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Il progetto svedese per far produrre energia dai palazzi

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Forse nelle città del futuro i palazzi daranno un contributo al benessere della comunità. In Italia col bosco immobile, progetto di Airlite e Retake Milano, ci saranno palazzi che assorbono lo smog. In Svezia uno studio propone palazzi che producono energia.

Questo accade grazie all’impiego di pannelli fotovoltaici trasparenti al posto di balconi, tende e finestre tradizionali, per produrre energia elettrica dalla luce del sole.

Di cosa si tratta, lo spiega Gloria Maria Rossi su Fotovoltaicosulweb.it : il fotovoltaico trasparente e’ “una delle nuove frontiere che permette di integrare i pannelli solari fotovoltaici nei vetri“.

La dottoressa illustra i diversi tipi di fotovoltaico che potrebbero essere inseriti nei vetri, riprendendo il progetto svedese dello studio Bertrand.

Dopo l’idea sarda dei pavimenti che producono energia, ecco che dalla Svezia si pensa alla produzione di pannelli fotovoltaici che possono fungere da parti della casa, piacevoli alla vista (al grafene) ma contemporaneamente in grado di trasformare l’energia da solare a elettrica.
In tal caso, non solo ogni casa sarebbe autosussistente, ma l’equazione sarebbe: maggiore superficie di pannelli presenta, maggiore è la energia prodotta.

Secondo l’idea dello studio Bernstrand, la facciata di ogni palazzo diventerebbe “attiva” quando persiane, tende, finestre si aprono e si chiudono, ed ogni finestra sarebbe “dotata di un sistema oscurante, che permette la regolazione della luce del sole”, di modo da non vivere sempre con il sole dentro casa.

Per questo, lo studio Bernstrand ha pensato di proporre dei moduli ad hoc proprio per ampliare le possibilità di collocazione dei pannelli:

  • frontali per balconi: “I balconi sono creati in modo da impedire di creare delle ombre che possano ridurre la penetrazione del sole sulle tapparelle.”
    più grandi per tapparelle sull’intera finestra;
  • frontali per le tende: “Le tende possono essere regolate senza alcun tipo di problema e si trovano sopra i pannelli. Se queste però rimangono abbassate, anche quando il balcone non è in funzionamento, possono continuare a produrre energia”.
    Quindi, essendo sempre in movimento, la porzione di facciata di ogni nucleo abitativo sarebbe in grado di catturare energia per sé oltre che per i vicini di casa.

Una stima delle quantità? 72.543 kwh all’anno su 2.600 mq, secondo il sito citato.

“L’unico problema che si potrebbe riscontrare è comunque l’impossibilità di inclinare finestre e balconi in base alla posizione del sole, cosa che invece può essere fatta con i pannelli solari, che vengono proprio posizionati in base ai raggi solari”.

Con Pannelli solari e fotovoltaici trasparenti le nostre città potrebbero diventare autosufficienti. Se poi venissero dipinti con la vernice che assorbe lo smog, probabilmente saremmo a un passo dall’edilizia perfetta.

L’Hangar Bicocca diventa centro d’arte dei migliori street artist del mondo

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Pirelli HangarBicocca centro street art milano citta stato
Pirelli HangarBicocca centro street art milano citta stato

Il 20 aprile inaugura Efêmero, il murales site-specific degli artisti di fama mondiale OSGEMEOS, “i gemelli”, lo pseudonimo, Gustavo e Otávio Pandolfo (1974, São Paulo, Brasile).

In quella data sveleranno il loro primo murales in Italia a Milano che inaugurerà “Outside the Cube”, il progetto triennale che Pirelli HangarBicocca dedica alla Street Art lasciando che a parlare siano le sue pareti esterne.

Si comincia con Efêmero, un lavoro sul tema del vagone del treno creato appositamente per questo luogo ed esteso per mille metri quadrati, sulle pareti esterne dell’HangarBicocca, in modo da essere visibile anche dalla stazione.

L’ex polo industriale dell’HangarBicocca, “dove nel secolo scorso si fabbricavano locomotive di treni, diventerà il luogo ideale per l’intervento creativo di OSGEMEOS e dei diversi artisti invitati negli anni successivi da Pirelli HangarBicocca“; spiegano gli addetti ai lavori. E ancora:”I fratelli OSGEMEOS lavoreranno ‘Outside the Cube’ proprio sul tema del treno e dei suoi vagoni, richiamando i colori e gli scorci naturali e cittadini del Brasile” in un lavoro complessivo che si integra con il territorio circostante e proietta il contesto locale in un viaggio immaginario.

I gemelli OSGEMEOS sono stati una scelta mirata di Pirelli HangarBicocca: hanno oltre venticinque anni di carriera trascorsi a diffondere la cultura dei graffiti e del writing in spazi pubblici musei internazionali come Times Square Arts, New York, USA; Bunker, Museu Casa do Pontal, Rio de Janeiro, Brasile; The Giant of Minsk, Vulica Brasil Festival, Minsk, Biellorussia (2015) e moltissimi altri ancora.

Il 20 aprile 2016 saranno sotto i riflettori di Hangar Bicocca insieme a DJ Sarasa, produttrice, creatrice di moda e design anche lei per la prima volta in Italia, DJ Rash, DJ Xabu ovvero il “gemello” OSGEMEOS Otávio Pandolfo; ma questo non sarà che l’inizio di un progetto di portata rivoluzionaria, con il quale l’istituzione culturale diretta da Vicente Todolí e impegnata nella promozione dell’arte contemporanea, intende “rafforzare il proprio radicamento sul territorio amplia i propri confini, mettendo a disposizione, per i prossimi tre anni, l’ampia area esterna dell’edificio per nuovi interventi di arte pubblica“.

Opera di racconto della propria storia e di quella del quartiere; lavoro di riqualificazione urbana su un territorio – il quartiere che va dalla Stazione di Greco Pirelli al ponte di Sesto San Giovanni; così come l’asse di Viale Fulvio Testi/Viale Sarca – già fulcro di decine di interventi artistici spontanei, pur orchestrati dal Comune di Milano, bastano appena tre anni: dal 2016 al 2018 Milano sarà centro delle arti, del pubblico, della produzione, dello sviluppo, della valorizzazione e della documentazione del linguaggio artistico connesso al contesto metropolitano.

Il tutto aperto anche ai più piccoli: Pirelli Hangar Bicocca ha infatti organizzato workshop, incontri e campi estivi dedicati alla fascia di età 12/17 anni per permettere ai ragazzi di entrare in contatto con artisti italiani e internazionali, esplorando i diversi linguaggi e le tecniche di questo particolare tipo di espressione artistica.

Dalla pancia di una balena sorge l’asilo che a Milano ci sogniamo

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Bello è bello, ma l’architetto Mario Cucinella ci tiene a far sapere che il nuovo asilo pubblico che verrà inaugurato il 19 settembre 2016 a Guastalla, Reggio Emilia, sarà soprattutto etico e responsabile.

Il progetto è stato scelto per sostituire i due nidi comunali, Pollicino e Rondine, ambedue danneggiati dal terremoto in Emilia del maggio 2012. Per questo Cucinella li ha pensati come luoghi armonici, sicuri, non in contrasto con l’ambiente ma eco-compatibili, antisismici e, soprattutto, educativi al 100%.

Ecco dunque svelarsi un progetto interamente fatto di legno, con forme ondulatorie ed ondulate che evocano l’antro di una caverna, in grado di stimolare la fantasia, ma anche di far sentire i piccoli ospiti al sicuro.

Siamo forse di fronte all’asilo dei sogni? Forse. “Quello che dico sempre è che l’edificio è già in sé una forma di educazione” scrive ischool.startupitalia a proposito delle prime dichiarazioni dell’autore di questa iniziativa di design e scuola pubblica.

