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Avocado Week is back in East Market Diner

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Avocado

“Form the Avocado
Form the Avocado
Form the Avocado 
Form the Avocado
Peel the Avocado
Peel the Avocado
Peel the Avocado
Peel the Avocado
Guacamole
Gua-guacamole
Guacamole
Gua-guacamole!”

La delirante canzoncina della dott.ssa Jean, ormai famosa nel mondo di Facebook per la sua assurdità, esprime pienamente la passione che tutto il mondo ha ormai per questo eclettico frutto.

Sembra che persino l’East Market Diner se ne sia innamorato, perchè per la terza volta organizza lAvocado Week, quattro giorni interamente dedicati all’Avocado.

A partire dalle 18 di questo giovedì, si andrà di Avocado in ogni forma e consistenza: potrai acquistare e gustare prelibatezze come l’avocado toast, l’avocado waffle, l’hawaiian pokè e l’amatissimo avocado burger.

Come rinunciare a tante ghiottonerie messe insieme? Vieni con me e gustiamoci un pasto verdeggiante e profumato sulla splendida terrazza dell’East Market Diner e, mi raccomando, conservati uno spazietto per domani: la festa non finisce qui.

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Sorpresa: è impossibile prenotare la visita al Cenacolo per la prossima estate! Indovinate per colpa di chi

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caso cenacolo

L’anno prossimo a Milano si ricorderà il cinquecentenario della morte di Leonardo Da Vinci, genio poliedrico che ha trascorso 24 anni della sua vita (in due fasi diverse) nella nostra città: un periodo prolifico che ha visto, tra gli altri, il nascere de La Vergine delle Rocce e del Cenacolo.

Quest’ultimo, oggi, è al centro di un caso che farà discutere.

caso cenacolo
La Vergine delle Rocce

Il nostro miglior museo

A differenza del quadro voluto dalla Confraternita Milanese dell’Immacolata Concezione, migrato al Louvre, il Cenacolo è parte integrante del patrimonio artistico meneghino, conservato in un museo dedicato che attira più di 400.000 visitatori ogni anno, numero forzatamente tenuto basso a fronte di una richiesta di quasi 2 milioni di biglietti: a causa del rapido deterioramento dell’opera dovuto soprattutto alle polveri sottili che ogni persona porta con sé, infatti, l’accesso al capolavoro vinciano è attualmente limitato a 1.300 visitatori al giorno.

Nonostante questa restrizione, il Cenacolo resta il museo più di successo a Milano, al 14° posto in Italia, generando introiti lordi per più di 2 milioni di euro annui.

caso cenacolo
La Chiesa di Santa Maria delle Grazie, nel cui refettorio è conservato il Cenacolo: tutto patrimonio UNESCO

Un capitale messo a rischio dalla burocrazia

La sovrintendenza dell’esposizione è in capo al Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo.

Sbirciando sul sito del Consip, la centrale acquisti della pubblica amministrazione in carica al governo italiano, scopriamo che è stato indetto un bando per l’affidamento in concessione dei servizi museali presso il Museo del Cenacolo Vinciano di Milano, con scadenza per la ricezione delle offerte fissata al 14 maggio 2018.

Un altro bando è andato a vuoto, indetto lo scorso dicembre e scaduto a febbraio 2018, per assegnare i medesimi servizi.

Ad oggi, provando ad acquistare un ingresso su uno qualsiasi tra i canali ufficiali, non si può andare oltre alla data del 30 giugno: questo significa mettere in seria difficoltà i tour operators come qualunque turista che stia organizzando un viaggio a Milano, togliendo dal panorama dell’estate quella che di fatto è la prima scelta in termini culturali e arrecando un grosso danno alla città.

caso cenacolo
Ammirando il Cenacolo: foto tratta dal profilo Instagram @museitaliani

La zappa sui piedi

Ancora una volta è la pesantezza della burocrazia a carpire le ali a Milano, addirittura arrivando a sbarrare le porte al top seller della città.

Non potendo accogliere prenotazioni a breve termine si perdono soldi, turisti e nel complesso si fa una pessima figura. Proviamo a immaginare un tour operator che voglia promuovere Milano per quest’estate senza poter offrire la principale attrattiva per questa estate.

La buona notizia è che per l’anno prossimo, quando il Cenacolo sarà come non mai sotto i riflettori, dovremmo aver pronto all’uso il nuovo sistema di filtraggio dell’aria che permetterà di aumentare il numero di ingressi consentiti.

caso cenacolo
Un dettaglio del Cenacolo

Il capolavoro vinciano è fragile e va protetto, dal naturale degrado dovuto alle tecniche sperimentali usate da Leonardo, ma a quanto pare anche dagli apparati che la gestiscono. Almeno fino a quando anche opere come questa non passeranno sotto l’amministrazione di Milano, invece che di Roma.

HARI DE MIRANDA

Il “modello Milano”: perchè è vincente e perchè va imitato dal resto d’Italia

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Milano è un modello perchè non dipende da chi la governa. Una prova evidente di questo è il successo dei suoi sindaci: i sindaci di Milano sono stati a capo di amministrazioni che hanno fatto crescere la città. Al di là delle fazioni bisogna riconoscere che il giudizio di tutte le amministrazioni milanesi è generalmente positivo, eppure nessun sindaco di Milano è riuscito ad assumere un ruolo importante nella politica nazionale. Formentini, Albertini, Letizia Moratti, Pisapia e i sindaci che li hanno preceduti sono tutti spariti a livello nazionale a differenza, ad esempio, di loro colleghi romani, come Rutelli o Veltroni.
Che significa questo? Che mentre per governare Roma è essenziale che il sindaco sia straordinario, a Milano basta non inceppare una macchina che funziona bene.
Purtroppo l’Italia sembra più simile a Roma, ossia una macchina piuttosto scassata che ha bisogno di un governo eccezionale. Milano è altra cosa: funziona nonostante chi la guida ed ha caratteristiche uniche che sarebbero molto utili al resto del Paese. 

Il “modello Milano”: le caratteristiche da portare in Italia

Armonia e fiducia tra cittadini e amministrazione

In Italia il cittadino è al servizio della burocrazia, mentre a Milano, a parte eccezioni, il rapporto tra i due soggetti è molto più armonico, spesso alla pari, a volte capovolto rispetto a quello nazionale: l’amministrazione si pone al servizio dei cittadini, non viceversa.
C’è un senso di rispetto se non di fiducia reciproca tra amministrazione e cittadino che difficilmente la si ritrova nella burocrazia dello Stato italiano.
Questo si traduce in minori costi di controllo perchè è un sistema che si autoregola in modo naturale e stimola l’economia perchè si dedicano più tempo e più risorse a produrre piuttosto che a controllare o a bloccare.

L’Italia è un sistema, Milano è un ecosistema

La struttura dello Stato italiano ha determinato la formazione di un sistema organizzato in gerarchie e rigidi automatismi. Milano è invece un ecosistema dove i diversi soggetti convivono in modo più flessibile e funzionale. E’ una comunità liquida, nel senso che amministrazione, imprese, enti e cittadini cooperano innescando flussi di azioni e di informazioni circolari, invece che dall’alto al basso.
Un ecosistema garantisce molti vantaggi rispetto a un sistema, specie in un mondo in continua trasformazione e strettamente connesso com’è quello in cui viviamo. Favorisce l’alimentazione e lo sviluppo che sono invece ostacolati dagli standard fissi determinati da un dirigismo centralista e monodirezionale, come quello che avviene nello Stato.

L’attenzione alle esternalità positive (benefici non monetari per la comunità)

In gergo economico il valore prodotto in una comunità si misura nella somma tra reddito ed esternalità positive. Le esternalità sono tutte le componenti che impattano la vita delle persone ma che non hanno una misurazione economica. Mentre lo Stato è dominato da logiche di economia strettamente economica, a Milano si fa molta attenzione ai benefici arrecati alla comunità, anche se non sono misurabili in termini di ricchezza prodotta. Esempi di esternalità positive sono le piste ciclabili, la riduzione delle emissioni di inquinanti, il verde pubblico, la sicurezza, mezzi pubblici puntuali, strade in buono stato o assenza di rifiuti. Questi elementi a Milano sono centrali nel dibattito politico e sociale, mentre a livello nazionale l’aspetto esclusivamente economico è dominante, come attesta la questione reddito cittadinanza-flat tax.

