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WOW – roba fresca al Magnolia

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Ritorna un evento collettivo, che porta negli spazi del Magnolia tanta roba fresca.

Dai concerti live ad un vero e proprio festival di illustrazioni, serigrafie, giochi anni ’90, dj set, cibo e qualche drink.

Il quadro è completo e contribuisce a rendere questo mercoledì un giorno migliore, per una discesa lenta, anzi lentissima verso il fin settimana, dove finalmente potrai dedicarti al tuo sport preferito: l’intera giornata in pigiama, tra letto e divano.

Al Magnolia potrai ascoltare dal vivo, His Clancyness, formazione indie che con il loro ultimo bellissimo album, “Isolation Culture”, raccontano quell’essere “da soli-insieme” che caratterizza la nostra società, in un mix di pop, psichedelia, garage e lo-fi.

Lo spazio dedicato alle illustrazioni è invece a cura di Gomma che ci ha già appassionato con il suo festival gioioso.

Ci saranno anche i vinili a cura di Volume – Libri e dischi, il nuovo tempio della musica di qualità di via Paladini, mentre invece le serigrafie sono a cura di Landskap, la sala giochi che verrà allestita porterà la firma di Old Game Videogiochi Usati e Retrogames e le fanzine che potrai sfogliare saranno a cura di Pazze Storie.

Tanta roba al Magnolia, no?

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Quale sarebbe il sistema elettorale più utile per Milano Città Stato?

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Al momento l’Italia è l’unico Paese al mondo con due camere che hanno identiche funzioni ma che vengono elette con sistemi elettorali radicalmente diversi. Alla Camera si voterebbe con un sistema a doppio turno con premio di maggioranza, al Senato con un sistema proporzionale puro.
Questa difformità impedisce di andare a elezioni immediate dopo la crisi del Governo: votare con due sistemi così diversi significa trovarsi quasi certamente con una maggioranza per la Camera, di un singolo partito, e una al Senato, dove sarebbe necessaria la formazione di una coalizione tra più partiti. A questo si aggiunge il fatto che sul sistema elettorale della Camera pende il giudizio della Corte Costituzionale che si pronuncerà il 24 gennaio per accoglierlo, modificarlo o bocciarlo. Il Presidente della Repubblica ha dato incarico a un nuovo governo che ha come scopo principale l’armonizzazione dei due sistemi elettorali.
Le forze politiche stanno valutando il sistema elettorale sulla base delle esigenze contrapposte della governabilità e della democraticità, e sulla base dei propri interessi.
Il sistema elettorale è determinante per stabilire la rappresentanza in Parlamento. Proviamo a capire quale potrebbe essere la soluzione che potrebbe favorire la realizzazione di un’autonomia a Milano, consentendole di diventare una città stato.

Proviamo a capire quale potrebbe essere la soluzione che potrebbe favorire la realizzazione di un’autonomia a Milano, consentendole di diventare una città stato.

Come Milano può diventare una città stato con le norme vigenti

Il percorso per diventare una città stato lo abbiamo descritto in questo articolo: Cosa deve fare Milano per diventare una città stato.
La Costituzione consente a un’area di almeno un milione di abitanti di diventare una regione (art.132) e, una volta ottenuto questo status, le consente di richiedere forme di autonomia maggiore, simili a quella delle regioni a statuto speciale (art.117). In più si potrebbe ipotizzare anche un’iniziativa dal basso, nata come movimento popolare, che possa spingere il Parlamento ad introdurre una legge specifica per il territorio di Milano, come ad esempio avvenuto a Londra nel 2001 o a Parigi nel 2009.
Premesso che in tutti questi casi il punto di partenza è che vi sia una diffusa volontà dei milanesi di ottenere una maggiore autonomia dal Governo e dalla Regione, vediamo come questa volontà potrebbe avere un impatto maggiore sul Parlamento sulla base del sistema elettorale nazionale adottato.

La scelta maggioritaria: l’Italicum

L’Italicum è entrato in vigore il primo luglio 2016. E’ stato introdotto solo per l’elezione della Camera dei deputati, in previsione dell’approvazione della riforma costituzionale che con la vittoria dei SI al referendum del 4 dicembre avrebbe abolito il Senato eletto con suffragio universale.
Fine dichiarato di questo sistema elettorale è quello di garantire una stabile governabilità al Paese, al prezzo della rappresentatività democratica. Per capire se questo prezzo è eccessivo e incostituzionale è intervenuta la Corte Costituzionale che si pronuncerà il 24 gennaio.
Si tratta di un sistema proporzionale derivato da quello spagnolo ma con la differenza di calcolare i seggi su base nazionale e non locale. La soglia di sbarramento è al 3%: potranno accedere al Parlamento solo i partiti che su base nazionale avranno superato tale soglia, con eccezione per alcune regioni a statuto speciale, Val D’Aosta e Trentino Alto Adige che mantengono collegi uninominali, potendo in questo modo eleggere rappresentanti più collegati con gli interessi del territorio e delle minoranze linguistiche.
Una caratteristica particolare dell’Italicum è quello di prevedere sia il premio di maggioranza che il doppio turno, consentendo così il massimo potere al partito di maggioranza relativa.
Il premio di maggioranza del 15% scatta se un partito o una colazione ottiene oltre il 40% dei voti. In questo caso un partito che dovesse raggiungere il 40% avrebbe il 55% dei seggi in Parlamento. Nel caso in cui nessun partito o coalizione raggiungesse tale soglia, si andrebbe al secondo turno tra i due partiti o coalizioni più votati per assegnare il premio di maggioranza. Il partito o coalizione che vincesse il secondo turno otterrebbe il 53% dei seggi indipendentemente da quanto ottenuto al primo turno. In tal modo, qualsiasi risultato si otterrà al primo turno, un partito (o coalizione) potrà governare.

