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21 marzo 2016: Giornata Mondiale della Poesia

giornata-poesia-milano 2016

Dove: diverse sedi a Milano (nell’articolo i dettagli)

Costo: ingressi liberi

Quando: lunedì 21 marzo 2016

Il 21 marzo è la Giornata Internazionale della Poesia dichiarata dall’UNESCO (Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Educazione, la Scienza e la Cultura) nel 1999. Lo scopo della Giornata è quello di promuovere la lettura, la scrittura, l’editoria e l’insegnamento della poesia in tutto il mondo e “dare un riconoscimento fresco e un nuovo impulso ai movimenti di poesia nazionali, regionali e internazionali “.

Milano festeggia questa giornata con varie iniziative. Lo stesso giorno è l’anniversario della nascita di Alda Merini e La Casa delle Arti – Spazio Alda Merini di via Magolfa 32 da quest’anno presenta la prima edizione del Premio di Poesia Casa Museo Alda Merini a partecipazione gratuita, per sostenere e diffondere la poesia contemporanea scritta e performativa. L’apertura del bando è proprio lunedì 21 marzo 2016 www.premiopoesiacasamuseoaldamerini.it.
La serata avrà inizio alle ore 19 con una lettura scenica di poesie, seguita da un aperitivo poetico. Il soggetto per la prima edizione del premio è: “Per impegno e per poesia”.

Il Centro Culturale di Milano organizza il Concerto per sole voci poetiche lunedì 21 marzo alle ore 18.30 all’Auditorium Palazzo del Lavoro Piazza IV Novembre 5. Sarà una prima assoluta, ideata da Francesco Napoli, di inediti letti da giovani protagonisti della poesia italiana contemporanea, accompagnati da due maestri direttori, Mario Santagostini e Alessandro Rivali, i poeti si alterneranno sul palco per un’intensa serata di letteratura e dialogo.

Nei caffè Julius Meinl di Milano lunedì 21 marzo si paga l’espresso in versi. Il poeta Guido Catalano sarà alla Pasticceria Bagalà, di Piazza Diaz dalle 11 alle 15, in occasione di Pay with a Poem, paga il caffè scrivendo il tuo componimento in versi. Tutte le poesie raccolte durante l’iniziativa Pay with a Poem saranno poi protagoniste ad aprile di un’installazione top secret nel quartiere più romantico di Milano.

Armatevi di penna e libri, per scrivere, leggere, ascoltare tante poesie.

5 motivi per cui mi piacerebbe andarci

#1. ascoltare il Concerto per sole voci poetiche con le voci dei poeti: Lorenzo Babini, Laura Corraducci, Marco Corsi, Daniele Gigli, Luca Manes

#2. scrivere dei versi per Pay with a Poem

#3. visitare la casa museo di Alda Merini

#4. sentirmi in mezzo a poeti

#5. un’atmosfera bohèmienne

5 cose che mi piacerebbe trovare

#1. poter scegliere versi da far declamare

#2. indicazioni di altre iniziative per celebrare la giornata mondiale della poesia

#3. libri di poesie

#4. cioccolatini

#5. buon vino da degustare

18 marzo 2016. Fuori Affordable Art Fair: Art Night Out – atelier d’artista aperti tutta la notte

affordable art fair 2016 milano
affordable art fair 2016 milano

Dove: Affordable Art Fair, Superstudio Più, via Tortona 27, Milano – Art Night Out, studi d’artista aperti in tutta la città, ecco gli indirizzi: www.affordableartfair.com/milano

Costo: 13 €

Quando: fino a Domenica 20 marzo 2016
Venerdì 18 marzo dalle 12.00 alle 21.00 – Sabato 19 e Domenica 20 marzo dalle 11.00 alle 21.00

Si può esistere senza arte, ma senza di essa non si può Vivere – Oscar Wilde. Questa è la citazione che meglio rappresenta sia Affordable art Fair che l’Art Night Out.
Fino a domenica 20 marzo Milano sarà capitale dell’arte: al Superstudio Più in via Tortona Affordable Art Fair, la fiera dell’arte contemporanea accessibile, opere vendute a un massimo di 6.000 €, proporrà come tema Tra Street art e arte coreana. I collezionisti, gli appassionati e i semplici curiosi sono invitati a scoprire le ultime tendenze del mondo dell’arte, incontrare galleristi e artisti, scegliendo tra le originali proposte delle 84 gallerie nazionali e internazionali presenti.

