Ha chiuso ormai da anni anche il Mc Donald’s di San Babila che era sorto sulle ceneri del Burghy, il ritrovo simbolo dei paninari negli anni Ottanta. Rivediamoli in questo video diMilano Vintage
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Avviso ai lettori. Questo articolo contiene concetti non particolarmente lusinghieri su Milano. Se siete parte di quel gruppo di persone che ritengono Milano al di sopra del bene e del male, e che pur di dimostrare il vostro amore incondizionato alla città sareste disposti perfino a difendere il monumento di piazzale Amendola detto “l’incidente stradale“, allora è importante sappiate che questo articolo non fa per voi. Questi cinque punti sono emersi dalla chat della redazione di Milano città stato: non siamo d’accordo su ogni singolo punto ma siamo tutti d’accordo sullo spirito di fondo di questo articolo. Perchè essere innamorati di Milano non significa rinunciare all’idea che possa essere sempre migliore, anche riconoscendo i suoi difetti. Chiarito questo, ecco a voi le 5 cose che più odiamo di Milano e che ci piacerebbe che questa città si lasciasse dietro le spalle.
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Quelle cinque cose che odiamo di Milano
#1 Odiamo la mentalità NIMBY
Iniziamo subito tirandocela da veri milanesi, con un termine molto international. Nimby è l’acronimo di “not in my backyard”, ossia fatelo pure ma non dietro casa mia. Si tratta di una mentalità che si oppone a opere e attività di interesse pubblico che hanno o potrebbero avere effetti negativi sulla propria area di residenza. Di solito si accompagna a un atteggiamento ipocrita da due pesi e due misure: si critica e si danno lezioni morali agli altri ma guai a prendersi una minima responsabilità delle proprie azioni.
#2 Odiamo la SUPPONENZA
Intendiamo non quell’arroganza bonaria, ma quell’atteggiamento rigido che sconfina nella prepotenza. Che poi non è lontana dal punto precedente, spesso è parte integrante alla mentalità NIMBY, all’atteggiamento ipocrita, ma rispetto al punto precedente si esprime più in una forma individuale. Si è implacabili con gli errori degli altri, ma molto accondiscendenti verso quelli propri. Che anzi non esistono. E la prepotenza porta a considerare come proprio non solo ciò che è proprio, ma anche ciò che è pubblico o degli altri.
#3 Odiamo l’IDOLATRIA IDEOLOGICA
Riteniamo che il bello di Milano sia il buonsenso, il suo pragmatismo calvinista, la capacità di giudicare le buone azioni sulla base degli effetti che producono non in base a chi le commette o a dei principi ideologici. Già, qui casca l’asino: l’idolatria ideologica si sta diffondendo a macchia d’olio in una città che per sua natura dovrebbe esserne immune. L’ideologia sta diventando ormai il criterio principale per definire il bene e il male di tutto ciò che succede: dall’apertura di una ciclabile a un tizio che se ne va in giro su un monopattino elettrico. Funziona? Serve? Che conseguenze ha? sono ormai diventate delle domande senza senso. Meglio scontrarsi come ultras per partito preso.
#4 Odiamo lo STORYTELLING
Un’altra cosa che negli ultimi anni è andata fuori controllo, tanto da finire ovunque. Quest’ansia dello storytelling, in una città dove sempre più il progetto sta diventando più importante della sua effettiva realizzazione, la Milano dei rendering, delle week, dei rebrand, dei naming che fanno rinascere i quartieri, dei claim che rendono straordinarie delle opere modeste, dell’effetto Wow, la città dove conta la rappresentazione anche se priva di sostanza. A te che leggi, non ti viene mai la nausea di questo?
#5 Odiamo la FUGA da Milano
Nel weekend. Nelle feste comandate. La morale è sempre la stessa: appena è possibile molti sentono questo desiderio irrefrenabile di scappare da Milano. Per poi ritrovarvi a scrivere su Facebook quanto vi manca Milano.
Ci fermiamo qui. Anche se nella chat erano spuntati altri motivi di odio, dallo smog alle auto sui marciapiedi, dal provincialismo che fa temere il confronto critico con il resto del mondo al conformismo di avere o di fare ciò che si ritiene più figo. Si potrebbe andare avanti ma preferiamo fermarci qui. L’unica cosa che ci resta da dire è che noi amiamo Milano. La amiamo così tanto da odiarla.
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Un luogo abbandonato. Forse il più strano di Milano. Ma a cosa serviva? E perché si chiama così?
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La TORRE DELLE SIRENE: uno dei luoghi più STRANI di Milano
# L’origine del nome: le figure mitologiche non c’entrano
La Torre delle sirene si trova nel giardino di Palazzo Isimbardi, tra il palazzo della Provincia e quello della Prefettura, in una posizione poco visibile. La torre non si vede dalla strada, ma si scorge solo se si entra nel cortile interno. E’ alta una ventina di metri, costruita nel 1939 in cemento armato con una forma cilindrica dal tetto a punta. Ma perchè ha questo nome?
Non ha nulla a che fare con le affascinanti e misteriose figure mitologiche che ammaliavano i naviganti: le sirene sono invece quelle che suonavano nel momento in cui venivano avvistati aerei nemici durante la Seconda Guerra Mondiale. Nella torre, infatti, era installata una centralina che dava l’allarme per avvisare i cittadini dei possibili bombardamenti.
# Una bicicletta per far funzionare le luci in caso di blackout
La struttura, alta e stretta, era difficile da colpire in caso di attacco aereo per cui risultava un luogo sicuro. Dentro c’era un bunker, dotato di meccanismi per filtrare l’aria e lampade a tenuta stagna. In caso di blackout era presente una bicicletta per far funzionare le luci presenti. Qui durante la guerra si rifugiarono in molti, compreso il prefetto e la sua famiglia.
# Fu l’ultimo rifugio di Mussolini
La Torre servì anche come ultimo nascondiglio milanese per Mussolini che qui trascorse qui gli ultimi giorni prima di provare la fuga che gli fu fatale.
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Milano è piena di piccole cose che la rendono incantevole nella sua e nella nostra quotidianità passata assieme, ma è anche piena di primati da Guinness che ci sembra doveroso raccontare.
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7 record di Milano entrati nel Guinness dei Primati
#1 Il cappuccino più grande del mondo
800 litri di caffè e 3500 litri di latte il tutto versato in una supertazza da 4300 litri. Ideale per chi ogni mattina soffre il jet lag della vita. Non poteva che essere stato fatto a Milano.
#2 Record di caffè serviti in un’ora
E’ di Milano anche il record di rapidità nel servire un caffè. Quando manca una tazzina abbastanza grande da contenere tutti quei galloni di caffè bisogna rimediare con tante tazzine normali. 623 in un’ora per la precisione il record stabilito dal Beverin di Brera.
#3 La tovaglia più lunga del mondo
È lunga duemila e duecento metri, senza rattoppo alcuno. Significa che si tratta di un pezzo di tessuto unico. È stata stesa sopra una fila di 1000 tavole che hanno ospitato circa 4000 commensali. Ignoriamo chi l’abbia lavata a fine pasto.
#4 La baguette più grande del mondo
Oh, francesi! Prrrr! Durante l’EXPO al padiglione Nutella è stata preparata la baguette più lunga del mondo. 122,4 metri di panino interamente ripieno proprio di Nutella. Buona merenda. E i francesi rosicano.
#5 La torta più grande del mondo
Una torta a forma di Italia lunga 16,46 metri. Nel suo punto più alto raggiunge i 54 cm ed è interamente composta da pan di Spagna e monumenti di cioccolato fondente o zucchero.
#6 Il tiramisù più grande del mondo
Mentre Veneto e Friuli ancora litigano su chi l’abbia inventato, Milano zitta zitta ha registrato il record del mondo di tiramisù. Il 16 dicembre 2018 in Galleria è stato realizzato una versione al cioccolato di 332,20 kg di peso, con un diametro di 115 cm e un’altezza di 150 cm. Il record è stato raggiunto dopo 100 ore di lavorazione.
#7 La canzone più lunga del mondo
Elio e le storie tese cantano la canzoneCara ti amo per 12 ore filate stabilendo così il record mondiale di durata di un brano live. Accadeva nell’ottobre del 1990 alteatro dell’Elfo.
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La causa di ogni problema, da quello dei costi delle case a quello del traffico: la scarsa efficienza nelle connessioni tra Milano e l’hinterland. E pensare che la soluzione è a portata di mano.
