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A Tokyo inaugurato l’albergo-libreria: con l’ingegno la cultura diventa business

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biblioteca dormire milano citta stato tokyo

Una volta dare del topo di biblioteca a qualcuno era un’offesa, ma non sarà più così dopo aver visto questa immagine pubblicata da Docenti Senza Frontiere sul proprio profilo Facebook.

La foto ritrae un gruppo di giovani lettori attirati dalle pagine dei volumi di una biblioteca-boiserie-cuccette.
Si tratta dall’albergo Book and bed di Tokyo progettato dagli architetti Makoto Tanijiri e Ai Yoshida, nel quale 30 ospiti fortunati ospiti possono dormire dentro una libreria.

“L’albergo è grande 140 metri quadrati […]: la maggior sono piccole cuccette singole sul retro di una grande libreria di legno, con gli scaffali pieni di oltre 1700 libri in lingua inglese e giapponese”, spiega il wall.

Il prezzo? Dai 3.800 ai 6.000 yen, che equivalgono ad un costo tra i 29 e i 45 euro.

Quando si dice trasformare la cultura in un business.

I TAVOLI DI MARZO: IL CALENDARIO DEGLI INCONTRI DEI 9 PROGETTI PRIORITARI DI MILANO CITTÀ STATO

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calendario tavoli milano citta stato marzo 2016

Dopo gli incontri di gennaio e febbraio, i tavoli di partecipazione di Milano Città Stato proseguono anche a marzo 2016.

Dopo aver individuato i primi 9 progetti prioritari per il primo modello di città partecipativa d’Italia, vi proponiamo il calendario degli appuntamenti di brain storming dei direttivi.

Ogni appuntamento è aperto alle persone interessate a dare il loro contributo, a seconda delle loro affinità con i progetti in studio.

martedì 08.03 – h. 18.30-20 c/o Copernico Milano – CULTURA

mercoledì 09.03 – h. 18.30-20 c/o Copernico Milano – GREEN CITY 

sabato 12.03 – H. 15 – 17.30  C/O COPERNICO MILANO –
AUTONOMIA, CITTADINANZA UNIVERSALE, FEEDBACK CITTADINO, FREE ZONE, FONDO OPERE D’ARTE

mercoledì 16.03 – h. 18.30-20 c/o Copernico Milano – ISTRUZIONE

mercoledì 23.03 – h. 18.30-20 c/o Copernico Milano – RESTART

 

Per informazioni o aderire ai tavoli di ideazione: info@milanocittastato.it
Per farlo sapere a tutti: www.facebook.com/MILANOCITTASTATO

https://plus.google.com/101799048755128006282/post
https://www.linkedin.com/company/milano-citt%C3%A0-stato

L’hashtag ufficiale è #milanocittastato.

2 marzo 2016. Inaugura la nuova Whitelight Art Gallery con il vernissage di Decentrato

whitelight gallery copernico mostra 2016 milano citta stato

Dove: Whitelight Art Gallery, viale Lunigiana angolo Via Copernico, Milano

Costo: ingresso libero

Quando: vernissage mercoledì 2 marzo 2016 ore 19.00, mostra fino al 15 aprile 2016

Sei un amante dell’arte? Non puoi perderti la prima personale a Milano dell’artista Gino Sabatini Odoardi, Decentrato, presso la nuova sede di Whitelight Art Gallery a Copernico Milano Centrale, curata da Martina Cavallarin.

5 motivi per cui mi piacerebbe andarci

#1. scoprire e conoscere un artista contemporaneo italiano

#2. chiedergli il perché del titolo della mostra Decentrato

#3. fargli delle domande sui dubbi che le sue opere d’arte suscitano

#4. domandare a Martina Cavallarin di altri artisti italiani contemporanei

#5. sedermi in equilibrio sulla sedia opera d’arte

5 cose che mi piacerebbe trovare

#1. Gino Sabatini Odoardi

#2. altri artisti italiani

#3. opere d’arte che mi stupiscano

#4. delle risposte alle domande sull’arte

#5. della musica di sottofondo

10 cose per il bene della città che i privati stanno facendo meglio del pubblico

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antigraffiti milano citta stato

Milano è capitale grazie al privato. Sono i privati che l’hanno resa famosa in tutto il mondo con il Fuorisalone, le squadre di calcio, la moda, il design e i suoi artigiani. Tutto ciò che è pubblico è visto spesso con disagio, anzi se c’è una cosa che i milanesi chiedono all’amministrazione comunale è di non fare troppi danni. Ma da qualche anno tra i cittadini c’è in atto un passo in più: non solo si chiede al pubblico di stare alla larga, ma addirittura sono i privati a farsi carico di attività che il pubblico non riesce a fare. O che fa troppo male.

10 COSE PER IL BENE DELLA CITTA’ CHE I PRIVATI STANNO FACENDO MEGLIO DEL PUBBLICO

 

#1. Assistenza alle persone in difficoltà economica

A Milano sono ancora visibili i segni della crisi. Il Comune non ha soldi e capacità per prendersi cura di tutti? Per fortuna ci pensano i privati. Pane Quotidiano e Banco Alimentare, ad esempio, danno da mangiare ogni giorno a decine di migliaia di persone, senza gravare sui contribuenti ma forti della solidarietà di cittadini e volontari. Per chi è sommerso dai debiti c’è l’associazione Riemergo che aiuta persone in difficoltà aiutandole a risollevarsi. Poi ci sono i Volontari per un giorno e altre reti di volontari.

#2. Car e bike sharing

E’ uno dei motivi d’orgoglio dell’attuale amministrazione: Milano è diventata una capitale della sharing economy. Il servizio è fornito da aziende private, italiane e straniere, in competizione tra loro.

#3. La cultura

Se Milano può essere considerata la capitale del cinema di qualità è grazie ad operatori privati come l’Anteo Spaziocinema, che si è trasformato nel palazzo del cinema, e come il Milano Film Festival di Esterni, da una ventina d’anni vetrina delle avanguardie. Lo stesso accade anche per la musica con produttori e locali che danno spazio ad artisti emergenti, e pure come l’arte dove ormai sono i privati a spadroneggiare, con fondazioni ed opere di mecenatismo.

#4. Il mercato metropolitano

E’ stato un simbolo di come a Milano il privato superi il pubblico. Per i primi due mesi dall’apertura, il Mercato Metropolitano di Porta Genova ha avuto più visitatori di Expo, malgrado non vi fossero paragoni in termini di risorse (pubbliche) a disposizione. Era un po’ come se la Juventus perdesse lo scudetto contro il Chievo Verona.
Dove il privato eccelle spesso purtroppo interviene il pubblico a fargli lo sgambetto: malgrado il successo il mercato metropolitano ha dovuto chiudere per spostarsi a Londra.

#5. Assistenza ai malati

Anche qui il Welfare comunale può contare su poche risorse. Il campo è dominato da associazioni e operatori privati che si prendono cura dei malati con servizi a domicilio.

