A Milano il lavoro è importante, molto importante. Per questo venire licenziato è un’onta per il milanese.
A dirla tutta oggi non si licenzia più nessuno, perché ormai esistono solo i contratti a progetto. Però anche in quel caso, non venire rinnovato è un po’ come venire licenziato.
Il datore di lavoro può comunicare al dipendente che non ha più bisogno di lui in molti modi, a volte si diverte a far male.
16 frasi per licenziare un milanese e farlo soffrire
#1 Si vede che ti impegni ma questo lavoro non è proprio il tuo.
#2 Scusa ma dobbiamo far provare la tua posizione al figlio del capo per prepararlo alla carriera all’interno dell’azienda.
#3 Per sostituirti abbiamo preso un ragazzo di Bari. Bravissimo.
#4 Abbiamo trovato uno che accetta di essere pagato in visibilità. E sai, con i tempi che corrono…
#5 Da come ti sei comportato in azienda immagino sia quello che volevi.
#6 Saresti perfetto ma non hai legato con i colleghi. Noi qui siamo una squadra affiatata.
#7 Sei simpatico. Ogni tanto potremmo vederci per bere qualcosa.
#8 Si vede che sei bravo ma noi siamo l’eccellenza geniale del nostro settore. Tu sei solo bravo.
#9 Se hai bisogno di qualche raccomandazione chiedi pure una lettera alla mia segretaria.
#10 Scusa ma sei l’ultimo arrivato. Se ci avessi messo meno a laurearti…
#11 Il tuo era un ruolo chiave ma non ti sei mai responsabilizzato verso i tuoi compiti.
#12 Dopo aver lavorato con noi ci saranno molte aziendine più piccole che ti faranno la corte. Non avrai problema a trovare qualcosa da fare.
#13 Avrei voluto darti più preavviso ma è una cosa che abbiamo deciso in settimana.
#14 Io non ho nemmeno idea di chi tu sia ma il tuo supervisore mi ha parlato male di te.
#15 Mi spiace ma o ti assumevamo a tempo indeterminato o ti licenziavamo. Abbiamo scelto la seconda.
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Entro il 2017 a Londra ci saranno piscine sospese in cui nuotare tra i palazzi.
Si tratta di una vasca da record, sospesa a 35 metri di altezza, già parte di un ambizioso progetto residenziale per milionari sviluppato nel cuore di Londra. Lo studio Arup Associates, in collaborazione con HAL, ha già pronti i rendering della innovativa piscina panoramica del progetto Embassy Gardens.
La piscina sospesa, già di per sé suggestiva per la vista che offrirà dall’alto, sul London Eye e sul Parlamento inglese, sarà ancora più spettacolare perché del tutto trasparente.
I progettisti l’hanno pensata in materiale acrilico , libera nello spazio e sospesa tra i 14 metri di distanza tra due eleganti blocchi residenziali.
Un progetto elegante, un complemento alla vita moderna eccezionale che travalica ogni limite architettonico e dà libero sfogo alla fantasia.
Avete presente quando, in assenza di gravità, si compiono evoluzioni in acqua simulando di volare in aria? C’è da credere che l’anno prossimo a Londra l’ebbrezza di questa sensazione sarà ancora più incredibile.
Fonte e foto: Jo Wright, Arup Associates Practice Leader via Arupassociates
Alcuni personaggi di spicco di Milano hanno diffuso un appello al voto per Beppe Sala. Nella presentazione dell’iniziativa (clicca qui: Appello) i firmatari spiegano che è “Un appello fortemente centrato attorno ai temi dell’autonomia della Città metropolitana” che promuove una politica “interamente centrata sul ruolo che Milano dovrà stabilmente mantenere nel circuito delle grandi città europee, per quella idea di “Europa delle città” che sola potrà dare corpo ad una nuova idea di Europa dopo il fallimento di quella della finanza e delle banche”.
Quello che dicono è quello che diciamo noi: per consentire a Milano di potersela giocare con le altre grandi città europee il presupposto è che abbia un’autonomia simile a loro. Londra, Madrid, Berlino, Parigi, Amburgo o Vienna sono tutte città che godono di un trattamento speciale rispetto al resto del paese e hanno un’autonomia da città stato, simile a una regione. La convinzione che l’unico modo per far rientrare Milano nel circuito delle migliori città europee è di darle lo stesso tipo di autonomia che hanno loro, è ciò che ha fatto nascere in Vivaio il progetto Milano Città Stato, quasi due anni fa. Da allora si è sviluppato e da Vivaio si è costituita l’associazione Milano per dedicarsi esclusivamente al progetto di Milano Città Stato di cui questo sito espressione.
Dato che per realizzarsi occorre una volontà politica, in questi ultimi mesi abbiamo cercato di coinvolgere su questo tema i candidati sindaco della città. Abbiamo rivolto anche questa domanda a Sala che in questa intervista (clicca: Beppe Sala: SI o NO a Milano Città Stato) ha frenato su Milano Città Stato e in una successiva occasione ha detto che “Se ricominciamo dalla Città Stato, come sostiene il centrodestra, campa cavallo” (fonte: Omnimedia). A questa sua dichiarazione, che abbiamo trovato ingiusta per noi che seguiamo il progetto (associazione trasversale non legata a nessun partito) e soprattutto per Milano, la città che da sempre riesce a trasformare l’impossibile in realtà, abbiamo risposto con una lettera aperta, intitolata Caro Beppe, Milano è Campacavallo. Sala non ha poi risposto al nostro invito di partecipare a un evento in Triennale, in cui altri esponenti politici come Cappato, Corrado e Parisi, pur con alcuni distinguo si sono dichiarati a favore di Milano Città Stato (Clicca per il video).
Malgrado i precedenti poco incoraggianti l’ appello di personaggi a lui vicini, tra cui molti che stimiamo, ci dà nuova speranza sia per impostare in futuro un percorso comune insieme a loro, sia per convincere anche quello che si è mostrato il candidato più freddo verso l’autonomia di Milano.
Per questo concludiamo facendo anche noi un appello: “Caro Beppe, anche i tuoi vogliono l’autonomia. Ripensaci e impegnati concretamente anche tu per Milano Città Stato”.
