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Fu così che Milano è diventata la capitale morale

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Milano è diventata “capitale morale” del Paese grazie a un napoletano.
Era il 1881 e Milano organizzò l’Esposizione Industriale, sfidando Torino e i Savoia. In quell’occasione il napoletano Ruggero Bonghi, direttore del quotidiano milanese La Perseveranza, inventò la definizione “capitale morale”, che divenne l’etichetta di Milano agli occhi del mondo.
Già allora Milano si sentiva città guida del Paese e accolse con slancio questa definizione che innescò malumori in altre parti d’Italia, non solo a Roma.
Lo storico Renzo De Felice, negli anni Novanta, contestò la definizione affermando: “se c’è un mito della capitale morale, c’è un mito anche di quella reale. L’Italia ha solo due capitali: Napoli e Palermo, le uniche che ricordano Parigi, Madrid, Vienna.”

Fonte: https://angeloxg1.wordpress.com/2015/10/05/milano_capitale_morale/

Beauty Sushi Buffet con Secret Dinner e Vaniday

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Per la prima volta una Secret Dinner in collaborazione con Vaniday, la piattaforma online dove è possibile trovare e prenotare trattamenti di benessere e di bellezza nella città di Milano.

Vaniday e Secret Dinners ti propongono una cena segreta seguita da alcuni trattamenti di bellezza, in occasione della festa della donna. Il menù della serata prevede un abbondante Sushi Buffet, dell’ottimo vino super selezionato e una sorpresa targata Vaniday.

Partecipa con qualche amica e trascorri una serata informale, gusta il Sushi preparato da un Sushiman di fiducia e rilassati con i trattamenti di Vaniday.

E in più, se ti prenoti con Spotlime ti regaliamo un codice per avere uno sconto di 5 euro.

Che cos’altro puoi desiderare per la festa in rosa per eccellenza?

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Cosa fa la Lombardia contro lo smog? Lo abbiamo chiesto all’assessore Terzi

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All’indomani dell’ultimo scioccante report dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, dove si legge che sono 1.7 i milioni di bambini sotto i 5 anni che muoiono per cause legate all’inquinamento (dell’aria e dell’acqua) ogni 12 mesi, viene da chiedersi che cosa si stia realmente facendo per far fronte a questo immenso problema.
Subito si capisce come in questo mondo dove lo smog sta uccidendo più di quanto non facciano in un anno gli incidenti stradali ogni stato, regione, comune, cittadino stia cercando la sua strada per far fronte alla strage di questo killer silenzioso e diffuso: l’inquinamento dell’aria.
Così se la Germania crede nel blocco della auto più inquinanti, la Norvegia studia incentivi per le auto a basse emissioni, l’Inghilterra chiede a chi inquina di pagare di più, la Francia usa stickers colorati da applicare alle auto in base a quanto inquinano, gli Stati Uniti hanno cancellato il problema nascondendosi dietro il “negazionismo”, viene da chiedersi cosa stia facendo la Lombardia, una delle regioni, per cause morfologiche, più inquinate d’Europa.
Lo abbiamo chiesto alla persona che in Regione si occupa dell’argomento: l’assessore regionale all’Ambiente, Energia e Sviluppo sostenibile, Claudia Maria Terzi.
“Le azioni messe in campo dall’Europa confermano quanto sia importante la strada di un lavoro comune per affrontare la questione ambientale della qualità dell’aria che riguarda la maggior parte degli Stati europei”. Lo ha detto l’assessore in merito all’ultimo avvertimento inviato dalla Commissione Europea ai cinque Stati, fra cui anche l’Italia: Germania, Francia, Spagna e Regno Unito colpevoli di non aver affrontato le ripetute violazioni dei limiti di inquinamento dell’aria per il biossido di azoto (NO2).
“La Commissione – ha spiegato l’assessore regionale – ha esortato anche il nostro Paese ad agire per garantire una buona qualità dell’aria e salvaguardare la salute pubblica. In base alla direttiva 2008/50/CE sulla qualità dell’aria, infatti, viene stabilito il valore limite per gli inquinanti atmosferici, tra cui l’NO2; in caso avvengano superamenti, gli Stati membri sono tenuti ad adottare e attuare piani per la qualità dell’aria che stabiliscano misure adeguate a porvi rimedio nel più breve tempo possibile”.
“Abbassare le emissioni inquinanti non è semplice – ha aggiunto Terzi – Regione
Lombardia è da sempre in prima linea nel contrastare le maggiori cause d’inquinamento che gravano sia sulla nostra regione sia sul bacino padano. In particolare, siamo impegnati nella riduzione delle emissioni dai veicoli diesel da oltre un decennio, avendo stabilito una progressiva limitazione della circolazione dei veicoli più inquinanti, favorendo lo sviluppo di una mobilità pubblica a minor impatto ambientale”.
“Regione Lombardia continua a fare la propria parte – ha ricordato Terzi – già nel 2013 siamo stati la prima regione nel Paese ad approvare il Piano Aria (Pria – Piano regionale interventi per la qualità dell’aria).” Questo piano prevede ben 91 azioni di intervento, molte delle quali già in essere, una su tutte i fondi stanziati per il Trasporto pubblico locale.
“Insieme ad altre regioni del bacino padano – ha continuato la Terzi – abbiamo istituito un tavolo di lavoro per la qualità dell’aria con l’obiettivo di coordinare azioni comuni già dal 2005, rinnovato nel 2007 ed in ultimo con la partecipazione di 5 ministeri nel 2013. Ricordo, infine, che per quanto attiene alle emissioni di polveri sottili derivanti dalla combustione di biomassa legnosa in ambito domestico, abbiamo approvato una classificazione ambientale dei generatori di calore anticipando addirittura di cinque anni i contenuti della direttiva Ecodesign che porterà a una classificazione vigente in tutti i Paesi”.
“Stiamo lavorando da tempo alla riduzione degli inquinanti – ha concluso -, sono convinta che su questa partita si debba giocare un’azione comune non solo tra tutte le regioni del bacino padano, ma anche con lo Stato e la Commissione europea, per il rilevante contributo che questi livelli di governo possono garantire in termini di responsabilità sia dal punto di vista normativo, sia per quanto riguarda le relative risorse”.

