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Caro Beppe, Milano è Campa Cavallo

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(OMNIMILANO) Milano, 23 MAG – “Se ricominciamo dalla Citta’ Stato, come sostiene il centrodestra, campa cavallo”. Lo ha detto il candidato sindaco del centrosinistra Giuseppe Sala, presentando la richiesta di maggiori fondi per la citta’ metropolitana alla presenza del sottosegretario all’Economia Pier Paolo Baretta, al Circolo della Stampa.

Caro Beppe, siamo i fondatori dell’associazione Milano, spin off di Vivaio, che come sai si occupa del progetto Milano Città Stato e del sito milanocittastato.it.
Abbiamo avuto già il piacere di incontrarti di persona e anche per questo ci ha colto di sorpresa la tua dichiarazione al circolo della stampa: “Se ricominciamo dalla Città Stato, come sostiene il centrodestra, campa cavallo“, che è stata poi rilanciata dalle agenzie.

Si tratta di parole che ci hanno sorpreso per due ragioni.
La prima è che ci hai attribuito in pubblico una connotazione politica che non abbiamo.
Milano Città Stato è un progetto concepito a inizio 2015 nei tavoli di ideazione di Vivaio, associazione che mira a supportare progetti che possano rendere grande Milano.
Ai tavoli c’erano persone di ogni parte politica e alla domanda cosa potrebbe rendere grande Milano, la risposta è stata di diventare più autonoma. Si è scelto il termine di Città Stato, perché è quello più coerente per ragioni storiche e di attualità.

Negli ultimi anni tutte le principali città d’Europa hanno ottenuto una maggiore autonomia dagli stati di cui ne fanno parte. Berlino è città stato, Vienna e Amburgo lo sono, Madrid è comunità autonoma che trattiene il 50% circa di tutte le tasse che si originano sul suo territorio, Londra è diventata autonoma dal governo in seguito a un referendum popolare alla fine degli anni novanta. Perfino per Parigi il governo francese ha applicato delle leggi ad hoc. Tutto questo succede perché in tutta Europa si sono accorti che le migliori città competono tra loro e non più con altri territori della nazione di cui fanno parte. Se un giovane o un’impresa lascia Milano, di regola è per trasferirsi a Berlino, Londra o Dublino, non più per andare in altre parti d’Italia.

L’idea di Milano Città Stato nasce per questo: per dare la possibilità a Milano di competere ad armi pari con le migliori città d’Europa. E questa non è una rivendicazione egoistica o secessionista, ma tutt’altro. Come quello che hanno capito tutte le altre nazioni europee: rinforzare attraverso l’autonomia le loro città migliori determina un miglioramento per l’intera nazione. E la nostra Costituzione prevede con l’articolo 132 la possibilità che comunità di almeno 1 milione di persone possano costituirsi come una regione.

La storia di come è nata l’iniziativa e le caratteristiche ne rendono un progetto della città per la città. Fin dall’inizio abbiamo rifiutato di cedere alla logica dell’appartenenza politica, perché crediamo che esistano dei fini superiori di fronte a cui gli interessi di parte devono essere accantonati. Ciò che anima il progetto è l’entusiasmo di un gruppo allargato di ragazzi e professionisti di ogni credo politico uniti esclusivamente dall’avere al di sopra di tutto il bene di Milano.
Ma l’aver accostato il nostro progetto agli avversari politici non è ciò che ci ha sorpreso. Questo lo riteniamo solo non corretto.

Quello che ci ha sorpreso è l’espressione “campa cavallo” che hai utilizzato contro il progetto di Milano Città Stato.
Milano è una città di startupper, di ricercatori, di innovatori, di imprenditori che ogni giorno cercano di realizzare idee contro chi le ritiene irrealizzabili. Qualunque idea imprenditoriale è campa cavallo, perché nessun imprenditore parte già con l’idea vincente, ma parte con grande entusiasmo. Milano è diventata grande perché ha reso possibile l’impossibile. Il teatro più importante al mondo, la prima centrale elettrica, il miracolo economico, il futurismo e l’arte povera, il Fuorisalone, la capitale della moda, le nostre aziende: tutte le cose che hanno reso grande Milano all’inizio erano solo un “campa cavallo”.

Vedi Beppe, tu spesso ripeti che il sogno per cui vorresti essere ricordato è la riapertura dei navigli. Ma aggiungi che non è realizzabile. Ecco questo è ciò che ti chiediamo: non rinunciare ai tuoi sogni, non distruggere i sogni degli altri.
Noi tutti crediamo come diceva Max Weber, che esiste uno stato di grazia tale per cui anche un piccolo uomo se diventa leader tende a compiere progetti più grandi di lui. Il solo fatto di essere nella posizione di servire un grande progetto gli consente la capacità di realizzare cose impossibili.
Sei nella condizione mentale di essere sindaco e non ne fai mistero nei tuoi messaggi. Un sindaco di una città di Milano che dice “campa cavallo” a progetti visionari, rinuncia ad innovare e cancella ogni possibilità di ambizione.
Quello che vorremmo per Milano è un sindaco che posto nella condizione di fare qualcosa di buono, si metta a progettare la città da coraggioso visionario rispetto alla storia, alla burocrazia, rispetto a chi ripete che per inseguire i propri sogni l’unica strada è di lasciare il nostro Paese.

Confidiamo che le tue parole siano state solo un’uscita determinata dalla campagna elettorale e che non rispecchiano le tue reali intenzioni per la città.
Anche per fare maggiore chiarezza ti rinnoviamo l’invito a partecipare all’evento di lunedì 30 alla Triennale, assieme a tutti i candidati sindaco di Milano.

Con stima,

I “Padri Fondatori” firmatari in rappresentanza dell’associazione Milano, titolare del progetto di Milano Città Stato:
Raffaella Appice
Francesca Bartolino
Fabio Bergomi

Fabio Biccari
Giacomo Biraghi
Luisa Cozzi

Sydney Isaiah Lukee
Danilo Mazzara
Emanuele Montiglio
Francesco Moretto
Alberto Oliva
Ivan Ortenzi
Paola Perfetti
Ugo Poletti

Alice Riva
Luca Rossi
Ivan Salvagno
Giorgia Sarti
Marco Torchio
Roberto Zanibelli
Andrea Zoppolato
Giacomo Zucco

www.milanocittastato.it

7 SLOGAN per Milano Città Stato – VOTA quello che ti piace di più

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Di quali e quante immagini può essere fatta l’iconografia della Milano del futuro? Noi per ora ne abbiamo create sette.

#1. LA FORZA DI MILANO

Come il cavallo di Leonardo, che resta in attesa di essere valorizzato

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#2. IL GENIO DI MILANO

Come Leonardo da Vinci, che proprio a Milano ha realizzato il suo più grande capolavoro su muro: L’Ultima Cena

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#3. IL SOGNO DI MILANO

Di essere libera di poter trasmettere la sua cultura e la sua identità a tutta Europa   (illustrazione dell’artista Duilio Forte)

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#4. LO SPIRITO LIBERO DI MILANO

Quello che è capace di creare l’impossibile.

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#5. SI MUOVE ALLA VELOCITA’ DELL’IMMAGINAZIONE

Sempre proiettata sul futuro.
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#6. MILANO IN AZIONE

Perché Milano non parla, fa.

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# 7. A MILANO PUOI

Dove ogni cosa è possibile.
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7 slogan per Milano Città Stato - VOTA QUELLO CHE TI PIACE DI PIU'

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La Gran Bretagna osa: dare a ognuno 100 sterline alla settimana?

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L’idea di un reddito di base universale è al centro della scena politica inglese, portando con sé la promessa di una popolazione più sana e felice.

Immaginate una Gran Bretagna in cui il governo paga ogni individuo adulto il costo base della vita. Sia esso ricco o povero – o soprattutto impiegato o non – tutti ricevono la stessa somma settimanale senza alcun vincolo.

Il rigido modello di “welfare” moderno è solo un lontano ricordo.

Le conseguenze di questa scelta si estenderebbero su ogni aspetto della vita:

  • le donne sarebbero appena finanziariamente indipendenti ed in grado di venir fuori da relazioni violente
  • la salute sarebbe notevolmente migliorata
  • le persone sarebbero in grado di dedicare del tempo alla propria cura che, una società in continuo invecchiamento, richiede.

Tutti i partiti politici britannici hanno firmato a favore: proprio come il welfare ha sorretto il 20° secolo, così questa nuova idea definisce il 21° secolo.

Il reddito base incondizionato

L’idea di un reddito di base incondizionato, in inglese UBI (Unconditional Basic Income) potrebbe sembrare qualcosa di assurdo e utopistico ma si sta diffondendo velocemente dalle frange della sinistra politica tradizionale, per essere testato in tutto il mondo.

Il partito dei Verdi ha supportato l’idea per decenni: una versione di UBI è stato uno dei temi chiave alle ultime elezioni.

In occasione della conferenza di primavera del mese scorso, il Partito Nazionale Scozzese ha approvato una mozione supportando l’idea che “un reddito universale può potenzialmente fornire una base per sradicare la povertà e garantire che tutti i cittadini possano vivere con dignità”.

Un gruppo di parlamentari laburisti hanno cominciato ad avvicinarsi a questa idea e, hanno sottoposto il progetto ad un gruppo di esperti per verificarne la fattibilità.

Prove di reddito universale nel mondo

Nel mentre, ci sono state politiche ed esperimenti sulla falsa riga di UBI in India e Brasile. Tali esperimenti hanno suggerito che, contrariamente agli stereotipi moderni del “welfare”, un reddito di base potrebbe incentivare le persone a lavorare di più e meglio, garantendo loro un senso di stabilità.