“A scuola si trascorre tantissimo tempo, e l’asilo è il luogo dove si sperimenta per primo la vita sociale. Spesso si trascura quanto un determinato ambiente influisca sull’apprendimento e sulla formazione di un individuo. Per questa ragione, Mario Cucinella è stato attento ai dettagli, conscio di avere, come lui stesso ha ammesso, ‘una certa responsabilità nella costruzione di una coscienza nuova’, attenta alla natura e a determinati principi di sostenibilità.[…] Fare delle scuole belle è un obbligo civile, perché c’è molto più del semplice valore estetico: si tratta di trasmettere dei valori”.

Ecco come l’ha pensato Cucinella:

  1. Dentro la pancia della balena.
    Il soffitto è composto da grandi onde di legno; l’ambiente è uno spazio grande e arioso, capace di contenere fino a 120 bambini tra 0 e 3 anni. E’ stato pensato come un grande abbraccio che attinge alla favola di Pinocchio, e già da questo si pone come un luogo sicuro e al contempo capace di stimolare la fantasia. I giochi di luce e ombra che si creano rendono questa “pancia” un luogo interessante per un bambino: sono elementi sensoriali che ognuno interpreta a suo modo.
  2. Uno spazio esperienziale.
    Oltre alle forme inusuali, la presenza diffusa del legno e del giardino esterno produce un inedito effetto sugli odori, le luci, i colori.
    “Fuori dall’asilo c’è un giardino dei sensi, un boschetto che i bambini possono esplorare, dei cespugli, delle piante aromatiche. Già dall’entrata c’è un percorso sensoriale che invita il bambino in un ambiente bello ma soprattutto stimolante”.
  3. La cura dell’ambiente dalla A alla Z: dalla scelta delle piante a quella circa il riscaldamento.
    La struttura è di classe energetica A, è dotata di pannelli termini fotovoltaici, produce autonomamente l’acqua calda. Il lavoro sulle materie prime – legno e vetro – è stato pensato per ridurre al minimo il consumo della elettricità e sfruttare al massimo la luce naturale. Anche l’acqua è gestita con parsimonia: Cucinella ha messo a punto un sistema di raccolta di quella acqua piovana per annaffiare il giardino.
    Non ci sono caloriferi né condizionatori: il riscaldamento degli ambienti passa dal pavimento con un sistema di canalizzazione dell’acqua calda. “Il giorno dell’inaugurazione spiegheremo ai bambini come funziona l’asilo che frequentano: le nostre scelte ecologiche, il percorso dell’acqua che arriva dal cielo e viene rimessa in circolo. Bisogna seminare in loro la cultura dell’ecologia affinché crescano consapevoli dell’ambiente dove vivono”
  4. Il budget contenuto: “l’edificio è piccolo, completamente sostenibile, costato poco 1.650 euro per metro quadro”.
  5. Non pensare dentro gli schemi. Dal viaggio dentro la sua memoria e la sua infanzia, l’architetto Cucinella ha trovato lo spunto per la progettazione di un edificio “che sia importante per i bambini, che resti nella loro memoria come il mio asilo è rimasto nella mia. Insomma, non ho pensato a una scatola, ma a qualcosa di diverso. Ho pensato a un edificio che raccontasse una storia mentre accoglie i bambini. L’entrata dà il senso della pancia, di un grande ventre, c’è il richiamo alla balena di Pinocchio, e naturalmente al ventre materno”.

Auspichiamo anche per Milano che ci siano sempre più asili con caratteristiche tali da stimolare la creatività dei nostri concittadini più piccini.

Cosa ho imparato girando in scooter a Milano

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girare in scooter
Girare in scooter

La prima volta è stata all’inizio dell’Università. Mi sono impossessato del di mia sorella, quello che si metteva in moto pedalando, e ho scoperto la bellezza del girare su due ruote, con un motore.
Ai tempi sui cinquantini si poteva ancora girare senza casco ed era un vero sballo sentirsi l’aria tra i capelli.
Da allora non ho più smesso, anche se c’è un casco in più e dei capelli di meno.

Ecco cosa ho imparato girando in scooter a Milano

 

#1 Giocare d’anticipo

La prima cosa che impari quando si viaggia sulle due ruote è che bisogna stare attenti agli errori degli altri come fossero nostri. In auto se l’altro sbaglia ci ripaga i danni all’auto. Ma quando si è in scooter lo sbaglio di un altro potrebbe segnare la nostra fine.
Quindi girare in scooter è un po’ come sentirsi alla guida di ogni auto, moto, bicicletta o pedone che capita sulla nostra strada, e occorre giocare di anticipo su ogni possibile errore o comportamento imprevedibile, tipo sterzata improvvisa e senza senso.

 

#2 Le portiere

Ho imparato che quando un’auto è ferma può essere un pericolo: personalmente temo di più le auto ferme di quelle in movimento. Perché sono meno prevedibili. In particolare la cosa più pericolosa che può accadere è se una portiera si apre nel momento in cui stai passando vicino a un’automobile parcheggiata. Da quando mi sono quasi rotto un dito per colpa di una portiera aperta all’improvviso, ogni volta che passo vicino a una colonna di auto parcheggiate cerco sempre di tenermi a distanza di portiera.

 

#3 Il pavè

Ho un amico che darebbe la vita per difendere il pavè. E’ carino ma quando sei in scooter sembra di trovarsi su un martello pneumatico. Per le vibrazioni del pavé mi è capitato di perdere un bauletto. E sul pavé è stata anche la mia prima caduta, anche perché le sconnessioni rendono più complicate le manovre, specie quelle dopo una sterzata improvvisa di un’automobile che stavo per superare.

 

#4 La pioggia

Ho imparato che con la pioggia tutto cambia. Le strisce bianche dell’asfalto diventano scivolose, le frenate si allungano, l’asfalto diventa fitto di insidie, con le pozzanghere che nascondono buche o accavallamenti. Poi c’è il casco. Se è di quelli aperti le gocce d’acqua ti bucano gli occhi come nevischio quando scii. Se è di quelli chiusi si appanna in un attimo e non vedi nulla.

 

#5 Gli specchietti delle donne

Dopo 20 anni di esperienza posso affermare che la gran parte delle donne alla guida di un’auto tende a guardare negli specchietti solo per controllarsi il viso. Mentre quelli laterali è come se non esistessero. Lo si vede accelerano, girano o frenano, sempre come se da dietro non potesse arrivare nessuno.

 

#6 I binari

Ho imparato che più delle portiere, del pavé e degli specchietti delle donne, due sono i maggiori pericoli del girare su due ruote a Milano. Il primo sono i binari. Specie quando piove, i binari rappresentano delle autentiche trappole, se li prendi nello stesso senso di marcia e ti infili nel solco, finisci per terra. Bisogna invece passarci sopra sempre in diagonale.

 

#7 Le buche

Il secondo grande pericolo sono le buche. Specie di notte ci sono strade poco illuminate che quando le percorri preghi di non finire in un cedimento dell’asfalto. A volte è praticamente impossibile vederle in anticipo.

 

#8 Andare in due

Ho imparato che quando porti un passeggero diventa tutto più difficile. E’ come se d’un tratto ti trovassi ingrassato del doppio del tuo peso. Perdi molta agilità, si estendono gli spazi di frenata e soprattutto rischi di sbilanciarti quando ti vacilla dietro, specie se vai piano o cerchi di infilarti nel traffico.

 

#9 I due tipi di tassisti cittadini

Girando in scooter e facendo attenzione alle traiettorie delle auto, ho imparato che a Milano esistono due tipologie di tassisti. Quelli che a bordo hanno il cliente e quelli che non ce l’hanno.
Questi ultimi si muovono agili per arrivare a prendere il cliente entro l’orario promesso.
Mentre i tassisti con il cliente a bordo sono lentissimi, si fermano con il semaforo ancora sul giallo. Fanno passare i pedoni. Se c’è traffico riescono a trovare la coda più lenta. Frenano ogni volta, spesso senza motivo. Si rischia di tamponarli o di venire tamponati per evitare di tamponarli.

 

#10 Le auto del car sharing

Insieme ai tassisti altre variabili impazzite del traffico milanesi sono le auto del car sharing. Spesso sono guidate da persone che faticano ad avere dimestichezza e così si muovono a scatti o compiono traiettorie irreali. I più abili li vedi sfrecciare come su una formula 1 per risparmiare secondi sulla tariffa finale.

