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EINSTEIN disse che il periodo in cui visse a Milano fu “il più felice della sua vita”

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Einstein in Val Trebbia

Tra il 1894 e il 1900 in via Bigli 21 abitò Albert Einstein con la sua famiglia.

Il padre Hermann era un pioniere dell’elettricità e si trasferì a Milano perchè città all’avanguardia in Europa nel settore dell’illuminazione.

Quando varcò le Alpi per la prima volta Albert rimase sorpreso “nel sentire gli italiani, intendo la gente comune, impiegare termini ed espressioni che denotavano un livello mentale e una ricchezza di contenuto culturale assai superiori a quelli dei tedeschi“.

Il periodo in cui visse stabilmente a Milano Albert lo definì “il più felice della sua vita”.

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L’antico hotel senza INSEGNA

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E’ un simbolo di discrezione uno degli hotel più caratteristici di Milano. E’ in via San Tomaso, la strada che si prende da via Broletto, in pieno centro.

Al numero 6 in un palazzo settecentesco c’è l’Antica Locanda dei mercanti, hotel storico che ha la particolarità di non recare nessuna insegna.

All’interno ci sono 15 camere d’epoca uniche nel loro genere. 

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Quando i parchi pubblici non erano ancora di moda

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Dal 2002 i giardini di Porta Venezia sono intitolati al giornalista Indro Montanelli che passeggiava spesso al loro interno.
Sono stati inaugurati nel 1784 dall’amministrazione asburgica diventando il primo parco milanese espressamente destinato allo svago collettivo. Come manodopera furono impiegati degli ergastolani, Nella seconda metà del XIX secolo vennero inserite “attrazioni” di vita animale: voliere e gabbie per cervi, scimmie e una giraffa, cui progressivamente si aggiungeranno numerosi altri animali che avrebbero dato vita allo zoo di Milano, chiuso nel 1992 in seguito alle proteste degli animalisti.

I cittadini misurano la qualità dell’aria per fare chiarezza sullo smog

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Rassegnarsi del fatto che la Pianura Padana sia una terra inquinata per la bassa circolazione dell’aria non fa parte del DNA dei milanesi. Milano dovrebbe fare con lo smog quello che ha fatto Tokio con i terremoti: così come la città giapponese è diventata leader al mondo nelle tecnologie antisismiche Milano dovrebbe aspirare a diventare la prima città al mondo nella capacità di distruggere l’inquinamento atmosferico. Qui si trova il nostro progetto: Milano città leader contro l’inquinamento.

Come atto concreto lo scorso luglio Milano Città Stato ha supportato la realizzazione dell’evento Smart Cities Against Pollution in cui si è siglata l’alleanza di Milano con Tabriz, Città del Messico, San Pietroburgo e Pechino per condividere le politiche contro lo smog. Così come abbiamo lanciato la petizione per fare diventare Milano galleria d’arte all’aperto con murales fatti con pitture mangiasmog. In entrambi i casi abbiamo purtroppo registrato un silenzio da parte della pubblica amministrazione che ci ha molto amareggiato.

In occasione della conferenza stampa di presentazione di Smart Cities Against Pollution al Pirellone, un tecnico che ci ha pregato di restare anonimo ci ha rivelato un particolare inquietante. Ha detto che le centraline di rilevazione dello smog vengono posizionate in modo da sottostimare l’entità dell’inquinamento.Per misurare il grado di inquinamento bisognerebbe posizionare le centraline ad altezza uomo. Invece le mettono più in alto: ma questo è sbagliato perchè quello che importa è valutare l’aria all’altezza in cui la respiriamo, metterla più in alto significa avere una minore incidenza degli inquinanti”.
Un politico presente ci ha confermato che le centraline “meno rilevano meglio è“. Questo perchè è nell’interesse dell’amministrazione mostrare che l’aria è più pulita anche per non incorrere nelle penali che l’Unione Europea infligge ai Comuni che sforano il livello di inquinamento consentito per troppi giorni.

In città da tempo circolano sospetti che le rilevazioni dello smog, pur allarmanti, sminuiscano in realtà la gravità del problema. Per fare chiarezza è nata l’iniziativa di una Onlus, “cittadini per l’aria“, che sta mobilitando i cittadini perchè si facciano carico di un monitoraggio dell’aria partecipato, senza mediazione di altri enti.

