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PERCHÉ MILANO CITTÀ STATO

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rivoluzione milano citta stato

La storia d’Italia è la storia di grandi città. Roma, Genova, Venezia si sono fatte conoscere nel mondo con il loro nome, a capo di territori estesi fino a oltre i confini d’Europa. Anche altre città come Firenze, Milano, Ferrara, per citarne alcune, hanno avuto gloria internazionale per la loro civiltà, potenza o ricchezza. Questa è una caratteristica distintiva dell’Italia, altrove non è così: la storia all’estero è di Francia, di Inghilterra, di Germania, Spagna, Russia o Stati Uniti, non di Parigi, Londra, Berlino, Madrid, Mosca o New York.
L’Italia è la forza delle sue città, ma che non erano semplici città: erano città stato.
Città che avevano la funzione di veri e propri stati.

Il progetto di città stato per Milano si basa su due assunti:
1. La città stato è stata la massima rappresentazione dell’identità italiana.
Fa parte del nostro DNA, ma non solo. È parte della nostra massima espressione di civiltà nei secoli. Il primo assunto è dunque che la forza d’Italia è data dalla forza delle nostre città, non viceversa.
2. La città stato è la forma ottimale di gestione del potere nel mondo contemporaneo.
Sia se si parla di veri e propri stati, come il principato di Monaco o Singapore, sia se si parla di città stato inserite all’interno di uno stato nazionale, come Berlino o Hong Kong, si tratta sempre di modelli di eccellenza, il cui successo è rappresentato soprattutto dalla capacità di attrarre talenti e risorse da tutto il mondo.

Da questi due assunti di base si arriva alla tesi che la città stato è la forma ideale di modello di gestione amministrativa per Milano.
Ideale perché ne può segnare il rilancio, ma non solo: sperimentare un modello di maggiore capacità di gestione del potere su un determinato territorio sarà utile per l’intera Italia.
Milano città stato deve essere un modo di amministrare radicalmente diverso rispetto a quello messo in atto nell’attuale sistema. Solo così Milano città stato può aspirare a diventare un modello di città ideale che sia stimolo per il resto d’Italia e punto di riferimento per il resto del mondo.
Dal prossimo articolo affronteremo il progetto di Milano città stato, partendo dai motivi per cui occorre farla.

Prossimo articolo: PERCHÉ É ORA DI CAMBIARE LO STATO ITALIANO.

23 febbraio 2016. Inedito Dario Fo pittore

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dario fo milano
Dario Fo

Quando: 23 febbraio 2016, ore 18

Dove: Piccolo Teatro Studio Melato

Costo: ingresso libero (previa autorizzazione ufficio stampa)

Il Premio Nobel Dario Fo, colui che “ha inventato lo storyboard teatrale che si intreccia, fin dall’atto dell’ideazione, con la scrittura teatrale”, torna ad abbrcciare il suo pubblico al Piccolo Teatro di Milano. “I suoi storyboard, che in alcuni casi (come in Johan Padan e in Marino libero) diventano anche parte integrante della scena e dell’azione teatrali, sono un supporto fondamentale sia per la realizzazione dei copioni sia per le regie teatrali e televisive”.

L’occasione, è la presentazione del libro “Il teatro a disegni di Dario Fo con Franca Rame“, di Andrea Balzola, Marisa Pizza, con un video di Giuseppe Baresi (Collana: Esposizioni immaginarie, Formato 21 x 28 cm, 144 pagine a colori più un DVD allegato, ISBN 978-88-9947-306-8 25 euro, già disponibile in libreria).

Dopo aver seguito asso per passo, spettacolo dopo spettacolo, l’evoluzione della originalissima dimensione creativa di Fo, attraverso un dialogo mirato con lui e Franca Rame, hanno dato forma ad un volume illustrato dalle immagini di Fo, con una particolare impaginazione che accentua l’elemento visivo. Accompagnato dalla documentazione di Giuseppe Baresi, che presenta l’intervista-dialogo con Dario Fo e Franca Rame, e una visita-lezione di Fo all’Accademia di Brera, dove si è formato come artista, propone al pubblico un incontro one-to-one, come si dice oggi, con il Premio Nobel, padre del gramelot.

5 ragioni per cui mi piacerebbe andarci?

#1 incontrare Dario Fo dal vivo
#2 è la prima uscita pubblica dell’Archivio Rame-Fo, che si appresta a diventare un Museo-Archivio Multimediale con tutti i materiali realizzati
#3 il materiale dell’Archivio Fo (solitamente inaccessibile)
#4 tornare al Piccolo Teatro
#5 cercare di scoprire il talento di Dario Fo-pittore e illustratore carpendogli qualche battuta di persona

5 cose che mi piacerebbe trovare ?

#1 Dario Fo
#2 Dario Fo che voglia scambiare qualche battuta one-to-one
#3 qualche foto e video dell’Archivio in anteprima pubblica
#4 poca gente – così da assaporare l’incontro in tranquillità
#5 un’atmosfera bohemienne

Immigrati italiani a Berlino: la fine che rischiamo di fare se lo Stato va a rotoli – VIDEO

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Non solo Ginevra. Dopo la Dolce Vita, film cult del 1960 sulla bellezza di Roma ed il suo edonismo sfrenato, ecco La deutsche vita, film tragicomico con sottofondo di mandolino di alcuni italiani fuggiti a Berlino: sono i coautori e, nel primo caso, pure interprete, Alessandro Cassigoli e Tania Masi [www.ladeutschevitaderfilm.com, 2014].

La verità è che all’estero ci vedono così: in brache di tela.La Deutsche Vita
Luoghi comuni? Non proprio a giudicare dal video-documentario.

Pizza. Dialetto. La camera in più per quando viene in visita anche la mamma.
Il mito degli occhi scuri – altrimenti sembri un polacco. Tutti attori, musicisti, parrucchieri. Tutti filoberlusconiani.
Tutti sfigati. Ecco la fine che rischiamo di fare se lo Stato va a rotoli.

L’Internazionale, che proprio questa mattina ha rilanciato il film del 2014, commenta: “Le cifre parlano di oltre 20mila italiani a Berlino, con un’impennata di migranti di ultimissima generazione dal 2010 circa. Contando tutti quelli non registrati potrebbero essere almeno il doppio. […] Rispetto ai loro predecessori hanno aspettative e capacità di adattamento molto diverse, ma anche loro fuggono da un’Italia in crisi, oggi come nel dopoguerra, in cerca di un nuovo futuro sfidando pregiudizi, nostalgia, freddo e pessimo caffè.“.

Per evitare che scappino anche gli altri e che finiamo tutti a farci ridere dietro dal mondo, c’è una sola salvezza: Milano città stato

LA DEUTSCHE VITA_trailer eng subt from alcassi on Vimeo.

10 idee per accelerare l’ECONOMIA di Milano

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In un sistema economico che negli ultimi 15 anni ha tra gli ultimi tassi di crescita al mondo, è arrivato il momento che Milano provi a progettare qualcosa di nuovo: se si vuole rilanciare l’economia bisogna andare incontro alle esigenze di chi fa muovere l’economia, di chi crea lavoro e ricchezza senza gravare sui conti dello Stato.

10 IDEE PER ACCELERARE L’ECONOMIA DI MILANO


#1. Free zone per le nuove imprese
Chi crea un’azienda nuova deve potersi concentrare totalmente sul suo business. Non ha tempo per adempimenti fiscali, non ha soldi per commercialista e consulenti vari. Allora come fare? Come le oltre 3.000 free zone del mondo: per i primi tre anni si dovrebbe sostituire tutte le pratiche fiscali con un’imposta unica, fissa, che consenta un gettito simile a quello generato da tutte le start up attuali, in modo da non creare perdita per lo Stato, ma che consenta all’imprenditore di sbrigare per i primi tre anni ogni pratica fiscale da solo e in meno di un giorno.

