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4. MADRID. LIBERA DI SCEGLIERE QUALI COMPETENZE TENERE E QUALI LASCIARE ALLO STATO

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La capitale spagnola è centro di un’area metropolitana che comprende oltre 6 milioni di abitanti e gode della stessa autonomia delle altre 16 comunità autonome in cui è suddiviso il Paese, anche se è l’unica a essere una città e non una regione. In Spagna ogni comunità ha ampi margini di autonomia e può decidere quali competenze gestire direttamente e quali lasciare allo stato centrale.
In aggiunta agli organi amministrativi comunali, Madrid ha un governo (Gobierno) che svolge il ruolo esecutivo, un parlamento (Asamblea) che legifera nelle materie stabilite nel suo Statuto di Autonomia e un Tribunale Superiore per amministrare la giustizia sulla comunità. Uno dei poteri del parlamento è quello di poter promuovere ricorsi di incostituzionalità contro azioni del Governo centrale che ledano competenze della Comunità.
Tra le competenze gestite in modo autonomo dalla città di Madrid ci sono legislazione e attuazione di diversi tipi di opere pubbliche, tra cui strade, ferrovie e aeroporti, e ci sono l’urbanistica e la programmazione economica, in coerenza con le politiche del paese. Relativamente alla sola attuazione ci sono poi le competenze per trasporti, ordine pubblico, politiche ambientali e istruzione. In altre aree l’autonomia riguarda la possibilità di scegliere se mettere in atto oppure no le norme nazionali.

Alla comunità di Madrid resta la metà delle imposte sul reddito delle persone fisiche, sul patrimonio e dell’imposta sul valore aggiunto. La percentuale può salire fino al 58% per altri tipi di tributi.
Per certi aspetti può sembrare un modello simile alle aree metropolitane in Italia, però è profondamente diverso l’assetto normativo in cui si inserisce.
Madrid ha la libertà di scegliere quali competenze amministrare e quali lasciare allo stato: è una forma di autonomia accentuata e molto pragmatica, che difficilmente si innesta nella filosofia dello stato italiano, dove si tende ad uniformare qualunque tipo di disposizione normativa, indipendentemente da dove si debba applicare.
Ogni area autonoma della Spagna può scegliere cosa fare e cosa no, e questo risponde alla logica che ci possono essere zone capaci di svolgere determinate funzioni meglio dello stato, mentre altre non lo sono. E la logica, profondamente diversa dal caso nostro, è che la decisione viene lasciata a livello locale. In Spagna non è lo stato a dire cosa devi fare ma è la comunità locale che si prende la responsabilità di scegliere cosa fare.

L’autonomia di Madrid è molto forte ed anche se è l’unico caso di città stato o di città regione in Spagna, si inserisce comunque un assetto di decentramento che suddivide tutto il Paese in comunità autonome. Quindi è stato relativamente facile estendere alla capitale il pacchetto di poteri previsti per ogni altra regione.
L’area metropolitana di Madrid ha acquistato lo status di qualunque regione che nel Paese hanno un’autonomia molto forte, paragonabile solo in parte alle nostre a statuto speciale. Mentre in Italia l’impostazione è quella centralista, per cui l’area metropolitana non può essere considerato un modello di autonomia ma di gestione territoriale subordinata al potere centrale.
Introdurre questa logica per la città di Milano, che sicuramente è in grado di gestire numerose attività meglio dello stato centrale, sarebbe un’iniziativa lungimirante anche se è difficile, perché si tratterebbe di un intervento contrario alla logica della burocrazia italiana, per cui ogni decisione viene presa dall’alto.

Prossimo articolo: Parigi. Una legge su misura per diventare ancora più grande

LIECHTENSTEIN: dove ogni municipio è libero di rendersi indipendente

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Come la Svizzera anche il Liechtenstein è nato all’interno del Sacro Romano Impero ed è un residuo di un’organizzazione che nel Medioevo era molto diffusa in Europa, come modalità di amministrazione dei principati indipendenti.

È diviso in municipi che sono nati come possedimenti terrieri e nel 1140 ha fatto un patto federativo con le altre dinastie diventando così indipendente, all’interno dell’Impero. Alla fine del secolo scorso, il principe ha proposto una riforma costituzionale, per riportare il principato al suo spirito originario e che forse avrebbe rappresentato una delle massime iniziative libertarie della storia. Dato che nell’antichità i principati erano unioni volontarie, la proposta del principe era di dare la libertà costituzionale a ogni cittadino di andarsene dal Liechtenstein con la sua terra, scegliendo se diventare un principato indipendente o essere annesso a uno stato confinante. La proposta del principe è stata bloccata dal parlamento perché considerata troppo libertaria.
Si è così arrivati a un compromesso per cui ogni singolo municipio può secedere dal Liechtenstein.

Anche se le intenzioni del principe Adam erano assai più spinte, si tratta di un esempio unico al mondo. Se si applicasse una disposizione simile nel nostro Paese, significherebbe che ogni comune o ogni regione avrebbero la possibilità in qualunque momento di staccarsi dallo stato italiano per diventare indipendenti o per unirsi a nazioni confinanti. Ed è curioso considerare che questa disposizione che pare molto innovativa e liberale rappresenta invece un ritorno al passato, a un’epoca in cui i proprietari terrieri potevano scegliere se unirsi tra loro o se rimanere separati.
La Costituzione del Liechtenstein è effetto di una filosofia che differenzia il principato dalle altre nazioni. Per il principe, il Liechtenstein più che uno stato nazionale deve essere assimilabile a un’impresa, a una holding, in cui le persone sono al tempo stesso clienti e possessori degli asset della holding che presiede la loro vita.

In un certo senso si capovolge l’impostazione della vicina Svizzera, dove tutti sono liberi ma la libertà è una concessione della federazione e potrebbe essere limitata in qualunque momento, come nel caso del segreto bancario. Nel Liechtenstein invece il principe riconosce che il principato è costituito da asset di proprietà dei cittadini che dunque hanno piena facoltà di tenere i loro asset insieme a quelli degli altri oppure prenderseli e portarli via. Non si parla di soldi o beni tradizionali, si parla di municipi, di territori.
Si tratta di un’impostazione antica, ma che potrebbe rappresentare un modello di modernità. La libertà di secessione è solo l’aspetto più spinto di un sistema in cui il campo d’azione del cittadino e di un’impresa è esteso al massimo. Libertà totale, quasi assente la regolamentazione economica, ogni cosa è possibile. Libertà totale anche nell’uso delle monete, di cui non esiste una versione locale: tutte possono essere utilizzate, ogni banca può decidere quale valuta usare senza chiedere autorizzazioni, non c’è banca centrale. Addirittura il principe ha fatto approvare la norma costituzionale che consente al popolo in qualunque momento di indire un referendum per trasformare il principato in una repubblica.

Il principato ha entrate molto basse, il terzo PIL pro-capite al mondo, un alto deficit ma che viene giustificato dal principe considerando solo i suoi asset personali, che hanno un valore di oltre tre miliardi di euro, senza fare rientrare nel calcolo anche i beni dei cittadini, come si tende a fare trattando di debito pubblico negli altri paesi: altro segno dell’inviolabilità della libertà e dei diritti patrimoniali dei cittadini del piccolo principato.
Non ha esercito e lascia alla Svizzera la possibilità di gestione dei suoi rapporti di difesa.
Se si è paragonata la Svizzera a Singapore, il Liechtenstein trova molti punti di contatto con Hong Kong, da cui però, si differenzia per ragioni storiche e per una dimensione molto più limitata, come numero di abitanti e come impatto di industria e di finanza.