#6. Assistenza ai senzatetto

Purtroppo è una piaga che ferisce la città: la diffusione dei senzatetto che cercano riposo tra le colonne del centro e non solo. Si prendono cura di loro numerose organizzazioni, come Arca e Emergenza Freddo.

#7. La pulizia antigraffiti

E’ la prima lamentela che fanno i turisti stranieri che arrivano a Milano: imbrattamenti e scritte abusive sui palazzi. E’ segno di mancanza di decoro e di assenza di senso civico: più che fatto estetico è fatto che colpisce l’orgoglio di chi ha cuore il bene comune. Provano a fare qualcosa i volontari di Retake Milano, associazione che coinvolge i cittadini per ripulire la loro città da chi pensa che sia tutta sua.

#8. L’istruzione

I talenti internazionali vengono a studiare a Milano in massima parte in scuole e università private. Bocconi, Ied, Marangoni, Naba sono modelli di eccellenza fuori portata per l’istruzione pubblica.

9. Gli incubatori di impresa e spazi di coworking

Sono spuntati come funghi negli ultimi anni. In un mondo del lavoro che si è frantumato in partite iva e liberi professionisti che lavorano da soli, Milano ha saputo far fronte alle loro esigenze creando molti spazi per il lavoro comune, come Copernico o il Talent Garden. Da non dimenticare anche l’ospitalità fornita da numerosi bar e negozi che offrono il wi fi gratuito per chi vuole lavorare on the road.

#10. Uber per il trasporto pubblico

Ha scatenato polemiche ma è innegabile che Uber abbia generato più liberalizzazione di qualunque altra legge contro il monopolio delle corporazioni. E molti milanesi sognano 10, 100 uber in ogni settore, per consentire a tutti di competere per il miglior servizio al cliente e non per arricchirsi nella compravendita di licenze.

Dryline: lo scudo verde di New York. Lo usiamo per il Seveso?

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scudo verde antinondazione new york milano
scudo verde antinondazione new york milano

Una cintura verde intorno a Manhattan. Suona un po’ come se l’isola su cui sorge New York venisse improvvisamente avvolta da una grande bolla trasparente. O meglio: come se le boule de neige a cui ci hanno abituato i negozi di souvenirs prendessero forma. Di fatto, è la prima realizzazione della “grande visione”, la chiamano proprio così un gruppo di newyorchesi.

Già da tempo New York ha affrontato il tema dell’inquinamento in modo energico, e creativo. Ricordate le oasi galleggianti? Ma quello non era l’unico sistema in atto.
“Premiato con il Global Holcim Awards for Sustainable Construction 2015, per la capacità di proporre soluzioni innovative capaci di migliorare le condizioni di vita” (arte.sky.it), Dryline è una striscia di vegetazione lunga sedici chilometri, rialzata rispetto al livello marino e posta a ridosso della costa.

A ideare questo complesso ambizioso (solo il primo lotto richiede 300 milioni di dollari al Comune di New York e vedrà inserite aree pedonali, piste ciclabili e attività ricreative e commerciali) è BIG – Bjarke Ingels Group e One Architecture, che si è posto l’obiettivo di salvare Manhattan dagli effetti distruttivi di tifoni e inondazioni.

Ad essere coinvolta per prima è la arteria di scorrimento veloce a sei corsie di Lower East Side: in questo video vi mostriamo come funziona. Chissà che non sia di ispirazione anche per limitare i danni dei sottopassi e viali milanesi ad ogni copioso acquazzone…

1° marzo 2016. Aperitivo con Speed Date Filosofico x #milanocittastato

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Aperitivo con speed date filosofico Milano - Ph. Elisa Trapletti
Aperitivo con speed date filosofico Milano - Ph. Elisa Trapletti

Quando: martedì 1° marzo 2016 – dalle 18.30 alle 21.30

Dove: Un posto a Milano – Cascina Cuccagna, via Cuccagna 2

Costo: 6 euro (i progetti sono autofinanziati)

Per prenotare: max capienza – 70 persone; posti rimasti – 20 px
RSVP a info@milanocittastato.it e a michytartamaz@gmail.com (Michela Tartaglino Mazzucchelli).

Vuoi essere uno dei protagonisti del primo speed date filosofico della storia di Milano?

Appuntamento all’ora dell’aperitivo per l’happy hour più insolito della città.

E per farlo sapere a tutti:
Facebook: https://www.facebook.com/MILANOCITTASTATO/?fref=ts
Twitter: @micittastato
Hashtag: #milanocittastato

5 BUONI MOTIVI PER PARTECIPARE:

#1 perché non ho mai partecipato ad uno speed date
#2 per scoprire che cos’è il progetto di Milano Città Stato
#3 per conoscere la redazione del magazine digitale Milanocittastato.it
#4 per entrare nel dietro le quinte del movimento dedicato al futuro di Milano
#5 per assaggiare le creazioni dello chef Nicola Cavallaro in abbinamento ad una degustazione di etichette speciali

5 COSE CHE MI ASPETTO DI TROVARE:

#1 la redazione del portale www.milanocittastato.it
#2 gli ideatori e promotori di Milano Città Stato
#3 un bel buffet firmato dallo chef di Cascina Cuccagna (risotto con un calice di vino)
#4 il primo aperitivo di marzo in veranda e senza pioggia
#5 un calice di vino gustoso post-lavoro

Ph cover Elisa Trapletti – Riproduzione Riservata

29 febbraio 2016. L’amica degli uomini importanti di Musil al teatro Litta

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teatro litta milano ph- RognoniR
teatro litta milano ph- Rognoni R

Dove: Teatro Litta, corso Magenta 24, Milano

Costo: 21 euro

Quando: fino al 6 marzo, alle 20.30 e domenica alle 16.00

“Alfa sei fantastica. Non c’è niente ch’io ammiri come la tua vanità. È la tua qualità più notevole”. La descrizione della protagonista da parte del suo amante scritta da Robert Musil, l’autore de L’uomo senza qualità, introduce bene la storia e il suo personaggio principale. Il regista Antonio Syxty si addentra in un testo pochissimo rappresentato e grazie agli attori presenta uno spettacolo dove il narcisismo e la superbia dominano la scena.

5 motivi per cui mi piacerebbe andarci

#1. in prima nazionale il racconto di una donna e dei suoi pretendenti

#2. osservare uno spaccato della società austriaca borghese del 1923

#3. assistere a una fiera della vanità

#4. vedere un’intelligente e brillante commedia

#5. Alfa ha un comportamento anarchico

5 cose che mi piacerebbe trovare

#1. risvolti farseschi

#2. l’intelligenza della scrittura e il disegno narrativo di Musil

#3. vedere una donna che gioca con gli uomini

#4. la liberazione dall’amore con uno sparo, a salve o meno?