Così nacque il traffico. Tutta colpa di un romano

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Marco Aurelio Valerio Massimiano Erculio, noto più semplicemente come Massimiano, nel 286 d.C. divenne imperatore romano e decise di spostare la capitale a Milano. Fino ad allora Mediolanum era un grande centro di commerci ma dopo la decisione dell’augusto si ritrovò sommersa dal traffico. Al commercio si aggiunse l’indotto generato dal ruolo di capitale e per la prima volta si registrarono ingorghi e difficoltà nei trasporti.

Nei pochi anni del suo regno Massimiano lasciò a Milano delle opere imponenti:
– un grande ippodromo o circo, il più grande dell’epoca delle tetrarchia, dotato di una parte monumentale con due torri, una delle quali esiste ancora trasformata in campanile del convento di San Maurizio Maggiore;
– un mausoleo ottagonale (uguale a quello nella villa di Diocleziano a Spalato) per il quale fece costruire un sarcofago di porfido egiziano. Dopo varie vicissitudini è divenuto il fonte battesimale del Duomo;
– ampliò notevolmente i palazzi imperiali, che davano direttamente sul circo;
– fece costruire delle mura dotate di torri a 24 lati, per uno sviluppo di circa 4,5 km.
– costruì le terme Erculee, in un’area a est della città.

David Lynch: The Art Life al Beltrade

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Il film ritrae il regista David Lynch nel suo studio sulle colline sopra Hollywood, mentre racconta aneddoti dal proprio passato, come fossero scene da un suo film.

Strani personaggi emergono come ombre dalle pieghe del tempo, ma solo per scomparire ancora di nuovo, lasciando un segno indelebile sull’artista e sullo spettatore.

David Lynch: The Art Life mette anche in luce le paure, le contraddizioni e gli sforzi che Lynch ha dovuto superare durante la propria carriera.

 

E mette in scena gli incontri con le persone che hanno contribuito alla sua formazione.

Appare così evidente che già da giovane Lynch vedesse il mondo in modo diverso, assimilandone le ombre e impiegando i propri sogni fino a creare gli affreschi visionari che hanno ipnotizzato il pubblico di tutto il mondo.

Il film, al cinema Beltrade ancora per qualche giorno, è un’occasione unica per approfondire l’opera di un regista che ha rivoluzionato il cinema.

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Moonlight, film da Oscar al Cinema Anteo

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Abbiamo sentito parlare molto di Moonlight.

Non solo per l’errore agli Oscar, il film che si è aggiudicato – non senza imbarazzi per il falso annuncio – il premio come “Miglior film” e si è aggiudicato la statuetta d’oro più importante è al cinema da un po’.

Se non l’hai ancora visto, puoi recuperare andando all’Anteo.

Moonlight rimarrà ancora un po’ nella programmazione.

Non perderlo.

Ma cos’è Moonlight?

Miami. Little ha dieci anni ed è il bersaglio dei bulli della scuola.

Sua madre si droga, e lui trova rifugio in casa di Juan e Teresa, dove può parlare poco, ma sa che può trovare le risposte alle domande che più gli premono.

Nero fra soli neri, dei suoi coetanei non condivide l’atteggiamento aggressivo, l’arroganza che indossano fin da piccoli.

Chiron – è questo il suo vero nome – non è un duro, ma nemmeno un debole.

È gay e, anche se non lo dice, non sa essere chi non è, non sa e non vuole adeguarsi, così si ribella e finisce in prigione.

Quando esce, Black è diverso, cambiato, apparentemente un altro, ma sempre lui.

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Come si chiamano a Milano i disoccupati

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A Milano non ci sono disoccupati.

Come si chiamano a Milano i disoccupati

#1 Freelance

E’ un termine della lingua inglese per indicare un soggetto che effettui un’attività assimilabile a quella di chiunque altro. Esprime disponibilità verso qualunque lavoro sottopagato.

#2 Angel

Fa finta di avere il grano, è disponibile a lavorare gratis.

#3 Coach

Cerca un lavoro ma gli basta anche starti vicino.

#4 Personal shopper

Faceva la commessa o l’autista della navetta per Serravalle.

#5 Influencer

Prima i disoccupati erano giornalisti, poi sono diventati bloggers, oggi sono influencers.

#6 Presso me stesso

Versione social.

#7 You tuber

Gli unici senza lavoro che guadagnano un sacco.

#8 Digital strategist

Ormai ha perso ogni speranza. Si è inventato una qualifica inutile di cui nessuno ha bisogno.

#9 Consulente

In attesa della pensione.

#10 Startupper

Sogna di svegliarsi una mattina con in numeri dell’enalotto. Se si definisce seriale significa che non ne ha azzeccata una.

MIlano è la capitale mondiale dei consolati

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Milano è la città al mondo che, dopo New York, vanta il maggior numero di consolati: tutti i principali paesi sono presenti, almeno con un ufficio commerciale o con un console onorario.

Milano è anche la città italiana che conta il maggior numero di gemellaggi con le principali città “non capitali” del mondo.

