Marcel Dettmann ormai è un colosso. Uno di quelli che, in quanto a techno, può essere considerato un nuovo prototipo di rockstar.
E i fedelissimi che lo seguono sono una schiera non indifferente. Provare per credere. Possibilmente andando al Dude dove si esibirà questa sera per incantare tutti con l’oroscopo migliore che tu possa sentire.
Ha affondato le sue radici nei territori impervi Marcel Dettmann e, al contempo fertili, di Detroit e Chicago, ma poi ha scelto il vecchio continente per crescere e maturare.
Dietro ai piatti da tanti anni ormai – era il 1994 – Marcel Dettmann ha radici solidissime e vigorose, capaci di reggere qualsiasi scossone.
Suono ipnotico, profondo e multiforme quello di Marcel Dettmann.
A partire dalle performance nei migliori club e festival, fino alle produzioni e ai remix per Ostgut Ton e per la sua etichetta MDR, etichetta che si è aggiudicata fin dal 2006 i primati di artisti come Norman Nodge, Kobosil, Anthony Parasole, Answer Code Request, Wrong Copy e via dicendo.
In tutti questi anni, Marcel Dettmann ha portato avanti una presa di coscienza e una scelta artistica ben definite, consegnando produzioni in totale libertà espressiva.
E questa sera sarà fonte di ispirazione anche per noi, per chiudere il cerchio festivo e di rinascita più atteso e temuto dell’anno.
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E’ uno dei parchi più grandi di Milano. Pochi sanno che durante la prima guerra mondiale era un campo di aviazione militare e che fino agli anni settanta era coltivato, nei pressi delle due cascine: la Cassinetta di Trenno a nord e la Cascina Bellaria a sud. All’interno del parco si trova il cimitero dei Caduti di guerra anglo-americani della Seconda Guerra Mondiale (Milan War Cemetery).
E’ un parco oggi noto per le sue attività sportive, in particolare i numerosi campi da calcio, e rappresenta una porzione del progetto “Parco Orbitale“. Il 24 aprile 2013 Giuliano Pisapia ha intitolato il parco Trenno ad Aniasi, sindaco di Milano alla fine degli anni sessanta. Ma nessuno lo chiama il “Parco Aniasi”, nemmeno i turisti.
#60 Gli eventi di Base Milano, nuovo punto di riferimento per la città
#61 Lo spettacolare open singing in Piazza Duomo a Milano
#62 La prima edizione del Fuoricinema di Cristiana Capotondi
#63 Un’altra edizione del Milano Film Festival
#64 Muore Caprotti. La città dell’Esselunga in lutto
#65 Presentato a Milano il progetto Human Technopole per l’area Expo. Nel 2017 la prima pietra?
#66 A Milano Real Bodies, la prima mostra al mondo dedicata a organi e corpi umani
#67 Gianmario Verona viene nominato rettore della Bocconi, diventando a “soli” 46 anni uno dei più giovani rettori italiani e il più giovane nella storia della Bocconi
#68 Frutta a metà mattina alle elementari di Milano al posto delle merendine
#69 Gli youtubers milanesi The Show vincono Pechino Express
#70 Hanno luogo le prime elezioni del consiglio metropolitano di Milano
#71 The art of the brick: alla fabbrica del vapore la mostra di opere d’arte realizzate con mattoncini lego
#72 Umberto Veronesi ci ha lasciato
#73 FAI Marathon: visita di tre luoghi non aperti al pubblico, Torre Generali, Velodromo Vigorelli e Padiglione 3 della Fiera, primo palazzetto dello sport di Milano
Cara Milano, queste sono le cose che devi fare per rendere il 2017 uno spettacolo.
10 propositi per Milano col nuovo anno
#1 Iniziare almeno un grande progetto visionario Milano dovrebbe essere una delle città internazionali d’avanguardia nell’innovazione. Mi piacerebbe che il 2017 aprisse la strada a una politica capace di pensare in grande e di far partire ogni anno un progetto in grado di meravigliare il mondo. Tra i grandi progetti si potrebbe avviare una circle line che corra sul tragitto della 90/91 oppure dare vita al parco orbitale nella cintura verde attorno alla città. Milano dovrebbe diventare l’hub dell’innovazione internazionale, avviando un’alleanza tra le città più avanzate del mondo per condividere le migliori idee e sviluppare progetti visionari di grande impatto sociale.