Novità della nuova edizione è una sezione interamente dedicata alla Street Art, la nuova Pop Art, che invade le strade ma che già da alcuni anni è entrata nel mondo delle gallerie.

Altre sezioni storiche della fiera sono: Main, Young, Fotografia ed Exchange.
La sezione Main è quella dedicata alle gallerie non solo italiane ma da tutto il mondo (Birmania, UK, Emirati, ecc.) infatti l’edizione milanese di Affordable Art Fair ha un fascino sempre più internazionale.

Anche quest’anno ampio spazio ai giovani e alle gallerie emergenti nella sezione Young. In più, ogni pomeriggio, si avrà l’occasione di conoscere meglio i giovani artisti selezionati grazie ad uno “speed dating” che vedrà coinvolti anche i membri del comitato di selezione.

La sezione Fotografia quest’anno è ancora più amplia e tornerà il Photography Day, curato da Denis Curti e dalla rivista Il Fotografo: un’intera giornata dedicata al mondo della fotografia, venerdì 18, con diversi momenti interessanti come il talk con Giovanni Pelloso (alle 18.00) e il workshop con Maurizio Galimberti (alle 19.00).

Dopo il programma di scambio con l’Olanda dell’anno scorso, Affordable Art Fair avrà un nuovo ospite per la sezione Exchange: la Corea del Sud, dove si è svolta pochi mesi fa (settembre 2015) la prima Affordable Art Fair Seoul.

Stasera, venerdì 18 marzo, l’Art Night Out, la notte bianca dell’arte a partire dalle 19.00 invaderà la città e porterà i milanesi alla scoperta degli atelier d’artista e delle più interessanti opere di design e street art attraverso itinerari tematici in giro per la città.

L’indirizzo imperdibile è quello di Area35 (via Arena 35) dove si svolgeranno le aste organizzate da BaseZero, con oltre 100 opere da aggiudicarsi con l’eccitante formula dell’asta al rialzo e dove il prezzo finale lo stabilisce il pubblico, partendo da zero.

Tra le location che coinvolgono il pubblico attivamente: lo spazio di Giovanni Manzoni Piazzalunga (via Bergognone 9/11) con il live painting e quello di Fabio Giampietro dove è addirittura possibile entrare nella pittura grazie all’installazione interattiva dell’artista.

Cuore pulsante dell’evento è il quartiere di Brera, per l’occasione animato da musicisti di strada dell’associazione artisti di strada (progetto a cura di Arianna Riccotti)

Per dare un risvolto internazionale alla serata basta raggiungere gli atelier di M-WAM – Milano World Arts Map, il network degli artisti internazionali che vivono e lavorano a Milano. Alcuni nomi? Gothy Lopez, Ascanio, Liana Ghukasyan e Mahmoud Saleh Mohammadi.

Anche l’area di Porta Venezia ospita location interessanti, come la nuova sede della Whitelight art Gallery nel workspace d’avanguardia Copernico Milano Centrale.

5 motivi per cui mi piacerebbe andarci

#1. entrare nel mondo suggestivo ed Esheriano di Duilio Forte visitando stasera il suo AtelierFORTE www.atelierforte.com

#2. farmi fare un ritratto d’artista dalla fotografa Laila Pozzo, che stasera aprirà il studio www.breakaleg.it

#3. quando avrò fame stasera Arte da Mangiare Mangiare Arte propone un circuito dedicato al “Piatto d’Artista” in vari ristoranti, a cui si affianca il progetto “Vetrine d’Artista”: esposizioni legate al food in insoliti luoghi, tra cui due panifici

#4. visitare lo stand della galleria online di Londra Eyestorm presente per la prima volta ad Affordable Art Fair: questa galleria negli anni ha lavorato con artisti di fama mondiale come Damien Hirst, Jeff Koons e Helmut Newton e, in fiera porta le opere del cinese Jacky Tsai noto per aver realizzato i teschi floreali, icona distintiva delle collezioni dello stilista Alexander McQueen