Un altro progetto ‘impossibile’ concepito sviluppato in Vivaio si sta per realizzare.Il primo ‘albero’ viene piantato con l’inaugurazione di “Riflessione”. La prima opera di street art by Fabrizio Modesto inaugura, stasera alle 18.30, il primo tratto del progetto “Art for Air” con il quale verranno ri-dipinti gli edifici di alcune vie di Lambrate.
Ikea ha adottato la vernice antismog di Airlite e l’ha reso protagonista del progetto ikea.it/ikealovesearth: 12 artisti di fama internazionale dipingono i muri di 12 città italiane utilizzando questa speciale pittura la quale, attraverso l’energia della luce, è in grado di ridurre gli agenti inquinanti presenti nell’aria fino all’88,8%.
Tutte con vernici depuranti anti-smog Airlite.
Una vera sfida contro l’inquinamento dove i numeri e le proporzioni sono abbastanza esemplificative. 100 mq di facciata verniciati con Airlite corrispondono a 100 mq di bosco e dunque possiamo solo immaginare quale contributo al bene comune potranno dare comuni, quartieri, imprese, condomìni, cittadini aderenti all’utilizzo di questa tecnologia brevettata capace di assorbire l’inquinamento e che si applica come una pittura.
A riqualificare muri desolati nel nome dell’antismog e del bene comune saranno artisti come Fabrizio Modesti, primo autore di un wall painting così green. Prima di lui, alcune dopo creazioni per privati erano state prodotte in formato minore da Thula (Antonella Trapasso)[foto sotto]:
Il titolo scelto per l’opera di street art creata sul primo wall painting con vernice anti-smog è “Riflessione”. Un titolo sintomatico della consapevolezza che la nuova amministrazione e la cittadinanza dovrebbero raggiungere da qui in avanti, soprattutto in città quotidianamente alle prese con l’ideare soluzioni contro C02 e schifezze simili. Una bella risposta a chi pensava che associazioni visionarie e attive sul territorio come Madeinlambrate e Vivaio avessero ben poco i piedi per terra. Qui ci sono radici ben affondate nel terreno e pensieri per un futuro migliore teso sempre più verso l’alto.
Milano è una città molto rapida che obbliga i suoi cittadini a stare al suo passo. Non è sempre facile correre e a volte di preferirebbe di gran lunga starsene appollaiati nella propria zona di comfort.
Però come insegna la psicologia cognitiva, quando siamo costretti a uscire dalla nostra zona di comfort impariamo cose nuove e cresciamo come persone. Per questo i milanesi hanno una marcia in più.
Però che ansia. Anzi che ansie.
Le principali ansie tipiche dei milanesi
#1 L’ansia di non essere adeguato per un lavoro che ti viene offerto ma volerlo fare ugualmente per dimostrare a tutti il tuo valore.
#2 L’ansia di non essere impeccabile a una serata importante.
#3 L’ansia di non riuscire a realizzare quello che nella vita hai progettato.
#4 L’ansia di finire con la macchina in una delle nuove zone a traffico limitato che spuntano dal nulla.
#5 L’ansia di arrivare in ritardo. O forse l’ansia di arrivare puntuale.
#6 L’ansia di non riconoscere un’occasione quando si presenta.
#7 L’ansia di non essere apprezzato dagli altri.
#8 L’ansia dei borseggiatori e dei ladri di appartamento.
#9 L’ansia di rinunciare alla tua libertà per impegnarti in una relazione stabile.
#10 L’ansia di non essere all’altezza di tuo padre.
#11 L’ansia di incontrare per strada qualcuno che non vorresti incontrare. Nonostante sia una città grande comanda la legge di Murphy.
#12 L’ansia che qualcuno parli male di te alle tue spalle. Non potersi difendere è terribile.
#13 L’ansia stare in equilibrio tra lo stipendio e le spese.
#14 L’ansia di fuggire dalla città per le vacanze o anche solo per un week end.
#15 L’ansia di non essere invitato agli eventi ai quali vorresti partecipare.
#16 L’ansia di saper rispondere ai turisti che ti chiedono indicazioni.
#17 L’ansia convincere gli altri. A volte solo per aver ragione, a volte perché aver ragione è la porta per qualcosa di più.
#18 L’ansia di imparare cose nuove.
#19 L’ansia di staccare tutto, anche solo per qualche ora, e cercare di non pensare a niente.
#20 L’ansia di far vedere che tu non hai nessuna di queste ansie.
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Ci sono voluti vent’anni, due disegni di legge, due decreti legge e una riforma costituzionale per rendere operativa una legge sbagliata. La legge n.56 del 7 aprile 2014 (anche detta Legge Delrio) dopo un excursus ventennale ha introdotto 14 città metropolitane in sostituzione delle province. Si sono trasformate in città metropolitane Milano, Torino, Firenze, Bologna, Genova, Bari, Messina, Catania, Palermo, Cagliari, Venezia, Napoli, Reggio Calabria e Roma Capitale, un nome che è tutto un programma, ma sorvoliamo. Rispetto alle precedenti province le città metropolitane si differenziano soprattutto per gli organi di amministrazione: il sindaco metropolitano, il consiglio metropolitano e la conferenza metropolitana. Come le vecchie province le città metropolitane sono enti locali interni alle regioni.
La legge sulle città metropolitane è inadeguata per Milano e antistorica, forse perchè è stata concepita all’inizio degli anni novanta e diventa operativa in un mondo che è profondamente cambiato da allora. Si tratta di una norma che frena lo sviluppo di Milano, per due motivi principali.
Primo motivo: Milano è messa sullo stesso livello delle altre città italiane
Sono state istituite 14 aree metropolitane in Italia. Milano ha stessi poteri e stesse regole di città come Catania, Bari o Messina che hanno dimensioni ed esigenze molto diverse da Milano. Dare a Milano le stesse regole di queste città significa considerare Milano in competizione con le principali città italiane, ma oggi non è più così: se oggi un giovane un’impresa abbandona Milano non è per trasferirsi a Bari, Torino o Roma, ma per andare a Berlino, Dublino, Madrid o Londra. Da più un decennio, ormai, la vera competizione tra le città più importanti è sovranazionale: le migliori città competono tra loro, non con le altre aree della stessa nazione.