Imprese e organizzazioni che svolgono attività sociali

In un modello ecosistema in cui hanno importanza i benefici non monetari per la comunità è naturale che ci siano soggetti incentivati a porre in essere attività ad alto impatto sociale. Milano è capitale nel terzo settore, con associazioni ed enti no profit, ma non solo. E’ anche una città in cui molte imprese non si limitano a perseguire il loro successo ma si preoccupano di avere un impatto positivo nella comunità. In più, diversi servizi di rilevanza sociale vengono forniti direttamente da privati, come le attività della sharing economy o le app di supporto e di informazione su servizi pubblici.
A Milano l’impatto sociale produce economia e benessere, cosa che difficilmente avviene a livello nazionale.

Lo spirito di comunità

L’Italia è divisa, Milano è unita. Entrambe sono costituite da cittadini che hanno idee, caratteristiche e stili di vita diversi. Anche a Milano ci sono gruppi che difficilmente entrano in contatto tra loro, esistono barriere invisibili tra classi sociali o aree. Eppure rispetto all’Italia a Milano ognuno si sente parte di una comunità. Questo perchè vivere a Milano significa sentirsi parte della città, considerarla come cosa propria di cui bisogna avere cura e per cui bisogna darsi da fare. Uno spirito di comunità che si fa vivo quando ci sono problemi, come gli imbrattamenti a inizio di Expo, e che si basa su una mentalità di un cittadino che si sente responsabile di quello che viene fatto o non fatto nella sua città. E che agisce di conseguenza.
Lo spirito di comunità favorisce lo sviluppo dell’economia, la collaborazione e riduce le spese dello Stato semplicemente perchè lo Stato deve fare meno per tutelare e valorizzare il bene comune.

Orientamento al fare

Milano è una città non sempre facile. Pretende molto da chi ci vive. E’ una città che giudica e che può risultare diffidente e sprezzante. Eppure è una città aperta e tollerante con tutti, nel senso che per farsi accettare basta una cosa sola: darsi da fare. Se tu ti impegni, lavori e ti rendi utile, non importa chi sei o da dove vieni: Milano ti accoglie con le braccia aperte. Milano sa essere spietata con chi distrugge o perde tempo, ma è molto generosa con chi si rimbocca le maniche.
Un orientamento al fare che pone tutti sullo stesso livello e che se esteso al resto in Italia potrebbe consentire di superare barriere e intolleranza favorendo lo sviluppo di attività produttive e di una mentalità costruttiva e rispettosa del lavoro.

Media e cultura sono uno stimolo al miglioramento

In Italia si fanno polemiche su tutto. Per uno che fa ci sono mille che criticano. E i media ingigantiscono tutto questo alimentando un clima di fango che avvelena le coscienze. A Milano non è così. Anzi, gli stessi media che a livello nazionale danno fiato alla negatività, a Milano si concentrano sui fatti e sono orientati a favorire un miglioramento della situazione con indicazioni, stimoli o critiche costruttive. Gli stessi milanesi non amano le sterili polemiche e disdegnano chi rappresenta la città in modo denigratorio.
Vivere in una cultura orientata al miglioramento consentirebbe al resto del Paese di incentivare a fare invece che a vivere per denigrare gli altri.

Qualificare e valorizzare le eccellenze

Mentre in Italia si passa gran parte del tempo a dibattere su ciò che non funziona, Milano è invece fiera delle sue eccellenze. La Scala, il Fuorisalone, la Moda, le imprese di punta, i grattacieli, le trasformazioni urbane sono vissute dai cittadini come motivo di orgoglio personale. Anche perchè ognuno sa in cuor suo che una parte rilevante del successo di qualcuno deriva dall’ambiente in cui quel successo prende forma. Proprio per questo i cittadini sono felici delle iniziative di successo della città così come chi ha successo tende a ridare parte della sua fortuna alla comunità.
Tutto questo purtroppo manca in Italia dove si tende più spesso a gioire delle disgrazie che dei successi degli altri.

Il coraggio di mettersi in gioco a livello internazionale

L’Italia vive in un senso di inferiorità nei confronti dell’estero. Tende a evitare il confronto con i Paesi più evoluti per non provare la frustrazione del vedersi indietro. Questo atteggiamento la porta a perdere lo stimolo a una competizione migliorativa e vedere l’estero con inferiorità porta l’Italia spesso a subire passivamente ciò che accade al di fuori dei nostri confini. A Milano questo non esiste. Milano vive il mondo come un terreno di sfida in cui ambire a giocare da protagonisti. Questo modo di confrontarsi ha portato Milano a crearsi degli spazi di eccellenza mondiale e riconosciuta. E se accade di perdere, come è stato per l’Ema, Milano si rialza e rilancia. Anche perché se non è Ema, saranno le Olimpiadi.

ANDREA ZOPPOLATO

Clicca per partecipare al grande sogno di Milano
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Prima dello Zelig il più celebre locale di cabaret in Italia era il Derby

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In via Monte Rosa, zona San Siro, c’è una palazzina liberty che negli anni sessanta e settanta ospitava il più celebre locale di cabaret in Italia. Era il Derby, nato dall’intuizione di Gianni Bongiovanni, che lanciò al successo Cochi e Renato, Boldi, Jannacci, Bisio, Teocoli e Abatantuono che era il figlio della cassiera.

Dopo la sua chiusura nel 1986 ne hanno raccolto l’eredità Gino e Michele aprendo in viale Monza lo Zelig.

Fonte: Milano d’Italia, Alberto Pezzotta- Anna Gilardelli, Bompiani

 

Synecdoche New York per Racconti Immaginari

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Hai presente il film Synecdoche New York, di Charlie Kaufman?

In pratica, è la storia di un regista teatrale ipocondriaco che ha diversi problemi a rapportarsi persino con sè stesso, il quale durante la preparazione di un nuovo spettacolo arriverà a confondere realtà e finzione.

Direi che Synecdoche New York ha una trama abbastanza… onirica, di quelle che piacciono tanto a me.

Perchè te ne sto parlando?

Perchè questo mercoledì, in occasione dell’istallazione “Racconti Immaginari” di Paolo Ventura esposta all’Armani Silos, a partire dalle ore 20.00, verrà proiettato proprio Synecdoche New York, così ne approfitti anche per dare un’occhiata a questa mostra a dir poco onirica: Paolo Ventura ha, infatti, selezionato una serie di titoli cinematografici per condurre lo spettatore in modo totalmente surreale all’interno della sua mostra.

Mai come in questa occasione, arte e cinema correranno su binari paralleli, decisamente vicini: io ti consiglio caldamente di partecipare, anche perchè l’ingresso è gratuito su prenotazione.

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Via Paolo Sarpi e le chicche di Chinatown: breve guida al quartiere più di tendenza nel cuore di Milano

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Gli hotspots di Chinatown evidenziati nell'articolo

Da quando tra il 2010 e il 2011 via Paolo Sarpi fu rimessa a nuovo da un intervento di riqualificazione urbana, attuato con una ripavimentazione in pietra unita a un ornamento di aiuole ed alberi che ha creato un percorso pedonale, l’arteria principale del quartiere cinese di Milano è improvvisamente diventata una delle zone più alla moda della città.

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La nuova faccia di via Paolo Sarpi

We Chinatown

La Chinatown milanese è un puntino nella geografia delle chinatown mondiali, ma ha comunque molto da raccontare.

L’immigrazione cinese a Milano inizia nel 1920, nel triangolo formato da via Canonica, via Bramante e via Sarpi, con un gruppo che va dai 40 ai 150 componenti, arrivati da Parigi, dov’erano stati reclutati come manovalanza dal governo francese durante la Prima Guerra Mondiale.

Similmente alla stragrande maggioranza dei cinesi presenti a Milano e in Italia, anche loro provenivano dallo Zhejiang, la provincia orientale costiera sita appena sotto Shanghai, grande un terzo dell’Italia ma (quasi) col suo stesso numero di abitanti, una regione sì ricca ma con diseguaglianze mostruose, figlie anche del suo difficile territorio: montuoso, ostile, povero di campi agricoli non appena ci si allontana dal mare.