Un progetto pilota di UBI si sta testando anche a Utrecht, nei Paesi Bassi e altre città olandesi sembrano destinate a seguire il suo esempio. E ci sono le basi per un più ambizioso progetto di UBI in Finlandia.

Inoltre, il prossimo 5 giugno gli svizzeri voteranno una proposta che vedrebbe tutti i cittadini ricevere £1700 al mese, con un extra di £400 per ogni bambino.

E non poteva mancare la Silicon Valley. L’incubatore start-up con sede in California, Y Combinator, ha annunciato di voler finanziare la ricerca sulla fattibilità di UBI. Il suo presidente, Sam Altman, ha detto: “E’ impossibile avere realmente pari opportunità senza una qualche versione di reddito garantito”.

Il reddito di base a Londra. Cosa cambia?

Lo scorso aprile migliaia di persone si sono radunate nel centro di Londra per l’ultima manifestazione organizzata dall’alleanza anti-austerity dell’Assemblea del Popolo. Il grande slogan è stato “fine dell’austerity ora”, accompagnato da 4 parole chiave: salute, abitazioni, educazione e naturalmente, posti di lavoro.

Ma i rumors attorno ad UBI non sono finiti.

Un gruppo chiamato Assemblea Radicale, fondato nel maggio scorso, ha organizzato ciò che esso definisce il Blocco No Jobs: una sottosezione della marcia per i “sick of daily grind” letteralmente i malati di routine quotidiana, a favore di un mondo che ne possa essere privo e convinti che la tecnologia sia la risposta. Per costoro, il punto non dovrebbe essere quello di discutere di più, o meglio, il lavoro ma di chiedere un mondo con meno lavoro ma pagato per tutti e, la chiave fondamentale per far funzionare questa visione è un reddito di base.

L’idea va dritto al cuore della crisi che stanno vivendo i partiti della sinistra tradizionale in tutta Europa e oltre.

Per il partito laburista britannico il concetto di un reddito di base solleva una questione dolorosa: come puoi continuare ad indossare la veste del partito dei lavoratori quando il lavoro tradizionale sta scomparendo così velocemente?
Se le macchine sostituiranno molti dei posti di lavoro, abbiamo bisogno di distinguere il legame tra lavoro e salari.

I pareri sul diritto al reddito di base: favorevoli e contrari.

L’idea di UBI è circolata per anni, sostenuta da personaggi come Thomas Paine, Martin Luther King e Milton Friedman.

Anche i libri, come “Il Precariato: la nuova classe esplosiva” di Guy Standing (2011) e “Il Post-Capitalismo” di Paul Mason (2015) hanno affrontato lo stesso tema. Come Inventing the Future, pubblicato lo scorso anno, che ha già creato notevoli brusii nei circoli di sinistra. I suoi due autori, Alex Williams e Nick Srníček, e il loro lavoro, hanno costituito l’ispirazione chiave dietro al raduno che l’Assemblea Radicale ha organizzato per lo scorso Aprile. Il Blocco No Jobs infatti richiama gli slogan stampati in grassetto sulla copertina del libro:

  • richiesta di piena automatizzazione
  • richiesta di reddito base universale
  • esigere il futuro

Come spiega Srníček, l’idea di un reddito base è circolata per secoli, sostenuta da personaggi come il radicale Thomas Paine, Martin Luther King e il guru del libero mercato Milton Friedman. Negli Stati Uniti, l’amministrazione Nixon del 1970 aveva progetti per un modello di destra che fece diventare quasi legge. [Per approfondire: http://www.remappingdebate.org/article/guaranteed-income%E2%80%99s-moment-sun?page=0,2]

Reddito di base negli Stati Uniti

Nel frattempo, tra il 1968 e il 1978 , il governo degli Stati Uniti ha fatto una serie di esperimenti con un reddito di base in luoghi come New Jersey, Seattle, e Denver. E’ stato testato anche nella cittadina canadese di Dauphin, Manitoba. Anche se ci sono voluti anni perché i risultati della ricerca fossero pubblicati, essi hanno suggerito che c’era stato un calo di ricoveri ospedalieri, ed un aumento del numero di adolescenti che frequentavano la scuola.

Il diritto al credito e la questione del lavoro

Il grande tema che le idee di Williams e Srníček si trovano ad affrontare è quello dell’automazione e degli effetti di questa sul luogo di lavoro e nelle nostre vite.

Un terzo dei posti di lavoro retail nel Regno Unito si pensa scompariranno entro il 2025. Il Financial Times ha recentemente riportato una ricerca che prevede che 114.000 posti di lavoro nel settore legale britannico saranno automatizzati nei prossimi 20 anni. Oppure come nel settore dei trasporti: negli Stati Uniti si testano autocarri senza conducente. Tutto questo fa riflettere su quanto possano essere enormi i cambiamenti relativi al lavoro retribuito.

La tecnologia di cui stiamo parlando oggi è davvero impattante sulle aree che abbiamo pensato sarebbero sempre state appannaggio degli esseri umani:” le attività non di routine, cose come guidare una macchina, ma anche l’automazione dell’interazione sociale di base – come il lavoro dei call center, il lavoro di customer service e tutto questo genere di cose”, dice Srníček. “Diversi posti di lavoro stanno per acquisire dei ritmi molto più rapidi. Ciò significa che, anche se non porta alla disoccupazione di massa, l’automazione porta ad un cambiamento enorme nel mercato del lavoro, e la gente deve trovare nuovi posti di lavoro e nuove competenze “.

Quanto tempo pensa passerà prima che UBI diventi una parte credibile della politica tradizionale? “Beh, io credo che questo sia un progetto a lungo termine; non accadrà in una notte. “È necessario costruirlo nel tempo. Ed è anche necessario trovare nuove entrate per renderlo possibile. Quindi è necessario parlare di Panama Papers e paradisi fiscali, e come recuperare le entrate fiscali per permetterci qualcosa come UBI. Il punto fondamentale è che qualcosa di così ambizioso come un reddito di base che consente alle persone di fare scelte significative costerà, e l’unico modo per portare finanziamenti combacia con le nostre crescenti preoccupazioni circa l’evasione fiscale e, del resto, la disuguaglianza globale e dei mercati del lavoro sempre più fragili che siedono sotto di essa”.

Il punto chiave, continua Srníček è il contesto: mettere UBI accanto ad altri piani e proposte, in modo da rimpolpare l’idea di un mondo al di là del lavoro. “Una grande cosa sarebbe ridurre la settimana lavorativa,” dice. “La mia preferenza è di attuare un week-end di tre giorni. Abbiamo già alcuni casi, in occasione delle festività. Siamo già abituati. E a tutti fa star bene quando queste festività capitano. Questo potrebbe plausibilmente essere realizzato nei prossimi cinque anni.”

I favorevoli nel Regno Unito

L’unica parlamentare dei Verdi, Caroline Lucas, è una fan di Inventare il Futuro :”Amo il modo in cui si parla di un reddito di base come qualcosa di veramente trasformante”, dice . Recentemente ha presentato una mozione alla Camera dei Comuni su UBI .

Trentadue parlamentari hanno firmato: 23 provenienti dal Partito Nazionalista Scozzese, 6 dal Partito Laburista e 2 dal Partito Social Democratico e Laburista dell’Irlanda del Nord.

I Conservatori e i Liberal Democratici hanno brillato per la loro assenza. “Questa idea funziona su molti livelli”, dice . “E’ una politica molto pratica perché garantisce che le persone non cadano nelle crepe del sistema di welfare. Ma è anche un’ idea profondamente radicale, in termini di potenziale femminista e di ciò che facciamo in un mondo in cui sempre di più il lavoro sta per essere automatizzato. Esso stimolerebbe anche un senso di contributo alla comunità , come la pulizia delle spiagge, visitare un amico anziano che potrebbe essere solo, questo per fare qualche esempio. C’è un’intera libertà e liberazione che ci verrebbe data, e penso che tutto ciò ci metta davanti  profondi interrogativi sul fatto che noi esistiamo semplicemente per trascorrere un terzo della nostra vita a lavorare per qualcun altro”.

Foto e fonte: dal web

7 tesori da non perdere al Cimitero Monumentale di Milano

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Monica della Giustina scrive di Carla de Bernardi: “Carla è una fotografa prestata alla scrittura o molto più probabilmente scrittrice lo è sempre stata ma ha sempre preferito raccontare le sue storie attraverso le immagini. Ci sono interi romanzi dietro alle sue foto delle camere d’albergo scattate in giro per il mondo. Qualche anno fa è entrata per caso al Monumentale di Milano e si potrebbe dire che non ne è più uscita. Non perché sia rimasta tra i suoi “inquilini”, ma perché si è innamorata di questo luogo unico e speciale e lo ha “adottato”. Ha fondato Gli Amici del Monumentale per tutelare, conservare e valorizzarne gli aspetti artistici e storici. Ha scritto una Guida per visitarlo e poi si è appassionata alle storie dei defunti e degli artisti e le ha raccontate nel libro “Non ti scordar di me-Guida per curiosi e ficcanaso al Monumentale di Milano” Sempre con Mursia suo unico editore da sempre perché Carla… è una persona fedele!”

E noi chiediamo a Carla: perché hai scelto di scrivere un libro sul Cimitero di Milano?
Per me che ho scritto altri libri è stato naturale. Ho cominciato a prendere appunti mentre camminavo e a fare fotografie (anche molte di quelle erano appunti) poi mi sono accorta che valeva la pena di condividere questi tesori e così è nato il libro.