#5. sentire il profumo di un vecchio teatro

Vivere a Berlino mi ha fatto capire che non sono i POPOLI a essere buoni o cattivi

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progetto milano citta stato berlino

Berlino, 2005. La città era un cantiere, si preparava a ospitare i mondiali di calcio che avremmo vinto noi, dopo un magnifico tramonto, all’Olympiastadion, lo stadio che ha la particolare caratteristica di essere scavato sotto la terra, e quindi tu arrivi e scendi gli scalini invece di salire.
Quell’anno vivevo nella capitale tedesca. Chi ci abitava, diceva con orgoglio di amare Berlino perché non sembrava di essere in Germania. Anzi, era l’unica città tedesca dove molti di loro avrebbero potuto vivere, così dicevano.

Il muro non esisteva più ormai da 15 anni, ma ancora era forte la differenza che si respirava tra ovest ed est. Quando si usciva con amici stranieri, uno dei giochi preferiti era quello di indovinare se le persone che incontravamo erano di Berlino est o di Berlino ovest.
Bastavano pochi sguardi per individuare tracce di differenza. Gli occidentali erano più simili a qualunque europeo dell’ovest, nei modi di fare, nei vestiti, nell’aspetto: se poteva sembrare francese, italiano o inglese, allora voleva dire che era dell’ovest.
I berlinesi dell’est, gli ossi, erano invece molto naive: nei modi di fare, nello stile, nel sorriso o nel modo di guardare apparivano diversi, potevano sembrare russi o comunque non occidentali. In quei casi dovevano essere per forza di Berlino est e la cosa curiosa è che era facile capirlo anche nei più giovani, in chi il muro non lo aveva mai visto in vita sua.

Dopo 15 anni di unità Berlino era ancora separata da un muro invisibile.
Questo non valeva solo per gli atteggiamenti delle persone, valeva anche per tante altre cose. La città stessa aveva ancora diversità tra le due parti: se ci sono i tram, un certo tipo di illuminazione e, a quei tempi, l’immagine di un omino con il cappello sul semaforo per i pedoni, significava essere ad est. Altrimenti si era ovest dove tutto questo non c’era o era diverso. Così est e ovest erano ancora separate per i giornali, a ovest si leggeva il Morgenpost mentre a est andava il Tagespiegel, o per la squadra di calcio: Hertha a ovest, Union a est. E così via.
A est molti si rifiutavano di parlare inglese o non lo conoscevano affatto, proponendoti invece il russo, e in generale tutto appariva diverso. Pure la mentalità: a ovest molto simile al resto della Germania, pur con le debite differenze, a est spesso simili alla Russia e, un pizzico, alla nostra Napoli per l’insofferenza alle regole e la ricerca di soluzioni fuori dall’ordinario.
Altra differenza che ho rivelato tra il periodo in cui ho vissuto a ovest (Kreuzberg) e quello in cui sono stato a est (Friedrichshagen), era che a ovest la gente si faceva i fatti suoi, mentre a est si aveva sempre la sensazione di essere spiati.
Forse perché vivevo nel quartiere che ai tempi della guerra fredda era stato definito Stasistadt, la città della Stasi, la polizia segreta della DDR, fatto sta che tutti sembravano spiare tutto. Anche quindici anni dopo la scomparsa della Stasi.

Vivendo a Berlino ho toccato con mano quanto forte può essere l’impatto di un sistema sulla mentalità delle persone. A Berlino, una città con una storia di secoli, formata da cittadini uniti per lingua, storia e cultura, sono bastati meno di quarant’anni di muro, per creare due tipologie di cittadini.
Due sistemi di gestione amministrativa, uno di mercato e uno collettivista, hanno dato vita a due popoli radicalmente diversi tra di loro. Talmente diversi da risultare riconoscibili anche dopo quindici anni di unità e perfino tra i loro figli.

Vivere a Berlino mi ha fatto capire che non sono i popoli a essere buoni o cattivi, migliori o peggiori, ma sono i sistemi che li amministrano a renderli tali.
Anche per questo occorre capire quanto sia importante valutare se non sia il caso di dare vita a Milano un sistema che renda migliori le persone che ci abitano. O almeno, che non faccia di tutto per farle diventare peggiori.

Fotovoltaico da record nel deserto del Marocco. Idea per il deserto di Expo?

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fotovoltaico record nel deserto del Marocco
fotovoltaico record nel deserto del Marocco

Il gigante delle rinnovabili si trova in Marocco.
Lo scorso 11 febbraio, il Re del Marocco Mohammed VI ha letteralmente acceso la prima porzione di quello che sarà la più grande centrale fotovoltaica al mondo.

Si tratta di un complesso realizzato in pieno deserto, nei pressi della città di Ouarzazate, capace di utilizzare le più moderne tecnologie (un sistema a concentrazione solare da 160 MW – quello appena acceso-; un impianto solare termodinamico a specchi parabolici da 300 MW; una serie di collettori parabolici a cilindro da 150 MW complessivi) ed in grado di produrre corrente anche nelle ore notturne.

COME FUNZIONA. Una distesa di specchi parabolici cattura l’energia del sole del Sahara, dove le temperature sfiorano i 50 gradi, e la concentra riscaldando dei tubi all’interno dei quali scorre dell’olio. Una volta caldo, l’olio viene utilizzato per produrre vapore e mettere in moto le turbine che generano l’elettricità.
Focus.it specifica: “Il calore dell’olio viene inoltre impiegato per riscaldare fino a 500°C grandi quantità di sale. A queste temperature il minerale si scioglie conservando così il calore che può essere impiegato per far funzionare i generatori per circa tre ore anche con il buio“.
La costruzione di Noor I è guidata dal consorzio spagnolo TSK-Acciona-Sener, “mentre le imprese marocchine hanno svolto principalmente un ruolo di supporto, garantendo servizi legati alla costruzione, l’ingegneria, l’installazione e la logistica” (Fonte: Lifegate.it).

Con Noor1, questo il nome della prima porzione dell’impianto, il Marocco, che oggi importa pressoché tutto il suo fabbisogno di energia elettrica, potrà coprire fino al 44% del costo dell’energia elettrica in tutta l’Africa settentrionale. “Le quattro sezioni del complesso Noor dovrebbero permettere al Marocco di soddisfare, entro il 2020, il 50% del proprio fabbisogno energetico utilizzando le energie rinnovabili. Non siamo produttori di petrolio – ha dichiarato al Guardian il ministro dell’Ambientemarocchino, Hakima el-Haite,  -. Importiamo il 94% della nostra energia, come i combustibili fossili provenienti dall’estero. E questo influisce molto sul nostro bilancio statale” (Fonte: Ilfattoquotidiano.it).

