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Son Lux al Circolo Magnolia

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Come descrivere la musica dei Son Lux?

Vediamo… sicuramente si tratta di un repertorio ibrido, ma intrigante.

Come sound… beh, possiamo dire che questo gruppo ondeggia tra pop, elettronica e, a tratti, forse può anche sconfinare nell’hip hop.

Una cosa è certa: la caratteristica principale della loro produzione è la sperimentazione.

Questi tre ragazzi, infatti, si divertono a trovare sempre modi nuovi per i loro brani, andando a caccia di soluzioni armoniche e melodiche che possano tenere incollato al palco lo spettatore.

Quando si ascoltano i loro pezzi, si vive un’esperienza che simile a un climax, che inizia con un gigantesco punto di domanda sulla testa, prosegue con un vivo coinvolgimento per quello che si sta sentendo e termina con un “wow!” convinto.

Ti ho incuriosito? Allora sappi che questo lunedì potrai ascoltare e vedere dal vivo i Son Lux al Circolo Magnolia a partire dalle 21.00

L’ingresso, senza diritti prevendita, costa 20 euro, ma se non ti sbrighi finiranno tutti.

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Dream Italy: il dream team delle proposte politiche dei diversi partiti

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Con il ritorno al proporzionale si arriverà a un governo di tutti i partiti che dovrà realizzare tutte le promesse elettorali. Così l’Italia diventerà la terra dei sogni.

Dream Italy: il dream team delle proposte politiche dei diversi partiti

#1 Università gratis per tutti (Liberi e Uguali)
#2 Flat tax al 15% con no tax zone fino ai 30.000 euro (Lega)
#3 1.000 euro di pensione minima (Forza Italia/M5S)
#4 Salario minimo garantito (PD/Lega)
#5 Reddito di cittadinanza per chi non lavora (M5S)
#6 Forfait del 15% su multe e pendenze fiscali per chiudere ogni contenzioso pregresso con l’Agenzia delle Entrate (Lega)
#7 Riduzione dell’orario di lavoro (M5S)
#8 Zero imposte su auto, casa e successione (Forza Italia)
#9 Asili nido gratis fino a 3 anni (Fratelli d’Italia)
#10 Italia 100% con energia rinnovabile (M5S/Liberi e uguali)
#11 Riduzione del 40% del debito pubblico (M5S)

In panchina:
#12 Sforamento deficit oltre il 3% (Lega/M5S/Liberi e uguali)
#13 Pensione di garanzia per i giovani (PD)
#14 Via il Canone Rai (PD)
#15 Riduzione spese militari (M5S/Liberi e Uguali)
#16 Introduzione delle case di tolleranza (Lega)

Allenatore: Ridefinizione dei trattati europei a vantaggio dell’Italia (Tutti i partiti)
Presidente: Lotta all’evasione fiscale (tutti i partiti)

Il Festival dell’Amore

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Amore… cos’è l’amore?

E di che tipo di amore stiamo parlando?

Se parliamo dell’amore di una coppia, penso che sia quel tipo di sensazione che ti fa sentire a casa anche nel bel mezzo del bosco in una fredda notte dicembrina, se accanto a te hai la persona che ami.

Se si intende l’amore per i tuoi cari, credo che sia quel sentimento che, nonostante le distanze e il tempo trascorso dall’ultima volta in cui ci si è visti di persona, fa conservare la stessa intesa e lo stesso rapporto di sempre, come se non fosse passato nemmeno un secondo.

Se si pensa all’amore per i famigliari, beh, la prima cosa che viene in mente è “amore incondizionato”, assieme a “la mamma è sempre la mamma”, “sei la principessa/il campione di papà” e “tra fratelli c’è un rapporto unico”.

Se, infine, ci si riferisce all’amore platonico per le idee, per la cultura e per il sapere in generale, allora stiamo parlando proprio dell’evento gratuito del Base, che partendo da questo venerdì alle 19.00 e proseguendo per tutto il weekend, anticipando San Valentino, ha organizzato Il Festival dell’Amore.

Saranno tre giorni di conferenze, mostre e concerti, per festeggiare questa ricorrenza in modo non commerciale, incontrando ospiti d’eccezione del mondo della musica, dello spettacolo e del food.

Tra poetry slam, photo corner a tema, letture collettive e molto altro, passerai un fine settimana pieno d’amore in modo… costruttivo.

 

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Cari candidati, mettete per iscritto il vostro impegno per Milano

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2016. Elezioni comunali. I candidati sindaco sottoscrivono l’idea di Milano Città Stato. In particolare i due contendenti al ballottaggio, Stefano Parisi e Beppe Sala pubblicano una lettera aperta in cui annunciano il loro impegno per Milano Città Stato:
Guarda la lettera di Parisi: “Io mi impegnerò che succeda
Guarda la lettera di Sala:Proviamoci. Mi impegnerò personalmente
In questo tempo pare che davvero il vento sia cambiato per avere una Milano più forte, più autonoma e più protagonista a livello internazionale.
Il Consiglio di Milano ha approvato il primo atto formale per Milano Città Stato (clicca qui per vederlo) e il sindaco Sala sta alzando la voce con Roma perchè Milano conti di più: “Se l’Italia non ci segue Milano dovrà rivolgersi all’Europa“.
Ora ci sono le elezioni regionali e le nazionali. E’ il momento di premere sull’acceleratore e di votare per candidati che si impegnino realmente per dare a Milano l’autonomia necessaria per diventare il primo hub internazionale d’Italia. Per questo chiediamo a tutti i candidati dei diversi partiti di sottoscrivere pubblicamente l’impegno per Milano Città Stato. Qui sotto il testo che si chiede di condividere e di impegnarsi a mettere in atto una volta eletti.
In prossimità delle elezioni daremo massima visibilità ai candidati che si saranno impegnati per questo.

Cari candidati, se siete d’accordo con questo testo, sottoscrivetelo pubblicamente

Perchè Milano Città Stato?

Le città stato moderne sono degli hub internazionali che offrono le migliori opportunità per operare sui mercati globali. Si definiscono città stato nel senso che sono amministrativamente autonome e devono rendere conto solo al governo centrale, senza poteri intermedi.
Esempi di città stato sono Londra, Madrid, Bruxelles, Amburgo, Berlino, Vienna, Mosca o San Pietroburgo. Queste città funzionano come un aeroporto internazionale che consente di attrarre un pubblico di ogni nazione, come porta d’ingresso nel loro Paese.
L’Italia è l’unico tra i grandi stati europei a non avere una città stato, ossia un hub internazionale amministrativamente autonomo.

Questo è il momento per trasformare Milano in una città stato per due ragioni principali:
1. L’ordinamento italiano taglia Milano fuori dalla competizione internazionale non consentendole di attirare risorse dall’estero che aumenterebbero la ricchezza di tutto il Paese.
2. L’Italia ha bisogno di riforme radicali, ma per introdurre innovazioni è più semplice provarle su scala locale. Milano città stato dotandosi della necessaria autonomia può avere la funzione di sperimentare iniziative legislative che possono poi essere estese al resto del Paese.

Caratteristiche di Milano città stato

1.La Costituzione.  
Le città stato hanno una Costituzione. Le costituzioni esistenti hanno in comune l’esigenza di tutelare la città da abusi di potere dello stato a cui appartiene, la tendenza a dare sempre più rilevanza ai diritti del cittadino e l’affermazione del ruolo della città stato con il resto del mondo.  
2.L’amministrazione a livello più basso possibile.  
Le città stato rappresentano esempi di maggiore partecipazione rispetto agli stati a cui appartengono. Utilizzando l’esperienza delle situazioni esistenti e le opportunità fornite dalle nuove tecnologie Milano potrebbe diventare un modello di società partecipativa.  
3.Economia ed autonomia fiscale.  
Per attrarre imprese e lavoratori internazionali Milano città stato deve saper creare un ambiente ottimale in cui produrre ricchezza. Le città stato più efficienti godono di un’autonomia fiscale che consente loro di poter essere un volano per l’economia nazionale.  
4. Rappresentanza istituzionali e rapporti con il governo  
La caratteristica che unisce le città stato del mondo è quello di non avere mediazioni tra sé e il governo dello stato a cui appartengono. Questa sarebbe la premessa principale per Milano città stato: poter trattare direttamente con Roma.  
5.Laboratorio di innovazione per il Paese 
Le città stato sono un centro di innovazione e spesso si orientano verso la ricerca di soluzioni ai problemi principali degli stati a cui appartengono. Partendo dai principali problemi dell’Italia si provano ad immaginare quali innovazioni sperimentare a Milano riprendendo e riadattando alcune best practice internazionali.   

Pulled Pork and Beer

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Pulled Pork.

Due parole per sognare tante di quelle mangiate da farsi venire il mal di pancia.

Del resto, è matematico: se pensi al cibo sano e saporito ti viene in mente l’Italia, se invece preferisci farti la serata da “scorpacciata furibonda e cicciosa” imposti il navigatore in direzione del fast food americano più vicino e parti a razzo verso gli hamburger e oltre.

Beh, da giovedì fino a domenica ti propongo sì del cibo ciccioso, ma salutare… una specie di abbuffata italo-americana.

Eh sì, perchè il nostro amatissimo East Market Diner organizza per quattro, appetitosissimi giorni la Pulled Pork and Beer week, durante la quale potrai gustare, appunto, il pulled pork americano, il maiale sfilacciato da infilare direttamente nel panino che preferisci.