Ti sogni mai gli ospiti delle tombe che visiti?
Più che sognarle quando dormo, le sogno quando mi sono di fronte. Chiudo gli occhi e si animano…per esempio il corteo funebre di Giuditta Sommaruga, dieci donne che portano un feretro pregando, lo vedo staccarsi dal fondo in mosaico azzurro che altro non è che il cielo e vagare nella notte sopra i viali per tornare al loro posto all’alba, poco prima che il Monumentale apra. E così vedo angeli librarsi, uomini in abiti borghesi conversare, dame eleganti passeggiare chiacchierando, bambini tornare tra le braccia della mamma per un breve istante. Poi apro gli occhi e tutto è immobile, silenzioso, magnifico.

Cosa non si può assolutamente perdere nella visita al Cimitero Monumentale, che è poi un immenso Museo a cielo aperto?
Ci sono cento monumenti da non perdere, anzi 1.000 anzi più di 15.000 e 1.500 edicole (tempietti o cappelle) ma indico le più note che ovviamente sono anche tra le più belle e importanti:

#01. Edicola Campari e Edicola Bernocchi di Giannino Castiglioni

#02 Edicola Besenzanica e Monumento Isabella Casati di Enrico Butti

#03 Edicola Toscanini e Monumento Erminia Cairati Vogt di Leonardo Bistolfi

#04 Edicola Korner

Con il gruppo in bronzo in bilico tra arte antica e un’arte ancora da venire, di Adolfo Wildt.

#05 La Nike di Lucio Fontana

Una ceramica smaltata azzurra che non sfigurerebbe in nessun museo del mondo

#06 il Monumento Andrico di Enrico Pancera

Una Deposizione con meravigliosi volti dai tratti orientali

# 07 il monumento di Giovanni Vittadini e Amalia Beretta di Giovanni Giudici

“Il mio preferito in assoluto: lo struggente addio di una anziana, dolente moglie all’adorato marito sul letto di morte…strappa il cuore!”

Ci fermiamo a 7 in quanto potrete continuare voi questo elenco dopo aver visitato il Monumentale grazie alle passeggiate che Carla organizza al suo interno, raccontando di aspetti artistici, storie, aneddoti e curiosità sui defunti e sugli artisti, portando così il visitatore vicino alle loro anime.

15 cose che solo chi vive in una casa di RINGHIERA può capire

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Una delle cose che ho scoperto quando sono venuto a vivere a Milano è la casa di ringhiera.

Le case di ringhiera, o case a ballatoio sono una tipologia di edilizia popolare tipica del primo 900 che prevede la compresenza in ciascun piano dell’edificio di più unità abitative che condividono lo stesso balcone.

In pratica la porta di casa si trova su un lungo balcone comune che percorre tutto il piano.

Milano è piena di case così e chi ci vive ha imparato alcune cose.

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#1 Quando devi spiegare cos’è una casa di ringhiera a chi non l’ha mai vista dici che è uguale ai motel dei film americani ma invece di affacciarsi sull’autostrada si affaccia su una corte interna silenziosa e riposante.

#2 Nel tuo piano c’è sempre un’anziana signora un po’ matta che controlla tutto quello che fai.

#3 L’ultima casa della ringhiera è privilegiata perché non ti passa davanti nessuno.

#4 Tranne l’anziana signora di prima che viene a controllare che tutto sia in regola e ti ricorda di innaffiare le piante.

#5 Alcuni balconi sono scivolosi e con il parapetto così basso che i tuoi ospiti hanno paura di cadere giù.

#6 Quando cerchi il coinquilino del piano di sopra per risolvere il problema di un’infiltrazione d’acqua, lui è sempre un coinquilino fantasma che vive da qualche parte nel centro america.

#7 Se c’è una bella ragazza nello stabile non riuscirai mai a capire quale sia il suo appartamento, anche se vivessi lì per anni.

#8 In compenso se hai finito l’olio puoi sempre chiederlo in prestito alla signora anziana di prima.

#9 L’ascensore è sempre occupato.

#10 Essendo case di inizio 900 le mura sono molto spesse e isolano bene i rumori. Per questo quando qualcuno deve urlare lo fa sul balcone, rivolto al cortile interno. Così rimbomba.

#11 Non è vero che le case di ringhiera sono di basso profilo. Alcune sono piuttosto lussuose.

#12 Se sei appassionato di gossip sul vicinato ti basta fare amicizia con il portinaio.

#13 Quando c’è un problema i consiglieri arrivano rapidi come il giustiziere della notte.

#14 I parcheggi interni alla corte si tramandano di generazione in generazione come il daltonismo.

#15 Quando ti trasferisci un po’ ti manca. 

FRANCESCO BOZ

Leggi anche:
10 città stato del mondo che possono ispirare Milano
* E ora Milano Città Stato! Se non lo fa l’Italia, si può chiederlo all’Europa
Milano Città Stato sarebbe un bene soprattutto per l’Italia
Primo passo del consiglio comunale verso Milano Città Stato
Corrado Passera: Milano Città Stato è il più interessante progetto che ci sarà in Europa nei prossimi anni
“Proviamoci. Mi impegnerò personalmente”. Beppe Sala a Milano Città Stato

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8 progetti VISIONARI per Milano: VOTA il migliore

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In questi mesi MilanoCittàStato.it ha raccontato le migliori proposte che ci possono cambiare la vita segnalate dal mondo.
Anche noi abbiamo cercato di contribuire al progresso delle idee, proponendo una serie di novità che vorremmo per il domani di Milano Città Stato. Ecco le nostre 8 proposte da scegliere.

#1. SCUOLA: video lezioni nelle università e nelle scuole per imparare dai grandi del mondo

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#2. URBANISTICA: produrre energia pulita dalle strade

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#3. TEMPO LIBERO: restare in forma producendo energia

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#4. LAVORO: coworking all’aperto per vivere meglio il lavoro

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#5. TRASPORTI: la circonvallazione sarà molto più veloce

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#6. MOBILITA’: strade a scorrimento veloce sotto la città, per muoversi meglio e per ridurre il traffico di superficie.

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#7. INQUINAMENTO: obiettivo: emissioni zero.

 

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#8. COLLEGAMENTI VELOCI: mai più code sull’A12

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QUALE PROGETTO VORRESTI DI PIU' CHE FOSSE REALIZZATO?

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6 cose che vi stupiranno sulla GALLERIA Vittorio Emanuele

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La Galleria di Milano dedicata a Vittorio Emanuele II e ai Milanesi è tra le opere che hanno segnato la storia d’Italia nel XIX secolo. Ci passiamo davanti tutti i giorni, molti sono gli aneddoti e le storie conosciuti, noi abbiamo tentato di stupirvi con queste 6.

galleria vittorio emanuele#1. Molto simile a quella di Napoli: chi ha copiato chi?

Prendete una foto di Milano nella mano sinistra e una di Napoli nella mano destra. Potreste confonderle. La Galleria di Milano come quella di Napoli si caratterizza per un ingresso ad arco trionfale, tipico retaggio di chi ha una storia romana di grande pregio e che vuole richiamare a gran voce.

Entrambe sono intitolate a un re: Vittorio Emanuele e Umberto. Nella genealogia dei Savoia sono stati prima padre e poi figlio l’uno dell’altro.

Entrambe hanno 4 donne molto ‘mondane’, nel senso che le donne rappresentate nelle lunette ai quattro bracci rappresentano i 4 continenti.

Entrambe ce l’hanno grande uguale, la cupola: è un ottagono di 36 metri che sorregge una mastodontica struttura di ferro e vetro, secondo la moda che andava a fine XIX secolo.

Entrambe quelle decorazioni apparentemente incomprensibili sono un omaggio alla Scienza, all’Industria, all’Agricoltura e all’Arte.

Sia a Milano che a Napoli il loro passaggio converge sulle piazze prestigiose: San Carlo e La Scala.

Sono ambedue un simbolo del Natale: sotto la cupola troneggia grande albero sul quale è regola appendere il proprio bigliettino dei desideri.

Ma se sono quasi uguali, chi ha copiato chi? Vinciamo noi: quella di Milano è stata inaugurata nel 1867, quella di Napoli è del 1890. 

#2. La galleria d’Italia

Appena sotto la cupola sono effigiati gli stemmi dei 100 comuni d’Italia ai tempi della costruzione – 1865-1877

#3. La galleria prima di tutti

 

Sul pavimento si trovano gli stemmi delle quattro capitali del Regno Italico: Milano, Torino, Firenze e Roma.

#4. Le palle non sono ‘palle’

Quelle del toro, da schiacciare. E’ un rito di turisti e milanesi. Si dice che questa tradizione sia nata perché il toro è simbolo di Torino e i Milanesi e Torinesi non sono sempre andati d’accordo. Si dice che porti fortuna, ma che effetto abbia di preciso è altrettanto misterioso.

C’è chi dice che si debbano compiere 3 giri il giorno di Natale,  col tacco e in senso antiorario.
C’è chi dice che basti un solo giro di tacco l’ultimo dell’anno (non importa la direzione).
Per qualcun altro sono tre i giri da fare il giorno del proprio compleanno. La tradizione più consolidata è di fare i tre giri una volta sola, in qualunque giorno dell’anno. Meglio se appena arrivati in città.

#5. Le città in una cupola

Che si entri da via Silvio Pellico o si passi dalla dirimpettaia Via Ugo Foscolo, noterete degli  affreschi con scene storiche. Ritraggono le città principali d’Italia nell’atto di seguire le direzioni dei quattro bracci della galleria per convergere su Milano. Io sono riuscito a identificare:  Venezia Crema, Mantova, Cremona, Firenze, Bergamo. Vi invito a scoprire quelle mancanti.

#6. Prima Milano, poi tutte le altre.