Prenderà avvio a febbraio una campagna di monitoraggio del biossido di azoto effettuata dai cittadini.
La partecipazione è aperta a tutti: basta iscriversi su www.cittadiniperlaria.org entro il 15 gennaio 2017. Si riceverà un campionatore che si potrà collocare vicino a casa, oppure davanti a una scuola, un ospedale o al proprio ufficio. Dopo un mese di rilevazioni lo strumento dovrà essere rimosso e restituito per le analisi.
«È importante avere molti partecipanti per realizzare una mappa dell’NO2 fitta e con tantissimi punti di campionamento. I cittadini possono fare la differenza. Respirare aria pulita è un diritto. Aiutaci a difenderlo. Abbiamo bisogno anche di te», dichiarano dall’associazione.

Give Me Yesterday. all’Osservatorio della Fondazione

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Capita raramente di entusiasmarsi per qualcosa a tal punto che non si fa altro che parlarne ininterrottamente per giorni.

È un po’ quello che è successo quando ci siamo imbattuti per la prima volta nella Fondazione Prada.

Da Serial Classic in poi la Fondazione Prada ha dato vita ad esposizioni uniche, indimenticabili e profondamente emozionanti. Unico tratto ricorrente notato è stata l’attenzione, partita con Serial Classic e continuata con L’image volée, al processo creativo, al concetto di originalità e di falso e al legame quasi inscindibile che intercorre tra loro.

La Fondazione Prada non si è di certo accontentata di ridare lustro alla zona limitrofa tra Lodi e Corvetto, installando un museo che già di per sé val bene un viaggio.

No, la Fondazione Prada si è ripresa una fetta importantissima di un luogo da troppo tempo legato ad un’idea di consumismo e acquisti di lusso – la Galleria Vittorio Emanuele – in cui sono pochi gli imperituri che resistono all’usura e ai mores del tempo – uno su tutti la Libreria Bocca

E dunque la Fondazione Prada è tornata alle origini, ma ha scelto di farlo con un Osservatorio, perfetto per “rimirar le stelle” in cui ha stabilito il suo centro espositivo dedicato alla fotografia.

E ha chiamato a raccolta Francesco Zanot, curatore che ha dato alla luce un lavoro mastodontico sulla fotografia ghirriana che continua ad appassionare conoscitori e non.

E Zanot ha scelto di focalizzarsi sulla fotografia contemporanea, considerata ancora troppo di nicchia e guardata con una certa reticenza.

I nomi esposti li scoprirete da soli. E ne rimarrete incantati.

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Milano, Africa

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Nel giardino di Villa Invernizzi, la casa dell’inventore del formaggino Mio, in via Cappuccini 3, dietro a corso di Porta Venezia, ci sono degli fenicotteri rosa, visibili anche dalla strada.
Il caratteristico colore rosa gli viene procurato da alimenti ricchi di betacarotene.

Tra di loro ci sono anche esemplari hanno più di venticinque anni: i loro genitori sono stati portati in Italia dal Cile e dall’Africa intorno al 1980. Negli anni passati i fenicotteri sono diventati troppi e parte dello stormo è stato trasferito un parco zoologico nei pressi di Lignano Sabbiadoro.
Da considerare che nessun altro potrebbe imitare Invernizzi: ormai il nostro Paese ha aderito alla convenzione Cites sul commercio internazionale delle specie minacciate di estinzione che tutela gli animali esotici e per questo non è più ammessa l’importazione di questo tipo di animali.

Cosa vorremmo trovare per Milano sotto l’albero di Natale

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Caro Babbo Natale, siamo i collaboratori di Milano Città Stato e ti scriviamo per chiederti di portare per Milano un regalo di Natale da ognuno di noi.

La lista dei regali di Natale per Milano della redazione di Milano Città Stato

Io vorrei trovare una bacchetta magica per eliminare tutto l’inquinamento; o almeno qualcosa che lo possa ridurre (Marco)

Maggiore senso civico dei cittadini (Cristiano)

Più grattacieli, più parcheggi per auto (Giacomo)

L’abolizione dell’orario estivo della Metro (Ivan O)

Quoto quello di Ivan… e rilancio con abolizione di qualsiasi orario festivo(Fabio)

Un giorno in più all’anno per riposarsi e godere delle bellezze della città (Michela)

Una spettacolare nevicata, che fermi il traffico e apra i cuori dei milanesi ad un autentico spirito natalizio (Alberto)