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La «metro dell’hinterland»: la nuova rete per risolvere i trasporti nella Grande Milano
# Il servizio attuale di metro e ferrovie suburbane
Sempre più auto entrano in città, nonostante Area B e Area C, e il problema del congestionamento dovuto al traffico privato non si risolve. La verità è che essendo la classe inquinante l’unico discrimine per poter entrare e circolare all’interno dei confini del Comune di Milano, basta comprare un’auto, anche usata, di quelle non sottoposte a divieti per muoversi liberamente. L’unica soluzione possibile è quindi quella di offrire una valida alternativa di trasporto pubblico. Attualmente eccetto i rami extraurbani della linea M2, la linea M1 si spinge appena fuori Milano, solo le linee suburbane che transitano nel passante collegano il capoluogo con l’area metropolitana: in totale 15 linee la cui frequenza e regolarità non è soddisfacente, sono frequenti incidenti e treni guasti.
# Occorre fare come a Berlino dove U-Bahn e S-Bahn sono la stessa cosa
Occorrerebbe quindi che Milano facesse come Berlino con le S-Bahn, le ferrovie suburbane della capitale tedesca, che di diverso rispetto alla metropolitana U-Bahn hanno sostanzialmente i tracciati in superficie invece che sotterranei. Per il resto non si avverte nessuna differenza di servizio, si cambia da treno e metro senza accorgersene. Andrebbero quindi dedicate delle tracce e dei binari a dei servizi metropolitani, aumentando se necessario il numero di questi ultimi, costruite nuove linee e allungate le attuali metropolitane, dove non sono già previste metrotranvie, fino alla provincia di Monza Brianza e fino agli ultimi comuni della Città Metropolitana di Milano. Fondamentale integrare le due tipologie di reti, uniformandole anche come identità visiva.
# La «metro dell’hinterland»: una rete di 18 linee metropolitane
Per servire l’hinterland, si potrebbe creare una rete di 18 metropolitane in questo modo:
#MH1 – Cinisello Bettola-Rho Fiera/Abbiategrasso
#MH2 – Vimercate/Vaprio d’Adda – Binasco/Rozzano
#MH3 Comasina-Paullo
#MH4 Segrate-Buccinasco
#MH5 Monza Polo Istituzionale-Magenta
#MH6 MIND-Ponte Lambro/Trucazzano
#MH7 utilizzando il tracciato della linea S1 Saronno-Lodi nel tratto tra Garbagnate Milanese e Melegnano
#MH8 utilizzando il tracciato della linea S3 Saronno-Cadorna, con 5/6 fermate intermedie più altre da realizzare lungo il tracciato con capolinea a nord a Garbagnate Milanese e a sud nella stazione di Cadorna
#MH9 usano i binari della linea S4, da Cesano Maderno dove interscambia con l’attuale S9, a Milano, con aggiunta di fermate intermedie dopo Domodossola M5
#MH10 raddoppiando i binari utilizzati da S9 e futura circle line da Rho fino a Lambrate.
#MH11 da Milano Centrale a Monza senza stop intermedi, utilizzando una traccia delle linee in transito
#MH12 da Milano Centrale a Desio senza stop intermedi, su parte del tracciato della S11
Infine si potrebbero collegare tutti i nuovi capolinea con una super circolare, la M0, aggiornando l’idea di un Gran Milan Express, con queste 18 stazioni partendo da nord e procedendo in senso orario: Desio, Monza, Vimercate, Vaprio d’Adda, Cassano d’Adda, Trucazzano, Paullo, Melegnano, Locate Triulzi, Pieve Emanuele, Binasco, Morimondo, Abbiategrasso, Magenta, Castano Primo, Legnano, Garbagnate Milanese e Cesano Maderno.
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Le grandi metropoli stanno vivendo un periodo di profondo cambiamento negli ultimi decenni, con gli spazi pubblici sempre meno destinati alle auto e sempre più a pedoni e mobilità dolce. Mentre Milano punta sui divieti alla circolazione, le altre mirano a implementare soluzioni alternative che consentano ogni tipo di mobilità. Ecco come hanno scelto di agire nella capitale dei Paesi Bassi, uno dei simboli della mobilità green.
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Strade sottoterra, verde sopra: la scelta di Amsterdam arriverà a Milano?
# Uno dei progetti infrastrutturali più grandi e complessi dei Paesi Bassi
I Paesi Bassi sono stati tra i primi a favorire pedoni, ciclisti, e oggi anche monopattini, rispetto alle auto. Le strade prevedono spazi maggioriper chi non si sposta con veicoli a motore e, come ad Amsterdam, le velostazioni sono diffuse, così come i parcheggi sotterranei, oltre al trasporto pubblico. I possessori e gli utilizzatori delle auto non vengono però discriminati, ma si cercano soluzioni alternative per consentire la loro libera circolazione. La più importante è quella di interrare arterie ad alto scorrimento, come tangenziali e autostrade, liberando le aree superficie.
Nel distretto di Zuidas è programmato un intervento di questo tipo, si tratta di uno dei progetti infrastrutturali più grandi e complessi della Nazione, che consiste:
nell’ampliamento e spostamento della tangenziale A10 sottoterra;
nella ristrutturazione della stazione ferroviaria di Amsterdam Sud;
nella riqualificazione superficiale con verde, acqua e spazi per i pedoni.
# L’interramento del tunnel
Al centro del progetto c’è l’ampliamento e interramento della tangenziale A10, all’interno di un quartiere ampiamente sviluppato negli anni ’80, dopo che il comune ha destinato aree su entrambi i lati dei binari ferroviari e della tangenziale come sede di sviluppo per uffici. L’obiettivo è migliorare l’accesso al quartiere stesso e aumentare la qualità urbana.
# La nuova stazione ferroviaria
La stazione di Amsterdam Sud, sempre più considerata una barriera verso il centro città, in un distretto residenziale e terziario molto frequentato da ciclisti e pedoni, si prepara ad essere trasformata. Il tunnel sotto alle banchine e che conduce ai treni della metropolitana diventa una galleria con negozi, ristoranti e deposito biciclette, un’altra più stretta con servizi simile porta alla nuova fermata del tram sul lato sud e a una fermata dell’autobus sul lato nord.
# La rivoluzione in superficie con un corridoio verde
La liberazione del terreno, dopo lo spostamento della tangenziale A10 sottoterra, consente di aggiungere un ulteriore binario ferroviario e realizzare un vero e proprio corridoio verde, giardini, acqua e aree di sosta. La pendenza su entrambi i lati della piazza della stazione presenta un paesaggio verde a gradini con posti a sedere che si trasformano gradualmente in un parco lineare sopra l’arteria stradale interrata e attorno all’imbocco del tunnel.
La vegetazione è prevista anche a copertura dei tetti delle banchine e delle barriere acustiche. L’investimento per il progetto è di oltre 100 milioni di dollari e il suo completamento è fissato per il 2036.
# Un’idea per risolvere il problema del traffico con la chiusura dei cavalcavia milanesi?
A Milano si era ipotizzato in passato di realizzare due tunnel, uno di 4 km da 4 da piazza Repubblica a Forlanini e un altro di quasi 15 km dall’area Expo a Linate per togliere il traffico in superficie e velocizzare gli spostamenti in città. Interventi che avrebbero potuto riqualificare in modo importante le aree a livello strada. La soluzione potrebbe tornare utile vista la quasi certa chiusura del cavalcavia Monte Ceneri-Serra, con trasformazione in una sorta di HighLine con aree verdi e di sosta per i cittadini, e della chiusura/abbattimento di quello di Corvetto.
Si potrebbero abbattere entrambi, interrando nel secondo caso anche il tratto cittadino del raccordo autostradale da cui proviene la strada. Non solo: perché non ripensare all’idea dei due tunnel per spostare sottoterra il traffico cittadino?
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L’osservatorio dell’Associazione Italiana Editori (AIE) per BookCity rivela che nel 2023 la spesa per consumi culturali a Milano è cresciuta del 33%, mentre la media nazionale del 20%. Questo slancio può essere la base per intraprendere azioni innovative che pongano libri, lettura e produzione video al centro della vita cittadina. Ecco alcune idee.
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Milano: spesa culturale +33%! 5 idee per il futuro della capitale dell’editoria e della produzione culturale
# I monumenti-infopoint alla lettura milanese
Un primo passo per celebrare l’identità culturale della città potrebbe essere l’installazione di un monumento dedicato alla cultura e alla letteratura milanese. Immaginiamo una grande riproduzione in marmo bianco del vocabolario milanese di Francesco Cherubini o dei Promessi Sposi di Alessandro Manzoni, magari posizionato in Piazza Duca D’Aosta, davanti alla Stazione Centrale, come “manifesto milanese” per i turisti che arrivano.
Per testimoniare che la cultura non è solo il passato, questo monumento potrebbe anche essere interattivo: un “computer-monumento”, dotato di schermi touch e connessione a una rete culturale, che funga da infopoint turistico avanzato. Così come i modelli più avanzati di IA sono in grado di interagire con i loro utenti a partire da una rete di informazioni, questo infopoint milanese potrebbe fornire storia e informazioni sulla città per soddisfare ogni richiesta dei turisti. Qualora si dimostrasse efficiente, questo modello potrebbe diffondersi in tutte le zone che accolgono turisti.