L’ITALICUM E’ un sistema proporzionale derivato da quello spagnolo ma con la differenza di calcolare i seggi su base nazionale e non locale.

La scelta proporzionale pura: il Consultellum

Il Consultellum è entrato in vigore dal gennaio 2014 dopo la sentenza della Corte Costituzionale che ha dichiarato incostituzionale il precedente sistema elettorale maggioritario (il cosiddetto “Procellum” o “Procellum” come lo definivano i suoi detrattori) con cui è stato eletto l’attuale Parlamento. Una caratteristica distintiva è che, caso unico al mondo, si tratta di un sistema che non è stato scelto dal Parlamento ma dalla Corte Costituzionale, da qui il soprannome di “Consultellum” (dalla Consulta). E’ un sistema proporzionale puro a un solo turno, con soglie di sbarramento al 2% per le coalizioni e al 4% per i singoli partiti. Non prevede nessun premio di maggioranza.

La migliore scelta per Milano Città Stato

A questo punto le tre ipotesi più probabili per le prossime elezioni sono:
#1 Italicum per la Camera e Consultellum per il Senato, se le forze politiche non si dovessero mettere d’accordo e la Consulta dovesse promuovere l’Italicum;
#2 Italicum per entrambe le Camere, con accordo tra le forza politiche e nulla osta della Corte Costituzionale;
#3 Consultellum per entrambe le Camere, con accordo tra le forze politiche e/o bocciatura dell’Italicum da parte della Corte Costituzionale.
Quale di questi tre casi sarebbe preferibile per Milano Città Stato?

Per chi ha letto con attenzione questo articolo la risposta è implicita nell’eccezione prevista dall’Italicum: tale sistema elettorale non si applica in Trentino e Valle d’Aosta proprio per non penalizzare la rappresentanza di forze autonomiste che verrebbero decimate dall’applicazione dell’Italicum anche sul loro territorio. L’Italicum sfavorirebbe movimenti forti a livello locale ma deboli su scala nazionale: in questo caso un partito ad hoc o uno che portasse avanti l’istanza di Milano Città Stato avrebbe poche possibilità di successo, perchè i suoi risultati sarebbero annacquati su scala nazionale.

CON L’ITALICUM un partito ad hoc o uno che portasse avanti l’istanza di Milano Città Stato avrebbe poche possibilità di successo

Quindi la soluzione ottimale per portare in Parlamento l’istanza dell’autonomia di Milano città stato sarebbe quello di un sistema calcolato su base locale e non su base nazionale, con basse soglie di accesso. Quindi meglio il Consultellum, ma ancora meglio il sistema elettorale vigente in Spagna che si è preso a riferimento con l’Italicum, che ha però modificato la sua ragione ispiratrice della rappresentanza locale. Questo se si scegliesse un sistema proporzionale: se invece si tornasse al Mattarellum o a sistemi maggioritari uninominali, con collegi “all’inglese” per intenderci, il legame con il territorio sarebbe ancora maggiore e quindi sarebbe ancora meglio per favorire richieste di maggiore autonomia come quella per Milano città stato.

se invece si tornasse al Mattarellum o a sistemi maggioritari uninominali, con collegi “all’inglese”, il legame con il territorio sarebbe ancora maggiore e quindi sarebbe ancora meglio per favorire richieste di maggiore autonomia LOCALE.

Detto questo, il passo decisivo per l’autonomia di Milano sarà una volontà diffusa a livello popolare e dei politici locali. Se ci sarà questa, sarà difficile per qualunque governo non tenere conto dell’area metropolitana che produce quasi il 30% del gettito fiscale nazionale e che ha tutti i diritti, anche costituzionali, di pretendere un’autonomia simile alle più importanti città d’Europa.

 

Crystal Castles al Fabrique

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Ci sono gruppi che, con il passare del tempo, vengono ricordati – ahimé – per pochi elementi che non riescono ad eguagliare con le produzioni successive.

Vengono chiamati a suonare solo per quella hit.

Un caso emblematico è quello dei poveri Hanson, che purtroppo vengono ricordati per MMMBop e dopo venti anni campano di rendita.

Se non mi credete, scrivete su YouTube “MMMBop Acoustic Version 2016”. Continuano a conservarsi bene, però ecco, forse anche basta con MMMBop.

Per i Crystal Castles penso che – in un certo senso – si possa applicare lo stesso discorso.

Dei Crystal Castles ci ricordiamo tutti di Crimewave, pezzo che quand’è uscito ha dato vita ad una serie di cricche di amanti dell’elettronica senza precedenti.

Insieme alle foto di un lei e di una lui calati a caso per emulare la copertina del disco, i Crystal Castles avevano ripreso un po’ il discorso musicale dei Fischerspooner con Vanished, ma risultavano più freschi alle masse.

E ci siamo identificati tutti in quel duo e in quella cricca di eletti che li ascoltavano.

I Crystal Castles hanno continuato a produrre musica, ma voi ricordate qualche titolo più recente? Io no.

Incarnando lo Zeitgeist che caratterizza la nostra Italia, tutti al Fabrique, a sentirli dal vivo. Poi però tutti a votare Berlusconi, per rimanere fedeli alla linea.

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Come sarebbe una riforma costituzionale alla milanese

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Il referendum ha respinto la riforma elettorale proposta dal Governo Renzi. Eppure tutti quelli che hanno votato sono d’accordo che di qualche ritocchino la nostra Costituzione ne avrebbe bisogno. Abbiamo così pensato a come potrebbe essere una riforma della Costituzione alla milanese, inserendo dei cambiamenti che trasmettano alla nostra Carta un po’ di mentalità tipica della nostra città.