La Svizzera e il Liechtenstein sono due modelli di autonomia che servono a indicare variabili utili per analizzare le città stato.
Il Liechtenstein propone un modello di bottom up, in cui il cittadino è sovrano ed esercita il suo potere e la sua libertà in un territorio che in parte è anche suo.
La Svizzera presenta un modello più tradizionale, in cui la libertà è una concessione dell’autorità e il cittadino è ospite in un luogo che non è suo. E in qualunque momento l’autorità potrebbe intervenire a modificare anche radicalmente libertà e poteri goduti da persone o cantoni.
Quello svizzero è il modello da prendere a riferimento quando si parla delle città stato europee che sono all’interno di stati indipendenti.

Continua la lettura con: La Svizzera, il modello a cui tutte le città stato guardano

ANDREA ZOPPOLATO

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15 febbraio. Concerto tributo ai Rolling Stones al Teatro Nuovo

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Quando: lunedì 15 febbraio

Dove: Teatro Nuovo, piazza San Babila , Milano. Alle 20.45

Costo: da 34.50 a 24.50 euro

Il rock puro dei Rolling Stones incontra, grazie all’arrangiamento di Onofrio Laviola, tastierista dei Stellavox, e all’orchestra sinfonica Ensemble Symphony Orchestra di Massa Carrara diretta da Giacomo Loprieno, la musica classica

5 motivi per cui andare al concerto di Stellavox & Ensemble Symphony Orchestra

#1. ascoltare i Rolling Stones in chiave classica

#2. ricevere suggestioni da un’orchestra di 40 elementi

#3. ascoltare buona musica

#4. per scoprire come compositore Onofrio Laviola

#5. rock e musica sinfonica, un’accoppiata unica

5 cose che mi piacerebbe trovare all’evento

#1. Mick Jagger e Keith Richards

#2. nuovi arrangiamenti originali

#3. un’arpa che suoni la musica dei Rolling Stones

#4. come saranno vestiti gli Stellavox, e l’orchestra?

#5. un concerto unico, che resti nella memoria

SVIZZERA: Il Paese a cui tutte le città stato guardano

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Forse è il paese a cui tutte le città stato guardano e con cui competono per attrarre persone e capitali. È ai vertici al mondo per la competitività della sua economia, reddito pro capite e qualità della vita nelle sue città.

SVIZZERA: Il Paese a cui tutte le città stato guardano

La Federazione Svizzera è costituita da un insieme di cantoni che hanno una forte autonomia: ogni cantone ha una sua costituzione, un suo parlamento, un suo governo e suoi organi di amministrazione della giustizia.
I cantoni hanno competenza esclusiva su tutto ciò che in costituzione non è esplicitamente assegnato alla confederazione e, in diversi casi, hanno dimensioni che coincidono con l’area circostante a una città. In questo senso Basilea, Zugo o Ginevra, sono di fatto delle città stato o “città cantone” secondo l’etimologia elvetica.

# L’origine: l’alleanza di cantoni contro il potere centrale

La Svizzera è nata come alleanza di cantoni che erano simili a degli stati finché nel 1845 alcuni di loro, insofferenti al crescente centralismo federale, hanno formato una lega (il Sonderburn, “lega separata”) per staccarsi dalla federazione. L’esercito federale ha stroncato l’insurrezione e si è arrivati a una nuova Costituzione, che ha trasformato la Svizzera in uno stato federale con un governo maggiormente centralizzato e una riduzione delle competenze assegnate ai singoli cantoni, tra cui la moneta e la difesa nazionale.
Prima della guerra civile i cantoni avevano libertà totale, poi è diventata una federazione che lascia sempre una grande autonomia ma che, se vuole, può decidere di toglierla, come ad esempio è accaduto con il segreto bancario: si lascia libertà massima ma, a livello costituzionale, il governo ha facoltà di intervenire.

# L’origine: l’alleanza di cantoni contro il potere centrale

La libertà dei comuni e dei cantoni nella confederazione svizzera è simile a quella goduta dalle persone che vivono in Singapore. Il principio è lo stesso: si gode della massima libertà all’interno di un territorio in cui però l’autorità centrale può intervenire con poteri molto forti.
Non è un caso che la Svizzera, come Singapore, abbia un esercito molto qualificato: è un sistema che usa la libertà come strumento di crescita interna e di attrazione di capitali e persone, ma la libertà è uno strumento non il fine della nazione.
Occorre aggiungere che la Svizzera rappresenta un riferimento fondamentale per Milano: Chiasso, a 60 chilometri, e il Canton Ticino costituiscono il principale competitor economico per Milano.

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ANDREA ZOPPOLATO

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Ti consideri una persona civile? Scopri se fai le 7 azioni base della buona educazione

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Tanti stranieri o italiani all’estero si lamentano spesso di una cosa: dicono che siamo incivili e maleducati. Per costruire la nuova città ideale sogniamo cittadini che siano un modello di civiltà. Che cosa significa essere civili e quali sono le basi per considerarsi tale?

Che bello sarebbe se tutti fossimo civili sempre, non trovate? Eppure molto spesso ci consideriamo persone civili e critichiamo coloro che non lo sono, ignorando che per essere tali, bisogna esserlo in tutte le sue sfumature e declinazioni, oltre che in ogni situazione, anche quando non ci fa comodo.

Non è sufficiente coltivare o sviluppare solo le azioni che riteniamo più impattanti o quelle che ci piacciono di più. Non esiste essere un po’ civili, se lo si è lo si è in toto. E’ necessario che l’essere civili sia un atteggiamento più che un dovere e comprendere che, nel farlo e nell’esserlo, ne beneficiamo tutti.

Per cui, se in treno la mia suoneria fa concorrenza all’impianto sonoro dei Foo Figthers e parlo come se fossi al Cocoricò di Rimini, ma poi mi innervosisco quando il mio vicino si esprime vivamente al telefono mentre io sto sonnecchiando, giudicandolo appunto maleducato, è un chiaro esempio di come essere civili tutti, convenga di fatto a tutti.

Quindi, se fai la raccolta differenziata e la fai anche bene ma poi sui mezzi di trasporto non cedi il posto ad una persona anziana, non sei una persona civile.

Essere civili significa rispettare gli altri e il mondo che ci circonda. Il senso di civiltà si plasma bene con il concetto di educazione (ed etica), lì dove se sono educato molto probabilmente sarò anche una persona civile e se sono civile è perchè sono educato.

Da non confondere con la gentilezza che è qualcosa di diverso che molto probabilmente meriterebbe un articoletto dedicato (lo prendo come impegno!).

Ma quali sono le azioni fondamentali per cui possono considerarmi una persona civile?

Eccone 7.

#1. Cedere il posto sui mezzi di trasporto a persone anziane, donne in gravidanza o qualsiasi persona in difficoltà

Nessuna corsa in metro o in autobus dura 2 ore, quindi perchè facciamo così fatica a cedere un posto che copriamo solo alcuni minuti?