Ma non è finita qui, perchè ad accompagnare tutto ciò ci saranno le nuove specialità birrose di Brooklyn Brewery in esclusiva per questo evento, affiancate dalle classiche Lager e East Ipa.

Quindi, ricordati: a partire dalle 18 di questo giovedì, potrai strafogarti di pulled pork finchè il tuo stomaco chiederà pietà. Magari, se riesci, fai anche un salto in terrazza: si mangia meglio all'”aria aperta”.

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Il primo musical di successo in Italia fu l’Excelsior, “il ballo del progresso”

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Quando l’11 gennaio 1881 andò in scena l’Excelsior il pubblico della Scala rimase senza parole.

Sul palco videro uno spettacolo stupefacente in pieno stile Belle Epoque. 508 artisti mettono in scena alcune grandi conquiste della scienza, dalla locomotiva al traforo del Cenisio.
E’ il trionfo della tecnologia e della “pace tra i popoli” nel segno del progresso.

Il ballo era un autentico kolossal che dopo 103 repliche fu portato a Parigi e poi a Londra.

MILANO CITTA’ STATO

Aziende quotate alla borsa di Milano con capitalizzazione inferiore ai 100 milioni di euro più promettenti

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In un periodo di mercati nervosi può essere interessante andare a scovare per operazioni sul lungo termine aziende piccole ma con grandi potenzialità di crescita.

 

#1 EXPRIVIA: L’ACQUISTO DI ITALTEL LE METTERA’ LE ALI?

Exprivia S.p.A. è un gruppo italiano con una capitalizzazione di circa 80 milioni di euro. Si occupa di Information and Communication Technology (settori Banking, Finance&Insurance, Telco&Media, Energy&Utilities, ecc.).  Ha debuttato sul listino di Milano nel 2000.

Prospettive
Nei primi nove mesi del 2017 è proseguita la crescita su buona parte dei mercati in cui il Gruppo opera. L’investimento (81%) in Italtel (società italiana leader nel mercato delle Telecomunicazioni ) è uno dei principali piani strategici che permetteranno al Gruppo di diventare leader nello sviluppo di tecnologie e soluzioni per la trasformazione digitale. Questo investimento sarà altamente determinante per Exprivia poiché il gruppo potrebbe raggiungere o addirittura superare gli obiettivi 2020 (prefissati dal Piano Industriale) in termini di Ebitda; infatti Banca Akros ha alzato da 1,3 euro a 1,7 euro il prezzo obiettivo su Exprivia, in seguito alla revisione dei parametri di valutazione dell’azienda.

Perché puntare su Exprivia?
1) Un’ampia presenza in Italia e ottima presenza in mercati ampi e solidi, come banche, finanza, sanità, energia e telco, SAP.
2) Presenza promettente nei Paesi emergenti in questo settore tra cui Asia e America del Sud.
3) Inoltre il nuovo Gruppo, che prevede un fatturato di circa 600 mln di euro, farà importanti investimenti nell’attività di ricerca e sviluppo.

Rating e Target Price

NomeDataRatingTarget Price
Banca Akros12/12/2017Accumulate1.70
Banca Akros13/11/2017Neutral1.70
Banca Akros31/10/2017Neutral1.70
Banca Akros28/08/2017AccumulateN.D.
Banca Akros07/08/2017AccumulateN.D.

 

#2 FIDIA: LA FORZA DI VW SUL FATTURATO 

Fidia S.p.A., con sede San Mauro Torinese (TO), è tra le società leader a livello mondiale nel settore della produzione, progettazione e commercializzazione di sistemi di fresatura integrati. Fidia S.p.A. è quotata al segmento STAR di Borsa Italiana dal 2001 ed ha una capitalizzazione di circa 44 milioni di euro.

Prospettive
Lo scorso 5 dicembre Fidia ha acquisito tre importanti commesse dal Gruppo Volkswagen ed il mercato ha subito apprezzato la notizia facendo balzare il titolo di oltre 25 punti percentuali in poche sedute. Nello specifico, il Grp tedesco ha commissionato tre grandi macchine altamente automatizzate che verranno installate per la produzione di componenti per autovetture.
Le ridotte dimensioni e capitalizzazione del Gruppo rendono  poco appetibile il titolo agli occhi dei grossi investitori ma proprio per questo motivo Fidia trasferirà presto l’attività produttiva nel nuovo stabilimento di Forlì per dare piena capacità produttiva. Inoltre non sono da escludere nuove espansioni in Paesi strategici e su mercati emergenti ad alto potenziale, anche mediante acquisizioni o joint-ventures.

Perché puntare su Fidia?

  • A livello grafico, i ribassi delle ultime sedute che hanno colpito Piazza Affari, potrebbero riportare il titolo fino in area 7.50 (al momento il titolo è a quota 7.92 euro, dati al 06/02/2018), buona occasione su cui intervenire in acquisto e tenere in portafoglio, titolo da cassettista.
  • I nuovi investimenti permetteranno a Fidia di aumentare efficienza e volumi produttivi, ciò potrebbe attirare l’attenzione di grossi investitori.

Rating e target price:

NomeDataRatingTarget Price
Twice Research24/01/2018N.d.7.20
Banca IMI02/10/2017Add7.30

 

#3 ELETTRA INVESTIMENTI: PRONTA AD ACQUISIZIONI

Elettra Investimenti è holding industriale operante sul territorio nazionale nel settore della produzione di energia elettrica e termica. La società è quotata sul mercato AIM Italia da aprile 2015 ed ha una capitalizzazione di 40 milioni di euro.

Prospettive
Il management conferma la strategia di crescita attraverso acquisizioni strategiche ed avvio di nuove iniziative nell’ambito delle attività “storiche” del Gruppo, inoltre verrà rafforzata la unit dedicata all’efficienza. Il 2017 è stato un intenso anno di lavoro per il gruppo che sta migliorando il proprio percorso di crescita; inoltre gli investimenti strategici fatti dovrebbero far archiviare l’esercizio 2017 con un importante miglioramento dei margini rispetto all’analogo periodo 2016.
Il nuovo modello di business consentirà alla società di entrare nel mercato IoT  in qualità di Integrator, in questo modo riuscirà a raggiungere nuovi clienti e fette di mercato, primo fra tutti quello industriale e quello residenziale. Inoltre grazie a questa strategia Elettra Inv. potrà inserirsi anche nei mercati internazionali.

Perché puntare su Elettra Investimenti?

  • Il 2017 è stato un anno in cui Gruppo ha consolidato il posizionamento di mercato su più fronti (Energia e Service e O&M).
  • Situazione patrimoniale solida ed equilibrata con ampie disponibilità sempre utili per ulteriori sviluppi o acquisizioni.
  • Anche i dividendi sono un buon motivo per investire sul titolo. Secondo il rating di Ubi Banca il dividendo di 0,35 euro per azione del 2017 (Precedentemente EUR 0,25), dovrebbe passare a EUR 0,40 per azione nel 2018 e 0,45 euro per azione nel 2019.

 

PERFORMANCE%
Ytd+6.7
1 Mese+8.4
6 Mesi+10.3
1 Anno+107
3 Anni      –
5 Anni      –

 

Rating e Target Price: N.D.

PASQUALE FERRARO

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Eataly Jazz Bar

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Sai cosa servirebbe per spezzare la routine? Un bell’aperitivo… anzi, perchè no: un aperitivo in musica. Meglio ancora, voglio proprio esagerare: il Jazz Bar di Eataly.

Come “di cosa parlo”?

Il Jazz Bar di Eataly è la rassegna che prevede una serie di aperitivi in musica ogni mercoledì, a partire dalle 18.30.

Ma il genere non sarà sempre il jazz: potrai sorseggiare il tuo cocktail e assaporare i prelibati stuzzichini mentre ascolti anche sonorità etniche, funky jazz, manouche e molto altro ancora.

Questo mercoledì, per esempio, il palco di Eataly sarà popolato dal brio e dall’energia dello Xilo Ensemble, che saprà rendere più frizzante la tua giornata, facendola cambiare da così a così (effettivamente, scritto non rende tanto… ma hai capito a cosa mi riferisco).

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L’Insulto

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Quanto possono essere profonde delle ferite? Quanto poco potrebbe volerci a far esplodere una situazione stabile, ma ancora con i nervi scoperti? Quanto potrebbe pesare un insulto in tutto questo?

E’ proprio quello che racconta questa storia, ambientata a Beirut ai giorni d’oggi.

E’ il racconto della vicenda di Yasser, un profugo palestinese nonchè capocantiere scrupoloso, e di Toni, un meccanico militante nella destra cristiana.

Descritto così, non sembra un contesto disastroso, giusto?

Tutto d’un tratto, però, un nonnulla scatena il vero e proprio putiferio.

Basta un semplice tubo rotto che porta a un battibecco e poi irrimediabilmente a un insulto sproporzionato pronunciato da Toni in un momento di rabbia a innescare una spirale di azioni e reazioni con ripercussioni persino sulle vite private di entrambi con conseguenze drammatiche.

Ciò che rivela questa situazione è che la guerra civile libanese appartiene al passato, ma basta una piccola miccia che prende fuoco a far esplodere le polveri e trasformare un banale incidente in un processo incandescente, con risonanze mediatiche sorprendenti che spacca la nazione in due.

Una storia pesante dalle tante sfaccettature che rivelano parte del mondo di oggi: se ti sei incuriosito, sappi che potrai vedere “L’Insulto” questa sera al Cinema Ariosto a partire dalle 19.15.