Quando Giuseppe Mengoni, l’architetto, la progettò, era sua intenzione creare un simbolo tangibile della unicità di Milano per l’Italia ed un simbolo di innovazione nel mondo, in anticipo persino su città come Londra, Parigi o Bruxelles.

Dopo di lei e come lei ne costruirono altre. In Italia  la Galleria Giuseppe Mazzini a Genova, la Galleria Principe di Napoli a Napoli, la Galleria San Federico e
la Galleria Subalpina a Torino. 

 

A Boston quando piove sulle strade fioriscono le poesie

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Addio giorni di pioggia pieni di malinconia: negli Stati Uniti, una vernice simpatica che si attiva con l’acqua fa fiorire i grigi lastricati di cemento delle strade e li trasforma in poemi d’amore.

Accade a Boston, dove i marciapiedi sono ricoperti di poesie segrete che si svelano solo quando bagnati dalla pioggia.

hidden-poetry-on-bostons-sidewalks-is-revealed-only-when-it-rains_6-768x1024Viene chiama “Raining Poetry”, cioè poesia della pioggia, ed è il felice esito di una collaborazione tra il pubblico, in questo caso rappresentato dal Municipio, e il privato, la Non profit mass poetry, che ha letteralmente invaso le strade della città.

Le poesie sono scritte con una vernice biodegradabile che rende leggibile ogni poesia dalle sei alle otto settimane.

lead_largeIn questo modo, la città di E. Cummings e Sylvia Plath svela l’intero suo patrimonio culturale on the road rendendolo fruibile a tutti e sorprendendo il passante ad ogni angolo.

14-e1463680524510Un’idea che ci piacerebbe vedere anche a Milano, magari senza dove aver aspettare il prossimo Festival Internazionale di Poesia.

Per saperne di più, guarda il video.

4 PR di Milano insopportabili

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Il PR è una figura mitologica mezzo uomo e mezzo luogo comune.

L’acronimo significa pubbliche relazione e la definizione riassume in modo didascalico come questo individuo occupa il 90% della sua giornata.

Il PR non è buono o cattivo, come ha egregiamente spiegato Wittgenstein queste categorie assolute dell’etica sono prive di significato se non vengono messe in relazione con qualcosa.

Per questo oggi descriveremo alcuni tipi di PR di Milano cercando di capire perché sono insopportabili.

pr di milano4 PR di Milano insopportabili

 

#1 Il PR della discoteca.

Nella sua manifestazione più classica il PR si occupa di riempire i tavoli della discoteca. E poi di riempire chi riempie il tavolo di bottiglie. È insopportabile perché conquista la fiducia di chi detiene il potere decisionale nella tua compagnia di amici e ti obbliga collateralmente a partecipare a serate che detesti. La sua nemesi è il divano di casa.

 

#2 Il digital PR.

Il digital PR si muove nell’ombra del suo laptop e promuove strategie per far conoscere qualcosa attraverso internet. È insopportabile perché prima di lui internet era una piazza dove camminare in totale tranquillità. Oggi è una piazza il giorno di mercato. La sua nemesi è il ragazzino di 10 anni che senza aver studiato marketing digitale riesce a ottenere risultati migliori dei suoi.

 

#3 Il PR donna.

Il PR di solito è uomo, ma la tanto sospirata parità ha creato una nuova categoria di promotori donna. Le mansioni del PR donna restano immutate ma lei si può avvalere di armi di distruzione di massa che l’uomo non possiede. Per dipanare ogni dubbio stiamo parlando del broncino: “dai vieni nel mio locale, altrimenti ci resto male”. La sua nemesi è la fidanzata del maschio che cerca di intortare.

 

#4 Il PR di se stesso.

Non può mancare in questa breve rassegna il PR di se stesso. Una versione post moderna dei proletari che possedevano solo i figli, lui non ha nemmeno quelli quindi si dedica esclusivamente a sé. Se lo fa bene riuscirà ad arrivare a quel momento della carriera lavorativa in cui il suo capo si accorge di aver assunto un giovane il cui unico talento è vendersi. La sua nemesi è la vita.

 

A scuola di abbracci: quando l’educazione vale più di 1000 parole – VIDEO

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Una delle leggi sacrosante che sentiamo spesso urlare dalle mamme milanesi ai loro bambini è: “Non alzare le mani, non dare i calci“. La prima regole delle educatrici di una scuola orientale è: “Congiungi le mani al petto in segno di saluto, guarda negli occhi e abbraccia il tuo vicino“.

Nella forma mentis tipica della cultura d’Oriente ci sono l’accettazione e l’uso esclusivo del senso positivo delle parole. Usare parole definite, nette, chiare, dicono, consente all’universo di ascoltarci ed esaudire le richieste che quelle parole compongono.

Secondo la psicologia, hanno ragione loro:  si dice infatti che ogi volta che impartiamo un ordine inserendo la parola “non”, sortisca l’effetto contrario, visto che il cervello trasforma tutto in positivo.

“Comincia la tua mattinata abbracciando ed accogliendo il tuo vicino” questo è il messaggio che si trasmette in queste scuole che potrebbe ispirare anche le nostre.

 

La prigione senza sbarre: lavoro e relax per i detenuti norvegesi

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Vi sembrano cartoline da una vacanza dai fiordi norvegesi? Non è dunque un caso se Bastøy  è considerato da tutti il carcere più bello del mondo: non ha sbarre né celle ma cottage in cui i detenuti vivono liberi.

All’interno si trovano 115 detenuti ed il loro numero è mantenuto costante (in tutta la Norvegia ce ne sono 3.872). Detenuti che possono farci invidia a vedere immagini come questa di Mauro di Lauro/Getty Images [foto sotto]

BastoyNorwayA chi avesse impresse le immagini delle carceri sovraffollate italiane, la  Norvegia risponde con quello che per molti è “il carcere di lusso”, la prigione in cui tutti vorrebbero entrare.

E Bastøy è un autentico modello mondiale per tutta queste sue caratteristiche.

Innanzitutto, questa colonia è di minima sicurezza. Lo è dal 1988.

bastoy0Si trova sulla Bastøy isola, in mezzo al fiordo di Oslo.

I 115 detenuti vivono in piccoli cottage dotati di letto, armadio, Tv, computer e toilette costantemente pulite. Ma attenzione, la vita dei detenuti non consiste nel trascorrere il tempo su una branda all’aria aperta, anzi. Tutti lavorano nell’azienda della prigione e con quello che guadagnano, 8 euro al giorno, possono pure concedersi qualche sfizio, ad esempio acquistarsi una bicicletta come quelle su cui sfrecciano nelle ore libere che sono dopo le 8 ore di lavoro standard ed entro le 23 e dopo le 7 del mattino. In quel lasso di tempo hanno infatti l’obbligo di dimora nel loro cottage.

Ma prendono anche il sole, giocano a tennis, vanno a pesca, fanno passeggiate a cavallo, insomma, hanno il momento per i loro hobby.

Bastoy-prigione-Norvegia-001-jpg_110704“La prigione assicura inoltre 24 euro extra ogni settimana da spendere per colazione, pranzo e magari una scheda telefonica da usare nelle cabine che hanno a disposizione a orari predefiniti. Sull’isola lavorano 69 persone tra guardie e personale. Solo cinque di loro si fermano la notte e non sono armati. In fondo, perché scappare da qui? D’estate capita di scorgere i detenuti in acqua. «Uno di loro faceva il giro completo dell’isola a nuoto – ci racconta Tom -, nuotava e basta». In fondo, da qui chi vorrebbe fuggire?”, prosegue il reportage. E a ragione.

A chi pensa poi che coccole e vizi producano l’effetto contrario, rispondo i dati forniti dalla struttura detentiva: dei suoi ex ospiti i casi di recidiva sono stati del 16 per cento contro una media europea del 75 per cento. Anche perchè il segreto consiste nell’alternare lavoro e piacere, molto diverso rispetto ad altri modelli che si basano si basano su una detenzione priva di lavoro, che finisce con il gravare solo sul contribuente e di mantenere il carcerato in uno stato di incapacità. Incapacità che lo porta, una volta tornato in libertà, a tornare a delinquere.

Certamente non parliamo di serial killer o latitanti mafiosi: i detenuti che arrivano sull’isola di Bastøy hanno già scontato la maggior parte della pena altrove.

d0659fe6-8e6c-4f4a-ae4f-33561ba3cd8bMa Bastøy non è un luogo di vacanza: possono rimanere al massimo cinque anni e devono dimostrare un forte desiderio di migliorarsi. Indipendentemente dal reato commesso, ognuno di loro deve scrivere una lettera motivazionale per entrare e deve dimenticare il proprio passato.

“La struttura costa allo Stato circa 8 milioni di euro l’anno, su un investimento totale nelle carceri di circa due miliardi. L’Italia ne spende tre, ma di detenuti ne ha 53mila” spiega Il Corriere.it nel bel reportage che racconta anche l’impegno sostenibile di questa struttura dove quasi tutto è di legno e viene riutilizzato.

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Insomma, Bastøy è il luogo in cui lavorare serenamente sul presente per gettare le basi di un domani migliore, per se stesso e per gli altri. 

E questo video-racconto bene lo racconta:

Salviamo il Vivaio Riva: Milano si mobilita per l’oasi verde delle Colonne di San Lorenzo

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Nel cuore di Milano esiste un luogo magico davanti al quale saremo passati mille volte, ma di cui molti non si sono accorti perché è un giardino fatato popolato di piante, odori, fiori, frutti, troppo silenzioso e resiliente perché si lasci sedurre dal traffico e dal rumore: è il Vivaio Riva. Cinque anni è stato salvato dalla chiusura, ma non era che l’inizio di una sfida ancora più ardua. E’ infatti in scadenza il contratto di gestione che il Comune ha dato alle sorelle Riva e alla amica di una vita, la Signora Gina. Il prossimo anno, Milano potrebbe perdere uno dei suoi gioielli più affascinanti.