Le Cannibale presenta Motel Lachapelle

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Le-Cannibale

Motel Lachapelle ha sei camere, un giardino, mura in pietra di un vecchio monastero del 1400.

È ubicato in una strada al sud di Milano ed ha una particolarità: accoglie solo chi lascia libero il proprio estro e lo cavalca.

Apre le sue porte la notte del venerdì di Carnevale: trasgressione, fantasia, desiderio vi attendono varcata la soglia.

5 djs divisi in tre stanze.

Perditi tra le mura della casa del vizio: scegli il tuo costume e trasformati in un personaggio che incarna colore e follia.

Solo chi saprà raccontare una storia con il proprio corpo potrà conoscere i segreti di questo folle motel.

Le Cannibale e 4cento vi invitano a una festa di Carnevale come non ne avete mai viste.

Un tributo al genio del fotografo David Lachapelle e alle sue creature.

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ADOTTIAMO Roma: come Milano risolverebbe i problemi della capitale

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Siccome non ce la fanno, arriva SuperMilano che mette a posto Roma.

Adottiamo Roma: come Milano risolverebbe i problemi della capitale

#1 Il caos

Roma è ingolfata, ha una stratificazione di poteri che la paralizzano. Primo intervento per salvarla è di eliminare la politica, levando la capitale. Diventerebbe una città di provincia che vive di turismo e di sana amministrazione, come Todi o Venezia.

#2 La spazzatura

Lo sapete che a Roma ci sono ancora i cassonetti? A Milano la spazzatura devi portarla fuori ma non ci sono i cassonetti, ci sono bidoni per le raccolta differenziata o semplici cestini. I cassonetti vanno eliminati, subito.

#3 Assenteismo nei vigili urbani

Qui bisogna fare come Giulio cesare che reclutava i suoi legionari tra le tribù della Gallia Cisalpina. Mettere vigili urbani lombardi, non mollano mai.

#4 Le buche

Usare solo muratori bergamaschi, sono i migliori del mondo.

#5 I mezzi pubbici che non passano

Qui si deve mettere assieme creatività e concretezza che hanno reso grande Milano nel mondo.
Basta raddoppiare gli stipendi ma consegnarli agli autisti solo quando arrivano alla fermata.
Si potrebbe adottare un sistema automatico di conteggio che calcola lo stipendio sulla base dei chilometri percorsi: ogni corsa sarebbe una corsa a punti.

#6 Il ridotto orario di lavoro negli uffici pubblici

Dopo mezzogiorno si adotta il fuso orario di New York. Così vanno avanti a lavorare fino a sera senza pause.

#7 Scavi metropolitana

Il problema di Roma è che ad ogni colpo di zappa esce fuori un’antica rovina romana? Basta fare la metropolitana aerea, come a La Paz.

#8 Traffico

Milano è più piccolina ma ha l’area pedonale più grande d’Europa. Roma non può certo essere da meno: si deve chiudere la città al traffico. E per fermare subito la corsa ai pass, imporre la tolleranza zero ai permessi.

#9 Sindaco che non riesce a fare il sindaco

E’ un problema cronico che riguarda ogni colore politico e si estende a cascata su ogni tipo di amministratore. Visto che a Roma sono tutti amministratori, l’amministrazione va data in appalto all’esterno, non può più essere dei dipendenti pubblici. E il sindaco va abolito.

#10 Debiti senza fine

Bisogna fare dei bond mondiali per Roma. Oppure chiederli al Papa: il Grande Giubileo per la capitale della Chiesa, 5 euro a testa per tutti i cattolici.

MILANO CITTA’ STATO

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“Proviamoci. Mi impegnerò personalmente”. Beppe Sala a Milano Città Stato

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La città più creativa d’Italia

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I cittadini più creativi sono i residenti in Lombardia (1176), in Emilia Romagna (836) e Veneto (820).
Per città al primo posto sono i cittadini di Milano (498), seguiti da quelli di Bologna (340) e Roma (297). Agli ultimi posti si posizionano invece i cittadini di Basilicata (10), Molise (8) e Valle D’Aosta (5).
Per i marchi le città più creative sono Milano (4103), Roma (3618) e Torino (1334).
Oltre una su cinque nuove idee viene depositata a Milano.

Dati Senaf (elaborati su base UIBM, Ufficio italiano brevetti e marchi)

Humboldt Books: presentazione da VO LUME

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Questa sera appuntamento ricco da VO LUME con la casa editrice Humboldt Books.

La fotografa ed editrice Giovanna Silva e lo scrittore Ivan Carozzi si incontreranno in via Paladini.

E insieme approfondiranno il mondo, i temi e i libri di Humboldt Books attraverso una presentazione non convenzionale della casa editrice.

Humboldt Books è una casa editrice milanese specializzata in narrativa di viaggio.

Trae ispirazione dalle esplorazioni scientifiche del XVIII e XIX secolo.

La casa editrice raccoglie esperienze multidisciplinari, unisce saperi e tecniche per raccontare viaggi e paesi con sguardo attento e non convenzionale.

Giovanna Silva è Humboldt Books.

Ha pubblicato ‘Ontani a Bali’ con Emanuele Trevi e ‘Tutta la solitudine che meritate, un viaggio in Islanda’ con Claudio Giunta, ora alla terza edizione.

Ha dedicato libri di reportage ai deserti americani, alla Libia dopo la guerra, alle discoteche italiane e d’Europa (Nightswimming).

Nel 2014 ha partecipato alla Biennale di Architettura di Venezia.

Ivan Carozzi invece è scrittore e caporedattore a Linus.