Riforma costituzionale alla milanese

#1 Cambiare l’articolo 1
Non è fondata sul lavoro ma sulla dignità della persona umana. Perché i milanesi il lavoro ce l’hanno nel sangue, non c’è bisogno di scriverlo.

#2 Più Pareto meno fronzoli
Introdurre la regola del’80/20 di Pareto: per ottenere l’80% basta il 20%. Ridurre l’80% degli articoli e delle parole. Eliminare chiacchiere e cose inutili: lasciare solo l’essenziale, più in stile anglosassone o, meglio, meneghino. Diventerebbe così molto più facile il lavoro della Corte Costituzionale perché il testo sarebbe molto più semplice, senza problemi di interpretazione.

#3 No CNEL
A Milano a nessuno mai sarebbe venuto in mente di inserire il CNEL in Costituzione. E se proprio lo si fosse dovuto inserire gli sarebbe dato un ruolo ben preciso e fondamentale per il Paese.

#4 Autonomie locali
Sarebbero inserite nella Costituzione le città stato, come elemento base per garantire la partecipazione dei cittadini e valorizzare la diversità delle nostre città.

#5 Il valore della diversità
Sarebbe data più rilevanza al valore della diversità di idee e di comportamenti e al fine della realizzazione individuale a cui deve essere sottoposto lo Stato.

#6 La responsabilità dei governanti
Inserimento del principio di massima responsabilità per i governanti. A massimo potere deve corrispondere massima responsabilità per i risultati che si producono. Ci sarebbe ineleggibilità assoluta per danni alle casse dello stato, ad esempio per chi lascia debiti all’erario, sia a livello locale che a livello nazionale.

#7 Patente a punti per candidarsi come parlamentare
La candidatura dovrebbe essere un traguardo di merito e dovrebbe imporre degli standard di conoscenza minima sull’Italia e sul funzionamento dello Stato. Ci sarebbe un esame di teoria sulla conoscenza della Costituzione e del Paese, che ora non lo passerebbe nessuno. E poi ci sarebbe la patente a punti per premiare chi compie cose utili per la comunità. Prima fare, poi ottenere il potere.

#8 Formazione permanente per i politici
Introduzione di corsi di formazione per i politici. Visto che ce li hanno imposti per tutte le categorie anche loro li dovrebbero fare.

#9 L’Erasmus per i politici
Introduzione dell’Erasmus per i politici, con obbligo di frequentazione di realtà straniere per apprendere come funzionano le altre realtà e poter importare in Italia il meglio esistente al mondo.

#10 Festa di Sant’Ambrogio estesa a tutta Italia
Unendosi all’Immacolata consentirebbe a tutti gli italiani di godersi un ponte fantastico per andare a sciare.

POSTILLA
Soprattutto sarebbe una Costituzione che verrebbe rispettata. Esempio: pareggio di bilancio, “fondata sul lavoro”, la rieducazione dei carcerati e altre questioni che vengono puntualmente disattese. In particolare si ribadirebbe a ogni Governo centrale il rispetto dell’articolo 5 dell’attuale Costituzione che viene sempre messo in discussione: “La Repubblica, una e indivisibile, riconosce e promuove le autonomie locali; attua nei servizi che dipendono dallo Stato il piu` ampio decentramento amministrativo; adegua i princıpi ed i metodi della sua legislazione alle esigenze dell’autonomia e del decentramento“.

In collaborazione con Duilio Forte

Dopo gli alloggi popolari fu il momento della piccola borghesia

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Zona esclusiva anche se circondata da quartieri popolati. Il villaggio dei giornalisti è costituito da villette immerse nel verde a nord dell’Isola. L’idea nasce nel maggio del 1911 quando Mario Cerati, redattore de Il Secolo, scrive un editoriale in cui dice che mentre si è fatto molto in tema di alloggi popolari niente è stato fatto invece per la piccola e media borghesia.

Il nuovo quartiere prese il nome di Villaggio dei Giornalisti perchè fu realizzato da una cooperativa di giornalisti ed ebbe molto successo soprattutto tra pubblicisti e corrispondenti di giornali e riviste pubblicate a Milano.

Captain Fantastic al Cinema Apollo

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Viggo Mortensen è un moderno padre single, anzi vedovo, da poco, che alleva svariati figli in maniera diremmo oggi un po’ “alternativa”.

A casa Mortensen non si festeggia il Natale, ma il compleanno di Noam Chomsky, il sesso non è un tabù e la verità viene prima di ogni cosa.

Ci si allena ad arrampicarsi su pareti scoscese, si caccia selvaggina e si combatte il sistema.

Tra allenamenti e letture colte, i figli scoprono di non essere all’altezza del mondo fuori, a meno che questo non sia descritto su un libro.

Il fantastico Capitano invece, cominci a sentire che il suo modello educativo ha qualche falla.

E cerca di porvi rimedio.

Tra ironia, litigi in esperanto ed improbabili frasi anticapitaliste, un film divertente, meraviglioso e controtendenza.

Non è la solita storia che vedrete in giro, tra cyborg e tecnologie avanzate. È una storia senza orpelli, a cavallo tra un favola hippie e una Repubblica di Platone in versione americana.

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Cosa deve fare Milano per diventare una città stato

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fonte: affaritaliani.it
fonte: affaritaliani.it

Una città stato è una città che gode di un grado più o meno ampio di sovranità. Le città stato interne a stati sovrani hanno lo status di regioni, distretti federali, comunità autonome, cantoni o stati, a seconda del tipo di ordinamento di cui fanno parte. La caratteristica comune è di coincidere con una delle parti di cui è suddiviso il territorio nazionale senza avere organi intermedi tra loro e lo stato centrale. Lo stato italiano è suddiviso in regioni: una città stato in Italia è una città con lo status di regione. A differenza dei principali paesi europei, allo stato attuale l’Italia non ha nessuna città stato ma solo città metropolitane che rappresentano un organo intermedio tra la regione e il comune. Eppure la nostra Costituzione consente la possibilità a Milano di acquisire lo status di regione. Vediamo cosa si può fare tecnicamente per ottenere più autonomia.

