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Le anticipazioni sull’evento per le due ruote più grande d’Europa: dall’8 al 16

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E’ tornata a Milano l’esposizione internazionale del ciclo e motociclo, l’evento fieristico delle due ruote più grande d’Europa. La giornata del debutto è stata dedicata a espositori e stampa e la metro verso Rho Fiera è già piena di motard. Giacca di pelle, jeans, sneakers all’ultima moda, occhiali performanti, stempiatura e pelle abbronzata. Dentro è un universo senza fine di prodotti, moto, motorini, moto del futuro, biciclette, caschi, stivali, pezzi di ricambio, abbigliamento più o meno tecnico che a vedere tutto ci vorrebbero i 6 giorni di eventi, dall’8 al 16 di Novembre!

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Scelgo così di farmi portare dall’istinto e subito attira la mia attenzione un’azienda milanese, nuova, dal brand di classe, Milano 1914, che ha scelto Eicma per lanciare sul mercato i suoi prodotti, eleganti, rifiniti, cool. Abbigliamento anti vento e anti pioggia, senza protezioni, pelletteria e caschi tempestati di Svarosky, per la donna che in moto non vuole perdere il suo stile e per una cifra “accessibile a tutti”, ci spiega Sabrina Alfonso, portavoce dell’azienda in Fiera. Per chi fosse interessato a questo “brand a km 0”, prodotto tutto milanese, realizzato da artigiani fra Brianza e Triveneto, c’è un temporary store in Rinascente e a breve sarà allestito un corner in Stazione Centrale.

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Mi sposto e vedo tre bei scooter, bianchi e neri, proposti da KRC moto, completamente elettrici. L’azienda di Caserta produce solo mezzi elettrici e la cosa mi piace! Francesco, al banco dello stand KRC, mi dice che a scegliere quei mezzi sono soprattutto professionisti che usano la moto per spostarsi con rapidità e che con l’elettrico scelgono non solo di non inquinare, ma anche di facilitarsi la vita avendo accesso a zone a circolazione limitata, come i centri storici. Alla domanda su cosa chiederebbero al governo per migliorare i loro affari, la risposta è unanime “più infrastrutture – scarseggiano ancora le colonnine per la ricarica in Italia – e una politica di incentivi per chi compra elettrico”. Ricevuto, riporto!

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A questo punto, lo sguardo gentile di un signore, in un corner che pubblicizza un casco con visiera parasole a comando vocale, mi incuriosisce. Si chiama Giovanni Di Troia ed è, forse ancora senza saperlo, uno di quegli innovator/maker che stanno cambiando le sorti dell’Italia grazia a intuizioni che diventano, purtroppo ancora non spesso, realtà produttive. La sua idea non ha ancora trovato un produttore ma lui è qui per testarla con il pubblico e fino ad ora “è andata bene – mi dice. Chiunque vada in moto sa quanto sia complicato mettere e togliere gli occhiali durante la guida. Ne so qualcosa anch’io!
Giusto il tempo di distogliere lo sguardo da Giovanni, che una bici dalle ruote abnormi sembra dirmi “vieni a prendermi e non avrai più il problema di pavé scivolosi o di rotaie insidiose”. È una bike, nera, in alluminio, freni a disco anteriore e posteriore, pedalata assistita, sellino in pelle con ricamo della bandiera italiana, ruote smisuratamente larghe, una vera tentazione! Per saperne di più basterà visitare il sito della Fantic motor e digitare FatSport, è il suo nome e in questo mondo di magri, anche il nome mi piace!

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Sorrido da sola e quando torno dal mio idillio con la bici cicciona, vedo una bella ragazza bionda, seduta a terra, sfinita, che smanetta col telefono. Si chiama Veronica, fa la ragazza immagine e ha una lunga esperienza di fiere, ma questa, mi confessa “è la più fastidiosa, gli uomini arrivano in gruppi e a volte superano i limiti!”. In effetti di testosterone ce n’è a go-go qui e vuoi o non vuoi di donne se ne vedono poche, escluse modelle e hostess, che a dire la verità mi fa una rabbia vederle mezze svestite sulle moto (in fondo siamo un buon 50% del pubblico acquistante, non sarebbe ora di scendere dal sedile di dietro, rivestirsi e dettare qualche regola in questo segmento di mercato?). Lasciando da parte queste derive femministe (non dimentichiamo che oggi è anche il giorno del trionfo di Trump) mi dirigo alla conferenza stampa Internazionale sullo stile e il design nel settore dei motocicli. “Oggi più che mai – c’è scritto sul comunicato stampa – si è attenti all’estetica che fa la differenza”… Sarà il motivo per cui Hillary ha perso?

SIGNS. Grafica italiana al BASE

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SIGNS. non è solo una mostra. È un’iniziativa che, coinvolgendo vari media, intende offrire ai visitatori uno spaccato sullo stato della grafica e del design della comunicazione italiana.

L’inaugurazione, prevista per questa sera, non sarà solo il solito Opening, perché quello che succede a BASE ha sempre quel non-so-che di magico che lascia il segno. Previsto infatti anche un dj set a cura di STRA e El Capitano. SIGNS. non è solo un progetto.

L’evento è gratuito. Scaricando Spotlime, riceverai un promemoria dell’evento e potrai rimanere sempre aggiornato su tutti gli eventi di Milano.