#2. Burocrazia zero
Tutte le procedure devono poter essere espletate su Internet. E la priorità della burocrazia deve diventare quella di rendere ogni pratica il più semplice possibile.

#3. Eliminazione delle licenze
A furia di difendere le corporazioni, il nostro Paese sta fallendo, lasciando campo scoperto a chi delle licenze se ne frega, come Uber o Airbnb. Chiunque voglia aprire un’attività, in ogni settore, dovrebbe poterlo fare senza dover acquistare una licenza o chiedere una serie di autorizzazioni che stroncano ogni attività sul nascere.

#4. Autonomia fiscale e legislativa da Roma (Milano città stato)
Milano come Madrid, come Berlino o come Hong Kong, dovrebbe avere un sistema fiscale e legislativo indipendente dal potere centrale: ciò che è in grado di fare meglio per il cittadino è giusto che lo faccia lei. E lasci allo Stato solo ciò che non è in grado di fare.

#5. Estensione del principio di silenzio assenso (per ogni pratica)
Perché si dovrebbe pensare che il controllo preventivo di un burocrate sia più efficace di quello del mercato? Questo pregiudizio blocca sul nascere un’infinità di attività che potrebbero portare lavoro e ricchezza. Invece bisogna capovolgere il controllo: ognuno deve essere libero di fare ciò che vuole nel rispetto della legge e l’amministrazione deve intervenire controllando ex post che la legge venga rispettata. Farlo ex ante fa perdere soldi e tempo, è inutile e dannoso.

#6. Sistemi di incentivi per la realizzazione di esternalità positive (benefici per la comunità) da parte delle imprese

Immaginiamo due imprese. L’impresa A produce ma per farlo inquina, distrugge il territorio e sposta parte della produzione (e delle tasse) all’estero.
L’impresa B produce tutto sul territorio, invece di inquinare si prende cura dell’area dove opera, sponsorizza iniziative culturali e sociali per la comunità.
Il sistema attuale di fatto premia di più l’azienda A che l’azienda B. E’ assurdo. E va cambiato.

#7.Introduzione di sistema di arbitrati privati per dirimere cause tra le imprese e/o con la pubblica amministrazione
I potenziali investitori internazionali stanno alla larga dal nostro Paese soprattutto per due motivi: per il fisco e per la giustizia.
Ogni imprenditore non può vivere nell’incubo dell’azione della magistratura né nell’incertezza di un diritto che ci mette tempo e pratiche infinite per arrivare a compimento. Dove il pubblico non riesce ad agire, occorre introdurre modalità semplificate scelte liberamente dai privati. Anche dove fosse coinvolta la pubblica amministrazione.

#8.Creazione di un hub facendo leva sulle comunità straniere per agevolare l’export delle imprese milanesi nei loro paesi di origine

Milano ha una ricchezza enorme ma che non viene utilizzata: sono le sue comunità straniere. Sono la porta su mercati dove le imprese potrebbero operare facilmente con successo. Invece a Milano le comunità straniere vengono scoperte solo per le elezioni.

#9. Creare un sistema integrato nei trasporti urbani e interurbani (introducendo l’alta velocità verso Genova e la Svizzera)

I trasporti sono la chiave per il successo di un’area geografica. Questo lo si sa da secoli. Ma a Milano a volte sembra che gli amministratori se lo siano dimenticati e gestiscono i trasporti locali in modo disgiunto da quelli interurbani.
Milano dovrebbe prendere a riferimento Berlino, Londra o Parigi che hanno introdotto sistema integrati tra trasporto cittadino e trasporto interurbano, in modo che la città faccia da regista su tutto il territorio su cui ha influenza. E una delle direttrici da potenziare è quella con la Liguria. Come lo si può fare? Ad esempio, coinvolgendo la Svizzera nella progettazione e nella realizzazione di una linea che è prioritaria anche per loro.

#10.Valorizzare l’offerta culturale della città promuovendola in modo integrato in Italia e all’estero
Milano deve essere una capitale mondiale della cultura. Non può accontentarsi a niente di meno. Per arrivare ad esserlo il primo passo è quello di mutare gli orizzonti che non possono essere quelli della tangenziale, ma devono essere quelli del mondo.
Occorre puntare ad offrire cultura all’altezza di un pubblico internazionale e cercare di promuoversi anche e soprattutto all’estero. In 7 anni vissuti a Berlino ho visto promuoversi Madrid, Barcellona, Londra e tantissime altre città europee piccole o grandi. Mai ho visto traccia di Milano. E’ ora di cambiare.

ANDREA ZOPPOLATO

Leggi anche:
10 città stato del mondo che possono ispirare Milano
* E ora Milano Città Stato! Se non lo fa l’Italia, si può chiederlo all’Europa
Milano Città Stato sarebbe un bene soprattutto per l’Italia
Primo passo del consiglio comunale verso Milano Città Stato
Corrado Passera: Milano Città Stato è il più interessante progetto che ci sarà in Europa nei prossimi anni
“Proviamoci. Mi impegnerò personalmente”. Beppe Sala a Milano Città Stato

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22 febbraio 2016. Wine-sharing: il nuovo aperitivo di Milano

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Quando: Ecco il programma
LUNEDì 22 FEBBRAIO. Barolo Cavallotto Riserva Bricco 2004 – 25,00 euro pax
LUNEDì 29 FEBBRAIO. Oasi degli Angeli, Montepulciano Kurni 2013 – 18,00 euro pax
LUNEDì 14 MARZO. Chateau de Pommard 2004 – 17,00 pax
LUNEDì 21 MARZO. Amarone Trabucchi Riserva 2004 – 19,00 euro pax
LUNEDì 4 APRILE. Le Macchiole Scrio 2011 – 18,00 euro pax
LUNEDì 11 APRILE. Henri Boillot Corton Charlemagne Grand Cru 2008 – 36,00 euro pax
LUNEDì 18 APRILE. Champagne Bruno Paillard NPU 1999 – 45,00 euro pax

Dove: Bicerìn, via Panfilo Castaldi 24

Costo: dai 18 ai 45 euro

Condividere la stessa, pregiata, bottiglia di vino in sei persone. Farlo sapere a tutti sui social network. Fare community. Dare vita ad un nuovo modo di intendere l’aperitivo milanese: in enoteca, in condivisione.

Il Bicerìn di via Panfilo Castaldi inaugura stasera un appuntamento di-vino: Wine-Sharing.

(Quasi) tutti i lunedì di febbraio, marzo, aprile 2016 si potranno degustare etichette D.O.C. a prezzi democratici. Sì perché, il gioco sta tutto nel “formare il tavolo” prenotando su Facebook – info@bicerinmilano.com – Tel. 02/84258410
www.bicerinmilano.com.

5 ragioni per cui mi piacerebbe andarci?

#1 assaggiare un vino prezioso che da solo non potrei permettermi
#2 incontrare nuove persone
#3 finalmente un aperitivo diverso dal solito
#4 è un nuovo modo di intendere l’happy hour
#5 è la prima volta di una cosa nuova

5 cose che mi piacerebbe trovare?

#1 qualcuno che mi spieghi il vino che sto bevendo
#2 bella gente che cerca un’alternativa ai soliti lunedì
#3 parcheggio per arrivare in tempo (alle 20.00 si comincia!)
#4 bei compagni al tavolo di lavoro
#5 un buffet abbondante e goloso

Per info: http://www.bicerinmilano.com/wine-sharing-bicerin/

24 febbraio 2016. Subsonica in concerto al Fabrique

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concerto subsonica fabrique milano
concerto subsonica fabrique milano

Dove: Fabrique, via Fantoli 9, Milano

Costo: 25 euro

Quando: mercoledì 24 febbraio, dalle 21.30

Una foresta nei club è il nome del nuovo tour dei Subsonica. Dopo 7 anni il gruppo torinese torna a suonare e sceglie uno dei club più alla moda di Milano per esibirsi senza barriere.
Da non perdere per: 3 brani per ogni disco dei Subsonica dagli anni ’90 a oggi e finale a sorpresa.

