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Il fondatore della BOCCONI ha un’edicola al Monumentale

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ferdinando bocconi

Ferdinando Bocconi, senatore del Regno d’Italia, imprenditore nel settore tessile, inviato dell’esercito italiano nel Mezzogiorno per la repressione del brigantaggio, proprietario della Rinascente ante litteram, fondò l’Università che ancora oggi porta il suo cognome nel 1902, per assicurare alla città di Milano una classe dirigente colta, preparata e convergente all’imprenditorialità.

Leggi anche: Quando invece dei soldi si ereditava una università

Dopo aver raggiunto la massima notorietà e acquisito le maggiori onorificenze, Ferdinando Bocconi morì nel 1908, ricevendo sepoltura presso il Cimitero Monumentale. E non in una posizione qualsiasi, bensì proprio al suo ingresso, all’interno di un maestoso edificio composto da quattro colonne monolitiche, con grandi sculture rappresentanti la Speranza, il Dolore, la Maternità, la Rassegnazione e la Religione, tutte in canonico stile liberty, e con al centro, sopra un ricco basamento decorato, un maestoso Cristo in croce contornato dagli angeli.

Il monumento dedicato a Bocconi tecnicamente è un’edicola, cioè una struttura funebre solitamente commissionata da influenti famiglie che desiderano la tumulazione dei propri membri in luoghi sontuosi, in questo caso presso il Monumentale. La parola edicola deriva infatti dal latino aedicŭla, “tempietto”.

Un palco alla Scala dedicato, una rettoria col suo nome, un’Università prestigiosa e pure un’edicola: Ferdinando Bocconi, in vita, si è preso tutto.

Leggi anche: Alma Mater Mediolanum

 

Looperfest and Zuartday 2018: la street art a Milano

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La street art è quel tipo di arte che o viene sottovalutata o non viene proprio considerata.

Eppure, i writer che si occupano di creare della street art in tutto il mondo spesso hanno background artistici notevoli e sono conosciuti soprattutto per le loro doti di disegnatori, grafici e illustratori.

La street art, purtroppo, viene spesso associata alla delinquenza di strada, ma non è affatto così.

Quando si parla di “street art” si intendono tutte quelle decorazioni murarie volte ad abbellire i muri e gli edifici delle città, non a rovinarli (come, invece, fanno tutti coloro che si armano di bomboletta spry e, a momenti non sapendo nemmeno come tenerla in mano, imbrattano in malo modo le strade con le loro firme, o tag).

Proprio per celebrare questo tipo di arte, torna a Milano una delle manifestazioni dedicate alla street art più importanti d’Italia: il Looperfest & Zuartday 2018, che da questo venerdì fino a domenica riempirà di colori via Zuretti, in quel del Municipio 2.

La sede di quest’anno sarà B&B Zuretti61 -precisamente in Via Zuretti 61, nel Vicolo del Fontanile – e durante le giornate di questo appuntamento i muri della struttura si coloreranno progressivamente di murales, graffiti e disegni di alcuni dei più abili writer in circolazione.

Il Looperfest & Zuartday 2018 prevederà tanti laboratori creativi, conferenze e, soprattutto, un’immersione di mille colori in questo universo creativo ai massimi livelli.

Questo venerdì si inizia alle 10.30 con una writing live session presso il Vicolo del Fontanile – precisamente, in via Zuretti 71 -, il quale argomento principale sarà “Power of Women” e vedrà all’opera tutti gli artisti partecipanti all’evento.

Dopo questi tre giorni, vedrai la street art con occhi diversi.

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Aperitivo Jazz all’Apollo Club

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Il jazz è quella musica che riesce a scioglierti stress, ansie e preoccupazioni in un colpo solo.

Il jazz è quel sound che riesce a far dondolare la tua anima su languide note come a ipnotizzare i tuoi piedi per coinvolgerli in danze sgambettanti.

Il jazz è quel repertorio che puoi prevedere, ma non puoi prevedere, perchè non sai mai se quello che stai ascoltando è il repertorio della band o qualche improvvisazione dell’ultimo istante.

Il jazz è ciò che riesce a rendere più leggero persino il pre-weekend, quel giorno in cui sei felice perchè la settimana sta per finire, ma allo stesso tempo stai scalpitando perchè non è ancora giunto il venerdì.

E sarà proprio il jazz ad essere protagonista… dell’Aperitivo Jazz dell’Apollo Club, che ogni giovedì, a partire dalle 19.00, fornirà ottime pietanze, freschissimi drink e performance live per gli amanti del genere.

Tra le proposte del menù aperitivo, che potrai avere a 10 euro, potrai trovare manicaretti allettanti per i carnivori, come le focaccine con Prosciutto San Daniele e kren, finocchiona e pasta di nduja, ma anche i vegetariani avranno pane per i loro denti, grazie a pinzimonio, allo yogurt affumicato e alla focaccia all’origano che potranno trovare all’Apollo Club… e non dimentichiamoci che a contornare il tutto ci saranno drink, birra e vino.

Volevi un modo gustoso e interessante per attendere il weekend a ritmo del jazz? L’hai trovato.

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Wicky PRIYAN: “A Milano dico: è tempo di fare, ma c’è bisogno di più persone con grande cuore”

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Wicky Priyan

Il cibo, un fattore che caratterizza al contempo la storia e la tradizione d’Italia, così come ogni città internazionale che si rispetti. Abbiamo deciso di pubblicare una serie di interviste a grandi chef che hanno scelto Milano e che ogni giorno contribuiscono a renderla grande.

WICKY PRIYAN, Sri Lanka

Ristorante: Wicky’s Wicuisine

Wicky PriyanQuando a tarda sera ha finito di servire i suoi clienti con “rispetto, disciplina e responsabilità” (concetti cardine, questi, che riprenderemo più avanti), una delle cose più belle per lo chef Wicky Priyan è quella di camminare per il centro di Milano, degustando un buon sigaro e osservando i tanti scorci silenziosi ma così straordinariamente espressivi di questa città. In piazza Duomo regna la pace, niente file né sotto la Madonnina né per Palazzo Reale: non ci sono più persino i piccioni. In Galleria anche il toro riposa finalmente dopo una giornata di gioie doloranti. La Scala ha chiuso i suoi portoni e se si è fortunati, chiudendo gli occhi, si riescono a percepire le vibrazioni di immortali melodie.

“Sono passati 12 anni da quando sono arrivato a Milano – sottolinea lo chef e titolare dell’omonimo ristorante di corso Italia, un vero tempio della cucina tradizionale giapponese che, con l’aggiunta di contaminazioni mediterranee e proprie novità, il suo fondatore definisce semplicemente ‘Wicuisine’ – al termine di un viaggio di 8 mesi in Italia. Mi sono innamorato sia della Sicilia che di Milano dove infine ho scelto di vivere. Per 5 anni ho lavorato come chef, poi ho voluto rischiare e ho aperto una mia attività, quando ancora non si parlava di Expo, prima vicino corso Genova e dal 2015 vicino al Duomo. Questa città per il momento ha saputo farmi rinunciare a grandi opportunità, da Tokyo a Londra fino a New York dove mi vorrebbero in tanti”.

 

Burocrazia, aria inquinata, traffico e via dicendo: ma chi glielo fa fare di restare a Milano?

“Veramente scriva pure che in Italia e a Milano avete anche una mentalità e un cuore chiusi”.

 

Scritto. E…?

“Devo purtroppo dire che la cucina asiatica da voi non è considerata alla pari delle altre cucine. E io e tanti come me per quanto possano essere ottimi chef e bravi lavoratori in generale, sono considerati sempre prima di tutto stranieri. Ricordo anni fa quando andai a chiedere di entrare nella cucina di un locale milanese. Il proprietario mi disse che il mio lavoro al massimo era pulire per terra. Prima di andarmene, gli risposi che un giorno avrei fatto un ristorante di successo. Lui nel frattempo ha chiuso ed io sto continuando la mia strada”.