Scarica l’app

È una mostra a cura di Francesco Dondina che sarà aperta fino al 20 dicembre e che prevede in cartellone 24 progettisti italiani: Alizarina, Stefano Asili, Mauro Bubbico, Ginette Caron, Cristina Chiappini, Gianluigi Colin, Pietro Corraini Studio, Artemio Croatto/Designwork, studio FM milano, Michele Galluzzo, Italo Lupi, Gianni Latino, Leftloft, Giuseppe Mastromatteo, Armando Milani, Maurizio Milani , Obelo, Origoni/Steiner, Federico Pepe, Mario Piazza, Massimo Pitis, Luca Pitoni, Guido Scarabottolo, Leonardo Sonnoli. A ciascun progettista è destinato un tavolo che accoglie – oltre agli artefatti finiti – disegni preparatori, maquette e prototipi che offra una visiona anche del dietro le quinte.

Ma SIGNS. sarà anche un momento per ascoltare, partecipare, sperimentare attraverso un programma di WORKSHOP sul graphic design e un ciclo di DIALOGUES con i progettisti.

Ingresso gratuito. Cliccando su “Ci Vado” riceverai un promemoria dell’evento. L’ingresso al locale è a discrezione dell’organizzazione.

Per qualsiasi informazione sull’evento scrivi a Spotlime. Ci trovi su WhatsApp dalle 09:00 alle 22:00 al 324 611 6144.

Vuoi saperne di più? Scopri Spotlime, l’app che seleziona i migliori eventi di Milano.

Scopri di più

Make Milano great again. Da Trump alla Città Stato

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Avevo previsto la vittoria di Trump. Ne ero certo per tre ragioni concomitanti che nascono dalla mia formazione psicologica, dall’aver vissuto all’estero e dalla mia esperienza nel mondo della comunicazione.

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#1 Psicologia della leadership
Quando vivevo a Berlino ho assistito alla sfida elettorale più d’alto profilo della mia vita. Era nel 2005 tra Schroeder, primo ministro uscente, e Angela Merkel che si affacciava per la prima volta come candidata alla cancelleria. Anche in quel caso i media internazionali, soprattutto italiani, vedevano con sospetto chi si mostrava più di rottura rispetto al sistema vigente. Angela Merkel veniva dipinta come una pericolosa liberista che avrebbe determinato licenziamenti e soppressioni dei diritti dei lavoratori. Quando vidi il confronto in tv con Schroeder la Merkel compresi subito che avrebbe vinto lei perchè mostrava una dolcezza e un’empatia tipicamente femminili. A guardarla, più che un pericolo si avvertiva la voglia di darle una mano, come quando è inciampata goffamente per stringere le mani ai giornalisti alla fine del confronto. La Merkel ha saputo fare emergere le sue caratteristiche distintive, mentre invece questo non è accaduto per Hillary Clinton. Basta vedere qualcuno dei suoi comizi, specie gli ultimi, per vederla recitare un ruolo non suo, quello di una persona artificiale che finge di essere quello che non è, mostrando un’aggressività e dei modi sopra le righe che mettono in secondo piano la sua femminilità. Invece di vincere come donna, ha perso recitando la parte dell’uomo mancato.

#2 Psicologia sociale
Trovo molto superficiali la gran parte delle analisi che i media italiani fanno della realtà sociale, specie se straniera. Ai tempi di Berlino non ricordo un articolo su un media italiano capace di rappresentare la realtà tedesca in modo autentico. Sembravano tutti il frutto di conversazioni interne ai circoli di giornalisti internazionali che se la suonano e se la cantano senza prendere alcun contatto con la gente che vive nel paese. Mentre sui giornali italiani la vittoria della Clinton pareva fuori di dubbio, anche perchè Trump veniva ridicolizzato come una macchietta, ho cercato altre fonti di informazioni: amici e contatti di gente che vive in America e da loro ho cercato di sapere che cosa diceva la gente dei due candidati. Quando mi hanno raccontato che molti dicevano di aver votato per Obama ma che ora avrebbero cambiato sponda o, ad esempio, che tutti i tassisti di New York erano per Trump ho intuito che fosse lui a incarnare lo spirito dei tempi.

#3 Il messaggio forte
Make America great again. Questo era il messaggio di Trump. Ripetuto fino all’ossessione in modo che arrivasse anche ai sassi. Più che un messaggio è una forma mentis. E anche qui i nostri media sbagliano: per giudicare un politico, specie se internazionale, da noi ci si aggrappa a una gaffe, a una frase infelice, mentre ciò che viene trasmesso alle persone è una forma mentale. Come gli animali anche gli esseri umani apprendono attraverso l’imprinting, l’assorbimento di una mentalità più che singole frasi. Per capirlo basta pensare a qualunque incontro che possiamo avere. Dopo aver parlato con qualcuno già ci siamo dimenticati quello che ci ha detto. Ma ciò che ci rimane è la sua positività o negatività, il modo in cui il suo modo di leggere la realtà ci ha impattato. Questo è il meccanismo di trasmissione e per questo vince chi ha un messaggio forte, chi riesce a farsi percepire come portatore di una visione di impatto, al di là delle singole parole buone solo per i titoli di un giorno. Così è stato per Trump, così era stato per Obama che col suo Yes, we can era riuscito a farsi votare dallo stesso popolo che ora si è indirizzato su Trump. Della Clinton invece non ricordo neppure lo slogan di punta. Si è messa sulla linea mediatica radical chic fatta di frasi razionali e fidandosi del modo in cui i media denigravano l’avversario.