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Milano: la città degli Erasmus

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Milano è madre nutrice per gli universitari da tutto il mondo.
Da Emo di Friesland, convenzionalmente considerato il primo studente internazionale nella storia (viaggiò dall’Olanda ad Oxford nel 1190), al decisivo impulso dato da Napoleone nel creare il milieu adatto allo sviluppo dell’interscambio degli studenti fra le città europee, fino a “Mamma Erasmus” Sofia Corradi che ha ideato l’omonimo programma partito nel 1987, oggi il capoluogo lombardo è diventato un esempio virtuoso in questo ambito.

Il quartiere universitario della Bicocca
Il quartiere universitario della Bicocca

I paesi da cui arrivano più studenti stranieri

Il cosiddetto “Effetto Milano” ha reso possibile infatti portare qui programmi di respiro globale come IES Abroad, dedicato agli studenti provenienti da ogni parte degli Stati Uniti, un progetto attivo in tutti e cinque i continenti e che attira nella nostra città almeno 200 ragazzi a semestre, suddivisi su tutte le università.
Al di fuori dell’Europa, però, i due paesi più contribuenti nel portare goliardi a Milano sono la Cina e la Turchia.
I programmi Marco Polo e Turandot, attivi dal 2 Ottobre 2006 in tutta Italia, sono riusciti a portare oltre diecimila studenti cinesi a Milano, grazie anche alla proficua ed essenziale collaborazione dell’Istituto Confucio.

Solo l’anno scorso, gli universitari provenienti dal Celeste Impero sono stati il 4,2% del totale dei giovani stranieri giunti in città, prevalentemente stabilitisi nelle zone attorno al Politecnico della Bovisa e al primo posto nella classifica della spesa mensile per gli affitti agli studenti: in media, hanno pagato 660 euro a testa.
Per quanto riguarda la Turchia, un considerevole numero di alunni lo porta la TIME (acronimo per Top Industrial Managers Europe) Association, con particolare rilevanza data agli studi di ingegneria al Politecnico.

Un evento dell’Istituto Confucio all’Università degli Studi di Milano
Un evento dell’Istituto Confucio all’Università degli Studi di Milano

L’Università record per studenti stranieri

Milano è stata per quattro giorni (dal 3 al 6 Aprile 2014) capitale del progetto Erasmus. Negli ultimi 4 anni, solo alla Statale è aumentato del 35% il numero di stranieri in arrivo con Erasmus, ora il 6,3% sul totale degli studenti.
Il record spetta all’Università HUMANITAS, punto di riferimento a livello internazionale per la ricerca sui tumori e le malattie immunodegenerative, che ha oltre uno studente su tre straniero, puntando ad arrivare ad averne il 43% entro la fine del 2018.
Nel complesso, al momento sono novemila gli iscritti non italiani alle università milanesi, il 5% del totale, il che ci pone ai primi posti in Europa come appeal internazionale.
Gli indiani sono il gruppo extra UE che sta crescendo più rapidamente e hanno rappresentato il 5,9% dei nuovi arrivi l’anno scorso.
In assoluto, la nazione più rappresentata è la Francia, che porta il 13,5% dei giovani studenti stranieri a Milano, mentre quelli che si trattano meglio apparentemente sono i tedeschi: la gran parte di loro, infatti, vive tra i Navigli e il centro storico, anche se mediamente spendono meno dei cinesi.

L’Istituto Clinico Humanitas, sede dell’omonima università
L’Istituto Clinico Humanitas, sede dell’omonima università

Vita da Erasmus

I luoghi e i momenti preferiti dagli studenti stranieri qui presenti sono la Pinacoteca di Brera, il Teatro alla Scala e il Duomo, l’aperitivo sui Navigli e la Fashion Week.
Tra di loro, è sempre più in voga la M-ID Card, della quale ad oggi hanno usufruito circa diecimila universitari e che prevede ingressi gratuiti in tutti i principali musei della città, agevolazioni per l’acquisto dei biglietti al Piccolo Teatro di Brera e, soprattutto, sconti e gratuità per i treni diretti nelle principali destinazioni lombarde.

Stereophonics

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Un altro lunedì: altro giro, altra corsa.

Già pronunciando “lunedì” sai che sarà una giornata noiosa, che dopo un weekend di fuoco non porta sicuramente niente di buono.

Perchè, si sa: se il lunedì si è costretti a uscire dalle copertine del nostro caldo lettuccio non è certo per andare a divertirsi.

A meno che… Tu non scelga di tenere duro fino alla sera.

Cosa intendo? Beh, non puoi certo andare al concerto degli Stereophonics tutto sonnolento, no?

Sì, hai capito bene: gli Stereophonics saranno a Milano questo lunedì, precisamente dalle 21 al Fabrique, in occasione dei loro primi 20 anni…

… cosa?!

Già 20 anni? No, non è vero…

Comunque. Per questo importante anniversario presenteranno il loro nuovo album,  “Scream Above the Sounds“.

Anche se si tratta di spendere 30 euro più i diritti di prevendita, ne vale assolutamente la pena.

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Più abitanti vivono in città più gli stati sono ricchi: i motivi di un successo planetario

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il secolo delle città

Di cosa sono le città-stato e della loro storia abbiamo parlato, e parleremo.
Del perché Milano merita questa effigie pure, ed è ciò per cui esiste questo progetto e questo magazine.
Ma facciamo un passo indietro, e soffermiamoci per un momento, il tempo di questo articolo, sul concetto di città, sulla sua genesi e la sua fenomenologia.

il secolo delle città
Lo skyline di Manhattan a New York, la numero uno tra le alpha cities

 

Più abitanti vivono in città più gli stati sono ricchi

Lo stato più ricco del mondo è il Qatar. Il secondo è Lussemburgo, il terzo Singapore.
Cos’hanno in comune queste tre nazioni? La percentuale di abitanti che vive nelle città, prima di tutto: il 99,32% in Qatar, il 90,73% in Lussemburgo, il 100% a Singapore, oggi la città-stato per antonomasia.
Al contrario, per i tre stati più poveri del mondo le percentuali sono le seguenti: il 40,6% nella Repubblica Centrafricana, il 43,5% nella Repubblica Democratica del Congo e il 12,7% in Burundi, tutti sotto la soglia del 50% di abitanti che vivono in città.
Comparando il PIL di ogni stato africano con la sua percentuale di urbanizzazione, scopriamo che i due indicatori sono praticamente direttamente proporzionali.

il secolo delle città
Le due mappe che mostrano il PIL e l’urbanizzazione degli stati africani collimano

 

Il 50% degli esseri umani vive sull’1% delle terre

Le città non creano automaticamente benessere e il benessere non crea automaticamente nuove città, ma esiste una connessione diretta tra i due concetti.
Potrebbe risultare strano il fatto che gli esseri umani scelgano di abitare le città: il costo della vita è maggiore, la qualità dell’aria è peggiore, gli ambienti sono più affollati, ci sono più crimini e le malattie si diffondono più facilmente.
Se, per assurdo, l’intera popolazione umana si distribuisse equamente tra tutte le terre emerse ed abitabili, ognuno di noi avrebbe 5 acri (20’000 metri quadrati) a sua esclusiva disposizione.
Nella realtà, invece, il 50% degli esseri umani vive sull’1% delle terre. Al 2017, le città comprendono il 54% della fauna umana. Nel 1963, la quota era al 34% del totale. Il futuro è delle città, siamo nel secolo delle città. L’urbanizzazione sta forgiando il mondo.
Ma per quale motivo esistono, le città?

Homo Sapiens ha vissuto per migliaia di anni come cacciatore-raccoglitore. Geneticamente, siamo ancora cacciatori-raccoglitori, dato che abbiamo cambiato il nostro biotopo troppo rapidamente.
Inizialmente gli uomini dovevano lottare per il cibo, e va da sé che erano naturalmente transumanti. 12.000 anni fa, però, abbiamo iniziato a padroneggiare la coltivazione. L’addomesticamento delle piante ha permesso agli esseri umani di stanziarsi in un luogo preciso, ma l’agricoltura primordiale era ben diversa da quella odierna.
Mancavano le conoscenze, e quindi le tecnologie. La prima evidenza di un terreno solcato con l’aratro, un processo che aumenta drasticamente la resa del raccolto, risale a circa 5000 anni fa. Sono servite altre migliaia di anni per far sì che l’uomo riuscisse ad addomesticare ed allevare efficacemente anche solo i buoi per trainare gli aratri.
Agli albori dell’era agricola, praticamente ogni essere umano doveva dedicarsi alla terra, per una mera questione di sopravvivenza: il lavoro di una persona provvedeva alla sussistenza di una persona.
Col passare dei secoli, e il progressivo avanzamento della tecnologia in questo ambito, oggi siamo arrivati a far sì che il lavoro agricolo di una persona possa provvedere al sostentamento di altre 155. Abbiamo raggiunto un’efficienza tale da permettere che basti lo sfruttamento di 1 acro di terreno per sfamare una persona.

il secolo delle città
Il paesaggio del Parco agricolo Sud Milano

 

Nel corso della storia, i grossi centri urbani hanno seguito una precisa tendenza: la Legge di Zipf

Tornando agli esordi, nel momento in cui la fatica di un singolo agricoltore ha iniziato ad essere sufficiente per nutrire più persone, queste hanno iniziato ad avere del tempo libero dalla lotta per la sopravvivenza: questo è stato il punto di svolta per l’umanità.
Senza questo fattore cruciale, saremmo ancora nella preistoria.
Il surplus di cibo e lo sviluppo delle città hanno condiviso un destino intrecciato. Senza surplus, non sarebbe stato possibile per gli uomini vivere in grossi conglomerati urbani, perché occorreva riservare uno spazio enorme alle coltivazioni. Grazie al surplus, le persone liberate dall’impegno agricolo hanno potuto sviluppare la lingua, la letteratura, la scienza e quindi portare a tutti gli avanzamenti tecnologici che hanno costruito il mondo di oggi.