 

Wicky Priyan
Andrea Berton, Hiroshi Sakurai, Beppe Sala, Andrea Aprea e Wicky Priyan, all’evento sul sake Dassai

 

Qual è la sua strada?

“Il mio obiettivo è quello di creare una grande cucina internazionale, non solo la migliore di Milano o d’Europa: la ‘Wicuisine’. Sono nato nello Sri Lanka, la mia famiglia viveva in un villaggio ayurveda, sono cresciuto tra gli odori e i sapori di mia madre che cucinava per tutta la famiglia, ho studiato il giapponese, criminologia, le arti marziali e ho avuto la fortuna di imparare l’antica cucina giapponese – prima di tutte quella kyotese – da maestri di eccellenza”.

 

Wicky Priyan

Nella foto: il Sushi Kan, 8 pezzi di aburi nighiri. 1) Tonno con salsa speciale 2) Angus con lamelle di tartufo 3) Salmone, zenzero e menta 4) Gambero Siciliano e salsa di pomodoro 5) Cappesante, sale e yuzu 6) Ricciola 7) Baccalà pomodoro e bottarga 8) Mazzancolla pesto e capperi.

 

E se a questi ingredienti aggiungiamo un po’ di Italia…

“Se il mio cervello oggi ‘ragiona’ ancora per il 90% in giapponese e il 10% milanese, per le materie prime siamo al 90% di Italia e 10% di Giappone. Il pesce arriva rigorosamente fresco tutti i giorni e il menù è fatto in base solo al pescato quotidiano: siamo in contatto con vari pescherecci di Liguria, Sicilia e Sardegna. Il massimo della qualità prima di tutto. Il resto spetta a me: mio padre diceva che ‘Il cuoco è come un musicista: sono il talento e la sensibilità che hanno le nostre dita a fare la differenza’”.

 

Wicky Priyan

 

Dietro al bancone di Wicky’s ci sono due ideogrammi, quale significato hanno?

“Quello di cui parlavamo prima: uno è il rispetto, l’altro la disciplina. Che generano poi la responsabilità: verso se stessi, verso gli altri, verso la società. Questi tre elementi insieme formano quello che io definisco ‘cuore’”.

 

Quello che appunto non hanno i milanesi?

“Diciamo che quasi tutti i milanesi e gli italiani in generale dovrebbero andare almeno una volta in Giappone e approfondire – appunto – rispetto, disciplina, responsabilità. Con questo non che tutti i giapponesi siano perfetti: l’80% è abbastanza razzista, chiuso, ma l’altro 20% ha un cuore immenso e manda avanti quell’intero straordinario Paese”.

 

Ma allora se lei ha vissuto 30 anni in Giappone e da 12 è a Milano, un po’ di cuore c’è anche qui…

“Sì, devo dire che oltre a essere una città dove è possibile fare vero business, qui ho trovato tante persone che hanno creduto in me, hanno parlato bene di me, da clienti a fornitori a gente incontrata semplicemente per strada, in Galleria: a tutti loro sono molto riconoscente. Ma sono tutti donne e uomini che viaggiano, si mettono in discussione, si muovono. Sono loro stessi la dimostrazione che tutto è possibile, che questo mondo può essere cambiato, in meglio.

Io ho voluto creare Wicky’s per Milano. Ho ascoltato la mano, il cervello e il cuore… Mia mamma quando ero piccolo mi diceva di toccare la pentola perché il pasto veniva più buono: ci sono cose che non si possono spiegare, che sembrano irrazionali…

A Milano dico: è tempo di fare, ma c’è bisogno di più persone di grande cuore. Se osservate bene il lottatore di sumo che ha lottato e vinto la sua gara, prima di ricevere il tradizionale dono, muove velocemente la mano: in quel momento segna l’aria con il simbolo del cuore… Non solo parole, dunque, ma fatti a funzione dell’essere umano”.

 

IL PIATTO MILANESE: Maki òs büüs

Wicky Priyan

Nella foto: il Maki òs büüs, realizzato con una base di riso giallo allo zafferano. All’interno, polpa di granchio, tempura di verdure, olio di scampi fatto dallo chef. Sopra, ossobuco alla milanese, chips di Parmigiano Reggiano e patata viola.

E tra i fatti di Wicky Priyan c’è anche la rielaborazione di questo grande classico della tradizione milanese, ideato per il rispetto verso la città.

FLAVO INCARBONE

 

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Kraken Invasion

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Hai mai sentito parlare del Kraken?

Sicuramente sì e ti dico anche in quale occasione: Pirati dei Caraibi.

Nel caso sciagurato in cui non avessi visto questi capolavori cinematografici, lascia che ti ragguagli sull’argomento: il Kraken è un gigantesco mostro marino mitologico dai lunghi tentacoli provenienti da chissà-dove sul fondo dell’oceano, in tutto e per tutto somigliante a una grossa, grossissima piovra – o meglio, così si dice, perchè nessuno è mai sopravvissuto alle sue oscure profondità dove si cela questa creatura.

Si vocifera che il Kraken abbia delle dimensioni ciclopiche, corrispondenti a quelle costituite da svariate navi mercantili, e che per sostenere la sua stazza si nutra delle anime dei poveri malcapitati che fa affondare con le sue appendici ventosa-munite.

Per il Kraken, distruggere velieri, galeoni e altri colossi della navigazione è facile come spezzare un grissino e da lì al masticare i bucanieri catapultati in mare con quello che si vocifera essere il suo terrificante becco adunco – ingresso di un’enorme voragine faringea dotata di centinaia e centinaia di denti aguzzi – ci vuole davvero un attimo.

Ti piacerebbe vedere – da lontano, si intende – almeno una volta il famigerato Kraken? … o meglio, qualcosa che lo ricorda?

Eccoti accontentato: da questo giovedì fino a sabato, i Navigli saranno riservati agli intrepidi di cuore, perchè una misteriosa chiatta avvolta da mostruosi tentacoli apparirà per rendere il weekend un po’ più… alcolico.

Eh sì, perchè potrai provare degustazioni degne dei lupi di mare, cocktail abissali e set fotografici steam-punk, che porteranno solo i veri coraggiosi a scoprire l’anima oscura del Kraken.

Se uesto giovedì, in particolare, hai voglia di incontrare questo famigerato mostro marino, consulta la pagina Facebook dell’evento e scoprirai tutte le tappe di questo tour… mostruoso.

Il Kraken ti aspetta…

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PORTA ROMANA: attrazioni e progetti di trasformazione del quartiere dell’amore (MAPPA)

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porta romana

Porta Romana a Milano e il Taj Mahal ad Agra hanno qualcosa in comune: sono entrambi simboli di amore.

Il Taj Mahal è un mausoleo, eretto a memoria di Arjumand Banu Begum, moglie (preferita) dell’imperatore Shah Jahan, mentre Porta Romana nasce da un evento felice: venne infatti costruita nel 1596 in occasione dell’ingresso in città di Margherita d’Austria-Stiria, cugina e sposa di Filippo III di Spagna, allora Duca di Milano.

Leggi anche: L’incredibile storia del Diavolo di Porta Romana e dei suoi nobili immortali

porta romana
Porta Romana sotto la neve, nell’arte del pittore milanese contemporaneo Antonio Cazzamali

La Porta, comunque, deve il nome al periodo repubblicano dell’Antica Roma, quando era una delle nove aperture stradali della città, quella dalla quale dipartiva l’arteria che, attraversando Lodi, Pizzighettone e Piacenza, portava direttamente a Roma.

Una riqualificazione epocale

Oggi, questo quartiere da più di 2000 anni di storia si prepara a prender parte all’epocale riqualificazione che interesserà molte aree della città, la maggior parte delle quali adiacenti a scali ferroviari dismessi, Porta Romana compresa.