Da Trump a Milano Città Stato
Queste ragioni mi hanno fatto sbilanciare e dire in anticipo che Trump avrebbe vinto. Al di là delle opinioni personali spero che questo fatto possa essere una lezione costruttiva per la nostra città e per il nostro Paese. In primis un insegnamento a diffidare dei media nazionali quando parlano di realtà straniere. Quasi sempre sono i portavoce di ambienti elitari distanti anni luce dalla realtà del Paese. Il secondo è per i politici. Spesso in Italia le campagne elettorali sono tutte basate sulla persona e nulla sui contenuti. Sono campagne al ribasso, in cui la strategia è del “primo non prenderle”, dell’evitare errori e gaffe, per timore di ricevere attacchi dai giornali o dai social network. Trump ha dimostrato che il più criticato spesso è quello che alla fine vince. Speriamo che questa elezione affermi invece nuovi visioni e messaggi forti, cercando di incarnare, senza paura di ricevere critiche, lo spirito dei tempi e la voglia di futuro dei cittadini. Messaggi forti vitali per il futuro dei cittadini, come quello di dare a Milano un’autonomia simile alle città internazionali con cui deve competere. Sono convinto che chi farà sua questa visione potrà conquistare il governo della città.
E’ solo questione di tempo.

Perchè a Milano mancano catene di cibo sano, veloce ed economico?

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Tornando da Londra per l’ennesima volta sono qui, a Milano, cercando un posto dove mangiare sano, veloce ed economico e non lo trovo.
Mi ritrovo così a sentire la mancanza delle soup calde d’inverno e delle super-salad d’estate di posti come Eat, Prét a Manger, Crush, Joe and the Juice, o del sushi fresco e sano di Itsu o delle bowl di verdure, carne e noodels di Wagamama.

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Qualcuno potrà pensare che ho perso il gusto della buona cucina italiana, ma in verità, l’offerta di Londra di cibo fast, healty and cheap è qualcosa che si potrebbe fare alla grande anche in Italia.
Mi ritrovo così a sognare catene di ristorazione che propongono cibo a km 0, con il nostro stile, il nostro gusto, preparato in giornata, sano, leggero, veloce ed economico. Alla portata di tutti.
Chiamo un amico milanese da generazioni e gli chiedo dove posso trovare un posto per mangiare beautifully e lui mi dice di andare in un bar. E’ vero, i bar a Milano non mancano, ma ogni volta che ci entro mi mettono un po’ di tristezza, mi sembra di essere tornata negli anni ’80.
Possibile che se vuoi qualcosa di diverso, veloce ed economico, l’unica offerta sia il burger? McDonald’s, Mama Burger, Burger King e anche Chichen&Chicken, Hello Chicken, Chicken Choice, Chicken Cottage, Chicken Hut non mancano. Ma questo è l’incubo di un vegetariano, di un vegano e di una come me che per pranzo mangerebbe volentieri una soup, una salad o un wrap, leggeri, veloci, sani ed economici.

foto3Insomma, per mangiare economico a Milano devi rovinarti il fegato con i grassi di un hamburger? Per mangiare sano, devi spendere in un ristorante gourmet? Per mangiare fast devi mangiare in una tristissima “tavola fredda”?

In attesa di catene di ristoranti dai nomi inventati del tipo: MangiaSolo, Fresco&Sano, SucchieZuppe, Italiainbocca e così via, mi siedo in un bar e mi faccio un toast pensando all’ultima zuppa di funghi di Eat consumata a Gatwick prima di partire.

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Lanciò la moda di abbellire i palazzi in modo sgargiante

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Il palazzo fu edificato nel seicento per volere del conte Carlo Bolagnos. Si contraddistinse subito tra i palazzi di Milano per lo stile sfacciato ed esuberante. Fino ad allora, infatti, i nobili milanesi miravano più ad abbellire gli interni che gli esterni.
Nell’ottocento fu acquistato dai Visconti di Modrone che vi misero numerosi stemmi viscontei. Durante la guerra fu seriamente rovinato dai bombardamenti. Oggi alcune sue sale sono disponibili per eventi privati.

FAR WEST a Milano, la città degli angeli

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credit: www.02blog.it
credit: www.02blog.it/

Domenica sera, h.19.00. Milano. Sto camminando per strada in zona Brenta con la mia amica, il mio trolley e la mia borsa. Tutto normale.
All’improvviso una spinta da dietro, violenta, mi giro, un uomo afferra la borsa e scappa.

Lo rincorro, lo raggiungo, afferro la bici su cui sale. Lui abbandona l’idea, molla la bici a terra e continua di corsa. Lui è molto più veloce di me, capisco che posso dire addio alla borsa e a tutto il contenuto. Addio. Mi metto avanti coi lavori e comincio a pensare al tempo che perderò per rifare documenti, carte, chiavi e tutto quello di semi inutile che vi era.

