La continentalità del clima milanese si fa sentire nelle escursioni termiche stagionali: si va dai 30 °C di media nelle massime di luglio agli 0 °C di media nelle minime di gennaio.
Un effetto positivo dell’inquinamento è di produrre un microclima interno più caldo di quello della periferia che può arrivare fino a 3-4 gradi di differenza nelle notti invernali.
mare culturale urbano, hub creativo che ha conquistato tutta Milano con le sue rassegne e i suoi appuntamenti imperdibili, ritorna in una veste invernale con un focus sulla musica jazz e i concerti dal vivo.
In collaborazione con Novara Jazz, continua la rassegna di concerti jazz a mare culturale urbano.
Dedicati a tutti gli appassionati e a quei neofiti che nelle atmosfere jazz trovano il tepore tanto agognato in questi giorni di inverno inoltrato, mare ti aspetta anche questa settimana .
I gruppi, selezionati dai direttori artistici dell’associazione culturale Rest-Art, daranno vita ad un martedì musicale in cui l’imperativo sarà la buona musica dal vivo.
Insieme a quella voglia, che non ci abbandona nemmeno con l’inizio del nuovo anno, di assaporare suggestioni nuove, in quel locus amœnus che è mare culturale urbano.
L’iniziativa che si muove sull’asse Lombardia-Piemonte vede protagonista questa sera il Johnny Lapio & Arcote Project per un martedì sera che si rispetti.
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Il nuovo album de The Flaming Lips da quando è uscito è al centro di numerose polemiche.
Che vertono tutte, stranamente, sulla collaborazione con Miley Cyrus, chiamata alle armi per collaborare Miley Cyrus & Her Dead Petz.
Che però, almeno per quanto mi riguarda, allontana la band da quella stretta somiglianza con una litania da tempio del signore che è There Should Be Unicors, contenuta invece nel loro ultimo album, Oczly Mlody, uscito da poco che è un po’ na lagna.
Pare che alla critica musicale non vada molto giù il fatto che Wayne Coyne sia il BFF della wrecking girl di Disney Channel.
E tutti, ma proprio tutti, quelli che si sono espressi finora sull’album non hanno potuto esimersi dal commentare con una punta di ironia questa collaborazione.
Come se le collaborazioni con artisti pop e definiti mainstream possa inquinare, traviare e far ammalare i grandi nomi della musica.
Come se innestasse un virus pericolosissimo nei loro corpi e facesse dimenticare loro chi sono, da dove vengono e via dicendo.
Il punto è questo: provate ad ascoltare un intero concerto di Oczly Mlody e a prendervi contemporaneamente sul serio.
Il massimo grado di soddisfazione sarà non addormentarsi.
Provate invece ad ascoltare un’ora di concerto di Miley Cyrus & Her Dead Petz.
Scommettiamo che vi divertirete pure?
Ma visto che in Italia ci piace tanto essere tradizionalisti, godiamoci un concerto soporifero, sperando che ad una certa Wayne Coyne e soci tirino fuori Do You Realize? che fa sempre coro.
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In via De Amicis nelle vicinanze delle colonne di San Lorenzo ci sono delle bambole appese al muro. E’ il wall of dolls, il muro delle bambole, installazione realizzata da 50 brand della moda per mandare un appello al Ministro dell’Istruzione per introdurre nelle scuole l’Educazione Sessuale e Sentimentale per combattere il femminicidio.
Pochi sanno che l’ideatrice dell’installazione è Jo Squillo, che nel 1981 incise la provocatoria: “Violentami sul metrò”.
La stand up comedy è anglofona al 100% o almeno i natali sono anglofoni.
È un modo di fare spettacolo irriverente che elimina la quarta parete canonica nelle scene teatrali.
Ha raggiunto il mainstream, toccando un pubblico vastissimo e ormai incontenibile con Louis C.K.
E recentemente ha trovato spunti intimisti e a tratti drammatici con lo show di Neal Brennan “3 mics” (lo trovate in questi giorni, fresco fresco di registrazione su Netflix).