 

#11 Il razzismo dei centauri

Chi va in moto disprezza chi va in scooter. Lo si vede da come ti sgommano davanti sulle corsie riservate della circonvallazione.

 

#12 Il parcheggio

Quando ci si muove sulle due ruote si sa esattamente quando ci vuole per arrivare a destinazione. Soprattutto non c’è il motivo di maggior incertezza per chi si muove in macchina: il problema del parcheggio.

 

#13 La wild card

Quando prendo l’auto quasi sempre mi becco una multa. Divieti di sosta, telecamere, cartelli mimetizzati, mi sembra quasi impossibile riuscire a guidare per Milano senza infrangere qualche norma del codice della strada. E i vigili con gli automobilisti sono spietati. Ma con lo scooter ho la sensazione della totale immunità. Carabinieri e finanza non ci fermano mai. Perfino i mendicanti al semaforo ci trattano da invisibili.

 

#14 Il traffico

Superare le auto imbottigliate ripaga dal freddo, dalla pioggia, dalle sgasate. E’ gioia vera.

 

#15 Milano è stupenda

E’ inquinata, sì, un po’ grigia, vero, con alcuni palazzoni osceni, già. Però nasconde sempre delle meraviglie. Come il cielo quando è blu, quando cambia il profumo dell’aria in primavera o senti il frizzantino a settembre. Quando cambiano i colori, dal grigio dell’inverno al verde della primavera. E ogni strada ha sempre un tesoro da svelare. Milano è stupenda, soprattutto su due ruote.

Produrre energia camminando? Basta fare quattro passi in Sardegna

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Pavimento-Energetico-3
Pavimento-Energetico-3

Produrre energia pulita ad ogni passo semplicemente calpestando una mattonella. Arriva da una start up della Sardegna, Veranu, dai suoi due ingegneri Alessio Calcagni e Simone Mastrogiacomo, SEF (Smart Energy Floor),la prima mattonella dotata di una superficie flessibile ed un “cuore” pizolettrico, ovvero che si attiva con la pressione esercitata dai piedi su un pavimento.

Come funziona SEF?

E’ un po’ come l’energia solare, solo che al posto dei raggi del sole ci sono i piedi in movimento ed il “materiale usato per l’accumulazione della tensione è invece di natura plastica, integrabile con legno o piastrelle” spiega Thenexttech.startupitalia.eu.
Ogni SEF è poi connesso ad un circuito sottostante che provvede la gestione dell’energia prodotta e accumulata.

Smart Energy Floor prevede due tipi di utilizzo: un blocco singolo (stand alone) o connesso in rete (grid connected). I sistemi isolati, non collegati alla rete elettrica, sono dotati di sistemi di accumulo dell’energia prodotta. Il sistema connesso in rete, invece, non è provvisto di sistemi di accumulo: l’energia prodotta viene riversata direttamente nella rete elettrica nei momenti di grande passaggio“.

Ogni mattonella che è posizionabile su qualunque superficie, è composta da un modulo quadrato di 50×50 cm, di spessore 3 cm e con un abbassamento verticale massimo di 2 mm. “Ogni blocco si prevede un’efficienza del 50% nella conversione da energia cinetica ad energia elettrica”.
E’ un sistema che otterrà maggiori performance quando più persone calpesteranno ogni singola mattonella.

Si può anche immaginare la portata rivoluzionaria di questo strumento.

Si potrebbero immaginare le vie, le piazze, le scuole, le stazioni, gli ospedali, gli uffici pubblici, gli stadi ed ogni altra area, pubblica o privata, lastricate di SEF, dove ogni mattonella servirebbe a produrre energia pulita per la collettività.

Gli inventori sono stati invitati tra i 30 finalisti del premio Edison Start 2014 ed all’interno dei più importanti eventi europei dedicati al matching tra investitori e startup sull’innovazione come ecosostenibilità, sulle energie alternative, sullo smart building, come il “Green Innovation and Investment Forum” di Stoccarda. “Per portare a termine il progetto Smart Energy Floor abbiamo bisogno di strumentazione specialistica, come cappe chimiche, spinner, agitatori magnetici termostatati, e generatori di alta tensione”, spiegano Alessio e Simone. “Un aiuto concreto potrebbe arrivare sia dalle istituzioni che da aziende private attraverso la condivisione di risorse e strumentazioni che ci permettano di sfruttare il network di conoscenze per realizzare il nostro progetto“.

Parafrasando Neil Armstrong, camminare su SEF potrebbe essere un piccolo passo per un singolo uomo ma un grande passo per l’umanità. Per capirlo occorre che degli investitori facciano il passo giusto. Verso la Sardegna.

In sintesi, ecco il progetto ben spiegato in un video

La panchina ricavata da un albero caduto: dal Brasile un nuovo filone per l’eco-design

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Prendi uno scarto che la natura non vuole più. Fai che ‘cada’ al centro di una città molto popolosa creando una serie di problemi di ordine cittadino: dall’intralcio all’ordine pubblico alla sicurezza, al costo di smantellamento al punto che c’è chi ha calcolato che eliminare quello scarto, sia più oneroso del lasciarlo stare lì. La soluzione? Girarci attorno? Meglio: trasformarlo.

E’ capitato in pieno centro a San Paolo del Brasile quando Hugo França, noto eco-designer con la tendenza a creare pezzi unici di design a basso impatto ambientale, ha trasformato un grande tronco d’albero caduto durante un forte temporale. Quel tronco morto, oggi, è una grande opera di eco-design al servizio di tutti e che ha sortito un impatto pari a 0

Fa parte del suo progetto incentrato sul: “Viaggiare, esplorare, alla ricerca di un tronco, di una radice senza vita, da trasformare in un oggetto utile”, dice l’artista. Ma c’è di più.

Il progetto che ne è nato, bello e funzionale, un arricchimento per l’arredo urbano, ha avuto la sponsorizzazione dell’amministrazione cittadina, che ne ha riconosciuto il valore collettivo ed etico.

Il Comune paulista ci ha creduto così tanto da usare ‘la panchina di San Paolo’ “come simbolo della campagna di sensibilizzazione per esortare i cittadini a un migliore riutilizzo dei materiali, legno compreso, cercando di implementare iniziative di riciclo – a livello privato e comunitario – che possano ridurre gli sprechi nella capitale brasiliana“, scrive festivaldelverdeedelpaesaggio.it.

L’idea di riciclare scarti o rifiuti naturali come elementi di design e arredo urbano potrebbe fornire nuovi spunti anche per Milano, che da capitale del design potrebbe cavalcare questa nuova tendenza, magari al prossimo Fuorisalone o direttamente all’interno del Parco Orbitale?

*Fonte: http://www.festivaldelverdeedelpaesaggio.it/arredo-urbano-alberi-panchine

Come capire la personalità da una mail

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personalita milanese mail

Nell’era di Facebook e di WhatsApp c’è ancora chi comunica via mail. Ecco come capire la personalità di chi ci scrive da pochi, semplici indizi.

#1. Quello che scrive tutto nell’oggetto

O è artista o va di fretta.

#2. Quello che manda tutte le mail intitolate sempre allo stesso modo

Il pigro.

#3. Quello che non scrive niente nell’oggetto

L’uomo che non scrive mai. Pensa che l’oggetto sia una cosa fisica. E’ sicuro di sé.

#4. Quello che condivide qualsiasi cosa

L’egocentrico. Pensa che tutti abbiano i suoi stessi interessi.

#5. Quello che scrive mail infinite

Il romanziere mancato. Per chiedere un preventivo ti manda la sua bibliografia.

#6. Quello che risponde a monosillabi o con punti di domanda o esclamativi

L’uomo primitivo. Si nutre di bacche e radici, gira nudo in casa.

#7. Quello che mette un sacco di gente in Cc

L’insicuro. Per ogni cosa ha bisogno dell’approvazione di un milione di persone

#8. Quello che ti mette in Ccn

L’infiltrato. Ti vuole far sapere le cose senza che nessuno sappia che ci sei. Oppure si vergogna di te.