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Wenzhou, nello Zhejiang, città d’origine di molti dei cinesi in Italia

Oggi a Milano vivono circa 27’000 cinesi e, sorpresa, non tutti dimorano tra via Paolo Sarpi e dintorni e a Chinatown neppure rappresentano la maggioranza.

La storica vocazione al commercio della zona (già “borgo degli ortolani” prima di diventare “quartier generale dei cinesi” durante il fascismo e Chinatown poi), unita al sovraffollamento dei laboratori-abitazione cinesi del quartiere e alla vicinanza col centro città, hanno fatto schizzare in alto i prezzi degli affitti, cosicché molti dei cinesi di Milano vivono tra Niguarda, Bicocca e Comasina, e Chinatown rimane saldamente in mano agli italiani.

Si fa per dire, perché, come si nota camminando per le strade, gli esercizi commerciali sono chiaramente quasi tutti cinesi.

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Uno scaffale di Kathay Food, in via Canonica

I posti da provare almeno una volta nella vita

Nel quartiere Sarpi convivono a stretto contatto alcune delle eccellenze meneghine con la rampante realtà cinese odierna: emblematico il caso della Ravioleria Sarpi, pluripremiata per la qualità dei suoi ravioli baozi e per aver portato lo street food milanese a livelli mai toccati prima, che si rifornisce dall’adiacente macelleria Sirtori, bottega storica di Milano risalente al lontano 1931.

Da segnalare anche il contrasto esistenziale tra due famosi vicini del quartiere: la pittoresca pasticceria Maki, che propone di tutto, dagli improbabili waffles a-là-cinese al bubble tea tanto in auge, situata a pochi passi dalle Cantine Isola, altra bottega storica milanese (aperta nel 1896), uno dei migliori locali della città dove andare a sorseggiare un calice di vino.

TripAdvisor, la Bibbia dell’uomo contemporaneo quando si parla di cibo, segnala anche la pasticceria Huang Ji Dessert (gli utenti raccomandano i suoi frullati e i dolci di Hong Kong), situata all’interno dell’Oriental Mall, il centro commerciale aperto nel 2013 su cinque piani con spazio benessere, abbigliamento e giochi, amatissimo dai turisti orientali, e il ristorante Hua Cheng, in via Giordano Bruno, possibilmente il migliore di Chinatown, non foss’altro per assaggiare specialità cinesi non facili da trovare e per andare oltre il solito involtino primavera.

Chinatown è un microcosmo che sa farsi specchio del mondo: via Canonica ha da poco accolto Kathay Food, il più grande supermarket etnico d’Italia, che offre più di 10’000 prodotti alimentari tipici, dalla Thailandia al Brasile.

Inoltre, in piazza Antonio Gramsci troviamo uno dei Carrefour più innovativi dello scenario mondiale, sede di cooking show e di percorsi formativi per sommelier, allestito come la catalana Boqueria e ricco di prodotti a chilometro zero.

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Foto dal capodanno cinese a Milano

Nel quartiere cinese, l’Italia si difende benissimo: oltre alle già citate botteghe storiche, in Chinatown hanno sede la Pasticceria Martesana, vincitrice nella sua categoria dei ViviMilano Awards – Food & Drink 2017, e PastiCherì di Lucia Stragapede, allieva del mastro pasticciere tedesco Ernst Friedrich Knam, che serve le migliori brioches, torte e mousse della zona.

Un importante segnale della sempre più crescente assimilazione di Chinatown al tessuto sociale cittadino è arrivato in occasione dell’ultimo capodanno cinese, festeggiato da più di 100’000 persone (mai così tante) che hanno invaso via Sarpi per celebrare l’ingresso nell’anno del cane.

Non siamo ancora ai livelli di New York, dove per la stessa occasione hanno addirittura sparato degli spettacolari fuochi d’artificio sull’Hudson, ma anche questo è un sintomo dell’internazionalizzazione di Milano, che procede spedita e in maniera tangibile, in posti come Chinatown.

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Foto dal capodanno cinese a New York

Le difficoltà dell’essere grandi

Ora la sfida sarà riuscire a mantenere vibrante un quartiere che, dopo la ventata di novità degli ultimi tempi, rischia di uscire dalla vetrina milanese, tra i completamenti dello Human Technopole e di CityLife e la riqualificazione degli scali ferroviari che cambierà volto alla città.

Sarpi ha superato i momenti difficili giunti all’inizio del nuovo millennio, dovuti alle tensioni tra i commercianti e abitanti italiani con i cinesi e alla presenza di varie bande mafiose della Triade, combattute fino ad arrivare all’arresto di tre suoi boss tra il 2007 e il 2015.

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Uno dei simboli della Triade, la criminalità organizzata cinese

Il quartiere negli ultimi anni è migliorato mano nella mano con la città, e ormai le tensioni hanno lasciato spazio agli aneddoti: almeno una volta nella vita praticamente ogni milanese si è domandato perché i cinesi non muoiono mai, e nessuno può dire di aver assistito a un loro funerale.

Su 80’000 ultraottantenni che abitano nel capoluogo lombardo, però, non ci sono cinesi: addirittura, oltre un quarto di loro è minorenne. Per di più, essendo atei o agnostici, non celebrano riti. Il loro funerale contempla solo la visita alla salma da parte dei parenti, e moltissimi nel testamento chiedono di essere riportati in Cina.

Eppure c’è chi giura di aver visto almeno una trentina di tombe di cinesi nei cimiteri milanesi: ecco un’ottima idea per una caccia al tesoro domenicale!

BONUS: ai più curiosi segnaliamo “Giallo a Milano”, il docu-film di Sergio Basso che approfondisce la conoscenza della comunità cinese a Milano e, quindi, del quartiere Sarpi.

HARI DE MIRANDA

 

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Gli hotspots di Chinatown evidenziati nell’articolo

La Borsa per nervi di ghiaccio: 5 aziende nella Black List Consob su cui si potrebbe scommettere un euro

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Forse non tutti sanno che ad alcune società quotate nella borsa di Milano, che hanno evidenziato problemi finanziari, la Consob richiede di fornire un’informazione con cadenza mensile sulla propria situazione aziendale e finanziaria per tutelare i risparmiatori. Si tratta di aziende considerate ad alto rischio, spesso con valori che riflettono questo rischio. Alcune di loro presentano un interessante rapporto rischio/rendimento*
Qui l’ultimo elenco delle 23 società inserite nella Blacklist della Consob: Blacklist.

5 aziende nella Black List Consob su cui si potrebbe scommettere un euro

#1 STEFANEL: si aspetta un 2018 in crescita


Dopo anni di difficoltà si inizia a vedere qualche spiraglio positivo. L’esercizio 2017 è stato caratterizzato dai fatti ed eventi che hanno consentito la riorganizzazione del Gruppo grazie alla riduzione dei costi, al processo di ristrutturazione finanziaria e rafforzamento patrimoniale del Gruppo.

Il rilancio dell’azienda di abbigliamento veneta è in stadio di avanzamento: si punterà principalmente sul potenziamento della linea stilistica, su maggiori investimenti pubblicitari e sul refurbishment dei punti vendita. Inoltre sono previsti la chiusura di punti vendita non performanti ed un maggior rafforzamento all’estero. Questi sono alcuni dei principali obiettivi sui quali l’azienda si focalizzerà con l’obiettivo di realizzare un ebitda consolidato positivo e flussi di cassa operativi positivi a partire già dall’esercizio in corso;  un patrimonio netto consolidato positivo; risultati netti consolidati positivi per effetto della gestione ordinaria a partire dall’esercizio 2020 e in crescita nell’arco del piano industriale che terminerà nel 2022.

Nel 2018 il titolo Stefanel potrebbe finalmente iniziare a beneficiare del progetto aziendale portando beneficio anche ai piccoli risparmiatori.

Supporto 0.1590 euro (medio-lungo termine) per il test in area 0.1470 euro (1° target).

Resistenza 0.2750 (medio-lungo termine) per il test a 0.2951 euro.