Si parla di 187.300 m² da trasformare, in una zona localizzata al confine tra viale Isonzo, piazza Trento e corso Lodi, insieme a quella, disgiunta, che si sviluppa tra via Brembo e via Lorenzin, dove di recente è stata inaugurata la Fondazione Prada. L’intervento di valorizzazione, i cui estremi sono ancora in corso di definizione, ha l’obiettivo di eliminare la divisione tra le due zone, oggi separate dalla dismessa infrastruttura ferroviaria, integrando così la nuova creatura nel tessuto urbano esistente.

porta romana
Render di uno dei masterplans presentati per la riqualificazione di Porta Romana

In arrivo le Rotaie Verdi

Una delle idee più forti in questo ambito pare essere quella di Rotaie Verdi, la proposta elaborata da WWF e Fondazione Cariplo che prevede la creazione di un’oasi ambientale che colleghi San Cristoforo a Porta Romana. Il Comune di Milano, primo supporter del progetto insieme a Cooperativa Eliante e a Rete Ferroviaria Italiana, vuole ispirarsi alla Promenade Plantée di Parigi, la passeggiata nel verde lunga 4,7 km realizzata lungo il tracciato di una vecchia linea ferroviaria sopraelevata, e all’High Line di New York, ricavata da una sezione in disuso della West Side Line e aperta nel 2009, diventando in pochi anni uno dei luoghi più amati e frequentati della città.

porta romana
Meglio guardare alla Promenade Plantée: i tramonti sull’Hudson visti dalla High Line sono difficilmente eguagliabili

Le attrazioni del quartiere

Se è vero che oggi lo Scalo di Porta Romana e il Corso omonimo sono immersi nel degrado (addirittura qualcuno le affibbia la nomea di zona più sciatta di Milano – emblematico il caso di Bligny 42) e attendono con ansia il concretizzarsi dei programmi per l’avvenire, nello stesso rione troviamo molti esempi virtuosi che contribuiscono a dare alla nostra città quell’atmosfera di speranza e quel sentore di crescita illimitata che ci caratterizzano hic et nunc.

Leggi anche: Quando un fabbricato riesce a trasformare un intero quartiere

Oltre alla già citata Fondazione Prada, che ha concorso in maniera decisiva alla rinascita dell’area a lei circostante e che ospita tra l’altro uno dei locali più caratteristici di Milano, il Bar Luce di Wes Anderson, nei dintorni di Porta Romana troviamo moltissimi luoghi interessanti.

Il fascino dei Bagni Misteriosi, ex piscina Caimi, sta conquistando menti e cuori di molti milanesi dal momento della loro riapertura nel 2016, così come il suo bar, Un Posto Incredibile. E il loro recupero è ancora in progress.

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I Bagni Misteriosi

Bagni Misteriosi e Plastic

I Bagni sono curati dalla Fondazione Pier Lombardo, che già da anni provvede con straordinario successo alla gestione del prestigioso e adiacente Teatro Franco Parenti.

Mentre una storica piscina pubblica si appresta a riscrivere la storia del quartiere, c’è un altro tempio sacro del luogo, il Plastic, locale notturno che ha segnato un’epoca.

La discoteca a dire il vero ha avuto sede in viale Umbria per 32 anni, ma dal 2012 risiede in via Gargano, riproponendo un format che è stato amato da gente come Andy Warhol, Elton John, Freddie Mercury, Madonna e Prince, oltre ad aver ricevuto gli elogi, nella sua nuova location, dell’artista newyorkese Lola Montes Schnabel, tramite le pagine di Vogue.

Il quartiere del cibo e del benessere

Per il resto, da QC Termemilano di piazzale Medaglie d’Oro, centro benessere a 360° nel cuore di Milano, a locali come il Madison, il Pravda Vodka Bar (prosit!) e il Santeria Social Club (molto più che un semplice bar), c’è davvero l’imbarazzo della scelta per vivere appieno tutto lo spettro di emozioni dallo straniamento al dionisiaco.

Passando al cibo, i posti più particolari e consigliati sono il Coffice (che è anche un coworking), il Dongiò (per esperire la vera cucina calabrese) e lo storico Giannasi (aperto dal 1967, promette polli allo spiedo gourmet e un pasto da signori per soli 5€).

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Gli interni del Coffice, sinestesica musica per gli occhi dei milanesi

Negli anni cinquanta, i ligerini cantavano Porta Rumana bella, Porta Rumana, nel 2018 invece c’è il blog lavocediportaromana che ci racconta il quartiere, un quartiere che ha vissuto da protagonista gran parte della storia di Milano e pronto al rilancio, in un futuro che è tutto da creare.

porta romana
Gli hotspots di Porta Romana evidenziati nell’articolo

HARI DE MIRANDA

 

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LE SPIE DI MILANO: assessori al tramonto, imprenditori truffaldini e BLOB PROF dalle università

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A Milano si fa ma non si dice. Ma da ora si cambia. Prima versione di Intercettazioni Milano in solo testo. Ecco una rassegna delle soffiate che ci sono pervenute nelle ultime settimane. 
Inviateci le vostre soffiate (corredate di prove) a info@milanocittastato.it (oggetto: Intercettazioni Milano)

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All’amor non si comanda

E’ andato in Parlamento, anche se forse più degli elettori deve ringraziare il papà della fidanzata.

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La maledizione di Palazzo Marino

Si dice che il nostro sindaco abbia un sogno: diventare protagonista a livello nazionale. Nel PD? Fondando un nuovo partito? Gli auguriamo di non fare la stessa fine (politica) di tutti i sindaci che lo hanno preceduto.

***

Sic transeat gloria mundi

Chi è l’assessore, un tempo molto influente, che oggi fa l’agnellino sperando di non essere sacrificato?

***

ChinaGATE

E’ un imprenditore piuttosto noto nelle tecnologie ambientali, opera a Milano ma ha la sede legale a Londra (indovinate perché).
Lo finanziano alcuni tra i più affermati investitori del mondo delle startup ma colleziona decreti ingiuntivi perché non paga i fornitori.
Dice di voler rendere il mondo più pulito ma organizza concorsi truccati tra l’Italia e la Cina per aggiudicarsi premi messi in palio da prestigiose istituzioni internazionali.
Chi sarà? Meglio non dire (anche perchè è difeso da personaggi con alcuni scheletri nell’armadio)

***

Meglio temuti che amati

Non ha più incarichi di rilievo eppure quando si presenta nel PD milanese si mettono tutti sull’attenti.
Di chi si tratta? Ah, saperlo…

***

BLOB PROFESSORI: la top 10 di segnalazioni di frasi dette in aula da docenti delle università milanesi

#10 Laureati pregiati
“Quando voi entrerete in un’azienda, sarete come dei prodotti, anzi no, sarete dei semilavorati”

#9 Appuntamenti al buio
“Ogni 180 gradi il grafico della tangente ha un asintoto orizzontale”

#8 Vivisezione
“Tagliamo la testa al topo”

#7 Lavori flessibili
“Non funziona la lavagna luminosa: chiamate il fattorino!”

#6 Economie di scala
“Il Computer è diventato più economico e anche meno costoso”

#5 Hard discount
“Il costo vale la candela”

#4 Triangoli bonsai
“Gli angoli non sono solo tra 0 e 90 gradi come in un triangolo”

#3 Educazione sentimentale
“Il vostro rapporto con i fornitori va curato tutti i giorni, come quello affettivo, sennò vi ritrovate così: cornuti”

#2 Standing ovation
“Questa funzione non serve a un cazzo”

#1 Giochi senza frontiere
“Gli austriaci sono più stupidi delle mucche svizzere”

REDAZIONE

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La Ca’ BRUTTA: la storia del palazzo ribattezzato dai milanesi disgustati

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La Ca’ Brutta è un imponente edificio tra piazza Stati Uniti d’America e Via Moscova. Fu definito così alla sua inaugurazione del 1922 dai milanesi che ne furono disgustati.

Fu l’opera prima dell’architetto Giovanni Muzio, esponente di spicco della corrente architettonica definita “Novecento”.
L’edificio riflette l’interesse dell’architetto per il modernismo e il suo stretto legame con i pittori metafisici. Malgrado la reazione dei milanesi, il palazzo diventò poi un simbolo dell’architettura del novecento.