Con gli uomini che man mano sceglievano il posto migliore dove vivere, la crescita delle città è in realtà avvenuta seguendo un processo del tutto naturale: nel corso della storia, i grossi centri urbani hanno seguito una precisa tendenza.
Nel 1800, la città più popolosa d’Europa era Londra (1 milione di abitanti). Nel 2018, la città più popolosa rimane Londra (8.78 milioni di abitanti). Al secondo posto, troviamo Parigi sia 200 anni fa, sia oggi.
Le città che erano grandi un tempo tendono ad essere grandi tuttora, al netto degli sconvolgimenti geopolitici e climatici, insomma non cambiano da sole.
Hong Kong, per dire, ha cambiato faccia a causa dell’occupazione inglese; San Francisco negli anni della corsa all’oro; Washington DC da quando è stata designata come capitale degli Stati Uniti.
Questa non è neanche l’evidenza maggiore di quanto sia stato naturale lo sviluppo delle città.
Secondo i dati dello US Census Bureau, la città più popolosa degli USA è New York, con 8.5 milioni di abitanti, poi Los Angeles, con 4 milioni di abitanti: la metà. Successivamente abbiamo Chicago a 2.7 milioni, Houston a 2.3, Phoenix a 1.6: un terzo, un quarto e un quinto di NY.
E’ davvero sbalorditivo constatare quanto spesso questa proporzione sia ripetuta nelle città di tutto il mondo.
Andiamo in Germania: abbiamo Berlino a 3.5 milioni di abitanti, poi Amburgo a 1.8 (la metà), Monaco di Baviera a 1.4 (un terzo), Colonia a 1 (circa un quarto), Francoforte a 0.7 (un quinto).

il secolo delle città
Una spettacolare veduta aerea di Tokyo

Le più grosse anomalie in questa distribuzione le troviamo nei paesi e nelle aree in via di rapido sviluppo, come a Dubai e negli Emirati Arabi Uniti, ma questa regola, la legge di Zipf, non vale solo per una buona parte delle nazioni umane: la ritroviamo nella distribuzione delle parole in un libro, nelle fasce di reddito delle persone in uno stadio, nelle frequenze del biosonar dei delfini.
Tutto questo per dire che, a livello macroscopico e al di là della legge di Zipf, le masse umane, i popoli, seguono processi superiori e ancora inafferrabili, completamente connessi con ciò che chiamiamo natura: vale anche per le città, dove grandi gruppi di persone si sono “liberamente” distribuite in maniera sistematica.

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Arterie autostradali a Los Angeles

 

Uno dei vantaggi decisivi delle città è che consentono a innumerevoli tipi di attività di localizzarsi l’una vicina all’altra

La nascita e l’esistenza stessa di una città possono essere garantite solo se i benefici superano gli svantaggi.
Come detto, prima del surplus alimentare, c’erano ben pochi vantaggi nell’aggregarsi a vivere nel medesimo luogo, e un grosso svantaggio: il lungo tragitto necessario a raggiungere le terre agricole, al tempo in cui camminare era per di più l’unica maniera per spostarsi.
Da tempo, i benefici del vivere in città crescono continuamente, e per questo sempre più persone scelgono questa via.
Uno dei vantaggi decisivi delle città è che consentono a innumerevoli tipi di attività di localizzarsi l’una vicina all’altra. Le persone quindi si trasferiscono in città per trovare lavoro, le aziende si trasferiscono in città per avere maggior possibilità di scelta delle risorse e quindi di crescita.
Oggi, le grandi metropoli tendono a specializzarsi e a raggruppare in loro i più grandi esponenti di un determinato settore. Così, Los Angeles è il perno dell’industria dell’intrattenimento, Boston è il fulcro per la ricerca medica, Dusseldorf è un hub delle telecomunicazioni, Singapore un centro dell’industria finanziaria.
Il motivo per cui tutti i giganti del medesimo settore tendono ad aggregarsi nello stesso luogo è la facilitazione nell’avere accesso ad altri servizi. Per questo, grandi aziende rivali come Vodafone, Deutsche Telekom e AT&T hanno tutte importanti quartier generali a Dusseldorf, città dove possono lavorare a stretto contatto con altri attori come Nokia, Google e LG, che sviluppano i telefoni per cui poi loro offriranno i piani tariffari più congeniali.
Tutto ciò porta ad una maggiore collaborazione e ad una maggiore efficienza, a vantaggio del consumatore.

il secolo delle città
Hafen, il centro economico di Dusseldorf

 

Gli inconvenienti delle città

Si viene quindi a creare un’economia di scala quando più attività si concentrano in un unico punto.
Ovviamente, non conviene a tutti i tipi di attività localizzarsi alla cieca in città, perché ci sono casi in cui gli svantaggi supererebbero i benefici: non troverete mai un’industria automobilistica in centro a Manhattan. Questa industria avrebbe certamente dei vantaggi, come il più facile accesso a personale altamente specializzato, la vicinanza ad altre attività, i costi di trasporto ridotti grazie alla prossimità al cliente finale, ma gli inconvenienti sarebbero enormi, perché nel nostro caso, dato che costruire a Manhattan costa 125 dollari al metro quadro, ad un’ipotetica azienda come Tesla erigere una sua infrastruttura media costerebbe 200 milioni di dollari solo per il terreno.
I benefici non supererebbero mai gli svantaggi, ed è questa la causa principale del clamoroso declino di una città come Detroit, storico punto nevralgico per l’industria automobilistica, finché i produttori non hanno pensato di delocalizzare i propri impianti fuori dal centro cittadino, per ridurre i costi. Insieme ai produttori, sono scappati anche gli abitanti, ed è così che la popolazione detroitiana è in calo da decenni.

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Venezia, uno dei più grandi centri economici della storia, vista dallo spazio

 

Solo 200 anni fa, i nostri piedi erano il più diffuso mezzo di trasporto

Le città esistono perché sono efficienti. Se dieci persone volessero comprare un determinato prodotto, e fossero sparse su una vasta porzione di territorio, il produttore dovrebbe sostenere importanti costi di trasporto per soddisfare la domanda. Ma se, ad esempio, otto di queste persone vivessero nello stesso luogo, il produttore farebbe bene a trasferire le sue strutture vicino ad esso, così da poter assorbire pienamente i costi di trasporto per soddisfare le due persone lontane, col suo bacino d’utenza principale facilmente raggiungibile, con spese ridotte: per questo, Amazon posiziona i suoi magazzini nelle immediate vicinanze dei grandi centri urbani.
Anche solo 200 anni fa, i nostri piedi erano il più diffuso mezzo di trasporto. Se oggi possiamo percorrere 100 chilometri in un’ora, 200 anni fa nella maggior parte dei casi di chilometri ne potevamo percorrere 5, quindi l’impulso a stabilirsi nelle vicinanze di importanti snodi commerciali era rilevante. Nell’epoca attuale si sta sviluppando il concetto dei sobborghi, ma, ancora, la stragrande maggioranza degli individui sceglie di vivere nelle città.

il secolo delle città
Il porto di Shanghai con la città sullo sfondo

 

La costante crescita e trasformazione delle nostre città, in metropoli e megalopoli sempre più mastodontiche, è un processo inarrestabile

La separazione e la specializzazione dei lavoratori sono stati decisivi per forgiare ciò che è il nostro mondo odierno: se io sono in grado di produrre una matita in 60 minuti e un foglio in 30 minuti, mentre un’altra persona produce una matita in 30 e un foglio in 60 minuti, separati potremmo ottenere una matita e un foglio a testa in 90 minuti; insieme, potremmo avere due matite e due fogli in 60 minuti. Questa è l’essenza del commercio e il motivo per cui è vantaggioso. La specializzazione permette agli esseri umani di ottenere di più senza spendere di più, in termini di tempo, fatica e denaro: le città rendono questo processo ancora più semplice, ecco perché sono efficienti.
E’ il principio di minima azione verso cui gli uomini naturalmente convergono, e grazie ai modelli che abbiamo sviluppato nel tempo, siamo arrivati ad avere le città.
Certamente, la vita nelle campagne è sempre esistita e dovrà continuare ad esistere, ma altrettanto certamente la costante crescita e trasformazione delle nostre città, in metropoli e megalopoli sempre più mastodontiche, è un processo inarrestabile, che andrà capito, afferrato e guidato.

il secolo delle città
Rendering della Terra e delle luci della città

Le città non creano benessere e il benessere non crea le città, ma le città rendono il benessere possibile, o per lo meno più accessibile.
Le città sono efficienti, ed è l’efficienza a creare il benessere, per questo le persone costruiscono le città: è la Natura, baby.

 

HARI DE MIRANDA

 

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Una Notte per Luigi Tenco

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Credo che nessuno potrà mai dimenticare la diciassettesima edizione di Sanremo: correva l’anno 1967… l’ultimo di Luigi Tenco.