# Micro-librerie (tematiche) in ogni zona e quartiere
Milano è una città di quartieri unici, ciascuno con una propria anima e storia. La creazione di micro-librerie tematiche in ogni quartiere potrebbe far riscoprire le radici locali e incoraggiare la lettura. L’idea è così praticabile che in zona Isola il sistema bibliotecario milanese ci ha già pensato, anche se la realizzazione ha lasciato un po’ a desiderare.
Ripartendo da Montenapoleone, per esempio, una micro-libreria dedicata al mondo della moda potrebbe offrire volumi su storia del costume, design, e stilisti celebri. Oppure in zona Tortona, cuore del design milanese, la micro-libreria potrebbe essere dedicata alla storia del design e dell’architettura contemporanea. O, ancora, Porta Romana, famosa per il teatro, la poesia e il legame con il futurismo, potrebbe ospitare una micro-libreria con raccolte di testi teatrali e libri di poesia italiana e internazionale.
Per ogni volume preso in prestito, i cittadini potrebbero optare per il formato fisico o per una versione digitale temporanea che si auto-elimina dopo un mese, mantenendo l’etica del sistema bibliotecario. Questo approccio integrerebbe la fruizione digitale con quella fisica, rendendo accessibili più libri e riducendo la necessità di spazi per contenere volumi. I lettori potrebbero accedere a un “sistema bibliotecario diffuso”, passeggiando per la città o per il proprio quartiere.
# I locali comunali “intelligenti”
Il Comune di Milano, poi, potrebbe contribuire ulteriormente alla trasformazione della città in un centro culturale, dando il via alla creazione di luoghi di ritrovo “intelligenti”: progettati come “normalissimi” locali serali, accoglienti e creativi, avrebbero una sezione dedicata alla lettura e allo studio, ma anche angoli riservati alla consultazione o all’acquisto di opere inedite, con scaffali dedicati anche ai frequentatori che desiderino posizionarvi le proprie opere.
Locali di questo tipo, che potrebbero essere realizzati in prossimità delle università, finirebbero anche per incentivare lo scambio generazionale, c’è da immaginarsi che, in tempo zero, i frequentatori abituali non sarebbero unicamente universitari.
Organizzare momenti di lettura condivisa o eventi di slam poetry e sessioni di discussione in questi spazi aggiungerebbe valore alla scena culturale milanese, rendendola più attiva. Anche i programmi di mentorship con scrittori affermati e incontri con case editrici locali potrebbero rafforzare il ruolo di Milano come città innovativa e promotrice della cultura.
# Cabine insonorizzate per la produzione video
Non solo libri. La produzione video è un mezzo di cultura e comunicazione potente e Milano ha il dovere di fornire ai giovani artisti e videomaker spazi dedicati per creare contenuti senza disturbare chi si trova nelle piazze o nelle zone centrali della città.
Immaginiamo cabine mobili insonorizzate, posizionate in luoghi chiave come Piazza del Duomo; grazie a pareti in vetro unidirezionali, queste cabine permetterebbero di osservare l’esterno senza essere visti, mentre un assistente AI all’avanguardia potrebbe gestire le necessità di produzione con semplici comandi vocali.
Per esempio, con comandi come “Ok, cabina, svuota la piazza” o “Aggiungi folla di passanti”, il sistema potrebbe generare scenari personalizzati in tempo reale grazie alla realtà aumentata, aggiungendo o rimuovendo elementi secondo le esigenze del creator.
Per avvantaggiare i giovani con pochi mezzi, l’AI della cabina potrebbe offrire anche strumenti avanzati quali microfoni, videocamere 4K, luci regolabili e un software di editing integrato. Una volta terminata la ripresa, il creator potrebbe modificare il contenuto direttamente in cabina e, se lo desidera, pubblicarlo in tempo zero sui suoi social media.
# Concorsi pubblici innovativi per la promozione di Milano
Il Comune di Milano potrebbe lanciare un concorso annuale per il miglior videoclip di due minuti che racconti, in modo genuino, la cultura milanese. Questo contest non solo incentiverebbe i giovani talenti, offrendo loro una piattaforma per farsi conoscere, ma arricchirebbe Milano di contenuti innovativi, portando alla città una serie di “spot” autentici e gratuiti sui social media. I creatori avrebbero l’opportunità di esplorare temi cittadini, dai simboli storici ai quartieri emergenti, con un occhio fresco e personale, dando vita a una narrazione inedita che metta in luce i volti e le storie della città.
In parallelo, Milano potrebbe rafforzare la sua identità culturale tramite un concorso di slam poetry e produzioni video, pensato per connettere la cultura “vecchia” a quella “nuova.” Questa iniziativa, promossa dal Comune, stimolerebbe l’incontro tra la letteratura classica e le forme di espressione più contemporanee. Eventi di slam poetry in locali pubblici sarebbero ripresi e diffusi in una campagna social che racconti i quartieri e i temi tipici della città, offrendo a Milano una campagna pubblicitaria basata sulla produzione culturale cittadina.
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A Milano sono in leggero aumento le retribuzioni. Ma non basta: il costo delle abitazioni continua a salire senza sosta da decenni, così come il costo della vita in generale. Ecco quanto si prende in media a Milano e quanto serve per vivere.
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Stipendio: quanti soldi servono per vivere a Milano?
# Milano è la città con gli stipendi più alti d’Italia: 36.952 euro lordi annui
Nella Città Metropolitana di Milano vengono pagate le retribuzioni lorde più alte in Italia in base all’ultimo report dell’Osservatorio JonPricing: 36.952 euro annui, 12mila euro in più rispetto alla media nazionale, pari a un reddito netto di 2.000 euro. Una conferma che non sorprende, così come il dato relativo al tasso di occupazione complessivo pari al 71,2%, relativo al 2023, comunicato dal dipartimento mercato del lavoro Cgil Milano. Purtroppo un terzo dei dipendenti viene pagato mensilmente in media 800 euro e anche con 2.000 euro si fatica a vivere bene, se si è soli.
# Anche il costo della vita è più alto: servono almeno 3.000 euro al mese per vivere (1.300 per sopravvivere)
Il costo della vita, anche in questo caso il più alto d’Italia, vanifica il fatto di avere la retribuzione media più alta. Gli affitti hanno toccato i 24 euro al mq, questo vuole dire che un per un trilocale di 75 mq si paga in media 1.800 euro, di fatto come la retribuzione media, per un bilocale di 50 mq invece 1.200 euro. Ma questi sono solo i costi per avere un tetto sulla testa, bisogna infatti aggiungere bollette, spesa alimentari, trasporti e svago, se possibile. Per vivere bene a Milano lo stipendio minimo netto dovrebbe essere di almeno 3.000 euro al mese, per “sopravvivere” ne servono 1.300, scegliendo la periferia e concedendosi poche spese extra. Non va meglio per gli studenti, il costo di una stanza può andare dai 450 ai 2.000 mentre quello per vivere a Milano si avvicina ai 1.000 euro.
# Confronto con l’Europa: gli unici a essere diventati più poveri in 30 anni
Da fonti OCSE risulta che l’Italia è l’unico paese in Europa in cui i salari da lavoro dipendente sono diminuiti nel 2020 rispetto al 1990. In Lituania gli stipendi sono aumentati di un +276,3%, in Estonia +237,20%, Lettonia +200,50%. Nel nucleo dei fondatori Euro, gli aumenti sono più contenuti, ma spicca il + 129,6 della Slovacchia.
L’unica a essersi impoverita è l’Italia: -2,9%. Sono lontani i tempi in cui ci si poteva confrontare con Francia (+31,1%), Austria (+24%) o Germania (+33,7%). Anzi: con l’unico segno negativo, l’Italia in Europa ha smesso di confrontarsi con tutti, prendendo una strada tutta sua.
# Per l’Eurostat l’Italia è a metà classifica nel Vecchio Continente per reddito annuo
In basi ai dati Eurostat l’Italia si posiziona a metà classifica in Europa per il reddito medio annuo netto, calcolato utilizzando una combinazione di conti nazionali e dati dell’indagine sulle forze di lavoro (LFS) e adeguato mettendo sullo stesso piano gli stipendi a tempo parziale e quelli a tempo pieno. Davanti al nostro Paese troviamo, tra gli altri, la Svizzera, i Paesi Scandinavi, Germania e Francia, che garantiscono inoltre servizi e un welfare migliore.