#2 RISANAMENTO: l’anno del rilancio del quartiere Santa Giulia?

santa giulia fonte: pro Iter
santa giulia fonte: pro Iter

Anche per Risanamento il 2018 potrebbe essere l’anno del rilancio. La società immobiliare si focalizzerà sullo sviluppo della iniziativa immobiliare di Milano Santa Giulia (Risanamento e Lendlease) che potrebbe essere il punto di svolta ma non nel breve periodo. Infatti questi investimenti (area Nord e Sud di Milano S. Giulia, quartiere residenziale) porteranno i loro benefici nel medio/lungo periodo in quanto gli investimenti sostenuti sono destinati a dar luogo a ritorni non immediati in termini sia economici che finanziari. Il business plan per le aree prevede un investimento complessivo di circa 115 mln di euro, incluso il valore delle aree edificabili pari a 34 mln di euro.
Nel 2017 era prevista la vendita del Complesso Sky, delle Torri del Quartesolo e Grosio per una valore di circa 6 mln di euro, così come previsto nelle linee guida strategiche 2016/2017, ma fino ad oggi non si è arrivata a nessuna conclusione quindi la società immobiliare ha ancora questa carta da giocare, sarà la volta buona?
Supporto area 0.028 euro (medio-lungo termine) per il test in area 0.02650 euro in prima battuta

Resistenza 0.039 euro (medio-lungo termine) per il test in area a 0.042 euro in prima battuta.

#3 BRIOSCHI: per chi crede nella ripresa dell’immobiliare


Altro titolo immobiliare presente nella Black List Consob è Brioschi Sviluppo Immobiliare: l’attività è basata sullo sviluppo integrato di grandi aree urbane mediante la progettazione e la realizzazione di complessi innovativi.

Nel 2018 potrebbe esserci il rilancio del settore immobiliare e Brioschi continuerà nel proprio progetto di crescita e investimenti (il Gruppo procederà nelle attività operative coerentemente con i piani aziendali). La strategia aziendale già sta dando i suoi primi frutti, infatti la posizione finanziaria netta migliora sensibilmente (45,8 milioni di euro del 31/03/2018 rispetto a 127,1 milioni di euro al 31 dicembre 2016), grazie a nuove vendite immobiliari per un valore di circa 97 milioni di euro. I proventi della cessione consentono di ridurre l’esposizione nei confronti del sistema creditizio di circa 49 mln di euro, ciò permetterà di far fronte agli impegni finanziari futuri di medio periodo. Probabilmente ci vorrà ancora del tempo per ridurre l’indebitamento ma la strada che sta percorrendo il gruppo immobiliare sempre essere quella giusta.

Supporto 0.0700 euro (medio-lungo termine) per il test in area 0.067 euro in prima battuta

Resistenza 0.091 euro (lungo termine) per il test in area a 0.100.

#4 BIALETTI: aria di rimbalzo tecnico


Bialetti, leader in Italia nel mondo dell’Houseware, prosegue lungo la via delle vendite ed i corsi potrebbero raggiungere a breve il supporto grafico. Il titolo da circa 6 mesi continua a perdere terreno (-25%) e non accenna ad arrestarsi.

Nel 2017 la società aveva reso noto che non avrebbe raggiunto gli obiettivi previsti dal piano industriale 2013-2017 (adc nel 2015); ora Bialetti si lancia nel nuovo Piano Industriale 2018-2020 che si baserà su un maggior presidio dei mercati esteri a più alto potenziale di crescita; riduzione del capitale circolante; ridimensionamento e riorganizzazione della controllata turca CEM Bialetti.

Supporto 0.468 euro (medio-lungo termine) per il test a 0.450 euro in prima battuta (area 0.4100 euro 2° target)

Resistenza 0.600 euro (lungo termine) per il test a 0.670 euro.

 

#5 GABETTI: l’aumento di capitale ancora non basta


L’aumento di capitale ha permesso il riequilibrio della struttura patrimoniale e finanziaria del Gruppo ma il titolo, almeno per il momento, non continua a beneficiarne, anzi sfiora i minimi storici.

Nell’esercizio 2018, il proseguimento dello sviluppo delle attività dovrebbe consentire la continuazione del percorso di crescita ed il miglioramento dei risultati. Il contesto immobiliare è in miglioramento dal punto di vista di transazioni e di prezzi ed il fatturato del gruppo è previsto in aumento. Le prospettive del mercato immobiliare in Italia sono rosee, le richieste sono previste in crescita sul segmento prima casa anche se ancora su immobili non di alto valore.

Supporto 0.370 euro (medio-lungo termine) per il test a 0.3433 euro in prima battuta.

Resistenza 0.500 euro (lungo termine) per il test a 0.5480 euro.

PASQUALE FERRARO

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San Siro ospitò una finale del campionato mondiale di pugilato

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11 maggio 1961. Allo stadio San Siro davanti a 40 mila spettatori ha luogo la finale del campionato mondiale di pugilato welter junior, tra Duilio Loi e il portoricano Carlo Ortiz. Vince l’italiano ai punti dopo quindici riprese.

Fonte: Milano d’Italia, Alberto Pezzotta- Anna Gilardelli, Bompiani

Lana Del Rey a Milano

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Lana Del Rey è universalmente conosciuta per il pessimismo e la depressione intrinseci dei suoi testi.

Prendiamo questo pezzo:

“Blue jeans, white shirt
Walked into the room you know you made my eyes burn
It was like James Dean, for sure
You so fresh to death and sick as ca-cancer
You were sorta punk rock, I grew up on hip hop
But you fit me better than my favorite sweater, and I know
That love is mean, and love hurts
But I still remember that day we met in December, oh baby…”

Malinconia portami via…

E questo è solo uno di tutti i pezzi di Lana Del Rey che potrai ascoltare questo mercoledì, dalle ore 20.00, al Mediolanum Forum di Assago.

Se non sei scaramantico e, tutto sommato, Lana De Rey non ti dispiace (c’è da riconoscere, infatti, che ha una voce notevole), scaldati per bene le corde vocali e fatti un riposino pomeridiano, perchè dovrai essere in ottima forma per goderti il suo concerto.

E’ inutile dire che è un appuntamento imperdibile e che sicuramente vale i 57,50 euro del biglietto… no?

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Milano capitale gay friendly – La mappa dei locali LGTB

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Tra le varie cose di cui è capitale Milano, la moda, il design, il food, la finanza, le tendenze, Milano è anche la capitale gay friendly. Chi a Milano bazzica già da anni, sa che nella zona di Porta Venezia c’è una bella movida gaia, assolutamente da non perdere. Ma per facilitare i nuovi arrivati, andiamo dritto al sodo. Ecco allora la mappa dei locali più LGBT di Milano.

CLICCA QUI PER ANDARE SULLA MAPPA

mappa locali gay friendly milano

#1. Blanco

Piazzale Lavater (zona Porta Venezia)

Uno dei più famosi bar gay friendly di Milano, conosciuto per i buoni cocktail e la bella musica.
Consigliatissimo durante i mesi meno freddi, quando si può stare all’aperto sulla terrazza fronte strada. www.blancomilano.it

#2. Red Café

Via Lecco, 5 (zona Porta Venezia)

Un piccolo bar con sei tavoli in tutto. Ogni venerdì sera il Red Cafè propone ai suoi clienti un aperitivo multietnico. Anche la clientela è mista: si distingue tra eritrei, etiopi ed italiani che siedono gli uni accanto agli altri. Zainesh, la proprietaria, detta La Za, è diventata oramai un’istituzione nel quartiere. Red Café Fan Page

#3. Plastic

Via Gargano, 15 (zona corso Lodi)

Drag Queen molto folkloristiche ed etero estroversi: sono questi gli habituè del Plastic. Nonostante il cambio di location, ogni weekend da oltre 20 anni è meta di personaggi più o meno celebri provenienti da mondi diversi. Le serate di venerdì, sabato e domenica infatti sono aperte ad un pubblico variegato e non necessariamente LGBT.
Ultimamente è un po’ criticato per la rigidissima selezione all’entrata, ritenuta leggermente snob, senza avere motivo di esserlo. Plastic su Instagram

#4. Armani Privé (giovedì sera)


Via Gastone Pisoni (Quadrilatero)
Club alla moda firmato Armani, situato proprio sotto il famosissimo ristorante Nobu e frequentato da quella fetta di pubblico internazionale che ama gli ambienti esclusivi, il giovedì sera si trasforma in un must per la community LGBT. Il salotto dal look minimal e moderno offre anche una terrazza bellissima aperta durante i mesi caldi. Decisamente trendy e di classe. http://armanipriveclub.com/

 

#6. Vogue Ambition  (Sabato sera)

Un tempo era appuntamento fisso all’Amnesia. Vogue Ambition è la serata LGBT dove la parola d’ordine è l’eccesso, che dal venerdì si è ricollocata il Sabato, dove il dancefloor si anima al ritmo di musica anni ’80, italiana, dance e pop. Free entrance garantita in un luogo dove musica e stravaganza si fondono in un clima di festa. Bello ma TRASH TRASH TRASH! Per seguire gli appuntamenti, consigliamo di seguire la pagina Facebook della serata.

