri, CFO della Apple, a Marco Marinucci, fondatore dell’acceleratore per startup europee Mind the Bridge, ce ne sono molti. Luca è anche il tesoriere dello Juventus Club Silicon Valley che, con buona pace di milanisti ed interisti, è il più attivo in zona e serve anche come snodo delle attività imprenditoriali di tanti di noi.
– Cosa ti manca di più dell’Italia? Gli affetti e l’umanità delle persone. Qui sono tutti troppo perfetti.
– Cosa apprezzi di più della SV? Lo spirito di ottimismo viscerale che è poi quello che ha fatto e continua a fare la Silicon Valley.
– Il luogo comune dei californiani che smitizzeresti? La spiaggia: contrariamente a quanto si possa pensare vedendo Baywatch, in spiaggia qui fa davvero freddo. Come mi manca il Mediterraneo!
– Come è amministrata la città? Io vivo a Menlo Park, un paesino di 30.000 abitanti che fa parte della cosiddetta Silicon Valley, con Palo Alto, Stanford, Mountain View eccetera. La politica è qui abbastanza trasparente nel senso che l’economia tira, la scuola pubblica è indipendente e la sanità è privata. Le infrastrutture per noi europei risultano antidiluviane: fino all’anno scorso avevo 1.5 mega di Internet a casa e il trenino “Caltrain” è un po’ ammaccato, di alta velocità non ne vogliono sentir parlare, attaccati come sono alle loro auto…
– La PA: dovessi dire qual è la principale differenza? Molto efficiente, tutto online con interfaccia d’uso molto “antica” ma sempre funzionale.
– Cosa porteresti da noi della SV? L’ottimismo! E’ quello che fa la differenza. Qui tutti si danno da fare, mai nessuno che si lamenta o che chieda qualcosa alla politica.
– Cose più strane che ti sono successe? Uno scoiattolo nero che mi attraversava la strada, non sapevo se fare gli scongiuri!
– Cosa fatichi a capire degli abitanti della SV? Ormai mi sento a casa, ma a volte più chiarezza e meno fronzoli nei rapporti umani sarebbero i benvenuti.
– Come ci vedono veramente, al di là dei luoghi comuni? Italiani brava gente, lavoratori e buongustai. Io sono molto grato alla strada che ci è stata spianata dagli italoamericani, davvero!
– Personaggi celebri più amati dai californiani? Qui nella Valley, Zuck è senz’altro visto come un genio dell’execution, ovvero dell’implementazione. E lo è. Per quanto riguarda poi l’impatto sociale di Facebook ci sarebbe da ridire…
– Quali locali vanno di più? Uno su tutti: Terùn. Fanno la migliore pizza di tutti, davvero terrona. E sono il punto di ritrovo di tutti gli startuppari della zona. Anche i grandi capi di Google e Facebook ci vanno spesso.
– Business e startup interessanti? C’è la corsa al big data con società quali Databricks, le criptovalute con startup quali Filecoin e Coinalpha, e poi sta cambiando il modo in cui lavoriamo con strumenti quali Slack e l’ecosistema che si sta creando intorno ad esempio con Ellipsis, fondata dal milanesissimo Matteo Melani. Sono tutte tendenze da tenere d’occhio. Ma quella che a me preme è la lotta per un’informazione di qualità, sotto assedio con l’avvento dei bot politici e delle fake news.
Nel 1947, l’Inghilterra decide di rinunciare all’India e l’ultimo incarico politico nella futura ex colonia viene affidato a Lord Mountenbatten da parte di Sua Maestà, che lo veste della carica di viceré.
Il lord è incaricato di gestire la delicata transizione del Paese verso la propria autonomia e l’aspetto più complesso è rappresentato dal conflitto apparentemente insolubile fra induisti, musulmani e sikh: questi gruppi, infatti, si rifiutano di convivere pacificamente in una stessa nazione, nonostante gli insegnamenti di Ghandi.
L’opzione sfocia nella cosiddetta “Partition” fra India e Pakistan: una separazione dolorosa e fatale per milioni di famiglie indiane, incluse le 500 persone a servizio nell’immensa dimora del vicerè.
Questa è un accenno di quello che potrai vedere durante la visione di “Il palazzo del vicerè”, il film che potrai vedere questo lunedìalle 21.15 al Cinema Ariosto: il biglietto costa 10 euro, ma per un film così ne vale la pena.
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