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181,8 km²: questa la dimensione del Comune di Milano che la rende una città piccolina se paragonata con le grandi città del mondo. Eppure se, invece di considerare i confini amministrativi, si usa il parametro della continuità urbana le cose cambiano molto. L’istituto Demographia ha, infatti, redatto la classifica delle città più grandi per estensione, calcolandole in base al “continuum urbanizzato” della loro area metropolitana, quindi non quella definita dei confini amministrativi. Con questo nuovo metodo le cose cambiano e addirittura Milano viene proiettata tra le più grandi aree urbane d’Europa. Ma vediamo quali sono le 10 aree urbane più grandi del Continente.
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Le aree urbane più grandi d’Europa: Milano è al quarto posto!
#10 Roma, sei volte più grande di Milano per estensione amministrativa, ma più piccola di 700 kmq per area urbana
L’area urbana di Roma risulta minore di quella amministrativa. Con una superficie di 1.145 km quadrati la capitale si classifica decima nella classifica delle città più grandi d’Europa. Il suo centro storico, insieme alle proprietà extraterritoriali della Santa Sede dentro la città e alla Basilica di San Paolo Fuori le Mura, è tra i 55 siti italiani inseriti dall’Unesco nella World Heritage List. Quindi con questo calcolo Roma risulta più piccola di Milano anche se i suoi confini amministrativi sono sei volte più estesi: 1.285 km² contro i 181,8 di Milano.
#9 Madrid, la città stato spagnola: 3 volte più grande per confini amministrativi ma più piccola di Milano per area urbana
L’area urbana di Madrid ha una superficie di 1.365 chilometri quadrati, circa il doppio di quella amministrativa che con 604,3 km² è poco più di tre volte quella di Milano. Sede del governo e residenza del monarca spagnolo, è il centro politico della Spagna oltre che una città stato o comunidad autonoma nell’accezione spagnola.
#8 Berlino, la più grande città del “Nord Europa”
La città stato (StadtStaat) di Berlino con i suoi 1.368 chilometri quadrati si aggiudica l’ottavo posto nella classifica delle aree urbani più grandi d’Europa. Come confini amministrativi invece sfiora i 900 km² posizionandosi alle spalle di Roma. La città ha subito una progressiva crescita nel tempo attraverso l’inurbazione di paesi precedentemente autonomi finché nel 1961 fu costruito il muro di Berlino, tagliandola in due Berlino Est e Berlino Ovest. Oggi il muro che divideva la città è stato in parte demolito ma resta uno dei simboli della Germania del dopoguerra.
#7 San Pietroburgo, la città federale antica capitale della Russia
Al settimo posto un’altra città stato: San Pietroburgo.Si estende su 1.372 chilometri quadrati, area urbana che come Roma è inferiore a quella amministrativa, di circa 100 chilometri quadrati superiore. Nel corso della sua storia ha cambiato per tre volte nome: da San Pietroburgo a Pietrogrado, nel 1914, a Leningrado durante il regime comunista, per poi tornare a chiamarsi San Pietroburgo con la caduta del Muro di Berlino. L’Hermitage Museum è uno dei simboli della città dove all’interno di esso ospita una delle più importanti collezioni d’arte del mondo che lo rendono uno dei musei più visitati al mondo.
#6 Istanbul, divisa tra Europa e Asia, ha 500 kmq in meno di Milano ma i confini amministrativi più estesi d’Europa
Istanbul è la città più grande della Turchia e una delle maggiori aree urbane d’Europa con i suoi 1.375 chilometri quadrati d’estensione. I confini amministrativi sono ancora più estesi, risultando i più vasti d’Europa con 5.343 chilometri quadrati. La città è divisa dallo stretto del Bosforo in due parti, una appartenente all’Europa e l’altra all’Asia. Nel quartiere di Sultanahmet, una delle principali attrazioni della città, sono presenti i minareti e le cupole di magnifiche moschee secolari che dominano il panorama di Istanbul, il lussuoso palazzo del sultano e l’impressionante cisterna sotterranee.
#5 Londra, la capitale della finanza europea, con 100kmq meno di Milano
Londra è città stato (città contea) e capitale della Gran Bretagna, conta 8.825.000 abitanti. L’area urbana estende per 1.739 chilometri quadrati, 1.572 se si considerano i confini amministrativi. Il suo PIL è uno dei più importanti del mondo e la capitale vanta una delle economie più fiorenti in assoluto in Europa e non solo. Il Big Ben, il British Museum e il Tower Bridge sono solo tre tra le tante attrazioni che ogni anno attirano l’attenzione di turisti da tutto il mondo.
#4 Milano, “Milan l’è on gran Milan”, prima in Italia con quasi 1.900 kmq (nonostante i soli 182 Kmq di area amministrativa)
Si potrebbe rimanere sorpresi nel vedere Milanotra le aree urbani più grandi, ma grazie ai 1.881 chilometri quadrati di estensione si aggiudica il quarto posto in classifica. Quasi dieci volte più grande dei suoi confini amministrativi, fatto che pone molte domande sulla definizione dei confini attuali, scelta che risulta slegata da motivazioni urbane e geografiche. La più europea delle città italiane e capoluogo lombardo, ha il Duomo, con la luminosa facciata in marmo e l’architettura tardo-gotica, come monumento simbolo della città.
#3 Parigi: il doppio di Roma e 700 kmq più di Milano
In questo assomiglia a Milano. Come confini amministrativi Parigi risulta molto piccola: appena 105,4 km². Quasi la metà di Milano. Ma se si considera l’area urbana le cose cambiano: con i suoi 2.509 chilometri quadrati di estensione si aggiudica il terzo posto delle città più grandi d’Europa. Conosciuta da tutti come Ville Lumiere ha come principali attrazioni il museo del Louvre,Montmartre, il quartiere latino, ilCentre Pompidou ma soprattutto la Tour Eiffel e gli Champs Elysées, ed è una delle mete principali delle coppie che, innamorate, vogliono viversi a pieno una delle città più romantiche del mondo.
#2 Düsseldorf, la sorpresa tedesca: 800kmq più grande di Milano e seconda in Europa
Se pensiamo alle grandi città tedesche ci vengono in mente Berlino, Monaco, Amburgo, Francoforte. Nessuno potrebbe immaginare che la più grande area urbana della Germania si trova lungo le sponde del Reno. Stiamo parlando di Düsseldorf che, con tutto il distretto, entra al secondo posto della classifica europea con un’estensione di 2.684 km quadrati. La città per confini amministrativi è solo di poco più grande del comune di Milano con poco più di 207 chilometri quadrati. Eppure l’area urbana è gigantesca e contiene due porti interni ed è la sede di alcune università, tra cui la famosa accademia d’arte e l’Università Heinrich-Heine. Il Castello Jägerhof, antica residenza principesca, è una delle attrazioni principali della città.
#1 Mosca, l’unica europea tra le 10 più grandi del mondo, è 3 volte più estesa dell’area urbana di Milano
Al settimo posto della classifica mondiale, Mosca è la città più grande d’Europa con 5.891 chilometri quadrati di estensione, poco più del doppio rispetto ai suoi confini amministrativi che la metterebbero al secondo posto dietro a Istanbul. La capitale della Russia e città stata (o città federale), coloratissima e rigorosa, è caratterizzata dalla presenza di numerosi luoghi d’interesse, soprattutto a livello storico e culturale. Il Cremlino, la Piazza Rossa e la Cattedrale di San Basilio, il Teatro Bolshoi e il convento di Novodevichy sono solo alcuni dei monumenti protagonisti della città.
La città è servita da un’ampia rete di trasporti, che include 4 aeroporti internazionali, 9 stazioni ferroviarie e la metropolitana, che è una delle più grandi e profonde del mondo, la più frequentata in Europa e la quarta più frequentata al mondo.
Questa è la classifica che risulta calcolando l’area urbana. Le cose cambiano invece considerando i confini amministrativi dei comuni. Come abbiamo visto in questo caso, al primo posto c’è Istanbul con 5.343 Kmq, seguita da Mosca con 2.511. Terza è Londra con 1.572, Quarta San Pietroburgo con 1.439, Quinta Berlino con 1.368. E Milano? Con 182 chilometri quadrati è molto distante. Però si può consolare: è comunque più grande di Parigi.
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Nella città tentacolare ci sono tipologie di uomini e di donne con cui non fidanzarsi, o comunque con cui fidanzarsi tenendo presente le caratteristiche, perchè alla fine l’amore supera tutto, ma non sempre.
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Le 5 donne milanesi con cui… non fidanzarsi!
#1 La Profumiera
Adora sentirsi adorata, sparge profumo e ferormoni ad ogni occasione, è l’incarnazione de “La Strega” di Vasco Rossi. Insomma, quella che vuole avere il mondo maschile ai suoi piedi. Lei non è scelta, lei sceglie, ma poi si ferma lì, non va oltre, lascia l’uomo con il profumo nelle narici, ma niente arrosto.