Anche a Milano sembra che il genere stia cominciando ad attecchire in maniera massiccia.
Stanno spuntanto infatti, cavalcando un po’ la scia della tendenza, serate e appuntamenti vari che celebrino la comicità.
E la Santeria non è da meno: questa domenica nasce infatti il Comedy Club.
Per l’occasione sarà Saverio Raimondo, voce e volto di Comedy Central, a fare gli onori di casa.
E lo fa chiamando a raccolta alcuni dei talenti della comicità 100% dop italiana – dimenticatevi “Made in Sud” e affini, qui si ride sul serio, senza usare stereotipi culturali che anche basta -.
Il cast di oggi prevede: Alessandro Ciacci, Martina Catuzzi, Luca Ravenna e Michela Giraud.
Non ti resta nient’altro da fare che arrivare presto, se vuoi puntuale e metterti seduto comodo.
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Zero è quella guida cartacea e tascabile, che si presta da vent’anni agli usi più svariati: far colpo sulla tipa che ti piace, scoprire posti nuovi, placare la fame di cultura e la sete di cocktail.
Alcuni hanno provato pure a farci dei filtri con gli angolini di Zero e anche lì il risultato è stato valido.
Zero rappresenta Milanoin primis e la sua voglia di far festa, sbottonarsi la camicia, tirarsi a lucido e darci dentro, ma anche un modo unico di informare su quello che succede in città.
Su Zero hanno scritto i paladini della notte, gli scrittori di oggi, i giornalisti di ieri e gli artisti di domani.
Tutti conoscono Zero.
Attiva a Milano – dov’è nata e dove ha il suo headquarter – presente anche in altre città, Zero ha sancito per molte di noi quel passaggio dalla pre-pubertà di serate passate in casa all’età semi-consapevole in cui inseguire l’artista indie che ci faceva battere il cuore.
E per festeggiare vent’anni di onorata carriera, Zero ha deciso di dar vita ad un evento di dimensioni cosmiche, chiamando a raccolta la meglio gente in fatto di musica e l’artiglieria pesante in materia di buon bere.
Ci sono tutti.
Da Tyler a Stefano Fontana, passando per Bassi Maestro, Tiberio del Rollover; c’è Lele Sacchi e c’è pure Guiducci. E c’è pure Burlon, Marcelo.
Ad annaffiare il tutto ci pensano i migliori barman di Milano.
Dal Rita alla Santeria Social Club, passando per Lacerba e tutti i posti a cui sei più affezionato, stai pur certo di trovare uno dei campioni della mescita al Macao stasera.
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Dopo il grande buzz provocato dall’articolo le 10 cose che i romani invidiano di Milano le nostre talpe disseminate nella capitale ci hanno fornito una nuova lista esclusiva della serie macchevelodicoaffà.