#2. Non gettare rifiuti e cicche di sigarette per strada (ovunque)

E’ incredibile come, nonostante campagne di sensibilizzazione e cestini in ogni dove, si continui ancora a buttare rifiuti per strada. La cosa più curiosa, però, è vedere qualcuno che si lamenta per la carta a terra e, 10 passi dopo, osservarlo, in assoluta disinvoltura, buttare la cicca di sigaretta come se fosse qualcosa di diverso; come se il contenitore porta-cicche ufficiale fosse appunto la strada stessa.

#3. Tenere basso il volume della suoneria e della voce in treno

(ma questo vale per tutti i luoghi dove è opportuno tenere un tono basso).

Nonostante la vocina dell’altoparlante suggerisca di tenere bassa la suoneria e parlare con voce bassa, è un mistero vedere che solo un numero esiguo di passeggeri mette in atto il suggerimento.

#4. Rispettare le file

Qui credo ci sia una spiegazione più profonda, probabilmente ha a che fare con il nostro DNA.
Se c’è un fila senza il numerino, il furbetto – come spesso il caos – sono una garanzia assicurata.

#5. Non occupare con la borsa/zaino il sedile sui mezzi pubblici

Questa è una di quelle situazioni che mi fanno svalvolare anche dopo una seduta di meditazione yoga.
Quell’attegiamento nel quale io passo tra i sedili (tutti occupati) e tu non sposti la tua borsa (mentre pensi fortemente: “speriamo non si segga qui, speriamo non si segga qui e, se proprio vuole me lo deve chiedere”) e, quando appunto mi fermo proprio davanti a te e ti chiedo di spostare la borsa, tu lo fai anche seccato, come se mi stessi facendo un favore. Indicibile!

#6. Non “fare” la raccolta differenziata, ma “fare bene” la raccolta differenziata

Che mondo quello della raccolta differenziata! Un mondo di misteri e di interpretazioni: dalle corse notturne per buttar via il mobile e non farsi sgamare, ai tovaglioli usati nel bidone della carta, dai barattoli sporchi nel vetro, ai giornali raccolti nel sacchetto di plastica e gettati ovviamente nella carta. Per non parlare delle bottiglie di plastica: su ognuna c’è scritto di dividere l’etichetta di carta dalla bottiglia stessa (se non c’è scritto è perché l’etichetta è di plastica) e la maggior parte della gente lo ignora totalmente…In effetti è pretendere troppo. Sto esagerando!

#7. Lasciar puliti i bagni e luoghi pubblici

Perché ogni volta che siamo in una bagno pubblico veniamo colti da una strana incomprensibile crisi di identità del genere umano per cui ci sfreniamo come fossimo animali selvaggi liberati dopo un anno in gabbia?
Perché alla fine di un film al cinema, le mani vengono colte da una strana forma di atrofia per cui mi è impossibile portar via la bottiglia di coca cola e il secchiello dei popcorn? Perché quando il mio cane fa la pupù per strada e non la raccolgo non mi importa perché tanto è colpa del mio cane e non mia?

Arriviamo a 10?

14 febbraio 2016. Ore d’amore, spettacolo teatrale all’Elfo Puccini

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Quando: domenica 14 febbraio San Valentino

Dove: Teatro Elfo Puccini, corso Buenos Aires 33, alle 15.30

Costo: 15 euro

Volete passare un San Valentino inusuale? Se proprio volete festeggiarlo perché non farlo a teatro! Ore d’amore è uno spettacolo scritto da Rosario Lisma con la regia e interpretazione di Nicola Stravalaci e Debora Zuin. Testo intelligente e attori spettacolari.

5 motivi per cui mi piacerebbe vedere lo spettacolo Ore d’amore

#1. Sdolcinati o concreti? Se scegliete la realtà Ore d’amore è lo spettacolo giusto

#2. San Valentino a casa, con le rose e cheek to cheek? O preferite un lettone circolare sul quale in una notte si parla, parla, vicendevolmente

#3. Lo spettacolo è in prima nazionale ed è l’ultimo giorno

#4. Conosco l’autore Rosario Lisma, una certezza

#5. Per scoprire cosa succederà e come finirà, happy end o meno?

5 cose che mi piacerebbe trovare all’evento?

#1. Un lettone anche per me, ma forse sarebbe scomodo vedere lo spettacolo

#2. Un testo inusuale e una storia nuova

#3. Attori bravi

#4. Ho un conflitto? Vedere come risolverlo

#5. Amore

Le città stato del PASSATO

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City of Kilwa, 1572
City of Kilwa, 1572

Quando si parla di città stato il primo pensiero va all’antica Grecia. C’è chi potrebbe andare ancora più in là nel tempo oppure in altre zone del mondo, ma l’imprinting dato alle future città stato deriva dalla società ellenica con le sue polis.

Nelle città greche nasce di fatto la politica che appunto prende il nome dalla polis e che era incentrata sull’individuazione e sulla messa in atto della volontà della comunità.
Nell’antica Grecia la politica era filosofia, aveva lo scopo di garantire il “bel vivere” e si esercitava attraverso la dialettica e il costante confronto tra le parti.
Il diritto di cittadinanza non veniva assegnato semplicemente in base alla presenza sul territorio, ma seguiva criteri più complessi: per esempio c’erano abitanti che non godevano pieni diritti, come le donne o gli schiavi.
Lo status di cittadino consentiva diversi vantaggi, tra cui l’accesso alle cariche elettive o a forme di sussidio o di supporto da parte dell’autorità. Oltre a rispettare le tasse e a pagare i tributi, i doveri fondamentali del cittadino erano difendere la patria e rispettare la legge.
Tra le città esisteva una grande competizione, anche militare. Si creavano e disfacevano alleanze, ci si sfidava in rivalità che a volte sfociavano in vere e proprie guerre, come quelle celebri tra Atene e Sparta. Era una società a tratti sanguigna e spietata, dove spesso il più forte otteneva tutto e per lo sconfitto non c’era pietà, ma la competizione tra città è stata anche lo strumento per avere una crescita nella civiltà e nel pensiero.

La massima espressione di città stato nella cultura ellenica fu l’Atene del V secolo che uscì vittoriosa dalla guerra con Troia e raggiunse la sua età dell’oro sotto il governo di Pericle.
La cultura ellenica divenne diffusa nel mondo grazie a un’altra città stato che si espanse fino a diventare impero: Roma. Anche se ha conquistato e organizzato un territorio molto vasto, ha esportato ovunque il suo sistema e si può dire che l’antica Roma ha riprodotto su vasta scala ciò che aveva realizzato con successo tra le proprie mura.
La linea di demarcazione tra mondo antico e mondo moderno avviene tra l’XI e il XII secolo con la nascita dei comuni in Italia e in altre zone d’Europa, come il nord della Germania e le Fiandre.
I comuni presentano numerose caratteristiche tramandate fino ad oggi, come il significato di cittadino e il suo modo di rapportarsi con la comunità e con chi la amministra.
Il Rinascimento segna la massima espressione delle città stato, come potere e progresso per la civiltà, e in questo periodo l’Italia raggiunge forse la sua massima gloria come capacità di influenza sul resto del mondo, specie in ambito artistico dove si raggiunsero le vette più alte dell’espressione estetica. Città stato come Genova, Firenze, Milano, Ferrara e Venezia furono le punte di diamante della società del tempo, conquistando a volte ampi territori, in particolare isole e zone costiere del Mediterraneo.