Questo l’hanno capito in tutti paesi europei. In Inghilterra dopo il referendum del 1998 Londra è diventata autonoma, soggetta a sue proprie leggi per poter attrarre persone capitali da tutto il mondo. La città di Madrid è comunità autonoma, ossia è identica alle altre regioni spagnole che hanno già grande autonomia. Nel mondo tedesco sono “città stato”, quindi soggette normative diverse rispetto ad altre città, la capitale Berlino, Brema e la seconda città più grande della Germania, Amburgo, che anche grazie all’autonomia è la città più ricca della Germania. Lo stesso discorso delle leggi speciali per poter competere tra loro vale anche per altre città stato come Vienna, Budapest, Praga, San Pietroburgo, Mosca e per le principali città della Svizzera. Perfino la Francia, il paese con la struttura centralista più accentuata in Europa, Italia a parte, nel 2009 ha istituito una serie di leggi speciali esclusive per la regione parigina, che si differenzia rispetto al resto del paese. La motivazione esplicita era di consentire che Parigi potesse competere con le altre città europee.
Questo accade in tutta Europa, mentre in Italia siamo rimasti agli anni novanta. Si sta facendo l’opposto: invece di dotare le zone più a contatto con i mercati internazionali di proprie leggi per confrontarsi col resto del mondo, le si mette sullo stesso piano di aree meno sviluppate, fuori da queste dinamiche. Con la legge delle città metropolitane Milano aumenta la distanza con il resto d’Europa perché invece di accentuare la sua diversità per confrontarsi con le migliori città europee si deve conformare con le parti meno sviluppate del nostro paese e, di fatto, d’Europa.
Secondo motivo: l’area di Milano viene ridotta a un territorio molto più piccolo di quello reale.
Un’istituzione internazionale, l’OCSE, descrive Milano come area metropolitana di oltre 8 milioni di cittadini. Considera infatti i flussi economici e di persone che gravitano attorno Milano e traccia dei confini che arrivano fin nel Piemonte e in Emilia. Per l’OCSE Milano è per dimensioni la quarta area metropolitana d’Europa, ma non per il governo italiano. La legge Delrio ha infatti definito come area metropolitana di Milano un’area che è solo una piccola parte rispetto alla zona di influenza di Milano.
Questa della riduzione territoriale è un fatto grave: la forza delle città si misura sulla base del numero di cittadini che le compongono e ridurne artificialmente gli abitanti significa ridimensionarne il potere. C’è chi dice che questo sia stato fatto perchè se si fosse seguita l’OCSE, Milano sarebbe diventata la più grande città metropolitana d’Italia, anche davanti a Roma, e questo avrebbe creato problemi per la capitale. Se è così, la scelta presa dal nostro governo è doppiamente triste.
Il nostro prossimo sindaco ha una grande responsabilità.
Il Governo è andato contro l’OCSE, contro tutti principi di economia e di logica, riduce fortemente potere di Milano, sia come regole, sia come dimensioni. Perché il governo ha fatto questo? Potrebbe sembrare una istanza contraria a possibili istanze autonomiste. Potrebbe essere motivata da principi egualitari. Potrebbe essere determinata dal ritenere sbagliato quello di rendere ancora più forti le sue parti più forti.
Tutte queste ragioni sono sbagliate dal punto di vista storico e dal punto di vista logico. L’autonomia intesa come secessione è da oltre un secolo che risulta fuori discussione e comunque mai si è avverata per una singola città. Anche il presunto principio di uguaglianza è scorretto, visto che non consentire a Milano di poter competere con le città con cui si sta misurando questo va contro il principio di uguaglianza. Il Governo italiano dovrebbe infatti garantire un’uguaglianza di opportunità per tutti cittadini verso le aree con cui si confrontano nel mondo, non accentuare contrasti tra zone interne creando delle competizioni inesistenti. Infine l’idea che rinforzare una parte danneggi l’intera nazione va contro ogni principio logico che ogni corpo si rinforza attraverso il rinforzo delle sue parti. Una città più forte è motivo di forza non di debolezza per un Paese. Questo l’hanno capito francesi, inglesi, spagnoli, tedeschi, russi e austriaci, non si capisce perché gli unici a non capirlo siano gli italiani. Ogni persona capace va premiata con maggiore autonomia. Ogni città come Milano che dimostra organizzazione e capacità superiori va incentivata con una maggiore autonomia, con la maggiore possibilità di potersi gestire come meglio crede. Questo accade nel mondo. Questo non accade in Italia.
Per questo riteniamo un fatto grave se il prossimo primo cittadino di Milano dovesse proseguire questo percorso appena avviato che avrà come logica conseguenza quella di portare Milano ancora più fuori dalla competizione internazionale, spingendo via da Milano sempre più aziende e persone costrette a trovare la loro fortuna in città più valorizzate dai loro governi. Per il bene di Milano auspichiamo che il nostro prossimo sindaco prenda posizione netta contro una riforma sbagliata, che si può arrestare e correggere ora che siamo all’inizio, ma che se portata avanti sarà un freno per il futuro di Milano.
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Si dice parla come mangi e a Milano si parla zafferano. I Milanesi hanno un favoloso linguaggio idiomatico peculiare della loro città. La cosa simpatica è che non sempre ne hanno coscienza. Cioè capita che pieghino la lingua italiana al loro personale linguaggio senza saperlo.
Se lo sapessero però ne andrebbero senz’altro fieri.
Quindi, per aumentare l’orgoglio milanese ecco alcune espressioni che ho sentito la prima volta quando sono arrivato qui.
Il favoloso linguaggio idiomatico dei milanesi
L’autobus è femminile.
Si dice la 90/91, non il 90/91. Sulle prime pensavo si riferissero alla linea, così da giustificare il femminile. Ma la spiegazione che mi ero dato è crollata quando ho sentito che le linee di tram le chiamano al maschile. Ho indagato, sembra che chiamare al femminile gli autobus sia un retaggio di quando le chiamavano corriere. Ps. 90/91: Non è anche strano chiamare un autobus con il doppio numero?
Settimana prossima.
Forse non tutti sanno che settimana prossima vuole l’articolo davanti: la settimana prossima. E non lo dico io, lo dice la Treccani.
La circonvalla.
Probabilmente la parte finale della parola è caduta quando è passata di moda l’espressione bella zio. Zione in questo caso. È rimasto il resto e a livello di comprensione non cambia proprio nulla.
La siga.
Quando a Milano chiedi una cicca ti danno tutti una gomma da masticare. Se invece vuoi fumare dei chiedere una siga.
Ci vediamo a colazione.