Poi percepisco qualcosa alle mie spalle, un vento favorevole fa comparire un gruppo di uomini che rincorrono il ladro, lo inseguono, lo raggiungono, prendono la mia borsa e me la riportano dopo pochi minuti.
Così, senza un perchè, senza un interesse, per il solo senso di protezione e giustizia quegli uomini non hanno esitato ad aiutarmi e a fare quello che io non ero in grado di fare. Un puro gesto di coraggio e soccorso. Il ladro poteva essere armato, violento, sicuramente disperato.

Quando mi hanno restituito la borsa, ho insistito più volte a ricompensarli con quei soli 50 euro che avevo con me ma niente, non c’è stato nulla da fare. Non hanno voluto niente, tutto ciò che interessava loro era che rispondessi a questa domanda: “Come stai?”.
Solo questo volevano sapere.

“Come stai?” Ho capito il valore di queste due semplici parole: “come stai?”. Racchiudono tanto.
Una sensazione di bellezza, di gratitudine e di ammirazione si è sostituita immediatamente alla paura e allo sgomento di qualche minuto prima. Ho sorriso guardando nei loro occhi quella luce particolare di chi sa di avere fatto il bene, un gesto spontaneo, coraggioso e importante per qualcuno che non conoscevano.

La luce dell’altruismo, di chi è ancora capace di “dare senza ricevere nulla in cambio”.
Il mio grazie è sì per avermi riportato la borsa, gesto che ricorderò per sempre, ma soprattutto per avermi dimostrato che esistono ancora generosità, altruismo e coraggio. Non dimenticherò la luce di quegli sguardi fieri. Un insegnamento di cui farò tesoro e che vorrei trasmettere a mio figlio.

Quella serata è proseguita con il sorriso. Un piccolo incidente dettato da degrado e disperazione si è trasformato in un momento indimenticabile di sincera solidarietà.
A Milano non si è soli.
Grazie.

GIORGIA SARTI

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Dopo il Duomo la chiesa più grande di Milano è SANTA MARIA DELLA PASSIONE

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Si trova dietro piazza San Babila, nei pressi del Conservatorio e del Palazzo di Giustizia.

 

Anche se non rappresenta una delle principali attrazioni della città è comunque uno dei più bei monumenti tardorinascimentali.

L’impostazione longitudinale fu decisa da Carlo Borromeo nel seicento per rendere più efficace la predica.

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5 grandi OPERE che si potrebbero fare a Milano invece che in Italia

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Lo Stato italiano spesso spreca risorse per grandi opere che alla fine non vengono neanche realizzate.
Proponiamo dunque che Milano si candidi per realizzare sul suo territorio le opere che lo stato non è capace di realizzare o di completare. Se ne vedrebbero delle belle.

5 grandi opere che si potrebbero fare a Milano invece che in Italia

#1 Il ponte sullo stretto

Costerebbe 8 miliardi, a preventivo. Chissà quanti a consuntivo. Di certo è che l’opera mai realizzata ci è già costata 700 milioni. Invece del ponte sullo stretto, si potrebbe costruire un largo ponte dall’Adda al Ticino.

#2 La TAV

La Torino – Lione alla fine costerà allo stato italiano attorno ai 7 miliardi. Invece di farla in Piemonte che non serve a nessuno, facciamo la TAV per andare al mare in Liguria.

#3 Salerno-Reggio Calabria

L’autostrada Salerno – Reggio Calabria è costata finora 10 miliardi di euro, pari a 5 volte la missione su Marte, con esito simile. Con i soldi risparmiati dagli ennesimi lavori inutili potremmo costruire la tangenziale ovest esterna in sotterranea.

#4 Raddoppio del binario in Puglia

Altra opera di cui si sa già che non si farà mai. In attesa che si decidano possiamo raddoppiare i binari della metropolitana di Milano.

#5 Il Mose

Altra opera progettata trent’anni fa, che sta venendo costruita al rallentatore da 15 anni, con un costo dai 7 ai 10 miliardi di euro. Invece di perdere tempo con l’acqua alta a Venezia, deviamo il Seveso nel Ticino e il Lambro nell’Adda.

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La GUGLIA può assumere colori diversi grazie al rivestimento di LED

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Con i suoi 231 metri di altezza alla guglia è il secondo grattacielo più alto d’Italia, dopo la Torre Isozaki.

andrea cherchi (c)
andrea cherchi (c)

La Torre Unicredit stata inaugurata l’11 febbraio 2014. Il caratteristico Spire (la guglia) ha un’altezza di circa 85 metri ed è rivestito di led che gli consente una costante illuminazione notturna e di assumere diverse colorazioni. 

A Natale del 2013 era illuminato di verde per rappresentare un albero di natale. All’apertura delle fermate Isola e Porta Garibaldi della M5 si è colorato di lilla.

La sera del 14 novembre 2015 era illuminato con i colori della bandiera francese per ricordare le vittime dell’attentato al Teatro Bataclan di Parigi.

otto stelle

La piazza dell’Università ricorda il giubileo dei milanesi

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La Festa del Perdono venne istituita da Mosé per volere divino. Nel 1458 papa Pio II ordinò la costituzione dell’Ospedale Maggiore di Milano, che doveva essere anche chiesa e cimitero.
Dal marzo 1560 ad anni alterni Milano celebra le sue due feste più importanti: quella del duomo e quella dell’Ospedale Maggiore, in cui si ricorda di quando i milanesi finanziarono l’Ospedale, oggi sede dell’Università Statale.