Proprio nel periodo di maggiore successo culturale, economico e politico delle città stato italiane avvenne probabilmente il fatto che fu alla base del loro declino: la scoperta dell’America. Con il nuovo continente vennero modificati completamente gli orizzonti, dal mare nostrum si passò agli oceani e le città cedettero progressivamente il passo agli stati nazionali che avevano la dimensione adatta per operare su scala mondiale. L’Italia in declino politico proseguì, come in parte anche la Germania, la tradizione delle città stato, spezzettandosi in numerosi staterelli che erano sempre emanazione di una città dominante. Il tramonto definitivo del modello di città stato rinascimentale avvenne con il trattato di Campoformio che segnò la fine di Venezia, ultimo baluardo di città capace di esercitare un’influenza internazionale.

Da allora gli stati nazionali hanno assunto il monopolio del potere politico, ma le città stato non sono finite con Napoleone: hanno sviluppato un modello di autonomia che da politico è diventato di gestione delle risorse.
Le città stato hanno smesso di avere un ruolo determinante sulla scena della politica internazionale ma hanno iniziato a ritrovare importanza, specie dalla seconda metà del XX secolo quando economia e finanza hanno assunto una estensione globale, senza più frontiere. Ma la nuova era di città stato non è stata determinata solo da una modalità più efficiente nella gestione dell’economia del territorio. C’è un altro fattore fondamentale che ne spiega il successo. La libertà.

Il successo politico dei grandi stati nazionali ha portato guerre, lotte di potere e grandi sconquassi nel mondo, ma non sempre ha segnato una maggiore libertà per i cittadini. Anzi. I grandi e potenti stati nazionali hanno spesso esercitato la loro autorità limitando quella dei loro cittadini, attraverso sistemi fiscali e legislativi che ne hanno ridotto il campo di azione.
È l’esigenza del singolo di poter essere libero verso l’autorità statale che è alla base della forma delle moderne città stato. San Marino, il principato di Monaco, Andorra e, per certi aspetti, i cantoni svizzeri o il Liechtenstein che sono assimilabili alle città stato, garantiscono a chi ci vive molta più libertà di quello che offrono le grandi burocrazie nazionali in tutto l’occidente.
Si tratta di una libertà innanzitutto economica: nelle città stato indipendenti in Europa il cittadino può gestire le proprie risorse in libertà, senza l’oppressione di un fisco che in molti paesi ha praticamente diritti illimitati sui contribuenti. Ma non c’è solo la motivazione fiscale, nelle città stato moderne quello che emerge è la filosofia di base: più potere al cittadino rispetto a quello dell’autorità.

ANDREA ZOPPOLATO

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1. CITTADINI E CITTA’ STATO

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Si potrebbe dire che esistono tanti modelli di città stato quante sono le città stato che esistono e che sono esistite nel mondo. Una delle caratteristiche della città stato è infatti quella di adattarsi fortemente al luogo in cui si applica. In generale le città stato possono essere di due tipi:

1. Città che costituiscono una nazione indipendente, come il Principato di Monaco, Singapore o Città del Vaticano.
2. Città che sono parte di uno stato sovrano, come Berlino, Vienna o Hong Kong.

Milano apparterrebbe al secondo gruppo, con un modello di autogoverno da esercitare all’interno di uno stato nazionale. Non c’è in questo caso alcuna istanza secessionista, anzi. Si tratta di un governo che può rinforzare una parte dello stato, l’area della città stato, e stimolare le altre parti a dotarsi di un sistema più efficiente di organizzazione del territorio.
Milano citta stato non si limita all’autonomia politica ma si estende anche a tutti gli ambiti del vivere civile. È più simile a una rivoluzione di pensiero, che trasforma il ruolo del cittadino e quello del governante. Non solo. Si applica anche all’economia, alla cultura, alla formazione e ai rapporti con il resto del mondo. Questo perché il centro attorno a cui si costruisce l’assetto di Milano città stato è il cittadino: modificando il ruolo e lo scopo del suo vivere nella comunità tutto il resto viene modificato per conseguenza.

NELLE NOSTRE COMUNITA’, CHI E’ IL CITTADINO E QUAL E’ IL SUO RUOLO?
Il cittadino moderno nasce nell’XI secolo, in un’epoca segnata dal successo delle città stato italiane. Con la formazione dei comuni si definì cittadino che risiedeva all’interno delle città. Da allora cittadino ha un significato geografico, esprime la presenza permanente in un luogo.
Cittadino è chi vive in città, così lo si intende da secoli. È una definizione chiara e semplice, specie in un mondo in cui gli spostamenti erano limitati ed il principio territoriale era assoluto: era assai difficile esercitare attività al di fuori della propria città e la gran parte delle relazioni di ognuno erano tra le mura cittadine.
Su questo concetto di civis si è costruito l’apparato organizzativo delle città che perdura fino ai giorni nostri. Il “cittadino per luogo” è un soggetto passivo nella gestione del bene comune: è passivo nel senso che il suo ruolo deriva dal semplice fatto di stare in città e il suo potere consiste nel votare il sindaco.
In una città fatta di persone unite unicamente dal fatto di abitare nello stesso luogo, tutti i poteri sono delegati agli amministratori. È curioso che il cittadino nasce come evoluzione del suddito, mentre oggi sembra più simile a un suddito che a un soggetto attivo.

Dopo un millennio di stasi, è giunto il momento di rivedere il ruolo del cittadino e il suo potere verso l’autorità, non solo nel nostro paese.
La società è profondamente cambiata da quella di inizio Rinascimento. Oggi il luogo non è più un limite all’azione, anzi. Le innovazioni tecnologiche degli ultimi anni hanno reso possibile svolgere i propri affari da qualunque parte del mondo, entrando in collegamento con chiunque e spostando beni e risorse ovunque in tempo reale. Da elemento fondante, il luogo dove si vive è diventato una situazione, un elemento che incide sempre meno sulle scelte del singolo.
Ai giorni nostri il luogo sta diventando un fattore relativo, ma non è solo questo a essere cambiato. Ogni settore appare rivoluzionato dalle innovazioni tecnologiche. Come i media che hanno reso possibile a chiunque di arrivare a qualunque tipo di informazione a costo zero e a comunicare potenzialmente con il mondo intero senza muoversi di un passo.
Tutti i cambiamenti che hanno investito le nostre società sono caratterizzati dall’aver consegnato all’individuo un potere che prima non aveva. Mai una persona ha avuto tanto potere di azione come ai giorni nostri. Eppure questo processo che ha reso protagonisti gli individui di tutto il mondo non ha ancora investito il sistema politico.

Esiste una nuova consapevolezza e si sono moltiplicate le forme di comunicazione, di collaborazione e di accesso alle informazioni, che consentono a ogni persona di avere tutti gli strumenti per poter agire anche in campi in cui un tempo era necessaria la delega totale. In un mondo così trasformato sembra difficile accettare a lungo un ruolo del cittadino che è rimasto ai tempi del medioevo, salvo la concessione del diritto di voto da esercitare periodicamente.
Al di là del momento delle elezioni, tra un cittadino delle antiche città medievali e uno di oggi ci sono poche differenze, se si considerano diritti e doveri nei confronti dell’autorità: il cittadino è oggetto dell’autorità oggi come allora e non ha doveri particolari verso la comunità, che non siano quelli del pagare le tasse e del rispettare la legge. Occorre dunque ripensare un modello civiltà che si basi su un nuovo civis, soggetto attivo di diritti e doveri in linea con le opportunità del mondo contemporaneo.