#2 L’indipendente
Indecisa se essere single o divertirsi con le amiche, entra nei locali e, sprezzante della propria condizione da femmina convinta, non guarda gli uomini, perché è con le amiche che lei si diverte. Ma di nascosto sogna il grande amore e quindi poi uno sguardo lo lancia, magari verso il barman belloccio e anziché dirgli “ciao” gli dice “un moscow mule… dolce però”.
#3 L’impegnata… col lavoro
Lei è la donna in carriera, quella che inserisce la cena tra le call di lavoro, che sceglie il week end per uscire con il suo uomo ma solo se il lunedì non ha riunioni, altrimenti deve lavorare. Lei programma le giornate in base al calendario di iPhone e puoi averla solo se sai infilarti nei ritagli di tempo. Non risponde mai al telefono, ma non perché se la tira, no, lei era “in riunione tutto il giorno, guarda giornata assurda, ci sentiamo ASAP”, cit. del vocale che riesce a mandare mentre è nel traffico che torna a casa alle 9 di sera.
#4 La cercatrice di chiodo (a cui appendere il cappello)
Lei cerca il benessere, ne ha fatto la sua ragione di vita, vuole fare la vita di Sharon Fonseca e cerca il suo Vacchi nei migliori locali di Milano. Passa ogni minuto libero che ha facendo allenamento per alzare il gluteo, non mangia mai e si veste con pochissima stoffa purché griffata. Gira sui social in cerca dell’uomo giusto, cercando di identificarlo in base a parametri ben precisi: che macchina ha, che bottiglie beve nei locali, dove passa le vacanze. Sogna il principe verde dollaro.
#5 La modaiola che vive di trend
Lei conosce ogni nuovo trend: vestiti, locali, luoghi per selfie che acchiappano like. Gestirà il proprio uomo come un accessorio, vorrà essere portata solo nel locale più chic e vorrà che lui si vesta come Fedez e che si faccia i capelli blu. Lui dovrà venire bene nei selfie, anzi, spesso sarà proprio lui il bastone del selfie e passeranno le giornate a mettersi in posa davanti alla vigna di Leonardo. Poi, tornando a casa, si chiederà se Tannico lo consegni il vino di Leonardo.
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Ogni volta che passeggio per le città mi diverto sempre a trovare una spiegazione ai nomi delle cose; che siano vie, ristoranti o semplici cognomi sui citofoni è una cosa che faccio sin da quando sono bambina.
Camminando per le strade di Milano non si possono non notare i nomi curiosi di alcune vie. Ecco le 7 più affascinanti e la loro spiegazione.
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Le 7 strade di Milano con i nomi più affascinanti
# Via Giacomo Medici del Vascello
Giacomo Medici, marchese del Vascello è stato un generale e politico italiano del 1800. La sua è la figura di uno dei più valenti e costanti ufficiali di Giuseppe Garibaldi nonché valoroso generale durante la Terza guerra di indipendenza. La strada si trova nella parte sud est di Milano, tra Santa Giulia, Corvetto e Taliedo.
Una curiosità? La strada si estende lungo tre lati di un quadrato in una zona alquanto desolata che stride con la nobiltà del suo nome.
# Via Laghetto
Questo nome curioso trova origine nel 1388, quando Gian Galeazzo Visconti fece creare una sorta di piccola darsena con lo scopo di far attraccare i barconi carichi di mercanzie varie tra le quali il marmo di Candoglia per la costruzione del Duomo. La via si trova nei pressi dell’Università Statale e divenne anche celebre nella storia perchè gli abitanti di questa area rimasero immuni alla grande pestilenza del seicento.
# Via Serafino dell’Uomo
Serafino Dell’Uomo è stato un patriota italiano del Risorgimento. Nato a Milano nel 1817, si trasferì a Londra per lavoro dove vi rimase fino al 1848, allo scoppio delle famose Cinque giornate di Milano. La sua città natale ha deciso di dedicargli una via di villette nel quartiere di Acquabella.
Via dei Cavalieri del Santo Sepolcro unisce a Brera Piazza Papa Paolo Sesto a via Solferino, percorrendo per un lungo lato i chiostri di San Simpliciano.
La via venne aperta nel 1940, ma fu solo nel dopoguerra che venne definita; prima di questo momento infatti la via non esisteva ed era occupata dai terreni dell’ex convento di San Simplicino e da vecchie case.
In origine vi era solo un piccolo tratto chiamato via Ancona, che da via Solferino permetteva l’accesso al convento e successivamente alla caserma.
Il nome di questa via infatti, deriva dal progetto di costruzione di una grande caserma di Cavalleria, nelle ortaglie a nord del Monastero.
In seguito ad una convenzione, nel 1927, la caserma Manara che occupava i chiostri venne ceduta dallo Stato al Comune.
# Via dei Fiori Chiari e Via dei Fiori Oscuri
Questi nomi sono legati alla vicinanza di due porte cittadine che erano contraddistinte da uno stemma. Porta Nuova, non lontana da via dei Fiori Oscuri, aveva nel suo stemma il colore nero a cui dobbiamo il nome della strada.
Come si può immaginare, via dei Fiori Chiari, nei pressi di Porta Comasina, aveva invece come colori dominanti del suo stemma tonalità più chiare.
Le dicerie del tempo però danno un’altra spiegazione a questi due nomi. Secondo le storie dell’epoca in Via dei Fiori Chiari esisteva un collegio per giovani fanciulle illibate; più avanti in Via dei Fiori Oscuri, invece, sembra ci fosse un “bordello”.
# Via San Giovanni sul Muro
Questo nome può sembrare strano al giorno d’oggi dato che porta il nome di un santo senza che ci sia una chiesa.
Nel passato però, qui di chiese un tempo ce n’erano ben quattro, delle quali solo una è resistita un po’ più delle altre, Santa Maria della Consolazione al Castello.
Purtroppo della chiesa di San Giovanni sul Muro non viene riportato granché e a noi, a parte il nome della via. Ma da dove deriva la denominazione “sul muro”? Questa parte del nome si riferisce al fatto che la chiesa venne eretta lungo le mura augustee che collegavano l’antica Porta Vercellina e Porta Giovia (il Castello Sforzesco).
# Piazzale Principessa Clotilde
Piazzale Principessa Clotilde si trova al proseguimento dei Bastioni di Porta Nuova ed è collocata lungo le antiche mura spagnole, oggi demolite.
In origine la Porta era compresa nelle mura spagnole, erette nel XVI secolo. La piazza è intitolata alla principessa Maria Clotilde di Savoia, figlia primogenita del primo re d’Italia Vittorio Emanuele II e moglie di Napoleone Giuseppe Carlo Paolo Bonaparte.
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Lo skyline della Milano contemporanea è molto diverso da quello di un tempo: palazzi sobri ma eleganti sono stati sostituiti dalle forme geometriche della moderna architettura. Oggi porteremo indietro la lancetta del tempo fino al 1923, anno in cui furono costruiti i primi due grattacieli di Milano chiamati “I gemelli diversi”.
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I primi grattacieli di Milano: i «Gemelli Diversi» di Piazza Piemonte
# Con i “gemelli diversi” Borgato portò l’America a Milano
Nel 1923 vennero costruiti in piazza Piemonte i primi due grattacieli di Milano. A progettarli fu l’architetto Mario Borgato che diede vita ad una sorta di rivoluzione architettonica per la città, portando a Milano una novità di origine statunitense. In Italia i grattacieli non sapevamo ancora cosa fossero quando fu costruito il primo “skyscraper”: il primo della storia,l’Home Insurance Building, fu costruito a Chicago nel 1885 a seguito di un incendio che comportò la ricostruzione del centro città e fu lo stimolo che diede inizio alla famosa “Scuola di Chicago”.
# I due “piccoli” grattacieli che sfidarono il regolamento urbanistico
Oggi se cerchiamo il significato di grattacielo su Wikipedia, appare evidente che sono cambiati i termini di riferimento: “Viene considerato un grattacielo qualsiasi edificio di altezza superiore ai 100 metri. Tuttavia al di là della misurazione dell’altezza in metri è di uso comune considerare come grattacieli tutti quegli edifici che superino i 15 piani di altezza“. I “gemelli diversi”, così chiamati i due edifici, sfiorano i 40m di altezza ma furono davvero un record per l’epoca, infatti per poterli costruire fu concessa una deroga al piano urbanistico in vigore che vietava gli edifici al di sopra dei 28m.
# Esempi di una Milano Decò nascosti nella Cool City di oggi
Oggi i regolamenti si sono adattati al progresso architettonico e il grattacielo più alto di Milano nonché d’Italia, la torre Unicredit di Cesar Pelli a Porta Nuova, oltrepassa i230 metri. Le sue caratteristiche sono emblematiche della modernità: costruita in vetro, acciaio ed ecosostenibile. In cima all’edificio vi è una guglia, chiamata Spire, dalla forma slanciata a spirale aperta. E’ possibile raggiungere la sommità della torre, risalendo i suoi 31 piani in soli 40 secondi con l’ascensore.