5 motivi per cui mi piacerebbe andarci

#1. finalmente vado a vedere un concerto dei Subsonica!
#2. cantare a squarciagola le canzoni delle serate più sfrenate
#3. farmi pervadere dal ritmo della loro musica e dalle loro parole
#4. godermi l’atmosfera di un club
#5. mi dicono essere generosi: chissà cosa mi regaleranno!

5 cose che mi piacerebbe trovare

#1. una foresta nel club
#2. i best of – così le so tutte !
#3. il posto sotto al palco
#4. gente simpatica
#5. colori sul palco e tutto intorno a me

Milano città stato e città metropolitana: due opposti modi di costruire il futuro di Milano

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La gestione unificata ed autonoma delle grandi metropoli è un obiettivo importante a scala globale. Non esiste quasi Paese che non abbia perlomeno tentato di elaborare un quadro amministrativo specifico per le aree metropolitane, con esiti diversi ed alterne fortune.
Le difficoltà incontrate in questo percorso discendono in gran parte dal fatto che la reale dimensione delle metropoli di tutto il mondo trascende spesso e volentieri i confini amministrativi tradizionali e preesistenti.

Tali confini (municipali, comunali, provinciali, regionali, statali, distrettuali, di contea ecc.) sono il più delle volte inadeguati alle reali dimensioni e ‘forma urbis’ delle città, il più delle volte troppo ristretti, in alcuni casi troppo allargati. La questione è tutt’altro che banale in quanto questa difformità tra i confini amministrativi ex lege e quelli funzionali reali crea enormi complicazioni nella pianificazione delle infrastrutture e dei servizi, nella gestione delle risorse sul territorio e nelle politiche fiscali, con grande dispendio di tempo e denaro. L’Italia è in ritardo in materia di legislazione inerente le città metropolitane. 

La legge di riferimento, la L.142/90 è stata redatta quando gestioni intercomunali delle aree metropolitane esistevano ormai in tutt’Europa e solo nel 2015 ha iniziato ad essere tradotta in pratica con la creazione delle Città Metropolitane. Ma in maniera del tutto deludente per due motivi essenziali:
1) La scorretta individuazione delle aree metropolitane, che ha riesumato obsolete perimetrazioni amministrative anziché creare ex novo nuove funzionali all’esistente;
2) La totale scarsità e confusione in materia di fondi e competenze fiscali, che minaccia di rendere le Città Metropolitane enti del tutto superflui ed impotenti.

Il caso di Milano, maggiore area metropolitana e ‘capitale economica’ d’Italia, tra le quattro più grandi metropoli e terza per prodotto lordo in UE, è emblematico.
Com’è noto l’Area Metropolitana Milanese trascende di molto i confini comunali. Trascende pure quelli provinciali, problema ulteriormente acuito con la creazione della Provincia di Monza&Brianza.
La Città Metropolitana era l’occasione ideale per rimediare a questo errore storico in un’area così importante e strategica. Ed è stata parzialmente persa con l’erronea decisione di far corrispondere con precisione manichea i confini della Città Metropolitana con quelli già da tempo inadeguati della preesistente Provincia di Milano, che non hanno senso alcuno: così facendo infatti la Città Metropolitana non comprende Monza e la Brianza, né l’area Busto Arsizio – Saronno – Gallarate – Malpensa; comprende invece in maniera assurda il Comune di San Colombano al Lambro nella bassa Padana, a decine di km di campagna da Milano e prossimo al Po e Piacenza.

La Città Metropolitana di Milano nasce dunque priva del suo primo, storico asse di conurbazione industriale (Milano-Monza), di gran parte del suo più vasto Distretto Industriale (Sempione) e addirittura del suo aeroporto intercontinentale.
La Città Metropolitana di Milano invece, come confermato da più studi urbanistici e statistici ad opera di ISTAT, Eurostat, ONU, Demographia, Politecnico di Milano e molti altri Enti illustri e qualificati che basano le loro perimetrazioni su criteri scientifici e funzionali anziché su retaggi politico-amministrativi, si estende su circa 1.890 kmq con oltre 5,25 milioni di abitanti, occupando tutta la ex provincia di Milano meno il Comune di San Colombano al Lambro, tutta la Provincia di Monza&Brianza, l’area Busto Arsizio – Saronno – Gallarate – Malpensa della Provincia di Varese e alcuni comuni delle province di Como e Lecco con una densità media di circa 2.780 ab/kmq, tipicamente urbana e nettamente superiore a quella del Comune di Roma.

La configurazione di questo territorio come ‘Città Stato’, come avviene per esempio per Londra o Singapore, è senz’altro un’azione auspicabilissima in quanto consentirebbe alla più forte area economica italiana, vero motore del Paese e tra le aree di punta dell’Unione Europea, di sfruttare appieno questo suo enorme potenziale, oggi mortificato dall’arretratezza infrastrutturale e di servizi causato dalla capacità di spesa modestissima e vincolata per procura al Governo centrale. Si avrebbe in tal modo un enorme beneficio per tutti i suoi abitanti (quasi 1/10 della popolazione italiana) ed un grande vantaggio competitivo per il Paese intero grazie al suo motore economico che girerebbe finalmente a pieno regime.
A patto però che i confini siano quelli giusti: quelli del Comune di Milano e dell’attuale Città Metropolitana (ex Provincia) sono assolutamente limitativi e del tutto inadeguati.

Continua la lettura con: La popolazione di Milano? Dipende

Dott. Arch. Andrea Bruschi

Copyright milanocittastato.it

Perché HONG KONG sarebbe il miglior modello per Milano Città Stato

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1 luglio 1997. Dopo 156 anni di dominio britannico, la Gran Bretagna trasferisce la sovranità di Hong Kong alla Repubblica Popolare Cinese. Che ne sarà di uno dei simboli del libero mercato dopo l’annessione al più grande e potente sistema comunista del mondo?
Considerando la storia e la struttura dell’ordinamento statale cinese, Hong Kong sembra spacciata. Eppure a quasi vent’anni di distanza, il “porto profumato” gode ancora grande fortuna. Forse anche più di allora.

Formalmente è difficile definirla una città stato, anche perché non sarebbe ammissibile una simile concessione all’interno della Repubblica Popolare Cinese, però assieme a Macao, Hong Kong ha acquisito la qualifica di “Regione amministrativa speciale” (SAR) con la possibilità di avere un sistema politico diverso dallo stato cinese, grazie al principio sancito ai tempi della restituzione dalla Gran Bretagna di “un solo paese, due sistemi”.
L’autonomia concessa ad Hong Kong la rende di fatto una città stato, anzi una delle forme più spinte al mondo di questo modello. Può decidere liberamente leggi, moneta (dollaro di Hong Kong), politiche d’immigrazione, corti d’appello, dogana, estradizione e non fa uso della struttura amministrativa della Repubblica Popolare Cinese. La magistratura funziona sul modello del Common Law britannico, le elezioni sono a suffragio universale, il sistema è multipartitico e garantisce un alto livello di libertà civili e di salvaguardia dei diritti umani.
Ci sono solo due competenze che lo stato cinese non ha concesso ad Hong Kong: relazioni estere e difesa nazionale.