Prossimo articolo: Città stato del passato

Italiani a Ginevra: “Ci manca il citofono” – VIDEO

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Quelli dell’Aperitivo Italiano’ hanno intervistato Andrea, Jolanda, Giovanni, Claudia, Marco, e molti altri italiani che hanno lasciato Genova, Firenze, Bari, Milano… per vivere a Ginevra.

Italiani in fuga

10 cose che mancano agli italiani a Ginevra

#1 la famiglia
#2 il clima
#3 il cibo
#4 gli alberi
#5 il citofono (con gli amici alla porta)
#6 la spontaneità
#7 la gioventù
#8 gli italiani (sono 50k: “considerati con una marcia in più per la loro italianità”)
#9 il caffè
#10 il DNA: a Ginevra restano sempre ospiti

10 cose di Ginevra irrinunciabili per gli italiani

#1. non c’è evasione fiscale
#2. meritocrazia
#3. si lavora e si fa sport – per grandi e per i bambini
#4. internazionalità (dei cittadini, del gusto)
#5. una prospettiva di vita ordinata e alto livello culturale
#6. servizi: si vive molto bene, tra ordine, puntualità, organizzazione
#7. città raccolta e a misura d’uomo (si gira a piedi e in bicicletta)
#8. si può vivere sull’acqua, in campagna, tra le montagne, oltre che in città (è
#9. ospitalità e correttezza dei concittadini
#10. Ginevra è la New York degli adulti e il lago Maggiore della Svizzera

Il risultato? Gli italiani non hanno niente da invidiare a nessuno, eppure… dentro questo video tutte le risposte del come le città d’Italia potrebbero essere come o meglio di quelle svizzere. E non solo…

E a voi, che cosa mancherebbe più di Milano, sempre che non diventi città stato!?

Fonte: http://www.italiansinfuga.com/2016/01/28/la-stupenda-ginevra-raccontata-dagli-italiani-che-ci-vivono/

12 febbraio 2016. Concerto di I’m Not a Blonde but I’d love to be Blondie

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Quando: venerdì 12 febbraio

Dove: Linoleum Rock’n’Roll Milano, via Bruschetti 11. Dalle 22.00

Costo: Free entry

Siete curiosi e amanti della buona musica? In uscita oggi l’ultimo disco del duo milanese I’m Not a Blonde but I’d like to be Blondie, autrici di uno stile musicale interessante, l’arty-electro-pop [per lo streaming del loro concerto, live stasera su Spotify: ].

5 motivi per cui mi piacerebbe andare al concerto delle I’m Not a Blonde

#1. scoprire un nuovo locale di musica di qualità
#2. Chiara e Camilla sono due donne che fanno musica elettronica indie
#3. ascoltare dal vivo l’ultimo disco di I’m not a Blonde
#4. vedere se avranno i capelli rossi, neri o magari biondi
#5. scoprire come si balla la musica elettronica

5 cose che mi piacerebbe trovare all’evento

#1. persone mascherate: è sabato grasso di Carnevale
#2. il locale è l’ex Transilvania: salterà fuori qualche vampiro a mezzanotte?
#3. gente antipatica, ho voglia di litigare
#4. l’assenzio come cocktail
#5. il principe azzurro, è Carnevale!

Per ascoltare l’album di Spotify : https://open.spotify.com/album/4DFd76F5OGcKGu3kKtJGMh
Spotify:album:4DFd76F5OGcKGu3kKtJGMh

26 febbraio 2016. Cena e stornelli all’Osteria del Treno – Sala Liberty

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Dove: Osteria del Treno, via San Gregorio, 46, 20124 Milano

Costo: ingresso libero ma si consiglia la prenotazione (02 6700479)

Quando: il 26 febbraio 2016 (due venerdì al mese, circa)

Il nuovo appuntamento targato Osteria del Treno ha un nome evocativo di ispirazione americana: “Treno Live Show!”
Una serata totalmente dedicata alla musica dal vivo, con palco e strumenti a disposizione di tutti gli artisti che vorranno esprimere il proprio talento.
Il concept è quello degli Open Mic di tradizione anglosassone, molto diffusi nei pub inglesi, americani, australiani: un palco aperto a artisti ed amici che vogliano proporre pezzi proprio o cover di gruppi più blasonati.
Non solo musica per questo nuovo appuntamento nella magica atmosfera della Sala Liberty dell’Osteria del Treno. Si parte alle 20 con aperitivo milanese: a disposizione piatti tipici e taglieri, aperitivi classici e una selezione di grandi vini italiani.
Durante la serata sarà possibile ordinare primi e secondi presenti nel menu dell’Osteria del Treno (per 4 anni consecutivi insignita dei 3 Gamberi dal Gambero Rosso).
Aprono le danze i Waddafolk, dirompente duo brianzolo dalle melodie folk rock di ispirazione irlandese.
Non solo musica live: ad alternarsi con le esibizioni sul palco anche i vinili di Maple juice, funky beat anni ’70 e ’80.

Orari: dalle 20,00 a dopo la mezzanotte.

5 ragioni per cui mi piacerebbe andarci?

#1. Per scoprire un luogo nascosto e per nulla inflazionato di Milano

#2. Bermi l’autentico aperitivo di Milano

#3. Godermi una serata milanese ma internazionale

#4. Ascoltare stornelli meneghini e vinili

#5. Esibirmi sul palco

5 cose che mi piacerebbe trovare?

#1. Il “bianchino spruzzato”

#2. Un pubblico eterogeneo (dicono ci siano milanesi e stranieri)

#3. La cassoela all’aperitivo

#4. ‘O mia bela Madunina’ versione folk

#5. Battute divertenti e qualcuno che mi racconti la vera storia di questo luogo

14 febbraio 2016. Aperitivo africano con sfilata di moda

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Quando: 12 febbraio

Dove: The Beach Club-Milano, Via Arcangelo Corelli, 62

Costo: ingresso omaggio dalle ore 20.30 in Lista Dream Milano.

Perché aspettare la stagione delle sfilate primaverili per fare un tuffo della moda di quando farà caldo quando c’è un aperitivo alternativo che porta all’interno di una delle location più gettonate dai giovani, mescolandovi tanta moda di stilisti africani emergenti.

In un mix di capi ed accessori, saliranno sulla passerella del The Beach Club-Milano anche le creazioni della emergente Yaba Bedamone.

5 ragioni per cui mi piacerebbe andarci?

#1. Ho voglia di estate
#2. Un aperitivo tranquillo
#3. Il networking fa sempre bene
#4. L’ingresso è libero con lista
#5. Verrà estratto un vincitore che si porterà a casa uno Smartbox

5 cose che mi piacerebbe trovare

#1. Giovani come me sensibili alle nuove tendenze
#2. Musica abbinata ai capi (africana)
#3. Valentino
#4. Una buona cucina
#5. Il parcheggio

13 febbraio 2016. Apertura straordinaria del Diurno, la Città Nascosta di Milano

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Dove: Piazza Guglielmo Oberdan
Quando: sabato 13 febbraio 2016 (ore 11). Si replica domenica 28 febbraio (ore 15)
Quota: Offerta libera per il FAI – Iscrizione a Città nascosta Milano (anticipata)
Prenotazione: obbligatoria, posti limitati, a prenotazioni@cittanascostamilano.it o chiamando il numero 347-3661174 – 0249533008.
Durata: 60 minuti – ore 11

APERTURA STRAORDINARIA – ALBERGO DIURNO VENEZIA

Il FAI, Fondo per l’Ambiente Italiano, apre le porte dell’Albergo Diurno Milano, luogo difficilmente accessibile, “mitico” fino alla recente opera di restauro e recupero.