Il MUSEO DI STORIA NATURALE è stato ispirato dagli omologhi musei di Londra e di Vienna

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Fondato nel 1838 viene considerato uno dei più importanti musei naturalistici d’Europa.

Ogni anno viene visitato da oltre 400 mila persone. La prima donazione fu del collezionista milanese Giuseppe De Cristoforis e del botanico di origine ungherese Giorgio Jan che assunse la carica di primo direttore del museo.

Natural Museum Londra
Natural Museum Londra

L’attuale sede venne edificata in seguito alla grande Esposizione Nazionale di Milano del 1881. Si tratta della prima architettura museale italiana in stile neogotico che fa riferimento al British Museum Natural History di Londra, mentre la pianta ad anello riproduce fedelmente la nuova sede del Naturhistorisches Museum di Vienna.

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Dove sono finiti i RADICAL CHIC di Milano

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La fotografia più realistica della Milano del terzo millennio.

Dove sono finiti i radical chic di Milano

#1 Alcuni sono cresciuti diventando dei conservatori infrangibili

Source www.gifbay.com
Source www.gifbay.com

#2 Alcuni hanno ricevuto i soldi dalla famiglia e possono finalmente vivere di rendita

Source www.tumblr.com
Source www.tumblr.com

#3 Alcuni si sono fatti crescere delle gran barbe

Source www.youtube.com
Source www.youtube.com

#4 Alcuni si sono trasferiti a Londra e si lamentano dell’Italia su Facebook

Source wifflegif.com
Source wifflegif.com

#5 Alcuni fanno gli opinionisti nei programmi TV

Source comedycentral.com
Source comedycentral.com

#6 Alcuni hanno aperto un locale alle Baleari

Source www.youtube.com
Source www.youtube.com

#7 Alcuni si definiscono grandi chef

Source reddit.com
Source reddit.com

#8 Alcuni vanno in bici con la Go Pro

Source youtu.be
Source youtu.be

#9 Alcuni hanno iscritto i figli alla scuola internazionale

Source jezebel.com
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#10 Alcuni siedono in un board

Source imgur.com
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Comunque tutti hanno quote in una start up.

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A Napoleone dobbiamo anche la bandiera

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Si ispira al tricolore francese, introdotto dalla Rivoluzione e la traccia documentata più antica è legata alla prima discesa di Napoleone Bonaparte nella penisola italiana.
Ufficialmente il tricolore italiano nasce su decisione di Napoleone Bonaparte che decise questo vessillo per la Legione Lombarda, un’unità militare costituita dall’Amministrazione generale della Lombardia.
La prima adozione ufficiale del tricolore come bandiera nazionale fu nella Repubblica Cispadana, il 7 gennaio 1797.
Il 17 marzo 1861 il tricolore divenne vessillo nazionale con la proclamazione del Regno d’Italia.

Cara Milano, da quando ti conosco non sono più LA STESSA

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credit: www.fotoinviaggio.com
credit: www.fotoinviaggio.com

Ogni città ha un’anima e quella di Milano ti penetra e ti smuove dall’interno in una ridda di emozioni e vissuti che ti plasmeranno per sempre, a volte nel bene altre nel male. E questo dipende unicamente da te.

La mia prima fase a Milano: incanto e disincanto

Ho un chiaro ricordo di quando misi piede per la prima volta in questa città. L’eccitazione per l’inizio di una nuova avventura e il senso di disorientamento e compressione, sono stati la dicotomia costante dei primi mesi, a volte di anni.
Quando arrivi in una nuova città sei un recettore sensibile di ogni cosa. Un osservatore speciale che studia attentamente il mondo circostante.
Milano da subito mi ha incantato e disincantato, in un gioco impietoso che prima ti dà e poi ti toglie per poi tornare a ridarti ancora e meglio.

La seconda fase: l’inquietudine

Trascorsa una prima fase dove tutto il focus era su quanto di nuovo e bello poteva offrirmi questo posto, dai musei alle mostre, dai cineforum ai ristoranti internazionali, dai concerti ai teatri, si andava pian piano delineando la mia quotidianità. Mattone dopo mattone plasmavo il mio presente nel tentativo di trovarmi.
Andava tutto bene, un buon lavoro, i primi amici, le prime soddisfazioni di carriera, la vita di città, il fine settimana al ristorante, l’aperitivo del giovedì, il cinema del mercoledì. E le giornate scorrevano intense e veloci.
Andava tutto bene eppure niente andava bene in un costante mood di inquietudine.

Ed è stato allora che il gioco si è fatto duro. Milano mi ha strattonata, scompensata e biasimata come fa una madre pretenziosa con il proprio figlio.
I ritmi veloci, la superficialità delle relazioni, i trend del momento, lo shopping forsennato, le competizioni insane in azienda, l’attesa del venerdì, la fatica del lunedì, di cosa ti occupi?, le facce tristi della gente, pettegolezzi dell’ultima ora, il contratto a tempo indeterminato, ci sei per un’ape tra 2 settimane?, guardo l’agenda, non vedo l’ora di andare in ferie, c’è la crisi…
Qualcosa non quadrava e avvertivo sottilmente la sterilità del tutto. La città mi sussurrava di andare oltre, di esplorare e connettermi alla sua vera essenza.