È autore di ‘Figli delle stelle’ (Baldini&Castoldi 2014) e ‘Teneri violenti’ (Einaudi Stile Libero 2016).

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MONCUCCO: il segreto di un nome bizzarro e di una cronaca nera

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Se sul navigatore digiti Moncucco o ti trovi a Vernate, dalle parti di Pavia, in un tempietto dalle parti di Brugherio, più verosimilmente potresti imboccare una strada chiusa tra via Imperia e via Rimini. Quella che, alla fine dei Navigli, procede verso ovest.

Ma perché si chiama Moncucco, e perché è così famosa a Milano?
Ecco 5 cose a proposito di Moncucco che ci raccontano una fetta di storia di Milano.

#1. Perché si chiama Moncucco

Non è che solo la Moncucco di Milano si chiama così. Tutte le Moncucco – di Monza, Brugherio, Torino… – pare debbano il loro nome ad un francesismo, retaggio delle invasioni.
Per quella identificata dall’omonima Cascina, l’origine più plausibile del nome è quella latina da mons cucus, cioè piccolo rilievo del terreno, ma sono presenti anche ipotesi francesi: da mon cucco, il mio cucco, il cuculo – il perché, al momento, non è dato sapere -, e moncuc, il cascinale detto alla francese.
Questa pare la soluzione più accreditata: questa è terra di cascinali.
Tra invasioni galliche e francesi, di colonizzazioni, questa fetta di Lombardia, ne ha viste parecchie!

#2. Perché vale la pena andare a Moncucco

Nell’autunno del 2016, l’omonimo cascinale seicentesco è stato portato a nuova destinazione da IULM, grazie al contributo del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, della Regione Lombardia e alla concessione in comodato rinnovabile dell’immobile da parte del Comune di Milano.
Con una grande inaugurazione, nella quale si è esibito pure Franco Battiato, Moncucco è ora sede di una Cascina Moncucco: uno studentato per circa 100 giovani e spazio per attività culturali per la cittadinanza organizzate da IULM.

#3. Moncucco è un campus universitario in stile lombardo

La Cascina Moncucco ha riportato a nuova vita un’area in stato d’abbandono. La struttura è diventata una residenza in formato casolare pensato per accogliere 100 persone tra professori, studenti, spazi comuni, più una quindicina di camere attrezzate anche per disabili. Nell’ampia corte centrale si terranno eventi e momenti di aggregazione.

#4. Moncucco, ‘la nera’

La sera del 3 novembre 1979, al ristorante “Le streghe” di Via Moncucco va in scena una delle pagine di cronaca nera più cruente di Milano.
E’ una storia di cosche, famiglie mafiose dalla quale.
Ad un segnale non ancora identificato, dentro l’osteria scatta l’inferno: due avventori aprono il fuoco.
A far scattare il grilletto sono “faccia d’angelo” Francis Turatello, il re della Ligera, altro noto quartiere burrascoso a Milano, ed Antonio Epanimonda, mafioso da Catania.
Anche l’annoiato padrone del locale, Antonio Prudente, è altrettanto compromesso negli ambienti della mala: lui sarà uno degli 8 morti crivellati dai colpi.
Verranno arrestati tutti: Turatello morirà in carcere nel 1981, orribilmente sventrato. (fonte: http://nientecomelillusione.blogspot.it/)

#5. Moncucco a fumetti

La strage di via Moncucco ha ispirato autori e illustratori. Alcuni collezionisti ricorderanno ‘ATTUALITA’ NERA N. 80 IL MASSACRO DI VIA MONCUCCO”, una ricostruzione fantasiosa e a fumetti dei fatti della strage.

PAOLA PERFETTI

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Taxiwars all’Arci BIKO

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Taxiwars, fomazione composta da Tom Barman, fondatore e frontman dei dEUS, Robin Verheyen (sassofonista), Nicolas Thys (bassista) e Antoine Pierre (batterista), arriva al BIKO.

La formazione, composta, poliedrica e validissima, ha all’attivo numerose tappe, dopo solo un anno di attività. Si è infatti esibita nei piccoli jazz club ai festival più prestigiosi.

“Fever” è il loro ultimo lavoro e sa di jazz purissimo, 100% sotterranei, tavolini, fumo di sigaretta, caffè lungo, luci soffuse, batteria ovattata.

 

E che rivivrai questa sera al concerto dei Taxiwars all’Arci BIKO.

Dove uesta sera i Taxiwars daranno vita ad un live unico per presentare il loro ultimo disco.

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I 5 migliori ristoranti per mangiare cucina regionale a Milano

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Abitare a Milano non vuol dire solo avere la fortuna di poter avere una vastissima scelta di ottimi ristoranti italiani (i migliori li abbiamo riportati qui) o etnici (che ritrovate qui), ma anche poter ritrovare i gusti del tutto unici delle nostre regioni. Abbiamo selezionato 5 tra i migliori ristoranti a Milano in cui assaggiare le cucine tipiche regionali, siete d’accordo con noi?

Il capestrano
Il ristorante adatto in cui assaggiare le famose pallotte al formaggio e uovo (di cui vi parlai già in questo articolo) e perdersi tra i veri arrosticini abruzzesi, senza rinunciare all’eleganza e all’atmosfera soft di un locale curato nei minimi dettagli.

Delicatessen
In Corso Buenos Aires c’è un dolce angolo di Trentino: spazle, bretzel, marmellate e innumerevoli dolci altoatesini, tra cui provare il leggendario strudel (rigorosamente con panna) e la Schwarzplententorte, con farina di grano saraceno e marmellata di mirtilli, accompagnata da un buon succo di mele.