#7. Toilet Club

Q21 – Via Padova, 21

Incredibile locale gay friendly che ai suoi albori ha fatto parte del circolo Arci. Nonostante la nuova location, l’aspetto più distintivo  del posto è rimasto – dei bei water a mo’ di sedute. Uno dei punti di forza del locale, oltre alla selezione musicale variegata e adatta a tutti i gusti, è l’ingresso gratuito fino a mezzanotte, 10€ con drink fino alla chiusura. Consigliato per chi vuole ballare e divertirsi spendendo molto meno della media delle serate milanesi. Erik & Croce, propietari(e) del Toilet, tengono talmente tanto alla Clientela che per celebrare l’unione civile hanno anche organizzato una festa ad-hoc: “Toilet vergogna, Sceme da un Matrimonio”. Questo aneddoto basta per farcelo piacere direi, no?  http://www.circolotoilet.it/

#8. G-Lounge

Via Larga, 8 (Centro)

Nelle vicinanze del Duomo c’è invece il G-lounge, uno dei primi locali gay aperti a Milano. Situato in pieno centro e comodamente raggiungibile con i mezzi pubblici, ogni sera accoglie una clientela folta. Vengono organizzate serate a tema e va fortissimo la serata hip-hop (meno gay e più etero, ma molto New Yorkese). G Lounge FB

#9. Leccomilano – Un buco di bar

Via Lecco, 5 (Porta Venezia)

Il detto dice “un nome, un programma“, e si potrebbe applicare benissimo a questo barettino di zona che offre colazioni gustose, aperitivi appetitosi e cocktail fantasiosi. Una vera hipsteria a tutto tondo, recentemente ampliata visto il grande successo ottenuto dall’accogliente-accoglienza dei gestori/propietari. Era un buco di bar, ora non più, ma l’atmosfera è sempre la stessa. www.leccomilano.it

#10. Mono

Via Lecco, 6 (Porta Venezia)

Rimanendo nel quartiere più LGBT di Milano, all’angolo con via Panfilo Castaldi si può trovare uno dei locali più gettonati per un pre e post-aperitivo, immergendosi in un’atmosfera rigorosamente anni ’70. Da DJ set a mostre, il programma varia sempre, e la gente pure. Gay friendly e variegato. Mono su FB

#11. Black Hole

Viale Umbria, 118 (Porta Vittoria)

Il Black Hole, detto BH per gli amici, è una discoteca oramai storica nell’ambiente LGBT. Dimenticatevi l’elettronica per danzare come matti a ritmo di musica pop, rock e revival. Tira moltissimo in estate, quando il locale sfoggia gli spazi all’aperto (segnatevelo per le belle stagioni). Black Hole su FB

#12. Il Venerdì La Boum @ Arizona 2000

Via Natale Battaglia, 12/14 (NoLo)

Spostiamoci a NoLo (nuovo slang per definire il quartiere a NOrd di LOreto), per un venerdì sera indimenticabile. La Balera Arizona 2000 si trasforma e da mezzanotte, ogni venerdì, tra coppiette anziane, giovanotti e drag queen si balla a ritmo di canzonette da cantare a squarciagola. Avete detto che volete una serata figa? Allora non mancate. La Boum su FB

#13. Milleluci Trattoria Pop

Via Rosolino Pilo, 7 (Porta Vittoria)

Last but not least,  non si può non menzionare una delle poche trattorie che oltre ad essere buone sono anche divertenti. Avete capito bene, divertenti. In pieno mood anni ’80/’90 non si riesce a resistere dall’intonare a squarciagola pezzi super revival. Ma mangiar cantando non è l’ultima caratteristica: dopo cena la gente inizia ad alzarsi per ballare tra i tavoli al ritmo della Carrà, Celentano, Cuccarini e chi più ne ha più ne metta. Pop & Top! Milleluci su FB

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mappa locali gay friendly milano

Milano sta perdendo la Brexit

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milano brexit

Milano rischia di rimanere a bocca asciutta con la BrexitUn rapporto internazionale indica che nessuna fra le compagnie che lasceranno Londra ha scelto di trasferirsi nella nostra città.

In totale, ben 336 aziende di livello mondiale abbandoneranno o ridimensioneranno considerevolmente la loro sede inglese per migrare in uno dei paesi dell’eurozona, che garantiscono un accesso privilegiato e decisamente più snello a tutta l’Unione Europea.

L’ultimo rapporto dell’olandese KPMG, una delle quattro maggiori società di revisione aziendale dominanti sul mercato, non lascia scampo a Milano.

milano brexit
La City di Londra, il distretto finanziario che più soffrirà la Brexit

Tra le 85 compagnie prese in considerazione dominano quelle del settore finanziario (37), e nessuna di loro sceglierà la nostra città per traslocare il proprio quartier generale.

Fra queste sono comprese le agenzie europee dell’EMA, già protagonista di un caso ampiamente discusso che ha visto Amsterdam prevalere su Milano in seguito a sorteggio, dell’EBA (European Banking Authority, l’autorità europea che ha il compito di sorvegliare il mercato bancario dell’Unione), che andrà a Parigi, e del Galileo Satellite System, che gestisce il sistema di posizionamento e navigazione satellitare civile sviluppato in Europa in alternativa al GPS statunitense, promesso a Madrid.

milano brexit
Una delle sedi principali del Sistema Galileo, a Praga. Per Milano, niente

Medicina, finanza, tecnologia: campi nei quali l’Italia e Milano eccellono, eppure non siamo stati capaci di persuadere nessuna grande realtà a scegliere noi per il dopo-Londra.

Analizzando il report di KPMG, scopriamo che ben 32 tra le 85 compagnie elencate hanno individuato il Lussemburgo, già il primo paese dell’Unione Europea per RNL (Reddito Nazionale Lordo), come loro prossima sede, e di queste ben 17 sono realtà operanti nel settore finanziario al massimo livello.

Il Lussemburgo si è preso anche 5 delle 18 banche in gioco, al pari della Germania, e 8 tra le 24 compagnie assicurative in cerca di nuova dimora.

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Lothbury Street a Londra, sede tra le altre della Shangai Pudong Bank, che andrà a Lussemburgo

Madrid, oltre a Galileo, si prenderà anche Admiral Group, un importante gruppo assicurativo. Parigi, insieme all’EBA, due banche (tra cui HSBC!), due gruppi finanziari e la Global Aerospace, la maggiore compagnia di consulenza e assicurazioni per le linee aeree degli Stati Uniti.

Non è finita: anche l’Irlanda e Dublino faranno il botto, con 3 banche, 7 compagnie assicurative e 6 gruppi finanziari, per un totale di 16 società tra le quali figurano Bank of America, Barclays e JP Morgan.

milano brexit
Uno scorcio dell’ International Financial Services Centre, la Zona Economica Speciale di Dublino

Da questa analisi possiamo cogliere sostanzialmente due aspetti: il primo riguarda la centralità che Londra riveste (rivestiva?) nello scenario europeo e quindi globale, dato che non c’è una big dei principali settori che non abbia sede lì, e infatti dell’opportunità nata dalla Brexit ne stanno beneficiando quelle che sono sì importanti città europee, ma che, in un certo senso, sono come avvoltoi su un animale ferito (il 60% dei londinesi votò per il remain al referendum sull’uscita dall’UE).

La Greater London gode di grande autonomia in seguito a un referendum del 1998, e ora il sindaco Sadiq Khan sta disperatamente studiando un metodo per rendere Londra una città-stato de facto, per avere ancora più potere decisionale e ovviare ai problemi posti dalla Brexit.

milano brexit
L’area della Greater London

Il secondo aspetto riguarda noi e Milano, città che sempre di più avrebbe bisogno di poter decidere del proprio destino senza passare dalla pesantezza dell’apparato burocratico e dalla lentezza del sistema giuridico italiani, che allontanano le imprese e la voglia di costruirne.