MILANO CITTA’ STATO

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2001 Odissea nello spazio: quando un film diventa un cult

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Quando un film diventa un cult, riconosci di quale pellicola si stia parlando con pochissimi accenni di trama.

Per esempio, se ti parlassi di un gruppo di scimmie antropoidi che, un giorno, trova un monolite, vi si accosta con diffidenza e, dopo averlo toccato, si rende conto che un osso abbandonato può diventare una clava?

Hai presente, no, la scena cult in cui l’osso viene lanciato in aria e inizia a roteare?

Penso che qualche lampadina si sia accesa. Per chi non avesse capito, accennerò anche qualche onomatopea della colonna sonora di questo cult:

“taaaan… taaaaan… Taaaaaaaaaaan…
TAN-TAAAAAAAAAAAAAAAAAAN!
– Tun tun, Tun tun, Tun tun, Tun tun -“

E via si seguito… hai capito di quale cult sto parlando?

E vorrei vedere: questo è solo l’inizio della storica pellicola di Kubrick, che procede in un (allora) futuristico anno 2001.

Uno dei protagonisti di questo lungometraggio epocale è lo scienziato Heywood Floyd alle prese con lo stesso monolite che millenni prima ha donato raziocinio e ingegno ai suoi antenati primati.

Se non hai visto questo cult del cinema, prima di tutto mi dispiace molto per te.

In secondo luogo, puoi recuperare gli anni vissuti inutilmente gustandoti la proiezione di “2001 Odissea nello spazio” alle 21.15 di questo martedì al Cinema Ariosto, al prezzo di soli 10 euro (l’ignoranza relativa a questo film non avrebbe un prezzo così basso, ma per questa volta siamo buoni).

Non deludermi, mi raccomando.

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10 ragioni perché Milano è sopra BERLINO

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tropical island, berlino
tropical island, berlino

L’Italia lancia la sfida alla Germania. Una sfida che sembra impari. Per iniziare si può partire dalle città che sono il fiore all’occhiello delle due nazioni: qui il risultato è più incerto, anzi. Ecco perché Milano ha una marcia in più rispetto alla capitale tedesca.

10 ragioni perché Milano è sopra BERLINO

#1 perché Milano è vicina a Savona


Leggi anche: 10 motivi per passare le vacanze a Savona

#2 perché Milano è al centro della pianura padana, Berlino è al centro della Germania

milano dall'alto
milano dall’alto
berlino dall'alto
berlino dall’alto

#3 perché l’artista immigrato più famoso di Milano è Leonardo, di Berlino è Adolfo

leonardo
leonardo
adolfo
adolfo

#4 perché quando Milano era capitale dell’Impero Romano, Berlino era una palude al di là del Limes

#5 perché Milano ha le Alpi, Berlino ha il Teufelsberg

alpi, milano
alpi, milano
Teufelsberg Berlino
teufelsberg berlino

#6 perché Milano ha il lago di Como, Berlino ha Tropical Island

lago como, milano
lago como, milano
tropical island, berlino
tropical island, berlino

#7 perché Milano ovest e Milano est non sono mai state divise da un muro

il muro di milano
il muro di milano
muro di berlino
muro di berlino

Leggi anche: Sei di Milano Ovest o di Milano Est?

#8 perché la dolce vita è più stimolante dell’austerità

dolce vita, milano
dolce vita, milano
austerity, berlin
austerity, berlin

#9 perché il simbolo di Milano è la Madonna, quello di Berlino è un quadrupede

madonnina, milano
madonnina, milano
orso di berlino
orso di berlino

#10 perché nel cielo sopra Milano splende il sole

il cielo sopra milano
il cielo sopra milano
il cielo sopra berlino
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MILANO CITTA’ STATO

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Milano Photo Week: la settimana della fotografia

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“Non fai solo una fotografia con una macchina fotografica. Tu metti nella fotografia tutte le immagini che hai visto, i libri che hai letto, la musica che hai sentito, e le persone che hai amato”, disse Ansel Adams.

… e come dargli torto?

La fotografia è quella forma d’arte che non ti fa solo guardare il mondo: te lo fa osservare a fondo.

Proprio per questo, il fotografo è la persona in grado di cogliere preziosi attimi che sfuggono agli occhi non attenti e che potrebbe impiegare anche anni per catturare singoli momenti che messi assieme formano a mala pena due ore.

Per celebrare al meglio i grandi maestri dell’obbiettivo e del cavalletto, torna a Milano una delle settimane più attese dell’anno (che per fortuna, questa volta, non ha nulla a che vedere con la moda): da questo lunedì fino a domenica, torna nella città meneghina la Milano Photo Week.

Durante questa manifestazione, si svolgeranno mostre, conferenze e serate a tema dedicata alla fotografia più amata degli ultimi decenni. Il calendario di eventi è fittissimo, quindi ti consiglio di dare un’occhiata sul sito ufficiale della Milano Photo Week per scoprirne il programma preciso, giusto per non perderti nemmeno un vernissage.

Anche quest’anno, ne vedrai delle belle, te lo assicuro.

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Bentornato a Woodstock: i figli dei fiori al Carroponte

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Diciamocelo: lo stile hippie, caratteristico dei famosissimi figli dei fiori, non muore mai.

Capelli talmente lunghi da essere usati come vestiti, sandali così consumati da essere ridotti a frange, fiori… fiori. Fiori ovunque, di qualsiasi forma e colore.

Il motto degli hippie? Peace&Love… e di love ce n’era tanto, a volte anche molesto.

E proprio grazie ad alcuni “aiutini” allucinogeni non solo si viveva d’amore, ma addirittura si approdava in universi psichedelici, percepiti soprattutto durante le lunghe sedute di ascolto musicale, quando ancora la musica era ascoltabile.

La musica, ecco: un’altra caratteristica dei figli dei fiori (e chi ha visto “Hair” lo sa bene… ma anche chi ha vissuto sulla sua pelle questo periodo).

Sto parlando della tipica musica rock anni ’60/’70… e se dico “musica rock anni ’60/’70” cosa ti viene in mente? Naturalmente Woodstock, senza nemmeno rifletterci tanto.

Un festival che ha segnato generazioni di giovani e non troppo giovani, un avvenimento irripetibile, un’occasione unica nel suo genere. Sarebbe bello riviverlo, vero?

Sembra impossibile, ma il Carroponte ti da questa opportunità proprio questo venerdì grazie, all’evento Bentornati a Woodstock, che inaugurerà ufficialmente la stagione estiva: a partire dalle 21.30, potrai sfoderare il tuo outfit hippie migliore e venire a muoverti sul sound dei Woodstock Alive, che riproporranno i brani dei principali artisti di… Woodstock, appunto.

Il tutto contornato da dj set a tema e dal prelibato street food del Carroponte… free entry.

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Le 10 città più importanti che si dovrebbero raggiungere in AEREO da Milano

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destinazioni mancanti aeroporti milano

Ormai se ne sono accorti tutti: è da tempo che gli aeroporti di Milano, e in particolare Malpensa, non hanno più un network all’altezza delle grandi metropoli del pianeta.

Le cose stanno pian piano cambiando con l’avvento di Air Italy, sorta dalle ceneri di Meridiana e sostenuta dall’onnipotente Qatar Airways, ma ad oggi possiamo ancora solo sognare un volo diretto che dalla nostra città ci porti in molte tra le destinazioni più importanti, per il mondo e per noi.

Leggi anche -> Linate, Orio al Serio e Malpensa: Milano deve ancora spiccare il volo

#1 MANILA, Filippine

destinazioni mancanti aeroporti milano

Popolazione: 12’877’253

Superficie: 619.57 km2

A Milano risiedono 40’474 cittadini filippini, che salgono a 48’651 se consideriamo la città metropolitana, numeri che ne fanno la prima comunità extraeuropea qui da noi.