  • I NUMERI:
    20: le ore al giorno in cui la centrale riesce a garantire la produzione di energia;
    24: i Km di superficie coperti (“in grado di produrre 160 megawatt di energia sufficienti a soddisfare le esigenze di 650.000 persone”, Focus.it);
    580: i Megawatt di energia elettrica totale prodotti (“da soli, permettono al Marocco di soddisfare, entro il 2020, il 50% del proprio fabbisogno ma lo collocherebbero anche tra i principali Stati esportatori, con un occhio di riguardo all’Arabia Saudita”, Focus.it);
    2018: anno di completamento lavori;
    3.400: i campi da calcio che ne coprirebbero l’intera superficie (3.000 ettari);
    435 milioni: i dollari investiti dal Climate Investiment Fund, che ha finanziato il progetto (sui 9 miliardi complessivi);
    500.000: il numero degli specchi parabolici dislocati sull’intera area di Noor1;
    1 milione: le abitazioni che verranno rifornite di questa corrente;
    9 miliardi di dollari: il costo totale.


[foto da Focus.it]

L’OCCASIONE: Non solo il Marocco ha fatto di un suo storico limite, la desertificazione, un punto di forza ribaltando la prospettiva del suo approvvigionamento energetico, ma ha sapientemente scelto il luogo in cui dare corpo al suo sogno di energia. E quel luogo è la città di Ouarzazate, già nota al turismo come “la Porta del deserto” (da qui si raggiungono kasbah , le Gole del Todra, le Dades o la Valle delle Rose) e ai cineasti per essere stata il set di kolossal come Lawrence d’Arabia o Il Gladiatore.

Nella “Hollywood marocchina” è nato anche il colosso delle centrali sostenibili:  un esempio di come convertire le proprie buone energie e i propri ampi spazi in cuori pulsanti dell’economia e del senso di appartenenza alla propria regione. Non starebbe benissimo anche nella dismessa area Expo?

Foto cover: Evonat.com

I 10 animali più milanesi

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Anche Milano Città Stato cede al trend più evergreen di Facebook: gli animali. Per farlo, abbiamo scelto i dieci simboli della città, le bestie a cui i milanesi non riescono a dire di no.

I 10 animali più milanesi

#1. Il cane
Il pericolo di chi fa jogging al parco. Di taglio piccolo per le donne, di taglio grande per gli uomini e per chi vuole fare sapere che hanno una grande casa. Obbligatorio pedigree. Imbarazzano un po’ quando si ingroppano nelle aree riservate.

#2. Il gatto
Animale domestico per le donne. C’è chi lo tiene confinato in casa e chi se ne frega, lasciandolo andarsene in giro. Nota di merito per i gatti del Castello Sforzesco foraggiati dalle gattare.

#3. Il piccione
Molto amato, soprattutto quando ridotto a brandelli su una rotaia del tram.

#4. La pantegana
Di sera può sembrare un simpatico pesce che puccia a bordo acqua.

#5. Le zanzare
In onda tutti i giorni da primavera ad autunno, dal tramonto all’alba. Sono le più fameliche del globo.

#6. Le cornacchie.
Sono abilissime a prendere le cose nei cestini dei rifiuti e disseminarle in giro. Odiose. E troppo più intelligenti dei piccioni per finire a brandelli sotto le rotaie del tram.

#7. I merli
All’alba sono la più bella colonna sonora di Milano. Animali molto simpatici.

#8. Le carpe
Al parco sempione e i giardini di Porta Venezia ci sono degli stagni con la più alta concentrazione di carpe del mondo.

#9. I cavalli
Animali in estinzione. Un tempo giravano i carabinieri a cavallo. Ora non più. E i bambini ne soffrono.

#10. I passeri
Si muovono a gruppetti, come amici affiatati. Di solito fregano le molliche ai piccioni.

28 febbraio 2016. CinePaella al cinema Beltrade. Cinema e menù valenciano catalano

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paella-milano-citta-stato
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Dove: Cinema Beltrade, via Oxilia 10, Milano

Costo: 5 euro + 20 euro

Quando: domenica 28 febbraio dalle 12.30 alle 15.30

Questa domenica volete coccolarvi ed essere coccolati? Una possibilità è di andare a vedere un bel film e mangiare una buona paella a pranzo. Basta andare al cinema Beltrade e scegliere il film da vedere e prima o dopo il film gustare da PaellaMi i piatti tipici. Ci sono due alternative: alle 11 Ultima fermata di Giambattista Assanti, oppure alle 13.30 Bella e perduta di Pietro Marcello. Il cinema Beltrade e PaellaMi sono uno accanto all’altro, pochi passi per una domenica speciale.

5 motivi per cui mi piacerebbe andarci

#1. passare una domenica diversa, cibo spagnolo e cinema italiano, tutto di qualità

#2. vedere l’interpretazione di Elio Germano nel film Bella e perduta

#3. immedesimarmi nel personaggio di Rosa, scritto per Claudia Cardinale, nel film Ultima fermata

#4. dover scegliere tra due film che hanno vinto dei premi nei festival di cinema italiani e internazionali

#5. vedere i paesaggi dall’inquadratura di un treno

5 cose che mi piacerebbe trovare

#1. Elio Germano in sala

#2. il regista al termine del film

#3. una storia interessante e magari poetica

#4. delle nacchere da PaellaMi

#5. suonare le nacchere alla fine del film

27 febbraio 2016. Workshop I social media per i freelance

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workshop freelance milano
workshop freelance milano

Dove: Laltalena, via Ambrogio Binda 7, Milano

Costo: 90 euro più iva

Quando: sabato 27 febbraio, dalle 10 alle 13 e dalle 14 alle 17

Come è cambiato il modo di comunicare dai mass media ai social media? Lo spiegherà nel workshop I social media per i freelance Linda Ferrari, psicologa e fotografa. Fondamentale è il significato delle immagini come linguaggio universale nel web, oltre ad apprendere un vademecum sul corretto comportamento da avere nei social network principali (Facebook, Twitter, Instagram, Linkedin, Google+) verranno presentate un elenco di case history di professionisti di successo. Verrete anche messi alla prova, ci saranno alcune esercitazioni da fare in aula.

5 motivi per cui mi piacerebbe andarci

#1. per utilizzare al meglio strumenti che uso quotidianamente

#2. avere nuovi punti di vista sui social media

#3. imparare è sempre importante e stimolante

#4. psicologia e immagini, un connubio interessante e molto d’impatto

#5. per ora è il presente e il futuro della comunicazione

5 cose che mi piacerebbe trovare

#1. altri professionisti

#2. persone simpatiche

#3. dei nerd

#4. nuove informazioni sui social media

#5. qualcosa sullo storytelling

Hanno abbattuto il cavallo d’artista!

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cavallo sleipnir duilio forte milano citta stato
cavallo sleipnir duilio forte milano citta stato

Milano non ha cura dei suoi cavalli.
Dopo aver raccontato la storia della beffa del Cavallo di Leonardo, un nuovo fatto irrispettoso riguarda ancora una volta un cavallo donato al Comune di Milano.