#9. Quello che ti riempie di allegati

Il disinformatico. Quello per cui un mega byte o un giga byte sono la stessa cosa.

#10. Quello che firma con le giff

L’eterno compagno di classe. Farebbe qualunque cosa per strappare un sorriso.

#11. Quello che usa le emoticon

Il confuso. Non capisce la differenza tra email e wazzapp

Dimmi che università di Milano fai e ti dirò chi sei

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L’università è un modo di pensare, un modo di essere. Un vestito che indossiamo senza quasi accorgercene ma sappiamo che ci rimarrà addosso per tutta la vita.

5 tipologie di universitario milanese, ovvero, dimmi che università frequenti e ti dirò chi sei. 

#1. Poli (Ingegneria)

E’ sempre lì a puntualizzare, un maniaco dei dettagli, conferma il detto: “mai litigare con un ingegnere; dopo un po’ capisci che litiga per divertimento”.
Il bello di un ingegnere del Polimi è il suo essere un buon compagno/a di bevute, anche se vi bombarderà di teoremi o di cose che si vive meglio senza saperle. Di primo acchito sembra uno che si complica la vita, ma in realtà la vita che l’ingegnere complica è più spesso quella degli altri.
Lo si individua sulla Linea Verde della metropolitana, alle prese con discorsi con i suoi simili, incomprensibili al resto del mondo. Si può confonderlo con programmatori o startupper multimilionari.

#2. Statale

E’ l’amico/a ideale se sei inguaiato in situazioni strane. Quelle che potrebbero sconvolgere la fredda razionalità di un ‘inge’ del Poli sono invece godimento pure per uno/a della Statale che nella stranezza ci sguazza come una papera in un lago.
Si muove in bicicletta, alle feste è il primo ad ubriacarsi e l’ultimo ad uscire.

#3. Poli (Architettura)

Non si capisce mai cosa stia facendo, non dorme da secoli, vive h24 con gli occhiali da sole, ha barba incolta e indossa vestiti dai colori sgargianti o, in alternativa, nerissimi.
Lo studente di architettura del Poli è come un gatto: va avvicinato lentamente ed è da maneggiare con cura. In una conversazione a due, infatti, potrebbe scattare da un momento all’altro e uscire con commenti graffianti che creano danni strutturali permanenti.
Viceversa, quando si trova in uno stato di quiete, si trasforma nell’Artista del quotidiano, il fidato consigliere capace di svelarti le chicche più nascoste della tua città o la tua missione di vita.
Il mio consiglio è: ‘Amate un Poli (creativo)’, ma lasciatelo libero.

#4. Cattolica

Tutti noi abbiamo un amico che la frequenta e con lui abbiamo intavolato discorsi umanistici o socio economici. Quelli della Cattolica sono sentimentali e nell’intimità si rivelano amanti sorprendenti, anche se non sembrerebbe mai incontrandoli per strada o in birreria.
Sono piuttosto riservati, amano fantasticare da soli ma se devono frequentare qualcuno tendono ad andare d’accordo con quelli del Poli. Meno con quelli della Statale, un disastro con quelli della Bocconi.

#5. Bocconi

Sono ‘quelli che contano’, e non solo perché studiano Economia. Sono simili agli studenti della Cattolica, ma guai a voi a dirglielo che si incazzano come vipere. Molto curati nel look anche fuori dal loro ambiente, sono abituati a corridoi per i bagni che sembrano le hall del British Museum e a servizi da hotel cinque stelle. Sono piuttosto viziati e si comportano nella vita come se dopo la laurea li aspettasse il posto da amministratore delegato di una multinazionale. Per contro se escono la sera spesso sono loro a offrire e le loro sono forse le feste più belle, anche se tendono a considerare quelli delle altre università degli scappati di casa che rubano i portafogli.
Il loro asso nella manica? Quando avrete a che fare con un businesssaranno entusiasti di dare una mano e di trovare l’idea per farvi guadagnare un sacco di grano.

Per vivere al meglio le esperienze interuniversitarie, questi sono i nostri consigli spassionati:

  1. per una discussione o una conversazione che porta via tutta la serata scegli gente del Poli (Ingegneria);
  2. per partecipare a business game o intraprendere una start up, vai con i Bocconiani;
  3. sorseggia buona birra e discuti dell’ultima puntata di Breaking Bad con uno/a della Statale;
  4. fatti invitare a un pranzo domenicale o a una passeggiata distensiva da uno/a della Cattolica;
  5. gira per eventi, soprattutto del Fuorisalone durante la Settimana del Salone del Mobile, con quelli di architettura del Poli.

Postilla: ci scusiamo con gli studenti delle altre università se non li abbiamo nominati. Lo faremo un’altra volta.

Foto dal web

Un sentiero d’erba sospeso tra i palazzi: un progetto dalla Polonia

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balcone-design-verde
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Durante la settimana del design e nel pieno di tutti gli eventi del Fuorisalone di Milano, sta avendo molta eco la notizia di questo ‘balcone “rivisitato”’ nella città di Gliwice, in Polonia.

Più che un balcone, come scrive festivaldelverdeedelpaesaggio.it, è una passerella verde sospesa nel vuoto tra i palazzi, opera dello studio Zalewski Architecture Group che ha sede in uno di questi stessi palazzi.

L’obiettivo del progetto? “Rendere l’edificio più vivace, fantasioso; con un elemento inaspettato a spiccare tra il colore monotono delle facciate” e il buio, “un po’ desolante” del cortile interno. L’idea era di portare un po’ di natura in un contesto che ne era povero, “creando un elemento di stacco tra le linee continue e piane dei palazzi circostanti; inserendo, un progetto che fa della curva il segno caratterizzante all’insegna delle direttrici del divertimento e della creatività. Ne nasce così un percorso surreale in cui rigenerare la fantasia”. “Per creare una continuità tra i materiali e i colori dell’edificio e il fantasioso balcone”, infatti, “gli architetti hanno optato per l’installazione di una serie di specchi nell’area inferiore – che riflette, quindi, il cortile sottostante – per non creare un progetto che fosse percepito come eccessivamente invasivo”.

Questa lingua di acciaio e erba verde collocata al quarto piano dell’edificio è una passerella d’erba lunga diciotto metri e larga appena 80 centimetri. Un po’ balcone e un po’ prato, “fluisce liberamente nello spazio, visto che il sentiero si snoda liberamente e si intreccia su se stesso”.

Insomma: ancora una volta un problema e un minus sono diventati un plus ed un esempio di valorizzazione di una città poco conosciuta.

Un’idea che potremmo introdurre anche da noi per una pausa caffè all’aria aperta, con la voglia di prendere il volo e di sentirsi ‘altrove’ fuorché al lavoro.

balcone-2
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Fonte: http://www.festivaldelverdeedelpaesaggio.it/balcone-rivisitato-passerella-erbosa

App, eventi, mappe e tappe: 4 link per vivere il Fuorisalone 2016

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eventi imperdibili fuorisalone 2016
eventi imperdibili fuorisalone 2016

Stavamo per scriverne uno anche noi, ma poi abbiamo visto che c’è già l’abbondanza della scelta. Ogni giornale, rivista, sito web, pagina Facebook ha proposto la sua personale classifica delle cose da non perdere del Fuorisalone. Ne abbiamo scelti 4.