Se qualcuno vi desse appuntamento a colazione a che ora vi presentereste? Io mi sono presentato alle nove e ho dovuto aspettare fino all’una per incontrare la persona con cui avevo appuntamento. A Milano c’è la colazione e c’è la prima colazione. La prima colazione si fa all’inizio della mattinata, la colazione è quello che nel resto del mondo si chiama pranzo.
Piuttosto che.
Chi vuole fare il figo, a Milano usa l’espressione “piuttosto che” per dire “o”, cioè con valore disgiuntivo. Sbaglia, perché “piuttosto che” si usa davanti a proposizione avversative e comparative.
Riassumo. Usare “piuttosto che” piuttosto che “o” è sbagliato.
“… Sette anni sono molti nella vita di un uomo e pochi nella vita di un quartiere di città. Tutti sanno la storia della periferia di Milano, ritratto di tante altre periferie di città moderne, sorte senza programmi e da decenni viventi di una stentata vita nella economia di una società che considera l’abitazione, non un diritto dell’uomo che lavora, ma un affare della iniziativa e della speculazione privata”. Così scriveva a metà degli anni ’50 l’architetto Piero Bottoni autore del famoso libro-catalogo sul quartiere modello della ricostruzione italiana, sulle pagine di Editoriale Domus ma anche autore della fermata della metro rossa QT8.
Oggi QT8 corrisponde al nome ermetico di una fermata ai limiti della metro rossa che venne attivata l’8 novembre 1975, come capolinea del prolungamento proveniente da Lotto. Questa sigla in realtà nasconde molto più di un quartiere. Ecco 5 curiosità.
5 Cose che non tutti sanno di QT8
#1. QT8 nasce per celebrare l’ottava Triennale di Milano
Q sta per quartiere. T equivale a Triennale. 8 è l’ottava edizione della manifestazione indetta dal Palazzo dell’Arte e dell’architettura di Milano. QT8 è dunque il risultato di un lavoro collettivo accumulato tra gli anni Trenta e nei primissimi anni Quaranta sulla base del tema della VI Triennale (1936), “quando la casa veniva considerato l’oggetto più reale, più sentito, più drammatico che è oggetto di angoscia di desiderio, di speranza di milioni di Europei”.
Anno 1947. in una città ancora segnata dalla guerra e dalle macerie, l’architetto Piero Bottoni, in quell’anno commissario straordinario della Triennale di Milano, viene chiamato a progettare questa area sperimentale.
In zona S.Siro sta per nascere un quartiere libero dalle codificazioni regolamentari degli altri quartieri della città, “l’unico che a Milano presenti le condizioni urbanistiche ideali per l’architettura moderna e nel quale è possibile realizzare, e per qualche caso si sono realizzate, opere di estremo interesse” scrivono le cronache.
La realizzazione del quartiere richiese diversi anni: tra il 1946 e il 1947 si realizzarono le prime case, per ospitare molti fra gli sfollati, seguendo undici modelli diversi, progettati da architetti che avevano vinto un concorso nazionale. Nel 1948 si realizzarono per la prima volta in Italia case prefabbricate a 4 piani.
Molta attenzione venne prestata agli spazi verdi, sia con la realizzazione dei primi campi gioco per ragazzi, sia con aree verdi condominiali, sia infine con la creazione di un vasto parco, circa 375.000 m², capace di soddisfare le esigenze degli abitanti del quartiere ma anche “polmone” verde di tutta la città. Insomma, QT8 nasceva per essere l’ottimo esempio di vivibilità urbana.
#2. Per molti QT8 era un progetto irrealizzabile
E’ Piero Bottoni-autore a testimoniare l’ostracismo dei tempi, misto ad un’euforia da utopia. “Quando ci si rese conto che, volendo, i programmi si potevano realizzare e nel 1951 se ne videro esposti in parte i consuntivi, durante il periodo della 9° Triennale, qualcuno, anzi molti, credettero che il quartiere sarebbe stato completato in brevissimo tempo e rimasero delusi che così non fosse. Furono critiche negative all’inizio, facili entusiasmi positivi durante il corso delle opere, in tutti e due i casi incomprensione della realtà che è un altra e che è quella espressa nel primitivo programma” (fonte: Archivio.eddyburg.it)
#3. Cosa c’era prima di QT8
Dalle parole di Bottoni scopriamo che quella era una zona di baracche e regno dei “barboni”, soggetta alle improvvise piene dell’Olona e di scarsissimo reddito per il Comune che ne era in gran parte proprietario, “pareva naturale profetare che non sarebbe mai divenuto un quartiere residenziale […] “. (fonte: Archivio.eddyburg.it)
#4. Com’erano le prime case di QT8
Le prime case per reduci di guerra e senza tetto vennero erette nel 1946-47. Si trattava di “undici modelli diversi di casette progettate, con concorso nazionale, da esimi architetti di tutta Italia. Modelli che furono variamente utilizzati nella ricostruzione italiana”. Nel 1948 seguì un programma di sperimentazioni di prefabbricazione e montaggio in cantiere di case a 4 piani e un secondo più vasto è in corso di esecuzione. “Sono queste le uniche sperimentazioni ufficiali fatte in Italia dal Ministero dei Lavori Pubblici, assieme a quelle più limitate fatte a Napoli, che furono del resto una diretta conseguenza di quelle di Milano”, prosegue Bottoni (idem).
#5. I primati di QT8
Tra le opere degne di nota commentate anche dal Bottoni si annoverano:
la Casa di 11 piani col sistema a ballatoio e scala esterna, “la sola del genere che esista a Milano e in Italia”.
la chiesa a pianta circolare vincitrice del concorso della 8° Triennale (1947) “veramente “sperimentale” per la planimetria e la volumetria e persino, si dice, per l’interpretazione della liturgia” – è Santa Maria Nascente.
il primo campo di gioco per ragazzi di Milano, campo che fu, fra l’altro, il propulsore della iniziativa degli altri campi di gioco cittadini,
“l’esperimento”: le formazioni delle zone verdi condominiali per lo svago dei ragazzi e il riposo degli adulti che mirano a risolvere il problema del giardino annesso alla casa con minimi di area.
“Il QT8 è il solo quartiere di Milano in cui siano stati realizzati prototipi di architettura straniera (Belgio e Finlandia)“.