Era il 2013 quando l’artista Duilio Forte veniva chiamato alla Fabbrica del Vapore di Milano per l’allestimento della mostra Mima – Milano Makers.  “La Fabbrica del Vapore ospita oggi e domani dalle 10 alle 19, negli spazi concessi dall’Assessorato alla Cultura, una due giorni di eventi organizzati da Mima – Milano Makers per festeggiare la donazione al Comune di Milano delle opere di Duilio Forte e del collettivo Materia Prima realizzate in occasione della mostra “Bla Bla dialogo virtuale” curata da Alessandro Mendini e allestita negli stessi spazi durante il fuorisalone 2013” scriveva con un certo entusiasmo la sezione Design de La Stampa.it, il 13 giugno 2013.
In occasione del’evento numerosi media hanno fotografato il monumentale cavallo di legno allestito in prossimità tra il bar e l’ingresso alla Cattedrale.

Sleipnir”, il cavallo di Odino, era alto circa 15 metri.
“Sleipnir fa parte di una mia personale ricerca sulla mitologia scandinava e i suoi personaggi, cui ho dedicato tante installazioni”, spiega l’artista Duilio Forte.
Il cavallo a otto zampe del dio Odino rappresenta una delle cifre identificative dell’opera di Duilio Forte. Questo in particolare era il numero 26 ed era stato realizzato appositamente per la mostra di Fabbrica del Vapore.

“Era”, al passato, continua ad usare come tempo verbale chi scrive, perché solo qualche giorno fa una ragazza che lavora all’Ordine degli Architetti, mentre si trovava in ufficio collocato proprio a fianco della Fabbrica del Vapore, ha chiamato l’artista per chiedergli se sapesse che lo Sleipnir era stato demolito.
“Mi è spiaciuto molto, non posso negarlo: non ho ricevuto nemmeno una telefonata che mi chiedesse se lo volessi indietro” commenta Forte al telefono.

Lontano da qualsiasi desiderio di polemica, prosegue: “Quelli che erano i responsabili al tempo del Salone del Mobile 2013 mi avevano invitato a lasciarla nel luogo per cui era stata creata domandandomi se volessi farne dono al Comune di Milano. Così ho fatto, pur non formalizzando mai l’atto ufficiale di donazione”.
Proseguendo nell’analisi dei fatti, emerge un’ulteriore triste verità: la persona che avrebbe voluto fare suo lo Sleipnir 26 e che aveva chiesto all’autore di lasciarlo alla Fabbrica del Vapore è stato mandato via solo qualche giorno prima della demolizione del Cavallo. Quindi, l’ordine dalla Cattedrale è avvenuto non appena “lasciato solo” il Cavallo.

COSA RESTA di quel lavoro d’arte di un milanese per Milano, fotografato, “instagrammato”, evocato da cultori della Design Week che era ormai parte del patrimonio di noi milanesi? Solo una catasta di legno in un angolo della Fabbrica del Vapore, ma verrà rimossa anche quella.

“Il mio ultimo Sleipnir, il numero 44, si trova al confine tra Polonia e Bielorussia, dove è stato richiesto per un festival di Land Art” prosegue Forte. “Peccato che Milano abbia distrutto il mio lavoro. Non dico che dovesse rimanere alla Cattedrale per sempre, certe installazioni hanno una vita limitata. Non voglio fare nessun rumor, prima o poi sarebbe stato da tirare giù; io stesso l’avrei smontato subito dopo la mostra ma, ripeto, non l’ho fatto su invito stesso di un responsabile del Comune. Ma, a giudicare dall’evoluzione dei fatti, almeno farsi sentire….”.

Duilio Forte ammette che non sa dove l’avrebbe ri-collocato, “dipende dai lavori che faccio”. Non resta che immaginare questo lavoro di fantasia e techè prendere il volo con le otto zampe nervose e forti, le briglie tese da Odino e indirizzate verso le mura di Asgard, la città degli dei. Dove almeno lì regna il rispetto per l’arte e per i doni dati alla comunità.

Foto Courtesy Duilio Forte – Instagram 

DA CITTADINI PER LO STATO A UNO STATO DI CITTADINI

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cittadini citta stato
cittadini citta stato

Perché c’è lo stato?
Gli stati si sono originati da possedimenti terrieri e la ragione principale che ha portato alla formazione di grandi stati unitari è stata la sicurezza: lo stato garantiva la difesa dai nemici esterni che mettevano a rischio i beni e la vita delle persone che abitavano un territorio.
Questa la ragion d’essere che ancor oggi spinge le persone a dare fiducia a uno stato. Eppure se si dà un’occhiata alla storia, è difficile affermare che l’attività prevalente degli stati sia stata quella di assicurare la sicurezza per i loro cittadini. Anzi. La storia degli stati è costellata da aggressioni per conquistare nuove terre o per estendere il proprio potere.
I governanti hanno sempre detto ai loro cittadini di volerli difendere, anche quando muovevano guerra a qualcuno, ma la ricerca di sicurezza non è sufficiente a spiegare cosa gli stati hanno fatto nel corso della loro storia e soprattutto come si sono organizzati al loro interno.
Se si considerano questi aspetti c’è un altro elemento che sembra assai più importante della sicurezza per giustificare la nascita e l’esistenza degli stati:il potere.
Lo stato è uno straordinario strumento di potere perché consente di concentrare in poche mani il potere che deriva da persone e beni presenti su un territorio.

Dal punto di vista filosofico lo stato moderno nasce come ente di cui il cittadino è strumento, non il contrario. Riprendendo la visione hegeliana, il singolo è strumento del popolo (Volk) e la forma spiritualmente più evoluta di popolo è lo stato. Il cittadino conta perché è parte di uno stato e in nome dello stato si può arrivare a sacrificare il singolo.
Questa visione è alla base di tutti i grandi stati nazionali contemporanei, specie di quelli europei. Ogni cittadino riduce la sua ricchezza, la sua libertà e i suoi poteri, in nome di un ente superiore: la patria, lo stato.
Questo primato dello stato sul cittadino ha giustificato la creazione di sistemi in cui il beneficiario dello stato non è il cittadino, né il popolo, ma chi riceve risorse e potere tolti ai cittadini. Questa impostazione ha generato degli stati in cui l’amministrazione è funzione di se stessa.