#5. partecipare in fiera alle Lezioni di storia dell’arte per tutti, per scoprire i segreti della storia dell’arte: oggi ci sarà alle 16.00 Denis Curti che tratterà il tema de “L’ambiguità della fotografia”. Flavio Caroli sabato racconterà al pubblico “Il volto dell’occidente”. Luca Rossi parlerà del “Perché l’Ikea evoluta ci può salvare”

5 cose che mi piacerebbe trovare

#1. bambini che scoprono l’arte contemporanea grazie ai laboratori interattivi organizzati in fiera in collaborazione con Cascina Cuccagna

#2. opere d’arte di qualità

#3. tante persone interessate all’arte e in particolare all’arte contemporanea

#4. suggestioni tra l’arte classica e quella contemporanea

#5. scoprire nuovi artisti

Foto Credit: Courtesy Affordable Art Fair

10 vicini di casa che il milanese odia

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Al lavoro il milanese è una tigre, non teme niente e nessuno. Ma quando torna nella sua tana trova più pericoli che in una giungla.

10 VICINI DI CASA CHE IL MILANESE ODIA

 

#1 La coppia coniglio

Quelli che trombano a tutte le ore. O almeno a tutte le ore in cui tu sei a casa. A pensarci è un po’ strano.

#2 La passeggiatrice di soggiorno

Quella che cammina con i tacchi alle due di notte, senza mai fermarsi. No, non quella che lo fa in Viale Troya. Quella che per qualche ragione lo fa nel soggiorno sopra camera tua.

#3 L’arredatore

Quello che trascina i mobili in giro per la casa cercando di provocare il massimo attrito tra mobile e pavimento.

#4 L’artista

Quello che sta imparando a suonare uno strumento e si impegna talmente tanto che sei tornato a vivere dai tuoi.

#5 L’innaffiatrice

La signora che vive sopra di te, quella con il pollice verde. Un po’ quelle piante rigogliose le invidi, un po’ ti secca avere sempre il terrazzo allagato.

#6 Il pensionato

Ha tic strani, tipo lucidare per giorni il citofono.

#7 Il custode abusivo

Quello che sta sempre all’ingresso o in zona ascensore e sei costretto a salutare.

#8 L’apprensivo

Quello che ha dodici sistemi di antifurto sensibilissimi, collegati a tutti i telefoni dei condomini. Dopo la sesta volta che tutto suona perché una mosca si è posata sul pomello della porta, l’allarme non è più credibile e finalmente arrivano i ladri.

#9 L’innovatore

Quello che passa il tempo a sfogliare cataloghi. Alle assemblee fa continue proposte di aggiungere cose inutili, tipo il corrimano sull’ascensore o l’impianto antifurto per la casella della posta.

#10 Il moralizzatore

Ti riprende per ogni sgarro. Hai sbagliato cesto della raccolta differenziata, hai perso un foglietto, sei rientrato tardi.

 

Special thanks to Ivan Salvagno

Il mistero della banca svizzera emersa in VIA SPADARI: la storia e le immagini

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In via Spadari angolo via Armorari è sparita l’insegna dell’Unicredit e, al suo posto, è emersa una vecchia e misteriosa dicitura:

vonwiller milano instragram zanattitudine

“ivanzenattitude#cordusio #milano #BancaVonwiller in via Cordusio angolo Armorari #banca #urban #urbanshot #milanodavedere #milanonascosta”

Non proprio questa: questa è la testimonianza instagrammata da Ivan Ortenzi, che ha voluto condividere con noi la storia del banchiere Von Willer e di quello che ha fatto per Milano.

Qualche informazione per partire gliel’ha restituita l’articolo “Quegli svizzeri che contribuirono a costruire l’Italia” di Daniele Mariani, pubblicato nel 2011 sulle pagine digitali di Swissinfo.ch.

“[…] Contrariamente a quello che si potrebbe pensare, nei primi decenni del XIX secolo la presenza svizzera era più forte nel Mezzogiorno […]” spiega Mariani, che prosegue: “Molti industriali elvetici seguirono le orme di Egg (Jean-Jacques Egg, giunto a Napoli nel 1812 con 100 famiglie zurighesi per creare a Piedimone d’Alife un cotonificio dotato dei primi telai meccanici; N.d.r), in particolare nel Salernitano, dove erano attive le famiglie Wenner, Züblin, Vonwiller, Meyer… Le loro manifatture erano tutt’altro che aneddotiche (il cotonificio Züblin e Vonwiller impiegava ad esempio ben 1500 operai) nel contesto economico non solo meridionale, ma anche mondiale. Tanto che Salerno era a volte soprannominata la «Manchester delle Due Sicilie»”.