Mi piacerebbe vedere Milano nel mondo. Tipo che si dicesse: “cosa facciamo nel we? O giovedi e venerdi prossimo? Prendiamo l’aereo e andiamo a vedere cosa si fa a Milano”.
Per attrarre il mondo Milano dovrebbe essere regina del tempo libero ma anche luogo delle idee e del business. Mi piacerebbe che venissero aperti ancora di più i luoghi già esistenti e che il fermento sotterraneo diventasse ancora di più movimento. Non solo. Sogno che si dica “Andiamo a Milano perché c’è l’aria più buona del mondo” (Carlo)

Un aspiratore di nebbia (e di smog) per portarla via e farci vedere il sole (Arianna)

Sotto l’albero vorrei un’identità per l’ex area Expo (Sydney)

Il pavé tutelato e sistemato. Il Vivaio Riva salvato. La riapertura di canali e rogge tombinati. L’estensione dell’area C alla 90/91 come da referendum 2011. Riduzione costi biglietto e aumento ingesso in area C. Divieto di acceso in città ai tir. Scali ferroviari su cui far arrivare i container dei tir (Ivan S)

Più sostegno alla cultura e un museo coraggioso! (Giorgia)

Vorrei i Navigli navigabili. Vorrei che Milano fosse la città dell’arte, fiore all’occhiello nel mondo per valorizzazione della sua storia, IL luogo della formazione e della creatività, fulcro di artisti e di centro occupazionale di primo rilievo. Vorrei più piste ciclabili (Paola)

Maggiore stabilitá politica in primis, strade in pieno centro senza povertá né prostituzione, maggiore consapevolezza nei milanesi delle bellezze artistiche e culturali che possediamo.
E poi, caro Babbo Natale, portaci il mare!!! (Francesca B)

La prima comunità straniera di Milano sono i FILIPPINI

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Vengono definiti tutti “casa e chiesa”, discreti, affidabili, onesti, lavoratori e molto molto cattolici. Sono 30.615 costituendo la prima comunità straniera di Milano. In nessun’altra città italiana sono così tanti e usano le parrocchie come punto di ritrovo.

Nonostante siano così numerosi non è facile trovarli in giro per Milano, specie al di fuori dell’orario di lavoro. In realtà hanno alcune frequentazioni tipiche. 

La loro chiesa preferita è Santa Maria del Carmine a Brera, ma si trovano anche in via San Tommaso o a San Lorenzo.

In estate affollano il Montestella con barbecue collettivi.

Hanno feste religiose molto sentite, come a metà dicembre il “Tim man gavig”, a Natale quando celebrano la “messa del gallo” e a fine maggio festeggiano le “Flores de maio”, ovvero le ragazze in fiore, che fanno il loro debutto in società.

Fonte: Repubblica

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I mondi di Primo Levi

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Primo Levi non è solo l’autore di uno dei romanzi più letti sui banchi di scuola, che ci tormentava nei racconti di cugini, genitori e amici.

Ad ogni analisi di brano ci sembrava di essere destinati ad un tormento ingiustificato, perché nessuna di quelle parole ci toccava davvero.

Non avevamo la coscienza di comprendere appieno la portata di quelle pagine di testimonianze scomode e terribili.

Sarebbe il caso di riprenderlo in mano, Se questo è un uomo.

Così come sarebbe il caso di ripensare al ruolo di Primo Levi nella tradizione storica che ha lasciato a tutti noi, impegnati in tutte quelle futilità che ci fanno apparire così miseri, se confrontati con i veri drammi dell’esistenza.

Sarebbe il caso di scoprirlo in toto, quest’uomo geniale che, oltre ad essere scrittore, è stato anche chimico e, con i suoi studi è riuscito a sopravvivere ad Auschwitz.

Una mostra che ha inaugurato da poco al Museo della Scienza e della Tecnologia, ne celebra il ruolo scientifico.

Primo Levi non si pone come veggente men che meno come miracolato e nei suoi scritti e nelle testimonianze che ha lasciato a tutti noi posteri fortunati, mette bene in guardia il lettore da non considerarlo come tale.

La mostra vuole proprio mostrarci la complessa personalità di Primo Levi, mai parca di pervicace curiosità e di attaccamento alla vita che lo ha portato ad essere un punto di riferimento nella formazione di tutti.