A differenza dei principali paesi europei, allo stato attuale l’Italia non ha nessuna città stato ma solo città metropolitane che rappresentano un organo intermedio tra la regione e il comune.

Il principale riferimento è l’articolo 132 (parte II titolo V) della Costituzione italiana che recita nel primo comma:

Si può con legge costituzionale, sentiti i Consigli regionali, disporre la fusione di Regioni esistenti o la creazione di nuove Regioni con un minimo di un milione d’abitanti, quando ne facciano richiesta tanti Consigli comunali che rappresentino almeno un terzo delle popolazioni interessate, e la proposta sia approvata con referendum dalla maggioranza delle popolazioni stesse [cfr. XI].

Questo meccanismo attiverebbe una nuova regione, la regione “Milano”, attraverso una richiesta dal basso fatta dai rappresentanti politici dei cittadini che dovrebbe essere poi suggellata dalla volontà popolare. Vanno sentite le regioni, con parere obbligatorio ma non vincolante, e deve prendere la forma di legge costituzionale. Quindi occorre che vi sia intesa politica tra il governo locale della città e il parlamento nazionale.

Una seconda strada è quella di chiedere forme speciali di autonomia, facendo leva sul fatto che Milano non possa essere ingabbiata nel medesimo schema previsto dalla legge Delrio per tutte le aree metropolitane.

La terza strada è quella dell’articolo 116 terzo comma. La legge del 2001 ha introdotto un regionalismo uniforme che tratta le regioni allo stesso modo. Ma c’è una norma, l’articolo 116 nel terzo comma, che consente alle regioni di ottenere forme speciali di autonomia contrattandole con lo stato.

Ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia, concernenti le materie di cui al terzo comma dell’articolo 117 e le materie indicate dal secondo comma del medesimo articolo alle lettere l), limitatamente all’organizzazione della giustizia di pace, n) e s), possono essere attribuite ad altre Regioni, con legge dello Stato, su iniziativa della Regione interessata, sentiti gli enti locali, nel rispetto dei princìpi di cui all’articolo 119. La legge è approvata dalle Camere a maggioranza assoluta dei componenti, sulla base di intesa fra lo Stato e la Regione interessata.

Si può ipotizzare che Milano dopo aver ottenuto lo status di regione potrebbe richiedere questa forma di autonomia singolarmente o in modo congiunto con la regione Lombardia.

 

Xiu Xiu suonano le musiche di Twin Peaks

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Le riconosciamo le note del tema di Laura Palmer, quello di apertura, quello della sigla, quello che a noi – fanciulle spaurite e affascinate – faceva scendere una lacrima e ai ragazzi faceva montare in maniera esponenziale la curva di fascinazione.

Xiu Xiu hanno preso in mano il repertorio mitologico di una serie TV che anche chi non era coetaneo all’uscita ha dovuto recuperare, ha visto e apprezzato.

Una serie TV che parla di quella Twin Peaks oscura e nevrotica che continua ancora oggi ad essere specchio fedele di alcune delle nostre paure più grandi.

Quelle musiche, composte da un sublime Angelo Badalamenti, ci sono entrate dentro senza chiedere il permesso, piazzandosi esattamente dove fa più male.

La formazione degli Xiu Xiu – si pronuncia shoo-shoo – sempre in continuo divenire, ha accolto nel corso della sua carriera, esponenti provenienti da alcune formazioni, una su tutte i Deerhoof, tripudio di indie-rock sperimentale, di cui ancora si ricordano certi live romani.

Il gruppo, capitanato da Jamie Stewart, il cui modo di far musica ricorda un certo Dave Eggers di una certa opera struggente, ha saputo riproporre un repertorio difficile da eseguire senza stravolgerlo e senza profanarlo, rendendolo al contempo un inedito, degno di essere ascoltato dalla prima all’ultima esecuzione.

In questo repertorio, gli Xiu Xiu ci restituiscono delle versioni dei temi di Twin Peaks che calcano la mano su un certo nervosismo tradotto in musica, un nervosismo che sembra permeare non soltanto le coscenze tutte, ma si rispecchia esattamente in alcuni momenti della recente storia a stelle e strisce.

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La Madonna della Misericordia a Palazzo Marino

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Palazzo Marino espone la Madonna della Misericordia di Piero Della Francesca in Sala Alessi.

Sarà possibile visitarla e – passatemi l’espressione, farle visita –fino all’8 gennaio 2017.

Ritorna dunque puntuale il dono natalizio che ha portato in città capolavori eccezionali, visitabili gratuitamente, per diffondere a macchia d’olio un amore per l’arte che troppo spesso si crede appannaggio di pochi.

In Sala Alessi troverai quindi la pala centrale dell’omonimo polittico conservato al Museo Civico di Sansepolcro, città che diede i natali al grande maestro toscano.

L’opera realizzata da Piero dell Francesca tra il 1445 e il 1462, si configura come “uno dei dipinti più importanti del Rinascimento“, oltre ad essere “un’opera simbolo di questo periodo dell’arte italiana – ha spiegato il curatore Andrea di Lorenzo, conservatore del Museo Poldi Pezzoli di Milano – è una Madonna raffigurata frontalmente, più grande degli altri personaggi a segnalare la sua importanza, con una corona in testa come regina del cielo che apre le braccia e accoglie sotto il manto prezioso foderato di pelliccia i fedeli inginocchiati sotto di lei.