Dopo il referendum inglese, le speranze per la nostra città di raccogliere almeno qualche briciola da Londra erano tante, ora sono sempre più fumose: di fatto, il comitato del Milano European Financial Hub, creato appositamente, non è servito a nulla.

Milano resta comunque una realtà che indipendentemente da tutto sta riuscendo ad innovarsi e a crescere verso il futuro. Speriamo sia capace di costruirselo in Europa, non solo in Italia.

HARI DE MIRANDA

Vedi anche: Brexit: le 5 grandi opportunità per Milano (che ci stiamo facendo sfuggire)

Il finale di Rocco e i suoi fratelli fu girato in un finto Idroscalo

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Il finale drammatico di Rocco e i suoi fratelli è ambientato all’Idroscalo. Così racconta la storia. In realtà quelle scene sono state girate sul lago di Fogliano, in Lazio, perché l’allora Presidente della Provincia, Adrio Casati, proibì a Luchino Visconti di fare riprese all’Idroscalo. “Non abbiamo concesso a Luchino Visconti di girare all’Idroscalo”, disse il Presidente, “perché riteniamo che non si tratti di una pellicola propriamente di… bella vita. Noi pensiamo che l’Idroscalo stia per diventare il polmone della città: un luogo per gente sana, sportiva, per i giovani”.

Dopo l’uscita del film proseguirono i guai per Luchino Visconti che fu scagionato dall’accusa di oltraggo al senso del pudore solo sei anni dopo la sua realizzazione.

Fonte: Milano d’Italia, Alberto Pezzotta- Anna Gilardelli, Bompiani

Quiz Night alla Santeria

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Quello che sto per proporti… è un quiz.

Ma non ci sarà l’aiuto da casa e nemmeno il 50 e 50.

Non potrai domandare l’opinione del pubblico e non ci sarà Gerry Scotti.

Sto parlando della Quiz Night della Santeria, una serata durante la quale la tua squadra potrà sfidare le altre fino all’ultima domanda.

Questo martedì, a partire dalle 19.45 potrai iscrivere la tua squadra di 4 persone alla sfida da aperitivo più agguerrita di sempre… con ingresso gratuito, per di più.

I temi saranno musica, cinema e molto altro ancora, ma la cosa più allettante sarà, ovviamente, il premio: Birrette e brunch a nastro per i vincitori.

Non scannatevi però, che c’è da bere per tutti. Che vinca il migliore.

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I detti milanesi: da Stà schisc! alla schiscetta

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milano stare schiscio

Stà schisc, è un tipico modo di dire meneghino. Indica il farsi metaforicamente piccolo, lo schiacciarsi verso il pavimento per non farsi notare. Si usa per esprimere l’atteggiamento di chi tace cose che sa e che potrebbe o dovrebbe dire, ma furbescamente preferisce rimanere reticente o guardingo.

Il non dar troppo nell’occhio, insomma, per varie ragioni.

Son staa schisc per avegh minga rogn“.

milano stai schiscio

Rivolto ad altri, è l’invito perentorio ad abbassare le ali, del tipo “stai al tuo posto”, non essere troppo appariscente o esuberante.

Il verbo che ne è alla base è ovviamente “schiscià“, cioè schiacciare, premere. Secondo il Cherubini (nel suo ottocentesco vocabolario milanese-italiano) un derivato è il termine Schiscetta, che un tempo indicava il cappellaccio a nicchio, che si portava appunto schiacciato sotto il braccio.

In tempi moderni il sostantivo femminile “schiscetta” prese ad indicare il contenitore per il pranzo che gli operai portavano sotto braccio, recandosi alla fabbrica. Contenitore in alluminio, dentro al quale era ben schiacciata un’abbondante porzione di pasta, di minestrone, o di altra pietanza che le mogli avevano preparato. Ne fu anche brevettato uno specifico modello, dalla Caimi Brevetti s.p.a. nel 1952, all’alba del boom economico.

milano stai schiscioOggi, più semplicemente, il termine indica l’azione di portarsi da casa il cibo da consumare nella pausa pranzo (o meglio, a Milano, a colazione).

Concerto nel buio

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Dicono che la musica si gusta meglio ad occhi chiusi, isolandosi il più possibile. Del resto, facendo a meno di uni dei cinque sensi, si amplificano tutti gli altri. Questa sera, senza chiudere gli occhi, proverai un’esperienza musicale straordinaria. Infatti, il concerto sarà al buio al Piano Terra di Palazzo Reale. Si, hai capito bene: immagina di viaggiare con la mente su note avvolgenti nella completa oscurità. In un primo momento, forse, potrà sembrarti strano, magari anche un po’ assurdo ma sono sicura che dopo i primi minuti ne sarai rapito. Ti faranno sedere in mezzo alla sala e i musicisti si posizioneranno ad ogni angolo: ecco come le note ti arriveranno da ogni parte, altro che dolby surround. Un’esperienza sensoriale pazzesca, non trovi? Ah, dimenticavo: per questa sera lo stile sarà davvero unico, con suggestioni orientali di Bali Dharma, un quartetto davvero particolare. Insomma, uno spettacolo imperdibile, da assaporare fino in fondo e… senza guardare.

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Quando a Milano vincevano i CATTIVI: Turatello, Epaminonda, Vallanzasca e la mala degli anni 70

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mala milano anni 70

Dopo la violenza spregiudicata profusa a piene mani dalla Banda Cavallero nel 1967 in largo Zandonai, gli anni settanta si presentarono con il loro tragico biglietto da visita. Anni di piombo, anni irrequieti, non solo per le violenze politiche e le contestazioni di piazza, con scontri e morti, ma anche per l’incattivirsi della criminalità, più vera e cruenta rispetto a quella alla quale ci si era abituati in precedenza.

Quando a Milano vincevano i CATTIVI: Turatello, Epaminonda, Vallanzasca e la mala degli anni 70

Milano era da considerare una vera metropoli, una città europea, in espansione urbanistica, con un milione e settecentomila abitanti (il picco più alto), punteggiata di fabbriche e banche. Insomma, la città più ricca nel ricco nord della penisola. Qui si concentravano lusso, soldi, potere, e di conseguenza, malavita.

Come funghi velenosi erano spuntati night club e bische, dove di notte venivano spesi a fiumi i soldi che di giorno erano stati rapinati nelle banche, o estorti con i sequestri di persona.

mala milano anni 70

Come se non bastasse, prende forma in quegli anni il terrorismo. E subito dopo, ecco la mafia e la ‘ndrangheta calabrese. La ferocia dilaga per le strade, il sangue scorre a fiumi, non meno di cento morti ammazzati all’anno (tra il 1970 e il 1980). Non a caso imperversano le pellicole cinematografiche del genere poliziottesco.

Milano odia, la polizia non può sparare; Il giustiziere sfida la città; Milano violenta, questi i film proiettati sul grande schermo, tanto perchè i milanesi non scordassero cosa li attendeva fuori dalle sale, nella vita reale, quella quotidiana.

Uscire di giorno, in certe zone o in certi momenti, poteva essere un azzardo; di notte, una follia. Aumentano i cittadini con il porto d’armi, gli imprenditori viaggiano veloci su Alfa blindate, molti si trasferiscono nelle nuove cittadine satellite nate come risposta alla domanda di maggior sicurezza e benessere.

Tra i numerosi protagonisti negativi di quegli anni maledetti, il podio spetta probabilmente a Turatello, Vallanzasca, Epaminonda.

mala milano anni 70

Francesco Turatello, detto Francis, inizia a dedicarsi alla gestione della prostituzione e delle bische clandestine all’alba degli anni settanta. Francis, la faccia d’angelo, espande ben presto i suoi traffici dedicandosi alla cocaina, che vende ai facoltosi clienti delle sue bische.

Presto mette in piedi una agguerrita banda, composta da un centinaio di uomini senza scrupoli. Figuri come Michele Argento, Franchino Restelli, Gianni Scupola, spadroneggiano in città facendo il bello e il cattivo tempo, terrorizzando cittadini e beffando le forze dell’ordine.

mala milano anni 70La banda Turatello si specializza nei sequestri di persona, un affare redditizio e molto sfruttato. Solo a Milano, se ne contarono 100 nel decennio ’73-’84. La carriera di Turatello termina con l’arresto in Cordusio nel 1977. La sua vita poco dopo, in carcere, nel 1981.