10 cose che i romani dicono dei milanesi
#1 Se la tirano tanto. “Anche le donne fanno le fighe, sanno tutto. Questo non è del milanese in quanto tale ma di chiunque metta piede a Milano. Già il solo stare a Milano è per molti un motivo di vanto, soprattutto se si viene da fuori”
#2 Si credono chissacché “I romani pensano che i milanesi vogliano sempre farsi credere importanti. A Roma l’importanza viene data dalle amicizie che si hanno, un mio caro amico è…, mentre il milanese si misura dal ruolo che occupa”
#3 Pensano che lavorano solo loro Ai romani irrita l’atteggiamento che il milanesi ha nei loro confronti: “il fatto è che a Roma il lavoro non lo si ostenta come fanno i milanesi. Ad esempio, il milanese ti dice: Sono uscito alle 10, lo dice con soddisfazione, mentre il romano si lamenta”. “I milanesi se lavorano te lo dicono 100 volte di più”
#4 Siete attaccati a dei luoghi comuni “Ci giudicate sempre con un atteggiamento di superiorità. Il metro è Milano: per voi quello che si fa a Milano è il modo ottimale. Se ci si discosta in più o in meno significa essere inferiori. Specie sullo stile di vita: in realtà seguiamo semplicemente orari diversi”
#5 Ormai i romani copiano i milanesi “Molti a Roma prendono a riferimento a Milano per vantarsi di ciò che fanno. Dicono: Eh, l’hanno fatta pure a Milano o c’è anche a Milano, come dire che allora è una cosa figa”
#6 I romani pensano che Milano sia il posto più figo d’Italia “Per i lavori, i servizi e il divertimento. Milano è associata a New York” “A roma ci sono locali stupendi che se fossero a milano sarebbero pompati a mille”
#7 Se lo dice un milanese, allora è vero “I romani si fidano dei milanesi. Mia mamma dice che le uova a milano sono più fresche, perché lo dicono i milanesi e se lo dicono i milanesi è vero”
#8 Al milanese dà fastidio che Roma sia capitale “Roma sottolinea spesso che è la capitale perchè pensiamo che ai milanesi questa cosa dà fastidio. Stare sotto Roma è una cosa che vi andare di matto”
#9 Il romano accetta in fondo in fondo che il milanese sia avanti “Anche se non lo ammetterebbe mai, la verità è che per il romano è assodato che Milano sia avanti. Se prova a dire il contrario lo fa solo per provocare”
#10 I romani sono innamorati di Milano “Tutti i miei amici vorrebbero venire a vivere a Milano. Però non sanno che cosa li aspetta”
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4 ottobre 1860. Fanno la loro comparsa sulle strade di Milano cinquanta Agenti della Pubblica Sorveglianza Urbana, con una divisa blu, guanti neri, un bastone, una pistola nascosta e un cappello a cilindro.
Sono stati istituiti per decisione del sindaco Antonio Beretta che teme per l’accoglienza dei milanesi: dopo secoli di dominio straniero è preoccupato che la gente non abbia più voglia di divise e di armi.
Invece i milanesi mostrano simpatia per i loro “survegliant” e li soprannominano “Ghisa”. Tra le teorie sull’origine del nome c’è quella della forma del cappello che sembra un cilindro di ghisa e quella che invece risalirebbe più alla costituzione dei primi vigili, che furono scelti di corporatura molto robusta, simile all’acciaio.
Tra le numerose varietà esistenti è impossibile che non trovi quella che ti piaccia.
Noi lo assimiliamo a quella tradizione tutta italiana dell’impasto sul tavolo da lavoro.
Mentre mani sapienti e un po’ rugose lavorano con pazienza maniacale, sfornando quel paio di chili che sazi un esercito.
Ma il raviolo non è solo appannaggio del Belpaese.
E l’evento che si terrà questo fine settimana da Eataly ti porta a conoscere proprio i ravioli che vengono da ogni angolo del globo.
Ci sono proprio tutti: quelli buonissimi della Ravioleria Sarpi, ampliatasi da poco con altre proposte (il mega Nikuman è una di queste), c’è anche la cucina uzbeka della signora più dolce del mondo che ha un ristorante – il Liberty 38 – che è una poesia.
E ci sono anche quelli alto-atesini di Delicatessen.
Insomma, dall’Alpi alle Piramidi, dal Manzanarre al Reno, da Oriente a Occidente e via così per tutto il mappamondo il raviolo è una mano santa.
E oggi lo trovi in bella vista, pronto per essere mangiato.
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Nell’articolo su dove si potrebbe costruire la nuova Milano, l’ipotesi che ha riscosso maggiore entusiasmo è quella di creare un’isola artificiale fuori dalle acque territoriali. Il grande vantaggio è che mentre 7 miliardi di persone si ammassano sopra il 25% di terre emerse, Milano potrebbe fare da pioniere per la conquista dei 3/4 di superficie rimanente del pianeta, per ora completamente disabitata. Milano sarebbe la prima città al mondo che si crea la sua colonia in mare aperto e porterebbe finalmente il mare a Milano.