Quella prima serata del festival sembrava andare tutto bene: Tenco salì sul palco con la cantante Dalila, alla quale era legato sentimentalmente, per cantare la sua meravigliosa “Ciao amore, ciao“, dal testo e dalla melodia indimenticabili:

La solita strada, bianca come il sale 
Il grano da crescere, I campi da arare 
Guardare ogni giorno 
Se piove o c’è il sole 
Per saper se domani 
Si vive o si muore 
E un bel giorno dire basta e andare via

Ciao amore 
Ciao amore, ciao amore ciao 
Ciao amore 
Ciao amore, ciao amore ciao

Andare via lontano 
A cercare un altro mondo 
Dire addio al cortile 
Andarsene sognando 
E poi mille strade grigie come il fumo 
In un mondo di luci sentirsi nessuno 
Saltare cent’anni in un giorno solo 
Dai carri dei campi 
Agli aerei nel cielo 
E non capirci niente e aver voglia di tornare da te

Ciao amore 
Ciao amore, ciao amore ciao 
Ciao amore 
Ciao amore, ciao amore ciao

Non saper fare niente in un mondo che sa tutto 
E non avere un soldo nemmeno per tornare

Ciao amore 
Ciao amore, ciao amore ciao 
Ciao amore 
Ciao amore, ciao amore ciao”

Il pubblico applaudì, poi silenzio.

Il cantautore tornò nel backstage e Mike Bongiorno, che presentava per la quinta volta consecutiva, e Renata Mauro ricominciarono a condurre la serata.

Poco dopo, la tragica notizia: Luigi Tenco si è ucciso.

Un gesto estremo causato dalla travagliata e burrascosa emotività dell’artista, ma anche dal profondo moto di protesta nei confronti di un Sanremo che stava divenendo sempre più commerciale, andando a discapito del cantautorato vero, autentico.

La canzone non fu più performata dalla seconda giornata fino alla fine del festival… ma ancora oggi, oltre a essere un brano dall’intensità e dalla passione coinvolgenti, rimane un forte simbolo di denuncia.

E l’Arci Bellezza lo sa: per questo, a poco più di 50 anni dalla scomparsa di Luigi Tenco, dalle ore 21.30 di questo venerdì organizza una serata dedicata interamente ai suoi meravigliosi brani d’amore, di protesta e speranza con ingresso a 8 euro: “Mi sono innamorato di te – Una Notte per Luigi Tenco”

Quale miglior modo per ricordare un così intenso cantautore se non cantando a squarciagola i suoi pezzi più belli… con una forza che viene dal più profondo del cuore?

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Il primo tempio al mondo per la cremazione dei defunti fu realizzato al Cimitero Monumentale

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Il primo tempio crematorio del mondo è stato progettato da Maciachini ed entrato in funzione al Cimitero Monumentale il 22 gennaio 1976. Il primo corpo cremato fu quello dell’industriale Alberto Keller.

Nell’Italia positivistica la cremazione veniva vista come un sistema sano e civile, per alcuni anche un atto anticlericale. I cattolici osteggiarono la cremazione fino al 1963 quando Paolo VI ammise la cremazione “riconoscendo le ragioni di pubblica o privata utilità”. Il tempio crematorio del Monumentale esiste ancora anche se non più in attività.

Fonte: Milano d’Italia, Alberto Pezzotta- Anna Gilardelli, Bompiani

Frida Kahlo: oltre il mito

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Frida Kahlo.

Un nome, un’icona.

Un simbolo di determinazione, quella che ha dimostrato tentando di affermare la sua “messicanità“, caratteristica che purtroppo molte volte rappresenta un malus per la società americana, nelle atmosfere e nei colori dei suoi dipinti.

Un simbolo di anticonformismo, per andare contro a ogni convenzione sociale legata alla femminilità e riuscendo, così, a essere un esempio vivente per tutte quelle donne che si sentivano e si sentono vulnerabili perchè a causa di un aspetto non conforme agli stereotipi.

Un simbolo di forza, valore che le ha consentito fino all’ultimo di contrastare un malessere profondo che la divorava da dentro e nonostante il quale è andata avanti sul suo cammino.

Questo è quello che è stato tramandato negli anni riguardo a Frida Kahlo… ma siamo sicuri di conoscerla a fondo, andando oltre alla sua fama e a quello che tutti sanno, o credono di sapere, su di lei?

“Frida Kahlo – Oltre il mito”, il progetto del Mudec inaugurato proprio questo giovedì 1 Febbraio, il un progetto museale che si propone di rispondere a questo quesito, in seguito a sei anni di studi e ricerche.

L’obiettivo dell’esposizione è creare una nuova chiave di lettura attorno alla figura della pittrice, evitando ricostruzioni forzate, interpretazioni sistematiche o letture biografiche troppo comode.

Saranno visibili opere provenienti dal Museo Dolores Olmedo di Città del Messico e dalla Jacques and Natasha Gelman Collection, le due più importanti e ampie collezioni di Frida Kahlo al mondo, ma potranno essere visionate anche alcune registrazioni di inediti e sorprendenti materiali d’archivio.

Una mostra intensa e suggestiva, che potrai vedere al Mudec fino al 3 Giugno al prezzo di 13 euro. 

Quali saranno i significati più intimi e nascosti delle opere delle celebre Frida?

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“Più sto a Londra più il mistero sugli inglesi si infittisce”. Intervista a Martina MAZZOTTA, milanese di Londra

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martina mazzotta
martina mazzotta

Scopriamo Londra con Martina Mazzotta che ha militato per la cultura a Milano per anni, insieme con suo padre Gabriele, attraverso la casa editrice e la Fondazione Mazzotta (ora “living archive”), creando progetti di grande impatto in collaborazione con musei, enti musicali, biblioteche, teatri, gallerie e istituzioni cittadine. Oggi porta avanti questa tradizione da Londra, quale curatore e lecturer in ambito accademico, facendo ponte con l’Italia, dove continua a concepire mostre, conferenze e collaborazioni con diverse istituzioni.

Il cibo di Londra rispetto a quello di Milano?

E’ molto interessante sfatare gli stereotipi sulla cucina inglese che storicamente è più complessa di quanto non si creda. Da una parte c’è la tradizione aristocratica, improntata sulla Francia, sull’utilizzo del burro e delle salse, sulle colonie, dall’altra c’è un’interessante cucina popolare che ha sempre utilizzato ingredienti a chilometro zero e piatti molto semplici, ma con ingredienti genuini del luogo. Consiglio a tutti di fare qualche viaggio nella campagna inglese e scoprire i formaggi locali, i prodotti locali, quelle verdure così diverse, tipiche del nord, che hanno davvero un gusto intensissimo e colori che mutano radicalmente dopo la cottura.

Generalmente si pensa a Londra e al Regno Unito in relazione al cibo delle mense che in realtà è una rielaborazione poco curata, talvolta indigesta e pesante, che ha contribuito a creare questo stereotipo, anche vero, di pasti immangiabili nell’offerta pubblica. 

Non dimentichiamo che Londra è stata sempre legata al suo impero coloniale e il piatto nazionale inglese è il pollo al curry. Moltissime spezie sono divenute ad uso e consumo collettivo; per esempio, una garanzia per chi andava a Londra negli anni sessanta era mangiare indiano o mangiare cinese a Soho. 

Oggi a Londra si trova di tutto e forse dal punto di vista delle sperimentazioni culinarie è una delle capitali europee più vibranti. Ma in pochi si prendono la briga di esplorare conoscere la realtà veramente inglesi, ad esempio nel posto di campagna che ho la fortuna di frequentare, avendo anche una famiglia inglese, si è creato una specie di centro di slow food dove inglesi locali mi fanno una pizza al forno a legna con il loro grano e con sopra il blue cheese. Non è la pizza italiana, ma una cosa inglese pregevolissima che ha trasformato la nostra pizza puntando sui loro ingredienti eccezionali, diversi, nostrani e a chilometro zero. 

Da una parte c’è la Londra internazionale, dall’altra il Regno Unito delle campagne, dove le fiere di paese e il produttore dietro l’angolo mantengono ancora, anche per via del rispetto dell’ambiente e della campagna, delle tradizioni locali notevoli.

Una cosa che proprio ti manca quando sei a Londra rispetto a Milano?

La cucina italiana è perlopiù legata alla famiglia e alla città, paese o regione dove viene alchemicamente preparata. Mi manca l’auraticità irripetibile di quella persona che in quella zona d’Italia mi prepara un piatto unico. Però, dal punto di vista del reperimento degli ingredienti, a Londra riesci a trovare praticamente di tutto, se si vuole cucinare italiano abbastanza bene. Un esempio: io le cime di rapa non le trovo se non con grandi ricerche e pagandole come da un gioielliere!

Per le verdure di stagione italiane devi avere dei circuiti privilegiati e pagarle molto. Quello mi manca.

Riguardo alla comunità italiana, quanto è introdotta nella società inglese? Ci sono dei personaggi che spiccano?

Ci sono due tipologie di italiani. Quelli che rivestono ruoli rilevanti in istituzioni, inglesi e non, e sono diventati dei punti di riferimento per la città. Io ho vari amici che lavorano in musei, case d’aste, gallerie o enti musicali. Sono figure di riferimento, l’eccellenza italiana che diventa così competitiva da non avere concorrenti e quindi assumere la guida di istituzioni, come l’orchestra della Royal Opera House o la National Gallery. Ci sono i grandi cuochi che hanno aperto club privati storici. Tutti questi sono davvero londinesi perché sono tasselli fondamentali affichè la “macchina Londra” proceda nella sua dimensione che la rende riferimento imprescindibile, in Europa, per tutto il mondo. 