Hosteria Il Castelletto
Chiamatelo crescentina, torta fritta o più semplicemente gnocco fritto; accompagnatelo con Lambrusco e salumi nostrani, terminate il tutto con tigelle al miele o marmellata… e vi sembrerà di essere sui colli bolognesi a bordo di una Vespa 50 Special con Cremonini in persona.

Ristorante pizzeria Maruzzella
34 anni di vera pizza napoletana vicinissima alla fermata di Porta Venezia. Mozzarella di bufala campana DOC, forno a legno e mani volenterose. Da provare gli ottimi calzoni e le schiacciate.

Antica trattoria della pesa
Chi si dice milanese e non ha mai mangiato all’ Antica Trattoria della Pesa, non è degno di nominare il nome Ambrogio, né di varcare le porte del Duomo. Il miglior posto al mondo per assaggiare la vera cassoeula, l’ossobuco con risotto alla milanese e, naturalmente, l’amata cotoletta.

Milano è la sola città al mondo ad aver vinto la CHAMPIONS con 2 squadre

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La classifica delle vincitrici della champions league di calcio è:
1. Real Madrid 13 vittorie
2. Milan 7
3. Liverpool 5
3. Bayern Monaco 5
3. Barcellona 5
6. Ajax 4
7. Inter 3
7. Manchester United 3
9. Juventus 2
9. Porto 2
9. Nottingham Forest 2
9. Benfica 2
Altre 10 squadre (nessuna italiana) l’hanno vinta una volta sola.
Milano è l’unica città ad aver vinto la champions con due squadre diverse.

Altre curiosità:
– Per nazione, la Spagna è prima con 16 champions vinte, seguita da Italia e Inghilterra con 12
– il Milan è anche la terza squadra in Europa per numero di champions vinte per numero di champions giocate (25%), dietro ad Aston Villa e a Nottingham Forest (che però ne hanno giocate molte meno)
– Nell’edizione 2002-03, durante la semifinale tra Milan e Inter, per la prima e unica volta nella storia della Champions League gli incontri di andata e ritorno si disputarono nello stesso stadio (Giuseppe Meazza). Il fatto fu poi ripetuto durante i quarti di finale del 2004-05.

MILANO CITTA’ STATO

Carnevale in Porta Venezia

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Se sei un appassionato di travestimenti e a Carnevale non rinunci al tuo costume. Se sei in cerca di un diversivo ad un mercoledì uggioso, ma anche se hai deciso di fare un giro e basta.

A Porta Venezia sono iniziati i festeggiamenti di Carnevale.

Ogni giorno, fino a domenica, una valanga di cose da fare, posti da scoprire, pranzi luculliani da finire.

Abbiamo selezionato qualche indirizzo di Carnevale per districarti nella fitta rete di locali di Porta Venezia.

Per iniziare pensiamo alla pancia.

Lo so, tra tortelli, chiacchiere e quant’altro ti sembra di non poter ingerire nient’altro.

E invece sono sicura che un posticino per una cena fuori ce l’hai.

Hai anche la scusa perfetta per rimandare di qualche giorno la famigerata dieta per le vacanze, che vuoi di più?

In Porta Venezia, al Consorzio Stoppani, dal 28 febbraio al 4 marzo per Carnevale arriva un menu variopinto con castagnole, tagliatelle arlecchino, rosticciata di carne e per finire tortelli con crema e cioccolato.

Vino al calice, acqua e caffè inclusi.

Se sei affamato di hamburger in tutte le salse, Cherry Bomb Burger fa al caso tuo.

Dal 28 febbraio al 5 marzo, Bun viola, burger di lenticchie, salsa rocktail, flower cheddar, pomodori confit, germogli di soia e insalata… una vera “bomba” di sapori.

Oppure c’è il Carnevale spagnolo da Albufera.

O la pasta fresca di Pasta Fresca Brambilla.

Insomma, esci e non pensarci più.

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Fuggi fuggi per la Brexit: Oxford va a Parigi. Cambridge a Milano?

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Breaking News tutta anglosassone ma con interessanti risvolti per Milano. Il Daily Telegraph ha pubblicato indiscrezioni che riguardano una delle più antiche e rinomate Università della Gran Bretagna, Oxford.

Dopo 700 anni in patria, si legge sul quotidiano inglese, l’università di Oxford sta stringendo accordi con la Francia per aprire un campus a Parigi. Questa in breve, sarebbe la risposta di uno dei più prestigiosi istituti universitari del mondo alla Brexit.

E non sarebbe l’unica. Sembra che anche l’Università di Warwick, a Nord di Londra, sia stata contattata dai francesi. Questi dirimpettai della Gran Bretagna, ex-nemici, oggi più che mai amici, hanno quindi offerto alle due università inglesi una scappatoia in vista della perdita dei finanziamenti Ue che da qui a due anni, se la Brexit dura della May avrà un seguito, cadrà su di loro come una mannaia.

Basti pensare al fatto che perderanno ogni accesso ai finanziamenti messi in campo dall’Ue con il programma Horizon 2020. Un programma che è un vero e proprio strumento finanziario di attuazione di “Unione dell’Innovazione”, un’iniziativa faro della strategia Europa 2020 volta a difendere e garantire la competitività globale dell’Europa. Con un budget di 80 miliardi di euro, il nuovo programma per la ricerca e l’innovazione dell’UE è la spinta per la creazione di nuova crescita e nuovi posti di lavoro in Europa.

