In tempi di crisi del settore bancario, viene da pensare a delle soluzioni che potrebbero fare di Milano Città Stato un’isola felice dove cittadini e Banche potrebbero avere un rapporto di vera fiducia e aiuto reciproco.
Quello che è accaduto nel 2016 a Monte dei Paschi di Siena, Banca Popolare di Vicenza e Veneto Banche, potrebbe quindi essere solo un brutto ricordo in questa città che avrebbe delle banche dove innanzitutto il sistema dell’etica sarebbe rafforzato, magari dalla presenza di comitati etici composti da cittadini nella governance delle stesse.
Questi tre istituti nel corso del 2016 sono stati al centro di forti deflussi di depositi, restando completamente esclusi dal mercato dei capitali. Secondo gli analisti le tre banche potrebbero semplicemente fallire se non ci dovesse essere un intervento pubblico.
Ma la crisi delle Banche in Italia è più diffusa, ha colpito anche le grandi banche retail, le banche popolari, le banche di credito cooperativo, come le small local banks.
Le radici di questa crisi affondano in un passato recente caratterizzato da un periodo di forte recessione, iniziata nel 2009, cui è seguita la crisi del debito sovrano, lo Spread impazzito e le manovre del Governo Monti per salvare il Paese.
L’economia è poi crollata in una recessione ancora peggiore e il mercato ha perso ulteriore domanda. Dunque se l’Italia sta faticando a riprendersi e con lei il suo settore bancario.
Il PIL Italiano contraendosi ha comportato l’impossibilità di molte imprese debitrici delle banche di restituire i soldi presi in prestito, generando i non performing loans, ossia le sofferenze bancarie.
Ma se il dato macroeconomico è una ragione della crisi, l’altro è legato al fattore umano e culturale più italiano: un sistema di gestione del merito creditizio non efficiente, nel migliore dei casi, fraudolento, nel peggiore.
Le banche italiane hanno portato avanti una certa modalità di comportamento che ha visto fare favori agli amici, malversazioni e frodi. Molti scandali italiani hanno dimostrato come spesso non sono state finanziate imprese che avrebbero meritato credito e sono state invece favorite imprese il cui merito creditizio è stato sopravvalutato. Basti pensare ai casi Cirio e Parmalat, forti sulla carta ma fallimentari nella realtà.
Resta il fatto che il sistema bancario è la spina dorsale di qualsiasi sistema economico e il mondo industriale non potrebbe sopravvivere senza il finanziamento bancario. Per cui un comparto bancario sano rappresenta una condizione ineludibile per la crescita economica di un Paese.
Allora se in futuro si vorrà evitare che un calo del PIL dell’1% mandi in crisi le banche occorrerà procedere gradualmente verso la disintermediazione bancaria auspicata da molti economisti.
La parola d’ordine potrebbe essere il peer to peer. Coloro i quali oggi portano in banca i propri risparmi potrebbero prestare direttamente i soldi a chi necessita di credito e la banca agirebbe soltanto come istituto di pagamento, limitandosi a svolgere le analisi di merito creditizio.
Poi la tecnologia potrebbe aiutare il comparto. Le app che tutti abbiamo sui telefonini presto potrebbero rende inutili le banche per il trasferimento di denaro, disintermediando di fato il sistema bancario.
Un sistema che in ogni caso sta già cambiando se si guarda ad esempio alla concorrenza che in futuro potrebbero generare i grandi provider on line come Google, Facebook e Amazon, che stanno per proporsi come nuovi soggetti nel mondo dei servizi finanziari.
Ma ad oggi se è vero che stanno maturando i tempi per utilizzare al meglio i big data, è anche vero che per certe cose forse deve ancora prevalere il rapporto umano e personale, andrebbe perciò pensata una terza via fra quella tradizionale e quella innovativa proposta dai provider del web.
In ogni caso per salvare le nostre banche servirebbe comunque maggiore etica. Su questo molti analisti concordano, vedendo di buon occhio la nascita di comitati etici di cittadini dentro la governance delle Banche, con poteri che non creino sovrapposizioni o incongruenze, per il bene di un istituto, quello delle Banche, che è e resta un bene comune. Perché non cominciare questa rivoluzione a Milano?