Come potrebbe essere the Real Milano Marittina, la colonia che ci vorrebbe per Milano
Per rispettare la tradizione la nuova Milano sarebbe a cerchi. Il primo più piccolo e poi all’aumentare della popolazione verrebbero aggiunti cerchi via via sempre più larghi. Chiunque può decidere di attaccarsi alla città, essendo in acque internazionali. Potrebbe diventare infinita.
Per dare un’identità di Milano si riapriranno i navigli. Avremo un clima perfetto, umido come Milano, probabilmente senza zanzare. Avrebbe un sacco di vento che lascerebbe pulita l’aria e grandi orizzonti che al momento purtroppo ci mancano. Già che ci siamo, creiamo una montagna artificiale più alta del mondo, anche se probabilmente avrebbe un costo infinito.
Sarebbe finalmente una free zone, in acque internazionali, potrebbe dotarsi di leggi proprie e battere moneta propria: lo sghei.
Con l’ingegno milanese e la no tax area nascerebbe grandi eccellenze mondiali. Ci sarebbero i cantieri navali più grandi del mondo, saremmo primi al mondo nella costruzione di sottomarini e di portaerei. Risuscitiamo la Caproni e facciamo idrovolanti. L’unico collegamento esistente con l’Italia sarà con l’idroscalo.
La Pirelli sposterebbe la sede, rilanciandosi come leader nella produzione di cavi sottomarini. Milano sarebbe prima al mondo nel settore della costruzione di isole artificiali che sarà uno dei grandi business del prossimo millennio. Numeri uno nelle startup, nel digitale, numeri uno nei server galleggianti per tenerli freschi. Nascerebbero nuove industrie, come società di ricerca di tesori sottomarini, galeoni affondati, cose così. Anche nella finanza spacchiamo tutti, altro che Brexit, e con la free zone ci sarà zero evasione fiscale.
A livello energetico sarebbe a impatto zero e completamente autosufficiente, grazie a delle turbine dove ci sono correnti marine in grado di creare un’energia infinita.
Si importerebbero da Milano tutte le coltivazioni autoctone che prenderebbero nomi e forme nuove. Gli immigrati verrebbero accolti a braccia aperte perché si avrebbe bisogno di marinai e se saranno riusciti ad arrivare fin lì si potranno rivelare utili.
Per gli amanti dello sci ci saranno bellissime piste di sci d’acqua. Sarà il paradiso del Kite surf e di ogni tipo di sport acquatico. Invece delle cantine ci sono i porti, a ognuno sarà consentito di avere la barchetta. Come a Milano c’è la falda alta, ma in questo caso per risolverlo si fanno i vaporetti.
Per creare un po’ di varietà urbanistica si procederà alla colonizzazione del fondo marino. Alla base della nuova Milano sorgerà la nuova frontiera, la Deep Milano con campi di coltivazione di alghe.
Carla Dal Forno fa musica in maniera meravigliosa.
La sua voce, che sembra essere preludio ad una litania, si accorda perfettamente con le basi che sceglie.
E che contribuiscono – insieme al suo cantato sinuoso – a fare di ogni sua esibizione una novità assoluta.
Cantautrice, polistrumentista, è un’artista artista multiforme e in continua evoluzione.
Carla Dal Forno è australiana, ma attualmente residente a Berlino.
Una città che più di altre si presta ad accogliere le suggestioni più disparate, soprattutto in ambito musicale.
Sembra un territorio sempre debitamente concimato, da cui provengono sia prodotti fuffa che novità degne di nota.
Una su tutte quella che porta a Standards la giovane artista.
Come la giovane artista che questa sera si esibirà in una performance live.
Membro dei F Ingers e dei Tarcar (con Tarquin Manek), Carla Dal Forno precedentemente lavorava con il gruppo culto di Melbourne i Mole House.
Nell’autunno 2016, dopo diverse collaborazioni sulla stessa, da’ alle stampe il suo primo album solista ‘You KnowWhat It’s Like‘ sull’etichetta Blackest Ever Black.