#2 Abbattere lo smog finalmente Da decenni l’arma per combatterlo è sempre la stessa: blocco parziale o totale del traffico. Ma siamo nel terzo millennio, l’era della tecnologia, esistono torri che depurano le piazze, piste ciclabili a energia solare, pitture mangiasmog: se proprio non riusciamo a inventarci qualcosa di nuovo perchè non importare qualcosa che ha successo nelle altre città?
#3 Terminare City Life Sarebbe bello vederla terminata per capire se entrerà nei cuori dei milanesi come hanno fatto i grattacieli di Porta Volta.
#5 Farsi dare da Roma i soldi del patto per Milano firmato da Renzi Caduto il governo, Milano rischia di perdere i soldi promessi da Renzi, si dice per ammainare la bandiera di una maggiore autonomia. Delle due l’una: o il governo rispetta al patto oppure va rilanciata la richiesta di autonomia da una Roma che mostrerebbe di essere oltre che inefficiente anche bugiarda.
#6 Ritornare in Champions League Un tempo dominavano in Europa ora non riescono più a qualificarsi in Champions League. E’ tempo che Milan e Inter ritornino a essere protagoniste come lo sono state negli scorsi decenni.
#7 Decidersi su cosa fare nell’area Expo Tante chiacchiere, progetti immaginifici, il polo della tecnologia e della scienza, la sede di nuove università, un centro ipergalattico. La verità è che stiamo ancora a zero. In quest’area nel 2017 ci giocheremo il nostro orgoglio: evitiamo di buttarlo via.
#8 Approvare e far partire i progetti per gli ex scali ferroviari Anche in questo caso sono circolati progetti fantasmagorici, come quello di un nuovo Central Park all’ex scalo Farini o quello di una linea di collegamento d’avanguardia. Speriamo che si capisca finalmente come si vuole cogliere un’opportunità strategica per il futuro di Milano.
#9 Avviare il progetto della Grande Brera Ci ha un po’ deluso vedere che nella classifica delle 10 mostre d’arte più visitate dell’anno non è presente nessuna di Milano. Speriamo che sia solo un caso segnato dalle elezioni e dal riflusso post expo perchè sarebbe molto grave se Milano non affermasse il suo ruolo di traino artistico e culturale del Paese. Una bella occasione può essere la Grande Brera, progetto di cui si parla da anni ma di cui niente si è ancora fatto. Confidiamo in Bradburne, in Del Corno e negli altri soggetti principali della scena culturale della città.
#10 Fare il referendum per Milano città stato (come ha promesso Sala) “Rendiamo il più concreto possibile lo status speciale che desideriamo per Milano e sottoponiamolo al vaglio dei nostri concittadini organizzando uno o più momenti di deliberazione e partecipazione. Possiamo fare del 2017 l’anno in cui i milanesi hanno la possibilità di prendere in mano su queste basi il futuro della città. Proviamoci” (Lettera di Beppe Sala a Milano Città Stato, 16 giugno 2016). Il 2017 sarà l’anno della verità.
Il quadrilatero della moda è considerata l’area dello shopping e del fashion più importante d’Italia e una delle più importanti del mondo. Delimitano l’area via Manzoni, via Montenapoleone, corso Venezia e via della Spiga.
Pochi sanno che un tempo la strada più elegante era considerata l’attuale via Manzoni che agli inizi del XIX secolo si chiamava Corsia del Giardino. Altra cosa poco nota è che la sera del 4 agosto 1848 Carlo Alberto di Savoia è sfuggito a un attentato in via Manzoni 6 mentre cercava di calmare la popolazione piemontese dopo la sconfitta di Custoza.
Tra le chicche del quadrilatero c’è il Museo Poldi Pezzoli, al 12 di via Manzoni. E’ un’abitazione trasformata in museo dal suo antico proprietario, Giangiacomo Poldi Pezzoli, che non avendo eredi ha destinato casa sua a beneficio del pubblico.
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Tra il 1894 e il 1900 in via Bigli 21 abitò Albert Einstein con la sua famiglia.
Il padre Hermann era un pioniere dell’elettricità e si trasferì a Milano perchè città all’avanguardia in Europa nel settore dell’illuminazione.