LA STORIA DEL VIVAIO RIVA

Il Vivaio Riva si trova a due passi dalle Colonne di San Lorenzo, accanto al parco archeologico romano ticinese, quello confinante con via Conca del Naviglio e da cui si accede da via De Amicis.

Riva è il cognome della famiglia di Angela e Luisa, le sorelle proprietarie. Qui sono praticamente nate, hanno vissuto e Angela scomparsa nel 2012 ha lasciato un vuoto incolmabile.
Ora Luisa e Gina, amica di lunga data di Angela, si stanno impegnando perché questo luogo unico di Milano resti il vivaio dei milanesi.

Un terreno fertile per coltivare, ieri, una zona appetibile per il mercato immobiliare, oggi. 

IL CONTRATTO E LA FINE DI UN’EPOCA

Perché il Vivaio Riva piace a molti.

Piace agli amanti delle piante, piace ai bambini, piace ai molti che entrano, passeggiano e si prendono una pausa dal trambusto cittadino, in un luogo aperto a tutti anche a chi non vuole acquistare nulla. Piace a chi desidera che Milano mantenga i tesori nascosti della sua tradizione.

Piace anche ad Associazione Vivaio, che porta questo nome perché, spiega il presidente Andrea Zoppolato: “cinque anni fa, noi di Vivaio ci siamo riuniti qui per la prima volta. Cercavamo un posto che non fosse né troppo business né troppo informale. Ci siamo imbattuti nel Vivaio Riva e ce ne siamo innamorati, decidendo di prendere il nome di Vivaio per sottolineare l’idea di coltivare idee per la città”.

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Piace ai cittadini, è un luogo verde, gestito da una vita dalla famiglia Riva che però è destinato a finire: sarà in parte luogo edificabile e in parte unito ai giardini vicini, perdendo così la sua specificità.

Cinque anni fa, su iniziativa dell’associazione Vivaio un’azione bipartisan capitanata da Alessandro Morelli, Lega Nord, e altri politici dell’area politica della giunta attuale sono riusciti a far prolungare la concessione per le sorelle Riva di altri cinque anni.
Ora che quel quinquennio sta per scadere, la concessione non è più rinnovabile e nel 2017, Milano potrebbe perdere il suo Vivaio e il suo giardino fatato nel centro della città.

SALVIAMO IL VIVAIO RIVA: LA CHIAMATA ALLE ROSE

L’associazione Vivaio ha dunque chiamato a rinforzo la sua rete di vivaisti, tra ‘innaffiatori’ e ‘pacciamotori’ per sollevare la questione a furor di popolo. 

L’appuntamento per tutti, anche per chi desidera conoscere questo angolo di paradiso, è al Vivaio Riva di via Arena (di fronte al numero 7) mercoledì 25 maggio 2016, ore 18. “So che sarà molto difficile salvare di nuovo un vivaio che si trova in una zona che fa gola ai costruttori. Così come so che se lo si toglie alle signore che lo hanno reso una meraviglia, questo luogo è destinato a perdere tutto il suo fascino, diventando simile all’anonimo parchetto che c’è a fianco”, prosegue Zoppolato.

L’evento è gratuito, aperto a tutta la cittadinanza, e vedrà la partecipazione attiva di Alessandro Morelli, Lega Nord, e Filippo Barberis, PD, candidati di parti avverse alle prossime amministrative ma uniti nello spirito di Vivaio.

“Per Gina, Luisa e la cara e indimenticabile Angela Riva che ci hanno accolto con grande affetto è il minimo che possiamo fare”, conclude Zoppolato.

Vivaio‎Salviamo il VIVAIO RIVASALVIAMO IL VIVAIO RIVA

Evento aperto a tutti.

Ore: 18.00 – 19.15

Organizzatori: Associazione Vivaio

Special guest: Alessandro Morelli, Lega Nord; Filippo Barberis, PD

Social: www.facebook.com/salviamoilvivaioriva | vivaio riva  

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Ecco come sarà la Torre Galfa. INTERVISTA

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Nuova puntata della storia della Torre Galfa, il grattacielo di Milano noto per gli anni di abbandono e per i tentativi di riqualificazione andati a vuoto.

Finalmente pare che i lavori siano cominciati, anche se un po’ in ritardo rispetto al previsto. La prossima destinazione d’uso della Torre sarà quella di business hotel di lusso sotto l’etichetta del brand Innside, parte del gruppo Meliá Hotels International. Li abbiamo contattati per capire qualcosa di più del futuro di un palazzo che è diventato un’icona per la città, resa nota con l’occupazione di Macao di qualche anno fa.

L’INTERVISTA 

IL GRUPPO MELIA’ HOTELS. E’ una compagnia quotata in borsa con circa 38mila dipendenti e 352 alberghi nel mondo, ma nei prossimi tre anni punta ad arrivare a 420. Di essi, 7 si trovano in Italia con l’obiettivo di aggiungerne a breve altri 4.

Palmiro Noschese, AD Melià Hotels Italia
Palmiro Noschese, – ‎Managing Director Italy at Melia Hotels International

3 si trovano a Milano, e tutti sono parte del segmento 5 stelle. “Abbiamo anche due Trophy Hotel, a Roma e a Milano, che ci rappresentano nel mondo come prodotto top di ospitalità di lusso”, ci racconta l’Area Director Italy di Meliá Hotels International e General Manager del Meliá Milano, Palmiro Noschese, che prosegue: “Quello a cui miriamo è che anche il futuro Innside Melià dentro Torre Galfa diventi un Trophy Hotel a livello europeo”.

Dottor Noschese, quale sarà il futuro della Torre Galfa?
Torre Galfa segue le aperture di Innside Hotel in Germania, in Inghilterra e a New York, appena un mese fa. Il prossimo Innside hotel dovrà essere dentro Torre Galfa a Milano e sarà una punta di diamante.

Che ruolo ha Melià nella ristrutturazione di Torre Galfa?
Due anni fa Melià ha firmato un contratto con la proprietaria Unipol con l’intento di supportare il progetto per la parte dell’hospitality. Il contratto da gestore, che durerà per i prossimi 20 anni, sarà per sviluppare i primi 13 piani della Torre nella forma di un albergo dello status di uno dei band di Melià, ovvero Innside. Come tale l’albergo sarà tecnologico, di alto lifestyle, e sarà dotato di tutto quello che è per il mercato corporate, in grado di offrire al cliente solo i migliori servizi business. Per questo abbiamo pensato ad una struttura da 146 camere, sale riunioni, una palestra, un garage per i nostri ospiti e un concept dibar ristorante al piano lobby integrato nell’albergo.
Insomma, Melià ha in serbo il desiderio di mettere tutto il proprio know-how al servizio di un albergo eccellente e che potrà dire la sua nella storia di Milano.

Avete altre esperienze a Milano?
Siamo forti dei successi da 15 anni nel quartiere di San Siro e da un anno in quello di Piazza della Repubblica. Questo terzo brand ci servirà a coprire tutta la clientela.

Torre GalfaPerché investire proprio su Torre Galfa?
Dapprima, era l’intuizione che all’interno qui ci potesse essere un albergo. Quindi, perché la Torre Galfa rappresenta per la città di Milano qualcosa di importante, sebbene negli ultimi 30 anni sia stata abbandondata per tutta una serie di problemi che non stiamo qui a ripetere.
Noi abbiamo stipulato un contratto con Unipol e li abbiamo convinti per la parte alberghiera, ma ci sono altri piani.

Che cosa conterranno gli altri piani di Torre Galfa?
Sopra i piani del nostro albergo è previsto un sistema di service apartment, ovvero ci saranno appartamenti in affitto all inclusive e dotati di tutti i servizi.
Al 29° e 30° piano invece l’idea è di fare un grande lounge-bar-ristorante aperto alla città.

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Come sarà la differenza di gestione?
Noi gestiamo i primi 13 piani della torre, per la parte alberghiera, ad Unipol spettano gli appartamenti e l’ultimo piano.

A quanto ammontano i termini dell’investimento?
Torre Galfa è per noi un’ultima parte di Milano da ristrutturare nella quale crediamo molto: rappresenta il completamento della riqualificazione dell’area di Porta Nuova, ex Varesine, ed è una location che sarà importantissima nei prossimi due anni.
In virtù di questo sono stati stanziati da Unipol 100 milioni di euro per il progetto globale.

I tempi del cantiere?
I lavori sono partiti da qualche mese, proseguiranno per tutto il 2016 e l’intero 2017. L’idea è quella di aprire tutta la Torre entro il primo quarto del 2018, lavorando a pieno ritmo.

TORRE_GALFA-06_fullCon quali altri attori state colloquiando per ridare vita a  questo luogo?
L’accordo è tra noi e Unipol e con lui parliamo, anche se probabilmente Unipol sta parlando anche con qualche altro interlocutore per i piani destinati agli appartamenti.

I vostri obiettivi? 
Come sempre quando arriviamo nelle città e nelle location non ci fermiamo alla riqualificazione dell’immobile alberghiero ma anche all’area su cui insiste quella struttura. Lo abbiamo fatto con il Melià in Piazza Duca D’Aosta, in Piazza delle Repubblica e così sarà anche per Torre Galfa.
Ci teniamo di essere attori della città e, insieme a Unipol, dare il nostro contributo all’ultima parte del centro di Milano che tale consideriamo in quanto non lontana da Stazione Centrale e Piazza della Repubblica e a appena 20 minuti dal Duomo. La nostra storia ci insegna che i nostri marchi hanno aggiunto valore specifico anche all’area su cui insistevano.