La scelta di consentire a Hong Kong di percorrere la sua strada in piena autonomia dallo stato centrale ha condotto a risultati di grande spessore. È uno dei centri finanziari più importanti con una valuta che è tra le prime dieci più scambiate del mondo. È ai primi posti per reddito pro capite e in numerose classifiche come quelle della libertà economica, nello sviluppo umano e nella qualità della vita. È la prima città al mondo per numero di consolati, il suo aeroporto è tra i primi per traffico ed è stato definito il migliore al mondo. Oltre il 90% dei trasporti urbani avviene tramite mezzi pubblici, la più alta percentuale al mondo, ed è ai vertici mondiali per aspettativa di vita.
Ma forse il fatto più straordinario della sua storia recente non è tanto il mancato impatto su Hong Kong dell’annessione. Ma il contrario. Ciò che stupisce è vedere che a distanza di vent’anni chi dei due risulta essere stato più influenzato dall’altro è proprio la Repubblica Popolare Cinese.
Non solo la Cina è risultata nel complesso assai rinforzata dal rientro di due piazze così importanti, come Hong Kong e Macao, ma ha saputo aprire il suo sistema economico creando al suo interno delle aree che per libertà e capacità di attrarre lavoro e investimento stanno insidiando il primato di Kong Kong. Invece di indebolire i territori annessi, il governo cinese li ha tutelati nei suoi punti di forza, prendendoli da stimolo per fare crescere zone più arretrate.

Hong Kong costituisce l’esempio più utile per le ambizioni di Milano città stato. Non tanto per il suo funzionamento ma per le modalità con cui si è venuta a creare la sua autonomia dallo stato cinese e per gli effetti che ha prodotto su entrambi.
Il motivo per cui scelgo Hong Kong è perché il problema di partenza mi sembra simile. Il grande problema che abbiamo si chiama stato italiano. Ha difficoltà a funzionare, produce debito, sta di fatto rinnegando i suoi principi fondanti. Siamo in uno stato che non riesce più a fare lo stato, secondo la sua accezione più idealistica. È uno stato che sta perdendo la sfida con la competizione internazionale ed è in un declino ormai decennale che ci sta portando ai margini del panorama internazionale, sotto ogni punto di vista. Stiamo perdendo terreno nello sviluppo economico, nell’imprenditoria, nella giustizia, nell’innovazione, nel pil, nel debito, nei servizi sociali, nell’istruzione, dovunque volgiamo lo sguardo, se ci confrontiamo con i paesi più sviluppati ne usciamo a pezzi. E la crisi della burocrazia statale si sta riversando sulle sue componenti.
Sempre più persone stanno fuggendo la paese e chi non lo può fare vede peggiorare la sua condizione, anno dopo anno. Anche le città. Tra queste città forse l’unica che si sta opponendo a questo declino è Milano che sembra restare aggrappata al treno dell’Europa, intesa come bacino di interessi e di opportunità. Ma se continua a restare imprigionata in un sistema inefficiente, anche Milano rischia di perdere la sua forza.

È questo il motivo per cui il caso Berlino non si può applicare a Milano. Perché è maturato in una situazione opposta alla nostra. Berlino era “il malato”, non il resto della Germania. Per questo Hong Kong sembra una situazione lontanissima dalla nostra, per motivi geografici, storici e culturali, tuttavia offre gli spunti più positivi.
Anche in quel caso il malato è il gigante. Lo stato cinese. Oggi sta volando ed è diventata la seconda economia del mondo, ma vent’anni fa non era così. Al momento in cui Hong Kong ha smesso di essere una colonia inglese, la Cina era ancora una economia sottosviluppata. Erano gli anni di Tienanmen, in cui sembrava che anche lei fosse destinata a crollare così come era successo ai paesi di economia socialista. Uno stato con una burocrazia inefficiente e centralista si poneva dunque a che fare con una delle più alte espressioni del libero mercato.
A quel punto si potevano scegliere infinite strade. Si poteva procedere a uniformare l’ex colonia al resto del paese, oppure contrattare tutte le diverse ipotesi di autonomia. Ciò che è stato alla fine deciso è quello che farebbe il meglio per Milano e per il resto d’Italia.
Si è deciso di lasciare alla città ogni libertà, con la sola esclusione dell’appartenere allo stato nazionale, che mantiene come ultime deleghe la rappresentanza all’estero e la difesa.
Questa è la decisione coraggiosa che il governo cinese ha preso, rischiando di minare le fondamenta ideologiche dello stato, ma che a distanza di vent’anni ha prodotto straordinari vantaggi per Hong Kong e per la Cina intera.

È proprio questo che serve al nostro paese per risollevarsi. Il coraggio. Di lasciare a Milano la massima autonomia, per consentirle di concepire un modello di amministrazione che rilanci la città e che contagi positivamente tutto il paese. Senza paura di andare contro pregiudizi, rigidità e logiche su cui si fonda l’amministrazione pubblica ma che grande danno stanno arrecando al paese.
Può sembrare un assurdo ma è da Hong Kong che può ripartire Milano. Dal suo pragmatismo illuminato e dalla sua utopia che si è fatta realtà.

MILANO CITTA’ STATO

20 febbraio 2016. San Maurizio e le torri di Mediolanum

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torri romane di milano

Dove: Primo chiostro del Museo Archeologico di Milano su prenotazione obbligatoria a eventi@visiteguidatepertutti.it; www.visiteguidatepertutti.it

Costo: 12 euro: comprende visita guidata e l’omaggio del libro “Alla scoperta della Milano romana”, 176 pagine – Meravigli edizioni.

Quando: Sabato 20 Febbraio, ore 16.30. E’ consigliato arrivare circa 15 minuti prima dell’orario indicato. Durata: 90 minuti circa – Percorso in esterno.

Milano non è la città turrita per eccellenza, ma le sue chicche le ha… eccome!
Sabato 20 febbraio 2016, le torri del museo archeologico, quella quadrata e quella poligonale, ci aspettano per raccontarci le storie dell’antica Mediolanum e delle trasformazioni che subirono quando l’area si trasformò nel monastero di San Maurizio (“la Cappella Sistina di Milano”).

“Dalla torre quadrata potremo anche osservare il panorama della città ma anche immaginare quello antico”, spiegano gli organizzatori che si premurano di avvisare: “L’accesso, per ragioni architettoniche non è consentito a chi ha disabilità motorie e problemi di deambulazione”.

5 ragioni per cui mi piacerebbe andarci?

#1 scoprire un luogo tornato a Milano dopo la recente ri-apertura
#2 sentirmi Indiana Jones per un pomeriggio
#3 scattare foto di Milano dall’alto
#4 guardare il panorama dall’alto
#5 vedere i tetti di Milano sopra Corso Magenta

5 cose che mi piacerebbe trovare?

#1 un campanaro
#2 una guida che mi spieghi aneddoti che non conosco di Milano
#3 scale non troppo ripide
#4 la luce giusta per “la foto” della vita
#5 un attimo romantico

21 febbraio 2016. Lindy Hop, Jazz Battle e double Vinyl session al MIB

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swing milano citta stato

Dove: MIB, via Gaetano Negri 10 (Piazza Affari)

Costo: 15 euro con drink

Quando: domenica 21 febbraio, dalle 18.30

Pensate di arrivare una sera di febbraio in Piazza Affari. Nella maestosità della piazza scorgete il dito medio di Cattelan illuminato e poi scendete una rampa di scale. Eccovi al MIB…. e in un’atmosfera d’altri tempi: gli anni ’20 e ’30.
Volete stringervi ma essere agili nel ballo? Eccovi nel posto giusto la sera giusta: SWING, CHARLESTON, DIXIELAND, BOOGIE… orchestra dal vivo e Vinyl dj exhibition.
E si torna subito agli anni del proibizionismo americano.