Quando varcò le Alpi per la prima volta Albert rimase sorpreso “nel sentire gli italiani, intendo la gente comune, impiegare termini ed espressioni che denotavano un livello mentale e una ricchezza di contenuto culturale assai superiori a quelli dei tedeschi“.
Il periodo in cui visse stabilmente a Milano Albert lo definì “il più felice della sua vita”.
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E’ un simbolo di discrezione uno degli hotel più caratteristici di Milano. E’ in via San Tomaso, la strada che si prende da via Broletto, in pieno centro.
Al numero 6 in un palazzo settecentesco c’è l’Antica Locanda dei mercanti, hotel storico che ha la particolarità di non recare nessuna insegna.
All’interno ci sono 15 camere d’epoca uniche nel loro genere.
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Dal 2002 i giardini di Porta Venezia sono intitolati al giornalista Indro Montanelli che passeggiava spesso al loro interno. Sono stati inaugurati nel 1784 dall’amministrazione asburgica diventando il primo parco milanese espressamente destinato allo svago collettivo. Come manodopera furono impiegati degli ergastolani, Nella seconda metà del XIX secolo vennero inserite “attrazioni” di vita animale: voliere e gabbie per cervi, scimmie e una giraffa, cui progressivamente si aggiungeranno numerosi altri animali che avrebbero dato vita allo zoo di Milano, chiuso nel 1992 in seguito alle proteste degli animalisti.
Rassegnarsi del fatto che la Pianura Padana sia una terra inquinata per la bassa circolazione dell’aria non fa parte del DNA dei milanesi. Milano dovrebbe fare con lo smog quello che ha fatto Tokio con i terremoti: così come la città giapponese è diventata leader al mondo nelle tecnologie antisismiche Milano dovrebbe aspirare a diventare la prima città al mondo nella capacità di distruggere l’inquinamento atmosferico. Qui si trova il nostro progetto: Milano città leader contro l’inquinamento.
Come atto concreto lo scorso luglio Milano Città Stato ha supportato la realizzazione dell’evento Smart Cities Against Pollution in cui si è siglata l’alleanza di Milano con Tabriz, Città del Messico, San Pietroburgo e Pechino per condividere le politiche contro lo smog. Così come abbiamo lanciato la petizione per fare diventare Milano galleria d’arte all’aperto con murales fatti con pitture mangiasmog. In entrambi i casi abbiamo purtroppo registrato un silenzio da parte della pubblica amministrazione che ci ha molto amareggiato.
In occasione della conferenza stampa di presentazione di Smart Cities Against Pollution al Pirellone, un tecnico che ci ha pregato di restare anonimo ci ha rivelato un particolare inquietante. Ha detto che le centraline di rilevazione dello smog vengono posizionate in modo da sottostimare l’entità dell’inquinamento. “Per misurare il grado di inquinamento bisognerebbe posizionare le centraline ad altezza uomo. Invece le mettono più in alto: ma questo è sbagliato perchè quello che importa è valutare l’aria all’altezza in cui la respiriamo, metterla più in alto significa avere una minore incidenza degli inquinanti”. Un politico presente ci ha confermato che le centraline “meno rilevano meglio è“. Questo perchè è nell’interesse dell’amministrazione mostrare che l’aria è più pulita anche per non incorrere nelle penali che l’Unione Europea infligge ai Comuni che sforano il livello di inquinamento consentito per troppi giorni.
In città da tempo circolano sospetti che le rilevazioni dello smog, pur allarmanti, sminuiscano in realtà la gravità del problema. Per fare chiarezza è nata l’iniziativa di una Onlus, “cittadini per l’aria“, che sta mobilitando i cittadini perchè si facciano carico di un monitoraggio dell’aria partecipato, senza mediazione di altri enti.
Prenderà avvio a febbraio una campagna di monitoraggio del biossido di azoto effettuata dai cittadini. La partecipazione è aperta a tutti: basta iscriversi su www.cittadiniperlaria.org entro il 15 gennaio 2017. Si riceverà un campionatore che si potrà collocare vicino a casa, oppure davanti a una scuola, un ospedale o al proprio ufficio. Dopo un mese di rilevazioni lo strumento dovrà essere rimosso e restituito per le analisi. «È importante avere molti partecipanti per realizzare una mappa dell’NO2 fitta e con tantissimi punti di campionamento. I cittadini possono fare la differenza. Respirare aria pulita è un diritto. Aiutaci a difenderlo. Abbiamo bisogno anche di te», dichiarano dall’associazione.