#1. L’evento Facebook: Fuorisalone 2016 – Tutti gli eventi

Con 26 mila interessati e 9 mila partecipanti, al momento in cui scriviamo è la pagina evento di Facebook che sta riscuotendo più interesse. Si aggiorna di continuo e reca in bacheca gli eventi più suggestivi.
Indirizzo: https://www.facebook.com/events/590780974431184

#2. 5 App per sopravvivere al Fuorisalone

Elle propone 5 app fondamentali nelle giornate del Fuorisalone. Sono:
1. Drexcode per il noleggio abiti
2. Uber per muoversi nel traffico
3. Vaniday per una messa in piega ultrarapida
4. Foodora per pasti a domicilio
5. Helpling per la colf su misura.

app fuorisalone elle.it

Indirizzo: http://www.elle.it/Moda/Shopping/Speciale-Salone-del-Mobile-2016/fuori-salone-app-mobile

3. Fuorisalone 2016: le 12 tappe imperdibili di Vivimilano

Clara Bona scrive: “[…] quali sono le proposte del Fuorisalone 2016 che proprio non si possono perdere? Tra creazioni scenografiche e location da sogno abbiamo scelto i nostri appuntamenti. Eccoli!”. Tra i capolista appaiono, a ragione, il tanto atteso evento di Palazzo Litta, le installazioni dal profumo di Olanda Nicole Uniquole, la Triennale agli architetti, Hermés al Teatro Vetra e c’è pure Napoleone.

fiori design milano fuorisalone 2016

Indirizzo: http://vivimilano.corriere.it/playlist-primopiano/gli-imperdibili-del-fuori-salone/

4. La mappa degli eventi di Milanotoday

Dopo il successo delle Restaurant Map non abbiamo potuto non notare il proliferare di mappe in ogni dove.
Gli eventi del Fuorisalone non potevano rimanere escluse.
Sulla falsariga delle nostre ‘chicche nascoste’ ecco dunque una bella selezione di eventi di ogni genere posizionati, con tanto di puntina, nelle location corrispondenti da Milanotoday. Che passa dalle degustazioni alle biciclette con nonchalance, ma ha il pregio di fare da bussola sempre aggiornata ad ogni nuovo evento approdato in città.

fuorisalone mappa
fuorisalone mappa

Indirizzohttp://www.milanotoday.it/eventi/cultura/mappa-eventi-gratis-fuorisalone-2016.html

Come capire un milanese da come ti saluta

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Da come ti saluta il milanese ti dice tutto. Chi è e che cosa pensa di te.
Ecco la prima guida utile per interpretare i saluti del milanese, indispensabile ogni volta che si esce di casa.

#1 “Grandissimo!”

Non si ricorda chi cazzo sei.

#2 “Caro!”

Non si ricorda il tuo nome, ma ti vuole bene.

#3 “Bella lì”

Non ti considera proprio. Sei a un centimetro dalla trasparenza.

#4 Stretta di mano shakerata

Ti stringe forte cercando di esprimere affidabilità e produttività. Stai attento, vuole venderti qualcosa.

#5 Pacca sulla spalla

È un buon amico. O un’apertura di credito.

#6 Mano molle

Ti attaccherà sfighe o brutti mali.

#7 Bacio virile

O sei un mafioso o hai buone probabilità di diventarlo.

#8 L’abbraccio alla scandinava

È un uomo di mondo, abituato a viaggiare: ti offrirà da bere.

#9 Il saluto a distanza

Non vali neanche un tentativo di avvicinamento. Si pente di avere incrociato lo sguardo e teme che tu gli vada incontro.

#10 La stretta all’americana

È il top gun mancato. Spesso è un fallito.

#11 La sberla

O variante del coppino. È il commilitone, pronto a condividere tutto con te. Probabilmente andrà è un habitué delle vacanze in Puglia.

#12 La manata sui genitali

È rimasto nella Milano da bere degli anni Ottanta.

#13 “Ciao zio!”

Un finto giovane. Da evitare.

#14 Tocco di pugni

Il saluto di Milano Città Stato

#15 Il saluto con la sinistra

Vuole fare l’originale o ha la mano destra unta

#16 “Uè, Pirla!”

Sei in zona 1.

Nel paese della pioggia l’energia solare si raccoglie dall’acqua

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Avete presente quando si dice: Vado al mare per ricaricarmi? Bene, d’ora in avanti questo non sarà più un modo di dire, considerato l’esperimento di successo messo in atto dalla maggiore compagnia idrica britannica, la Thames Water, insieme all’azienda elettrica Lightsource.

Thames Water e Lightsource, insieme, hanno creato la più grande centrale d’Europa, per giunta, galleggiante sul bacino idrico collocato accanto all’aeroporto londinese di Heathrow.

I suoi oltre 23 mila pannelli solari sono montati su galleggianti uniti in una sorta di zattera e vengono aggrappati al fondale con 177 ancore.
Si tratta di un autentico campo di “energia solare catturata dall’acqua”, come la definisce la nostra fonte, esteso quanto 8 campi da calcio e in grado di generare oltre 5 milioni di kilowattora di elettricità ogni anno, trasferiti a terra tramite appositi cavi.

Dunque, tutto il segreto risiede nei pannelli solari, che “sono una grande risorsa, ma non consentono l’autosufficienza” ricorda it.euronews.com.

Considerato che “l’energia solare non si genera in maniera costante” sottolinea Angus Berry, manager della Thames Water, “Quando non c‘è il sole, la quantità richiesta dall’impianto per il trattamento delle acque non può essere soddisfatta, quindi si interviene in altro modo“.

La soluzione? Mantenere i tubi al freddo, come spiega Nick Boyle, amministratore delegato di Lightsource: “Uno dei grandi vantaggi di strutture galleggianti è che nell’acqua i cavi e i pannelli si raffreddano più facilmente, quindi tutto l’impianto è più efficiente e produce più elettricità che se fosse in mezzo a un campo.”

Una volta conclusi i test la rete non sarà nazionale ma rimarrà privata e fornirà 10 milioni di inglesi e una copertura del 20% del loro fabbisogno energetico.

Una breve spiegazione a questo link:

Fonte: http://it.euronews.com/2016/03/28/l-energia-solare-si-cattura-meglio-sull-acqua/

A Milano il primo negozio dove si paga con il baratto

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Homer Simpson rappresenta l’ingenuità priva di sovrastrutture. Per questo quando cerca una nocciolina sotto il divano e invece trova venti dollari, rimane molto deluso. Solo il suo cervello, la razionalità, può spiegargli che 20 dollari possono permettergli di ottenere molte più noccioline.

Spazio Tuttogratis si rivolge a quella parte ancora libera da sovrastrutture che alberga dentro ognuno di noi e propone di tornare al baratto.

A Spazio Tuttogratis si possono scambiare beni materiali ancora funzionanti. Il principio dietro a questa idea è molto semplice, condividere per non sprecare.

Ovviamente questo spazio non è una discarica dove liberarci della nostra spazzatura, ma dove riaccendere il valore di oggetti che nelle nostre mani hanno esaurito la propria utilità ma che potrebbero vivere una seconda giovinezza con un nuovo proprietario.

È il principio della share economy cresciuto nel mondo virtuale applicato al mondo reale. Lo spazio aprirà sotto il passante ferroviario di Porta Vittoria.

Una prima sperimentazione di questo metodo è stata fatta per due giorni a Cascina Cuccagna, sembra sia andata molto bene. In tanti hanno partecipato e hanno barattato i propri oggetti.

Questa idea non è originale. A Bolzano esiste lo spazio Passamano che lavora in questo modo già da quattro anni, con grande soddisfazione di chi l’ha utilizzato.

Quindi date uno sguardo a quello che avete in casa, cercate di scovare qualcosa che non usate da tanto, che non sapevate di non aver ancora gettato. Controllate che funzioni e portatelo a Spazio Tuttogratis. Lasciatelo lì e in cambio prendete qualcosa che vi serve.

 

Corrado Passera: “Milano Città Stato è il più interessante progetto che ci sarà in Europa nei prossimi anni”

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Corrado Passera intervista milano citta stato
Corrado Passera intervista milano citta stato

E’ lui l’uomo del giorno, dopo l’alleanza con Parisi. Noi lo abbiamo intervistato qualche giorno fa, quando ancora l’accordo non c’era o comunque non era stato ancora reso pubblico. Alla luce dei fatti accaduti questa intervista risulta ancora più intrigante.