5 motivi per cui mi piacerebbe andarci

#1. ballo da 20 anni lo swing, serata imperdibile
#2. ho voglia di mettermi i tacchi, gonna e calze velate nere con la riga dietro
#3. voglio danzare e danzare
#4. mi piace essere in una Cave sotto piazza affari e uscendo vedere il dito medio di Cattelan
#5. scegliere di mangiare alla carta con sottofondo di musica dal vivo anni ’30

5 cose che mi piacerebbe trovare

#1. camerieri in smoking
#2. un’orchestra dal vivo di qualità
#3. qualche gangster
#4. macchine d’epoca
#5. Marco Swing con cui ballare

19 febbraio 2016. Serata Malapizzica all’Arci Bellezza

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Dove: Arci Bellezza, via Bellezza 16, Milano

Costo: Tessera Arci 2016 + 7 euro

Quando: venerdì 19 febbraio dalle 21.30

Mare Mare: sarà pure febbraio ma nell’aria c’è voglia di mare italiano. Quale migliore occasione per concedersi un tuffo (metaforico, ma d’effetto) che lasciarsi andare nelle tradizioni popolari del Salento e del sud Italia in generale? L’entusiasmo nelle danze tipiche salentine e campane, l’energia delle pizziche, tammurriate, saltarelli e tarantelle sono protagoniste, questa sera, all’Arci Bellezza.
E chi volesse coccolarsi un po’?  Il menù della cena (prima delle 21.30) prevede orecchiette al sugo e involtini di carne di cavallo, al costo di 22 euro (compreso l’ingresso al concert – info e prenotazioni al 02 58319492).

5 motivi per cui mi piacerebbe andarci

#1. mare mare mare ma che voglia di “ballare”
#2. danza, gioia ed entusiasmo
#3. voglio mettermi una gonna a ruota
#4. poter schioccare le dita a ritmo di musica
#5. vedere gli uomini che ballano pizzica e tarantella

5 cose che mi piacerebbe trovare

#1. tanta gioia e allegria
#2. colori e fiori
#3. sentire il profumo del mare
#4. essere abbracciata
#5. tante persone che cantano a squarciagola

8. SINGAPORE. CITTADINI IN AFFITTO NEL PARADISO DEI MILIONARI

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Come ha fatto una località di dimensioni limitate, posta ai confini del mondo, di poco più di 5 milioni di abitanti, a diventare una delle capitali internazionali del commercio, il più importante hub per la logistica, la quarta piazza finanziaria, e il quinto porto più importante del globo?

L’isola di Singapore si trova in mezzo a un arcipelago tra Indonesia e Malesia, e attira persone da tutto il mondo: i lavoratori stranieri sfiorano la metà del totale e rappresentano in gran parte persone altamente qualificate. Allo stato attuale Singapore conta la più alta percentuale di milionari al mondo, davanti a un’altra città stato, che vedremo nel prossimo articolo: Hong Kong.
È indipendente dal 1965 quando il parlamento della Malesia ne ha decretato l’espulsione dal suo territorio e, a partire dagli anni settanta, il governo ha inserito tra le sue priorità lo sviluppo economico e il sostegno all’imprenditorialità.

Singapore è a tutti gli effetti una città stato: indipendente e senza territori autonomi dalla capitale. È una democrazia rappresentativa, considerata dalla Freedom House “parzialmente libera” pur risultando uno dei paesi meno corrotti al mondo, secondo Transparency International. Ha un sistema elettorale simile a quello britannico per eleggere i membri del parlamento. Il potere esecutivo è esercitato dal Gabinetto guidato dal Primo Ministro, il Presidente è eletto a suffragio universale. Il diritto deriva da quello britannico e il sistema giudiziario è considerato tra i più efficienti al mondo. La sua economia è una delle dieci più libere e competitive a livello internazionale.

Il suo successo è il risultato della combinazione tra diversi elementi, come la forte propensione al libero mercato e l’esistenza di condizioni socio-politiche che favoriscono una prosperità diffusa. Ma è indubbio che alla base di tutto questo vi sia la possibilità del territorio di gestirsi in assoluta autonomia, potendo rispondere in modo efficiente alle esigenze dei suoi cinque milioni e passa di abitanti e di chi desidera trasferirsi dall’estero.
Effetti dell’autonomia sono stati, in questo caso, ricchezza, rilevanza internazionale, capacità di attrarre talenti, un servizio sanitario tra i primi al mondo, politiche per l’ambiente all’avanguardia, infrastrutture, ordine pubblico e pace sociale come di rado si trovano al mondo.

Per quanto riguarda il tipo di rapporto tra autorità e cittadini, si è detto che Singapore ricorda la Svizzera. Singapore nasce come una repubblica che assegna al governo un potere molto forte: si tratta di un’autorità che lascia tutti liberi di perseguire il proprio successo, però all’interno di un territorio che non appartiene ai cittadini. Anzi. La legge è molto dura contro chi trasgredisce, la polizia è molto dura per assicurare l’ordine pubblico e c’è un esercito molto forte per preservare l’autorità da forze destabilizzanti, dall’esterno o dall’interno del paese.
Come per la Svizzera i cittadini più che comproprietari sono come in affitto sul territorio di altri e questo affitto lo pagano caro. Un esempio sono le automobili che a Singapore costano più che in ogni altra parte del mondo, perché al prezzo di acquisto bisogna aggiungere quello del diritto di circolazione della durata di dieci anni. La burocrazia è snella ed efficiente, oltre al fine di agevolare la libera iniziativa dei cittadini ha il compito di preservare la proprietà e l’organizzazione dell’autorità della città stato.
Per sentirsi più a casa propria conviene spostarsi qualche migliaio di chilometri più a nord, in un luogo che sembrava destinato a diventare uno dei meno liberi al mondo.

Prossimo articolo: Hong Kong. Il miglior modello per Milano città stato

Rain Gardens: isole verdi contro gli acquazzoni. Un’idea per arginare le esondazioni di Seveso e Lambro?

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Il nome SUDS (Sustainable Urban Drainage Systems) dirà poco. Diciamo che da vent’anni in qua Stati Uniti, Gran Bretagna e Australia hanno sfruttato al meglio le rispettive ricerche nel campo della gestione dei deflussi meteorologici e che i “Rain gardens”, letteralmente “giardini della pioggia”, sono quanto di meglio siano riusciti a realizzare – e a rendere replicabile – come modello di sostenibilità e manutenzione.

Detto in soldoni: hanno trovato il modo per rendere un successo una catastrofe, ovvero dare forma a spazi verdi, giardini appunto, che sfruttando la caduta dell’acqua piovana diventano

  • una soluzione economica per combattere la contaminazione delle acque piovane;
  • una soluzione per i danni connessi alle calamità naturali;
  • uno strumento per rallentare e drenare il flusso delle acque in entrata nei terreni (tale da ridurre la possibilità di fenomeni alluvionali a valle, anche);
  • uno strumento per filtrare e depurare il runoff inquinante (viene così definita la corsa dell’acqua piovana di ruscellamento e deflusso urbano);
  • un habitat per la fauna selvatica in ambito urbano;
  • un sistema drenante dell’acqua piovana;
  • uno strato di pacciamatura: “è molto importante per rimuovere l’inquinamento organico grossolano e le particelle sospese contenute nell’acqua piovana, è utilizzato anche per mantenere umido il terreno così da garantire le giuste condizioni di vita per le essenze vegetali”, spiega la nostra fonte, Rinnovabili.it.

Qualche disegno che abbiamo selezionato in rete spiega come:

 

Come si riconoscono i “giardini della pioggia”? Si presentano come delle leggere depressioni del suolo ricoperte a verde simili a delle aiuole.

Quale acqua raccolgono? Quella piovana proveniente principalmente dai tetti degli edifici, dalle sedi stradali e dalle grandi aree pavimentate.

Esattamente come farebbe una foresta quando le radici trattengono gli scrosci d’acqua e, con le loro radici, filtrano la pioggia lasciandola penetrare a poco a poco nel terreno.

Non nella terra ma all’impianto fognario viene lasciata l’acqua dei Rain Gardens, che così affluisce on modo costante, meno impetuosa, più pulita.

“Così facendo, i Rain gardens, soprattutto se utilizzati su grande scala, aiutano sensibilmente a limitare il fenomeno dell’allagamento stradale e persino a ridurre del 30% la concentrazione di agenti inquinanti nel sistema idrico ricettore. Inoltre, è bene sottolineare che tali sistemi filtranti vegetati vengono progettati per avere tempi di drenaggio delle acque accumulate, dopo l’evento atmosferico, non superiori alle 12-24 ore, così da prevenire il ristagno delle acque e la proliferazione degli insetti”.