Se cerchi atmosfere oniriche, se vuoi scoprire un universo parallelo in cui a farla da padrone sia il synth-wave e le sue nuove leve, il concerto di Carla Dal Forno è quello di cui hai bisogno.
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Abbiamo deciso di lanciare i 100 giorni di Milano Città Stato, in cui non saremo più noi a dire perchè Milano Città Stato, ma invitiamo tutte le persone che hanno a cuore Milano ad esprimersi.
Quest’anno di attività è stato impiegato soprattutto nel pensare a come noi intendiamo la città stato e perchè la riteniamo la soluzione migliore per Milano e per il Paese. In particolare riteniamo che in un momento di difficoltà, Milano debba avere il ruolo di laboratorio di innovazione politica e sociale. Per esserlo deve poter avere un’autonomia simile a quella che hanno le principali città d’Europa. Quest’anno abbiamo anche dato molto spazio proprio a come sono organizzate diverse città stato internazionali, come: Londra, Parigi, Berlino, Hong Kong, Madrid, Amburgo, San Pietroburgo o Bruxelles. Caratteristica di tutte le città stato è quella di non prevedere mediazioni tra sé e il governo del Paese. E questo è ciò che chiediamo per Milano: di poter trattare direttamente con Roma senza passare da organi intermedi come la Regione. Sempre nell’anno appena trascorso abbiamo mostrato che diventare una città stato è consentita dalla Costituzione (articoli 132 e 116), anzi, caldeggiata nell’articolo V in cui si afferma che la Repubblica “promuove le autonomie locali” e “attua nei servizi che dipendono dallo Stato il più ampio decentramento amministrativo”. A livello internazionale la tendenza a dare più autonomia alle città dai rispettivi stati è promossa dal Consiglio d’Europa e dall’ONU, che affermano che l’autonomia delle città è “uno strumento di democrazia e partecipazione dei cittadini”.
I 100 giorni di Milano Città Stato
Parte ora l’invito a fare un nuovo passo nel progetto. Abbiamo deciso di lanciare i 100 giorni di Milano Città Stato, in cui non saremo più noi a dire perchè Milano Città Stato, ma invitiamo tutti i cittadini ad esprimersi. Per 100 giorni a tutti i personaggi che si sono espressi pubblicamente per Milano Città Stato, domanderemo perchè Milano Città Stato? Invitandoli a esprimere i motivi per cui sostengono quest’idea. Allo stesso modo invitiamo tutti voi che ci seguite non solo a scriverci dandoci la vostra risposta sul perchè Milano Città Stato, ma se davvero ritenete come noi che questo sia un gran bene per la nostra città, vi chiediamo di invitare i vostri conoscenti, i vostri amici, i vostri contatti Facebook a scriverci per dire anche loro perchè Milano Città Stato.
Alla fine dei 100 giorni tutti coloro che si saranno espressi con le loro opinioni e le loro aspettative, saranno invitati in un’assemblea che avrà il compito di arrivare a una sintesi condivisa tra le diverse istanze, per procedere a un’azione comune rivolta al governo di Roma. Un’azione che deve essere un’espressione di tutte le forze politiche e sociali che abbiano in comune il bene di Milano, al di là degli schieramenti e della diversità di idea. Perchè questo per noi deve essere Milano Città Stato: un’iniziativa fatta per il bene esclusivo della nostra città. Facciamo Milano Città Stato tutti assieme e, una volta fatta, torniamo a dividerci.
A Milano può capitare persino di ritrovarsi in un condominio con al suo interno un antico campanile. Lo si trova in via Pietro Giannone 9, nell’area chiamata Chinatown, a nord del parco Sempione.
Si tratta dell’unico resto del monastero della Santissima Trinità, citato dallo storico Bonvesin de la Riva nel 1288. Il convento fu demolito negli anni Sessanta, per fare posto a nuovi palazzi. Ma si decise di lasciare intatto il campanile. Per una ragione fondamentale: si trattava dell’unico elemento originale del convento del duecento. Il resto era andato distrutto per poi essere ricostruito nel settecento.