Capita raramente di entusiasmarsi per qualcosa a tal punto che non si fa altro che parlarne ininterrottamente per giorni.
È un po’ quello che è successo quando ci siamo imbattuti per la prima volta nella Fondazione Prada.
Da Serial Classic in poi la Fondazione Prada ha dato vita ad esposizioni uniche, indimenticabili e profondamente emozionanti. Unico tratto ricorrente notato è stata l’attenzione, partita con Serial Classic e continuata con L’image volée, al processo creativo, al concetto di originalità e di falso e al legame quasi inscindibile che intercorre tra loro.
La Fondazione Prada non si è di certo accontentata di ridare lustro alla zona limitrofa tra Lodi e Corvetto, installando un museo che già di per sé val bene un viaggio.
No, la Fondazione Prada si è ripresa una fetta importantissima di un luogo da troppo tempo legato ad un’idea di consumismo e acquisti di lusso – la GalleriaVittorio Emanuele – in cui sono pochi gli imperituri che resistono all’usura e ai mores del tempo – uno su tutti la Libreria Bocca –
E dunque la Fondazione Prada è tornata alle origini, ma ha scelto di farlo con un Osservatorio, perfetto per “rimirar le stelle” in cui ha stabilito il suo centro espositivo dedicato alla fotografia.
E ha chiamato a raccolta Francesco Zanot, curatore che ha dato alla luce un lavoro mastodontico sulla fotografia ghirriana che continua ad appassionare conoscitori e non.
E Zanot ha scelto di focalizzarsi sulla fotografia contemporanea, considerata ancora troppo di nicchia e guardata con una certa reticenza.
I nomi esposti li scoprirete da soli. E ne rimarrete incantati.
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Nel giardino di Villa Invernizzi, la casa dell’inventore del formaggino Mio, in via Cappuccini 3, dietro a corso di Porta Venezia, ci sono degli fenicotteri rosa, visibili anche dalla strada. Il caratteristico colore rosa gli viene procurato da alimenti ricchi di betacarotene.
Tra di loro ci sono anche esemplari hanno più di venticinque anni: i loro genitori sono stati portati in Italia dal Cile e dall’Africa intorno al 1980. Negli anni passati i fenicotteri sono diventati troppi e parte dello stormo è stato trasferito un parco zoologico nei pressi di Lignano Sabbiadoro. Da considerare che nessun altro potrebbe imitare Invernizzi: ormai il nostro Paese ha aderito alla convenzione Cites sul commercio internazionale delle specie minacciate di estinzione che tutela gli animali esotici e per questo non è più ammessa l’importazione di questo tipo di animali.
Caro Babbo Natale, siamo i collaboratori di Milano Città Stato e ti scriviamo per chiederti di portare per Milano un regalo di Natale da ognuno di noi.