C’è chi pensa che milanocittastato.it sia una sua iniziativa. E’ un dubbio comprensibile anche perché il progetto di dare autonomia a Milano è uno dei cavalli di battaglia del suo programma e, come noi, anche lui è convinto che questa sia la strada giusta per rendere Milano e l’Italia più forti in Europa. Di fronte a questi sospetti, come reagiamo? Facendo un’intervista a Passera, chiedendogli quello che abbiamo domandato e che domanderemo ad altri personaggi: Milano Città Stato sì o no?
Vediamo cosa ci ha risposto.

Corrado Passera definisce Milano ‘la mia casa. Il luogo delle opportunità’. Quelle personali: comasco, con un’attività di famiglia ben avviata nel ramo alberghiero, appena diciottenne si iscrive alla Bocconi di Milano e sbarca nella grande città. Da lì, McKinsey & Company, Olivetti... i grandi incarichi nelle grandi aziende.
A sessantuno anni torna a Milano: ha appena concluso due anni come Ministro dello sviluppo economico e Ministro delle infrastrutture e dei trasporti nel governo Monti (2011-2013) e ha scelto Milano come luogo dove far venire alla luce anche la sua quinta figlia, Eugenia, il 14 marzo scorso, terzogenita sua e della seconda moglie Giovanna Salza, dopo Luce e Giovanni e a 28 anni dall’arrivo di Sofia e Luigi, nati dal primo matrimonio con Cecilia Canepa.

Per Corrado Passera Milano è il luogo dove ‘Ricomincio da Cinque’, esattamente come il titolo del libro-intervista scritto con la giornalista Sara Faillaci, edito da Bur, in cui l’uomo, il dirigente, il politico, si mette a nudo: “non lo avevo mai fatto: ho dovuto fare uno sforzo su me stesso per raccontarmi a Sara Faillaci. Il “Ricomincio” è nel senso che, quando si ha una nuova vita in casa, la piccola Eugenia, si ha una prospettiva di vita diversa e una clamorosa voglia di impegnarsi per il lungo periodo”.

corrado passera libro ricomincio da cinque

A chi vorrebbe arrivasse in mano?
A tutti coloro che vogliono avere una prova in più che Milano può essere la città delle opportunità.

Perché ora?
Chi vuole un sindaco a Milano non deve scegliere semplicemente una sigla o uno schieramento ideologico: alla fine sceglie una persona. Fa parte della nuova politica essere a disposizione e conosciuti dai propri cittadini. Questo è uno dei modi per farlo. Credo che Milano abbia bisogno di un sindaco indipendente, che sappia portare ambizione internazionale, affrontare i problemi, che creda nella solidarietà e nutra certi valori. In questi libri affronto questi temi, ma non in teoria: ho parlato delle cose che ho fatto nella mia vita [dalla carica alla Olivetti al miracolo alle Poste, arrivando alla fusione e nascita di Intesa Sanpaolo e all’approdo nel mondo politico, N.d.r.]. Avendo conosciuto nella vita, il resto del mondo, e avendo fatto esperienza nel pubblico, nel privato, nella finanza, nell’industria, nel non profit, per creare il meglio d’Europa, io miro a puntare su Milano che ha tutti i pezzi per essere città del XXI secolo che crea lavoro, che rende possibili le opportunità – come lo è stato per me. Milano è proprio lo scegliere il progetto più interessante in Europa nei prossimi anni.

Dopo questa intro, passiamo al format già utilizzato per altri personaggi, tra cui i candidati alle primarie del PD.
Il domandone. Che domanda vorrebbe fare ai nostri lettori?

Avete veramente voglia, come io credo, di puntare in alto? Abbiamo voglia di non accontentarci di dove siamo? Abbiamo voglia di cambiare anche le regole del gioco, amministrative, di ambizione questa città? Lo chiedo perché non è quello che percepisco sempre. C’è tanta gente che si accontenta, si confronta con chi va peggio di noi. Invece Milano può essere molto di più: può essere una delle capitali d’Europa. E allora: siete pronti a giocarvi la partita per diventare capitali d’Europa? Perché non basta dirlo; bisogna cambiare tanto se vogliamo diventarlo.

La proposta impossibile. Deve fare una proposta impossibile per Milano.
Perché ‘impossibile’? Tutti – o almeno, sicuramente gli altri candidati a queste elezioni a Milano – considerano impossibile fare di Milano una città stato, cioè una città con l’autonomia di una regione e con quell’autonomia che le grandi città d’Europa hanno già. Milano può essere una città che parla direttamente, e non mediata, con Roma e con Bruxelles: quindi deve almeno godere di uno status di regione con poteri legislativi, fiscali e di autonomia; gli stessi che hanno già le altre regioni italiane a norma di costituzione. Quello che propongo è il meccanismo: puntiamo in alto; non ‘aggiungiamo qualcosina’; facciamo di Milano una regione a tutti gli effetti con l’autonomia e le risorse per investire sulla sanità e diventarne una delle capitali mondiali, sulla formazione per attirare i migliori studenti da tutto il mondo, su un sistema di trasporti eccellente, e così via …. La Costituzione ce lo permette. Dovranno decidere i milanesi e i milanesi della grande Milano.
Noi saremo comunque la regione più bella, più forte, più grande d’Italia, e una delle regioni più belle, più grandi, più forti d’Europa.
Siamo il 10% dell’economia italiana.
Siamo 3,5 milioni di persone super attive.
Siamo in un posto meraviglioso strategicamente in mezzo all’Europa. Possiamo diventare “la” regione di riferimento in Europa; niente di meno.

Quali sarebbero i confini?
Per rendere possibili delle cose che appaiono impossibili cominciamo con il dire che abbiamo una Città Metropolitana: questa potrebbe essere la Regione Metropolitana di Milano. Sono sicuro (e lo ribadisco) che il giorno in cui saremo regione, e quindi con i poteri, l’economia, la fiscalità di una Regione, tanti vorranno unirsi a noi.

Domanda da 1 miliardo di euro. Se avesse un miliardo di euro a disposizione per Milano che cosa farebbe?
Noi ne avremo di più grazie alla cessione delle partecipazioni finanziarie, come A2A e SEA, per cominciare, ma diciamo di averne solo un miliardo. Partirei dalla realizzazione di scuole bellissime, con impianti sportivi aperti tutto il giorno, anche nelle ore serali a favore delle associazioni sportive e dei quartieri; farei quattro campus di livello internazionale per le nostre università; darei un colpo fortissimo a favore di housing sociale e case popolari; la Nuova Brera non deve essere solo il più bel museo d’Italia ma certamente almeno d’Europa; cambierei tutti gli autobus non ecologici. E questo, solo per cominciare.

Una persona, un luogo e una data.
Questa settimana non mi può chiedere altro: Milano, mia figlia Eugenia, 14 marzo 2016.

Una cosa che toglierebbe a Milano?
Se intendo una zavorra fisica, allora direi di togliere lo smog atmosferico: un problema vero, ma risolvibile se affrontato con le giuste mosse e dando un segnale fortissimo che non c’è stato in questi ultimi anni. Ma c’è di più, ovvero lo smog mentale: dobbiamo toglierci quella tendenza a paragonarci a chi va peggio di noi, e invece abituarci a dire: ‘Noi possiamo essere tra le migliori città del mondo’, valorizzando così l’orgoglio milanese per puntare in alto, senza accontentarsi.

E una cosa che aggiungerebbe a Milano?
Una cosa concreta: centomila studenti dai Paesi OCSE e in tutti i settori della formazione professionale, artistica e universitaria.
In termini ideali: Milano può e deve essere più ambiziosa negli obiettivi che si pone.

Lei ha vissuto tantissimi momenti della sua vita personale e professionale. C’è stata per lei una grande rinuncia? 
Nel novembre del 2011 ero un uomo felice. Stava arrivando il mio secondo figlio, avevamo appena affittato una nuova casa. Amavo il mio lavoro. Era un lavoro piacevole e comodo. In due ore ho messo tutto in discussione e sono andato a giurare come Ministro in Quirinale. Quindi se vogliamo chiamarla “rinuncia” o scelta di rimettere tutto in discussione questo è stato.
Viceversa, alla fine dei cinque anni in Olivetti che sono stati – li definirei – ‘eroici’ ed ero nel momento di portare a casa tutti i benefici di questo enorme lavoro, io ho detto di no perché chiaramente non condividevo più gli obiettivi di vita, prima ancora di quelli di affari, del mio azionista di maggioranza: allora me ne sono andato per ricominciare da capo da un’altra parte.