La Taschen è quella collana che colora la casa e riempie la libreria.
Dall’arte classica a quella contemporanea, dalla moda alla fotografia, Taschen salva sempre i regali last-minute.
Quei regali per cui non ti viene in mente nient’altro di valido.
Per i neofiti dell’arte, ma anche per gli addetti ai lavori, ogni volume della Taschen riempie gli scaffali della libreria e arreda casa.
E credo che sia un regalo sempre apprezzato da ricevere.
Oggi però svuota il negozio e, con un evento creato ad hoc, ti invita a portare a casa quanti più volumi possibile.
Li trovi tutti, i volumi del catalogo, ad un prezzo speciale, per dar fondo alle ultime finanze.
E a quel rimasuglio di tredicesima che ancora non avevi speso.
A partire dalle 18 fino alle 22, nello shop di via Meravigli, in zona Cordusio, un aperitivo con dj set a cura di Nora Bee e gli sconti del 50-75% sui volumi in catalogo.
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Milano Marittima non ci basta. Bisogna farci una colonia. Ci siamo chiesti: se volessimo costruire una nuova Milano, dove la potremmo fare?
4 luoghi dove si potrebbe far nascere la nuova Milano
#1 A 30 Km a sud di Milano
Tanti si lamentano che Milano ha poco verde. Per farla diventare una delle città più verde del mondo basterebbe costruire la nuova Milano 30 chilometri a sud, mantenendo in mezzo il parco agricolo. In questo modo unendo Milano alla sua colonia si avrebbe una metropoli con in mezzo un parco enorme, che farebbe impallidire il Central Park o il Tiergarten.
#2 Alle falde del kiliminangiaro
Collegamento con la tradizione musicale italiana, vicini alla montagna per ritrovare l’atmosfera delle Alpi e anche per avere un clima più temperato. Si avrebbe poco fuso orario, che renderebbe più facile il collegamento lavorativo con Milano. L’Africa avrebbe senso perché è il continente meno intaccato, c’è lo spazio e bisogna contrastare l’invasione dei cinesi. Ottimo anche per riequilibrare i fenomeni migratori.
#3 Un luogo estremo
Il Milanese ama le grandi sfide. Si potrebbe andare al polo sud che è di tutti e di nessuno. Un altro vantaggio è che ha ampi spazi ed è il posto giusto per chi ha voglia di fare, che è la caratteristica principe della nostra gente. Il problema dell’Antartide è che metà dell’anno è buio e metà è alla luce.
#4 Creare un’isola artificiale fuori dalle acque territoriali
Saremmo così la prima città al mondo che si crea la sua colonia in mare aperto. Darebbe finalmente il mare a Milano e potrebbe portare civiltà nelle aree marine più selvagge. Per fare il colpaccio si potrebbe costruire al di sopra di giacimenti petroliferi. O, ancora meglio, creare delle turbine dove ci sono correnti marine in grado di creare un’energia infinita. Per rispecchiare la tradizione di Milano sarebbe fatta a cerchi, come una vera isola, aggiungendo un nuovo cerchio se arrivano nuovi entranti, potrebbe potenzialmente essere una città infinita. E poi avrebbe la metropolitana navale.
Il panettone risale ai tempi in cui a Milano c’era Leonardo Da Vinci. Ma questa volta lui non c’entra, così almeno sembra. Lo zampino ce lo mise invece il cuoco al servizio di Ludovico il Moro. Incaricato di preparare un pranzo di Natale dimenticò il dolce nel forno, da cui lo estrasse quasi carbonizzato.
A quei tempi c’era poco da scherzare: per errori come questi si rischiava la testa, ma il cuoco sbadato mentre era in piena disperazione venne savato dall’intuizione di un giovane sguattero di nome Toni che gli propose: «Con quanto è rimasto in dispensa – un po’ di farina, burro, uova, della scorza di cedro e qualche uvetta – stamane ho cucinato questo dolce. Se non avete altro, potete portarlo in tavola».