L’occasione, già di per sé speciale, suggella una nuova sinergia con l’associazione culturaleCittà nascosta Milano.

Il percorso appartiene al ciclo “99 Luoghi Segreti” di Città Nascosta Milano.

I soci potranno scoprire storia e identità della struttura progettata dall’ingegner Troiani e allestita dall’architetto Portaluppi in puro stile Déco, accompagnati dai volontari della Delegazione FAI di Milano.

APPUNTAMENTI:

Sabato 13 febbraio – ore 11.00
Domenica 28 Febbraio – ore 15.00

5 motivi per cui mi piacerebbe andare?

 

#1. Per visitare questo luogo incastonato sotto piazza Oberdan
#2. Per godere di una visita guidata gratuita a un tesoro di Milano
#3. Perché è un modo intrigante di trascorrere un’ora del mio weekend
#4. Per lasciarmi stupire
#5. Per conoscere persone che come me amano Milano

5 cose che mi aspetto di trovare?

 

#1. Una città nascosta ad altezza Metro Rossa
#2. Architetture Déco di architetti famosi in tutto il mondo
#3. Un barbiere sotto Porta Venezia
#4. Guide e volontari preparati, per rispondere alle mie curiosità
#5. Curiosi e amanti di Milano e dell’arte, come me!

11 febbraio 2016. Picasso gratuito in via Santa Marta, Galleria Diodato

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Quando: dall’11 febbraio, dalle 18.30

Dove: Galleria DEODATO ARTE, via Santa Marta 6, Milano

Costo: gratis

 

Non è da tutti poter dire di avere un Picasso tutto per sé . O di poter fare di un Picasso un bene di tutti. E di poter brindare davanti a un Picasso nel corso di un aperitivo-evento in una delle vie più suggestive (e in via di recupero storico-affettivo) di Milano.

La magistrale bravura tecnica di Pablo Picasso viene riproposta alla galleria DEODATO ARTE in un corpus di opere grafiche, “testimonianza di una genialità eclettica, di un’assoluta modernità artistica, di versatilità e di una costante evoluzione stilistica da parte di una delle più grandi menti del ‘900“.

In mostra, gratuita e fino al 30 marzo, sono esposte numerose opere litografiche dagli anni Venti gli anni Settanta, oltre ad una selezione di incisioni, appartenenti alle serie Suite Voillard e La Celestine. .

Orari: Martedì-Sabato – 10.30-14.00 / 15.00-19.00

Galleria DEODATO ARTE
via Santa Marta 6, Milano
Metropolitana M1 Duomo o Cordusio

phone: 02 80886294
mail: galleria@deodato-arte.it

5 ragioni per cui mi piacerebbe andarci?

#1. I vernissage sono molto chic

#2. E’ gratuito

#3. Picasso è Picasso

#4. Le 5 Vie di cui via Santa Marta fa parte sono una continua sorpresa per scorci e serate

#5. E’ un piccolo evento ma su Facebook ha già registrato 1,6 mila partecipanti

 

5 cose che mi piacerebbe trovare?

 

#1. Opere inedite di Picasso

#2. Champagne

#3. Le bozze di grandi capolavori

#4. Un nuovo indirizzo nascosto in città

#5. Amanti dell’arte come me

10 febbraio 2016. Cena di Gala MilanIN in Galleria Vittorio Emanuele II

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Quando: il 10 febbraio

Dove: al Pavarotti – Milano Restaurant Museum, in Galleria Vittorio Emanuele II

Costo: da 25 a 35 euro

Una cena di gala in Galleria Vittorio Emanuele intonando il “Vincerò” della Turandot. Ma alla maniera di Luciano Pavarotti.

Il logo di MilanIN rappresenta il Duomo di Milano, ed è proprio al numero 21 di Piazza Duomo che l’associazione – nata senza scopo di lucro e per iniziativa di un gruppo di utenti LinkedIn di Milano con il preciso obiettivo di aggregare persone provenienti dai più diversi ambiti professionali – festeggerà i suoi 10 anni con una cena al Pavarotti – Milano Restaurant Museum.

Seguirà un concerto lirico “nella casa del Maestro”.

Il contributo di partecipazione all’evento è stato pensate per essere un regalo che il Club fa a chi gli vuole bene:

– Soci tesserati MilanIN: 25 Euro
– Soci effettivi in possesso di tessera valida di altri ClubIN: 30 Euro
– Simpatizzanti, aggregati, amici: 35 Euro

Il contributo comprende tutto, la cena di 4 portate e il concerto.

L’occasione, su invito e su prenotazione (silvia.lenich@milanin.com), sono i 10 anni di MilanIN: “Vogliamo celebrare al meglio il nostro decennale perché 10 anni sono un traguardo importante“, dicono gli organizzatori.

Sponsor della serata: EVisionario Opticians, Centro Servizi Investigativi, Caterina Sganga – Private Banker, Centro Medico Brunacci, STARTUP!© Il Primo gioco per diventare imprenditori, Agenzia Double MALT, Copernico – Where Things Happen.

5 ragioni per cui mi piacerebbe andarci?

 

#1. Capire come hanno fatto a far funzionare i contatti di LinkedIn

#2. Conoscere nuove persone e che fanno impresa a Milano

#3. Ho bella storia su Milano e la voglio raccontare

#4. Conoscere le aziende e i professionisti che sponsorizzano questa cena

#5. Non sono mai stato a una cena di gala e questa non è neanche così costosa

5 ragioni per cui mi piacerebbe andarci?

 

#1. Le aziende e i professionisti partecipanti sono interessanti

#2. Non ho mai sentito cantare Pavarotti dal vivo (questa mi sembra una bella alternativa)

#3. Un ambiente piacevole in cui fare networking

#4. Partecipare a una cena di gala in Galleria

#5. Meglio Pavarotti in Galleria che Sanremo alla Tele

La palestra che produce energia. Dopo Londra e Parigi la vogliamo al parco Sempione!

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Create happy, healthy communities and nurture the planet we live on“, ovvero “Siamo qui per creare felicità e salute alle comunità e nutrire il pianeta in cui viviamo”. Un claim post Expo? No, è il motto della britannica The Great Outdoor Gym Company (TGOGC), azienda di famiglia nata nel 2007 con la sua mission all’insegna del ‘Green fitness’, ovvero del fare ginnastica producendo energia pulita.

Da Bioraradar.net ecco la notizia della nascita di una palestra eco-sostenibile installata nel parco Shaw di Hull, vicino Londra.

Green Heart, questo il nome del progetto, sfrutta l’energia prodotta dallo sforzo di chi si allena per produrre energia elettrica utilizzabile.

Riconoscibile per via del colore verde e con attrezzi pensati per grandi e piccini, stimola le attività all’aria aperta; incentiva i momenti di condivisione con la famiglia (e non solo);  invita – divertendosi – ad intraprendere uno stile di vita sano riflettendo contemporaneamente sul consumo energetico.

Una vera e propria eco-palestra che sfrutta la Legge della conservazione della massa per cui in natura nulla si crea ne si distrugge ma tutto si trasforma (Antoine-Laurent de Lavoisier).