Ha mai avuto la sensazione di fare un salto nel vuoto o è sempre stato sicuro del suo futuro?
Quando finiva una cosa non c’era il piano B. Però uno prende le sue decisioni se sono giuste o sbagliate; non se conviene o non conviene. E’ un misto di un pizzico di presunzione, un po’ di senso di Provvidenza e gusto dell’inventarsi la vita.

La domanda su misura. ll suo ricordo di Umberto Eco, l’amico e l’intellettuale con cui ha condiviso anni di lavoro su Encyclomedia.
Nessuno come Eco ha impersonato la capacità di mettere insieme lo scibile umano. Credo che il mondo andrà avanti su due assi: l’iper specializzazione – che serve, per fare certe cose -; e il saper mettere insieme le specializzazioni, una ‘gestione della complessità’, una ‘visione sistemica’ che sarà la motrice del mondo. Una dote rara e preziosa: ecco, Umberto Eco, nella cultura, è la persona che le si avvicina di più.

La domanda finale. Qual è il suo fine per Milano?
Fare di Milano la città più dinamica d’Europa.
Fare di Milano l’esempio paradigmatico di cos’è una città bella, attraente, nel XXI secolo.
Fare di Milano il punto di riferimento per le altre città. Noi oggi siamo malmessi dalle classifiche di ogni tipo: dalla sicurezza all’inquinamento, dalla creazione di posti di lavoro alla attrattività.
Milano, se fa le cose che può fare, in cinque anni potrà collocarsi in cima in tutte queste classifiche, non solo tra le altre città d’Italia ma anche sopra l’intera Europa.

A Milano il primo asilo nido vegano d’Italia

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Federica Berrobianchi viene da una famiglia di educatori di Pietra Ligure.

Fin da piccola cresce in una casa piena di bambini, prima quelli che la sua famiglia accoglieva in affido e poi quelli ospitati nell’asilo gestito dai suoi genitori. Proprio come faceva Piaget, uno dei più famosi pedagogisti di tutti i tempi, lei li osserva, impara a capire il balletto del loro umore, le loro difficoltà e i loro giochi.

La conoscenza accende la passione, per questo Federica al momento debito non ha dubbi e si iscrive a Scienze dell’Educazione e della Formazione all’Università del Sacro Cuore.

Oggi è una laureata piena di altri titoli (master, corsi, periodi di formazione, …) che attestano il suo amore per i bambini e la sua professionalità verso l’insegnamento.

Recentemente ha aperto un asilo nido in una casa attrezzata dove passa le giornate con i bimbi. Si chiama Naturà, nido insieme secondo natura e non è come gli altri asili. Si tratta del primo asilo nido vegano d’Italia.

Andiamo a sbirciare il menù di Naturà settimana per settimana.

Settimana 1:

Polenta con ragù di seitan, crocchette di riso e finocchi, vellutata di cavolini di bruxelles con germe di grano, pasta al pesto con patate, burger di lenticchie e fagiolini.

Settimana 2:

Gnocchetti di patate e spinaci, tortino di miglio e zucca, crema di verdure miste, polpettine al forno di cavolfiore bianco e tofu, pizza ai carciofi.

Settimana 3:

Quinoa con broccoli, burger di farro patate e spinaci, riso semi integrale alla zucca e semi di chia, medaglioni di cavolfiore bianco e tofu, pasta al sugo di pomodoro.

Settimana 4:

Gnocchetti di patate con carciofi, tortino di miglio con broccoli e semi di chia, bulgur con spinaci, crema di verdure con germe di grano, riso con finocchi e curcuma.

Naturà non è solo un asilo nido vegano, è un progetto pedagogico bio dove ogni cosa, dai giocattoli fino alle attività, promuove il rispetto dell’ambiente.

 

Fonte:

nidonatura.com

 

10 strategie per fingersi esperti in una inaugurazione di cui non si sa nulla

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Con il Fuorisalone si inaugura la grande stagione delle inaugurazioni. Ma come si può andarci senza essere snobbati immediatamente?

10 STRATEGIE PER FINGERSI ESPERTI IN UNA INAUGURAZIONE DI CUI NON SI SA NULLA

#1 Ripetere l’ultimo concetto che vi è stato detto in una conversazione, mostrando di ponderarlo con apprezzamento

Se è troppo faticoso basta ripetere più volte l’ultima parola che è stata detta, socchiudendo gli occhi e facendo di sì con la testa. Provate: modo sicuro per farsi apprezzare e sembrare degli intenditori.

#2 Citare nomi di talenti internazionali che nessuno conosce (e che sono inventati)


Evitare quelli del mondo anglosassone, ma puntare su sonorità esotiche. “Questo pare Yuan Tai Tzu, non trovi?”, “Strano che non ci siano opere di Gomez Cardoso, no?”, “Questo deve essere un Korosov… E’ sempre il numero 1”.
Assolutamente da evitare nomi veri, perchè c’è il rischio che qualcuno ne sappia più di voi. Unica regola: inventare di sana pianta. Tanto al 99% avrete davanti un altro finto esperto che confermerà ogni vostra citazione.

#3 Parlare con accento straniero


Meglio se accenti strani difficilmente rintracciabili. “Lei non è italiano, vero?”. “Vengo dalla Pannonia. Si sente?”. Ogni tanto inserire in mezzo a una frase qualche parola incomprensibile.

#4 Salutare con sicurezza chi non si conosce

Ueee, grandissimo, sapevo che non potevi mancare! Eccola, sei sempre la regina.
Osare e salutare chiunque, tanto ricambiano sempre per innata tendenza alla finzione.

#5 Criticare qualcosa dell’inaugurazione (anche dettagli apparentemente inutili) con sincera convinzione

O mio Dio, ma gli infissi del gabinetto, ma li hai visti? Era dalla corsa dei sacchi dell’Aprica che non vedevo niente di più squallido.

#6 Chiamare col nome di battesimo personaggi famosi del settore (Giorgio, Donatella, Domenico & Stefano)

Mai mai mai chiamare nessun vip per cognome. Per cognome si chiamano solo i propri amici sfigati.

#7 Far finta di rispondere al cellulare nel bel mezzo della conversazione, facendo segno che si tratta di una persona importantissima

Perdonami ma è Lapo, mi chiama da Dubai.

#8 Parlare di altre inaugurazioni riservatissime in programma nei giorni successivi

Tu ci vai dalla Samsung, vero? Sì, certo fanno un evento super di elite… Ma come, non lo sapevi?

#9 Evitare di abbuffarsi al buffet


Qui molti finti esperti ci cascano come polli. Gli occhi devono luccicare solo per le persone, mai per il cibo che passa sui vassoi. Dovete cercare di mantenere un profilo zen e attendere che sia il cibo ad arrivare a voi, il contrario mai.

#10 Ubriacarsi

A meno che non siate voi il festeggiato, occhio all’alcol. Possono bastare un paio di drink per dimenticarsi tutte le regole del finto esperto e venire smascherati all’istante. A quel punto sarà come tuffarsi in una piscina senz’acqua e sarete bannati a vita.

A Berlino la galleria del vento verticale più grande d’Europa

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galleria del vento
galleria del vento

Chi non ha mai sognato di volare? Da qualche anno è possibile farlo anche sulla terraferma grazie alle gallerie del vento verticale.

Che cos’è una galleria del vento verticale, la vertical wind tunnel (VWT).

La galleria del vento verticale è un complesso cilindrico che simula la condizione di volo in solitaria o insieme a un gruppo di persone, spinti dal soffio d’aria emesso da turbine potentissime, manovrate da un apposito operatore, con un getto d’aria che può raggiungere fino i 300 Km/h.