Il cuoco seguì il consiglio e portò il dolce ai convitati. Ludovico lo fece chiamare e lui si preparò al peggio, temendo una dura punizione. Altro che punizione! I commensali erano entusiasti e il duca gli chiese il nome di quel dolce così buono. «L’è ‘l pan del Toni», rispose il cuoco. Da allora il “pane di Toni”, ossia il “panettone, è diventato il dolce di Milano.
“Controcuore” è il nome della struttura di ghisa che sta tra il camino e la sua cornice marmorea.
È un elemento di unione, di protezione e adattamento.
Controcuore è un incontro fuori tempo e fuori spazio di tempi e spazi diversi.
Ma è anche il titolo di un libro in cui Mario Milizia mette insieme alcune delle poesie scritte da lui nel 1992 insieme l’analisi del suo DNA, effettuata mediante il Genographic Project con lo scopo di risalire e ricostruire la mappa genealogica delle sue origini ancestrali.
Che scopriamo essere greca, spagnola e portoghese.
Queste poesie sono state recentemente tradotte in Latino e i linguaggi dei tre paesi, grazie ad un gioco linguistico che li riscrive, reinventano il loro senso.
Questa l’origine dei sette arazzi in mostra a VIASATERNA, sui quali sono cuciti i versi, prodotti originariamente usando la tecnica del cut-up.
Una tecnica usata fin dalla fine degli anni ’50 da Brion Gyrin e William Borroughs.
E che oggi torna a vivere in un dialogo perpetuo con chi eravamo e con chi diventeremo.
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Qualcuno sostiene che Shinkai voglia spodestare il maestro Miyazaki.
Sono solo supposizioni, ma se fino ad ora i tentativi rimanevano vani, con il nuovo film di Shinkai la possibilità di un nuovo record di incassi sembra avvicinarsi in maniera più concreta.
Miyazaki con La città incantata aveva portato a casa un risultato di 230 milioni di dollari al botteghino, mentre Shinkai si attesta a 175.
Cifre da capogiro, ma che ci parlano distintamente del nuovo andamento cinematografico.
Della crescente passione per i film d’animazione, per le atmosfere oniriche dai dettagli contemporanei e attualissimi e di una scuola cinematografica che ha portato il film d’animazione alla ribalta, concludendo un’era in cui i cartoni animati venivano assimilati solo ad un pubblico infantile.
Tre giorni, quelli a disposizione per trovare il cinema più vicino a te e andare a vedere Your Name di Shinkai. Io te l’ho detto, secondo me vale la pena.
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Come diceva Manzoni la milanesità è un’attitudine che non è innata ma può essere acquisita. In un momento in cui l’Italia sta andando a picco, può essere utile a tutti sapere come si fa a trasformarsi in milanese.
10 passi per TRASFORMARE chiunque in MILANESE
#1 Accelerare
E’ la prima condizione. Bisogna abituarsi a fare qualunque cosa più veloce: nei modi di fare, parlare senza divagare, ma soprattutto quando ci si muove. Il milanese quando passeggia cammina, quando cammina corre. Perché camminare a Milano è spostarsi dal punto A al punto B nel modo più veloce del mondo. Non dimenticare poi di imparare ad infuriarsi con chi va lento.
#2 Bisogna essere in grado di rispondere senza tentennamenti alla domanda “di cosa ti occupi?”
Il milanese deve sempre sapere che cosa sta facendo. Deve saperlo dire preferibilmente usando termini inglesi, specie se non fa nulla. Obiettivo non è di soddisfare la curiosità di chi ha fatto la domanda, ma è di impressionare sempre. Deve trasformare ciò che fa in qualcosa di immaginifico.
#3 Abituarsi a parlare di lavoro sempre
Deve sempre fare finta di fare sempre qualcosa. Arrivare in un posto sapendo già di dover andare da un’altra parte, essere da una parte ma avere già tre altri appuntamenti in tre luoghi differenti, al limite andare in posti inutili. E in tutti i posti bisogna passare per 5 minuti per poter dire “non ci siamo visti ma io c’ero”.