La lista dei regali di Natale per Milano della redazione di Milano Città Stato
Io vorrei trovare una bacchetta magica per eliminare tutto l’inquinamento; o almeno qualcosa che lo possa ridurre (Marco)
L’abolizione dell’orario estivo della Metro (Ivan O)
Quoto quello di Ivan… e rilancio con abolizione di qualsiasi orario festivo(Fabio)
Un giorno in più all’anno per riposarsi e godere delle bellezze della città (Michela)
Una spettacolare nevicata, che fermi il traffico e apra i cuori dei milanesi ad un autentico spirito natalizio (Alberto)
Mi piacerebbe vedere Milano nel mondo. Tipo che si dicesse: “cosa facciamo nel we? O giovedi e venerdi prossimo? Prendiamo l’aereo e andiamo a vedere cosa si fa a Milano”. Per attrarre il mondo Milano dovrebbe essere regina del tempo libero ma anche luogo delle idee e del business. Mi piacerebbe che venissero aperti ancora di più i luoghi già esistenti e che il fermento sotterraneo diventasse ancora di più movimento. Non solo. Sogno che si dica “Andiamo a Milano perché c’è l’aria più buona del mondo” (Carlo)
Un aspiratore di nebbia (e di smog) per portarla via e farci vedere il sole (Arianna)
Sotto l’albero vorrei un’identità per l’ex area Expo (Sydney)
Il pavé tutelato e sistemato. Il Vivaio Riva salvato. La riapertura di canali e rogge tombinati. L’estensione dell’area C alla 90/91 come da referendum 2011. Riduzione costi biglietto e aumento ingesso in area C. Divieto di acceso in città ai tir. Scali ferroviari su cui far arrivare i container dei tir (Ivan S)
Più sostegno alla cultura e un museo coraggioso! (Giorgia)
Vorrei i Navigli navigabili. Vorrei che Milano fosse la città dell’arte, fiore all’occhiello nel mondo per valorizzazione della sua storia, IL luogo della formazione e della creatività, fulcro di artisti e di centro occupazionale di primo rilievo. Vorrei più piste ciclabili (Paola)
Maggiore stabilitá politica in primis, strade in pieno centro senza povertá né prostituzione, maggiore consapevolezza nei milanesi delle bellezze artistiche e culturali che possediamo. E poi, caro Babbo Natale, portaci il mare!!! (Francesca B)
Vengono definiti tutti “casa e chiesa”, discreti, affidabili, onesti, lavoratori e molto molto cattolici. Sono 30.615 costituendo la prima comunità straniera di Milano. In nessun’altra città italiana sono così tanti e usano le parrocchie come punto di ritrovo.
Nonostante siano così numerosi non è facile trovarli in giro per Milano, specie al di fuori dell’orario di lavoro. In realtà hanno alcune frequentazioni tipiche.
La loro chiesa preferita è Santa Maria del Carmine a Brera, ma si trovano anche in via San Tommaso o a San Lorenzo.
In estate affollano il Montestella con barbecue collettivi.
Hanno feste religiose molto sentite, come a metà dicembre il “Tim man gavig”, a Natale quando celebrano la “messa del gallo” e a fine maggio festeggiano le “Flores de maio”, ovvero le ragazze in fiore, che fanno il loro debutto in società.
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Primo Levi non è solo l’autore di uno dei romanzi più letti sui banchi di scuola, che ci tormentava nei racconti di cugini, genitori e amici.
Ad ogni analisi di brano ci sembrava di essere destinati ad un tormento ingiustificato, perché nessuna di quelle parole ci toccava davvero.
Non avevamo la coscienza di comprendere appieno la portata di quelle pagine di testimonianze scomode e terribili.
Sarebbe il caso di riprenderlo in mano, Se questo è un uomo.
Così come sarebbe il caso di ripensare al ruolo di Primo Levi nella tradizione storica che ha lasciato a tutti noi, impegnati in tutte quelle futilità che ci fanno apparire così miseri, se confrontati con i veri drammi dell’esistenza.
Sarebbe il caso di scoprirlo in toto, quest’uomo geniale che, oltre ad essere scrittore, è stato anche chimico e, con i suoi studi è riuscito a sopravvivere ad Auschwitz.
Una mostra che ha inaugurato da poco al Museo della Scienza e della Tecnologia, ne celebra il ruolo scientifico.
Primo Levi non si pone come veggente men che meno come miracolato e nei suoi scritti e nelle testimonianze che ha lasciato a tutti noi posteri fortunati, mette bene in guardia il lettore da non considerarlo come tale.
La mostra vuole proprio mostrarci la complessa personalità di Primo Levi, mai parca di pervicace curiosità e di attaccamento alla vita che lo ha portato ad essere un punto di riferimento nella formazione di tutti.
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Più che una mostra, “GDM – Grand Dad’s Visitor Center” di Laure Prouvost è un’opera d’arte totale, che raccoglie lavori che vanno dalle installazioni ai video, passando per le sculture e gli objet trouvé.
Forte della sua poetica che include un contatto diretto col pubblico, chiamato ad interagire con le sue esposizioni, l’artista dissemina elementi con cui giocare e confrontarsi in quello che è stato definito un “museo a cielo aperto” dedicato ad una figura-chiave della vita dell’artista, suo nonno.
Vincitrice del Turner Prize nel 2013, Laure Prouvost ama infarcire le sue opere di humour surreale, maneggiando diversi media con cura e curiosità.