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Laure Prouvost – GDM all’Hangar Bicocca

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Più che una mostra, “GDM – Grand Dad’s Visitor Center” di Laure Prouvost è un’opera d’arte totale, che raccoglie lavori che vanno dalle installazioni ai video, passando per le sculture e gli objet trouvé.

Forte della sua poetica che include un contatto diretto col pubblico, chiamato ad interagire con le sue esposizioni, l’artista dissemina elementi con cui giocare e confrontarsi in quello che è stato definito un “museo a cielo aperto” dedicato ad una figura-chiave della vita dell’artista, suo nonno.

Vincitrice del Turner Prize nel 2013, Laure Prouvost ama infarcire le sue opere di humour surreale, maneggiando diversi media con cura e curiosità.

La scelta di dedicare l’esposizione al nonno, artista prolifico e concettuale, amico dell’artista Kurt Schwitters che, dopo una vita passata a dialogare con il continente africano, non fa più ritorno a casa e lascia la nonna unica erede e custode delle sue opere.

Laure Prouvost per GDM parte proprio da un video in cui si vedono delle sculture create dal nonno che ormai rivestono una funzione di “semplice” uso domestico.

È questo il punto di partenza per l’artista che mette in discussione il concetto stesso di museo come luogo deputato alla conservazione e tempio della memoria.

E lo fa proprio mettendo alla prova lo spettatore che viene chiamato ad assaggiare del cibo, a compiere delle azioni, insomma, ad interagire con le opere che Laure Prouvost consegna all’Hangar Bicocca come fosse un gioco da ragazzi.

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Quello che vorrei portare a Milano del Natale vissuto in Angola

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I palloncini del Natale a Luanda, Angola. Foto: Francesca Spinola

Ieri, passando per il centro, sono rimasta folgorata dalla bellezza degli alberi di Natale di Milano. Quello in piazza Duomo per la sua imponenza e quello in Galleria per il suo splendore e scintillio dato dai cristalli di Svarosky.
Belli, non c’è che dire, ma non era neanche male l’alberello di bottiglie di plastica o di fili di stelle di Natale spelacchiati che vedevo nei sobborghi della città di Luanda quando andavo a trovare gli ex-meninos de rua della casa di accoglienza Magone-Margarida.

In quella casa, caduta come un pezzo di Lego rosso dalle mani di un bambino gigante nel bel mezzo di uno slam luandese, il  Natale si festeggiava gonfiando palloncini rossi nel caldo afoso dell’estate tropicale.
Fino al minuto prima di mettere piede la dentro pensavo che il Natale fosse tale solo quando è fatto di regali, freddo, cori meravigliosi dentro ancora più meravigliose chiese.
Invece lì, a Luanda, con i bambini di strada, scoprivo che il Natale era nei loro occhi, nella loro gioia di fronte a un palloncino e nel loro stupore, a loro volta, nel vedermi tornare a trovarli di settimana in settimana.

Albero di Natale a Luanda, Angola. Foto: Francesca Spinola
Albero di Natale a Luanda, Angola. Foto: Francesca Spinola

E’ di quello stupore che vorrei fare tesoro, anche oggi che ho la fortuna di essere qui, a Milano, una città dove tutto è scintillante, ma le persone spesso lo danno per scontato.
Auguro allora alla mia ritrovata Milano di provare a soffermarsi sulle cose belle con quello stesso stupore che mi hanno insegnato i bambini di Luanda.
Quello stupore era la cosa preziosa da preservare, era il seme del loro futuro, era, per me che facevo la giornalista e non ero mai al posto giusto nel momento giusto,  la famosa cosa da raccontare, la mia personale, sensazionale, breaking news.

Un aperitivo in via Marcia su Roma? In epoca fascista queste strade e piazze di Milano avevano un NOME DIVERSO

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In epoca fascista diverse strade e piazze di Milano avevano nomi diversi da oggi.

Corso Giacomo Matteotti era corso del Littorio, Corso dei Plebisciti si chiamava Corso Costanzo Ciano, Via Larga dal 1936 al 1946 divenne Via Adua. Sul retro della Stazione Centrale c’era Piazza Predappio, mentre Piazza della Repubblica si chiamava Piazza Fiume.