Tutta la energia messa in atto per giocare e fare fitness diventa così una fonte di energia: “Il nostro obiettivo è quello di portare l’ eco-palestra in tutto il Regno Unito per insegnare alle persone a mantenersi in forma aiutando l’ambiente” ha detto Georgie Delaney, direttore creativo di TGOGC.

Di giorno come di notte: “Le palestre a cielo aperto progettate dalla TGOGC, possono garantire pieno rigore anche dopo il tramonto: sarà il moto degli atleti a permettere una corretta illuminazione dell’intero centro”.

E ce ne sono di diversi tipi, forme, progetti.

“In particolare, il fiore all’occhiello della compagnia britannica è una palestra a forma di cuore che sorge all’aperto, nel Shaw Park di Hull. La palestra è dotata di cross trainer, biciclette di ogni sorta, strumenti per la misurazione dell’indice di massa corporea, altezza, peso e tutto ciò che è necessario per incoraggiare la comunità locale a condurre una vita sana” prosegue il portale Bioradar.

I primi risultati?

“Finora sono stati prodotti ben 40 mila Kw. L’obiettivo di una palestra come questa che dovrebbe servire una comunità di circa cinque mila persone è produrre 1Kw al giorno, quindi se questo sistema fosse usato in tutte le palestre si potrebbe davvero produrre tanta energia!”.

Dopo Londra, anche Parigi ha adottato l’esperimento. A Milano, quando?

Ph. http://snapwidget.com/v/1175300490726408116


5 effetti della palestra ecosostenibile a Milano 

#1. Allestire quelle zone pedonali o di nuova pedonalizzazione architettonicamente ancora in standby (e.g. Foro Bonaparte)

#2. Si potrà fare ginnastica o correre all’aria aperta senza che auto e camion affumichino i polmoni. E con la bella stagione… ci si abbronza

#3. Collocata in qualche luogo “cult” di Milano, darà la possibilità di dedicarsi al fitness ammirando un bene artistico (e.g. Castello Sforzesco)

#4. Coinvolgendo i tanti VIP e milanesi sempre più attenti alle corse, pedalate,…  nei luoghi-simboli di Milano, vuoi mettere l’effetto di emulazione?

#5. Al primo black out… tutti in strada a pedalare!

Green Heart in Irlanda
Green Heart in Irlanda

FONTE: http://www.bioradar.net/bionews/green-heart-la-palestra-che-trasforma-le-calorie-bruciate-in-energia-pulita/
PER SAPERNE DI PIù: http://www.tgogc.com/Packages/View-All-Packages/

Partorire in casa? Con il kit a domicilio come in Olanda

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Mia mamma è nata in casa. La mia nonna pure. La mamma della mia nonna anche. E le ecografie, le vitamine, le visite dal ginecologo? Seeee: molte, molte di meno rispetto al tran tran a cui sono abituate le donne in dolce attesa, oggigiorno. Tutte, tranne le olandesi per le quali c’è la possibilità di vivere la gravidanza con la loro ostetrica personale.

La professionista delle nascite segue infatti passo passo la gravidanza della futura mamma.

Che potrà così partorire in casa.

In Olanda 1 parto su tre avviene in casa

Secondo quanto riportato da Eticamente.net, “in Olanda, il parto naturale in casa fa parte della filosofia odierna ormai da anni: un parto su tre avviene infatti in casa, dove un’ostetrica, una puericultrice, e un operatore sanitario che si occupa dei bambini da zero a sei anni, aiutano la donna durante il parto e nei giorni successivi”.

E addirittura: “In Olanda le donne in gravidanza ricevono un kit per partorire in casa“.

Cosa contiene il kit per il parto domestico

Il kit arriva un mese prima del lieto evento e contiene garze, lenzuola di plastica, pannoloni, gel disinfettante per le mani, assorbenti materni, detersivo delicato per i panni, ovatta e un pupazzo bianco per il bebè con una luce.

Dispositivi medici? Nessuno.

A chi viene recapitato? A tutte le mamme incinte che hanno un’assicurazione sanitaria.

E se si partorisce in ospedale? Allora il kit viene donato ad una Onlus che opera in Africa. “E anche in ospedale, comunque, il sistema è ben diverso da quello italiano: i tempi sono infatti molto rapidi e la neo mamma viene dimessa dopo solo sei ore dal parto. Una situazione agli antipodi rispetto alla nostra cultura italiana” prosegue il portale, che prosegue con la testimonianza di Alessandro Saccoccio.

La testimonianza: come una donna italiana partorisce in casa in Olanda

[Cit:Eticamente.net]

Alessandro Saccoccio è un impiegato in una ong ambientale in Olanda da oltre 10 anni.

Lui e la sua compagna aspettano infatti un bambino e hanno già ricevuto la scatola in questione.

“Se la donna è in buona salute, con un parto a termine e una gravidanza senza problemi il parto a casa non ha nessuna controindicazione. Il trasferimento in ospedale accade solo nel 20% dei casi di chi partorisce a casa, in 30 anni di esperienza ho assistito solo a tre emergenze. In Italia, secondo un recente studio il 20% delle donne vorrebbe partorire in questo modo, ma spesso vengono spaventate e, purtroppo, chiedono informazioni alle persone sbagliate…“.

In effetti i dati dell’ultimo rapporto Cedap dimostrano come solo lo 0,1% del totale dei nascituri vengono partoriti in casa.

Si tratta tra l’altro di un dato approssimativo, perché, anche se le schede del Cedap sono obbligatorie e vanno compitale, in alcune regioni come Lazio e Toscana nella scheda non è indicata la voce parto a domicilio.

Marta Campiotti , presidente dell’Associazione Nazionale Ostetriche Parto a Domicilio e Casa Maternità, dice a riguardo: “Il nostro Paese ha subito una rivoluzione culturale tra gli anni 50′-60′. E in questo periodo che è subentrata un’ospedalizzazione di massa con il crollo della figura professionale delle ostetriche. Mentre in Olanda hanno un ruolo ancora molto importante: sono loro che si occupano del parto…

Parto in casa o parto in ospedale?

Sempre secondo i risultati di un’altra ricerca olandese riportati da Eticamente.net: “Il parto in casa conferisca un minor rischio sia per le donne al primo parto che, soprattutto, per quelle al secondo e terzo parto, rispetto a complicanze quali eclampsia, grave emorragia post-parto e necessità di rimozione manuale della placenta.
Lo studio evindenziava come un parto, per essere veramente naturale, debba esserlo in tutte le sue fasi. Vale a dire: senza l’utilizzo di farmaci, senza interventi ostetrici manuali o strumentali”. 

Chi può partorire in casa?

Secondo le Linee Guida per l’Assistenza al parto a domicilio dell’Associazione Nazionale Ostetriche Parto a Domicilio e Casa Maternità, posso partorire in casa solo le donne definite “a basso rischio“, che possono dunque partorire in casa con assoluta sicurezza. Le linee guida specificano che devono arrivare a termine della gravidanza in buona salute, con una pressione normale e un’anemia fisiologica. Il bambino, invece, deve essere cresciuto bene ed essere in presentazione cefalica. Il travaglio, infine, deve iniziare spontaneamente. Le ostetriche operano sempre in due e l’ospedale non deve essere lontano più di 30-40 minuti dalla casa. – Cit. Eticamente.net

Se fosse anche a Milano…

Milano città stato intende mettere al centro il cittadino dandogli ogni libertà di scelta. Quindi anche se partorire a casa.
Ma ve lo immaginate? Se così fosse addio Fatebenefratelli, Mangiagalli, San Paolo… verrebbe sedata l’atavica lotta del “in quale ospedale di Milano sei nato” – che già dice molto della milanesità di un cittadino, in virtù di un eventuale più radicato senso di appartenenza alla propria casa e a Milano tutta.