Isole verdi nel manto stradale che ci proteggono, oltre ad essere un bel vedere. Sarebbe bello se, con le dovute precauzioni, fossero usate anche su certe strade a veloce scorrimento di Milano. Voi, dove ve le immaginereste?

Per informazioni tecniche: http://www.rinnovabili.it/greenbuilding/rain-gardens-contrastare-allagamenti-ambito-urbano-543/

Oasi galleggianti per pulire i Navigli di Milano: una proposta da New York

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“Un esperimento avviato a New York ma che potrebbe benissimo essere proposto anche sui nostri canali e sui nostri fiumi: strutture galleggianti dove far crescere piante che sono in grado di ripulire le acque inquinate”.

L’incipit è la segnalazione social di Coscienzeinrete.net, ma a noi sono subito venuti in mente i Navigli e il Lambro a Milano.

Cosa sono le oasi galleggianti di New York?

GrowOnUs è il nome del sistema basato sulla creazione di “strutture galleggianti” che utilizzano un processo chiamato “fitorimedio”, capace di rimuovere gli inquinanti, che è stato pensato per essere incisivo sul sistema in cui viene inserito e può essere facilmente replicato su qualunque altro corso d’acqua.

D’altronde, se ha funzionato con il Gowanus Canal, uno dei rivi più sporchi di Long Island…

Dopo qualche settimana dall’inserimento di GrowOnUs, il Gowanus Canal ha stupito addetti ai lavori, ma soprattutto passanti, per le sue acque chiare e la sua immagine di “giardino lussureggiante”.

Bello da vedere ma che ha anche aiutato l’ambiente.

Come funzionano le oasi galleggianti?

Il sistema GrowOnUs si basa sulla possibilità di creare strutture galleggianti dove far crescere piante che sono in grado di ripulire le acque inquinate.

Sono più di trenta i tipi di piante differenti che “agiscono come delle spugne per purificare, desalinizzare e mitigare gli effetti delle sostanze chimiche sull’acqua del canale.”

Piantate all’interno di bidoni di metallo, vengono rese galleggianti tramite l’applicazione di materiali come fibra di cocco o bambù, come spiega questo video [Continua dopo il salto]:

Ideatore del progetto è la Balmori Associates, società di New York specializzata nella fabbricazione di infrastrutture ambientali sostenibili dal 1995 e già premiata per l’idea dalla Cornelia & Michael Bessie Foundation.

“L’intento è quello di rendere GrowOnUs un progetto pilota da estendere non solo alla città ma anche oltre in modo da favorire il recupero dei corsi d’acqua e di tutta la fauna e la flora che vi potrebbe crescere e vivere. Questo procedimento potrebbe addirittura essere utilizzato per la bonifica di terreni da destinare poi a orti per produzioni alimentary”, spiega la nostra fonte.

Ora il nostro obiettivo è capire come rendere economicamente sostenibili queste strutture galleggianti” ha detto la società Balmori.

A quando anche a  Milano? Con un sistema del genere potremmo riappropriarci non solo dei corsi d’acqua della nostra città, ma anche delle rive e dei prati che faticosamente continuano a vivere attorno e vengono tenuti alla larga da turisti, vacanzieri, amanti dei pic-nic. Perché la primavera si avvicina, e la voglia di godere della nostra Milano all’aria non può continuare ad escludere fiumi e rivi.

18 febbraio 2016. Aperitivo alternativo al Wood*ing bar

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Wood*ing bar milano aperitivo citta stato

Dove: Wood*ing lab

Costo: 35 euro

Quando: il 18 febbraio 2016

Wood*ing lab apre la sue porte per una serata esclusiva e crea l’occasione per conoscere e degustare alcuni fra i drink rappresentativi della filosofia di miscelazione innovativa del lab.
Frutto della ricerca e sperimentazione sull’utilizzo di vegetali selvatici per la nutrizione umana e tecniche avanzate di fermentazione e conservazione, prevede prenotazione obbligatoria e numero chiuso alla mail info@wood-ing.org con una degustazione di 4 drink e piccoli assaggi dalla cucina.

5 ragioni per cui mi piacerebbe andarci?

#1 non avevo mai pensato di mangiare un albero
#2 incontrare uno dei progetti più interessanti di Expop 2015 (associazione Vivaio)
#3 capire come si utilizza il cibo selvatico per l’alimentazione umana
#4 imparare nuove ricette estrose
#5 prendermi un aperitivo iper alternativo, fuori Milano

5 cose che mi piacerebbe trovare?

#1 più vegani dei vegani
#2 Valeria Mosca, la fondatrice di questo progetto visionario
#3 i menù degustazione 100% vegetali
#4 una nuova tendenza internazionale
#5 godermi una serata unica e a numero chiuso

10 cose che i milanesi vorrebbero importare da Parigi

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Questa volta dobbiamo ingoiare il nostro orgoglio. Ammetterlo è durissimo: eppure sì c’è qualcosa che vorremmo importare dagli odiatissimi cugini d’oltralpe.

10 COSE CHE I MILANESI VORREBBERO IMPORTARE DA PARIGI

#1 la Torre Eiffel
Brutta, è proprio brutta. Però accidenti, una costruzione così imponente, simbolo del progresso, dobbiamo confessarlo che ci scoccia un casino che non sia a Milano. E’ stata costruita con Expo e questo ci dà doppiamente fastidio: di Expo a Milano non è rimasta alcuna traccia. Nulla. I francesi li odiamo soprattutto quando fanno qualcosa meglio di noi.

#2 il Louvre (specie le opere italiane)
Da solo attira più visitatori di tutti i musei italiani messi insieme. Per Milano e per l’Italia è una disfatta, anche perchè il Louvre è famoso del mondo grazie a un’opera italiana, la Gioconda di Leonardo.
Vediamo se l’arrivo di Bradburne riporterà Brera ai fasti antichi.

#3 il quartiere di Montmartre che fa tanto Amelie
Chi non ha amato la dolce Amelie alzi la mano? Così come è impossibile non apprezzare il quartiere di Montmartre. Pensiamoci, a Milano sarebbe perfetto. In alto, con viuzze antiche e artisti di strada. Proviamo a fare qualcosa di simile sul Monte Stella? Mmm…. forse meglio di no.

#4 il cinema francese
Tutti noi abbiamo provato la dolce sensazione di addormentarci davanti a un film francese. Sì, vero, hanno prodotto dei pacchi colossali, però in mezzo alla noia ogni tanto producono degli autentici gioielli, come The Artist o Quasi Amici. Parigi è il cinema francese ed è anche la ville lumiere, dove il cinema è nato e dove c’è una sala ad ogni angolo. Tutto questo ci piacerebbe fosse anche a Milano.

#5 Pigalle
Si accendono le luci rosse. Può essere controverso ma è innegabile che l’imprinting di Pigalle unisce le diverse generazioni di milanesi. E chissà come potrebbe essere creare un’area a luci rosse, o almeno rosa, anche a Milano.

#6 le brasserie
I locali di Milano sono straordinari. Si sfidano a colpi di glam, di eleganza e creatività. Però le brasserie di Parigi rappresentano sempre qualcosa di unico, che rendono Parigi speciale. Quei tavolini inconfondibili che ti invogliano a sederti e a vedere la gente che passa sotto la pioggia…

#7 il sistema di pulizia delle strade
E’ una trovata che ci appassiona ogni volta che andiamo nella capitale francese. A un certo punto dei rigagnoli scorrono nelle vie di Parigi portandosi dietro ogni zozzeria. Non abbiamo mai capito se il sistema funziona davvero però quell’acqua che scivola via dà un senso di freschezza e di pulizia che a Milano manca.

