Ci sono voluti vent’anni, due disegni di legge, due decreti legge e una riforma costituzionale per rendere operativa una legge sbagliata. La legge n.56 del 7 aprile 2014 (anche detta Legge Delrio) dopo un excursus ventennale ha introdotto 14 città metropolitane in sostituzione delle province.
Si sono trasformate in città metropolitane Milano, Torino, Firenze, Bologna, Genova, Bari, Messina, Catania, Palermo, Cagliari, Venezia, Napoli, Reggio Calabria e Roma Capitale, un nome che è tutto un programma, ma sorvoliamo. Rispetto alle precedenti province le città metropolitane si differenziano soprattutto per gli organi di amministrazione: il sindaco metropolitano, il consiglio metropolitano e la conferenza metropolitana. Come le vecchie province le città metropolitane sono enti locali interni alle regioni.
La legge sulle città metropolitane è inadeguata per Milano e antistorica, forse perchè è stata concepita all’inizio degli anni novanta e diventa operativa in un mondo che è profondamente cambiato da allora. Si tratta di una norma che frena lo sviluppo di Milano, per due motivi principali.
Primo motivo: Milano è messa sullo stesso livello delle altre città italiane
Sono state istituite 14 aree metropolitane in Italia. Milano ha stessi poteri e stesse regole di città come Catania, Bari o Messina che hanno dimensioni ed esigenze molto diverse da Milano. Dare a Milano le stesse regole di queste città significa considerare Milano in competizione con le principali città italiane, ma oggi non è più così: se oggi un giovane un’impresa abbandona Milano non è per trasferirsi a Bari, Torino o Roma, ma per andare a Berlino, Dublino, Madrid o Londra. Da più un decennio, ormai, la vera competizione tra le città più importanti è sovranazionale: le migliori città competono tra loro, non con le altre aree della stessa nazione.
Questo l’hanno capito in tutti paesi europei. In Inghilterra dopo il referendum del 1998 Londra è diventata autonoma, soggetta a sue proprie leggi per poter attrarre persone capitali da tutto il mondo. La città di Madrid è comunità autonoma, ossia è identica alle altre regioni spagnole che hanno già grande autonomia. Nel mondo tedesco sono “città stato”, quindi soggette normative diverse rispetto ad altre città, la capitale Berlino, Brema e la seconda città più grande della Germania, Amburgo, che anche grazie all’autonomia è la città più ricca della Germania.
Lo stesso discorso delle leggi speciali per poter competere tra loro vale anche per altre città stato come Vienna, Budapest, Praga, San Pietroburgo, Mosca e per le principali città della Svizzera. Perfino la Francia, il paese con la struttura centralista più accentuata in Europa, Italia a parte, nel 2009 ha istituito una serie di leggi speciali esclusive per la regione parigina, che si differenzia rispetto al resto del paese. La motivazione esplicita era di consentire che Parigi potesse competere con le altre città europee.
Questo accade in tutta Europa, mentre in Italia siamo rimasti agli anni novanta. Si sta facendo l’opposto: invece di dotare le zone più a contatto con i mercati internazionali di proprie leggi per confrontarsi col resto del mondo, le si mette sullo stesso piano di aree meno sviluppate, fuori da queste dinamiche. Con la legge delle città metropolitane Milano aumenta la distanza con il resto d’Europa perché invece di accentuare la sua diversità per confrontarsi con le migliori città europee si deve conformare con le parti meno sviluppate del nostro paese e, di fatto, d’Europa.
Secondo motivo: l’area di Milano viene ridotta a un territorio molto più piccolo di quello reale.
Un’istituzione internazionale, l’OCSE, descrive Milano come area metropolitana di oltre 8 milioni di cittadini. Considera infatti i flussi economici e di persone che gravitano attorno Milano e traccia dei confini che arrivano fin nel Piemonte e in Emilia. Per l’OCSE Milano è per dimensioni la quarta area metropolitana d’Europa, ma non per il governo italiano. La legge Delrio ha infatti definito come area metropolitana di Milano un’area che è solo una piccola parte rispetto alla zona di influenza di Milano.
Questa della riduzione territoriale è un fatto grave: la forza delle città si misura sulla base del numero di cittadini che le compongono e ridurne artificialmente gli abitanti significa ridimensionarne il potere. C’è chi dice che questo sia stato fatto perchè se si fosse seguita l’OCSE, Milano sarebbe diventata la più grande città metropolitana d’Italia, anche davanti a Roma, e questo avrebbe creato problemi per la capitale. Se è così, la scelta presa dal nostro governo è doppiamente triste.
Il nostro prossimo sindaco ha una grande responsabilità.
Il Governo è andato contro l’OCSE, contro tutti principi di economia e di logica, riduce fortemente potere di Milano, sia come regole, sia come dimensioni. Perché il governo ha fatto questo? Potrebbe sembrare una istanza contraria a possibili istanze autonomiste. Potrebbe essere motivata da principi egualitari. Potrebbe essere determinata dal ritenere sbagliato quello di rendere ancora più forti le sue parti più forti.
Tutte queste ragioni sono sbagliate dal punto di vista storico e dal punto di vista logico. L’autonomia intesa come secessione è da oltre un secolo che risulta fuori discussione e comunque mai si è avverata per una singola città. Anche il presunto principio di uguaglianza è scorretto, visto che non consentire a Milano di poter competere con le città con cui si sta misurando questo va contro il principio di uguaglianza. Il Governo italiano dovrebbe infatti garantire un’uguaglianza di opportunità per tutti cittadini verso le aree con cui si confrontano nel mondo, non accentuare contrasti tra zone interne creando delle competizioni inesistenti. Infine l’idea che rinforzare una parte danneggi l’intera nazione va contro ogni principio logico che ogni corpo si rinforza attraverso il rinforzo delle sue parti. Una città più forte è motivo di forza non di debolezza per un Paese. Questo l’hanno capito francesi, inglesi, spagnoli, tedeschi, russi e austriaci, non si capisce perché gli unici a non capirlo siano gli italiani. Ogni persona capace va premiata con maggiore autonomia. Ogni città come Milano che dimostra organizzazione e capacità superiori va incentivata con una maggiore autonomia, con la maggiore possibilità di potersi gestire come meglio crede. Questo accade nel mondo. Questo non accade in Italia.
Per questo riteniamo un fatto grave se il prossimo primo cittadino di Milano dovesse proseguire questo percorso appena avviato che avrà come logica conseguenza quella di portare Milano ancora più fuori dalla competizione internazionale, spingendo via da Milano sempre più aziende e persone costrette a trovare la loro fortuna in città più valorizzate dai loro governi. Per il bene di Milano auspichiamo che il nostro prossimo sindaco prenda posizione netta contro una riforma sbagliata, che si può arrestare e correggere ora che siamo all’inizio, ma che se portata avanti sarà un freno per il futuro di Milano.
ANDREA ZOPPOLATO
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