Fonte: www.adnkronos.com
Fonte: www.eticamente.net/39663/olanda-kit-per-il-parto-in-casa.html

Lo scivolo d’acqua più lungo del mondo. Dove potremmo metterlo a Milano – VIDEO

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Ecco la soluzione per chi si vuole buttare giù.
A Auckland, Nuova Zelanda, è stato allestito lo scivolo d’acqua più lungo del mondo.

I 600 metri si percorrono in 1 minuto e mezzo, alla velocità di 50 km/h, con un dislivello di 92 metri.

“E’ per divertimento, benessere e la sicurezza della propria sanità mentale”, dicono dall’organizzazione non-profit “Live More Awesome” che aiuta le persone affette da depressione e ansietà. In buona sostanza: una scarica di adrenalina e un lancio su uno scivolo d’acqua diventano un ottimo rimedio all’ansia.

Si può salire anche con la GoPro per condividere con tutti il proprio coraggio, come mostra il video:

Visto che Milano città stato vuole il meglio del mondo a Milano, proviamo a immaginare dove metterlo. Considerato il dislivello e il paesaggio collinare viene da pensare a solo un luogo che potrebbe ospitarlo. Il Monte Stella. Già in passato ha ospitato gare da sci e potrebbe essere simpatico fare partire dalla cima un lungo scivolo che potrebbe spingersi in direzione Bonola o verso lo stadio, sollevato sopra la strada. A meno di non voler creare un’attrazione speciale per il Parco Orbitale. In questo caso potremmo battere il record di Auckland.

Fonte: http://viralmondo.it/lo-scivolo-piu-lungo-al-mondo-ha-600-metri-lo-provereste/.
Foto: www.incredibilia.it

Le 10 cose di cui il milanese è più ORGOGLIOSO

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Il milanese non ama esprimere apertamente le sue emozioni. Però quando lo stimoli sull’argomento è in grado di tirare fuori delle chicche che gli fanno gonfiare il petto.

Le 10 cose di cui il milanese è più orgoglioso

 

#1 Fuorisalone

Per una settimana Milano è il centro del mondo. Nessuno sa che cosa ci sia di preciso ma tutti vanno in giro per la città.
L’avventore tipico del fuorisalone è una persona non particolarmente interessata al design, ma non riesce a resistere a una settimana di inaugurazioni continue. Quindi si improvvisa esperto.

 

#2 La Scala

Il milanese scopre l’esistenza della Scala il giorno della prima. E quel giorno lì prova un desiderio irrefrenabile di parteciparvi. Poi scopre quanto costano i biglietti e cambia idea.

 

#3 San Siro

In realtà si chiama Meazza ma i milanesi lo chiamano San Siro. Di culto nelle partite serali il buffet riservato a chi ha i biglietti top o agli imbucati del Comune. È uno degli stadi più affascinanti del mondo quando è pieno, e uno dei più tristi quando è vuoto.

 

#4 La moda

È l’opposto del Fuorisalone. Sono tutti eventi molto chiusi, ristretti agli addetti ai lavori. Per la maggioranza dei milanesi la moda coincide con settimana di traffico e di gente isterica. Però ogni milanese si sente trend setter e ama che nel mondo la sua città sia considerata la top model della moda.

 

#5 Il Castello Sforzesco

Ospita un sacco di musei che nessuno ha visto, a parte la Pietà Rondanini. A Milano si dice che sia il più grande castello al mondo in pieno centro della città.

 

#6 Il Duomo

È la più grande cattedrale gotica del mondo. Piace più andarci sopra che dentro.

 

#7 Il tram

Odiato e amato. E’ stato venduto anche a San Francisco. È lentissimo, fa rumori insopportabili, imbottiglia il traffico però guai a toglierlo.

 

#8 La metropolitana

Fa ridere che la linea 5 sia stata fatta prima della linea 4. Però è un grande motivo di orgoglio dei milanesi, anche se le sue stazioni sono spesso buie e anonime se confrontate con quelle delle altre città europee. Però basta andare a Roma per capire quanto siamo fortunati.

 

#9 I grattacieli di zona Porta Nuova

Prima di costruirli sono stati stracriticati, ma ora Milano li ha adottati e sono diventati il nuovo centro di gravità del passeggio cittadino. Anche perché sorgono su una piazza che si estende con una spazialità unica per la città.

 

#10 Le inaugurazioni

A Milano ci sono sempre inaugurazioni in cui imbucarsi e poter bere e mangiare gratis, fingendosi un esperto di qualunque cosa.

Foto copertina Leichic.it

Tavoli cultura: scelti i 15 progetti prioritari per Milano Città Stato

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Versailles a Milano? No, sala riunioni al IV piano del workspace Copernico, via Copernico 38, Milano.

Giovedì 4 febbraio 20165 ha ospitato il terzo e ultimo appuntamento del primo ciclo di incontri di Milano città stato, aperti a tutti i milanesi (neo, D.O.C., adottati) di buona volontà.

Sì perché, dopo aver ideato [ecco le 10 proposte dai tavoli del 16 gennaio 2016], dopo aver partecipato [ecco che cosa vi siete persi al Fermo Immagine – Museo del Manifesto Cinematografico], ai tavoli cultura sono stati scelti i 15 progetti prioritari per Milano città stato emersi durante un anno di incontri e di tavoli di ideazione.

Da questi 15 progetti se ne sceglieranno 7 sulla base delle indicazioni dei cittadini. Ma prima di renderli pubblici si sono formati dei gruppi di lavoro per svilupparli in modo dettagliato. A partire da marzo si potrà visionarli e votarli.

crowdfunding milano citta stato indiegogo

ECCO LE PROSSIME FASI DI SVILUPPO DEI PROGETTI DI MILANO CITTÀ STATO


I FASE
1. Sviluppare i progetti in modo più articolato
2. Realizzare un articolo intervistando e coinvolgendo sul progetto opinion leaders della città

II FASE
Gestire una campagna di sensibilizzazione sul progetto per coinvolgere tutta la città

 

#Entro 10 febbraio: Inserimento nuove persone nei team e scelta dei primi capitani
#Entro 19 febbraio: Incontro dei diversi team (con definizione sviluppo del progetto e della stesura dell’articolo con relative interviste)
#22 febbraio: incontro staff centrale con i capitani dei progetti per organizzare i lavori
#Entro 4 marzo: stesura progetto e realizzazione dell’articolo (con intervista a opinione leaders). Verifica per realizzazione di un video a progetto
Fine febbraio/inizio marzo: crowdfunding per finanziare la campagna
Fine febbraio: definizione del direttivo del progetto milano città stato
#Dal 10 al 20 marzo: pubblicazione articoli
#Dal 20 al 31 marzo: contest di votazione popolare e di commenti sui diversi progetti
#Da fine marzo a fine maggio: campagna di comunicazione in città (con eventi e promozione sul territorio e via web)

Chi volesse partecipare a queste attività, può scrivere a: info@milanocittastato.it

 

crowdfunding milano citta stato indiegogo


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