I “gemelli diversi” rappresentano invece uno stile opposto a quello utilizzato dagli architetti contemporanei: lo stile decò elegante e raffinato ma sempre sobrio, che riesce ad attirare l’attenzione dei passanti senza bisogno di eccessi o esagerazioni. I due grattacieli sono simili ma non identici, ad esempio presentano due cupole sommitali differenti e anche le colorazioni si distinguono facilmente come due gemelli con occhi diversi, uno ha la sommità marrone e l’altro invece verde.
La cura dei dettagli messa nella progettazione delle linee di questi due edifici lascia senza parole e racchiude un modo di vedere il mondo che un po’ sta svanendo e che dovremmo forse recuperare: essere anziché apparire.
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La geografia politica mondiale muta costantemente. Quali sono i 7 stati che oggi non esistono ma che potrebbero crearsi ed essere indipendenti?
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7 nazioni che ora non esistono ma che in futuro potrebbero diventare indipendenti
Se la geografia fisica si basi su dati indipendenti dalle decisioni dell’uomo, quella politica sappiamo bene che si occupa degli esiti dei processi politici e di potere che mutano costantemente. Oggi al mondo ci sono 208 Stati. Questa è la situazione attuale ma potrebbe cambiare, anche in un futuro prossimo. Vediamo quali sono i 7 Stati che ancora non esistono ma che per diverse ragioni potrebbero diventare delle nazioni indipendenti in un futuro più o meno lontano.
#1 Catalogna
La Catalogna è al momento una comunità autonoma spagnola che da anni lotta per l’indipendenza. Le rivendicazioni indipendentistiche sono dovute a ragioni storiche, linguistiche e culturali ma anche economiche: infatti la comunità è convinta che distaccandosi dalla Spagna sarebbe molto più ricca. Ce l’avevano quasi fatta: nel 2014 c’è stato un referendum, anche se mai riconosciuto a livello centrale, in cui l’80% della popolazione si è espresso a favore della totale indipendenza. Ciò si ripetette nel 2017 ma entrambe le consultazioni furono invalidate dallo Stato. A quello sono seguito incidenti con i leader indipendentisti in fuga o incarcerati. Decisiva è stata la mancanza di appoggio dell’Unione Europea che si è compattata dalla parte del governo di Madrid deludendo chi invocava il suo aiuto in nome del diritto all’autodeterminazione. Più europei che spagnoli, si definivano i catalani. Ma la madre Europa li ha rinnegati, almeno per il momento.
#2 Kurdistan
Il Kurdistan è un’entità federale autonoma dell’Iraq. E’ situato in una delle zone più instabili del Medio Oriente e le guerriglie per l’autonomia proseguono da ormai quasi un secolo. Nel 2017 la popolazione curda ha votato per decidere della propria autonomia e ben il 97% dei voti fu a favore dell’indipendenza. Anche in questo caso però il referendum fu annullato e invalidato dallo Stato Iracheno. La più grande aspirazione del popolo curdo è la creazione di uno stato che riunisca tutte le regioni a maggioranza curda, ora presenti all’interno di Turchia, Siria e Iran, oltre che Iraq.
#3 Libia Occidentale e Libia Orientale
Dopo una guerra che ha sconvolto il Paese negli ultimi anni, dopo la caduta del colonnello Gheddafi, la Libia è divenuta una delle zone più instabili del globo con continue lotte per il potere. Ad oggi la nazione si divide in due aree principali: Libia Occidentale e Orientale. Nella parte Occidentale, che include la capitale Tripoli, è situato il potere governativo ufficiale mentre nella parte Orientale si trova l’esercito del generale Haftar. I due poteri sono ancora oggi in continua lotta e per questo il Paese potrebbe presto essere diviso in due Stati autonomi. Se non addirittura ancora di più.
#4 Repubblica SRPSKA
La penisola balcanica è divisa in due parti: orientale (occupata da Bulgaria, Grecia e Turchia) e occidentale (comprende l’Albania e molti paesi dell’ex-Jugoslavia). Dopo anni di dispute per l’indipendenza dei paesi che ne fanno parte, oggi vi è un’altra questione indipendentistica in corso in Bosnia Erzegovina tra due entità: la Federazione di Bosnia ed Erzegovina e la Repubblica Serba di Bosnia ed Erzegovina (detta Repubblica SRPSKA). Quest’ultima lotta per la propria indipendenza e, come nei casi precedenti, il referendum che ne avrebbe sancito l’autonomia è stato invalidato dallo Stato che ovviamente non intende perdere una parte sostanziale di territorio. Considerando i terribili precedenti non è da escludere che le istanze indipendentista possano degenerare in un conflitto armato, coinvolgendo anche altri Stati di questa area tumultuosa.
#5 Scozia
Il caso scozzese è diverso rispetto ai precedenti, infatti al referendum fatto nel 2014 per l’indipendenza la maggioranza della popolazione aveva votato per rimanere nel Regno Unito. I problemi sono sorti con l’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea. Una delle ragioni principali per la quale il popolo scozzese non voleva l’autonomia era proprio rimanere nell’UE. Le conseguenze della Brexit potrebbero dunque portare all’indipendenza della Scozia in un prossimo futuro come ha di recente dichiarato la stessa prima ministra scozzese. Tra l’altro la stessa Scozia si deve guardare in casa: le isole Shetlandinfatti stanno rivendicando a loro volta l’indipendenza.
Nella parte nord-occidentale della Somalia, nell’Africa orientale, c’è uno Stato che si è autoproclamato indipendente nel 1991 ed è chiamato Somaliland (Terra dei Somali). Nonostante l’indipendenza al momento non sia riconosciuta dall’ONU, lo Stato è di fatto già autonomo e possiede addirittura un proprio governo, una propria moneta e anche un proprio esercito.
#7 Corea Unita
In questo caso si avrebbe un percorso inverso: non una secessione ma una unificazione di stati indipendenti. Per un lungo periodo di tempo la Corea è stata una nazione unita ma a seguito della Seconda Guerra Mondiale e della Guerra Fredda si è suddivisa in due parti che conosciamo oggi come Corea del Nord e del Sud. Più di una volta si è tentato di riunificare lo stato coreano, ad esempio nel 2000 (Dichiarazione Congiunta Nord-Sud) e nel 2018 (dichiarazione di Panmunjom per la pace, la prosperità e la riunificazione della penisola coreana) ma nonostante i molteplici tentativi e i miglioramenti raggiunti, il progetto di riunificazione coreana ancora non è stato raggiunto e sembra non essere realizzabile fino alla fine del regime totalitario presente in Corea del Nord.
Diverse situazioni, dislocate in diverse parti del globo, tutte accomunate dallo stesso forte desiderio: l’indipendenza. Se i governi rappresentassero davvero i voleri dei cittadini non servirebbero così tante guerre e dispute per riconoscere la volontà popolare, anche perchè spesso la storia ha mostrato che l’indipendenza pacifica può essere una soluzione ottimale per tutti. Come nel caso della separazione tra Slovacchia e Repubblica Ceca, o l’indipendenza delle ex Repubbliche sovietiche.
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Questa sorgente di acqua cristallina è citata da Leonardo da Vinci in alcuni scritti del Codice Atlantico. Scopriamo perché il genio toscano ne rimase colpito e come arrivarci.
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La pozza di Leonardo Da Vinci: la “geniale” SPA gratuita a cielo aperto a tre ore da Milano
# La vasca d’acqua calda e cristallina citata da Leonardo da Vinci nel Codice Atlantico
Una vasca di acqua calda e cristallina a cielo aperto. Si trova incastonata in un suggestivo contesto naturale ai piedi delle vette alpine, in Valdidentro nella provincia di Sondrio, nei pressi delle sorgenti del fiume Adda. Si chiama “Pozza di Leonardo da Vinci” perché, nonostante sia conosciuta da millenni, fu citata in alcuni scritti del Codice Atlantico da parte del genio toscano. Leonardo da Vinci scoprì questo luogo meraviglioso quando fu inviato dal Duca di Milano Ludovico il Moro a studiare il bacino del fiume e rimase colpito dalle tante sorgenti di acqua calda che fuoriuscivano dalla montagna.
Un tempo questa sorgente veniva usata prevalentemente per lavare le pecore: oggi è molto frequentata perché è libera e non si paga l’ingresso, una vera spa a cielo aperto gratuita con la temperatura dell’acqua che si aggira attorno ai 35-40 gradi.