Questi sono probabilmente i membri della confraternita laica di Santa Maria della Misericordia e della famiglia Pichi che hanno commissionato la pala”. Ora sì che è Natale.

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Milano fu la prima in Italia e la quarta città in Europa ad avere un SEMAFORO

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Uno dei simboli dello stress urbano. Il semaforo. La sua storia è molto curiosa. Soprattutto per i suoi inizi. 

Milano fu la prima in Italia e la quarta città in Europa ad avere un SEMAFORO

# Il Primo della storia: solo rosso e verde

Il primo semaforo fu installato a Cleveland il 5 agosto del 1914 e disponeva solo di due luci: il rosso e il verde.

Il giallo apparve solo 6 anni dopo, a New York.

# L’arrivo in Europa: il primo a Milano fu in via Torino

In Europa il semaforo arrivò nel 1922 a Parigi, seguita poi da Amburgo, Berlino e Milano che ne installò uno all’incrocio tra via Orefici e via Torino, diventando la quarta città in Europa e la prima in Italia ad averne uno, precedendo Roma e Torino.

L’introduzione comportò una serie di disagi e di proteste.

Il più antico semaforo ancora in funzione si trova invece alle colonne di San Lorenzo.

Continua la lettura con: Le regole più strane in vigore a Milano

MILANO CITTA’ STATO

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Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità.

 

Tim Sweeney nel giardino tropicale del NUL

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È possibile intraprendere una carriera da dj, spostarsi da un posto all’altro, ma rimanere sempre legati a quella consuetudine per decomprimere, a quel sogno inseguito per anni, diventato col tempo irrinunciabile?

Pare proprio di sì.

A confermarlo è Tim Sweeney in persona.

Iniziato da giovanissimo ai mixtape dal fratello cosmopolita e viaggiatore – oggi diremmo globetrotter, ma oddio che orrore – Tim Sweeney dirige da anni Beats In Space, la radio fondamentale per la diffusione della buona musica elettronica, quella imprescindibile per intenderci, che si estende poi a macchia d’olio e conquista un certo mainstream.

Four Tet, Andrew Weatherall, DJ Harvey, James Murphy sono alcuni dei nomi che sono passati per la radio, probabilmente opachi a chi non è pratico, ma parlanti per chi mastica musica.

Nel primo caso, consiglio di premere play e ascoltare una playlist a caso, per lasciarsi incantare.

Oggi però non hai bisogno di sintonizzarti su nessun emittente radio, perché Tim Sweeney lo trovi al Plastic in carne e ossa alla consolle, in mezzo alle palme del giardino tropicale del NUL che quest’anno ci fa vedere l’Empireo con la sua programmazione musicale.

Ingresso+drink+guardaroba custodito: 15 euro. Cliccando su “Ci Vado” riceverai un promemoria dell’evento. L’ingresso al locale è a discrezione dell’organizzazione.

Per qualsiasi informazione sull’evento scrivi a Spotlime. Ci trovi su WhatsApp dalle 09:00 alle 22:00 al 324 611 6144.

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Giovedì: perfetto per il Barolo al Vetra

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Ciao Vetra, fido compagno delle sere invernali. Bentornato Vetra, locale intimo e rilassato, in cui trovi sempre posto per un drink con gli amici. Buongiorno Vetra, salottino in pieno centro, ideale per carburare prima di scatenarsi.

Perfetto di giovedì, quando hai voglia di uscire, sfidare il freddo e darci dentro con l’aperitivo. Dimentica le cascate di pizze fredde e di pasta scotta, qui troverai salumi e formaggi di tradizione sicula, sinonimo di una qualità che a volte manca in giro per Milano.

Questo giovedì ti proponiamo un aperitivo al Vetra. Per te una bottiglia di Barolo da 37,5 cl ha il costo di 10 euro invece che 18. Avrai anche la possibilità di ordinare un tagliere per accompagnare il nettare degli dei. Il tagliere prevede: piacentinu ennese, ragusano, coppa, salame, fiocco di crudo e bruschettine. E io ho già fame.

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Il titano della techno Jeff Mills arriva al Dude Club

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«I say it to this day, if you ain’t listened to The Wizard / You ain’t have a fucking clue what you was missing», lo dice pure Eminem, eh.

Non prendiamoci in giro, tutti abbiamo avuto un amico amante del clubbing che fin dagli albori e dalla prepubertà musicale se ne usciva con Jeff Mills e impressionava il suo uditorio con racconti mitologici di set esagerati.

Jeff Mills fa un po’ questo effetto a chi ha la fortuna di sentirlo suonare dal vivo: ti incanta. Impossibile fissare i piedi al pavimento e rimanere inerti mentre Jeff Mills suona.

Il pioniere della techno, che per anni si è mosso con lo pesudonimo de The Wizard, è uno che alla musica si è avvicinato giovane, molto giovane.

Così giovane da avere già alcune residenze in alcuni tre diversi club di Detroit, pur non avendo ancora l’età per entrare legalmente in quei club.

Dalla radio al progetto titanico di missionari della techno che risponde al nome di Underground Resistance, quella formazione in divisa dai set spettacolari, Jeff Mills fa musica praticamente da sempre.

E sempre di livello a dir poco inavvicinabile.

Modello di riferimento, maestro, fonte di ispirazione per le nuove leve, Jeff Mills a 53 anni sa come fare del dancefloor un inferno bollente, suonando senza sosta e ogni volta come fosse un’estasi mistica che prende chiunque lo ascolti.

Questa sera lo trovi al Dude.

Se non ci vai, ha ragione Eminem.