E’ vero che l’Italia non ha mai avuto una storia coloniale nelle Filippine, però è altrettanto vero come sia inspiegabile non avere un collegamento diretto verso una nazione così intrinsecamente collegata alla nostra realtà: Milano e Manila distano 10’462 chilometri, quindi 12 ore di aereo, assolutamente alla portata tecnica dei wide-bodies odierni.

Curiosità: allo stato attuale, un Milano-Manila diventerebbe il volo più lungo, per durata e distanza percorsa, tra quelli in partenza dai nostri aeroporti.

Raggiungibile con: Turkish Airlines via Istanbul, Emirates via Dubai

 

 

#2 JOHANNESBURG, Sud Africa

destinazioni mancanti aeroporti milano

Popolazione: 9’616’000

Superficie: 3’357 km2

La città più ricca dell’intero continente africano, con un giro di 245 miliardi di dollari suddivisi tra i suoi abitanti.

Johannesburg, detta “l’El Dorado del terzo millennio”, è al 52° posto del Global Financial Centres Index (Milano è 61°) e ha guadagnato ben 22 posizioni dal 2010 ad oggi in questa classifica.

Se non bastasse, la città è anche hub culturale del Sud Africa ed è la principale porta d’accesso al Witwatersrand, l’altopiano che dà il nome alla moneta sudafricana per via delle sue immense risorse minerarie, ma notevole anche per le bellezze naturali.

Raggiungibile con: Turkish Airlines via Istanbul, EgyptAir via Il Cairo, Ethiopian via Addis Abeba

 

 

#3 SAN FRANCISCO, Stati Uniti

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Popolazione: 4’727’357

Superficie: 9’128 km2

La capitale degli hippie, della rivoluzione sessuale, della Summer of Love, una città capace non tanto di respingere una proposta di regolamentazione per Airbnb, quanto di indire un referendum per far decidere ai cittadini su un tema del genere.

Poi, c’è poco da fare, la città del Golden Gate è a due passi dalla Silicon Valley: Palo Alto (Facebook), Mountain View (Google) e Cupertino (Apple) sono tutte sulla San Francisco Bay, così come la sua Market Street, la strada del mercato detta “Baghdad by the Bay” per la sua esoticità.

In più, c’è lo Yosemite, a soli 200 chilometri dal centro città.

Raggiungibile con: Lufthansa via Francoforte, British Airways via Londra, United via New York

 

 

#4 BUENOS AIRES, Argentina

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Popolazione: 13’591’863

Superficie: 4’758 km2

Il 40% della popolazione argentina è di origine italiana. 3 milioni di italiani sono emigrati in Argentina negli ultimi 150 anni, e Ushuaia, la città più a sud del mondo, è stata costruita in gran parte da loro.

Gli argentini sono italiani che parlano spagnolo e si credono inglesi”: ma nonostante questo profondo legame, nel 2018 Buenos Aires è ancora ad almeno due voli di distanza da noi.

Raggiungibile con: Iberia e Air Europa via Madrid, Delta via Atlanta

 

 

#5 LAGOS, Nigeria

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Popolazione: 16’060’303

Superficie: 2’706.7 km2

La città più importante della Nigeria e più grande dell’Africa, capitale economica dello stato più ricco del continente, è una realtà destinata sempre di più a contare nel mondo, data l’esplosione demografica che sta interessando il suo paese.

Lagos è una tra le città del mondo a funzionare 24 ore su 24, è sede di festival culturali sempre più prominenti e si sta avviando a scalare la classifica delle global cities.

E’ anche il fulcro di Nollywood, la pittoresca industria cinematografica della Nigeria, la seconda al mondo dopo l’indiana Bollywood.

Raggiungibile con: Turkish Airlines via Istanbul

 

 

#6 VANCOUVER, Canada

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Popolazione: 2’463’431

Superficie: 2’878.52 km2

Una delle città più premiate dall’Economist Intelligence Unit per la sua altissima qualità della vita, Vancouver è la città cosmopolita e multietnica per eccellenza del Canada ed è costantemente sede di importanti eventi internazionali, oltre ad essere stata soprannominata l’Hollywood del Nord, essendo appunto uno dei più importanti centri di produzione cinematografica del Nord America.

Vancouver punta a diventare la città più verde del mondo entro il 2020: non è l’unica ad esserselo proposto, ma sicuramente è una delle realtà più sulla buona strada per riuscirci.

Raggiungibile con: Lufthansa via Francoforte, Air France via Parigi, British Airways via Londra, Air Canada via Toronto

 

 

#7 KIGALI, Ruanda

destinazioni mancanti aeroporti milano

Popolazione: 1’132’686

Superficie: 730 km2

Il Ruanda è la next big thing, la Singapore dell’Africa. Pur non avendo ancora un Ibrahimovic che lo mette sulle cartine geografiche mondiali, il Ruanda è uno dei paesi africani più in crescita e uno dei paesi del mondo dov’è più facile fare business.

Le diseguaglianze sono ancora tante, ma la capitale Kigali già dispone di fibra ottica e ricava la sua energia da fonti rinnovabili, oltre ad essere proiettata al futuro, accompagnando il suo sviluppo con la creazione di molte aree verdi.

Raggiungibile con: KLM via Amsterdam, Turkish Airlines via Istanbul

 

 

#8 SYDNEY, Australia

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Popolazione: 5’131’326

Superficie: 12’367.7 km2

Come spesso accade, Londra è stata pioniera: il primo volo commerciale diretto della storia tra Europa e Oceania l’ha infatti operato Qantas nel marzo 2018, volando da Perth a Heathrow. Il collegamento senza scalo tra i due antipodi è fino ad oggi mancato per limiti tecnici degli aeromobili esistenti, date le proibitive distanze: 14’470 chilometri separano Londra e Perth, ben 16’546 si frappongono tra Milano e Sydney.

Ma le cose stanno cambiando: Qantas opera quello che attualmente è il volo più lungo del mondo grazie ai nuovissimi Boeing 787, ora sempre Boeing sta producendo il 777-8x mentre la sua rivale europea a breve sfornerà l’Airbus A350-900ULR (che sta per Ultra Long Range), modelli che consentiranno di volare senza sosta tra Milano e Sydney, con una maratona di 19 ore.

Siamo pronti?

Raggiungibile con: Qatar Airways via Doha, Emirates via Dubai

 

 

#9 CHICAGO, Stati Uniti

destinazioni mancanti aeroporti milano

Popolazione: 9’882’634

Superficie: 5’498 km2

Milano ha un clamoroso ed ingiustificato vuoto di servizi aerei per gli Stati Uniti: nell’area che va da New York (raggiunta da Air Italy, Alitalia, American, Delta e Emirates) a Los Angeles (inizierà Norwegian nel 2019, in ritardo sulla tabella di marcia), l’unica destinazione raggiungibile senza scali è Atlanta, nel cuore della Georgia, a sud.

Chicago, Dallas, Denver e Phoenix sono tutte città verso cui si può volare da qualsiasi importante hub europeo, meno Milano: se vogliamo contare di più, dobbiamo passare anche da qui.

Raggiungibile con: Swiss via Zurigo, Lufthansa via Francoforte, Air France via Parigi, British Airways via Londra, Delta via New York

 

 

#10 SHENZHEN, Cina

destinazioni mancanti aeroporti milano

Popolazione: 23’300’000

Superficie: 1’991.64 km2

Meridiana vi operava voli charter estivi, poi ha smesso, ora Air Italy dovrebbe ripristinarli, ma forse no. Shenzhen, però, è una città senza se e senza ma, Shenzhen è the place to be.

E’ a tutti gli effetti la Dubai della Cina: costruita in fretta e furia dal 1979 partendo da una piccola città mercantile, negli ultimi due anni a Shenzhen sono stati completati più grattacieli che tra Stati Uniti e Australia messi insieme. Nonostante questo, il 45% dell’area urbana è verde, costellata di lussureggianti parchi tropicali.