Il viaggio in auto da Milano è di circa 3 ore, la distanza è di 200 km. Si prende prima la SS36 del Lago di Como e dello Spluga e poi la SS38 dello Stelvio. La Pozza di Leonardo da Vinci si trova infatti all’interno del Parco Nazionale dello Stelvio, poco dopo i Vecchi Bagni di Bormio. Arrivati a destinazione bisogna attraversare una passerella in cemento senza protezione e pertanto è opportuno prestare molta attenzione.
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Il titolo di “ferrovia nazionale più breve del mondo” va alla Ferrovia Vaticana. Si tratta di una piccola linea ferroviaria che collega Italia e Città del Vaticano, le cui origini risalgono al secolo scorso. Tutt’oggi in funzione, questa linea è davvero particolare: scopriamola insieme.
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La ferrovia nazionale più corta del mondo ce l’abbiamo “noi”
# La ferrovia più breve: lunga un chilometro ma con solo 200 metri nel territorio nazionale
La Ferrovia Vaticana è lunga appena 1270 metri, poco più di un chilometro, ma di questi, in realtà, solo 200 si trovano in territorio vaticano. La linea collega la Stazione di Roma San Pietro, posizionata in territorio italiano vicino alle mura vaticane, a quella della Città del Vaticano.
Il passaggio tra lo Stato italiano e quello Vaticano non rimane sempre aperto: il traforo nelle mura vaticane è protetto da un cancello scorrevole in ferro che, all’occorrenza, viene aperto o chiuso per far passare i convogli.
# Uno dei due binari trasformati nella “passeggiata del Gelsomino”
La ferrovia, inizialmente, era a doppio binario, ma durante alcuni lavori di ammodernamento, effettuati durante il Giubileo del 2000, uno dei binari venne rimosso e al suo posto fu costruita una splendida via pedonale, chiamata “passeggiata del Gelsomino”.
# Le origini: un patto tra il Vaticano e il Regno d’Italia
La costruzione della linea ferroviaria fu disposta dai Patti Lateranensi, firmati bilateralmente dal Regno d’Italia e dal Vaticano l’11 febbraio 1929. I lavori durarono tre anni e furono finanziati interamente dal Regno italiano. I primi viaggi di collaudo furono effettuati nel 1932, ma solo nel ’34 ci fu l’inaugurazione ufficiale della linea.
Dopo la costruzione, Italia e Vaticano si accordarono sulla gestione della linea: la parte che correva all’interno delle mura della Città del Vaticano sarebbe stata gestita dalla Santa Sede, mentre il restante tracciato, che si trovava in territorio italiano, dalle Ferrovie dello Stato.
# Chi trasporta la Ferrovia Vaticana?
Originariamente, la ferrovia era adibita principalmente al trasporto di merci, viveri e beni essenziali, ma con il progresso del trasporto su gomma venne usata progressivamente meno.
Nel tempo, occasionalmente, la linea ha effettuato anche servizio passeggeri: nel 1959, per esempio, un convoglio speciale trasportò numerosi fedeli in occasione del trasferimento della salma di Pio X. La Ferrovia Vaticana fu utilizzata per la prima volta da un pontefice nel 1962, quando Giovanni XXIII intraprese un pellegrinaggio a Loreto e Assisi servendosi del treno.
Dal 2015, la Ferrovia funziona come trasporto passeggeri fisso, ogni sabato mattina, trasportando i turisti presso le ville pontificie di Castel Gandolfo.
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Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità.
Dopo la nascita nel 1993 e la riqualificazione del 2015, la via non è mai decollata nel suo intento di diventare il quartiere gay della città, sostituita oggi dal “gay district” di Porta Venezia. Ripercorriamone insieme la vicenda.
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Questa via di Milano è stata la prima Gay Street d’Italia
# Nel 1993 la nascita della “gay street”
Via Sammartini è stata la prima strada ad essere stata dichiarata “gay street”, nel 1993. Con l’apposizione di una targa con l’etichetta provocatoria da parte dell’attuale presidente dell’associazione della via Felix Cossolo insieme a Franco Grillini, leader di Arcigay. La via ospitava locali gay-friendly in città, c’erano bar, locali notturni, club privati, sauna, libreria e la redazione di un giornale.
# La riqualificazione: Gay Street per Expo
Via Sammartini però è sempre stata alquanto squallida e degradata e per questo in occasione di Expo 2015 ci fu una riqualificazione con l’intento di farla diventare “il quartiere gay di Milano”, un polo di attrazione turistica per tutte le persone omosessuali che avrebbero visitato la città in occasione dell’esposizione. Con il nome di “Gay Street per Expo” a marzo 2015 avvenne l’ufficializzazione della via, vennero allargati i marciapiedi, installati i dissuasori per impedire il parcheggio selvaggio e migliorata l’illuminazione stradale.
# Il quartiere gay mai decollato: ora è Porta Venezia il nuovo punto di riferimento per la comunità Lgbt
Nonostante la riqualificazione Via Sammartini come gay street non è mai decollata, tuttavia la numerosa presenza di locali e servizi rivolti agli omosessuali e alla comunità lgbt in genere, nonché il turismo di settore, stanno creando le basi per una far diventare Porta Venezia il “gay district milanese”. La fermata della linea rossa di Porta Venezia è stata colorata con i colori dell’arcobaleno nel 2018 durante il Gay Pride. Porta Venezia ha quindi di fatto sostituito la via a lato della Stazione Centrale, con Via Lecco in particolare che ne ha preso il posto.
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Se vuoi lavorare in una start up a Milano, crea un Cv che dimostri passione, creatività e mentalità innovativa e aumenterai le possibilità di assunzione.
Ti interessa lavorare in una start up a Milano? Inizia dal Cv!
Il primo caso di utilizzo documentato del termine “start up” risale agli anni ’70 negli Stati Uniti, quando si iniziò a descrivere in questo modo le aziende emergenti, in particolare nel settore tecnologico, che iniziava a fiorire.
Molte persone, e soprattutto i giovani, sono attirate da queste realtà agili e innovative, dove creatività e voglia di mettersi in gioco sono parole d’ordine.
Per questo, se desideri candidarti per una start up, è molto importanterealizzare un curriculum vitae per convincere i datori di lavoro che vuoi far parte di una impresa dove l’entusiasmo è importante tanto quanto il percorso formativo e le capacità professionali.
In base al cruscotto di indicatori statistici pubblicato da Infocamere, Milano continua a essere la provincia con il più elevato numero di aziende innovative in Italia: alla fine del secondo trimestre 2024 le start up di Milano erano 2.482, valore che rappresenta il 19,28% del totale nazionale.
Milano è una città molto attiva nella promozione delle nuove imprese, anche con eventi e manifestazioni come ad esempio gli “Startup Days”, programmati per il mese di ottobre 2024.
Questa iniziativa, sostenuta dal dipartimento per lo sviluppo economico e realizzata in collaborazione con Musa (Multilayered Urban Sustainability Action), ha l’obiettivo di agevolare l’espansione delle startup attraverso la facilitazione dei rapporti con possibili investitori.
# Come scrivere un efficace curriculum vitae da inviare a una start up?
Prima di entrare nel dettaglio riguardo agli elementi che occorre considerare con particolare attenzione quando si propone la propria candidatura a una start up, è necessario sottolineare l’importanza di utilizzare le parole chiave nel testo del tuo Cv.
Infatti aggiungere queste parole permette di mirare al meglio il curriculum e soprattutto superare la selezione dei software ATS, utilizzati dalle aziende per velocizzare il processo di recruiting.
(Le parole chiave sono termini o frasi specifiche che evidenziano competenze, esperienze e qualifiche particolarmente rilevanti per la posizione cui ti stai candidando e che puoi trovare, ad esempio, nel contenuto di un’offerta di lavoro).
#1 Profilo personale
Il profilo personale si aggiunge all’inizio del Cv ed è una versione ridotta di ciò che poi descriverai più dettagliatamente nel resto del curriculum.
Proprio perché il profilo personale è il primo elemento che viene esaminato, è fondamentale evidenziare la tua formazione, esperienza e competenze pertinenti fin dall’inizio, dimostrando la volontà di lavorare in un ambiente creativo come una start up, dove l’innovazione è di casa.
#2 Obiettivo professionale
La sezione dell’obiettivo professionale offre l’opportunità di esprimere le tue aspirazioni e motivazioni in modo autentico e sincero, qualità sempre apprezzate dalle aziende.
In questa sezione hai l’occasione di spiegare, oltre agli obiettivi professionali, anche come la tua presenza in azienda possa costituire un valore aggiunto. Questo è molto importante per attirare l’attenzione dei selezionatori, e fornire spunti per un eventuale colloquio di lavoro più approfondito.
#3 Esperienza lavorativa
Qui occorre descrivere la tua esperienza professionale e i risultati ottenuti, focalizzandosi su quelli attinenti al ruolo. Per esempio, si potrebbe scrivere:
Ho lavorato con un team interfunzionale per progettare e realizzare il prototipo di una nuova applicazione mobile che ha aumentato il coinvolgimento degli utenti del 30% nel primo trimestre dopo il lancio.