Ed eccoci al nostro Vonwiller, fondatore dell’omonima banca i cui resti sono scarsamente visibili a meno che non ci si affacci dal primo piano del palazzo prospicente (all’angolo con via Armorari – la Piazza della Pinacoteca Ambrosiana, per intenderci), oppure si abbia un occhio particolarmente attente o, ancora, capiti tra le mani una cartolina del 1930, come questa  [continua dopo il salto]:

banca milano cartolina inizio 900
banca milano cartolina inizio 900

(Fonte: Flickr)

“[…] Nei capitali del Credito italiano figurano anche istituti di origine svizzera, come la Banca Vonwiller di Milano, la Kuster di Torino e la Banca commerciale di Basilea […]”, spiega il giornalista.

Chi era Vonwiller?

Il nome di un Vonwiller nelle nostre ricerche compare due volte.

La prima parla di un Davide Vonwiller legato alle figure di Federico Zueblin e di Alberto Escher per lo sviluppo delle filande del Ponte della Fratta, nel salernitano, a partire dal 27 marzo del 1829.

In quel giorno “i tre svizzeri incontrarono i tre fratelli Lanzara, noti costruttori locali, con i quali si parlò di un ambizioso progetto. I sei si recarono sulle sponde del fiume Irno, all’altezza di Pellezzano, per visionare i terreni del principe Doria di Angri e della Mensa arcivescovile di Salerno che, che nell’idea di Davide Vonwiller sarebbero confacenti al loro progetto. Il sopralluogo convinse tutti e una volta acquistati i terreni, Wonwiller si procurò velocemente tutti i permessi in modo che già ai primi di giugno i Lanzara poterono iniziare a costruire uno stabilimento di quattro piani da cui, in ottobre, uscirono i primi filati. La direzione generale della neonata filanda fu affidata a Federico Zueblin, quella tecnica al fratello Corrado mentre il terzo fratello, il giovane Gasper, si stabilì a Castellammare per coordinare sul posto la raccolta del cotone. A Vonwiller fu affidata la direzione della sede commerciale di Napoli e Eischel fornì tutte le macchine e le attrezzature per la produzione. Alle spalle di tutti vegliava Augusto Gruber, tedesco risiedente a Genova e da tempo finanziatore delle imprese del Vonwiller.”

Nel 1833 l’opificio svizzero contava già duecento dipendenti, produceva più di duemila quintali di filato. A 23 anni entra di scena, e pure in società, Corrado Vonwiller e il 7 aprile del 1835 fondò la “Schaepler Wenner & Co.”, “che raggiunse in breve tempo ottimi livelli di produzione, impegnando, tra Angri e Salerno, circa 1200 lavoratori […]
(Fonte: I briganti salernitani – Il Mattino via Facebook)”.

E Milano?

Googolando in rete, tra le immagini, non si può non rimanere affascinati dalle cartoline postali di inizio ‘900 che recano l’immagine del castelletto svettante accanto ai resti del maniero meneghino, in piena Piazza Castello. Souvenir di un tempo in cui i Vonwiller erano i nuovi signori di Milano.

Tuttavia, quella da sapere sui Vonwiller è una storia di banchieri e abili commercianti cominciata nel 1819 con Nicolas Vonwiller, mercante di Burgdorf (Svizzera) che a Milano crea una banca commerciale che porta il suo nome.

Nel 1954, la famiglia Zanon di Valgiurata diventa azionista e, tredici anni più tardi, Morgan Guaranty Trust entra nel capitale: la banca diventa Banca Morgan Vonwiller. Dopo la fondazione della Morval, società di gestione patrimoniale in Svizzera (1974), nel 1989 la società di gestione patrimoniale diventa Banque Morval, dopo aver ottenuto una licenza bancaria (Fonte. Morval.ch).

Si svela così il nome del vero Vonwiller e di cosa svela il fascino di quella insegna emersa dopo decenni in via Spadari. Per chi volesse approfondire e fosse particolarmente fortunato, nel 2009 De Vecchi Editore ha pubblicato, di Vieri Poggiali, “Storia della Banca Morgan Vonwiller”; chi ne sapesse di più, può scriverci (info@milanocittastato.it) per proseguire questa storia di Milano ancora sconosciuta.