Poi ci sono gli italiani imprenditori che sono qui da tempo e ci sono coloro che, che lavorando solo per qualche anno per le aziende, stanno solo con gli italiani e si legano a tutte quelle istituzioni che fanno capo all’ambasciata o al consolato o all’istituto italiano di cultura con cui collaboro, circuiti importanti ma a volte un po’ limitati ai nostri confini nazionali. Non so quanto esplorino la misteriosa identità inglese, anche quella che ha portato al successo della Brexit. Perché bisogna soprattutto viaggiare fuori Londra, scoprire il Paese, frequentare gli inglesi, capire perchè le loro tradizioni e il loro essere così strutturati socialmente in realtà siano lo zoccolo duro che gli permette, nel bene e nel male, di affermare una britannicità tanto ospitale.

Cosa ti manca di più di Milano?

La dimensione: è città di grande respiro internazionale, ma al contempo mantiene la dimensione urbana monocentrica che consente la qualità di vita della piazza, dell’incontro, dello scorcio. Questa dicotomia che le grandi città europee non hanno la rende affascinante. Londra è policentrica, immensa, talvolta risulta faticosamente dispersiva.

Cosa apprezzi di Londra soprattutto cose che non sarebbe male ci fossero a Milano?

La cultura di un grande impero che è sempre stato inglobante perché ciascuno può apportare un contributo diverso e innovativo alla comunità. L’atteggiamento del “vieni qui e metti sul tavolo quello che hai da condividere” (e non del “stattene lontano con la tua dimensione innovativa o il tuo ingegno, altrimenti la mia seggiolina trema”). Questo dinamismo e questa curiosità, anche utilitaristica, è una grande lezione che, Brexit o non Brexit, porterà comunque Londra sempre avanti.

Ci sono degli stereotipi sugli inglesi che secondo te in realtà non sono così veri?

Gli inglesi sono molti più complessi, sofisticati e misteriosi di quanto non appaia. Riguardo al paese nel suo complesso, ci sono molti centri che hanno un’identità organizzata molto interessante e, al contempo, zone rurali in cui la miopia degli abitanti ha portato alla Brexit. Oltre a Londra, ci sono diversi centri che contano e ci sono zone remote più dimenticate.

Gli inglesi se ne vogliono andare dall’Europa?

Tra la classe dirigente e le persone colte, la Brexit è un dramma da cui si riprenderanno tra decenni. Io ho a che fare con persone disperate. E’ un trauma antropologico e culturale che è dovuto alla miope ignoranza di gente che è andata a votare in maniera inaspettata, mentre a Londra la stragrande maggioranza era  per il NO. Quindi c’è uno scollamento, c’è una spaccatura nel Paese. 

Nel mio ambito, nella cultura, noto che, quando si intraprendono collaborazioni con il Continente, si è aperti a tendere le mani, quasi a dire che Londra è stata fondata dai romani, dunque dobbiamo intensificare il dialogo reciproco. E’ chiaro che anche i recenti episodi di terrorismo si sono rivelati traumatici, hanno contaminato questa miope ed esaltata arroganza che fa sì che il “brand” Londra, molto sapientemente, venga sempre e comunque celebrato dappertutto. Prima e dopo la Brexit, la città ha continuato a sviluppare una sottile strategia di marketing che anche Milano dovrebbe adottare. L’orgoglio di appartenenza si alimenta anche così.

La vita quotidiana: le differenze più marcate dal vivere a Milano dal vivere a Londra?

A Londra la dimensione spazio-temporale si altera, per cui ogni giornata viene calcolata come se si compisse un viaggio fuoriporta, monitorandone le distanze. Spostarsi da una parte all’altra della città altera i parametri, paragonabili allo spostamento di un milanese verso Brescia o Verona, tutti i giorni, ma diventano accettabili perché se si è aperti a questa policentricità e a questo dinamismo, e soprattutto flessibili, allora non pesa. A molti italiani che sono lì da parecchi anni questo inizia a pesare molto. A me ancora no, forse perché lavoro perlopiù pendolando con l’Italia e perché i mezzi qui consentono una certa flessibilità. E’ chiaro che tutto è alterato e bisogna anche impiegare il tempo del trasporto in maniera feconda, leggendo o lavorando. In paragone, quello che a Milano fai in una mezza giornata, a Londra lo fai in una giornata intera.

C’è qualcosa che fatichi a capire degli inglesi?

Migliaia. Più sto lì più il mistero si infittisce. Il fatto di rimanere legati a certe tradizioni granitiche, per cui se non si segue un certo itinerario nella formazione, nel modo di vestire, nel modo di parlare, la sicurezza in se stessi e l’identità dell’individuo vacillano.

Una società più classista?

Più legata alle tradizioni. Ma anche nel bene: si rafforzano le identità, anche culturalmente.

Sono una monarchia, non lo dimentichiamo. Il fatto che Kate sia arrivata fin là è un segno dei tempi.

Un aneddotto, una cosa curiosa che hai vissuto e ti ha fatto dire: questa cosa solo a Londra?

Tante. Una bella: se tu vai in chiese, piccoli musei o nei giardini botanici vieni introdotto da volontari pensionati che con una passione, una generosità e una dedizione alla celebrazione dell’identità locale ti illustrano tutto. I pensionati vengono riconvertiti. E questo è meraviglioso. I pensionati hanno valore perché con orgoglio e senso di appartenenza vengono messi in grado di fare di tutto. Io sono socia dell’orto botanico (Chelsea Physic Garden) e quando la domenica ci vado con i miei figli, le visite guidate vi diventano un arricchimento trans-generazionale per tutti.

E l’aspetto dell’istruzione, quale caratteristica trovi?

E’ un sistema molto diverso e complesso, io conosco bene le scuole private. Certo, esistono anche ottime scuole pubbliche, le grammar schools, come quella che ha fatto la Thatcher, ma devi essere molto bravo. Per quanto mi riguarda, la differenza la fa l’istruzione delle boarding school, in campagna, esperienze straordinarie e “mitiche”, sane, al di fuori dalle contaminazioni dell’era digitale per chi deve crescere oggi.

Tu hai fatto un signor liceo a Milano (il Parini), sei in una posizione privilegiata per vedere le eccellenze dei due sistemi.

Noi siamo più eruditi e più analitici nel seguire il filo della storia. Loro sono più performativi, ma rispettano ciò che noi diamo per scontato, come il latino o la mitologia greca che mio figlio qui studia sin da quando aveva otto anni. Perché per loro gli studi classici vanno portati su un vassoio d’oro. Hai presente Boris Johnson che ha charmato tutta Londra facendo i discorsi in latino e greco? Possiedono un culto per la classicità e per quello che noi consideriamo una perdita di tempo, non l’affrontano come noi ma riescono ad attualizzare il sapere. Mio figlio legge persino i fumetti in latino e si diverte. Noi non lo abbiamo mai fatto. 

Quindi noi siamo eruditi ma ci annoiamo di più nell’apprendere, a meno che non si trovi un ottimo insegnante; loro riescono a teatralizzare il sapere e a renderlo più attuale, anche se magari risultano troppo diversi nell’approccio alla cosiddetta “cultura generale di base”. Il sapere risulta comunque da amare e da affrontare come una sfida per adattarsi alle diverse esigenze della vita. Anche se la formazione migliore è destinata comunque a un’elite.

Che cosa ti spingerebbe a tornare a Milano?

In realtà professionalmente sono spesso in Italia, perché credo di essere ancora più utile qui. Sul lungo termine, a tornare mi spingerebbero il sangue, la mia heimat, la mia identità. Il tutto si dovrà confrontare con un’identità di compromesso, con i miei figli che sono comunque anche inglesi. Trovo che la Brexit, nella sua negatività, possa comunque offrire paradossalmente ancora più possibilità di scambio. Spero che i miei figli saranno più umili, più aperti a possibilità di dialogo ancora maggiori.

Tu sei un simbolo non solo di Milano ma anche di milanesità. Questa milanesità quanto ti sei accorta che a Londra è un fattore?

Quello che ha reso grande Milano è che tutti noi, anche se ci siamo formati qui e possediamo del sangue milanese, siamo dei rappresentanti dell’Italia dinamica e del saper fare appartenenti a diverse regioni, a diverse “culture d’Italia”. Quando mi chiedono di dove sei, io che ho una madre veneziana, un papà che parla milanese – con nonno leccese e nonna milanese – mi sento di tutte e tre queste parti. Se il romano, il genovese, il napoletano si identificano intrinsecamente con le tradizioni e la storia della propria città, il milanese appartiene alla città come piattaforma da condividere in quanto italiano che porta anche a Milano le proprie tradizioni, anche regionali. Questo, in età moderna, ha fatto di Milano una piattaforma aperta e straordinaria.  

ANDREA ZOPPOLATO

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La storia di Cristina Trivulzio, grande milanese, definita “PRIMA DONNA d’Italia”

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Dopo il matrimonio- infelice- con il principe di Belgioioso, Cristina Trivulzio inizia il suo peregrinaggio a sostegno dei Carbonari.

Fu prima a Genova e poi per dieci anni a Parigi, dove il suo salotto divenne punto di riferimento per esuli e mazziniani. Finanziò i movimenti di liberazione italiani e rientrò a Milano per sostenere le cinque giornate, insieme a una piccola armata di 150 soldati da lei stipendiati per combattere contro gli austriaci. Carlo Cattaneo la definì nel 1860 la “prima donna d’Italia”.