#8 il quartiere latino
Divertimento, effervescenza creativa, il luogo dove nascono le avanguardie e dove si ritrovano i rivoluzionari. Forse è un ritratto fasullo ma il quartiere latino evoca immagini ricche di fascino che non guasterebbero in una città a volte un po’ rigida e conformista come la nostra.

#9 la barche sulla Senna e le bancarelle sul lungo Senna

Vedendo la folla che si accalca attorno alla Darsena fa capire quanto a Milano manchi un vero fiume. E dire che a pochi chilometri ci stanno due signori fiumi, l’Adda e il Ticino. Basterebbe spostare la città.

#10 il tempo delle mele

Ma di Parigi ci piacerebbe soprattutto questo. Il tempo delle mele, inteso come eterna adolescenza, poter vivere di passione, innamoramenti e balli lenti. C’è chi dice che il tempo passa, che Sophie Marceau sia ormai invecchiata e che in discoteca i lenti non ci siano più, ma per noi no, il tempo delle mele non avrà mai fine.

 

Foto cover: Youtube

BERLINO: città stato in libero stato

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Dove le forme di autonomia locale assumono lo status formale di città stato è nel mondo di lingua tedesca. Sono città stato (Staat Stadt) Amburgo, Brema, Vienna e Berlino. Il modello di città stato di Berlino è intrigante.

Si tratta di una città unica. Su questo ci sono pochi dubbi. Per quasi mezzo secolo è stata divisa in due sistemi contrapposti: a ovest uno basato sul libero mercato e a est uno comunista.
Due sistemi inconciliabili che hanno portato alla costruzione di un muro che ha tagliato in due la città, accentuandone le differenze.
In una sola città si trovavano i due blocchi che si sfidavano nella guerra fredda e per quasi cinquant’anni Berlino ovest è rimasta un’enclave della Germania ovest circondata dai territori della Germania Est.
Così anche la parte occidentale della città è cresciuta in modo atipico, distaccata dalla madre patria, favorendo leggi e consuetudini indipendenti dal resto della Germania: aveva la funzione di vetrina di sistemi contrapposti e in base a questo è stata amministrata in modo particolare. Chi viveva a Berlino, per esempio, era esentato dal servizio militare e poteva godere di molte agevolazioni e molte più libertà rispetto alle altre città, come quella negli orari dei negozi.
Dopo la caduta del muro, l’unificazione della città e la nomina a capitale, Berlino ha subito un’altra rivoluzione.
Lo stato tedesco ha avuto a che fare con un’entità profondamente diversa dalle altre: reduce da una storia unica, a lungo divisa in due e comunque soggetta a un’economia prevalentemente assistita. E la scelta, per niente scontata, specie considerano la storia del nostro Paese, non è stata di aumentare il peso del governo per ridimensionare le sue atipicità, ma all’opposto: si sono dati a Berlino massimi poteri su come amministrarsi.

La capitale tedesca ha una sua costituzione che si apre definendo la città allo stesso tempo comune e stato federale (Land) (“Berlin ist ein deutsches Land und zugleich eine Stadt“) (art.1 comma 1)
Il secondo comma dello stesso articolo ribadisce che “Berlino è un Land della Repubblica Federale di Germania”. Berlino è dunque una città stato, in cui comune e Land coincidono sia a livello territoriale che politico: gli organi che la gestiscono hanno doppio potere. In più Berlino ha anche potere di rappresentanza diretta nel Parlamento tedesco (Bundesrat) e nel Comitato delle Regioni dell’Unione Europea.

Il sistema tedesco prevede ampia autonomia ai singoli Länder nell’amministrazione interna e Berlino ha per sé ogni competenza che non sia assegnata dalla Costituzione al parlamento tedesco. Berlino ha il potere di dotarsi una propria forma di governo, nel rispetto dei principi costituzionali, ha un suo parlamento (Abgeordnetenhaus), un governo (Senat) e un Borgomastro che presiede il governo e rappresenta Berlino all’esterno.
Berlino si è dotata inoltre di un sistema che consente anche ampia autonomia distrettuale.
Particolare è il tipo di rapporti tra la città stato e il governo centrale che per legge devono essere regolamentati attraverso “accordi contrattuali” (art. 5, comma 3). Questo consente di gestirli in modo più agile che se invece dovessero essere definiti da specifiche leggi. Esempi di accordi governo-città stato sono quelli che hanno riguardato trasferimenti statali per lo spostamento della capitale, alcuni investimenti nella cultura e delle politiche per i trasporti.
Il finanziamento della città stato rientra nel sistema finanziario ordinario, che prevede una ripartizione dei fondi federali tra i diversi Länder, in base alle loro esigenze e ad altri parametri.

La scelta di concederle la massima autonomia ha premiato una città che non solo è stata in grado di risollevarsi dal suo passato ma è diventata una vera capitale europea, motore di iniziativa e di imprenditorialità. Una trasformazione fulminea che ha prodotto grandi benefici per tutta la Germania, segno ancora una volta che l’autonomia a una singola parte è la via per dare più forza a una intera nazione.
Berlino ha una sua costituzione, possiede la capacità di dotarsi il sistema di amministrazione che reputa più opportuno e ha la facoltà di decidere ogni intervento straordinario con la semplice contrattazione con il governo, senza dover rincorrere le lungaggini del dover introdurre nuove leggi.
Certo, Berlino è favorita dall’assetto dello stato tedesco che è unico, perché consente che vi siano nel suo territorio diverse forme di gestione assai diverse tra di loro, come i Länder e le singole città stato, Amburgo, Brema e Berlino, ognuna con le sue caratteristiche distintive.
Il fatto di trattare la città in modo pragmatico, tenendo conto delle sue specificità, fino a costruire un modello di città stato su misura, sembra la via ottimale da seguire anche per Milano, che rappresenta un unicum nel nostro Paese dove tra l’altro la normativa esistente è più freno che incentivo allo sviluppo della città.
In Europa è dunque il caso di Berlino quello più utile se si vuole progettare la nuova Milano in modo che produca gli effetti migliori per i suoi cittadini e per il resto del paese. Ma forse esiste un altro esempio ancora più utile, soprattutto come incoraggiamento a perseguire quella che oggi può sembrare ancora un’utopia. Questo esempio lo si trova in Asia.

ANDREA ZOPPOLATO

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6. LONDRA. LA VOLONTA’ DEL POPOLO HA INVERTITO LA TENDENZA CENTRALISTA

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Anche se da molti viene considerata una città stato, è difficile considerarla tale.
Questo soprattutto perché nel Regno Unito permane un grande controllo dell’amministrazione centrale sugli enti pubblici, specie in termini di finanze e di poteri legislativi. In più la storia di Londra è sui generis ed è difficile accostarla a un modello generale.

Più forte della dialettica tra stato centrale e comunità locale, è stata quella tra accentramento o coordinamento tra i diversi distretti dell’area cittadina. Questa dialettica ha portato per lungo tempo ad avere un sistema di governo a due livelli. Al primo c’era il governo dei distretti e della city (il centro), al secondo il London County Council che presiedeva il resto dell’area metropolitana.
Negli anni ottanta del secolo scorso il governo britannico ha ridimensionato l’autonomia della regione londinese, assumendo di fatto il controllo sulla città. Questa impostazione centralista è risultata sconfitta da un referendum del 1998, in cui oltre il 70% dei londinesi si è espresso a favore di una maggiore autonomia della città.
Al referendum è seguito il Greater London Authority Act che nel 1999 ha istituito la Greater London Authority (GLA) con competenze autonome rispetto al governo nazionale.
Il GLA è un’autorità simile a quelle attive nelle 8 regioni del paese che hanno un ordinamento specifico. Inoltre sono stati assegnati poteri al sindaco (Mayor) per essere di impulso alla città, individuando quattro aree prioritarie nella sua azione: trasporti, pianificazione del territorio, ambiente-qualità dell’aria e sviluppo economico.
Alle singole municipalità (Boroughs) è stata lasciata un’autonomia decisionale nell’edilizia.
Le aree assegnate al GLA riguardano essenzialmente i trasporti, lo sviluppo economico e l’ordine pubblico. Come competenze distintive il GLA ha la possibilità di scegliere se adottare o no alcuni tipi di leggi (le cosiddette Byelaws) e di presentare proposte di legge per la tutela degli interessi della comunità (Local e private bills).
Per quanto riguarda lo sviluppo economico in realtà appare poco più che un’attività di indirizzo visto che i fondi arrivano con trasferimenti statali.