Al QT8 si è realizzata durante la 9° Triennale la prima esposizione realistica di arredamenti economici popolari entro case reali e destinate ad essere abitate.Entro il grande programma della formazione di QT8 era compreso anche un parco verde di circa 375.000 mq. destinato ad uso, non solo degli abitanti del Quartiere, ma anche di tutti i cittadini, come gli altri parchi milanesi, e inserito nel problema della sistemazione altimetrica delle zone verdi. All’interno di quelle, ecco anche il Monte Stella, un’altura artificiale costituita con le macerie di tutti gli edifici distrutti a seguito dei bombardamenti subiti dalla città.
Un altro progetto visionario di una città che non temeva di realizzare l’impensabile.
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L’estate non è solo afa e zanzare. Può essere un modo fantastico per scoprire una nuova Milano che si trova vicino alle fermate della metro.
La SUMMER MAP si aggiunge alla nostra collezione di mappe e indica un luogo di svago da gustare appena torna la bella stagione: ce n’è uno per (quasi) ogni fermata della metropolitana.
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Torniamo a parlare di NoLo e Gorlistan. Le due aree a nord di Piazzale Loreto, già al centro di una profonda opera di riqualificazione urbana, di recente sono state oggetto di un’interessante azione di recupero e abbellimento ad opera di privati, nel nome dell’arte pubblica urbana.
Capofila di entrambe le iniziative denominate “Looperfest” e “Zu Art Day“, è stata la deejay di RDS e conduttrice, Petra Loreggian.
Chi ama Milano segua la prima Petra
Da quando le ragazze della galleria d’arte contemporanea meneghina, WhiteLightGallery, mi hanno presentato Petra Loreggian, Petra non ha smesso di sorprendermi e entusiasmarmi.
Mamma, moglie, artista in carriera, ama così tanto Milano e la sua NoLo che non poteva più tollerare che milanesi come lei vivessero il degrado di certe zone della nostra città. “Zone che sono terra di nessuno. Non si capisce chi ne abbia la competenza di gestione o la responsabilità, e mentre qualcuno decide e aspetta di intervenire, questi versano in stato di letterale abbandono“, mi spiega.
Da cittadina consapevole, Petra si è fatta carico del problema e ha cercato di risolverlo. Con tecnica e arte. Quella pubblica.
Una festa di bombolette e spray d’artista in via Pantano
C’erano artisti dal Brasile, Danimarca, Regno Unito, Belgio, Stati Uniti, Germania, giusto per far qualche nome, il 3, 4, 5 giugno scorso. Tutti insieme hanno dipinto via Pantano per la prima edizione di “Looperfest”.
Il nome, è quello della famosa marca di bombolette spray: LoopColors (www.loopcolors.com) e l’obiettivo era riqualificare la via di zona Turro (Gorlistan puro, come direbbe qualcuno) a colpi d’arte.
Un’opera che sarà monumentale, il work in progress verrà seguito dal video maker Luca Tartaglia e che, “Nella sua prima edizione a Milano, si configura come un evento in grado di mettere arte e creatività a disposizione di tutti, ovvero in strada“, spiegano gli organizzatori.
Zu Art Day: l’arte e i privati fanno tornare un vicolo a nuova vita
Il grande lavoro di riqualificazione e da cui questo racconto è partito risale al 22 maggio scorso, quando ad essere protagonista di un’opera collettiva e privata di intervento urbano è stato vicolo Fontanile. E’ lì che ho trovato una Petra scatenata e pronta a raccontare la storia di via Zuretti 61 e del Vicolo.
A molti non dice nulla, ma a chi abitualmente frequenta le vie dietro Stazione Centrale – via Gluck, farà immediatamente venire in mente un budello di strada cieco, o meglio buio, decisamente non ben frequentato di notte, una discarica a cielo aperto di giorno.
Ecco come lo descrive la nostra pasionaria:
“Questa è la storia di una piccola via della periferia di Milano, un vicolo cieco di soli novanta metri che si insinua tra via Zuretti e il parco Cassina De’ Pomm. Un vicolo che per molto tempo ha lottato per uscire dal buio e dall’indifferenza, dimenticato dai burocrati del comune e del demanio al punto da sembrare terra di nessuno, utilizzato da sempre come discarica a cielo aperto. La storia ci racconta che un tempo, fra gli orti e i campi di grano, in quello stesso luogo sorgeva un fontanile di acqua fresca e chiara attorno al quale si ritrovavano gli abitanti delle cascine che circondavano il naviglio Martesana e che dava vita ad una roggia che attraversava tutta Greco.
La vicina via Zuretti, che si snodava ed allungava in vari punti, forse stanca di restare sulla linea retta, proprio lì decide di girare, seguendo un muro di mattoni e intonaco che oggi nasconde lavatrici abbandonate, vetri rotti, televisori, persino lastre di amianto, un muro imbrattato che e’ stato il biglietto di “benvenuto” per i bambini del “Nido 71” per molto tempo. Oggi il fontanile è sepolto dal catrame, i pochi passanti attraversano in fretta e taciturni quel luogo buio ed angusto.
Noi abbiamo voluto riportare questo luogo al suo antico splendore e solo grazie all’impegno dei singoli cittadini e alla buona volontà del vicino Residence Zuretti 61, quel muro si trasformerà in un’opera d’arte unica per mano di alcuni bravissimi artisti italiani.”
E così, ecco il lavoro della crew dei Tdk, “una storia incredibile tra gli storici gruppi che hanno coltivato la disciplina del writing a Milano alla fine degli anni Ottanta. Si può fare arte a Milano, anche su un muro, senza trasformare questo atto in vandalismo, il writing e la street art sono parte della nostra città, così come accade in tutte le capitali del mondo. “.
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Oggi quel muro – di cui Petra ha restimoniato il ‘prima’ e il ‘dopo’ è un’opera d’arte di 150 metri firmata Rendo, Willow, Alice Pasquini, Shine, Zero e Mec.
Quando il contributo dei privati diventa più prezioso di un Municipio
Questa cosa del muro di via Zuretti 61-71, Petra la voleva portare a termine, con o senza fondi. E così, ha raccolto intorno a sé amici che gratuitamente hanno dato il proprio contributo, ciascuno secondo le proprie possibilità.
E così: i writers hanno dipinto, Domino’s Pizza ha offerto 150 tranci di pizza, un famoso marchio di integratori con sede lì vicino ha regalato le sue bibite, i residenti della via hanno allestito un gazebo anti caldo con acqua in quantità, Loopcolors e Maimeri privati hanno regalato i loro colori.