Nel 1866 Cristina scrisse Delle presenti condizioni delle donne e del loro avvenire, un articolo che è considerato un’avanguardia del femminismo, in cui auspicava che le “compagne” e le “madri” dei signori “sian tenute seriamente come creature ragionevoli, dotate di potenze intellettuali”, “speciali, ma non inferiori a quelle dell’uomo”.

Dall’unità d’Italia fino alla sua morte, avvenuta nel 1871, nelle sue tenute di Locate sperimentò un socialismo illuminato sul modello di Charles Fourier.

Fonte: Milano d’Italia, Alberto Pezzotta- Anna Gilardelli, Bompiani

MILANO CITTA’ STATO

Il museo dell’innocenza: amore, musei, ispirazione

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La storia raccontata nel libro “Il museo dell’innocenza” del premio Nobel turco Orhan Pamuk narra la romantica e suggestiva vicenda di Kemal, ambientata nella terra natia dello stesso autore, Istanbul, negli anni Settanta e Ottanta del Novecento.

Il giovane protagonista di questo volume è un ricco imprenditore sposato che un giorno incontra la splendida Fusun.

Da quel momento, ne rimane perdutamente innamorato e questa travolgente passione lo spinge non solo a lasciare sua moglie, ma anche a sacrificare la propria carriera, i suoi amici e la propria reputazione pubblica.

Una storia davvero struggente e suggestiva che il museo Bagatti Valsecchi ha deciso di rappresentare con la mostra “Amore, musei, ispirazione. Il Museo dell’innocenza di Orhan Pamuk” , che durerà fino al 24 Giugno.

Quello che si potrà vedere visitando l’esposizione saranno ventinove vetrine contenenti immagini e oggetti fortemente evocativi che racconteranno le vicende dei protagonisti e faranno trasparire la magica atmosfera della capitale turca negli anni in cui è ambientata questa storia. Il tutto sarà arricchito da contributi video raffiguranti lo stesso Orhan Pamuk, il quale racconterà il senso di questa coinvolgente operazione museale.

Quindi, se sei ansioso di fare un intenso viaggio alla scoperta del medio oriente, direi che 9 euro per vedere questa mostra sono ancora pochi, non credi?

 

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Le aziende leader sui mercati mondiali meno note nel listino della borsa di Milano

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Sul listino di Piazza Affari troviamo titoli, meno conosciuti dal mercato, di aziende leader a livello mondiale e che nel corso degli ultimi anni stanno crescendo a vista d’occhio. Ne analizziamo tre.

Le aziende leader sui mercati mondiali meno note nel listino della borsa di Milano

#1 CEMBRE

Cembre è leader mondiale nella produzione di utensili (meccanici, pneumatici e oleodinamici) per l’installazione di connettori e per la tranciatura di cavi. I prodotti sviluppati per la connessione alla rotaia e per altre applicazioni ferroviarie sono stati adottati dalle principali società del settore in tutto il mondo. Fondato a Brescia nel 1969, il Gruppo è composto da cinque società controllate: quattro commerciali (Germania, Francia, Spagna e Stati Uniti) e una produttiva e commerciale (Cembre Ltd, con sede a Birmingham), per un totale di 698 collaboratori (dato aggiornato al 30 settembre 2017). Cembre è quotata alla Borsa Italiana nel segmento Star e dal 2000 ad oggi il titolo ha messo a segno un progresso di circa 700 punti percentuali. Grazie a questa performance l’azione entra di diritto tra i cinque migliori titoli degli ultimi 18 anni dopo Bca, Ifis, Reply, Brembo ed I.M.A..

Storia.

Nel lontano 1969 viene costituita a Brescia Cembre, per la produzione di connettori elettrici ed utensili per la loro installazione. Negli anni successivi, fino alla fine degli anni settanta l’azienda inizia a produrre i primi giunti a piena trazione e capocorda in rame, la prima testa oleodinamica e nel 1977, grazie all’apertura di un nuovo sito (Brescia), aumenta la produzione di utensili meccanici. Nove anni dopo, nel 1986, nasce Cembre Ltd. a Birmingham (UK) e nel 1988 Cembre Sarl a Parigi. Lo sviluppo e crescita non ferma l’azienda che nel 1994 costituisce Cembre Espana a Madrid; nei successivi due anni nascono altri siti strategici tra cui Cembre As in Norvegia e Cembre Ltd. a Curdworth (UK). Siamo arrivati nel 1997, Cembre approda a Piazza Affari ed il mercato apprezza, nel corso degli anni, lo sviluppo e crescita del gruppo. Dal 24 settembre 2001 il titolo è entrato nel segmento Star di Piazza Affari.

 

Analisi tecnica.

Il titolo Cembre nel corso degli anni è stato protagonista di un lungo rally che lo ha portato ad essere il quinto miglior titolo (per performance %) degli ultimi 18 anni. Al momento l’azione ha raggiunto quota 24.0 euro, non lontano dalla successiva resistenza strategica posizionata a quota 24.50 euro. Ulteriori indicazioni positive giungeranno proprio oltre tale livello ed un nuovo movimento rialzista troverebbe continuità a seguito del superamento (in particolar modo in chiusura e con tenta di almeno 3 sedute) di 25.0 euro, circostanza che proietterebbe le quotazioni verso i massimi storici a 25.90 euro e successivamente in area 27.0 euro (1° target). Indicazioni contrarie a detti sviluppi giungeranno con la violazione di 22.90 euro preludio ad un affondo dei corsi fino al supporto di breve/medio periodo a 22.00 euro. Se ciò dovesse accadere, il ribasso acquisirebbe forza proiettando obiettivi in area 20.0 euro (1° target e supporto fond.).

Analisi fondamentale relativa al terzo trimestre 2017.

ricavi delle vendite consolidati fanno registrare un incremento del 7,8%. Anche a livello trimestrale i ricavi consolidati sono aumentati rispetto al terzo trimestre 2016: +11,2 %.

Il risultato operativo lordo consolidato (Ebitda) dei primi nove mesi del 2017 è aumentato del 13,7% rispetto a quello dei primi nove mesi del 2016, pari a 22,2 milioni di euro, equivalenti al 24,6 per cento dei ricavi delle vendite. Anche il risultato operativo lordo del terzo trimestre ha avuto un andamento positivo, segnando una crescita pari al 13,2 per cento sul terzo trimestre del 2016.

Il risultato operativo consolidato (Ebit) pari a 20,6 milioni di euro è cresciuto del 15,4%.

L’utile netto consolidato dei primi nove mesi è pari a 14,4 milioni di euro, in aumento del 13,4% rispetto all’analogo periodo 2016. A livello trimestrale il risultato netto è aumentato dell’1,4%, passando da 4,2 mln di euro, corrispondenti ad un margine sulle vendite del 15,1 per cento, a 4,3 milioni di euro, corrispondenti al 13,8 per cento del fatturato consolidato trimestrale.

La posizione finanziaria netta al 30 settembre 2017 è migliorata rispetto al 30 giugno 2017, passando da un valore positivo di 14,6 milioni di euro ad un valore positivo di 20,4 milioni di euro. La posizione finanziaria netta al 30 settembre 2016 era positiva per 23,1 milioni di euro.

Prospettive per il futuro.

Al fine di mantenere la propria posizione di leadership ed aumentare la propria penetrazione nel mercato, Cembre ha notevolmente allargato la gamma di prodotti attraverso l’attività di ricerca finalizzata principalmente allo sviluppo di prodotti innovativi per i settori con il maggiore potenziale di crescita (trasporto su rotaia, costruzione e progettazione civile e industriale), ha messo in atto un continuo miglioramento e innovazione dei prodotti esistenti al fine di renderne l’utilizzo più semplice e migliorarne l’efficienza e l’introduzione di prodotti complementari (ad es. prodotti per la siglatura).

Cembre è entrata in un mercato valutato, per la sola Italia, in 25 milioni ed ha migliorato la struttura produttiva. La strategia del Gruppo ha permesso, dal 2009 al 2016, un continuo miglioramento del fatturato che è passato da 75.984 a 122.605 mln di euro. L’aumento del fatturato è dovuto grazie ad un rafforzamento del vantaggio competitivo di Cembre attraverso lo sviluppo di nuovi prodotti, grazie ad un intenso lavoro di ricerca, grazie all’introduzione di una nuova linea di prodotto dedicata all’impiantistica idraulica ed a una maggiore penetrazione nei mercati esteri, in particolare quello statunitense.

Cembre è un titolo da cassettista da seguire con attenzione.

 

#2 DATALOGIC

Altra perla di Piazza Affari è Datalogic, leader tecnologico a livello mondiale nei mercati dell’acquisizione automatica dei dati e di automazione dei processi. L’azienda è specializzata nella progettazione e produzione di lettori di codici a barre, mobile computer, sensori per la rilevazione, misurazione sicurezza, sistemi di visione e marcatura laser. Oggi, il Gruppo Datalogic impiega circa 2.700 dipendenti nel mondo, distribuiti su 30 paesi, con stabilimenti di produzione e centri di riparazione negli Stati Uniti, Brasile, Italia, Slovacchia, Ungheria e Vietnam. Datalogic S.p.A. è quotata al segmento STAR di Borsa Italiana dal 2001. Il Gruppo ha sede a Bologna, Italia.