Come nel caso di Parigi è difficile considerare Londra una città stato nel senso letterale del termine, ma è da sottolineare anche in questo caso la tendenze dei governanti a concedere forme di autonomia crescente a una loro città di punta, anche sulla scia della volontà espressa dai cittadini.
È forse proprio questa, la mobilitazione del popolo londinese, il migliore stimolo per l’azione di Milano: non si può sempre attendere che la soluzione arrivi dai politici, esistono dei momenti in cui sono i cittadini che devono prendere in mano il destino della loro comunità.
Se si può individuare, poi, un altro elemento interessante di Londra per la riforma da attuare a Milano, c’è anche l’indicazione esplicita sui fini e le direttrici di azione che deve seguire il sindaco, che è strumento del bene collettivo e non, come da noi, primo cittadino dell’amministrazione comunale, libero di perseguire qualunque interesse.
Intendere l’amministratore cittadino come civil servant di cui viene definito a priori ruolo e priorità è dunque un fattore da considerare nel futuro assetto di Milano.

Prossimo articolo: Berlino. Città stato in libero stato

Piano Madrid 2016: spazi verdi e giardini pensili per rendere più vivibile la città

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Nuovi giardini per migliorare la qualità dell’aria e la vivibilità degli spazi verdi di Madrid.

Verranno piantumati nell’arco di tutto il 2016 in maniera diffusa e nel maggior numero dei quartieri, come parte dell’ampio progetto di riqualificazione urbana messo in atto dalla capitale spagnola.

Si chiama “Madrid + Nature” il piano che prevede, in un anno:

  • la ristrutturazione dei parchi cittadini
  • l’espansione dei parchi cittadini
  • giardini pensili e roof garden incentivati in spazi pubblici e sui tetti delle abitazioni private
  • l’affidamento di suolo pubblico ad associazioni ambientaliste
  • la creazione di orti urbani
  • nuovi giardini pubblici urbani (saranno 22 in tutto)
  • un forte intervento di piantumazione previsto anche per il lungofiume del Manzanares

Al di là della questione estetica, il piano è volto “a creare delle condizioni ambientali migliori per quanto riguarda l’assorbimento dell’umidità e dell’acqua piovana“, il raffrescamento della temperatura, l’isolamento termico delle costruzioni e, “soprattutto, una gestione efficace degli sbalzi climatici.

Giardini pensili, ripiantumazione pubblica, giardini verticali, orti urbani e tante soluzioni verdi – ecologiche belle da vedere, sì, ma che metteranno in luce l’importanza del retrofit (aggiungere nuove tecnologie o funzionalità ad un sistema vecchio, prolungandone così la vita utile, N.d.r.) delle infrastrutture sociali inutilizzate, per rinvigorire i quartieri di Madrid e migliorarne il benessere.

Secondo gli studi di Arup, unione di architetti e studiosi di carattere internazionale e che ha ottimizzato “Madrid + Nature“, il piano che renderà più verde Madrid servirà a contrastare la progressiva riduzione della piovosità (-25% entro il 2050), funzionali a contenere il caldo, creando anche spazi ad alta vivibilità per i cittadini.

Considerando che Milano soffre degli stessi problemi ambientali di Madrid, forse anche di più, ci auguriamo che l’amministrazione adotti presto un piano del genere. Il mondo offre molti spunti utili: la nostra Milano ideale dovrebbe importare quanto di meglio viene realizzato nel mondo inventando anche nuove soluzioni utili, che possano essere d’esempio per gli altri. Solo un sogno o potrebbe diventare una realtà?

Green_Infrastructure - Ph. Arup
Green_Infrastructure – Ph. Arup

Fonti:

“Madrid + Nature”: come diventa la città con il piano per “trasformarla in un paradiso verde”


http://publications.arup.com/Publications/M/Madrid_Natural.aspx

Madrid + Natural – Photographer: ©Arup

10 cose che i milanesi vorrebbero importare dalla Svizzera

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“Portateci i vostri soldi ma andatevene”. Questo è ciò che pensano molti svizzeri, specie nel Canton Ticino che iniziano ad averne abbastanza dei molti italiani che scappano a gambe levate dal nostro paese. La competizione con la Svizzera è particolarmente sentita a Milano: siamo a meno di 60 chilometri dal confine e siamo in un Paese che a volta sembra faccia di tutto per farci fuggire. Ma noi non molliamo. Anzi: è il momento del contrattacco e di progettare di importare in Milano Città Stato i fattori di successo del nostro vicino. Abbiamo dunque chiesto ai milanesi: che cosa vorreste importare dalla Svizzera. Ecco le loro prime 10 scelte.

10 COSE CHE I MILANESI VORREBBERO IMPORTARE DALLA SVIZZERA

#1 Il sistema fiscale e la trasparenza nella pubblica amministrazione
Ci sono cantoni dove i bilanci della pubblica amministrazione vengono affissi alle fermate dell’autobus. Così mentre si aspetta il bus i cittadini possono vedere dove finiscono i loro soldi. Cosa da importare immediatamente.

#2 L’autonomia dei Cantoni
I cantoni si sfidano tra di loro su come rendere più facile la vita per i loro cittadini. Mentre il governo centrale supervisiona con distacco. Il contrario che da noi, dove tutto viene deciso e imposto dall’alto.

#3 La Basel Art Fair
Un tempo Milano era una capitale dell’arte contemporanea. Oggi basta andare a Basilea e confrontarla con il Miart per capire quanto siamo finiti indietro.

#4 Sankt Moritz
Se Milano fosse in montagna sarebbe così.

#5 Le banche

In un momento in cui le banche italiane stanno precipitando in borsa e sembrano a rischio di fallimento, viene per forza da pensare a quanto ci renderebbe più sereni avere una banca svizzera sotto casa.

#6 Il multilinguismo

In un Paese in cui molti usano il condizionale invece che il congiuntivo, se io sarei…, si può diventare gialli d’invidia vedendo che a pochi chilometri da qua c’è uno Stato dove persone chiedono in tedesco e si rispondono in francese. E c’è perfino chi parla in ladino.

#7 Il CERN
Il simbolo del fallimento di un Paese è quando ci si riempie di orgoglio per connazionali che hanno successo all’estero. Cioé, significa che hanno successo SOLO perchè sono andati all’estero. Questo accade per il 100% degli scienziati: è come ai tempi del comunismo, quando molti fuggivano dai paesi della cortina di ferro per trovare fortuna. Ma a quei tempi in Unione Sovietica non li si esaltava per essere scappati. Anzi, il loro successo veniva censurato per non mostrare che il sistema era in disgrazia.
Siamo davvero uno strano Paese.

#8 Il franco svizzero
Contro la crisi si stanno stampando un oceano di Euro, di dollari, di sterline. Tutti stampano moneta come se non ci fosse un domani. Solo loro, gli svizzeri, restano schisci e aspettano che sul fiume passi il cadavere delle nostre valute.

#9 Le ferrovie
Da noi basta qualche montagnetta per rendere un inferno il trasporto ferroviario. Se si vuole andare in treno da Milano a una riviera ligure potrebbe convenire andare a cavallo. Ci sono le montagne, ci dicono. Ma allora la Svizzera come fa?

#10 Heidi
Sì. c’è anche lei! Correre tra i prati, bere latte appena munto, salutare le caprette, inseguire Peter. Heidi non è un cartone, è una filosofia di vita.


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