Piazza Mercanti prese il nome di Piazza Govinezza mentre l’ultimo pezzetto di via San Marco si chiamava via Marcia su Roma, da Via Castelfidardo ai bastioni dove c’ è lo scavo asciutto della Martesana. Il motivo di questa denominazione è che la sede del “Popolo d’ Italia” era all’angolo tra via Statuto e via Lovanio e raccolsero la loro banda in quel pezzettino finale di Via San Marco. Di lì partì il gruppetto e da allora passò a chiamarsi Via Marcia su Roma.

Grazie speciale a Marco O.

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Stasera festa di chiusura del Lo Fi, il locale cult del rock milanese

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L’annuncio su Facebook, scritto da chi si è preso cura della programmazione artistica di questo ritrovo per amanti della musica di qualità:

“Ciao amici, la voce un po’ è circolata ma ci sembra doveroso informare tutti che dal 20 dicembre cesseremo ufficialmente con le nostre attività in quanto a gennaio dovremo lasciare libero lo spazio che ci ha ospitato in questo viaggio bellissimo.
Siamo molto addolorati ma vogliamo ringraziare veramente tutti quelli che in questi sei anni hanno sostenuto, incoraggiato e aiutato il nostro circolo a crescere e diventare per molti un luogo simbolo dove ascoltare un certo tipo di proposta musicale. Abbiamo avuto la possibilità di conoscere e vedere esibirsi gruppi, artisti che amiamo, stringere nuove amicizie, scoprire nuove realtà e tutto ciò ci ha arricchito come persone. Siamo stati bene con voi. Però a volte tutto ciò non basta e per questo siamo costretti a prenderci una pausa, lunga o corta sarà il tempo a dirlo.
Nel frattempo ci sono degli appuntamenti da non perdere come quelli che ci aspettano con i Boris, Oathbreaker, Ovo, Putan Club, Zippo e poi serate con gruppi di amici che hanno voluto testimoniare il loro affetto al LoFI.
Per noi è importante anche per le scelte future sentirvi ancora più vicini e ci piacerebbe vedervi in tanti ai nostri ultimi eventi in programma .
Grazie infinite,
LoFi Milano”

Da amante dei generi musicali che hanno sempre trovato posto in questo unico spazio del sud Milano (dal metal al post-rock, dall’hardcore al rock di storiche band milanesi), sarà piacevole ricordare le serate di programmazione densa e fitta che mettevano d’accordo un po’ tutti i gusti, ma non certo quelli della “massa” pagante presente puntualmente ai concerti più mainstream. E’ proprio questo, al momento, il tarlo della cultura e subcultura musicale di Milano e hinterland, che con sempre più scarsità riconosce l’altissimo valore e potenziale di band e gruppi sia emergenti che già esistenti da anni. Da qui la chiusura di locali storici, di cui il Lo Fi era uno dei migliori esponenti.

Ci auguriamo che sia band nostrane quali Marnero, Goodbye, Kings, Ligera, Gli Impossibili, Finistère, sia quelle di stampo internazionale, come King Dude, Karma to Burn, Mondo Generator, Jucifer e moltissime altre, possano continuare a trovare spazi e palchi inclusivi come quello del Lo Fi.
Il Big Funeral Party da non perdere sarà stasera, mercoledì 21 dicembre MA, almeno da come leggiamo su Facebook, la festa si chiama “Arrivedorci!! Party”… vuoi vedere che tra qualche mese assisteremo forse a un “Miracolo a Milano”?

Lo Fi
via dei Pietro e Giuseppe Pestagalli 27
Milano
Mappa: http://www.lo-fi.milano.it/

Antonio Marras alla Triennale – Nulla dies sine linea

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Antonio Marras è un nome che serpeggia da tempo sia nel mondo dell’arte che in quello della moda, che sembrano andare costantemente a braccetto.

Conosciuto e apprezzato ovunque, definito il “più intellettuale degli stilisti italiani“, Antonio Marras ha tracciato un percorso artistico e di stile che ha permeato tutte le cose.

E la mostra antologica organizzata alla Triennale di Milano per la curatela di Francesca Alfano Miglietti, intende proprio porre l’accento sulla produzione irrequieta, fulminea e geniale di un artista completo, che si è avvalso, nelle sue produzioni di numerosi media – pronunciato média, non midia – e tecniche.

Ogni campo o ambito approcciato è stato infatti per Marras una possibilità creativa da cogliere al volo, sperimentando vari linguaggi.