La scelta di dedicare l’esposizione al nonno, artista prolifico e concettuale, amico dell’artista Kurt Schwitters che, dopo una vita passata a dialogare con il continente africano, non fa più ritorno a casa e lascia la nonna unica erede e custode delle sue opere.
Laure Prouvost per GDM parte proprio da un video in cui si vedono delle sculture create dal nonno che ormai rivestono una funzione di “semplice” uso domestico.
È questo il punto di partenza per l’artista che mette in discussione il concetto stesso di museo come luogo deputato alla conservazione e tempio della memoria.
E lo fa proprio mettendo alla prova lo spettatore che viene chiamato ad assaggiare del cibo, a compiere delle azioni, insomma, ad interagire con le opere che Laure Prouvost consegna all’Hangar Bicocca come fosse un gioco da ragazzi.
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Ieri, passando per il centro, sono rimasta folgorata dalla bellezza degli alberi di Natale di Milano. Quello in piazza Duomo per la sua imponenza e quello in Galleria per il suo splendore e scintillio dato dai cristalli di Svarosky. Belli, non c’è che dire, ma non era neanche male l’alberello di bottiglie di plastica o di fili di stelle di Natale spelacchiati che vedevo nei sobborghi della città di Luanda quando andavo a trovare gli ex-meninos de rua della casa di accoglienza Magone-Margarida.
In quella casa, caduta come un pezzo di Lego rosso dalle mani di un bambino gigante nel bel mezzo di uno slam luandese, il Natale si festeggiava gonfiando palloncini rossi nel caldo afoso dell’estate tropicale. Fino al minuto prima di mettere piede la dentro pensavo che il Natale fosse tale solo quando è fatto di regali, freddo, cori meravigliosi dentro ancora più meravigliose chiese. Invece lì, a Luanda, con i bambini di strada, scoprivo che il Natale era nei loro occhi, nella loro gioia di fronte a un palloncino e nel loro stupore, a loro volta, nel vedermi tornare a trovarli di settimana in settimana.
E’ di quello stupore che vorrei fare tesoro, anche oggi che ho la fortuna di essere qui, a Milano, una città dove tutto è scintillante, ma le persone spesso lo danno per scontato. Auguro allora alla mia ritrovata Milano di provare a soffermarsi sulle cose belle con quello stesso stupore che mi hanno insegnato i bambini di Luanda. Quello stupore era la cosa preziosa da preservare, era il seme del loro futuro, era, per me che facevo la giornalista e non ero mai al posto giusto nel momento giusto, la famosa cosa da raccontare, la mia personale, sensazionale, breaking news.
In epoca fascista diverse strade e piazze di Milano avevano nomi diversi da oggi.
Corso Giacomo Matteotti era corso del Littorio, Corso dei Plebisciti si chiamava Corso Costanzo Ciano, Via Larga dal 1936 al 1946 divenne Via Adua. Sul retro della Stazione Centrale c’era Piazza Predappio, mentre Piazza della Repubblica si chiamava Piazza Fiume.
Piazza Mercanti prese il nome di Piazza Govinezza mentre l’ultimo pezzetto di via San Marco si chiamava via Marcia su Roma, da Via Castelfidardo ai bastioni dove c’ è lo scavo asciutto della Martesana. Il motivo di questa denominazione è che la sede del “Popolo d’ Italia” era all’angolo tra via Statuto e via Lovanio e raccolsero la loro banda in quel pezzettino finale di Via San Marco. Di lì partì il gruppetto e da allora passò a chiamarsi Via Marcia su Roma.