Per trovare dimostrazione di quanto detto, basta prendere il bilancio dello stato e osservare la composizione della spesa pubblica che mostra dove vanno a finire le risorse dei contribuenti. Quanto dello stato viene usato per investimenti in infrastrutture o per servizi ai cittadini e quanto invece viene impiegato per salari e stipendi?
Prendendo i dati della ragioneria di stato risulta che la spesa pubblica italiana assorbe più della metà della ricchezza prodotta nel paese ogni anno e le uscite correnti formano l’83% di tutto quello che viene speso dalla pubblica amministrazione.
Le spese correnti sono costituite sostanzialmente da stipendi, pensioni e interessi sul debito pubblico. A quanto invece ammontano gli investimenti pubblici? Sono meno del 3% della spesa pubblica complessiva: su 100 euro spese dallo stato meno di 3 vengono spesi per investimenti, ad esempio per infrastrutture, per stimolare l’economia o per alimentare il patrimonio pubblico.
Prendiamo uno dei settori in cui lo stato dovrebbe svolgere una funzione fondamentale: l’istruzione. I dati del Ministero dell’Istruzione mostrano la destinazione della spesa pubblica nella scuola: il 99,7% è destinato alle spese correnti, di cui circa il 91% è costituito da redditi da lavoro [1].
Il bilancio pubblico mostra che la priorità dello stato è pagare pensioni e stipendi ai funzionari pubblici.
Stipendi che, tra l’altro, sono accompagnati da una serie di garanzie supplementari rispetto a chi lavora nel settore privato.

Se si considerano poteri, responsabilità e risorse gestite, ogni sistema statale è costruito in funzione dell’amministratore, invece che del destinatario dei servizi.
È qualcosa che esiste da secoli e che se si guarda l’incremento nella spesa dei bilanci pubblici pare una tendenza inarrestabile. Forse è il momento di chiederci se la struttura degli stati nazionali sia la forma ottimale per il bene dei cittadini.
Forse ciò che va messa in discussione è proprio la ragione d’essere degli stati. Forse non è più la sicurezza la priorità che ricercano i cittadini, anche perché come si è visto nella storia, gli stati spesso non sono riusciti a salvaguardarla.
Invece della sicurezza ci deve essere altro su cui fondare l’amministrazione della cosa pubblica.
È da mettere al centro il cittadino, che non può più essere inteso come strumento di una burocrazia ma l’opposto: tutto lo stato dovrebbe essere riorientato sul cittadino, per lasciargli il massimo potere, la massima libertà e le massime risorse, nel rispetto delle esigenze del resto della comunità.
Occorre immaginare una nuova idea di stato che sostituisca l’amministrazione con il cittadino, come centro principale di interesse e di potere.

Prossimo articolo: È IL SISTEMA CHE DETERMINA IL POPOLO, NON IL CONTRARIO

[1] Dati tratti da: www.scenarieconomici.it

Home Farm: da Singapore un’idea per rendere attivi i nonni di Milano

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home farm milano citta stato
home farm milano citta stato

E se i geriatrici di Milano diventassero hub per la sostenibilità, fattorie urbane i cui operatori siano autentici “nonni rangers“?

Il progetto è già una realtà in una città stato: Singapore.

Qui, gli architetti della Sparck al World Architecture Festival hanno pensato di creare la loro Home Farm, una fattoria in cui gli spazi verdi urbani coincidono con quelli terapeutici di un istituto geriatrico. O per meglio dire: mentre gli anziani sono seguiti da professionisti, essi stessi possono aiutare la comunità coltivando prodotti biologici, ambienti green, creando un polo verde per la comunità stessa.

A Singapore l’idea è nata in considerazione di due aspetti: uno, l’aumento dell’età pensionabile; due, la difficoltà a produrre ortaggi che non siano d’importazione.

Gli obiettivi, poi, sono stati “quello di stimolare un senso di appartenenza, di comunità naturale tra i membri della struttura, favorendo il lavoro di gruppo e l’organizzazione dei ritmi colturali da parte degli anziani stessi. Il privilegio di consumare ortaggi coltivati in maniera biologica, inoltre, si farà valore aggiunto nelle vite degli ospiti della casa di riposo, unendosi alla soddisfazione di aver “prodotto” il cibo per sé e per i compagni.

Del progetto faranno parte: muri vegetali composti da esemplari edibili, l’arricchimento delle pareti curvilinee degli edifici con arbusti, fioriere e vegetazione a cascata, la presenza di un orto condiviso che connetterà i palazzi adibiti a casa di riposo, un’area intermedia ad uso libero degli anziani, una fattoria acquaponica, “che concilierà la coltivazione vegetale all’allevamento ittico”, un tetto-giardino come area ricreativa.

Bene, se tutto il mondo è Paese, allora anche Milano città stato non potrà farne a meno.

 

Fonte e cover: http://www.festivaldelverdeedelpaesaggio.it/casa-di-riposo-diventa-fattoria-urbana

10 cose che i milanesi vorrebbero importare da Londra

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10 cose da importare da Londra

C’è chi ha risposto “la regina”.

10 COSE CHE I MILANESI VORREBBERO IMPORTARE DA LONDRA


#1 la lingua

Per loro è facile. Con l’inglese comunicano con tutto il mondo senza dover imparare nessuna lingua straniera. Comunque Milano se vuole essere una capitale internazionale dovrebbe avere l’inglese come seconda lingua, almeno in tutti i luoghi pubblici.

#2 il congestion charge
Da noi si litiga ancora sull’Area C. Estenderla, ridurla, azzerarla? A Londra funziona benissimo anche perchè la qualità dell’aria è una delle 4 priorità assegnate dalla legge al sindaco.

#3 il regime fiscale e di semplificazione per le imprese
Sarà capitato a tutti di conoscere qualcuno che vive a Milano ma ufficialmente lavora a Londra. Già, perchè a Londra per avere una società basta avere una casella postale e qualche centinaia di sterline. E una volta aperta l’attività vi sono vantaggi infiniti rispetto al nostro sistema.

#4 la scena musicale
La capitale mondiale della lirica non può che morire d’invidia di fronte al successo della musica inglese.

#5 i musei gratuiti
Tutti i nostri musei sono a pagamenti, anche se molti di loro non arrivano a staccare 50 biglietti in gran parte delle giornate di apertura. Perchè non fare come a Londra dove ci sono magnifici musei statali che sono completamente gratuiti? Sarebbe davvero una così grave perdita?

#6 la tube

Su questo niente da dire: la magnificenza di Londra è sottoterra.

#7 il cosmopolitismo
Londra è una capitale mondiale anche per questo: per i mille colori che si trovano nella sua gente.

#8 il campionato di calcio
Eravamo il campionato più bello del mondo. Ora facciamo ridere.

#9 il sistema di istruzione
Anche in questo ci hanno superato. Un tempo eravamo noi a far nascere le università e ad essere considerati il meglio nella formazione dei giovani. Ma da allora sono passati secoli.

#10 la pulizia delle strade e i parchi
In generale il senso civico e l’educazione.

MILANO CITTÀ STATO, LA CHIAVE PER FARE RIPARTIRE L’ITALIA

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milano citta stato europa
milano citta stato europa

Milano è la città più aperta al nuovo in Italia. Se si considera solo il secolo passato, Milano è stata la città a dare vita ai movimenti che, nel bene o nel male, hanno avuto più impatto nella storia d’Italia.
È la città che ha dato origine al futurismo, al fascismo, è stata simbolo del miracolo economico e la massima espressione del craxismo degli anni ottanta, è la città che con l’inchiesta “mani pulite” ha segnato il tramonto della prima repubblica, almeno al vertice, e ha aperto la strada a vent’anni di berlusconismo.