Dall’objet trouvé alla poesia, passando per il cinema, Marras re Mida dell’arte e della moda, non si è risparmiato nessuna esperienza artistica.

E quello che vedrai alla mostra allestita alla Triennale di Milano è un’installazione mastodontica, in cui Marras ha rielaborato disegni e dipinti, montandoli su vecchie cornici su cui poi è successivamente intervenuto.

Dialogando con Maria Lai – artista che aveva dato vita ad un’opera d’arte totale nel suo paese d’origine, Legarsi alla montagna, Marras ha dato vita ad un’esposizione fluida, in continuo divenire, che vale la pena di essere scoperta con occhi vergini, pronti a mettersi in ascolto di una storia fatta di tessuti, carta e infiniti mondi.

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Come la gente di Berlino reagirà all’attentato

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Le bandierine. Ci sono tante cose che mi hanno stupito quando vivevo a Berlino, una di queste erano la bandierine della Germania infilate sull’antenna dell’auto o sopra i finestrini. Quando c’erano campionati europei o mondiali apparivano all’improvviso, tutte assieme. Un giorno non c’è nulla, il giorno dopo tutte, ma proprio tutte le macchine hanno queste bandierine. Lì ho capito una cosa: che a Berlino esiste come un effetto rete che lega tutte le persone. Consapevolmente o inconsapevolmente se vengono azionati mettono in atto tutti lo stesso comportamento. Quando parlava di Volk, un popolo che si fa entità unica, indistinta, Hegel si riferiva alle bandierine dei mondiali, è sicuro. Oppure al Natale.

A Berlino non significa solo ghirlande, decorazioni, alberi di Natale, negozi e pubblicità. A Berlino il Natale è un’esperienza totalizzante, come le bandierine e come tutto ciò che i tedeschi si mettono a fare di impegno. Il Natale a Berlino significa che tutte le radio programmano senza sosta fin dai primi giorni di dicembre canzoncine tipiche, da Jingle Bells a Last Christmas. Accendi la televisione e il Natale è dappertutto con le sue canzoni e i suoi Babbo Natale. D’improvviso tutta la città viene invasa dal Natale, non puoi sfuggire, lo ritrovi dappertutto, diventa un’ossessione. Per chi non ama il Natale Berlino è il luogo più insopportabile dove stare. E poi ci sono i mercatini.

Anche i mercatini di Natale non sono come da noi. Nelle nostre città più grandi, i mercatini di Natale sono un luogo dove andare per trovare qualcosa di pittoresco, sono un’attrazione temporanea, che resta estranea alla città dove farci un salto come per sentirsi in vacanza. Ma a Berlino no, i mercatini diventano parte integrante della città. Appaiono nei luoghi più importanti, diventano il posto andare. Non una volta tanto per vedere qualcosa di nuovo, ma dove ritrovarsi, diventano in un istante presenza fondamentale della quotidianità. Apparsi dal nulla sembrano siano lì da sempre. Come le bandierine dei mondiali.

Il mercatino di natale dove è avvenuto l’attentato terroristico non è un semplice mercatino di natale, almeno non come lo intendiamo noi. E’ qualcosa che noi percepiamo come temporaneo e pittoresco ma a Berlino è strutturale, radicato, è il centro della vita della città. Specie quello nel cuore di Berlino Ovest, nella piazza in cui permane la chiesa semidistrutta nella seconda guerra mondiale, che ha attorno il colossale KaDeWe e il suggestivo Zoo, quello di Christiane F e dell’orsetto Knut. Colpendo quel mercatino di Natale è stato come se i terroristi avessero colpito un monumento o un luogo simbolo della città. Questo serve per capire quanto l’atto possa scuotere le coscienze di un popolo che sembra vivere in grande libertà individuale ma che ha la straordinaria capacità di compattarsi come una cosa unica. E quando lo fa, fa impressione, a volte perfino paura.

L’attentato mi addolora molto, anche perchè non riesco a credere che la città in cui ho vissuto e che ho tanto amato specie per la libertà che è in grado di suscitare, possa cambiare dopo questa tragedia. E allora provo a immaginare quale conseguenze questo terribile atto possa produrre nella gente di Berlino. Come potrebbe funzionare in questo caso l’effetto rete tra i suoi abitanti?