La terza fase: la scoperta dell’essenza di Milano

Fu allora che mi misi in ascolto, lasciandomi guidare dolcemente come fa una barca a motore spento. E, come spesso accade quando ti sintonizzi su un altro piano vibratorio, le cose e le situazioni arrivano attirate da te.
Milano è un essere bifronte, siamese, centauro. Accanto ai suoi orpelli e trend del momento che scorrono veloci nel flusso del suo vivere, si cela un’altra realtà più densa, profonda ed essenziale.

L’ho capito dalle sfumature degli occhi di coloro che ho incontrato, in un universo parallelo fatto di anime che fanno la differenza, a volte senza neanche saperlo.
Sono i liberi, coloro che hanno scavalcato i cancelli dei condizionamenti sociali, sono quelli che non si accontentano di ciò che gli viene offerto ma plasmano nuove dimensioni, che si affannano per migliorare il mondo senza mai essere stanchi, sono coloro che non cercano risposte ma pongono nuove domande.

L’ho capito dagli stimoli continui che Milano riesce a concedere, dall’offerta ampia di situazioni, attività, corsi ed incontri che sfamano le menti più voraci e alimentano nuove curiosità e visioni.
L’ho capito da questa sua energia travolgente che ti porta ad andare lontano, che non soffoca le tue propensioni ma esalta i desideri più ambiziosi.
L’ho capito dalla sua severità, da questo suo inzigare continuo, dal suo non lasciarti mai in pace. E l’ho odiata in principio per questo tanto quanto l’ho ringraziata per la medesima ragione.

Cara Milano, mi hai reso inquieta, mi hai spinto lì dove non immaginavo di poter andare. Mi hai concesso gli strumenti per creare la mia isola felice e di certo, da quando ti conosco, io non sono più la stessa.

Foto in copertina di www.fotoinviaggio.com

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La piazza dove il Milan è di casa

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Inaugurata il 14 giugno 2014 al Portello piazza Gino Valle è la piazza più grande di Milano, intitolata all’architetto che ne ha curato il progetto. Nella piazza è stato collocato il bassorilievo di Emilio Isgrò «Grande Cancellatura per Giovanni Testori», realizzato quest’anno e donato al Comune appositamente per la nuova piazza. Ai lati ci sono casa Milan e oltre la circonvallazione la montagnetta a spirale.

A Milano il boom delle BIBITE SANE: centrifugato, estratto e smoothie. Le differenze

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E’ l’ultima moda a Milano: sempre più persone scelgono bibite sane quando sono fuori casa. Perfino agli aperitivi.  Pochi sanno che quando consumiamo un frutto intero sono necessarie circa 3-5 ore affinché avvenga la sua completa digestione, questo perché le cellule vegetali presenti vengono scomposte lentamente da parte del nostro apparato digestivo mentre l’assimilazione dei nutrienti è pari al 18-20%.
Quando ingeriamo un succo fresco i tempi di digestione si abbreviano in modo considerevole, sono sufficienti infatti circa 10-15 minuti e l’assimilazione dei nutrienti arriva a circa il 65%. Vediamo in dettaglio quali sono i vantaggi reali dell’utilizzo di una centrifuga o di un estrattore.

Centrifugati

Le centrifughe presenti sul mercato sminuzzano in modo piuttosto semplice la frutta e la verdura che vengono inserite al loro interno grazie alla velocità con cui girano le lame (solitamente 6000-18.000 giri al minuto). Il risultato è una bevanda abbastanza liquida ma che ha anche una certa quota di aria intrappolata al suo interno. In alcuni soggetti questo può rappresentare un problema soprattutto in coloro che normalmente hanno un intestino particolarmente sensibile alle fibre di frutta e verdura. Purtroppo, insieme alla velocità con cui agisce la centrifuga, la presenza di aria nella bevanda aumenta l’ossidazione del prodotto finale, pertanto dovremo consumare il succo nel giro di pochi minuti.
La centrifuga è indicata per tritare frutta con una bassa percentuale di acqua come l’avocado, la papaia, le verdure a foglia come gli spinaci, il cavolo riccio o la rucola.

Estratti

Da qualche anno sono in vendita speciali estrattori che, grazie ad una tecnologia che prevede un’estrazione lenta, consentono di ottenere dei succhi con caratteristiche nutrizionali di importante valore per il benessere di tutto l’organismo. Con l’estrattore, frutta e verdura vengono “masticate” lentamente a bassa velocità.
Gli estrattori di ultima generazione lavorano a 40/60/80 giri al minuto, questo consente di ottenere un succo omogeneo e che può essere conservato in frigorifero fino a 48 ore senza subire particolari alterazioni di gusto e consistenza.
La quasi assenza di aria fa sì che il succo non subisca ossidazione, per questo motivo la bevanda che otteniamo è di un bel colore acceso. E’ chiaro che un succo fresco vada consumato il prima possibile e se talvolta ne abbiamo preparato più del dovuto può essere utile congelarlo nelle vaschette per il ghiaccio e utilizzarlo in seguito per preparare sorbetti oppure un frullato fresco aggiungendo semplicemente altri ingredienti che possano essere anche semi o frutta secca.
L’utilizzo di estrattore è adatto alle persone che hanno un intestino particolarmente sensibile, questo perchè durante l’estrazione lenta viene eliminata la parte più fibrosa della frutta e della verdura.
La massima presenza di nutrienti aiuta a sentirsi sazi prima e più a lungo. Durante le fasi di preparazione viene di fatto eliminata la fibra solubile, importantissima soprattutto per controllare l’assorbimento del colesterolo e per il benessere dell’apparato digestivo. Quindi avremo sì una migliore disponibilità di nutrienti pronti ad essere assimilati al meglio dal nostro organismo ma al contempo non dobbiamo dimenticare di consumare verdure crude duranti i pasti per reintegrare la parte di fibre solubili non assunte se beviamo succhi freschi. Altro aspetto da considerare è che i succhi non devono essere consumati in grossi quantitativi dalle persone con diabete o che sono soggette a frequenti sbalzi della glicemia. Il miglior modo, seppur non risolutivo, è consumare succhi freschi che prevedano la contemporanea presenza di frutta e verdura. La frutta apporta zuccheri semplici, tra questi spicca il fruttosio, mentre nella verdura il fruttosio è assente.