Renato Vallanzasca nasce a Milano, cresce tra via Porpora e il Giambellino, diviso fra le due famiglie che il padre aveva messo in piedi. Renato si mostra subito ribelle alle regole e attratto dai furti. Presto conosce il malsano ambiente del riformatorio e poco dopo quello ancora più avvelenato del carcere. Vallanzasca, assieme alla banda che i giornalisti avevano battezzato “della Comasina”, ma anche “dei drogati”, innalza il livello della violenza che Milano subisce quasi impotente.

Con gli uomini della sua batteria, tra i quali Mario Carluccio, Franco Carreccia, Rossano Cochis e Antonio Colia (il “Pinella” mago delle fughe in auto a cento all’ora), sottomette la città terrorizzandola con rapine cruente e sequestri di persona.

mala milano anni 70

Il 17 novembre 1976, una data indimenticabile nel calendario dei giorni neri per Milano, Vallanzasca e la sua banda tentano l’assalto all’esattoria di piazza Vetra.

Accorrono gli equipaggi di due volanti allertate dal direttore dell’adiacente Cariplo. E’ il giovane vicebrigadiere Giovanni Ripani ad intimare per primo l’alt. Presto nasce un fulmineo conflitto a fuoco: un malvivente muore subito, il poliziotto poco dopo, in ospedale. Un secondo delinquente armato è affrontato dall’agente Domenico Fraina, accorso per dar manforte al capopattuglia ormai esangue. Anche in questa sparatoria il rapinatore ha la peggio, finendo al Policlinico in gravi condizioni. Gli altri esponenti della banda fuggono disperdendosi. Grande clamore mediatico ha più tardi il sequestro ai danni della famiglia Trapani, con il rapimento della figlia adolescente.

Infine, Angelo Epaminonda, “il Tebano”, l’ultimo protagonista malavitoso prima della grande svolta degli anni ottanta.

mala milano anni 70

Siciliano, comincia la carriera criminosa nelle bische di Turatello, e quando questo è arrestato, cerca in tutti i modi di ereditarne potere e ricchezza. Presto, aiutato dalla mafia, passa al redditizio mercato degli stupefacenti, e si circonda di una nutrita schiera di delinquenti drogati detti gli Indiani, o Apaches. Tra loro, spiccano Angelo Scaranello, Demetrio Latella, Santo Mazzei. Epaminonda rende Milano il principale snodo europeo di smercio di cocaina ed eroina, primato che ancora oggi è riconosciuto alla città.

Sconvolge la città nel 1979, con la strage di via Moncucco, che rende Milano simile alle violente città americane.

mala milano anni 70

Arrestato nel 1984, passa involontariamente lo scettro ai capi di mafia, ‘ndrangheta, e organizzazioni straniere.

Con la sua uscita di scena, la mala milanese, quella nata come Ligera, con Barbieri e Ciappina negli anni quaranta, quella quasi eroica della rapina del 1958 di via Osoppo, quella prima dei banditi gentiluomini del calibro di Gesmundo e De Maria, poi violenta e sanguinaria degli anni settanta, finisce per sempre.

MAURO COLOMBO

Perchè Metanopoli si chiama così

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Nel primo dopoguerra si era già deciso di mettere in liquidazione l’Agip quando Mattei, incaricato della messa in liquidazione, si rifiutò proseguendo la ricerca mineraria nel sottosuolo della Pianura Padana che nel 1946 a Caviaga, vicino a Lodi, scoprì il primo giacimento di gas metano. Il 1953 Mattei fu nominato presidente dell’ENI con sede dal 1956 a San Donato Milanese che fu ribattezzata Metanopoli.
Mattei si distinse nello scenario internazionale per le alleanze controcorrente con i paesi arabi e l’Unione Sovietica. Si attirò molti nemici e quando il 27 ottobre del 1962 il suo arrivo in arrivo da Catania precipitò al suolo, furono in molti a sospettare che non si fosse trattato di un incidente ma di un attentato, anche se ancora oggi non è stato riscontrato nulla di certo.

Fonte: Milano d’Italia, Alberto Pezzotta- Anna Gilardelli, Bompiani

Post Zang Tumb Tuuum. Art Life Politics

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“Il coraggio, l’audacia, la ribellione, saranno elementi essenziali della nostra poesia”.

Questo è il secondo punto del Manifesto del Futurismo che Marinetti scrisse nel febbraio del 1909.


Con la forza di un tuono, queste parole sono eccheggiate per tutta Europa, segnando per sempre un’epoca. I futuristi erano devoti al movimento, al progresso e al dinamismo, che per loro significava “sviluppo tecnologico e industriale”… ma anche “guerre”.


Ed eccoci ai giorni nostri, i così detti “tempi moderni”. Dando uno sguardo al passato cosa ci resta di questa corrente? la risolutezza, la forza e, purtroppo, anche un po’ di istigazione alla violenza. “Guerra” potrebbe essere la parola chiave che meglio rappresenta il futurismo, non a caso i Fascisti hanno cavalcato a lungo l’onda di questo movimento.

La mostra “Post Zang Tumb Tuuum. Art Life Politics” della Fondazione Prada si pone proprio l’obiettivo di analizzare le opere prodotte tra il 1918 e il 1943, per un totale di quasi cinquecento dipinti, sculture, fotografie e molto altro. Lo scopo è provare a capire se si può affermare con certezza la relazione tra la corrente artistica del dinamismo e l’ideologia di Benito Mussolini.

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Linate, Orio al Serio e Malpensa: Milano deve ancora spiccare il volo

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milano aeroporti

“Aeroporto che emozione”: questo uno degli slogan con cui venne lanciato Malpensa 2000, il grande progetto che avrebbe dovuto fare dello scalo milanese un hub europeo a livello globale.

18 anni dopo, se sbirciamo le classifiche dei sistemi aeroportuali del mondo per traffico passeggeri, al primo posto troviamo Londra (170 milioni di passeggeri transitati nei suoi 6 aeroporti nel 2017), al secondo New York (135 milioni), poi Tokyo (126 milioni), Shanghai (111 milioni), Los Angeles (108 milioni) e Parigi (105 milioni).

Insomma, balza subito all’occhio che grandezza e preponderanza di ogni città del pianeta passano anche dagli aeroporti: in questo campo Milano è, senza mezzi termini, indietrissimo.

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Routine mattutina a Heathrow, il più importante aeroporto di Londra

Malpensa, Linate e Orio al Serio hanno sommato, nel 2017, 42 milioni di passeggeri. Il solo Roma Fiumicino ne ha avuti 41.7 milioni (e con Ciampino supera i 47M).

Restando in Europa, volendo anche tralasciare Istanbul (95 milioni di passeggeri nel 2017, su due aeroporti) e Mosca (89 milioni), subito dietro a Londra e a Parigi ci sono Amsterdam (68M), Francoforte (66M) e Madrid (53M) a surclassare Milano.

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Uno dei terminal di Amsterdam Schiphol, dominato dalla compagnia di bandiera KLM

Stando al Destination Cities Index, nel 2017 la città di Milano ha attirato quasi 8.5 milioni di turisti, più di Roma (7.3M) e al 6° posto assoluto in Europa, dietro solo a Londra, Parigi, Istanbul, Barcellona e Amsterdam.

Il 50% delle persone che sale su un aereo lo fa per motivi puramente turistici: e allora perché gli aeroporti di Milano sono così clamorosamente dietro a quelli di Madrid, che di turisti l’anno scorso ne ha avuti “solo” 6.7 milioni, e Francoforte, con 5.6 milioni di visitatori?

Il motivo sta nel concetto che soprattutto Malpensa avrebbe dovuto rappresentare e che invece non ha fatto: quello di hub aeroportuale.

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Monaco di Baviera: l’aeroporto più bello d’Europa secondo Skytrax

I problemi di Alitalia sono i problemi di Malpensa

Nel 2008, Alitalia prende la nefasta decisione di abbandonare Malpensa per concentrarsi esclusivamente su Roma Fiumicino. L’intenzione era quella di salvare la compagnia tagliando al massimo le sue attività e così i suoi costi. Strategia sbagliatissima, dato che è cristallino come non basti semplicemente ridimensionare un’azienda in perdita e mal gestita per aumentarne i guadagni.