La mia esperienza mi fa dire che i berlinesi reagiranno come li ho visti fare in qualunque emergenza. Hanno una capacità incredibile non solo di fare rete ma di lasciarsi la tragedia dietro le spalle, senza dare spazio a lamentele, critiche o perdite di tempo. So che reagiranno come succede quando sono stati sommersi da una nevicata eccezionale che ha paralizzato la città. In quel caso ogni singolo abitante, giovane o anziano, si è armato di pala e si è messo a spalare più neve possibile attorno al suo palazzo e nelle vie circostanti, senza aspettare l’intervento dell’amministrazione.

So che malgrado strumentalizzazioni o polemiche, che comunque in Germania sono infinitamente inferiori rispetto alle nostre, specie quando sono attaccati interessi nazionali, la gente di Berlino reagirà come è solita fare. Piangeranno tutti assieme i loro morti, senza esagerazioni, poi tutti assieme si lasceranno il passato dietro le spalle, si rimetteranno al lavoro immergendosi totalmente nel presente, nell’intensità del giorno, tutti assieme torneranno ai loro mercatini e alle bandierine della Germania impedendo che la paura possa togliere loro ciò che hanno di più caro: la libertà.

auto

Là dove c’era l’erba (VIDEO)

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Questo ragazzo della via Gluck
Si divertiva a giocare con me
Ma un giorno disse
Vado in città

Oggi per andare in città basta uscire di casa. Dove è nato Celentano in via Gluck oggi di verde non c’è nulla. Palazzi e binari della ferrovia. Nella strada che gli ha dato i natali c’è anche un murales dedicato a lui, oltre a una speciale sezione del museo del manifesto cinematografico, in via Gluck 45.
“Il ragazzo della via Gluck” è stata la prima hit di Celentano. Presentata al Festival di Sanremo fu bocciata prima di arrivare alla finale, ma balzò poi in testa alle classifiche. Spesso accadde lo stesso a Sanremo: canzoni arrivate agli ultimi posti hanno fatto la storia della musica italiana, come Vita Spericolata di Vasco Rossi o Donne di Zucchero.

Alessi IN-possible al Triennale Design Museum

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Triennale Design Museum e Museo Alessi presentano Alessi IN-possible. Quando l’idea non è ancora prodotto.

Si tratta di una selezione di progetti mai entrati in produzione che raccontano l’inedito di prodotti mai realizzati e rimasti in sospeso.

Dietro ogni oggetto si nasconde una ragione della sua non finitezza: dai problemi di costo a quelli tecnici, che tuttavia non impediscono all’oggetto stesso di assurgere al suo ruolo. E recare, di conseguenza in nuce, una carica emozionale.

Accresciuta proprio dal carattere di non-finito.

Le firme che si celano dietro ogni progetto esposto alla Triennale e non portato a termine, è un arco temporale che va dagli anni Venti del Novecento a oggi. Sono oltre 50 i progetti esposti mai entrati in produzione.

E dietro ognuno di questi si nasconono alcuni dei più famosi designer e architetti: da Ettore Sottsass ad Aldo Rossi, da Zaha Hadid a Philippe Starck, quello che viene esposto alla Triennale è un viaggio a ritroso nella storia di oggetti che avrebbero potuto diventare iconici – o che lo sono diventati comunque, passando per altri circuiti che non hanno coinvolto la loro commercializzazione.

Ed è proprio partendo da questi non-finiti che muove tutta la mostra, insieme alla voglia di dimostrare come dietro la produzione di un qualsiasi oggetto che oggi come allora consideriamo “di design” ci siano sempre dei compromessi storici, fatti di fasi produttive e di plebisciti in cui ogni personalità coinvolta nel processo produttivo ha un ruolo chiave.

In-possibile da ignorare.

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Una pista ciclabile a energia solare a Milano? Lo chiediamo all’ideatore di Solaroad

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I milanesi l’hanno di recente votato come progetto più visionario dell’anno in Europa, in occasione dei Vivaio Awards, consegnati in Triennale giovedì 15 dicembre.
Solaroad è la prima pista ciclabile al mondo che produce energia solare. In occasione del premio, la redazione di Milano Città Stato ha chiesto al suo inventore di spiegare il suo progetto che è stato messo su strada nei pressi di Amsterdam al costo di circa 7 milioni di euro.