Smoothie

Infine i frullati rappresentano la migliore opzione per poter inserire in un’unica preparazione ingredienti che, per le loro caratteristiche intrinseche (semi, frutta oleosa, bacche) non sono adatti ad essere utilizzati con la centrifuga e con l’estrattore di succo.
Grazie agli smoothies (il nome con cui vengono presentati all’estero e anche in Italia i frullati), possiamo creare una miriade di ricette utili ad essere consumate anche come sostituto del pasto oppure per ottenere un preparato dalle spiccate proprietà antiossidanti o drenanti.
Per creare un fantastico smoothie è utile ricordare alcune semplici regole:
-scegliere una base che è essenziale per dare consistenza e un po’ di sapore (frutta grassa come l’avocado, frutta congelata, verdura congelata, verdura a foglia, frutta secca non salata, semi al naturale, alcuni tipologie di fiocchi di cereali come l’avena o di miglio, frutta dolce oppure tofu)
– qualche cubetto di ghiaccio, che si tratti di una bevanda cremosa e fredda o da gustare con il cucchiaino, tutti gli smottasse sono decisamente più buoni se sono freddi (va bene anche la frutta e la verdura congelata)
-aggiungere liquidi, che sono fondamentali per ottenere un mix omogeneo e per aiutare a bilanciare il sapore (acqua di cocco, succo di frutta ottenuto con centrifuga o estrattore, kefir, latte vegetale, tè freddo, acqua, ecc.)
-se graditi aggiungere spezie e condimenti (succo di limone, di lime, macelli di vaniglia, cannella, ecc.)
-aggiungere il dolcificante, il migliore è l’estratto di stevia perché dolcifica senza apportare calorie. Non contiene infatti zucchero o carboidrati e non altera l’indice glicemico. Altre opzioni possono essere: nettare d’agave, sciroppo di datteri, sciroppo di stevia, xilitolo.

DEBORA CANTARUTTI

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L’ultimo capolavoro

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Sembra che sia stata fatta da Michelangelo proprio come opera da mettere sulla sua sepoltura. Morì prima di poterle dare compimento. E’ caratteristica perchè rappresenta Maria che prende tra le braccia il corpo del figlio morto in croce, ma l’effetto è il contrario: sembra infatti che sia il Cristo a tenere sulle sue spalle la madre, simbolo del fatto che con la sua morte Gesù si è preso sulle sue spalle l’intera umanità.
L’opera si può visionare in una sala riservata all’interno del Castello Sforzesco.

“Qualcuno di voi mi tradirà!”: nell’ULTIMA CENA c’è anche l’autoritratto di Leonardo

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L’Ultima Cena è probabilmente l’opera più romanzata e investigata del mondo. Leonardo Da Vinci ha immaginato cosa doveva essere accaduto nei secondi successivi a quando Gesù ha dichiarato ai discepoli: “Qualcuno di voi mi tradirà!”.

Si vede la diversa reazione di ognuno degli apostoli. Tra i più curiosi c’è Pietro che stringe un coltello per essere pronto a giustiziare il colpevole chiedendo in giro chi possa essere, c’è Tommaso che chiede se forse può essere lui, altri sono stupefatti, mentre Giuda si defila.

L’altro Giuda, non il traditore, ha invece il viso di Leonardo che amava inserire la sua immagine all’interno delle sue opere.

MILANO CITTA’ STATO

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Le maschere più trendy per l’Halloween milanese

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A Milano neppure Halloween è una festa banale. Ecco 10 consigli per vivere la festa delle streghe all’altezza della capitale della moda.

Le maschere più trendy per l’Halloween milanese

#1 Vestirsi da Gentiloni

Dietro una maschera di sobrietà si può nascondere un indole satanica.

#2 Fare la famiglia Addams con i colleghi di ufficio

Chi fa Morticia? Chi lo zio fester? E Lurch? Ma soprattutto, chi fa Mano?

Source wifflegif.com

#3 Vestirsi da dottore della peste

Per chi ama fare citazioni dotte.

#4 Con ciuffotto da Donald Trump

Il ciuffotto di Trump è la vera stella di Halloween.

Source imgur.com

#5 Fingere di essere accompagnati dall’uomo invisibile

Per chi non vuole mascherarsi è una tecnica brillante. Anche perchè l’uomo invisibile può essere un’arma invincibile per fare nuove conquiste.