Sono bastati due giorni per far tornare “il ‘bello’ che combatte il degrado, quell’arte che apre le nostre menti e le fa volare”; dice Petra Loreggian, che non canta vittoria perché “la nuova storia di vicolo Fontanile non è che all’inizio”.
Per evitare il deposito di sacchi della spazzature e rifiuti di ogni tipo, l’attiguo Residence 61, proprietario del muro, ha delimitato la zona piantando a proprie spese dei paletti di delimitazione del muro: “Mancano illuminazione e pulizia. Lo dobbiamo ai bambini del Nido e a Miano”, conclude la energetica Loreggian.
Si annuncia un ballottaggio appassionante tra Beppe Sala e Stefano Parisi che al primo turno risultano distanziati dell’1% pari a meno di 5.000 voti. Ma che dati si possono ricavare per Milano Città Stato?
Candidati a favore vs candidati contrari a Milano Città Stato: chi ha vinto?
Nelle settimane precedenti abbiamo invitato tutti e 9 i candidati sindaco a esprimersi sull’ipotesi di Milano Città Stato, dicendo SI o NO al fatto che Milano possa acquisire lo status di regione, come consentito dall’articolo 132 della Costituzione e come sono le principali città d’Europa (tra cui Berlino, Madrid, Londra, Amburgo e Vienna). Baldini, Cappato, Corrado, Mardegan, Parisi e Santambrogio in un evento pubblico organizzato in Triennale hanno detto SI a Milano Città Stato, pur con diverse specifiche sulle modalità di attuazione. Beppe Sala non ha partecipato all’evento, ma in questa intervista ha detto che bisogna proseguire per Milano sul modello di città metropolitana, un modello che non prevede per Milano lo status di regione ma che la mantiene all’interno della Regione Lombardia con poteri che sostituiscono quelli di una provincia, allo stesso modo delle altre 13 città metropolitane italiane: Torino, Napoli, Palermo, Bari, Catania, Firenze, Bologna, Genova, Venezia, Messina, Reggio Calabria, Cagliari e Roma Capitale. Azzaretto e Rizzo non hanno partecipato all’evento in Triennale e non hanno rilasciato dichiarazioni su Milano Città Stato.
Percentuale voti dei candidati che si sono espressi a favore di Milano Città Stato (Baldini, Cappato, Corrado, Mardegan, Parisi, Santambrogio):
54,36%
Percentuale voti dei candidati che si sono astenuti o che non sono a favore di Milano Città Stato (Rizzo, Azzariti e Sala):
Prima delle elezioni, Milano Città Stato ha dato il suo endorsement a 20 candidati al consiglio comunale che hanno dichiarato pubblicamente di essere a favore di Milano Città Stato.
Sono stati eletti:
Pietro Tatarella: 5.512 preferenze (secondo in Forza Italia) Matteo Forte: 2.290 preferenze (primo in Milano Popolare) Rosario Pantaleo: 1.383 preferenze (nono nel PD) Filippo Barberis: 1.302 preferenze (dodicesimo nel PD) Alessandro Morelli: 1.041 preferenze (secondo nella Lega Nord)
1 su 3 dei candidati a favore di Milano Città Stato entreranno in consiglio.
Grazie a loro, a chi non è stato eletto e a chi li ha votati. Questo è solo l’inizio.
Forse in futuro la nostra epoca verrà ricordata così: il tempo in cui l’essere umano si è liberato dai limiti del luogo e ha potuto trasferirsi dove più gli piaceva. E’ infatti un fenomeno in ascesa quello delle persone che decidono di cambiare città e lavoro, non solo per studiare ma anche in tarda età per ricominciare o per godersi gli anni della pensione.
Le nuove frontiere della tecnologia hanno creato numerosi lavori che possono essere fatti ovunque nel mondo. Ma tra le infinite scelte disponibili, come si può capire quale possa essere il luogo giusto per noi?
La risposta a questa domanda ce la dà Teleport, un sito creato da Sten Tamkivi, un globetrotter estone che aiuta a individuare la “città ideale per vivere e lavorare”.
COME SCOPRIRE LA PROPRIA CITTA’ IDEALE
Teleport è molto semplice. Basta entrare e rispondere alle domande che servono a capire quali sono le priorità che si desiderano trovare nella nuova città. Sulla base delle risposte appare un ranking con le città che soddisfano i requisiti richiesti.
QUALI SONO LE PRIORITA’ DELLE PERSONE
A sorpresa non sono quelle economiche. Ciò che la gente desidera di più è al 1°posto l’assenza di inquinamento (per questo Milano sembra molto poco desiderata), al 2° la sicurezza personale e livelli bassi o assenti di criminalità. Al 3° una società tollerante. E al 4°il costo dell’affitto.
Come spiega Sten Tamkivi, l’esigenza di poter vivere in un ambiente sicuro e tollerante è forse di gran lunga più preoccupante delle tasse e dei salari. Sapere che ci sono dei luoghi nel mondo dove si può essere aggrediti per il colore della propria pelle è in antitesi con il progresso culturale e tecnologico che rende il mondo, le persone, le idee e le notizie a misura di grande Paese.
IL PROFILO DI COLORO CHE DESIDERANO SPOSTARSI
Tamkivi ammette che molti utenti di Teleport si somigliano: bianchi, maschi, provengono da ambienti benestanti e lavorano nel settore della tecnologia. Ma riconosce anche che questa fascia demografica non è sufficiente a sostenere la sua azienda a lungo termine e sta lavorando per ampliare la base di utenti.
Quella base aveva avuto una certa espansione dopo gli attentati di Parigi del 13 novembre 2015, quando l’azienda ha notato un picco di iscrizioni al sito, stimolato da una certa copertura sui mezzi d’informazione francesi. “Ho visto che i nuovi iscritti erano un gruppo completamente diverso”, spiega Tamkivi. “C’è stata una quota significativa di utenti che come professione indicavano ‘altra’. Da allora, abbiamo aggiunto venti o trenta nuove categorie di lavoro. Non siamo ancora pronti per utenti che cercano lavoro come infermieri, ma almeno sappiamo che ci sono e impariamo qualcosa sulle loro esigenze”.