Fino a oggi Torre Galfa è stata simbolo di sprechi e occupazioni: quale vorrebbe fosse la notizia sulla Torre una volta inaugurato il nuovo progetto?
Che Torre Galfa è rinata e che quello è l’inizio del recupero di un’immagine negativa subita nel passato.
Vorrei che fosse la nascita di un nuovo simbolo di Milano, quale fu negli anni passati.
Spererei che con la nostra forza commerciale e di marketing anche a livello mondiale, Torre Galfa tornasse sulla vetta del mondo: per come è il progetto, per il tipo di sviluppo e di investimento se lo merita.
Unipol si è presa la leadership di un lavoro indotto, di nuovi posti di lavoro, del posizionamento dello status symbol di Torre Galfa e di tutte le persone che ci lavoreranno prima e dopo e per i prossimi anni, 20 e oltre visto che tale è la durata dei contratti.
Mi piacerebbe si dicesse che quando gli imprenditori italiani fanno le cose a modo loro, sanno essere i migliori.

Torre Galfa

Negli Usa il primo bus a chilometro zero

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Non è un pullman ma è il St. Louis MetroMarket, un negozio di alimentari a chilometro zero su quattro ruote in giro per le periferie di St. Louis.

All’esterno tappezzato di colori, gioioso e profumato dentro con i sedili sostituiti da cassette di frutta fresca e interi scaffali di verdura, carne, latticini, pane, prodotti del giorno provenienti delle fattorie e dei contadini della periferia della città, il primo pullman-emporio americano porta  ai suoi cittadini alimenti freschi, sani e a un prezzo accessibile.

 

http-::www.stlmetromarket.com:The St. Louis MetroMarket: che cos’è?

E’ un mezzo di trasporto di beni di prima necessità e delizie della campagna appena fuori St. Louis, che porta  a porta vengono valorizzati e raccontati. A bordo, infatti, MetroMarket non ha la classica pubblicità ma le descrizioni dei produttori.

Appena fuori dal bus, poi, lavoratori e volontari offrono informazioni e dimostrazioni di come preparare il cibo venduto sul pullman.

“Ma MetroMarket non è solo un mercato agricolo su ruote“, spiegano a gran voce i creatori, Jeremy Goss, studente di medicina della Saint Louis Universit, insieme ai laureati alla Washington University, Colin Dowling e Tej Azad.

Il progetto ha tra i suoi punti di forza altri aspetti.

Il primo, lo chiarisce il sito ufficiale della iniziativa:”Abbiamo trasformato un bus che ci è stato donato dalla città in un emporio su ruote così da creare un ponte fisico, finanziario, ed educativo nei deserti del cibo di St. Louis, in modo da soddisfare la domanda crescente di cibi sani in aree depresse e molto bisognose della comunità”.

The St. Louis MetroMarket: cosa fa?

MARCUS STABENOW / ST. LOUIS METROMARKET
MARCUS STABENOW / ST. LOUIS METROMARKET

E’ un progetto nato senza scopo di lucro e che ha decollato grazie a sovvenzioni private, donazioni e un bus fornito gratuitamente dal locale reparto in transito della metropolitana di St. Louis.

Quindi, MetroMarket risolve la frustante mancanza di un negozio di alimentari per intere comunità della periferia di St.Louis.

COME SI PAGA. Per acquistare a bordo è richiesta un’affiliazione, o Fresh Pass, che costa 150 dollari, è annuale, e può essere sovvenzionata in due modi: o a pagare l’affiliazione annuale è il datore di lavoro, oppure si può accedere a patto che si viva in una comunità priva di cibo, o un quartiere a basso reddito senza un negozio di alimentari o ancora al di sotto della soglia di povertà.

I RICAVI. Sono “nei campus aziendali e lo usiamo per compensare il lavoro che stiamo facendo all’interno delle comunità a basso reddito”, spiega Goss all’Hhuffingtonpost.com .
E ancora: “Ogni società che prendiamo come un cliente è lo strumento per sovvenzionare lo stesso lavoro in una comunità a basso reddito“.

Come il pullman, anche i prezzi dei cibi infatti sono mobili

Chi dispone di un abbonamento aziendale è disposto a pagare prezzi al dettaglio in modo da fornire un accesso all’acquisto di qualità anche a chi in genere non potrebbe permetterselo.

“Finora le aziende che hanno collaborato con MetroMarket credono nella sua missione sociale” prosegue Gross.

Stesso dicasi per i supporter come l’ospedale pediatrico Cardinal Glennon, i cui medici hanno aumentato le loro prescrizioni: meno medicine sui ricettari ma molta più frutta e verdura.

Per ulteriori informazioni: www.stlmetromarket.com

Milano sarà in buone mani

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MILANO CITTA STATO BEPPE SALA STEFANO PARISI
MILANO CITTA STATO BEPPE SALA STEFANO PARISI

Durante il fine settimana appena trascorso abbiamo incontrato due dei candidati sindaci alle elezioni amministrative 2016, Beppe Sala e Stefano Parisi, e a loro abbiamo illustrato il nostro progetto [leggi qui il MANIFESTO DI MILANO CITTA’ STATO].

Sembra che un po’ gli siamo piaciuti.

Intervista a Beppe Sala, Corriere della Sera, lunedì 15 maggio 2016,
Intervista a Beppe Sala, Corriere della Sera, lunedì 16 maggio 2016

Le nuove frontiere delle piste ciclabili in Europa

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D’ora in avanti il livello di intelligenza di una città si misurerà anche dal livello di piste ciclabili.
Assodato che le città più smart del mondo ne sono provviste e che Londra ci ha costruito intorno persino una città sotterranea, sono due le capitali indiscusse della vita a pedali: Amsterdam e Berlino. Vediamo che cosa si stanno ingegnando per consolidare il primato.

AMSTERDAM, LA VIA DELLE BICI E DEL SOLE

solaroad amsterdamDopo il tunnel ciclo-pedonale in ceramica, ecco un’altra idea per chi vive di pane e biciclette da una vita.

Chilometri di strade percorribili dalle due ruote sembravano già tantissimo per la città simbolo della mobilità su due ruote, eppure il governo ha fatto fare un altro balzo in avanti e ha colto la passione dei sui cittadini per dare una spinta all’economia locale.

Il progetto si chiama Solaroad ed è la prima pista solare e ciclabile al mondo.

piste ciclabili amsterdam – via https://twitter.com/SolaRoadNL

La pista, a doppio senso di marcia, collega due quartieri periferici di Amsterdam, Krommenie e Wormerveer, e su di essa ogni giorno transitano almeno duemila ciclisti. Il piano sperimentale messo in atto è stato usufruire di un pezzo di quella via, 70 metri, per produrre energia. Come? Incorporando pannelli solari dotati di celle solari in silicio cristallino e protetti da uno strato traslucido di vetro temperato.

“La sperimentazione è costata circa tre milioni di euro alle amministrazioni locali che hanno sostenuto interamente il progetto“, riporta Sapereeundovere.com, “e I 70 metri di pista solare dovrebbero riuscire a coprire il fabbisogno elettrico di tre famiglie. Non molto, anche perché i pannelli non possono essere montati in una posizione adatta a catturare il massimo di luce possibile e garantire alte performance, ma lo scopo è cercare di sfruttare un’area che altrimenti sarebbe semplicemente coperta di asfalto”.

Per saperne di più: www.solaroad.nl

BERLINO: UN’AUTOSTRADA CICLABILE E NUOVE PISTE SU VECCHIE FERROVIE

Bello visitare Berlino in bicicletta. Il 10% dei berlinesi la usa regolarmente al posto dei mezzi pubblici e privati a motore, c’è chi ne è così patito da costruire un intero edificio condomini 100% bike friendly,.

Un po’ come a Londra, dove il clima non è dalla parte dei ciclisti 365 giorni l’anno, Berlino ha fatto e sta mettendo in atto di un punto di svantaggio un motivo di forza tramite progetti di rivitalizzazione di aree degradate.

La prima idea si chiama Radbahn ed  è la prima autostrada ciclabile di 9 chilometri.

Radbahn  viaggia sotto il percorso della linea metropolitana U1, dalla fermata di Zoologischer Garten a quella di Warschauerstrass,  ed è un progetto i cui vantaggi sarebbero superiori ai costi di realizzazione.

Tutto è nato da un team di 8 persone dopo aver notato lo spazio non utilizzato sotto alla struttura metallica della U1. Tra di loro, anche  due architetti italiani, Giulia Maniscalco e Stefano Tiracchia.

Radbahn andrebbe a riempire quello spazio lasciando liberi ai pedoni i marciapiedi di Skalitzer Strasse e dei rettilinei successivi, collegherebbe i parchi di Kreuzberg, il canale, fino all’Oberbaumbrücke attraversando il fiume Sprea, valorizzerebbe la lunga striscia d’asfalto degradata tra Goerlitzer Bahnhof e Kottbusser Tor – il sito Radbahn mostra bene l’idea con dei fotomontaggi come questo [foto sotto].

Radbahn 01Radbahn 02 Al momento si tratta solo di un progetto, “In vista delle imminenti elezioni a Berlino nel 2016 , il team di Radbahn ha già programmato degli incontri con i vari partiti politici che cercano di includere il progetto all’interno dei loro programmi di governo”, riporta il blog Berlinocacioepepe, ma già ha vinto il Bundespreis Ecodesign 2015 nella categoria Konzept e da quando ha comunicato via Facebook le proprie idee per la città è stato sommerso da consensi e supporter.