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L’annuncio su Facebook, scritto da chi si è preso cura della programmazione artistica di questo ritrovo per amanti della musica di qualità:
“Ciao amici, la voce un po’ è circolata ma ci sembra doveroso informare tutti che dal 20 dicembre cesseremo ufficialmente con le nostre attività in quanto a gennaio dovremo lasciare libero lo spazio che ci ha ospitato in questo viaggio bellissimo. Siamo molto addolorati ma vogliamo ringraziare veramente tutti quelli che in questi sei anni hanno sostenuto, incoraggiato e aiutato il nostro circolo a crescere e diventare per molti un luogo simbolo dove ascoltare un certo tipo di proposta musicale. Abbiamo avuto la possibilità di conoscere e vedere esibirsi gruppi, artisti che amiamo, stringere nuove amicizie, scoprire nuove realtà e tutto ciò ci ha arricchito come persone. Siamo stati bene con voi. Però a volte tutto ciò non basta e per questo siamo costretti a prenderci una pausa, lunga o corta sarà il tempo a dirlo. Nel frattempo ci sono degli appuntamenti da non perdere come quelli che ci aspettano con i Boris, Oathbreaker, Ovo, Putan Club, Zippo e poi serate con gruppi di amici che hanno voluto testimoniare il loro affetto al LoFI. Per noi è importante anche per le scelte future sentirvi ancora più vicini e ci piacerebbe vedervi in tanti ai nostri ultimi eventi in programma . Grazie infinite, LoFi Milano”
Da amante dei generi musicali che hanno sempre trovato posto in questo unico spazio del sud Milano (dal metal al post-rock, dall’hardcore al rock di storiche band milanesi), sarà piacevole ricordare le serate di programmazione densa e fitta che mettevano d’accordo un po’ tutti i gusti, ma non certo quelli della “massa” pagante presente puntualmente ai concerti più mainstream. E’ proprio questo, al momento, il tarlo della cultura e subcultura musicale di Milano e hinterland, che con sempre più scarsità riconosce l’altissimo valore e potenziale di band e gruppi sia emergenti che già esistenti da anni. Da qui la chiusura di locali storici, di cui il Lo Fi era uno dei migliori esponenti.
Ci auguriamo che sia band nostrane quali Marnero, Goodbye, Kings, Ligera, Gli Impossibili, Finistère, sia quelle di stampo internazionale, come King Dude, Karma to Burn, Mondo Generator, Jucifer e moltissime altre, possano continuare a trovare spazi e palchi inclusivi come quello del Lo Fi. Il Big Funeral Party da non perdere sarà stasera, mercoledì 21 dicembre MA, almeno da come leggiamo su Facebook, la festa si chiama “Arrivedorci!! Party”… vuoi vedere che tra qualche mese assisteremo forse a un “Miracolo a Milano”?
Lo Fi via dei Pietro e Giuseppe Pestagalli 27 Milano Mappa: http://www.lo-fi.milano.it/
Antonio Marras è un nome che serpeggia da tempo sia nel mondo dell’arte che in quello della moda, che sembrano andare costantemente a braccetto.
Conosciuto e apprezzato ovunque, definito il “più intellettuale degli stilisti italiani“, Antonio Marras ha tracciato un percorso artistico e di stile che ha permeato tutte le cose.
E la mostra antologica organizzata alla Triennale di Milano per la curatela di Francesca Alfano Miglietti, intende proprio porre l’accento sulla produzione irrequieta, fulminea e geniale di un artista completo, che si è avvalso, nelle sue produzioni di numerosi media – pronunciato média, non midia – e tecniche.
Ogni campo o ambito approcciato è stato infatti per Marras una possibilità creativa da cogliere al volo, sperimentando vari linguaggi.
Dall’objet trouvé alla poesia, passando per il cinema, Marras re Mida dell’arte e della moda, non si è risparmiato nessuna esperienza artistica.
E quello che vedrai alla mostra allestita alla Triennale di Milano è un’installazione mastodontica, in cui Marras ha rielaborato disegni e dipinti, montandoli su vecchie cornici su cui poi è successivamente intervenuto.
Dialogando con Maria Lai – artista che aveva dato vita ad un’opera d’arte totale nel suo paese d’origine, Legarsi alla montagna, Marras ha dato vita ad un’esposizione fluida, in continuo divenire, che vale la pena di essere scoperta con occhi vergini, pronti a mettersi in ascolto di una storia fatta di tessuti, carta e infiniti mondi.
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Le bandierine. Ci sono tante cose che mi hanno stupito quando vivevo a Berlino, una di queste erano la bandierine della Germania infilate sull’antenna dell’auto o sopra i finestrini. Quando c’erano campionati europei o mondiali apparivano all’improvviso, tutte assieme. Un giorno non c’è nulla, il giorno dopo tutte, ma proprio tutte le macchine hanno queste bandierine. Lì ho capito una cosa: che a Berlino esiste come un effetto rete che lega tutte le persone. Consapevolmente o inconsapevolmente se vengono azionati mettono in atto tutti lo stesso comportamento. Quando parlava di Volk, un popolo che si fa entità unica, indistinta, Hegel si riferiva alle bandierine dei mondiali, è sicuro. Oppure al Natale.