Teleport ha anche notato un aumento del numero di pensionati interessati al servizio. “Sanno qual è il loro budget, quanto prendono di pensione, se hanno una casa”, dice Tamkivi. “Di solito non hanno altre persone a carico, i bambini, le scuole e tutto il resto. Hanno qualche richiesta in più: per esempio, la vicinanza a un ospedale. E magari non vogliono finire a più di tre ore di volo dai nipoti”.
Resta il fatto che decidere di vivere altrove resta comunque un privilegio di pochi. Ci vogliono i soldi, molto spesso il sostegno della famiglia, la flessibilità lavorativa e il passaporto giusto come sottolinea il giornalista Duncan Geere dell’Internazionale.
Dietro un grande uomo c’è sempre un grande copywriter che gli scrive gli slogan elettorali.
Ovviamente i politici in corsa per le amministrative non sono esenti da questa logica della frase ricercata acchiappavoti. Capita però, che non sempre sia facile comprendere il significato recondito degli slogan elettorali perché il ragionamento che c’è dietro è molto complesso.
La finezza lessicale e sintattica mal si adatta al pubblico generalista che deve fruire di quelle frasi.
Proviamo insieme a capire cosa vogliono dire gli slogan elettorali dei candidati a queste elezioni.
Spiegazione degli slogan elettorali
– Un nuovo modo di vedere il forte. Un sindaco donna (Baldini)
In questo slogan c’è dentro di tutto. L’innovazione, il doppio senso tra forza e fortino e persino il girl power. Lo stesso concetto poteva essere espresso con la metà delle parole: sindaco nuovo, forte, donna! Ma sì sa che molte donne non amano la sintesi.
– Tutta un’altra storia (Cappato)
Poche parole che chiariscono perfettamente l’intento di Cappato: prendere le distanze da Max Pezzali. Basta con la stessa storia stesso posto stesso bar, siamo cresciuti.
– Corro per Milano (Parisi)
Questo è molto chiaro, un bell’esempio di linguaggio diretto senza doppi sensi. Il candidato di centrodestra punta ai voti di chi fa jogging.
– Ogni ora e ogni giorno (Sala)
Anche se può sembrare la minaccia di uno stalker, in realtà è la versione moderna del pezzo dell’Equipe 84: Ogni mattina oooo, ed ogni sera oooo, ed ogni notte teeeeeeeeeeeeee!
– Sostienici con una donazione (Corrado)
Può essere scambiata per una semplice raccolta fondi. E invece no, “Sostienici con una donazione” è un vero e proprio slogan elettorale, ruvido e maschio come il Denim Musk, per l’uomo che non deve chiedere mai.
– Milano in Comune (Basilio Rizzo)
Visto che si tratta di amministrazione pubblica è normale che stia in Comune, ma secondo Basilio Rizzo non si è mai troppo chiari.
– #innamoratodimilano (Mardegan)
#fuoriceilsole (Lorenzo Fragola)
– Milano in prima persona (Santambrogio)
Prima classe avrebbe escluso la popolazione meno abbiente, prima fila avrebbe escluso tutti quelli non abbonati a Sky, prima donna avrebbe escluso tutte le coppie al secondo matrimonio, prima C avrebbe escluso i bambini delle altre sezioni e allora hanno scelto prima persona. Così restano fuori solo i cani e i gatti, che non sono persone.
– Natale Azzaretto
Aveva preparato uno slogan ma il giorno prima della presentazione il cane l’ha divorato.
Nel mondo anglosassone si dice “Endorsement”. All’origine significava l’atto di garanzia per un assegno o un fido, successivamente è diventato d’uso comune nel mondo politico. Endorsement significa approvazione, adesione, indicazione di voto. Con questo articolo volevamo fare un atto di riconoscenza e di fiducia per quei candidati al consiglio comunale che si sono espressi pubblicamente a favore di Milano Città Stato, firmando il manifesto di intenti all’evento in Triennale dello scorso lunedì o in altre occasioni (es. tavoli di ideazione di Vivaio). A questi rivolgiamo il nostro endorsement, suggerendoli a chi è ancora indeciso su chi votare ma che condivide con noi l’idea che Milano debba essere città stato, ottenendo lo status di regione come consentito dalla Costituzione (art.132) e come sono le migliori città d’Europa (Londra, Madrid, Berlino, Amburgo, Vienna e tante altre).
Questa è una lista che speriamo in futuro sia più ampia. Se qualcuno che non abbiamo citato vuole aggiungersi ci può contattare. Saremo felici di menzionarlo a prescindere dalla sua appartenenza politica.
CANDIDATI AL CONSIGLIO DI MILANO: CHI SI E’ ESPRESSO A FAVORE DI MILANO CITTA’ STATO
Nota: con l’asterisco sono indicati i candidati sindaco che si sono espressi a favore di Milano Città Stato
NOI x MILANO (Mardegan*) Rossella Bargiggia Guido Brambilla Gherardo Fiume Francesco Novetti
PD (Sala) Filippo Barberis Rosario Pantaleo
Forza Italia (Parisi*) Marco Anguissola Pietro Tatarella
M5s (Corrado*) Gianpiero Allegri (Municipio Zona 1)
Lega Nord (Parisi*) Alessandro Morelli Gianmarco Senna
Beppe Sala -Noi Milano (Sala) Pasquale Cioffi Elena Galimberti Arianna Ricotti Antonella Tagliabue
Lista Parisi – Io Corro per Milano (Parisi*) Ilenia Ferrario Daniela Reho Michela Spinola
Milano Popolare (Parisi*) Matteo Forte
Di queste liste non ci risulta ancora nessuno che si sia impegnato pubblicamente per Milano Città Stato: FdI (Parisi*) Italia dei Valori (Sala) Sinistra X Milano (Sala) Alternativa Municipale (Santambrogio*) Partito Comunista dei Lavoratori (Azzaretto) Partito Pensionati (Parisi*) Fuxia People (Baldini*) Milano in Comune (Rizzo)
Nota: con l’asterisco sono indicati i candidati sindaco che si sono espressi a favore di Milano Città Stato
6 candidati sindaco hanno accettato l’invito dell’associazione Milano a confrontarsi su Milano Città Stato, lunedì 30 maggio al Salone d’Onore della Triennale. Si tratta di Maria Teresa Baldini, Marco Cappato, Gianluca Corrado, Nicolò Mardegan, Stefano Parisi e Luigi Santambrogio che hanno dimostrato come il tema della maggiore autonomia di Milano sia per loro una priorità, nonostante la diversità di pensiero.