Nel frattempo, un esempio virtuoso di come Berlino abbia saputo trasformare l’abbandonato in nuovo si trova un’altra zona della città, nello Schöneberg, e più precisamente presso lo snodo ferroviario di Tempelhof che si trova chiuso dal 1952.
Lì poco più di vent’anni fa è nato il parco urbano di Südgelände. Si tratta di “un progetto di riqualificazione dell’area prese forma grazie all’interesse dello studio di architettura Büros ÖkoCon, in collaborazione con il paesaggista Ingo Kowarik. Il progetto, finanziato dalla Allianz Environmental Foundation e realizzato dalla Grün Berlin GmbH, previde una serie di interventi di archeologia industriale che, ad oggi, mostrano i loro splendidi risultati ai cittadini e ai visitatori del parco” riporta Festivaldelverdeedelpaesaggio.it .

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In mezzo a questi 18 ettari di verde e orti e in quello che per molti è uno dei boschi urbani più variegati d’Europa, vagoni e motrici sono diventati atelier all’aperto di artisti, sono nate aree gioco per i più piccoli, il filo lungo dei binari della ferrovia è diventato un sentiero che si snoda per il parco con tanto di pista ciclabile censita anche dalla mappa delle bici di Berlino, Bikemap.net.

Un esempio di valorizzazione del paesaggio e di riqualificazione della città donata alla comunità che già porta i suoi i frutti.

10 grandi sindaci che vorremmo a Milano

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10 sindaci milano citta stato
10 sindaci milano citta stato

Siamo in piena campagna elettorale. Gli aspiranti sindaco si sfidano con la loro storia e le loro promesse per una città che aspira da sempre all’eccellenza. Per stimolare gli elettori a pretendere da loro il massimo, proponiamo una lista in ordine sparso di 10 sindaci che hanno fatto grandi cose per la loro città e, molti di loro, sono stati premiati come migliori sindaci al mondo dalla City Mayors Foundation. Un premio in cui speriamo vedere comparire anche il nostro prossimo sindaco.

10 GRANDI SINDACI CHE VORREMMO A MILANO

Dal 2004 la City Mayors Foundation premia ogni due anni i migliori sindaci del mondo. La scelta si basa sulla loro capacità di apportare sensibili miglioramenti alla vita delle persone delle città che amministrano. In particolare si premia il sindaco per la capacità di visione, di gestione, di integrità, di leadership, di attenzione allo sviluppo economico e sociale, di tutela dell’ambiente. Ecco alcuni sindaci che si sono messi particolarmente in luce in questa e in altre classifiche internazionali.

#1. Aziz Kocaoğlu, sindaco di Izmir (Turchia): per la gestione economica e la partecipazione dei cittadini

Il sindaco di Izmir si è distinto per le capacità gestionali, riducendo gran parte dei debiti della città e conseguendo un alto rating dalle Agenzie Internazionali.
Con la sua gestione Izmir è diventata la città meno indebitata nel paese. Il sindaco ha anche privilegiato investimenti a lungo termine rispetto a soluzioni temporanee e ha coinvolto i cittadini sui principali processi decisionali della sua amministrazione.

#2. Naheed Nenshi, sindaco di Calgary (Canada): per la capacità di comunicazione e di progettazione urbana della città

E’ il vincitore del World Mayor Prize 2014. Ha fatto arrivare a Calgary gli urbanisti più visionari del Nord America per modellare la sua città. Dalla sua entrata in carica, nel 2010, è diventato il sindaco più ammirato del Canada, diventando un esempio di capacità decisionale, inclusività e orientamento al lungo termine. Ha saputo fronteggiare delle emergenze con grande lungimiranza, trovando soluzioni migliorative per il lungo termine, senza limitarsi a fronteggiare il problema.
E’ stato anche ideatore della “Purple Revolution” con cui ha preso il potere nel 2010 che ha ispirato in parte la rivoluzione arancione delle nostre città nel 2011: partendo da sondaggi iniziali che lo davano solo all’8% ha saputo realizzare una campagna radicalmente innovativa, usando soprattutto i social media, arrivando così alla maggioranza assoluta. 3 anni dopo è stato rieletto con circa il 75% dei consensi.

#3. Termont, sindaco di Gent: per la capacità di mettere gli interessi della città al di sopra di quelli suoi personali

E’ un simbolo di dedizione totale alla sua città. Serve la città di Gent, in Belgio, dal 1977. Nel 2007 è stato eletto sindaco e cinque anni dopo è stato confermato per un secondo mandato che scadrà nel 2017.
Durante la sua carriera gli è stato chiesto più volte di avere un ruolo nel governo del paese, ma lui ha rifiutato dicendo che voleva focalizzarsi nel servire Gent e i suoi abitanti. Malgrado un’attività politica di così lunga data, rimane molto amato dai suoi cittadini, anche grazie alla capacità di porsi e raggiungere degli ambiziosi obiettivi ambientali, sociali ed economici. E’ fautore di una continua cooperazione tra cittadini, imprese ed istituzioni della città ed è celebre per la sua disponibilità estrema verso i cittadini che possono contattarlo direttamente. E’ poi un bravissimo negoziatore con il governo del paese per ottenere il meglio per la propria città. Il suo motto è di dire sempre ciò che pensa a chiunque, “ma col massimo rispetto”. Altra sua caratteristica molta apprezzata è quella di trattare gli abitanti di Gent, belgi o stranieri, allo stesso modo, pretendendo da ognuno il massimo impegno per il bene della città.
Ha dato grande impulso a nuovi business, incentivando la nascita e la crescita di imprese innovative, anche grazie alla realizzazione di un parco tecnologico di portata internazionale e al sostegno di uno dei poli universitari di eccellenza mondiale.

#4. Annise Parker, sindaco di Houston: per la capacità di essere una autentica liberale contro ogni discriminazione di idee o di stile di vita

E’ sindaco della quarta città degli Stati Uniti dal 2010. E ha vinto le elezioni nelle tre tornate successive, che hanno luogo ogni due anni. E’ la prima donna pubblicamente omosessuale a governare una grande città americana. Membro del partito democratico promuove una gestione non partitica della città che, secondo lei, deve essere aperta al governo di tutti, indipendentemente dalle loro idee politiche.
Dopo aver lavorato nell’industria si è dedicata alla politica, emergendo per la capacità di migliorare le finanze della città senza ridurre gli investimenti pubblici. E’ riuscita a rendere Houston una città più vivibile, aumentando il numero di parchi e di spazi verdi. Nel 2014 ha introdotto una normativa che rende illegale a Houston ogni forma di discriminazione.

#5. Tri Rismaharini, sindaco di Surabaya (Indonesia): per la capacità di migliorare la sua città prendendo ciò che di meglio c’è al mondo

Primo sindaco donna della sua città, è una grande innovatrice e appena entrata in carica ha messo come sua priorità il miglioramento degli spazi pubblici, rendendo la città più pulita e più attraente anche attraverso la riqualificazione di aree inutilizzate. In 4 anni ha aumentato in misura significativa il numero di parchi della città e un quinto degli spazi cittadini non utilizzati sono stati convertiti in aree verdi. Ha reso gratuiti alcuni servizi di assistenza medica e di istruzione per le fasce più povere, impiegando il 35% del budget comunale per l’istruzione (il livello più alto in Indonesia).
Ha replicato in città molte iniziative sperimentate con successo in altre città del mondo: questo grazie ai suoi frequenti viaggi che compie per studiare idee da importare a Surabaya. Nel 2013 la sua città è stata nominata come quella con la maggiore partecipazione dei cittadini alle decisioni amministrative in tutto l’estremo Oriente.

#6. Boris Johnson, ex sindaco di Londra: per l’open mind e la politica verde

Sindaco di Londra per due mandati, dal 2008 al 2016, ha dovuto di recente cedere la sua carica a Sadiq Khan, primo sindaco musulmano della storia di Londra. Anche se negli ultimi tempi sta facendo molto parlare di sé per la foga antieuropeista, quando era sindaco pur essendo un tory (conservatore) si è fatto molto apprezzare da tutti i londinesi, anche a quelli del partito avversario, specie per le sue ampie vedute in ogni settore. Tra le sue iniziative c’è la reintroduzione del latino nelle scuole pubbliche della città. La motivazione è che la conoscenza del latino è fondamentale per poter eccellere nelle attività logiche e bisogna evitare che la sua conoscenza sia riservata soltanto a chi può permettersi un’educazione privata. Centrale nella sua azione è la “Politica verde” del traffico, promossa con l’installazione di stazioni di ricarica per veicoli elettrici e con la realizzazione di autostrade cittadine per le biciclette. In occasione delle Olimpiadi del 2012 ha inaugurato una flotta di taxi a idrogeno. 

#7. Klaus Wowereit, ex sindaco di Berlino: per la capacità di trasformare radicalmente una città

Quando nel dicembre 2014 ha abbandonato la politica, per molti berlinesi è stato un trauma simile a quello dei sovietici alla morte di Stalin. Per capire la sua portata, basta vedere cosa era Berlino alla sua ascesa a Burgermeister e cosa è diventata oggi. Quando ha preso il potere, nel 2001, Berlino era in crisi totale. Era la città più indebitata e assistita della Germania, luogo da cui i migliori talenti fuggivano e dove non si vedeva lo straccio di un’azienda. Era una città “arm ber sexy”, povera ma sexy, come la chiamò lui stesso, puntando così a evidenziare i suoi fattori di forza, con un’impressionante capacità di valorizzazione a livello della comunicazione. La città povera divenne così la città più a buon mercato d’Europa, con gli affitti bassi e uno stile di vita a prezzi ridicoli, capace così di attirare prima artisti e creativi e successivamente aspiranti imprenditori. La città che Wowereit, detto Wowi, ha lasciato nel 2014 era ormai diventata una capitale d’Europa delle startup, città non più povera ma sexy più che mai, polo di attrazione per giovani di tutto il mondo.