Considerando i ricavi, la compagnia aerea di bandiera (com’è Alitalia, almeno secondo il suo modello di business) più grande d’Europa è Lufthansa, seguita dalle cordate Air France-KLM e British Airways-Iberia. Questi tre giganti sono accomunati dall’avere un network su scala mondiale servito da hub consolidati: Francoforte e Monaco di Baviera per Lufthansa; Parigi Charles de Gaulle e Amsterdam per Air France-KLM; Londra Heathrow e Madrid Barajas per British Airways-Iberia.

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Un Boeing 777 di British Airways a Lusaka, in Zambia

Lufthansa serve 220 destinazioni, Air France-KLM 225 e British Airways-Iberia 200.

Alitalia vola su 94 destinazioni, col solo hub di Fiumicino. Alitalia non ha nessun volo diretto per la Cina, non va né a Singapore né a Dubai, in India solo a Delhi (da Roma), negli Stati Uniti nulla oltre New York, Miami e Los Angeles.

Ecco qui esposta una delle ragioni profonde della sua perenne crisi: volendo per esempio andare da qui a Shanghai senza fare nessuno scalo, avremmo esclusivamente la scelta di Air China da Malpensa o di China Eastern da Fiumicino. Altrimenti, sosta a Dubai, Istanbul, Parigi o Francoforte: i grandi hub del mondo.

Il mercato intra-europeo è dominato dalle low cost, ma Lufthansa, Air France e British Airways continuano ad operare voli quotidiani da Milano non per portare passeggeri a Francoforte, Parigi o Londra, bensì per spostarli da lì su un altro volo verso qualunque posto del mondo.

Con Alitalia dove mai si potrà andare? La sua rete è troppo poco sviluppata e non può certo convincere il pubblico a transitare dai suoi hub: infatti lo fa meno del 25% dei suoi passeggeri, a fronte di una percentuale mai sotto il 40% per le maggiori linee aeree mondiali.

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Un Boeing 777 di Alitalia al JFK di New York

Da Malpensa, fuori dall’Europa Alitalia porta solo a New York e a Tokyo, una volta al giorno. Almeno per queste specifiche città può sembrare abbastanza, ma non lo è: British Airways ha 7 voli al giorno solo tra Londra Heathrow e New York JFK (poi ci sono Londra Gatwick e Newark); Air France 4 voli quotidiani da CDG; Lufthansa 2, da Francoforte.

Malpensa preda delle compagnie straniere

Dall’addio di Alitalia, Malpensa ha subito un grande shock, perdendo fino a 6 milioni di passeggeri, passando dai 23 milioni del 2007 ai 17M del 2009, per poi tornare a quota 22M l’anno scorso, grazie anche alla sua apertura nei confronti del mondo: l’aeroporto del varesotto è diventato un vero e proprio terreno di conquista.

Emirates nel 2013 ha appositamente aperto una sede in Italia per operare sulla tratta Milano-New York, ora servita quotidianamente con un Airbus A380 da 500 posti. Rimanendo sulla Grande Mela, anche Delta, American e United offrono un servizio giornaliero. Air Italy, sorta dalle ceneri di Meridiana sotto l’ala protettrice di Qatar Airways, ha appena eletto Malpensa a suo hub per i voli intercontinentali e inizierà a coprire numerose rotte a lungo raggio nei prossimi mesi. EasyJet, numero due tra le low cost europee dietro a Ryanair, ha Malpensa come suo hub principale dopo quello di Londra Gatwick, e così sarà anche per Norwegian, una delle compagnie pioniere nei voli low cost dall’Europa verso il mondo.

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EasyJet e Norwegian: il futuro di Malpensa

Nei prossimi anni, quindi, Malpensa dovrà lasciare libero spazio a queste iniziative, che però non sono la panacea.

Occorre sperare in un massiccio ritorno di Alitalia, come sarebbe naturale guardando agli altri grandi aeroporti: a Heathrow è un tripudio di British Airways, a CDG di Air France, a Francoforte di Lufthansa. Gli hub principali del pianeta sono intrinsecamente collegati ad una compagnia aerea di livello mondiale.

Una nuova flotta verso nuovi lidi

Qantas ha appena iniziato ad operare il primo volo diretto della storia dall’Oceania all’Europa, sulla tratta Perth-Londra, servita dal nuovissimo Boeing 787: questo modello e la sua controparte europea, l’Airbus A350, sono il futuro dei voli intercontinentali, base del network che, come abbiamo visto, ogni grande aeroporto e ogni grande linea aerea deve avere. Per i voli europei, puntare sugli Embraer E-Jets, sui modernissimi Bombardier CSeries e sui modelli più piccoli della famiglia degli Airbus A320 è l’unica strada percorribile da Alitalia per rubare passeggeri dalle metropoli europee e portarli a un rinnovato, nelle rotte, Malpensa, senza entrare in quella che sarebbe una concorrenza a perdere con le low cost.

Orio fa sul serio

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Bergamo Orio al Serio è una delle capitali delle low cost europee

Il modello dei voli aerei a basso prezzo sta dominando il mercato mondiale nel corto-medio raggio da almeno 20 anni, e Orio al Serio è uno degli emblemi di questa rivoluzione: passato dai 4 milioni di passeggeri del 2005 agli oltre 11 totalizzati lo scorso anno, l’aeroporto condiviso tra Milano e Bergamo è ormai al terzo posto tra i più frequentati d’Italia, dietro proprio a Fiumicino e Malpensa.

Completamente rimesso a nuovo nel 2014, Orio al Serio rimane perfetto per il proliferare delle low cost, soprattutto Ryanair che l’ha eretto a suo hub, grazie ad una delle caratteristiche fondamentali che tanto piacciono a questa fetta di mercato: la lontananza dal centro cittadino (guardando a Milano), che si traduce in bassi costi per gli slot, le “bande orarie” entro le quali ad una linea aerea è consentito atterrare e decollare in un aeroporto, coordinate ad una specifica data e orario, e per le tasse aeroportuali in generale.

Anche Malpensa, situato a 50 km dal capoluogo lombardo, può sposare questo modello, infatti ne sta approfittando (ma nel suo caso, come abbiamo visto, non può bastare).

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La nuova facciata di Orio al Serio

Linate: efficienza senza clamore

Linate, in attesa della nuova linea M4 della metropolitana milanese, è sotto lifting dall’estate 2017, si attesta sui 10 milioni di passeggeri l’anno ormai da un po’ e teoricamente resterà su questi numeri anche negli anni a venire: come aeroporto cittadino va già bene così. E in effetti è difficile trovare in giro per il mondo una struttura dalla quale risulta così rapido passare dalla scaletta dell’aereo al centro città.

Da quando sarà attiva la metropolitana il servizio migliorerà ulteriormente.

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Rendering del nuovo look che avrà Linate a rifacimento completato

La vera sfida: diventare il primo vero hub internazionale italiano 

I destini della grandezza di Milano passano quindi da Malpensa.

L’unica altra anomalia e grande discrepanza, simile alla nostra, tra l’importanza geopolitico-economica della città e i numeri dei suoi aeroporti la troviamo a Berlino: uno dei cuori pulsanti dell’Europa, con due scali, Tegel e Schönefeld, che nel 2017 hanno sommato 33 milioni di passeggeri.

La capitale tedesca sconta però svantaggi storici (il Muro) nonché circostanziali (il fallimento di Air Berlin) in questo campo, e resta in attesa dell’apertura del nuovo Brandenburg Airport, previsto per il 2020 e progettato per diventare un hub tedesco all’altezza di quelli di Francoforte e Monaco di Baviera.

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L’aeroporto di Berlino Tegel, atteso da un futuro incerto

Tutte le più importanti città del pianeta hanno almeno uno dei loro aeroporti (Londra ne ha due) nella top 30 stilata per numero di passeggeri internazionali, da Seoul a Barcellona passando per Dublino e persino per Roma (20°): se vogliamo la città stato avremo bisogno di diventare uno snodo focale per il traffico aereo mondiale e, prima ancora, il punto di riferimento per tutta l’Italia.


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