E’ proprio questo che ha animato l’iniziativa organizzata dall’associazione Milano: unire le diverse parti politiche su un intento comune, per portare Milano a poter essere all’altezza delle migliori europee.
COME E’ NATO IL PROGETTO DI MILANO CITTA’ STATO
Nell’introduzione dell’evento sono state ricordate le origini del progetto. Tutto è nato all’interno di Vivaio, associazione fondata nel 2012, aperta a persone di ogni idea o pensiero politico, accomunate dal desiderio di rendere Milano una città leader a livello internazionale. In questi anni Vivaio si è dedicata a supportare progetti visionari per la città, come il Parco Orbitale, lo Scooter Sharing, il museo diffuso o il bosco immobile, e alla fine del 2014 per la prima volta si è deciso di immaginare anche un progetto con ricadute politiche. La domanda è stata: che progetto politico potrebbe portare Milano all’altezza delle migliori città europee?
L’IMPORTANZA DELL’AUTONOMIA
Per la risposta è bastato dare un’occhiata a cosa accomuna le migliori città d’Europa: l’autonomia. Hanno tutte ampi margini di autonomia concessi dagli stati di cui fanno parte. In particolare sono città stato, nel senso che hanno uno status da regione che consente loro di interfacciarsi direttamente con il governo nazionale. Questo vale per Madrid che è comunità autonoma, per la grande Londra, grazie al referendum del 1998, per Berlino, che è città stato, così come Brema, Vienna o Amburgo, la seconda città tedesca per popolazione, in cui anche grazie all’autonomia c’è il più alto reddito pro capite della Germania. In tutti gli stati europei ci si è accorti che ormai le grandi città internazionali competono tra loro e per questo occorre dare loro maggiore autonomia per poter competere ad armi pari. Questa esigenza c’è anche per Milano: è evidente che un giovane o un’azienda oggi lasciano Milano per andare a Dublino, Londra o Berlino, ma sempre più di rado lo fanno per trasferirsi in altre parti dell’Italia. In tutti gli stati ci si è accorti che dare più autonomia alle loro città migliori non solo rinforza quelle città, ma rinforza anche l’intero stato. Per questo il progetto di Milano Città Stato si pone l’obiettivo di rilanciare Milano ma costituendo anche un laboratorio che sia di stimolo per il nostro Paese che da decenni sta perdendo terreno in Europa. Così da Vivaio è nata l’associazione Milano che si occupa di portare avanti il progetto di Milano Città Stato. E visto che si tratta di un progetto che necessita condivisione tra le diverse parti e politici che poi possano attuarlo, per questo ha invitato tutti i candidati sindaco, con la speranza che in nome del futuro di Milano potessero per un momento abbandonare divisioni e strumentalizzazioni della campagna elettorale per condividere una visione comune. E’ stato anche invitato sul palco Corrado Passera che condivide il percorso dell’associazione e che anche se si è sfilato dalla sfida elettorale, ha dichiarato di voler dare il suo apporto per questa iniziativa per la città di Milano.
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SI O NO A MILANO CITTA’ STATO: LE RISPOSTE DEI CANDIDATI SINDACO
All’invito hanno risposto 6 candidati di diversi schieramenti politici. Un settimo, Basilio Rizzo, doveva partecipare ma ha dovuto dare forfait all’ultimo, inviando un delegato. Prima dell’intervento di 7 minuti di ciascun candidato presente, Marilisa D’Amico, docente ordinario di Diritto Costituzionale alla Statale di Milano, ha illustrato tutti i modi concessi dalla nostra Costituzione che consentono a Milano di arrivare allo status di Regione, modificando anche le caratteristiche previste per le regioni attuali, un po’ come successo a Londra o a Berlino che a suo parere costituisce l’esempio più auspicabile per la nostra città. A questo punto inizia in stile TED la proclamazione di intenti dei candidati. Ecco cosa hanno risposto.
GLI INTERVENTI IN SINTESI
L’unico candidato donna, Maria Teresa Baldini (Fuxia People), ha dichiarato: “Sì per una Milano città Stato ma intesa come valore per la gente”. Marco Cappato (Radicali) sostiene che “La Forza di una città sia nell’apertura. Non si può rischiare di finire in una trappola del regionalismo e dello statalismo che hanno affossato le nostre regioni. Sì a una città autonoma ma con condizione. Non sull’attuale modello di chiusura burocratica”. Per Gianluca Corrado (Movimento 5 Stelle) “Le 14 città metropolitane sono strutture vuote perché non hanno sufficienti conferimenti statali. Milano merita un’autonomia maggiore”. Nicolò Mardegan (NoixMilano) è stato netto: “La politica è morta e Milano cerca di ricostruirla ed è l’unica città che trascina la Nazione”, dichiarando “Sì per la città Stato per liberare Milano dagli avvoltoi dei Palazzi romani” Per Stefano Parisi (centrodestra) “Il modello deve essere di maggiore autonomia fiscale. Sì, ma con una chiara idea di cosa sia l’autonomia”. Luigi Santambrogio (Alternativa Municipale) dice “Sì alla città Stato (…) ma restituendo ai cittadini il rispetto per la cittadinanza”. Alla fine di ogni intervento ogni candidato doveva firmare SI o NO a Milano Città Stato. Risultato? Hanno tutti sottoscritto il SI a una Milano che abbia lo status di regione, come consentito dalla Costituzione e come lo sono le migliori città europee.
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L’IMPEGNO FUTURO DELL’ASSOCIAZIONE MILANO (E DI MILANOCITTASTATO.IT)
Anche alla luce dei risultati emersi, i lavori si sono conclusi riaffermando l’impegno dei padri fondatori dell’associazione Milano, una trentina erano presenti in sala, di proseguire il percorso intrapreso, per costituire un gruppo di lavoro che unisca le diverse parti politiche per proporre alla prossima giunta un progetto di autonomia per Milano. Autonomia vera, in tutto e per tutto come una regione. Con quei poteri previsti dalla Costituzione Milano dimostrerà di farne un uso buono e responsabile di fronte a tutta la nazione. E l’associazione Milano non mollerà fino al risultato. Perché il bene di Milano sarà sempre al di sopra degli interessi di una singola parte politica.