A Berlino non significa solo ghirlande, decorazioni, alberi di Natale, negozi e pubblicità. A Berlino il Natale è un’esperienza totalizzante, come le bandierine e come tutto ciò che i tedeschi si mettono a fare di impegno. Il Natale a Berlino significa che tutte le radio programmano senza sosta fin dai primi giorni di dicembre canzoncine tipiche, da Jingle Bells a Last Christmas. Accendi la televisione e il Natale è dappertutto con le sue canzoni e i suoi Babbo Natale. D’improvviso tutta la città viene invasa dal Natale, non puoi sfuggire, lo ritrovi dappertutto, diventa un’ossessione. Per chi non ama il Natale Berlino è il luogo più insopportabile dove stare. E poi ci sono i mercatini.
Anche i mercatini di Natale non sono come da noi. Nelle nostre città più grandi, i mercatini di Natale sono un luogo dove andare per trovare qualcosa di pittoresco, sono un’attrazione temporanea, che resta estranea alla città dove farci un salto come per sentirsi in vacanza. Ma a Berlino no, i mercatini diventano parte integrante della città. Appaiono nei luoghi più importanti, diventano il posto andare. Non una volta tanto per vedere qualcosa di nuovo, ma dove ritrovarsi, diventano in un istante presenza fondamentale della quotidianità. Apparsi dal nulla sembrano siano lì da sempre. Come le bandierine dei mondiali.
Il mercatino di natale dove è avvenuto l’attentato terroristico non è un semplice mercatino di natale, almeno non come lo intendiamo noi. E’ qualcosa che noi percepiamo come temporaneo e pittoresco ma a Berlino è strutturale, radicato, è il centro della vita della città. Specie quello nel cuore di Berlino Ovest, nella piazza in cui permane la chiesa semidistrutta nella seconda guerra mondiale, che ha attorno il colossale KaDeWe e il suggestivo Zoo, quello di Christiane F e dell’orsetto Knut. Colpendo quel mercatino di Natale è stato come se i terroristi avessero colpito un monumento o un luogo simbolo della città. Questo serve per capire quanto l’atto possa scuotere le coscienze di un popolo che sembra vivere in grande libertà individuale ma che ha la straordinaria capacità di compattarsi come una cosa unica. E quando lo fa, fa impressione, a volte perfino paura.
L’attentato mi addolora molto, anche perchè non riesco a credere che la città in cui ho vissuto e che ho tanto amato specie per la libertà che è in grado di suscitare, possa cambiare dopo questa tragedia. E allora provo a immaginare quale conseguenze questo terribile atto possa produrre nella gente di Berlino. Come potrebbe funzionare in questo caso l’effetto rete tra i suoi abitanti?
La mia esperienza mi fa dire che i berlinesi reagiranno come li ho visti fare in qualunque emergenza. Hanno una capacità incredibile non solo di fare rete ma di lasciarsi la tragedia dietro le spalle, senza dare spazio a lamentele, critiche o perdite di tempo. So che reagiranno come succede quando sono stati sommersi da una nevicata eccezionale che ha paralizzato la città. In quel caso ogni singolo abitante, giovane o anziano, si è armato di pala e si è messo a spalare più neve possibile attorno al suo palazzo e nelle vie circostanti, senza aspettare l’intervento dell’amministrazione.
So che malgrado strumentalizzazioni o polemiche, che comunque in Germania sono infinitamente inferiori rispetto alle nostre, specie quando sono attaccati interessi nazionali, la gente di Berlino reagirà come è solita fare. Piangeranno tutti assieme i loro morti, senza esagerazioni, poi tutti assieme si lasceranno il passato dietro le spalle, si rimetteranno al lavoro immergendosi totalmente nel presente, nell’intensità del giorno, tutti assieme torneranno ai loro mercatini e alle bandierine della Germania impedendo che la paura possa togliere loro ciò che hanno di più caro: la libertà.