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Perchè il voto del referendum può portare a Milano Città Stato

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Nell’attesa che il ponte di Sant’Ambrogio curi le ferite del referendum, dedichiamo ancora qualche minuto all’analisi dei risultati. Ogni membro della redazione ha identificato un motivo per cui il voto di domenica potrebbe rivelarsi utile per rendere Milano una città stato.

Perché il voto del referendum può portare a Milano Città Stato

#1 Perché restano comunque invariati l’articolo 132 della Costituzione, che consente “la creazione di nuove Regioni con un minimo di un milione d’abitanti”, e l’articolo 116, che consente “ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia” ad altre regioni, per intraprendere subito un percorso di autonomia.

#2 Perché sono rimasti intatti i poteri a diventare una città stato (o città regione).

#3 Perché tutti dicono di voler cambiare ma alla fine in Italia resta tutto com’è. Ma Milano non può permettersi questo immobilismo: può diventare il laboratorio dove sperimentare nuove leggi e innovazioni politiche prima di estenderle al resto del Paese, come è il caso, ad esempio, del distretto federale di San Pietroburgo in Russia.

#4 Perché Milano ha votato in modo diverso dal resto del Paese, dimostrando che le esigenze e le caratteristiche di chi abita a Milano sono diverse da quelle delle altre parti d’Italia. Per questo occorre che Milano possa avere sue leggi e una sua autonomia, esattamente come succede alle più importanti città d’Europa, tipo Londra, Madrid, Parigi, San Pietroburgo, Amburgo, Vienna o Berlino.

#5 Perché Milano ha votato come gli italiani all’estero, segno che è una città internazionale, a contatto con il resto del mondo, che non si può permettere di procedere con la stessa lentezza del sistema italiano.

#6 Perché in un’Italia sempre più divisa in fazioni, il progetto di dare autonomia a Milano può costituire un momento di unione costruttiva tra tutti i cittadini, che mettano il bene di tutta la comunità al di sopra degli interessi di parte.

#7 Perché Milano ha dimostrato una grande volontà di cambiamento che il prossimo governo, qualunque esso sia, non potrà ignorare.

#8 Perché il fatto di sentirsi ostacolati dal resto degli italiani, può portare ai milanesi una nuova consapevolezza. Quella di capire di essere diversi e di voler prendere nelle mani il proprio destino, senza doversi sottomettere alla volontà di persone che hanno esigenze ed interessi diversi se non opposti ai nostri.

#9 Perché i risultati del referendum hanno mostrato una volontà diffusa di tutelare le autonomie del territorio. Potrebbe spingere questo ad un cambio di rotta del governo romano verso l’autonomia di Regioni e Comuni rispetto a insistere su un centralismo antistorico che è stato sonoramente bocciato.

#10 Perché il risultato del referendum, infine, ha mostrato che più che un leader serve un progetto. Come quello di una città stato capace di essere laboratorio, portare innovazione, generare economia, offrire servizi, essere solidale e generosa, espressione di una memoria storica e culturale di un popolo abituato ai cambiamenti, in grado di valorizzare il patrimonio storico, artistico e culturale, che non ha bisogno di farsi finanziare nei suoi obiettivi di crescita, capace di sostenere persone idee e progetti, autorevole nel dialogo con l’Europa che lavora (all’occasione anche quella finanziaria) senza farsi sottomettere, espressione di stabilità e democrazia, dove tutti partecipano alla gestione del bene comune perché parte di un circolo virtuoso che porta benefici a tutti.

Anche il referendum lo ha dimostrato: Milano è diversa

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Brisbane, Milano
Brisbane, Milano

E’ stata una campagna strana in cui i fautori del SI e del NO si sono polarizzati in modo assoluto e dove le opinioni hanno spesso preso il posto dei fatti. Per Milano Città Stato il risultato conta poco: non lo eravamo prima, non lo siamo neppure adesso. I fautori del NO dicono che almeno si è frenata la tendenza centralista della riforma, che avrebbe potuto tarpare le ali a ogni rivendicazione di maggiore autonomia. A questo i paladini del SI contrappongono il fatto che riducendo il potere delle regioni si sarebbero potute creare nuove forme di autonomia, in particolare premiando gli enti locali più virtuosi.
Chiacchiere e strumentalizzazioni a parte, un dato emerge inconfutabile: Milano ha votato in modo diverso dal resto d’Italia.

Già, perchè a Milano la riforma è passata. O, meglio, sarebbe passata se Milano avesse potere di autonomia assoluta sul suo territorio. I SI hanno vinto e largamente se si considera il centro storico o area C. Il risultato di Milano è unico, o quasi. Cerchiamo di interpretarlo abbinando i milanesi a chi ha votato allo stesso modo, per capire se una scelta simile è stata dettata da ragioni comuni.

Perchè Milano ha votato in modo diverso? Tre interpretazioni

#1 Milano come le regioni rosse.
Milano ha votato come le due regioni storicamente più rosse: Emilia e Toscana. In particolare, nelle grandi città, i SI hanno vinto solo a Bologna, Firenze e Milano. Questo potrebbe indicare che l’onda lunga di Pisapia e Sala si sta consolidando, diventando una vera e propria piena. In questo senso l’interpretazione del referendum sarebbe che Milano potrebbe essere diventata la nuova Stalingrado d’Italia, roccaforte del PD e della sinistra riformista.

Milano potrebbe essere diventata la nuova Stalingrado d’Italia, roccaforte del PD e della sinistra riformista.