Collegamento con Stan De Wit da Amsterdam
Collegamento con Stan De Wit da Amsterdam

“Immaginate se le nostre strade potessero raccogliere la luce del sole e convertirla in elettricità.”, ci racconta Sten De Wit, “Elettricità utilizzabile per la pubblica illuminazione, per i semafori, per le case e, in futuro, anche per le auto elettriche che passino su queste strade. Noi abbiamo reso possibile questo con Solaroad”.
Come è fatta Solaroad e come funziona?
“Solaroad è una superficie stradale che funziona anche come pannello solare. Con Solaroad si possono generare molti tipi di extra energia rinnovabile, senza richiedere alcuno spazio aggiuntivo e senza recare disturbo all’ambiente o alla natura.  Lo si può fare semplicemente con strade più intelligenti che rendano le nostre città più pulite e più verdi. Strade che possiamo costruire e usare ovunque”.

piste ciclabili amsterdam – via https://twitter.com/SolaRoadNL

Come Solaroad è diventata realtà? 
“Il primo test di Solaroad è stato realizzato vicino ad Amsterdam. I risultati sono molto buoni. 70 metri di Solaroad producono l’energia necessaria per tre case”.
Quali sono i prossimi sviluppi?
“Quest’anno abbiamo inaugurato diversi nuovi tratti con un aumento dell’energia prodotta. Numerose altre estensioni sono pianificate per il 2017, non solo in Olanda ma anche all’estero”.
Quando vedremo Solaroad a Milano?
“Per ora non abbiamo avuto ancora contatti in Italia. A dire il vero non sono mai stato a Milano. Certo che col sole che avete Solaroad da voi potrebbe funzionare ancora meglio”.

Gli diciamo che in realtà a Milano è da circa un mese che di sole non se ne vede neanche un raggio. Lui sorride e dice che Solaroad funziona comunque. Conclude augurandosi che l’apprezzamento espresso dai milanesi che lo hanno votato si traduca presto in una collaborazione tra Solaroad e Milano.

Via MONTENAPOLEONE è la sesta strada più cara al mondo

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via montenapoleone
via montenapoleone

Quattro città stato sono nella classifica delle sei vie più lussuose del mondo. Secondo una stima fatta da Cushman & Wakefield si spendono fino a 29 mila euro al metro quadro per affittare uno spazio sulla 5th Avenue, una delle strade più centrali di Manhattan, nel cuore di New York.

Segue Causeway Bay, nel centro di Hong Kong, dove un metro quadrato in affitto per i negozi costa 28 mila euro. Terzo posto per gli Champs Elysees di Parigi, con poco più di 13 mila euro. Quarto il distretto di Ginza, la via più cara di Tokyo, con una cifra simile, così come New Bond Street, tradizionale centro dello shopping di lusso a Londra. Al sesto posto appare la prima italiana in classifica: via Montenapoleone, quotata 12mila euro per metro quadrato.

MILANO CITTA’ STATO

Phill Reynolds al Gattò

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Un altro lunedì.

Al solo pensiero ci viene il male di vivere.

Ma quello mica scappa, eh, il lunedì. Quello ti aspetta al varco e quando al sabato ti sembra che manchi ancora un secolo al ritorno in ufficio, tac.

Ecco che ritorna il lunedì e la domenica manco l’hai vista.

Poi però capita che esista un posto che proprio di lunedì, quando tutti sono silenti e ancora in botta, ti proponga un concertino per farti riprendere.

Bene, quel posto non è solo nella tua testa, esiste davvero.

E si chiama Gattò – come il favoloso tortino salato di provenienza campana.

Al Gattò è facile sentirsi a casa, vuoi per i dettagli che lo rendono un salotto buono e un po’ boho-chic, vuoi per le proposte culinarie che variano al variare della stagione, il Gattò sa sempre come coccolarti.

Soprattutto quando ne hai bisogno.
Questo lunedì, ospite della rassegna curata da Sangue Disken, Phill Reynolds, voce di quella tradizione folk alla The Tallest Man On Earth, per intenderci, che con le sue strimpellate ci porta in mondi paralleli, dove tra caminetti e baite, ti sentirai in un’altra dimensione.

Ma sa anche di Bon Iver, Phill Reynolds.

Il buon inverno che da anni commuove gli ascoltatori più reticenti con pezzi che ti entrano dentro e che non escono più.

Come sempre il Gattò ti propone il suo consueto antidoto al lunedì, perché si sa, le buone abitudini vanno sempre coltivate. E tu ci sarai?

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