Il programma è aperto a tutti e presenta una struttura semplice che permette ai partecipanti di accedere più facilmente ai finanziamenti e concentrarsi su ciò che è veramente importante per la realizzazione dei loro progetti. Dunque piccole e medie Imprese, università, aziende attive nel settore tecnologico, istituti di ricerca, ricercatori possono partecipare al programma, ma solo se sono dentro l’Unione.
A Oxford è stato detto che se aprirà un campus in Francia, questa acquisirebbe subito lo status giuridico francese e potrebbe quindi continuare a ricevere i finanziamenti UE. Come parte della proposta francese, le università britanniche potrebbero spostare i corsi di laurea e i programmi di studio a Parigi e creare titoli di studio e laboratori di ricerca congiunti. Se Oxford e altre Università accettassero questa proposta, la costruzione dei nuovi campus a Parigi potrebbe iniziare già nel 2018.

Un portavoce di Oxford ha detto che non è stata ancora presa nessuna decisione ma ha aggiunto, lasciando intendere a chi vuol capire: “Oxford è sempre stata un’università internazionale ed è determinata a rimanere aperta al mondo qualunque sia il futuro panorama politico”.

Ma se Parigi si è fatta avanti con Oxford, perché Milano non potrebbe ad esempio farsi avanti con un’altra antica e inglesissima istituzione Universitaria dall’afflato altrettanto internazionale come Cambridge?

Non c’è tempo da perdere per i governanti italiani e per gli amministratori di Milano che, con un po’ di lungimiranza, potrebbero cogliere l’attimo fuggente della Brexit per fare di Milano non solo un hub dello stile e del design, ma anche della formazione e dell’innovazione, in una Europa che, se da una parte sta perdendo pezzi, dall’altra potrebbe darci delle opportunità da cogliere per crescere e prosperare.

Sara Enrico – À terre, en l’air

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Sara Enrico parte dalla danza, scandendo lo spazio espositivo e dialogando col pubblico ispirandosi al linguaggio coreografico.

Il tutto da’ vita ad un insieme multiforme con cui si potrà interagire.

Nel linguaggio della danza, con il termine à terre vengono indicati i passi che si eseguono a terra, mentre con en l’air sono indicati quei passi che si eseguono staccandosi da questa.

In occasione della sua personale, Sara Enrico rilegge TILE come uno spazio composto e scandito da linee sulle quali costruire una partitura.

Immaginando tempo e spazio della mostra attraverso una modalità ispirata al linguaggio coreografico, l’artista installa i suoi lavori creando un’interazione tra i lavori stessi e tra questi e il pubblico, il tutto per mezzo di un particolare concetto di performatività dell’opera.

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Dimmi come ti VESTI e ti dirò che umore hai

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E’ mattina, la sveglia suona, corriamo in doccia, facciamo colazione e poi, arriva inesorabile il momento dell’apertura dell’armadio e con esso l’immancabile domanda: come mi vesto oggi?

Care milanesi, avete mai fatto caso che il nostro umore influenza il modo di vestirci e pettinarci e spesso, ciò che indossiamo è l’espressione di come stiamo dentro?

Che ci crediate o no la scelta degli abiti che indossiamo ogni giorno è fortemente condizionata dal nostro stato d’animo, anche se non ne siamo consapevoli.

Lo conferma una ricerca condotta all’Università di Hertfordshire, nell’Inghilterra Orientale.

Secondo uno studio ideato da Karen PineProfessoressa di Psicologia, ciò che le donne scelgono di indossare rivela l’umore che provano quel giorno: se sono tristi o felici, se sono ben disposte verso la giornata che sta per cominciare o se la affrontano con sfiducia e una stanchezza psicologica che si trascinerà fino a sera.

Al questionario su cosa indossano quando si sentono depresse, hanno risposto 100 donne, rivelando un dato sorprendente: il capo indossato nei “giorni no” è un paio di jeans. Lo sostiene il 57% del campione analizzato contro soltanto il 2%, che dichiara di estrarre dall’armadio jeans e maglietta quando si sente ottimista e in forma. È più facile inoltre indossare il proprio capo preferito quando si sta bene (62% delle intervistate) piuttosto che quando si è giù di corda (6%).

In realtà, già Sigmund Freud sosteneva che la percezione dei colori rappresenta un sistema parallelo e alternativo a quello verbale, un sistema che influisce in modo profondo sul nostro modo di essere e di comportarci. Anche le sperimentazioni effettuate recentemente all’Università di Padova, hanno provato che le emozioni positive sono sempre accompagnate da colori chiari come il giallo o arancio, mentre quelle negative vengono associate ai colori scuri, tipo grigio, marrone, nero.
Inoltre, conta molto anche la saturazione e, più la tinta è piena, più comunica positività; altro dettaglio è il modo in cui si combinano i colori tra loro: il rosso e il nero insieme, per esempio, esprimono rabbia, mentre giallo e nero incutono paura.

Ma perché i colori sono associati a delle reazioni? La spiegazione è semplice ed è psicologica: i colori sono sempre legati agli oggetti della nostra esperienza; il grigio ci sembra triste, perché è la tinta della morte. Il rosso (il primo ad essere percepito alla vista quando nasciamo) si associa al sangue, alla vita e alla passione. Il giallo è il colore del sole, perciò energico, e il blu, colore del mare, è rilassante.

Ma cosa comunicano gli abiti che portiamo?

Il modo di apparire è in stretta correlazione con quello che siamo dentro e viceversa. Ad esempio, indossiamo abiti solari ed eccentrici se siamo euforici, capi scuri e poco curati se quel giorno siamo tristi.