Shenzhen è la città del futuro, anzi è già nel futuro: zona economica speciale dal 1980, oggi l’amministrazione locale eroga sussidi a chi acquista le automobili della BYD, che produce alcuni tra i migliori esempi di vetture ibride a guida autonoma.

Ha già superato Hong Kong come rilevanza globale ed è la sede delle migliori compagnie cinesi dedicate all’hi-tech e in particolar modo all’intelligenza artificiale, tanto da essere considerata da più parti la Silicon Valley dell’hardware.

Raggiungibile con: Air China via Pechino

 

 

Ci consoliamo con le 10 destinazioni più interessanti che si possono raggiungere dagli aeroporti di Milano.

 

Come avrete notato, molte tra le destinazioni qui elencate sono servite da Turkish Airlines, da anni la miglior compagnia aerea europea, oltre che ad essere la linea aerea col più ampio network internazionale del mondo.

Come mai noi italiani, popolo di santi, poeti e navigatori, non abbiamo una compagnia che sia anche solo minimamente all’altezza della situazione?

HARI DE MIRANDA

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La prima filovia della storia milanese è figlia dell’EXPO

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filovia milanese

Se oggi non si può dire che ATM creda molto nelle filovie (abbiamo solo tre linee gestite con questi veicoli, la circolare 90/91, la 92 e la 93), la prima sperimentazione milanese di questo sistema di trasporto pubblico risale al 1906, durante l’Esposizione Internazionale.

Sul perimetro di 3 chilometri del polo espositivo di Piazza d’Armi (che diventerà poi la Fiera, oggi City Life) venne predisposta una linea filoviaria, sulla quale circolarono alcune piccole vetture con sistema di captazione della corrente a trolley (“automobili elettrici a filo aereo”; non è un refuso, all’epoca “automobili” era maschile!).

filovia milanese

Leggi anche: Assurdità e stranezze dei mezzi pubblici di Milano

Ad occuparsi del progetto fu la Società per la trazione elettrica STE (con sede in via Vignola 6), che chiedeva per una corsa 10 centesimi di lira, mentre per un abbonamento valido per tutto il periodo fieristico 2 lire e 75 centesimi.

Le vetture filoviarie, terminata l’Esposizione, furono sfruttate dalla STE per un più ambizioso progetto: la  linea filoviaria ligure La Spezia – Porto Venere, inaugurata lo stesso anno 1906. Progetto che ebbe però scarso successo e vita breve.

Milano avrà la sua prima vera linea filoviaria cittadina solo nel 1933 (linea 82, filovia Stigler Ransomes, carrozzata dalla Macchi di Varese).

MAURO COLOMBO

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Zuma Festival

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Cos’è Zuma?

Non è un termine che si sente tutti i giorni, ma tenterò comunque di spiegartelo.

Zuma è la musica, quella che ti trascina in danze sfrenate fino a quando non cadi a terra sfinito.

Zuma è la psichedelia, come stile di vita e come frontiera, passata la quale si possono vivere esperienze di universi paralleli e di dimensioni distorte.

Zuma è… l’amore. Amore per te stesso, per mente e il corpo umano, per le altre creature, della tua specie e non. L’amore per il cosmo, l’amore per tutto.

E lo Zuma Festival è proprio tutte queste cose raggruppare in un evento di tre giorni che partirà questo venerdì alle 17 al Cascinet.

Oltre a trasportarti attraverso tempo e spazio, alla volta di dimensioni ancora inesplorate, potrai anche prenderti una pausa da questi viaggi astrali grazie ai punti ristorazione, bevande, libri e molto altro, mentre si svolgeranno diversi workshop e performance (perchè l’obiettivo di questo festival è stare insieme più tempo e in più modi possibile).

Il cuore della manifestazione, però, è la musica, che per tutto il weekend rimbomberà tra le mura di Cascinet.

Questo venerdì, per esempio, si partirà dalle 17.00 con tre dj set che ti prepareranno ai grandi live a seguire, perchè dalle ore 20.30, infatti, si susseguiranno ben sei band, una più psichedelica dell’altra, che proporranno sound e repertori originali e non per garantirti una serata all’insegna dei viaggi astrali più vorticosi dell’anno, per poi concludere il tutto con tre dj set per chiudere la serata in bellezza ballando all night long.

Insomma, se sei un amante delle ambientazioni psichedeliche, non puoi perderti Zuma.

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Milano città stato: la RIVOLUZIONE inevitabile per uno stato allo sbando

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lo sguardo del corazziere
lo sguardo del corazziere

Per un milanese che assiste a queste vicende sembra di essere in un altro paese. Tre mesi senza un governo, veti e controveti, governi di astensione, giornalisti assembrati per ore davanti ai corazzieri dallo sguardo perso nel vuoto.
Sembra di essere al cinema a guardare un film sulla caduta dell’impero bizantino.
Si è oltrepassato così tanto il senso di realtà che si perde il tempo a parlare di cose inutili, come la frase di un tedesco, come la macchina di chi arriva in Parlamento o un post su Facebook.

Milano non si è mai sentita estranea dall’Italia come in questi giorni.
Milano è la città dove le cose si fanno, ci si unisce per risolvere i problemi, si decide, si prendono le responsabilità, tutto deve funzionare: niente di questo sta avvenendo nella politica romana.
Non una distanza da quella o l’altra forza politica, è una distanza dal sistema di caos in cui la politica romana è sprofondata. Come se i buchi dalle strade si fossero estesi alle istituzioni e all’organizzazione dello stato.

Se lo stato cade a picco come in Grecia, Milano deve finire anche lei nel baratro? Una città che ha un PIL da superpotenza, dove le cose funzionano, dove si lavora e ci si prende le responsabilità, deve diventare un cumulo di macerie per l’inettitudine di questo sistema governativo?
Dobbiamo agire con coraggio perché siamo costretti, perché altrimenti ci troviamo di mezzo tutti.
Perché il rischio è che Milano faccia con l’Italia quello che l’Italia sta facendo con l’Europa: una dipendenza che diventa un alibi e che alla fine ci trascina nel baratro. Anche perché l’Europa non salverà l’Italia e Milano non può sperare di essere salvata dall’Italia.

Qualche giorno fa gli ultimi sindaci di Milano hanno scritto una lettera aperta di sostegno a Mattarella e alle istituzioni del Paese. Un bel gesto, certo. Ma troppo facile e convenzionale. Forse quello che occorre a Milano e al Paese è il coraggio di gesti forti e non convenzionali. Va bene dichiarare di appoggiare le istituzioni però al tempo stesso serve dire “cara Roma decidi, perché Milano non può più aspettare“.

Perchè se l’Italia non è in grado di rispondere ai bisogni dei cittadini cosa facciamo? Deve succedere qualcosa di più che restare in attesa del prossimo premier incaricato o assembrarsi davanti ai corazzieri. Occorre una terapia shock. E l’unica terapia shock deve essere un atto di forza di Milano.

Un atto di forza che anticipi una delle due vie di uscita delle gravi crisi degli stati.
Le crisi più gravi di solito sfociano in un potere oppressivo, come è il caso dell’arrivo di Hitler dopo Weimar, del fascismo in Italia, fino al Venezuela.
Oppure sfociano nella disgregazione, come per l’Unione Sovietica e, andando più indietro, la Jugoslavia, l’impero asburgico o quello ottomano.

L’ipotesi della disgregazione è quella che si è sempre rivelata più funzionale per le zone coinvolte: si sono lasciate libere le singole parti che sono riuscite a porsi in salvo e, alla fine, i territori coinvolti hanno ritrovato la democrazia e sono usciti dalla crisi più forti di prima.
E’ un po’ quello che succede in caso di terremoto, quando si lasciano liberi gli animali così si possono porre in salvo. Così se la nave affonda si salvano le persone con le scialuppe o i salvagenti.
Se il gruppo non ce la fa più, si lascia liberi i singoli. Un principio naturale.