A Milano ciò che è nuovo spesso è giudicato superiore, semplicemente perché è più nuovo. Ma l’apertura al nuovo di Milano, non basta: Milano è l’unica città in Italia dove il sistema di amministrazione pubblica può essere messo in discussione.
Milano è la città che ha più diffidenza per la burocrazia della pubblica amministrazione ed è la città dove i cittadini spesso si sono organizzati per sopperire alle carenze del pubblico.
A queste ragioni storiche se ne aggiunge una che potrebbe essere determinante: il momento straordinario che vive oggi Milano.

Milano è una città che si è radicalmente trasformata negli ultimi anni.
Expo è stata un momento simbolico, di presa di coscienza dei cittadini nella propria capacità di organizzarsi e di mostrarsi al mondo in modo unito, invece che diviso come si agiva in passato.
In pochi anni Milano è diventata una città collaborativa e trasversale.
È tramontata la città divisa in gruppi omogenei, stratificata in gerarchie, al suo posto ha preso vita una società dove tutti frequentano persone molto diverse da loro e dove ognuno può venire in contatto con personalità che in passato sembravano irraggiungibili.
È la città che inneggia alla partecipazione, che pretende di concorrere alle scelte più importanti per la comunità, invece che delegare in bianco all’amministrazione comunale.

È la città che ha visto nascere organizzazioni spontanee per intervenire dove la pubblica amministrazione non riesce ad intervenire: ci sono associazioni che aiutano chi è in difficoltà, associazioni che si prendono cura del bene comune, associazioni che sostengono progetti innovativi per la città.
Ci si occupa del bene comune per presa di coscienza che chi lo dovrebbe fare, il settore pubblico, non è in grado di farlo.
Milano, dopo aver vissuto per decenni concentrandosi quasi completamente sul successo personale e sul potere individuale, sta scoprendo la bellezza dell’occuparsi del bene comune insieme agli altri. Lo si fa non per ambizione personale ma per semplice e naturale desiderio di vivere in un luogo migliore. Non basta più come orizzonte quello di casa propria: oggi l’orizzonte dei milanesi è l’intera città.
Così come si vuole vivere in una casa più bella, si vuole vivere anche in una più bella città.

A Milano si vive un momento di portata storica che potrebbe segnare non solo la destituzione dell’impianto della prima repubblica ma perfino qualcosa di più ambizioso, qualcosa che potrebbe segnare un cambiamento epocale anche per il resto del mondo.
Milano può essere la prima città a segnare il tramonto delle ideologie e delle categorie politiche ottocentesche che, nonostante la caduta del muro di Berlino, restano ancora un elemento di divisione nelle società contemporanee. Si tratta di categorie figlie di un mondo che non c’è più, un mondo che nell’ottocento aveva problemi e caratteristiche radicalmente diversi rispetto a quelli delle nostre società.
Milano potrebbe essere la prima città che dimostra che affrontare i problemi e le esigenze della società di oggi con categorie ideologiche di una società che non esiste più, è qualcosa che non ha senso. E che invece di risolvere problemi, li rende ancora più grandi.
Milano è la città che potrebbe affrontare diversi tabù che dividono le comunità, che generano odio e aggressività inutili e che, soprattutto, bloccano le nostre società dal progredire, che è la vocazione a cui ogni comunità viene chiamata dalla storia.

Milano città stato è tutto questo. Prima di capire il come, si vuole chiarire il perché.
Il perché di Milano città stato è una situazione storica di profonda emergenza, dello stato italiano, e di grave arretratezza di pensiero politico, di tutto il mondo occidentale.
Nel momento in cui il sogno dell’Europa sembra svanire, sogno col quale sono cresciute le generazioni che oggi gestiscono economia, industria, amministrazione, università, serve un nuovo sogno, serve un nuovo progetto che possa essere di coesione non di divisione.
Questo progetto può inizialmente avere luogo solo su uno spazio limitato in cui i confini devono essere definiti e dove si possa sperimentare un’autonomia molto accentuata rispetto a ciò che sta fuori da tali confini. E il posto migliore per farlo è Milano.

Prossimo articolo: DA CITTADINI PER LO STATO A UNO STATO DI CITTADINI

25 febbraio 2016. Cock al Teatro Franco Parenti. Lui ama lui e lui si innamora di un’altra

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teatro milano citta stato
teatro milano citta stato

Dove: Teatro Franco Parenti, via Pier Lombardo 14, Milano

Costo: 25 euro

Quando: fino al 28 febbraio, alle 19.45 o 20.45 o 15.45

Si parla tanto di unioni civili, è un argomento super caldo, ma si parla poco d’amore. Ci vuole lo spettacolo Cock di Mike Bartlett per farci capire quanto l’amore possa essere complicato e quanto ci potrebbe far paura. Al teatro Franco Parenti di Milano, fino al 28 febbraio, il regista Silvio Peroni mette in scena questo testo avvincente grazie a quattro attori, Enrico di Troia, Fabrizio Falco, Sara Putignano, Jacopo Venturiero, che recitano all’unisono.

5 motivi per cui mi piacerebbe andarci

#1. ah l’amour…in tutte le sue forme

#2. scoprire com’è dal vivo Fabrizio Falco, premio Ubu 2015 come miglior attore under 35

#3. vedere uno spettacolo di qualità

#4. passare una serata piacevole a teatro

#5. imparare qualcosa di nuovo su qualcosa che non conosco

5 cose che mi piacerebbe trovare

#1. una sala comoda e confortevole

#2. intensità e profondità

#3. divertimento

#4. dei bei personaggi

#5. l’happy end sempre che sia possibile

PERCHÉ É ORA DI CAMBIARE LO STATO ITALIANO

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progetto milano citta stato progresso

L’Italia sta vivendo la sua più grande crisi del dopoguerra. Una crisi economica che è in realtà espressione di un fallimento più radicale. Un fallimento che ci portiamo dalla prima repubblica.
Vent’anni fa si è abbandonata la prima repubblica perché si è capito che era un sistema fatto di privilegi insostenibili e di corruzione dilagante. Il paradosso è che la prima repubblica è finita, ma il suo impianto è rimasto immutato.

La struttura della prima repubblica è ancora in piedi e si basa sulla diffusione capillare di privilegi che assorbono la gran parte di risorse generate nel paese, che altrimenti potrebbero essere impiegate in modo più produttivo.
Prima repubblica è aver contratto un debito smisurato che penalizza l’economia di oggi non solo per l’enorme esborso in interessi ma anche come macigno sospeso sopra le nostre teste, macigno che potrebbe caderci addosso in qualunque momento e che ci tiene in balia di forze esterne, come l’Europa o i mercati internazionali. Prima repubblica sono tutte le pensioni che vengono pagate al di sopra dei contributi versati: questo significa che ci sono persone che ricevono soldi in regalo da parte di altri.
Prima repubblica significa la catena di privilegi all’interno del settore statale.