Ma andiamo a vedere più nello specifico quali sentimenti suscitano i colori, e quali personalità stanno dietro ad uno specifico abbinamento cromatico:

ARANCIONE:  è simbolo di armonia interiore, di creatività artistica e sessuale, di fiducia in se stessi e negli altri. Chi lo indossa esprime gioia e affermazione del suo Io, buonumore e altruismo. Consigliato ai reumatici e come attivatore dell’intestino (stipsi). Inoltre, l’energia elettromagnetica dell’arancione è sulla stessa frequenza vibratoria della catena del DNA.

BIANCO: è il colore della purezza, delle perfezione. Chi veste di bianco tende alla libertà. Il colore bianco comprende tutti i colori dello spettro luminoso e come significato sta agli antipodi del nero: infatti simboleggia il confine che segna l’inizio della fase vitale. Rivitalizza tutto l’organismo. E’ un colore fresco e solare che apporta energia.

BLU: Il colore del mare e del cielo, il colore più presente in natura. Simbolo di armonia ed equilibrio, nonché di calma, il colore blu ha la facoltà di rilassare portando equlibrio nella sfera emotiva. Le persone che vestono di blu chiaro tendono all’ introversione e a una certa chiusura esterna. E’ il colore del temperamento flemmatico. E’ elegante e raffinato, trasmette quiete emotiva e padronanza di sé. Scegliere con costanza il blu può esprimere il desiderio di un ambiente calmo e ordinato, libero da fastidi e disturbi. Considerato tra i colori freddi, usato nell’abbigliamento intimo più che attrarre può trasmettere un senso di distanza. Usato in eccesso può far sprofondare nella malinconia da stemperare con qualche tocco di colore più caldo.

GIALLO: il colore del sole, chi veste di giallo si sente bene con se stesso. Il giallo rappresenta l’estroversione, il successo, la libertà e richiama ad una personalità forte. Abbinato al terzo chackra,  è simbolo della  conoscenza e dell’energia. Utilizzarlo stimola la razionalità e il cervello sinistro, migliora le funzioni gastriche e tonifica il sistema linfatico. Indossare qualcosa di giallo dà luce, risalto e vivacità, come l’arancio fa ritrovare la carica quando si è stanchi o scarichi. Quando però il giallo è pesantemente accentuato può esprimere voglia di leggerezza, il desiderio di lasciare alle spalle delusioni, difficoltà e periodi tristi.

GRIGIO: simboleggia la neutralità, il disinteresse. Chi indossa il grigio vuole mettere una barriera tra se e il mondo, non vuole essere coinvolta. E’ il colore della nebbia e della tristezza. E’ simbolo di distacco che denota un atteggiamento di auto protezione. Il grigio conferisce prudente attesa di fronte alle scelte. E’ serioso e, in quantità massicce incupisce.

NERO: il colore della notte, è associato al potere, ma anche alla sventura e del lutto. Il nero è la negazione del colore per antonomasia e rappresenta il confine che segna la conclusione della fase vitale. Snellisce la figura. Può essere portato di sera, ma andrebbe evitato di giorno, poiché blocca la penetrazione cutanea delle radiazioni elettromagnetiche dei colori e gli scambi con l’esterno. Esalta il rosso (forza e potere), con il giallo esalta il potere intellettuale e con il rosa il potere sociale. Il nero è da evitare in caso di depressione. Trionfa negli armadi di donne e uomini di ogni età. E’ tra i colori più indossati, amato protagonista dalla mattina alla sera. Qual’è il segreto del suo potere intramontabile? Discreto, profondo, modaiolo, elegante, minimalista, il nero si accorda a molti stati d’animo, ad ogni situazione e stagione. Elegante, misterioso e raffinato, è il più indossato nelle feste importanti e molto usato da chi lavora nel settore moda. Misterioso, impenetrabile come le profondità del nostro inconscio. Lascia vedere solo lo strato superficiale del tessuto, tra le sue pieghe si possono nascondere pensieri ed emozioni che non si vogliono mostrare. Sotto il nero si può mascherare un’altra identità o celare una personalità più colorata, solare o trasgressiva da svelare solo come, quando e con chi si vuole. Pratico, il nero si accosta facilmente con gli altri colori senza il timore di abbinarli, è rassicurante, fa sentire al riparo dagli sguardi altrui quando non si vuole essere troppo in vista. Nel nero si può cercare rifugio dall’eccessiva invadenza dell’apparire. Azzera le differenze, manda tutto a terra, amava dire l’intramontabile Coco Chanel. Di classe e discreto è considerato un passe-partout ma non passa inosservato. Delinea la silhouette, la scolpisce o la esibisce in un gioco di scollature che mette in risalto i punti nudi del corpo, richiama l’attenzione sull’incarnato della pelle, sulle forme. 

MARRONE: è un colore caldo che richiama la terra, trasmette sicurezza e attaccamento alle radici. Ottenuto dalla combinazione del rosso, del giallo e del nero, il colore marrone è simbolo di soddisfazione a livello fisico. Comunica il desiderio di non volersi mettere troppo in mostra ma può anche rispecchiare uno stato d’animo tetro.

ROSSO: il colore della passione, del fuoco, dell’energia. Chi veste di rosso non ha paura di apparire, richiama il bisogno di agire. Il rosso è anche associato all’aggressività. E’ simbolo del sangue e dell’energia vitale, sia mentale che fisica. Un tocco di rosso infonde coraggio e quel pizzico di grinta per superare situazioni che intimoriscono o fanno sentire sotto esame. Chi indossa il rosso come tonalità dominante nell’abbigliamento è vivace ed estroverso, con una tendenza ad imporsi nelle relazioni. Energico e in continuo movimento, vuole conquistare rapidamente i propri obiettivi. Usato in eccesso sottolinea un temperamento a volte aggressivo. Chi si veste di rosso si fa senza ombra di dubbio notare.