#8. Marcelo Ebrard, ex sindaco di Città del Messico: per la capacità di rendere più pulita l’aria della città più inquinata del mondo

Nel 2010 è stato nominato il miglior sindaco del mondo. Caratterizzato da un riformismo liberale e pragmatico si è battuto per accelerare il progresso nella sua città dei diritti civili e delle politiche ambientali. Appena eletto ha presentato il “Plan Verde” un programma di 15 anni per ridurre le emissioni di inquinanti e fare diventare Città del Messico una capitale della sostenibilità. 20 anni fa era la città più inquinata del mondo, oggi risulta non più all’interno delle classifiche delle città con la peggiore qualità dell’aria.

#9. Helen Zille, ex sindaco di Città del Capo: per la capacità di rendere vivibile ed equa una grande città

In soli tre anni di governo di Città del Capo ha avuto un impatto paragonabile solo a quello di Nelson Mandela, specie per la capacità di promuovere lo sviluppo dei diritti civili in tutte le fasce della popolazione. Con lei Città del Capo è diventata una capitale internazionale del turismo anche grazie ai lavori di ammodernamento per i campionati mondiali di calcio del 2010. E’ diventata celebre nel suo paese per la capacità di fronteggiare il problema della droga, assai diffuso in città, con la creazione di centri di riabilitazione e di incontro con le varie comunità. Ha rivoluzionato le forze dell’ordine per ridurre la corruzione dilagante e ha incentivato la realizzazione di alloggi per la povera gente e fatto progredire le condizioni delle case esistenti, che spesso erano prive di acqua, elettricità e sanitari.
Il risultato è che Città del Capo è diventato un posto più sicuro dove vivere e da visitare.

#10. Ignaki Azkuna, ex sindaco di Bilbao: per la capacità di creare ricchezza con l’arte

Per il Paese che è più incapace di trasformare la cultura in una fonte di guadagno, il miglior esempio proviene dalla città di Bilbao
Azkuna ha vinto il World Mayor Prize nel 2012. Questo per la trasformazione di una città in declino industriale a un centro internazionale del turismo e delle arti che è dovuta a due eventi fondamentali: l’apertura del Guggenheim nel 1997 e l’elezione di Azkuna due anni più tardi.
Il caso di Bilbao è unico al mondo. Quando negli anni novanta si è deciso di spendere la cifra di 230 milioni di dollari di denaro pubblico per la costruzione di un museo di arte moderna, ci furono molte critiche. Ma quello che è successo dopo ha silenziato ogni contestazione: i visitatori annuali di Bilbao sono cresciuti dai meno di 100.000 prima dell’apertura del museo agli oltre 700.000 del 2011. Si stima che il Guggenheim abbia contribuito per 3,1 miliardi di dollari al PIL delle province basche. Dalla sua elezione Azkuna si è battuto per sfruttare l’effetto del museo per far diventare Bilbao una capitale mondiale dell’arte e trasformando il museo in un’icona riconoscibile in tutto il mondo. Grazie a lui, a differenza della maggioranza delle città spagnole, Bilbao è una città a debito zero, visto che lo ha progressivamente ridotto fino ad estinguerlo nel 2011. Azkuna è morto nel 2014 all’età di 2011 ma ci sembra meritevole da ricordare e da prendere d’esempio per la nostra città che dovrebbe trasformare in ricchezza il suo immenso patrimonio culturale.

Foto cover: Boris Johnson

Milano Amarcord – 8 cose che forse non ricorderete di TRL

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Era il 2 novembre del 1999 quando dagli studi di Corso Vittorio Emanuele andava in onda la prima puntata di Total Request Live (TRL), il programma di MTV che alternava esibizioni live con la classifica dei video musicali più ascoltati.

Sono passati quasi 16 anni e chi c’era, oggi può affermare con certezza una cosa: sono invecchiato!

Nostalgia a parte, TRL è stato il programma di riferimento per i giovani italiani appassionati di musica dal 1999 al 2010.

I primi conduttori sono stati Marco Maccarini e Giorgia Surina. Due ragazzi che a differenza di molti altri ragazzi italiani del periodo, sapevano l’inglese.

total request live8 cose che forse non ricorderete di TRL.

 

  1. All’interno del programma c’era una rubrica che si chiamava DJ per caso. Un giovane veniva pescato a caso tra la folla radunata sotto le finestre di Corso Vittorio Emanuele e lanciava una delle 10 canzoni in classifica.
  2. Il primo ospite di TRL è stato Luciano Ligabue. Pensate che quella volta aveva solo 39 anni. Sì, adesso ne ha di più.
  3. Il primo grande ospite internazionale è stata Mariah Carey. L’evento aveva radunato talmente tanti ragazzi che i commercianti hanno cercato di disperderli con le scope. (Non è vero, si sono solo molto adirati).
  4. Nella prima puntata Giorgia Surina era vestita come il grande puffo.

  5. Tra i conduttori di TRL che pochi ricordano c’è anche Elisabetta Canalis. Ha presentato il tour estivo di TRL in sostituzione di Elena Santarelli che nel frattempo era andata in maternità.
    giorgia surina trl
  6. Quando Noel Gallagher si è presentato sulla terrazza di Piazza Duomo insieme a Alessandro Cattelan e Giorgia Surina tutti l’Italia ha pensato la stessa cosa: quest’uomo è ubriaco fradicio.
  7. In America Total Request Live si affacciava su Times Square. Però è durato fino al 2008 mentre in Italia fino al 2010, quindi il Duomo è meglio.
  8. Andava in onda subito dopo i Simpson e insieme agli omini gialli impediva a migliaia di studenti delle superiori di ottenere la sufficienza a fine anno.

Pericle – Discorso agli Ateniesi, 431 a.C.

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Qui ad Atene noi facciamo così.

Qui il nostro governo favorisce i molti invece dei pochi: e per questo viene chiamato democrazia.

Qui ad Atene noi facciamo così.

Le leggi qui assicurano una giustizia eguale per tutti nelle loro dispute private, ma noi non ignoriamo mai i meriti dell’eccellenza.

Quando un cittadino si distingue, allora esso sarà, a preferenza di altri, chiamato a servire lo Stato, ma non come un atto di privilegio, come una ricompensa al merito, e la povertà non costituisce un impedimento.

Qui ad Atene noi facciamo così.

La libertà di cui godiamo si estende anche alla vita quotidiana; noi non siamo sospettosi l’uno dell’altro e non infastidiamo mai il nostro prossimo se al nostro prossimo piace vivere a modo suo.

Noi siamo liberi, liberi di vivere proprio come ci piace e tuttavia siamo sempre pronti a fronteggiare qualsiasi pericolo.

Un cittadino ateniese non trascura i pubblici affari quando attende alle proprie faccende private, ma soprattutto non si occupa dei pubblici affari per risolvere le sue questioni private.

Qui ad Atene noi facciamo così.

Ci è stato insegnato di rispettare i magistrati, e ci è stato insegnato anche di rispettare le leggi e di non dimenticare mai che dobbiamo proteggere coloro che ricevono offesa.

E ci è stato anche insegnato di rispettare quelle leggi non scritte che risiedono nell’universale sentimento di ciò che è giusto e di ciò che è buon senso.

Qui ad Atene noi facciamo così.

Un uomo che non si interessa allo Stato noi non lo consideriamo innocuo, ma inutile; e benchè in pochi siano in grado di dare vita ad una politica, beh tutti qui ad Atene siamo in grado di giudicarla.

Noi non consideriamo la discussione come un ostacolo sulla via della democrazia.

Noi crediamo che la felicità sia il frutto della libertà, ma la libertà sia solo il frutto del valore.

Insomma, io proclamo che Atene è la scuola dell’Ellade e che ogni ateniese cresce sviluppando in sé una felice versalità, la fiducia in se stesso, la prontezza a fronteggiare qualsiasi situazione ed è per questo che la nostra città è aperta al mondo e noi non cacciamo mai uno straniero.

Qui ad Atene noi facciamo così.

Pericle – Discorso agli Ateniesi, 431 a.C. (*)

Tratto da Tucidide, Storie, II, 34-36

CULTURAL MAP: UN LUOGO DI INTERESSE ARTISTICO PER OGNI STAZIONE DELLA METRO

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Cultural map
Cultural map

Con Milano Città Stato, Milano sarà capitale mondiale nella produzione di nuova cultura. Per diventarlo il primo passo è di prendere consapevolezza dei tesori che sono già stati realizzati.

Da Fondazione Prada alla Casa della Memoria, dallo Spazio Tadini al Lido di Lotto : ecco la mappa dei principali luoghi di interesse culturale vicini alle fermate della metro.

Mappa realizzata con il contributo di Manuela Alessandra Filippi, Francesca Bartolino, Arianna Ricotti, Antonella Tagliabue. Special thanks: Città Nascosta Milano

Per vedere le altre mappe realizzate da milanocittastato.it:

Restaurant Map: un ristorante per ogni fermata della metro.

People Map: un personaggio per ogni fermata della metro.

Bio Map: un locale bio, vegano o vegetariano per ogni fermata della metro.

 

Anche la CULTURAL MAP sostiene:

crowdfunding milano citta stato indiegogoCAMPAGNA DI CROWDFUNDING

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