#2 Milano come l’Alto Adige.
A parte le regioni considerate “rosse”, gli unici che hanno votato a favore della riforma sono gli abitanti della provincia autonoma di Bolzano. In questo caso l’abbinamento può suonare bizzarro, però ci si può provare. In Alto Adige hanno votato a favore della riforma anche perchè il ridimensionamento dell’autonomia regionale non li toccava. Si potrebbe dunque dire che hanno votato a favore della riforma chi non vede intaccata la propria autonomia: chi perchè ha già un’autonomia massima e intoccabile, come la provincia di Bolzano, e chi perchè non ha nessuna autonomia, come Milano, e quindi non aveva nulla da perderci.

COME GLI ABITANTI DELL’ALTO ADIGE I MILANESI NON AVREBBERO VISTA INTACCATA LA LORO AUTONOMIA: PERCHE’ NON AVENDONE ALCUNA, NON AVREBBERO AVUTO NIENTE DA PERDERE

#3 Milano come gli italiani all’estero.
I SI hanno preso schiaffi in patria ma hanno trionfato fuori dai nostri confini. Nelle quattro circoscrizioni degli italiani all’estero, il SI ha vinto ovunque: in Sud America con il 71,93%, in Europa con il 62,42%, in Nord America con il 62,24% e in Asia-Africa-Oceania con il 59,68%. Milano quindi ha votato sulla stessa lunghezza d’onda dei connazionali che se ne sono andati dal nostro paese, testimoniando in questo caso che la nostra è una vera città internazionale. Una città che ha più in comune con la comunità italiana di Brisbane che con la provincia di Brescia.

MILANO HA VOTATO COME GLI ITALIANI ALL’ESTERO, SEGNO CHE SIAMO UNA CITTA’ INTERNAZIONALE. PIU’ SIMILE A BRISBANE CHE ALLA PROVINCIA DI BRESCIA.

Milano rossa, Milano senza paura di perdere un’autonomia che non ha, Milano come gli italiani all’estero. Sono tre letture a cui un alfiere del NO potrebbe aggiungerne una quarta. Le ricerche dicono che avrebbero votato per il SI le persone più anziane del Paese, in particolare al di sopra dei 60 anni. Milano città vecchia? Questa è un’ombra che non esiste. Ciò che è certo, piuttosto, è la grande voglia di cambiamento promossa dalla nostra città che mai come in questi tempi si sta rivelando diversa. Talmente diversa da dover pretendere, prima o poi, un diverso trattamento.

L’OVOMALTINA è nata a Milano

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E’ una delle bevanda per ragazzi più celebri al mondo, anche grazie a pubblicità semplici come questa: Spot Ovomaltina.
A base di malto d’orzo, latte scremato e cacao è considerata made in Svizzera. Vero, ma pochi sanno che in realtà è nata a Milano, più precisamente a Crescenzago.

Correva infatti l’anno 1924 quando gli svizzeri del dottor Wander, il farmacista che aveva inventato il Formitrol, iniziarono a costruire la fabbrica dell’Ovomaltina in via Meucci.

MILANO CITTA’ STATO

We Riddim ep. 6 presenta Gaika al TOM.

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C’è un posto in cui se ci vai con gli shorts anche in pieno inverno sei giustificato. In questo posto si balla di martedì, ci si riposa di sabato e si ricomincia la settimana successiva.

Un posto che di giorno è ristorante, di notte è dancefloor, di domenica brunch.

Un posto in cui di martedì si portano la treccia, le labbra vermiglie, il décolleté in bella vista, le Yeezy prestate dall’amico ricco, il bomber in tutte le sue sfumature di Pantone, i top della Nike, i bra Calvin Klein.

Un posto in cui ci si improvvisa twerkatori seriali, si lasciano a casa le inibizioni, si balla e si insegue l’inesportabile modello comunista niggah.

Questo posto è il TOM. e il martedì è We Riddim.

E questa settimana, ospite del caldissimo martedì al TOM. è Gaika, uno dei fenomeni musicali in circolazione, che al Club to Club ci ha fatto sognare.

Le performance di Gaika si caratterizzano per la scelta mai forzata e sempre naturale di dar vita ad atmosfere oscure, danze quasi gotiche e Gaika ama cimentarsi in travestimenti, ricorrendo a maschere ed orpelli che rendono ogni concerto unico.

Recente e degna di nota anche la collaborazione con Mikki Blanco, artista transgender, confermando come le etichette non siano motivo di interesse per Gaika.

Esponente di quell’era riassunta o per meglio dire rappresentata dall’hashtag #BritsSoWhite, Gaika ha trovato nel grime una traduzione calzante ad un modo di pensare la musica che ami attingere a varie fonti d’ispirazione, senza rimanere conchiusa in un’unica etichetta definitiva.

Questa sera lo trovi al TOM., Gaika, per un inizio di festività come meglio non si può.
Ingresso in lista. Per le liste scrivere ESCLUSIVAMENTE a: weriddim@gmail.com. Cliccando su “Ci Vado” riceverai un promemoria dell’evento. L’ingresso al locale è a discrezione dell’organizzazione.

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Nostalgia di Tripoli al mercato del pesce

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Tripoli, Libya - Tourist Takes Picture in Fish Market, Rashid Street

Sono al banco del pesce dell’Esselunga e una spigola dall’occhio spento mi sta guardando. Più che di essere comprata, sembra mi stia chiedendo di essere capita. E’ sola soletta, infilata fra un pezzo di compensato e uno di pellicola domopack e sembra aver perso tutta la lucida baldanza che hanno i pesci quando sono appena pescati.
E’ un attimo e non sono più nell’Esselunga di Piazza del Rosario.