VERDE: il colore della speranza, della natura, dell’equilibrio energetico. Chi lo indossa è una persona riflessiva ed equilibrata e con una forte autostima. Il colore verde simboleggia la perseveranza e la conoscenza superiore.  Chi lo indossa cerca l’equilibrio e la riflessione. Il suo effetto è rilassante e rinfrescante, quindi perfetto in caso di emicrania o insonnia. Il verde nelle sue infinite tonalità rivela spesso una persona di temperamento. Indossare il verde aiuta a calmare una mente molto attiva, un momento d’ansia, la tensione prima di affrontare una prova.

VIOLA: colore della sensualità e spiritualità. Prediletto dalle persone sensibili che cercano calma e padronanza emozionale. Nello spettro luminoso, il colore viola è posizionato agli antipodi del rosso e simboleggia l’attitudine a identificarsi con il prossimo. Le tonalità più chiare esprimono sensualità, le più scure spiritualità. E’ fortemente controindicato nelle depressioni. O lo si ama o si odia.  Nasce dall’incrocio del rosso, tono delle passioni materiali, con il blu che trascende la materia e si eleva verso il cielo. E’ il colore prediletto da personalità con una spiccata sensibilità che riescono a vedere il lato nascosto delle cose. Particolarmente utile quando si cerca equilibrio interiore, calma e padronanza emozionale.

ROSA: E’ il colore della femminilità, rappresenta amore, dolcezza, gentilezza, ma è anche associato all’ingenuità e alla debolezza. Simbolo della capacità di dare e riceve amore, il colore rosa conferisce passione e vitalità nell’amore per gli altri e per se stessi. Stempera l’aggressività e risolleva l’umore, è il colore dell’amore romantico e dell’affettività, comunica emozioni tenere, complicità, dolcezza.

Non solo i colori rivelano il nostro stato d’animo, ma anche gli stili dei capi che indossiamo lo possono influenzare. Lo sapevate che sembra esserci anche un tipo di vestito per ogni umore?

Ecco alcune tipologie di abbigliamento e cosa comunicano:

  • Abiti fluidi a tinte tenui: questi capi di abbigliamento, insieme ad un trucco lieve e ad accessori semplici, ma eleganti, esprimono personalità introverse; se invece ci vestiamo così solo in certi periodi, allora significa che in quella situazione non vogliamo essere troppo appariscenti e preferiamo rimanere in disparte.
  • Vestiti molto larghi: le persone che indossano abiti ampi, magari lunghi e poco attillati stanno attraversando una situazione in cui si sentono oppresse e vogliono “aria” o, essendo timide, cercano di nascondersi dallo sguardo altrui.
  • I jeans, come rivelato dalla ricerca dell’Università Inglese di Hertfordshire, vengono indossati soprattutto quando siamo tristi.
  • Abiti curati, accessori coordinati, colori come rosso o arancio, sono lo stile preferito quando ci sentiamo felici, sicuri di noi e propositivi.
  • Abiti non abbinati o poco curati, scuri e soprattutto blu, sottolineano un umore rabbioso.
  • Scarpe basse o scarpe alte? A parte comodità e stili di vita, tendiamo ad indossare le prime quando ci sentiamo con i piedi per terra, mentre le altre, quando vogliamo darci un tocco di sicurezza.
  • Anche gli accessori fanno la differenza: su cappelli e scarpe trendy ricadono le scelte di quando si è felici.

Allora cosa indossare se…

Dal momento che gli abiti influenzano l’umore, a seconda dello stato d’animo possiamo decidere di indossare determinate cose: in questo modo miglioreremo la nostra giornata.

  • Siamo arrabbiati?
    É un periodo nero, dove tutto e tutti ci innervosiscono? Proviamo a mettere vestiti e accessori di colore verde tenue e scarpe o calze rosse.
  • Ci sentiamo chiusi e intimiditi da una situazione?
    Scegliamo abiti ampi, poco aderenti ma colorati; in questo modo l’abbigliamento ci infonderà un po’ di fiducia.
  • Siamo tristi?
    Optiamo per un bel rossetto rosso o aranciato, pantaloni o abiti con tinte solari e scarpe con un po’ di tacco. Ci sentiremo subito meglio, la malinconia si attenuerà e saremo pronti ad affrontare la giornata nel modo migliore.

Gli psicologi, autori dello studio, concludono che il forte legame tra abbigliamento e umore suggerisce che chi si sente bene, sembra amarsi di più e voler ulteriormente valorizzare la propria immagine, non solo per presentarsi meglio agli altri, ma anche per soddisfare il proprio piacere personale. Un abbigliamento più dimesso, invece, segnalerebbe una trascuratezza che è, in primo luogo, rivolta a se stessi, nonché uno scarso entusiasmo e una ridotta energia che tolgono il desiderio di apparire gradevoli e invogliare gli altri a entrare in relazione con noi. Insomma, “indossare abiti più o meno gradevoli è più un fatto nostro individuale che riguarda la nostra percezione di noi stessi e del nostro umore” – dice la professoressa Pine.

Le conclusioni degli psicologi inglesi, quindi, ci stuzzicano riflessioni interessanti: ”Questi studi confermano che non solo noi siamo quello che vestiamo  ma diventiamo quello che vestiamo”.

E i maschietti cosa ne pensano?  Vi vestite anche voi in base all’umore? Attendiamo i vostri commenti.

 

Fonte:

“FLEX: Do Something Different. How to use the other 9/10ths of your personality”, pubblicato sulla Rivista dell’Università di Hertfordshire, Gennaio 2012

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