#4 Saper dire ueeeeee, feeeeega, con l’accento giusto
E capire il corretto significato di sticazzi a Milano, che ha un significato diverso da Roma. Può servire frequentare degli anziani con il solo scopo di apprendere degli aneddoti sulla città da sfoderare all’occorrenza, ma senza entrarci in confidenza. E imparare a dire con disinvoltura Taaaccc!
#5 Avere sempre un posto da millantare quando chiedono cosa fai nel week end
Studiarsi durante la settimana gli eventi cool nel raggio di millecinquecento chilometri per poter dire “sono andato a Londra perchè c’era una mostra imperdibile”, “ho mangiato il Tofu ad Anversa perché è il migliore del mondo” o “come il salmone del fiume Tweed non c’è nulla al mondo”.
#6 Correggere la toponomastica
Si dice Santa, non Santa Margherita Ligure. Courma, non Courmayer eccetera eccetera. Non sognarsi di chiamare Parco Aniasi il Parco Trenno, mai dire Stadio Meazza invece di San Siro. Non sbagliare a inserire le denominazioni usate dai milanesi sui programmi di navigazione, non corrispondono quasi mai: tipo se digiti Courma ti manda in un paesino dell’India.
#7 Mettere l’articolo davanti ai nomi propri
Si dice IL Mario, IL Gianni, IL Pirla. Dare nomignoli, tipo Francesco è Franz, meglio se tedeschi o nordici. Avere sempre amici stranieri da nominare nelle conversazioni e una certa propensione per tutto ciò che è austroungarico. Dire sempre “questa è una cosa di design, design, design” (ripetuto con tono più smorzato), tipo “Voglio fare un ristorante di design”, “ho dei piatti di design…”
#8 Imparare a parcheggiare in una mossa
A Milano vale più della carta d’identità.
#9 Cosa studiare
Serve sorbirsi un po’ di film e di scene tipiche con Pozzetto, Celentano, Paolo Rossi dei tempi d’oro, Abatantuomo quando non fa il terruncello, gli Aldo Giovanni e Giacomo ma solo d’annata, non di quelli di oggi che piacciono ai non milanesi. Occhio che spesso i milanesi di successo nel resto d’Italia a Milano sono terribilmente out. Di solito erano famosi quindici anni fa.
#10 Laurearsi in sharing
A Milano il senso della vita è come ti muovi. Occorre avere almeno 3 tessere di car sharing, sapersi districare con la migliore combinazione tra mezzo pubblico, passaggio dell’amico, car sharing, uber, senza dimenticare di fare almeno tre minuti a piedi per avere l’odore di CO2 e di PM10. Poi devi comprare lo scooter o la bici. La bici deve costare più dello scooter, la prima regola è quella. Se no non hai capito come funziona. E poi te la devi fare rubare perché a tutti i milanesi gliel’hanno rubata almeno una volta. E’ un rituale di iniziazione.
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Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità.
Il primo, l’apripista a tutti i market che sono nati successivamente, il favoloso East Market torna anche quest’anno.
E lo fa con un’edizione speciale East Market, prevista questa domenica che celebri ogni inizio, ogni nuovo capitolo e ogni partenza – anche quelle più in sordina.
Tra una selezione di abiti, vinili, street food che risolve l’annoso dilemma domenicale del “che cosa mangiamo”, la domenica avrà un altro sapore.
Inoltre continua il progetto EAST MARKET dedicato al mondo della street art. 5 artisti potranno dar scrivere, disegnare, tratteggiare, colorare e dar sfogo alla loro vena creativa su uno dei muri della fabbrica.
Sempre più Tacheles questo East Market, sempre più vivo.
Gli artisti si esibiranno a mano libera con diverse tecniche, usando pennarelli, acrilici e vernici, dando libero sfogo a diversi stili e idee.
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