Storia

Nel 1972 nasce Datalogic, in un locale nella canonica della parrocchia di Quarto Inferiore, alle porte di Bologna. In principio la produzione è rivolta ad apparecchi elettronici, ma nel giro di breve avviene la svolta verso la progettazione e produzione di controlli fotoelettrici per l’industria del tessile, delle ceramiche e dell’imballaggio. Servirà presto uno stabilimento più grande: nasce la sede a Lippo. Nel 1974 inizia l’espansione in campo internazionale, in Germania. Soltanto due anni dopo inizia la commercializzazione dei prodotti marcati Datalogic anche in Giappone. Nel 1978 viene costituita la prima società commerciale negli Stati Uniti. Negli anni ottanta si aprono nuovi orizzonti, oltre a nuove ricerche nel campo della lettura ottica, Datalogic apre nuove sedi di ricerca, produzione e vendita e in questo decennio acquisisce la Escort Memory Systems in California, attiva nel mercato delle etichette elettroniche e RFID. Gli anni novanta sono il punto di volta, viene lanciato un ambizioso Piano Strategico di Miglioramento a 3 anni (1993 – 1995) per trasformare Datalogic in una realtà industriale a livello internazionale.

Nel 2000 fa il suo esordio a Piazza Affari e negli anni successivi continua l’espansione dell’azienda con acquisizioni strategiche come per esempio l’americana Psc. Oggi, Datalogic è leader mondiale nel settore dell’acquisizione automatica dei dati e dei mercati di automazione industriale. L’azienda dispone di 12 centri di ricerca e sviluppo in tutto il mondo, impiega circa 2.700 collaboratori in tutto il mondo distribuiti in 30 paesi in Europa, Asia Pacifico, e negli Stati Uniti.

Analisi tecnica.

Il titolo Datalogic (titolo difensivo, da cassettista e non solo, dalle ottime performance; +450% dal debutto 2001 ad oggi) sta tentando di risalire dopo le prese di beneficio (al momento il titolo è a quota 32.95 euro) per puntare alla resistenza strategica posizionata a quota 33.00 euro. Oltre tale ostacolo (in chiusura) il titolo invierebbe ulteriori segnali di risveglio che se confermato oltre quota 34 euro (34.70 euro è il prezzo max storico) proietterebbe obiettivi in area 37 euro. Le prospettive di crescita verrebbero invece meno con discese sotto 29 euro (in chiusura) introduttive dei test a 28.60 e 28 euro in prima battuta.

Risultati dei nove mesi.

  • Ricavi a quota 450,7 milioni di Euro, +6,9% rispetto a 421,8 milioni di Euro dei primi nove mesi 2016.
  • EBITDA a 77,9 milioni di Euro, in crescita del 16,9% rispetto ai 66,6 milioni di Euro dei primi nove mesi 2016 (EBITDA margin al 17,3% rispetto al 15,8%).
  • Utile netto in miglioramento del 10,2% a 45,1 milioni di Euro rispetto ai 40,9 milioni di Euro dei primi nove mesi 2016.
  • Posizione finanziaria netta negativa per 15,2 milioni di Euro rispetto ai 37,6 milioni di Euro negativa al 30 settembre 2016.

Prospettive per il futuro.

Riferendoci ai dati economico-finanziari brevemente accennati in precedenza, possiamo notare che anche il terzo trimestre ha confermato il trend di crescita dei ricavi rispetto all’esercizio precedente (nonostante un andamento del cambio euro dollaro in controtendenza rispetto ai trimestri precedenti) già evidenziato nei primi due trimestri. Il Gruppo prevede di continuare ad investire in ricerca e sviluppo e nelle strutture commerciali, coerentemente con il modello di business orientato al cliente, ciò fa prevedere un andamento positivo anche per il prosieguo dell’anno. Per quanto riguarda il quarto trimestre, che verrà reso noto il 20 marzo prossimo, il Gruppo Datalogic si attende di confermare il trend di crescita dei ricavi registrato nei primi nove mesi del 2017 e di continuare ad ottimizzare i processi produttivi ai fini di consolidare un miglioramento della profittabilità rispetto all’esercizio precedente. Il Gruppo avrà una forte attenzione al margine operativo lordo per mantenere una solida redditività; inoltre aumenterà le spese operative di R & S e distribuzione per aumentare ulteriormente crescita e mantenere la leadership nel mercato. Retail, un recupero della crescita attraverso una forte pipeline di nuovi prodotti e grandi progetti ed un ampliamento della base clienti in Nord America; continuare a crescere in Cina ed in altre principali aree geografiche, sostenute da una forte domanda di automazione.

 

#3 INTERPUMP GROUP

Interpump Group S.p.A. è il maggiore produttore mondiale di pompe a pistoni professionali ad alta pressione ed uno dei principali gruppi operanti sui mercati internazionali nel settore dell’oleodinamica.

Il Gruppo è composto dai seguenti settori di attività:

  • Il Settore Acqua è costituito per la maggior parte dalle pompe ad alta ed altissima pressione e sistemi di pompaggio utilizzati in vari settori industriali per il trasporto di fluidi. Le pompe a pistoni ad alta pressione sono il principale componente delle idropulitrici professionali.
  • Il Settore Olio include la produzione e la vendita di prese di forza, cilindri oleodinamici, pompe, valvole e distributori oleodinamici, tubi e raccordi ed altri componenti oleodinamici. Le prese di forza sono gli organi meccanici che consentono di trasmettere il moto dal motore o dal cambio di un veicolo industriale per comandare, attraverso componenti oleodinamici, diverse applicazioni del veicolo.

Storia

Il Gruppo Interpump fu fondato da Fulvio Montipò nel 1977 a S. Ilario d’Enza (RE), dove la società capogruppo, Interpump Group S.p.A., diede inizio alla propria produzione di pompe a pistoni ad alta pressione e divenne così in pochi anni il maggiore produttore mondiale di pompe a pistoni ad alta pressione, ed i suoi prodotti un punto di riferimento per il mercato.

A partire dagli anni ’90, la crescita del Gruppo iniziò a svilupparsi anche fuori dal settore delle pompe a pistoni, attraverso l’acquisizione di aziende leader nella produzione di macchine per la pulizia professionale ed industriale e di motori elettrici.

Nel 1996  Interpump Grp sbarca sul listino milanese.

Nel triennio 1997-1999, il Gruppo Interpump è entrato nel settore oleodinamico attraverso l’acquisizione di una serie di aziende, diventando il maggiore produttore mondiale di prese di forza.

Analisi tecnica.

Prosegue lungo la via degli acquisti il titolo Interpump Grp che nella sessione odierna sfiora il massimo storico a 31.0 euro (il titolo ha archiviato la seduta a quota 30.28 euro). Il titolo ha una solida tendenza rialzista che  in 12 mesi ha permesso ai prezzi di guadagnare circa il 70% sul listino di Milano (decimo miglior titolo degli ultimi 18 anni: +490%), scesa che fino ad oggi non ha presentato incertezze di rilievo. Flessioni fino a 28.0 euro resteranno compatibili con l’ipotesi rialzista che dovrebbe sfociare nel superamento dell’ostacolo a 31.0 euro (in chiusura) e nella conseguente accelerazione in direzione del primo obiettivo posizionato in area 32.28 euro. Sul fronte opposto invece, la rottura di 28.0 euro (in chiusura) farà scattare ulteriori ribassi con un primo target in area 27.25 euro.

 

Prospettive per il futuro.

Per quanto riguarda l’ultimo trimestre il gruppo prevede risultati positivi in termini di vendite e di redditività ed inoltre continuerà a prestare particolare attenzione al controllo dei costi ed alla gestione finanziaria, al fine di massimizzare la generazione di free cash flow da destinare sia alla crescita organica che per via esterna ed alla remunerazione degli Azionisti.

Da sottolineare che lo scorso 3 ottobre 2017 Interpump Grp ha acquisito il 100% di Fluid System 80 S.r.l. (società attiva nella progettazione e produzione di centrali e sistemi oleodinamici) per rafforzare così la propria presenza nel settore delle centrali oleodinamiche, dove il gruppo Interpump è presente dal 2001 con il marchio Hydroven. Il fatturato atteso per il 2017 è di circa 6 milioni di euro.

Il Gruppo è stato protagonista di diverse acquisizioni strategiche volte a migliorare l’efficienza, la professionalità e lo sviluppo. Interpump ha acquisito 25 società dall’IPO nel 1996 ad oggi.

Rating e target price:

NomeDataRatingTarget Price
Equita sim15/01/2018Buy32.00
Kepler Cheuvreux09/01/2018Buy33.00
Banca IMI09/01/2018Add33.00
Kepler Cheuvreux17/10/2017Buy29.50
Equita sim21/08/2017Buy28.00

 

Pasquale Ferraro

 

 

 

 

Giovanni Ricordi è stato il primo e il più importante editore di musica in Italia

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1808. Il copista di musica Giovanni Ricordi apre una piccola tipografia. Dal 1814 inizia a lavorare per la Scala di cui nel 1825 si assicura l’archivio. Ricordi diventerà un asso nell’assicurarsi il diritto d’autore di alcuni tra i più grandi compositori dell’epoca, come Rossini, Donizetti o Bellini, di cui contribuì alla loro affermazione sul mercato. Così fece anche con Verdi e Puccini.

Nel 1958 il suo discendente Nanni Ricordi apre la Dischi Ricordi che si specializza nella produzione di cantautori italiani, come Gaber, Gino Paoli, Jannacci e Sergio Endrigo. Nel 1994 la Ricordi è stata acquistata dal gruppo tedesco Bertelsmann.

Fonte: Milano d’Italia, Alberto Pezzotta- Anna Gilardelli, Bompiani


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