Spesso usate come strumento di allenamento per paracadutisti, la galleria del vento dura pochi minuti e può essere o un momento per volteggiare nell’aria oppure, se opportunamente seguiti, per apprendere le tecniche di volo a corpo libero.
Sempre ben equipaggiati, si intende: tuta, caschi, occhiali sono generalmente forniti dai centri che offrono questa esperienza.

Già, ma quali sono le migliori d’Europa?

L’ultima, ma solo in ordine di tempo, ad aver attirato l’attenzione dei tedeschi e degli appassionati di sport estremi è in costruzione. E’ la galleria del vento di Waßmannsdorf, “frazione del comune di Schönefeld ai confini con la periferia sud-orientale della capitale tedesca”[fonte http://berlinocacioepepemagazine.com/].

Qui, avrà sorgerà la Hurricane Factory Berlin, la più grande galleria del vento verticale di Germania, buona per simulazioni di voli anche indoor e, aspetto ancora più interessante, aperta per grandi e piccini anche per giochi e feste private, compleanni compresi.

Dovrebbe essere pronta ad autunno 2016. Sicuramente sarà immensa: il cilindro di vetro avrà una larghezza di 5,20 metri, sarà alta 15, farà volare i suoi ospiti a una velocità di 280 km/h per una durata minima di tre minuti, l’equivalente di 3 lanci con paracadute da 4.000 metri di altezza.

Gallerie del Vento in Italia?

Al momento c’è qualcosa a Torino: si chiama Fly Experience, è alta 12 metri di altezza ed è aperta per allenamenti e scopi professionali.

Berlino, dunque, inaugura una nuova forma di divertimento e intrattenimento dove, aggiungiamo noi, immaginiamo si potranno apprendere anche alcuni rudimenti sulla fisica e la forza di gravità. E a Milano, quando?

Fonte: http://berlinocacioepepemagazine.com/voglia-di-volare-a-berlino-apre-una-delle-gallerie-del-vento-piu-grandi-deuropa/#sthash.LFNwSYm4.dpuf

A Milano i gesti gentili sono come i fiori

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A Milano sono tutti molto impegnati. C’è tanto da fare, tutti corrono, le distanze tra un luogo e l’altro sono notevoli e richiedono tempo per essere percorse. È un tran tran inesorabile che può allontanare gli altri dal nostro universo percettivo.

Milano è come un paio di occhiali attraverso cui guardiamo noi stessi.

In questa città spesso vince l’individualismo. Quando si è il nodo centrale di una serie di relazioni complicate il nostro cervello deve fare ordine per catalogare e comprendere il dedalo legami a cui partecipiamo. Sarebbe troppo dispendioso cedere al relativismo e metterci nei panni degli altri. Non ne abbiamo il tempo.

Il lato oscuro di questa dinamica è cercare l’utilità in qualsiasi interazione umana. Senza cattiveria o freddezza emotiva, è solo una questione di sopravvivenza.

Siamo molto di più di quello che dobbiamo fare.

Una poesia non serve a niente, però è bella. Qualcuno potrebbe obiettare e cercare l’utilità anche nei versi, ma quello è già un approccio accademico finalizzato all’analisi dell’opera. Io voglio leggere una poesia e non capirci niente ma sentire qualcosa che mi spinga a rileggerla ed esplorare altre poesie per averne ancora.

Quando ci troviamo di fronte al sublime il tempo si ferma e non abbiamo più la necessità di fare niente. È la sospensione della volontà, per dirla con le parole di Schopenhauer.

Nei gesti gentili dei milanesi c’è il sublime.

Ho camminato di fretta un milione di volte le strade di Milano per raggiungere dei posti che ormai non ricordo e ogni volta che ho visto un gesto gentile mi sono fermato.

Raccogliere il cappello di qualcuno soffiato via dal vento, dare un’indicazione a uno straniero, ammettere la priorità di un altro mentre si fa la coda o dare un consiglio su cosa fare e vedere a Milano.

I gesti gentili a Milano sono come i fiori. Non servono per continuare il nostro tran tran quotidiano, però sono belli.

Suggestioni metropolitane: le 10 fermate più surreali del mondo – IMMAGINI

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Stazione Toledo

Dopo le metropolitana fiorite, la rete ci offre un’altra carrellata di immagini straordinarie.

Su www.3nz.it le metropolitane sono protagoniste di un rassegna speciale che unisce Napoli a Mosca, Monaco a Varsavia, e così via.

Niente vagoni, stavolta: a sorprendere sono le decorazioni surreali, a trompe l’oeil, tridimensionali; le sculture e le archittetture, gli arredi e i temi che decorano i sotterranei di alcune delle fermate della metropolitana delle linee delle città al mondo. 

Decorazioni di artisti pensate per deformare lo spazio e produrre una inedita esperienza del servizio della linea metropolitana.

Per intenderci: avreste mai pensato di scendere alla Solna Station di Stoccolma e trovarvi dritti dritti… all’inferno?

La capitale di Svezia è una delle città più sensibili al tema della decorazione metropolitana, se stiamo alle immagini fornite da 3nz.it, ma non è la sola.

Anche nell’ex Unione Sovietica se la cavano assai bene: sembra una sala degna del Salone delle Feste del Palazzo d’Inverno la Stazione Kievskaya di Mosca.

Arti e mestieri sono invece di casa ad un certo stop a Parigi.

E… in Italia?

Protagonista delle suggestioni metropolitane è Napoli: la fermata Toledo squarcia – artisticamente parlando – il soffitto ed apre allo spazio sconfinato verso un cielo di puntini luminosi; sulle scale della Università compare Dante in versione pop.

Ma ce ne sono molte altre ancora.
Da sole, queste straordinarie stazioni della linea metropolitana valgono un tour delle città del mondo viste… in sotterranea.

Dove in particolare? Lo si scopre qui sotto nella nostra gallery.

 

8 aprile 2016. Cena di Vivaio con il Candidato: Stefano Parisi all’Atelier Forte

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cena con il candidato sindaco atelier forte

Dove: Atelier Forte, Via Arcangelo Corelli, 34, 20134 Milano

Quando:  venerdì 8 aprile 2016, ore 20.30.

Quanto costa?: 30 euro

Indovina chi viene a cena, venerdì sera?
O meglio: indovina con chi andrai a cena?

Nella casa più pazza di Milano, l’Atelier Forte dell’architetto Duilio Forte, l’associazione Vivaio propone una nuova puntata del suo format di infotainment (informazione + entertainment): a Cena con il Candidato.

Ancora una volta, gli associati a Vivaio si incontrano per conversare all’ora di cena con uno dei candidati alle prossime elezioni amministrative 2016.

Dopo Corrado Passera e l’ex candidato PD Emanuele Fiano, venerdì 8 aprile toccherà a Stefano Parisi, l’uomo del centrodestra, partecipare alla cena + domande insolite di 40 vivaisti “innamorati pazzi della città in cui viviamo, Milano, che è per noi come una figlia: dobbiamo mettere alla prova chi vuole prenderla in sposa”.

Con questa metafora, dunque, appuntamento alle 20.30 (solo su invito): ne vedremo delle belle. E chi non potrà esserci non si preoccupi: nella serata verrà registrato un video che riprenderà i momenti più appetitosi dell’incontro.

5 motivi per cui mi piacerebbe andarci

#1. conoscere da vicino uno dei candidati a Palazzo Marino e capire qualcosa di più della sua proposta per la città

#2. trascorrere un venerdì sera davvero particolare

#3. cenare all’Atelier Forte

#4. godermi una visita guidata dell’Atelier Forte in compagnia del suo autore-padrone di casa

#5. provare una cena ‘alcalina’

5 cose che mi piacerebbe trovare

#1. una tavola rotonda, apparecchiata di politica ma scevra dai soliti politicismi

#2. domande insolite

#3. un candidato sindaco alla mano, ma molto consapevole del suo ruolo

#4. la sauna dell’Atelier Forte, libera dopo cena per vedere Milano dall’alto

#5. Ursus, il nuovo progetto di Duilio Forte che ha fatto innamorare mezza Triennale


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