È un sistema difficilmente scalfibile al suo interno perché si tramanda da decenni e perché ormai la maggioranza delle famiglie ne ricava un vantaggio, o, meglio, crede di ricavarne un vantaggio. Crede, ma si sbaglia. Perché i privilegi del singolo vengono sostenuti a svantaggio di tutti gli altri e il costo di questo sistema è un’economia che da quindici anni è tra le ultime al mondo per tassi di crescita. Un’economia che penalizza chi produce ricchezza e lavoro, li spinge a trasferirsi all’estero, portando così via dall’Italia ricchezza, lavoro e intelligenza.

Negli ultimi governi ci sono stati parecchi tentativi di riforma. Ma, di fatto, il sistema figlio della prima repubblica è rimasto un moloch intoccabile, dove si è intervenuti solo su aspetti marginali, mentre l’impianto generale è rimasto tale e quale quello di allora.
Non solo. Il sistema centralista è talmente forte e radicato che per gran parte dell’opinione pubblica è l’unica nostra difesa di fronte alla globalizzazione, all’Europa e a quelle che vengono giudicate come le distorsioni del mercato.
In uno scenario del genere poco sorprende che ad ogni fallimento si risponda cercando un nuovo pilota che sia capace di gestire la macchina, senza invece capire che è la macchina stessa la fonte di ogni problema: se si ha una macchina scassata non serve a niente trovare il pilota migliore.
Se la macchina è scassata potrebbe sembrare che la soluzione sia di distruggerla definitivamente, di rottamarla. Ma anche questo è un modo sbagliato.

Se pensiamo alle grandi innovazioni della storia, non si sono verificate distruggendo ciò che ormai era superato. Chi ha inventato l’automobile non ha pensato prima di distruggere le carrozze. Semplicemente ha creato un mezzo di trasporto che era talmente migliore rispetto a quello usato in precedenza da renderlo superato. Le automobili hanno fatto sparire le carrozze perché erano superiori. Così è accaduto in altri settori, con il pc che ha sostituito le macchine da scrivere o l’iphone che ha determinato la rovina dei cellulari Nokia che in precedenza dominavano il mercato.

L’unico modo perseguibile per risolvere il problema del sistema generato nella prima repubblica è di costruirne uno nuovo.
A livello nazionale questo non sembra possibile: è un sistema talmente diffuso e ricco di meccanismi di autodifesa da sbarrare la strada a qualunque alternativa, anche se si sta indirizzando alla rovina.
L’unico modo per venirne fuori è ripartire a livello locale. Esattamente come un prodotto innovativo si deve testare su un piccolo mercato, così un nuovo modello di amministrazione dovrebbe essere sperimentato su base locale, prima di potersi estendere su scala più grande.
E il luogo ideale dove far nascere e sperimentare un nuovo sistema politico è Milano.

Prossimo articolo: MILANO CITTÀ STATO, LA CHIAVE PER FARE RIPARTIRE L’ITALIA

10 cose che i milanesi vorrebbero importare da Stoccolma

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Per sminuire quello che sembra un mondo fantastico si tende a ripetere che la Svezia è una terra di suicidi. La verità è che si tratta del paese con l’aspettativa di vita più alta e con il minore tasso di emigrazione in Europa. Segno che gli svedesi si lamentano del freddo e della luce ma amano restare a casa propria.
Anche perchè il loro è uno Stato che aiuta il cittadino invece che opprimerlo, come spesso fa il nostro. Comunque sia per Milano Città Stato la capitale svedese è un modello che può essere molto utile.

10 COSE CHE I MILANESI VORREBBERO IMPORTARE DA STOCCOLMA

 

#1 l’acqua
A Stoccolma se al ristorante provi ad ordinare acqua minerale naturale ti guardano con occhi spiritati. Perché l’acqua che esce dal rubinetto è come venisse da una sorgente alpina, senza i chicchi di calcare e il retrogusto del cloro che ha quella nostra, che quando la ingoi ti sembra raschiare la gola. Su questo non c’è partita: bisogna importare l’acqua del rubinetto di Stoccolma.

#2 l’aria
Anche in questo non c’è sfida. Da noi si boccheggia mentre da loro si respira a pieni polmoni come se si fosse in alta montagna. Lo smog è inesistente.

#3 il premio Nobel
E’ vero, siamo tutti molto affezionati all’ambrogino. Ma vuoi mettere il Nobel? Il premio più ambito, sognato da ogni persona che dedica la sua vita a un fine nobile. E tutto è nato da un uomo che ha deciso di ripagare l’umanità dei danni che aveva combinato con l’invenzione che lo aveva reso ricco: la dinamite. Ah, se anche i nostri imprenditori ragionassero allo stesso modo invece che lasciare il frutto della loro vita nelle mani di eredi che distruggeranno la loro ricchezza!

#4 il sistema fiscale che ti consente di detrarre tutto
In Svezia ci sono tasse alte sui redditi ma limitate sulle aziende. Ma soprattutto dove non c’è confronto è che in Svezia ti concedono di detrarre praticamente tutto, nell’ottica che se uno ha un’attività, praticamente ogni tipo di spesa rientra nella sua attività. Il rapporto stato cittadino è basato su rispetto e reciproca fiducia, non sulla gara tra chi frega di più l’altro.

#5 quando c’è sciopero dei trasporti il taxi viene rimborsato
Il Comune si fa carico di ogni disservizio che causa al cittadino. Un esempio sono gli scioperi: se capita uno dei rari casi in cui si ha uno sciopero dei mezzi pubblici interviene il Comune a ripagare il costo dei taxi. A Milano Città Stato dovrà esserci qualcosa del genere.

#6 la metropolitana
Sembra un hotel di lusso. Stazioni del metro che sono pulite come la villa di un re, silenzio, eleganza e raffinatezza.

#7 i tunnel automobilistici sotto la città
Da noi spesso le automobili sono trattate come galline dalle uova d’oro: strumento di vessazione per riempire le casse comunali e statali. Nemmeno a Stoccolma le amano particolarmente, ma invece di spremerle con le multe, cercano di nasconderle sottoterra.

#8 l’assenza di traffico
Anche per effetto del punto precedente, a Stoccolma il traffico pare scomparso. Rarissime le auto private, le strade hanno solo taxi, pedoni e biciclette. In una società che si basa sul rispetto reciproco anche andarsene in giro in automobile è un fastidio che si cerca di evitare.

#9 le luci alle finestre
Ogni via di Stoccolma la notte viene innaffiata di luce. Una piccola abat jour viene lasciata accesa vicina alla finestra, per donare un po’ di luce a una città che di luce ha fame.

#10 il silenzio
C’è sempre un momento in cui chiunque abbia vissuto a Stoccolma anche solo per pochi giorni rimpiange il suo silenzio.


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