Sulla base di questi due possibili esiti, ci sono due atti di forza che dovrebbe esercitare Milano per assumersi la responsabilità di risolvere la crisi del Paese.

Opzione 1: l’autocommissariamento

Ora più che mai Milano deve diventare non più un semplice modello di buongoverno locale, ma una proposta politica da estendere sul territorio nazionale.
In un’Italia allo sbando ci vuole qualcuno che prenda il volante.
Milano deve promuovere un nuovo Risorgimento: se nei palazzi romani si è persa la capacità di capire cosa è meglio fare, Milano deve prendere il Paese per farlo funzionare.
La proposta shock che deve partire dai principali esponenti della comunità milanese è un governo provvisorio a Milano che gestisca il resto d’Italia e rinnovi le istituzioni della repubblica.
Prima che arrivi l’Europa a commissariarci, Milano deve provare ad assumere il controllo dell’Italia. Se questo non accade, rimane solo una strada che ogni milanese responsabile dovrebbe augurarsi.

Opzione 2: Milano città stato

L’alternativa è di acquisire la necessaria autonomia per spronare il Paese a colpi di innovazioni e di azioni pratiche.
Milano deve pretendere di potersi gestire senza aspettare che la politica romana si inventi qualcosa. E’ come se Milano non riparasse più le buche perché a Roma non lo fanno. Può far ridere, ma il rischio è quello.

Dateci la nostra autonomia, pagheremo le tasse, ma almeno potremo decidere, cosa che voi non riuscite a fare: bisogna che Milano si prenda la sue responsabilità e si dia la possibilità ai cittadini e le imprese di Milano di andare avanti, anche perché i primi a rimetterci con la perdita dei mercati internazionali è Milano.
Con lo status di città stato si avrebbe uno shock terapeutico per lo Stato italiano: da un lato si assicura la sopravvivenza alla sua area più sviluppata, dall’altro si può dare vita a un un modello alternativo allo stato centrale, un modello che se funziona si potrebbe estendere al resto del Paese.

Per evitare che si arrivi a un colpo di stato, serve un colpo allo stato. Per svegliarlo, prima che faccia troppi danni.

ANDREA ZOPPOLATO

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Roseline: lo spettacolo senza spettatori.

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Potrei dirti che Roseline è uno spettacolo teatrale… ma direi solo mezza verità.

Potrei dirti che Roseline parla di una micro-comunità di senzatetto riunitisi a vivere all’interno di un edificio abbandonato e di una morte che non passa inosservata, che farà scaturire una serie di lotte di potere fratricide… ma non è solo questo.

Roseline è uno spettacolo senza spettatori: nessun palco e nessuna platea, solo la rivisitazione rivoluzionaria di una storia affascinante, quella dell’Amleto.

Roseline, ti farà attraversare tutti gli spazi di una struttura di 3500 mq in completa autonomia, alla ricerca di un significato nascosto e di una trama quasi invisibile.

Potrai scegliere se seguire o meno i personaggi che incontrerai lungo il cammino, i quali ti racconteranno le loro storie… ma saranno la verità? O solo il loro personale punto di vista?

Attraverserai una porta verso un mondo che, fino ad ora, nessuno ha mai esplorato: perdersi sarà il miglior modo di godersi l’esperienza unica di uno spettacolo diverso dagli altri, del quale hai sempre fatto parte… e che terminerà questa domenica 3 giugno. 

Fossi in te, mi affretterei a comprare il biglietto: anche se costa 57.50 euro, ti assicuro che ne vale la pena.

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Papaveri e papere: dai community garden ai parchi griffati il futuro di una Milano sempre più VERDE

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Milano è verde? Non stiamo parlando delle linee della metro ma del patrimonio arboreo della città. Spesso non abbiamo una percezione chiara delle potenzialità del nostro territorio in termini di spazi verdi, anche perché i grandi parchi sono disposti alla periferia della città, e quindi spesso poco toccati dalla nostra routine quotidiana. Bisogna andarci apposta insomma, e se non si è appassionati di jogging o genitori premurosi in cerca di un’oasi per i delicati polmoni della prole, spesso non ci facciamo proprio caso.

verdeMilano è al verde

Milano ha in realtà un patrimonio di verde pubblico di circa 24 milioni di mq all’interno di circa 3.000 località censite che comprendono parchi storici, parchi, giardini, verde stradale, piazze e così via. Non pochissimi insomma, ma comunque insufficienti ad assorbire le nubi tossiche che produce quotidianamente e a garantire ai suoi abitanti il sacrosanto diritto alla salute. Per questa ragione negli ultimi anni il Comune ha deciso di investire sul verde, pubblico e privato, puntando a rendere Milano niente di meno che la capitale europea della forestazione urbana.

verde

Leggi anche: Come sarà Milano nel 2050

Diversi i progetti in campo. C’è di tutto un po’ – tetti verdi, raggi verdi, fiumi verdi, boschi verticali, foreste orbitali, edilizia sostenibile, orti urbani, giardini condivisi e corti condominiali – ogni centimetro quadrato e anche cubo può essere una risorsa per la città. Secondo Stefano Boeri, ex assessore all’Ambiente della Giunta Pisapia e “papà” dei celeberrimi Boschi Verticali, l’Area Metropolitana Milanese potrebbe addirittura raddoppiare da qui al 2030 il numero di alberi esistenti, raggiungendo la percentuale del 25% di superfici boschive.

verdeSi va dai progetti più patinati di CityLife e Porta Nuova, quasi in dirittura di arrivo, a quelli ancora in erba, più complicati, delle aree periferiche del Quartiere Adriano e Porto di Mare. E soprattutto al faraonico progetto di riqualificazione degli Scali Ferroviari, che prevede di destinare a verde almeno il 50% della superficie di ciascuno scalo, e sul 90% della superficie totale un sistema continuo di parchi, boschi, oasi, frutteti e giardini a uso pubblico legati tra loro dai corridoi ciclabili realizzati sulle fasce di rispetto dei binari ferroviari. In questo modo, secondo i progettisti, si creerebbe a Milano uno spazio verde grande tre volte il Parco Sempione all’interno della città

Regole chiare per il pubblico e il privato

verdeIl Comune di Milano sta provando ad innovare in maniera significativa anche le modalità di gestione del verde pubblico affiancando al modello tradizionale (il grande appalto di gestione globale) modalità differenti di aperture verso i cittadini, le associazioni e le imprese. Secondo Pierfrancesco Maran, questa è una scelta coerente con la storia della città, che ha visto nascere dall’iniziativa associativa grandi parchi urbani come il Parco Nord, il Bosco in Città e il Parco delle Cave, oltre che una scelta economica necessaria. Ad esempio, e non a caso, si è scelto di affidare al Centro di Forestazione Urbana di Italia Nostra il Parco di Porto di Mare, con l’obiettivo di sottrarlo allo spaccio e di renderlo frequentabile.

Norme chiare, regole inderogabili, modelli da seguire validi per tutti i soggetti coinvolti sono contenute nel nuovo regolamento del Verde varato nel dicembre del 2017. Questo rappresenta un passo molto importante per Milano perché si è fatta la scelta di considerare il verde, sia quello pubblico sia quello privato, “bene comune”, definendolo come un elemento fondamentale per la crescita e lo sviluppo sostenibile della città

verdeOccuparsi del proprio orticello ora non è più un tabù. Se solo pochi anni fa ottenere dal Comune il permesso di creare orti e giardini là dove c’era solo vuoto e abbandono era un’impresa quasi impossibile, ormai i cittadini sono a pieno titolo fra i protagonisti nella gestione e della rigenerazione degli spazi verdi della città, come nel caso dei giardini e degli orti condivisi. E sono molte le persone che hanno scelto di rimboccarsi le maniche: ad oggi sono stati riqualificati 50.000 metri quadri di suolo cittadino, che giacevano nel degrado e nell’abbandono. E altro verde verrà dal Bilancio Partecipativo, che ha premiato un progetto tutto green: la creazione di un corridoio ecologico che dovrebbe collegare tra loro le aree verdi che si trovano a ovest del Parco Nord.

verdeL’orto del vicino (non) è sempre più verde

Ma non facciamo di ogni erba un fascio. Di strada da fare ce n’è ancora tanta, a fronte di programmi e dichiarazioni di intenti Milano deve ancora correre parecchio per raggiungere risultati comparabili agli esempi più virtuosi di Stoccolma, Amburgo e Copenaghen, città vincitrici del premio di Capitale Verde – European Green Capital Award. Forse si sta però imboccando quella giusta.