Sono a Tripoli, in Libia, dove ho vissuto dal 2008 al Marzo 2011, giusto in tempo per vedere la caduta di un regime durato più di quarant’anni, quello di Muammar Gheddafi.
E’ il 2010, il cielo è azzurro come non mai, il sole mi scalda le braccia, ho le narici piene di aria fresca e frizzante. Sono al mercato del pesce voluto dal leader libico dopo la chiusura del mercato abusivo di Busetta, lungo la spiaggia a Nord della città. Qui è pieno di anziani pescatori e di lavoranti africani, per lo più immigrati clandestini in attesa di un passaggio verso la fortezza Europa. Questo è un posto, penso, dove il regime di Gheddafi sembra aver dato il meglio di sè.

gheddafi2La struttura è nuova e luminosa. I banchi sono di marmo bianco, i pavimenti hanno speciali scanalature per lo scolo delle acque. L’igiene e la pulizia sono degne della Svezia più che di un paese del Nord Africa, almeno secondo l’immaginario collettivo. Sui banchi c’è ogni ben di Dio che il mare sappia dare. Montagne di pesce azzurro, di orate e spigole, di pesce spada, calamari, seppie, polpi, cernie, scorfani, triglie e via così.
In questo mercato, così bello e nuovo si respira quasi aria di libertà. Ma la verità è un’altra e l’inganno è nell’apparenza. Se c’è una cosa che ho imparato nella Libia di Gheddafi è stato proprio a non fidarmi mai della prima impressione. Dietro ogni sorriso c’era una tragedia. Dietro a ogni facciata, una prigione. Dietro a ogni famiglia, una storia complicata.

Se c’è una cosa che ho imparato nella Libia di Gheddafi è stato proprio a non fidarmi mai della prima impressione

Così, andando al mercato del pesce di Tripoli, scoprivo insieme alla bellezza dei frutti del Mediterraneo, la pancia di un popolo che non credeva più nelle facciate di marmo bianco e che, sotto sotto, covava pensieri di vendetta, rivolta e libertà. Al mercato del pesce di Tripoli, parlavo con i vecchi pescatori, con loro, oltre a scegliere il miglior pesce che abbia mai mangiato in vita mia, imparavo tante cose, per esempio, che il nome di Gheddafi era meglio non pronunciarlo mai, che il vicino di casa poteva essere una spia del regime, che i tempi per una svolta si stavano facendo maturi.

gheddafi1Ma nella bella giornata del 2010 ciò che vedo sono i pesci ammonticchiati l’uno sull’altro. Sprizzano freschezza, la polpa è turgida, la pelle è lucida, l’occhio vispo e trasparente, il profumo fresco e invitante.Non so da dove cominciare e così, mi faccio consigliare da un pescatore dal volto gentile e dalla barba bianca. Come tutti gli anziani di Tripoli parla italiano e mi racconta di come sia riuscito a mandare i figli all’università in Europa.
Mentre conversiamo, sento una voce “signora, signora, alùra, la prende o no sta spigola che se nò la compro mi!”.
Mi risveglio… il sole, il mare, l’aria frizzante e la luce di Tripoli sono svaniti.
Mi guardo intorno e sono al banco del pesce dell’Esselunga …
“Si, si, scusi, tanto credo che oggi mi accontenterò di un brodino!”.
Così lascio al signore la spigola dagli occhi spenti. Mentre mi allontano ho nostalgia della Tripoli che ho lasciato quando nel 2011 la primavera araba ha cercato di cambiare il mondo, ma non il mercato del pesce che, mi dicono vecchi amici dalla quarta sponda, è ancora lì, a raccontare la bellezza del Mediterraneo.

Scrisse e amò a MILANO

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Marie-Henri Beyle, noto come Stendhal nasce a Grenoble il 23 gennaio 1783. Arriva per la prima volta a Milano nel 1800 durante l’occupazione napoleonica e si ferma per due anni arruolandosi militare e perdendo la testa per Angela Pietragrua, da lui definita «sublime sibilla, terribile nella sua bellezza folgorante e soprannaturale».

In seguito viaggiò e visse in molti luoghi ma amò definirsi milanese, come decise di incidere sulla sua tomba quando morì a Parigi il 23 marzo 1842: «Arrigo Beyle / Milanese / Scrisse / Amò /».

Cabeki e Fabrizio Testa live al Gattò

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Un altro lunedì. Un’altra mattina in cui la sveglia suona e ti riporta di colpo a quella routine che vorresti dimenticare. Un’altra settimana che oltre a profilarsi lunga ormai puoi solo prendere di petto. Impegni inclusi.

Quelle lancette che non si muovono mai, quell’ultima ora lavorativa che sembra durare un’infinità e così via fino al venerdì successivo, in un eterno ritorno di eguali consuetudini e normale amministrazione.

Sembra quasi necessario allora creare dei diversivi, trovare delle vie di fuga, degli escamotage e dei cotillon da concedersi a fine giornata.

Esiste un posto ad esempio che proprio di lunedì, quando tutti sono silenti e ancora in botta, ti propone un concerto live ad orario aperitivo, all’ora giusta, nel posto giusto.

Quel posto non è solo nella tua testa, esiste davvero.

E si chiama Gattò – come il favoloso tortino salato di tradizione partenopea. Questo lunedì, ospite della rassegna curata da Sangue Disken, Cabeki, musicista che si muove fra strumenti convenzionali e non, in una sequenza di ambientazioni sonore dal Mississippi al Marocco, dal kraut al blues, dalla musica da camera all’elettronica minimale.

Insieme a lui, Fabrizio Testa, con i suoi live strumentali, esplosioni tranquille di sperimentazione elettroacustica, tra chitarre preparate e quant’altro.

Atmosfere invitanti, luci soffuse, aperitivo anti-freddo per portarsi avanti anche col menu natalizio.

Come sempre il Gattò ti propone il suo consueto antidoto al lunedì, perché si sa, le buone abitudini vanno sempre coltivate.

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