#6 Vestirsi da Madonnina dark

Per ragazze che non hanno paura di mostrarsi blasfeme. La Madonnina versione dark è uno dei sogni proibiti di ogni maschio milanese.

#7 Vestirsi da persona capovolta

Per realizzare il costume basta mettersi una testa ad altezza dei piedi e dei piedi sulla testa. Ci vuole molta cura ma l’effetto può essere stupefacente.

#8 Vestirsi da banchiere accoltellato

Altra maschera molto trendy di questo Halloween. Sarà apprezzata dagli azionisti MPS.

#9 Da guglia del Duomo

Maschera raffinata in stile gotico.

#10 Da Profondo rosso

Basta andare in giro con la colonna sonora del film di Dario Argento a palla nelle cuffie in modo da venire udita a ogni movimento.

Source www.gifbay.com

Cosa pensi e cosa ti chiedi quando incontri un SENZATETTO per strada?

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La storia di [!N]Difference ci avvicina ad un mondo invisibile agli occhi.

 

Vi è mai capitato di fermare la vostra attenzione su un senzatetto? Chiedervi come fa a vivere per strada e a sopravvivere nelle notti più fredde d’inverno?

Vi siete mai chiesti come trascorre le sue giornate, come sia finito in quelle condizioni e chi fosse e cosa facesse in un passato lontano?

Io me lo chiedo spesso, ma soprattutto mi chiedo come sia possibile, nel XXI secolo, accettare che un essere umano possa vivere in certe condizioni sotto gli occhi incuranti di migliaia di passanti.

Ma chiederselo e indignarsi non è sufficiente ad alleviare le pene di queste persone. E, se da una parte le istituzioni sembrano non interessarsi a queste problematiche umane, dall’altra, emergono realtà solidali di cittadini che non riescono a passare oltre indifferenti.

Ed è proprio questa parola che richiama il nome di un progetto tutto milanese, [!N]Difference, nato un anno fa dalla volontà di Nelson Gregory Francesca, Cecilia Maccacaro, Vanessa Faschi e Carlo Andrea Banfi quando, un pomeriggio di fine estate, in loro è emersa la necessità di dedicarsi a quelle persone vicinissime a tutti ma spesso invisibili agli occhi.

I primi mesi di attività sono stati sperimentali, il gruppo doveva prima capire chi aveva di fronte, di cosa i senzatetto che incontrava avevano bisogno e soprattutto si è dovuto guadagnare la loro fiducia.

Un aspetto che si è rivelato subito fondamentale è stato scoprire e conoscere tutte le realtà che già operano a Milano e portano aiuti di svariato tipo, dal cibo, ai vestiti, alle medicine.

In questo modo, pian piano [!N]Difference  è riuscito a entrare in punta di piedi nella vita dei clochard, aprendo così gli occhi sulle problematiche umane da cui sono afflitti e sulla loro condizione dimenticata dai più.

Quello che i ragazzi di [!N]Difference  hanno così capito è che “in strada non si muore di fame ma di solitudine”.

Hanno scelto di aiutarli in un modo diverso ed inusuale, ma anch’esso molto importante: il rapporto umano e la compagnia.

Lo scopo di [!N]Difference  è proprio quello di alleviare la solitudine delle persone che vivono ai margini, di dar loro voce e di ascoltare i loro bisogni e i loro punti di vista. [!N]Difference  crede che un reinserimento sociale sia fortemente possibile se alimentato da dialogo, spunti, riflessioni, amicizia e piacevoli chiacchierate in compagnia, nelle quali i senzatetto si sentono considerati e riescono ad esprimere le loro sensazioni più intime.

Oltre all’intensa esperienza umana, [!N]Difference  persegue ulteriori tre obiettivi:

  • fornire ai senzatetto tutte le informazioni pratiche che possano essergli d’aiuto (ad esempio consigliando loro le associazioni e i centri specializzati più idonei a risolvere problematiche specifiche);
  • fornire supporto nel trovare una soluzione pratica alle necessità quotidiane (per quanto piccole possano essere o possano apparire)
  • sensibilizzare l’opinione pubblica raccontando le loro storie e gli aneddoti del mercoledì sul sito e i suoi social network al fine di abbattere i muri del timore e del pregiudizio.

Nel corso di questo suo primo anno di esistenza, [!N]Difference ha ora al suo attivo una quarantina di volontari, che ogni mercoledì sera alle 20 si ritrovano davanti al Mc Donald di Piazza Duomo per poi passare la serata tra Corso Vittorio Emanuele e San Babila, con i vari senzatetto che popolano il centro.
Ci sono vecchi amici e nuove conoscenze e molti homeless dimostrano di aspettare con gioia questo momento conviviale e sereno.

[!N]Difference non manca di organizzare anche riunioni tra i suoi volontari, per presentarsi ai nuovi venuti e strutturarsi nel migliore dei modi.

Come anticipato precedentemente, [!N]Difference ha un sito, www.indifference.it dove raccoglie il resoconto di tutti i mercoledì sera e le storie dei senzatetto che ha conosciuto durante la sua attività.
Per tutelare la privacy delle persone conosciute, il progetto utilizza degli pseudonimi per narrare le sue vicende.

Il progetto è aperto a chiunque voglia provare l’esperienza anche solo per una volta; per partecipare è sufficiente mandare una email a info@indifferecne.it o contattare la pagina facebook https://www.facebook.com/indifferencemilano/

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