E i milanesi che ne pensano? Preferiscono le aiuole di design sullo stile della prezzolata Biblioteca degli Alberi – che pochissimi peraltro hanno potuto apprezzare dal momento che aprirà ufficialmente solo a fine estate – o un bel fazzoletto di terra vera dove sporcarsi ben bene le mani? Sono affezionati alle nobili geometrie del Parco della Guastalla o privilegiano una lucciolata serale al Parco delle Cave? Meglio gli Orti Fioriti di City Life o gli Orti Comunitari di via Padova? Parco Sempione lo diamo un po’ per scontato, data anche la nota vocazione del milanese per l’aperitivo e la prossimità con l’Arco della Pace.

verdeLo sai che i papaveri son alti alti alti, recitava la canzone. E anche se la domanda può apparire un po’ retorica, non è detto che il finale non riservi qualche sorpresa. Seguiteci lungo questo percorso nel verde di Milano, tra gli alti papaveri usciti dagli studi di architettura e i brutti anatroccoli che stanno cercando la loro strada. E molti di loro, ci scommettiamo, l’hanno già trovata.

ROBERTA CACCIALUPI

 

Le ZANZARE di Milano: come difendersi e classifica delle zone più infestate

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Zanzare

Nonostante il progresso tecnologico restano irrisolti due grandi problemi a Milano. Lo smog e le zanzare che si alternano ogni anno: con il freddo l’inquinamento si impenna, con il caldo arrivano le zanzare. In attesa dell’arrivo di una tecnologia risolutiva, proviamo a vedere quali sono le migliori tecniche per difendersi dai loro attacchi e quali sono le zone più infestate.

Per le tecniche ci rifacciamo alla top 5 evergreen stilata da Gabriele Ferraresi.

Le ZANZARE di Milano: come difendersi e classifica delle zone più infestate

La top 5 delle tecniche anti zanzare

#1 Il metodo low cost: straccio o maglietta bagnata

I tradizionalisti usano ancora libri o giornali. Ma c’è un metodo più sofisticato: lo straccio o la maglietta bagnati. “Quando sei a circa venti cm dalla maledetta, appoggia con ferma delicatezza lo straccio o la maglietta al muro. Premi dolcemente: lo schiacciamento e la pressione uccideranno o stordiranno (in quel caso, se cade a terra, sai cosa fare con quelle ciabatte) l’infame e la raccoglierai senza spargimenti di sangue sul tuo prezioso muro. Una tecnica da Kgb”.

#2 Rovinale il banchetto: repellenti chimici sulla pelle

Il più celebre è l’Autan, ma ormai ce ne sono di ogni tipo. L’effetto indesiderato è che non fanno schifo solo alle zanzare ma anche agli esseri umani.
Una curiosità: ci sono ricerche che mostrano come le zanzare amino un sangue di ottima qualità. Tutto ciò che peggiora il suo gusto, tra cui fumo, grassi o acidità in eccesso, tenderebbe a dissuaderle. Dall’altro lato chi viene punto spesso dovrebbe essere gratificato: per le zanzare è come uno chef stellato.

#3 Per gli amanti del design: le zanzariere

Fanno molto design e rappresentano una soluzione utile a ogni latitudine. Anche se per essere certi del suo effetto bisognerebbe trascorrere il periodo estivo senza uscire di casa.

#4 Le armi chimiche

Elettroemanatori, ultrasuoni, candele puzzolenti, lo zampirone. Ogni supermercato offre soluzioni infinite con l’unica controindicazione che spesso appestano l’ambiente in cui stiamo. Anche in questo caso valgono solo a casa propria.

#5 Andarsene da Milano

La soluzione definitiva. Prendere un volo a fine maggio con ritorno per fine ottobre. Destinazione: Islanda. L’isola dove le zanzare non esistono.

Chi invece resta a Milano può innanzitutto evitare i luoghi più infestati dalle zanzare.

La top 5 dei luoghi di Milano più infestati dalle zanzare

#1 Parco sud

Il paesaggio del Parco agricolo Sud Milano
Il paesaggio del Parco agricolo Sud Milano

A nord di Milano ci sono le montagne. A sud ci sono le risaie. Dalle risaie nascono zanzare e nebbia. Questo spiega perchè la concentrazione di case e di paesi è sbilanciata verso il nord della città. Mentre a sud c’è il deserto.

#2 Lambro‘s riverside

Al tramonto basta guardare verso il Lambro per vedere turbini di zanzare che si levano in volo.
Parco Lambro, Forlanini, in pratica tutta la zona est si accorge dell’esistenza del Lambro per le sue zanzare.

Leggi anche: I segreti del Lambro

#3 Zona ovest: Lampugnano, Montestella, Trenno, Parco delle Cave, San Siro

Credits: chiamamilano.it – Parco delle Cave

Una delle aree più verdi di Milano d’estate diventa una riserva di allevamento della zanzara tigre che spadroneggia anche a mezzogiorno.

Leggi anche: Il muro invisibile di San Siro

#4 I navigli

CREDIT: MILANOWEEKEND.IT

Al referendum per la riapertura dei navigli le zanzare di Milano hanno votato SI.

#5 I piani bassi

Si dice che le zanzare siano abbastanza pigre. Volano per brevi tragitti e preferiscono volare a quote basse. Forse soffrono di vertigini.

Continua la lettura con: I segreti del Parco delle Cave

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L’Italia di Magnum: mezzo secolo di Storia

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La Storia può essere raccontata in tanti modi.

Leggendo libri di testo, ascoltando canzoni o guardando docu-film.

Personalmente, sono dell’idea che nulla sia in grado di raccontare la Storia meglio della fotografia.

La fotografia è stata una forma artistica molto interessante, che negli anni si è sviluppata con rapidità e creatività, fino a diventare un importante mezzo non solo di comunicazione, ma anche di documentazione storica.

Grazie agli scatti fatti durante il Novecento, alcuni tra i più grandi fotografi del mondo hanno potuto raccontare in modo immediato ed espressivo la Storia dei vari paesi… compresa l’Italia.

Se sei curioso di osservare i progressi del nostro Bel Paese attraverso le immagini dei grandi maestri della fotografia del Novecento, ti consiglio caldamente di visitare la mostra “L’Italia di Magnum. Da Cartier-Bresson a Paolo Pellegrin”, esposta al Museo Diocesano fino al 22 luglio.

Quest’esposizione fotografica raccoglie 130 scatti organizzati per decenni, grazie ai quali potrai capire più a fondo la cronaca, gli usi e i costumi del XX secolo.

Potrai tornare negli anni ’50 e rivivere l’emozione di avere a Milano il famoso dipinto “Guernica” di Picasso grazie alle fotografie di René Burri. Giungerai, poi, negli anni ’60, durante i quali Thomas Hoepker raccontò il trionfo di Cassius Clay alle Olimpiadi di Roma.

Arrivando negli anni ’70, ti sentirai sulla riva del mediterraneo siciliano grazie agli scatti di Ferdinando Scianna, mentre approdando negli anni ’80 studierai con Martin Parr il fenomeno del boom turistico in Italia.

Durante i turbinosi anni ’90, Thomas Dworzak documenterà il G8 di Genova e, infine, arrivando agli anni 00 rivivrai assieme a Paolo Pellegrin la piazza San Pietro gremita di fedeli durante la veglia per la morte di Giovanni Paolo II.

Insomma, potrai rivivere mezzo secolo di Storia senza bisogno della macchina del tempo.

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