In questo modo si enfatizza l’esperienza pratica che può risultare utile in un ambiente di startup, mostrando risultati tangibili che riguardano le competenze adatte a svolgere il lavoro oggetto della tua candidatura.
#4 Formazione
Nella sezione della formazione, indica eventuali corsi specifici, workshop o programmi di formazione pertinenti al settore della start-up, come ad esempio corsi per formazione imprenditoriale,marketing digitale, partecipazione a laboratori di creatività, etc.
#5 Capacità e competenze
Prima di scrivere questa sezione è necessario comprendere bene la job description del lavoro che ti interessa, per aggiungere le competenze tecniche specifiche del ruolo al quale ti stai candidando.
Occorre poi aggiungere le competenze trasversali (soft skills), ormai fondamentali in tutti i lavori; le più richieste, nel caso di una start up, potrebbero essere:
Adattabilità e flessibilità in ambienti dinamici;
Notevole capacità di problem solving e di pensiero critico;
Eccellenti doti comunicative e interpersonali;
Mentalità innovativa e spiccata attenzione alle soluzioni creative;
Comprovate capacità di gestione dei progetti.
Ogni ruolo e ogni azienda hanno caratteristiche uniche. Perciò, nel compilare la sezione delle capacità e delle competenze, è importante sottolineare le esperienze e le competenze più rilevanti rispetto al profilo desiderato e alla specifica start-up, perché questo può avere un impatto significativo sulla tua visibilità.
# Conclusioni
Milano è una città ricca di opportunità, pronta ad accogliere chi desidera impegnarsi in un lavoro all’insegna dell’innovazione.
Quando si prepara un curriculum per una start up, dimostrare passione, predisposizione ad affrontare il cambiamento, buon spirito imprenditoriale e spiccate doti creative sono aspetti molto importanti, che contribuiranno ad aumentare le possibilità di essere considerato per un’assunzione.
REDAZIONE
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Così potrebbe essere la Milano delfuturo, sulla base delle tendenze in atto. Il risultato potrebbe sembrare un po’ distopico: il centro città sarà riservato ai turisti mentre le periferie saranno i nuovi poli della socialità cittadina. Questi sono i 5+1 quartieri su cui scommettere nella Milano decentrata del futuro.
La Milano del futuro sarà «decentrata»: area C per turisti e periferie al centro? I quartieri su cui scommettere
# Il centro sarà off limits per i milanesi?
Immaginiamo come potrebbe essere Milano in un futuro più o meno prossimo: il centro storico sarà dedicato esclusivamente ai turisti. Si tratta di una tendenza ormai in atto: le zone attorno a Piazza Duomo, Monte Napoleone, Brera, fino alla Darsena saranno ormai riservati ai visitatori italiani e stranieri. Non solo quindi abitazioni ad affitto breve, che già spadroneggiano nei quartieri più turistici. Ma ormai ogni tipo di servizio sarà a loro misura. E i milanesi? Con le nuove norme delle ZTL sarà per loro di fatto impedito l’accesso o la circolazione. A meno di sborsare cifre da capogiro.
Concentrare i turisti nelle aree centrali risponderà anche alla logica della sicurezza: saranno come in un fortino dove non ci sarà scampo per la criminalità. Anche questa sarà sempre più prerogativa dei residenti.
Dove andranno a finire allora i milanesi? Anche in questo caso la tendenza sembra tracciata. Anche per motivi economici, la vita sociale, le occasioni culturali e le attività quotidiane si dovranno trasferire sempre più nelle periferie, che saranno completamente trasformate per rispondere a queste nuove esigenze. Questi saranno i 5+1 quartieri che rispecchieranno la nuova Milano decentralizzata.
Porto di Mare potrebbe diventare il cuore verde della nuova Milano. Quest’area, che oggi sta venendo recuperata anche grazie ai vasti spazi e ai costi contenuti, può trasformarsi in un’oasi ecologica con serre verticali e strutture agricole avanzate in grado di rendere il quartiere autosufficiente dal punto di vista alimentare. Qui, i cittadini si potranno incontrare per piantare, raccogliere e condividere prodotti biologici, promuovendo uno stile di vita sostenibile.
Il punto di ritrovo del quartiere sarà il “Radici Urbane”, una caffetteria eco-sostenibile con pareti di vetro che mostrano piante e ortaggi coltivati localmente. Offre infusi, succhi e spuntini freschi, dove i residenti possono rilassarsi dopo una giornata al parco. Radici Urbane ospita anche eventi stagionali dedicati alla natura e all’innovazione, come mercati di prodotti a chilometro zero e incontri su tecnologie verdi, promuovendo uno stile di vita a impatto zero.
#2 Bovisa: la nuova capitale del design e della cultura post-industriale
Bovisa, storico quartiere industriale, già oggi è un centro di design e creatività. I vecchi gasometri potrebbero diventare sale espositive e un museo di archeologia industriale potrà essere un omaggio al passato che attira artisti e giovani creativi. Il quartiere rappresenta il luogo ideale per workshop, installazioni artistiche e un possibile festival annuale dedicato al design e al cinema indipendente.
L'”Officina Sonora” sarà il centro della vita sociale di quartiere, un club-bar all’interno di un ex-gasometro, con birre artigianali locali e concerti dal vivo. Con arredi industriali e spazi per installazioni temporanee, sarà il punto di riferimento per i creativi. Ogni settimana, Officina Sonora organizzerà serate a tema dove diversi studi di design presentano progetti sperimentali, rendendo Bovisa un vero laboratorio di idee all’avanguardia.
Lambrate potrà essere un quartiere alternativo, culturalmente indipendente e autogestito. Spazi d’arte, fab-lab e mercati biologici popoleranno il quartiere, creando una comunità di artisti e residenti che sperimentano nuovi modi di vivere e lavorare.
Sarà “La Tana del Rosso” il logo di ritrovo principale per Lambrate: una caffetteria e spazio culturale con eventi di improvvisazione artistica, concerti e arredamenti eclettici. Un cortile condiviso accoglierà artisti di strada e laboratori creativi, rendendolo un luogo d’incontro unico per giovani creativi. Lambrate sarà il fulcro delle sperimentazioni sociali, dove periodicamente si organizzano fiere dell’artigianato e laboratori di autoproduzione che rafforzano la sua identità alternativa.
Bicocca si sta imponendo come nuovo cuore tecnologico e culturale della città, con università, teatri e centri di ricerca avanzata. Collaborazioni con il campus della Bicocca fanno del quartiere un centro di innovazione, con la possibilità di organizzare eventi come il Festival Internazionale della Tecnologia che potrebbero attirare esperti da tutto il mondo.
Quale locale meglio del “Qubit Café” per fare aggregazione a Bicocca? Sarà un locale futuristico con tavoli interattivi e spazi per realtà aumentata, dove residenti e visitatori possono assistere a presentazioni e workshop su temi di innovazione e IA. Il quartiere ospita anche un’area per esperimenti scientifici aperti al pubblico, rendendo Bicocca il luogo dove tecnologia e cultura si incontrano e si fondono in un contesto dinamico e internazionale.
Comasina è nato come laboratorio di innovazione sociale. Questo quartiere ospita abitazioni gestite da cooperative e spazi comuni arricchiti da opere d’arte. Mercati agricoli e festival di quartiere rafforzeranno il senso di comunità, trasformando Comasina in un esempio di vita sociale partecipativa.
Gli abitanti di Comasina non potranno non frequentare “La Piazza Viva”, un bar-caffetteria dove i residenti possono organizzare attività collettive, come laboratori e corsi. Punto di ritrovo per le famiglie e i giovani, è progettato per promuovere il senso di appartenenza. La Piazza Viva diventa il cuore della vita sociale di Comasina, con un’agenda di eventi comunitari che include cineforum, mercati dell’usato e serate di giochi da tavolo, riunendo generazioni diverse.
Lorenteggio potrà affermarsi come quartiere dedicato al benessere fisico e mentale, con parchi yoga, centri benessere e piste ciclabili. Gli spazi pubblici sono già arricchiti da murales e sculture che riflettono la creatività della zona, creando un ambiente rigenerante per chi cerca uno stile di vita equilibrato.
A Lorenteggio sarà “L’Erboristeria Urbana” il centro della socialità: un locale che unisce benessere e socialità, con succhi freschi, infusi e cibi salutari. Accanto al bar, uno spazio espositivo per artisti locali arricchisce l’esperienza, riflettendo l’anima artistica e rilassata del quartiere. Durante il fine settimana, L’Erboristeria Urbana offre lezioni gratuite di yoga e mindfulness, rendendo Lorenteggio un quartiere dedicato alla salute e alla crescita personale.
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