PAOLA PERFETTI

Art Night Out 2016: i busker di Milano e la mappa per trovarli tra Brera e Tortona

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ArtNightOut
ArtNightOut

Quando sono tornata da Londra, dopo anni di studio all’estero, mi ha colpito come nel nostro Paese la musica di strada fosse sottovaluta. In qualsiasi altra capitale europea, chi ha il coraggio di esibirsi per le strade cittadine, in metropolitana, in piazza, è visto con rispetto, e considerato un artista con la A maiuscola.

La capitale del Regno Unito ha perfino dedicato la riva sud del Tamigi agli Street Performers: South Bank è infatti considerata una vera e propria meta turistica, quotata anche su Trip Advisor.
Chissà perché invece gli italiani tendono a passare con indifferenza davanti alle prodezze musicali dei nostri artisti. Non so per quale motivo si ha la tendenza a pensare che chi suona in strada sia un clochard che stia suonando per chiedere la carità.

Ho presentato al pubblico diverse idee per cambiare questa percezione, finché quest’anno gli organizzatori della notte bianca dell’arte Milanese (più conosciuta come Art Night Out) mi hanno contattato per promuovere e diffondere l’arte di artisti giovani o poco conosciuti.

Niente di più azzeccato includere anche la musica di strada in questa notte speciale, facendola rientrare nel “cappello” dell’arte.

Il Comune di Milano e l’Associazione di Artisti di Strada di Milano hanno collaborato con entusiasmo all’idea e così il prossimo Venerdì 18 Marzo, dalle 19.00 alle 21.00, 10 postazioni nelle zone di Brera e Tortona saranno animate da musicisti esperti e coraggiosi, perché sfidare l’esibizione in strada non è per niente da tutti. Ecco chi saranno alcuni di loro.

ZONA BRERA

B_ArtNightOut

1. Piazzetta Brera: MARINA MADREPERLA

Genere: live music usando basi audio di un vasto repertorio italiano ed internazionale, con prevalenza di revival dagli anni ’60 agli anni ’90 e indossando accessori ed abiti a tema o addentrandosi nel genere soft d’ascolto e/o disco-dance. Si avvale della coreografia di una postazione mobile che consiste in una strutturina graziosa caratterizzata da un gioco di mille lucine.
Chi è: Marina ha maturato oltre 30 anni di musica dal piano-bar alla sala da ballo ed oggi lavoro quotidianamente sulle strade di Milano con gratificazione personale ed artistica. https://www.facebook.com/MarinaCalabreseMadreperla

2. Via Fiori Chiari – Fronte civico n.10, sul lato civici dispari: MICHELE BUZZI

Genere: Country-folk americano e angloirlandese, chitarra acustica e voce.
Chi è: L’inizio fu nei primi anni ’70 con la pasione per Bob Dylan, capirne i testi e da dove veniva quel suo modo di suonare e cantare. Così è cominciato un percorso all’indietro, alla scoperta delle sue radici, che affondavano nello sterminato patrimonio della musica popolare americana e più indietro ancora di quella angloirlandese. L’esplorazione è durata decenni, perchè il materiale da scoprire, raccogliere e studiare è sterminato: antiche ballate, canti di lavoro, canzoni d’amore e di morte, canzoni dei marinai, ferrovieri, vagabondi, fuorilegge, blues e musiche da ballo…Così un giorno, dopo aver ascoltato dal vivo chi cantava per le strade, nei folkclub e nei pub di New York, Londra e Dublino, Michele si è detto: in Italia pochissimi conoscono questo repertorio, che è in gran parte all’origine di molta della musica che tutti ascoltano, e quasi nessuno lo propone suonando dal vivo. Michele lo sa fare, anche bene. E’ cominciata così un’avventura entusiasmante: scendere in strada con una vecchia Gibson acustica, un microfono ed un piccolo amplificatore, con l’obiettivo ambizioso di far scoprire e conoscere quella musica, come la si potrebbe sentire per le strade di Liverpool. C’era il rischio che non fosse capita, che non incuriosisse e non attirasse l’attenzione. Invece s’incantano naturalmente i turisti americani ed inglesi, che conoscono storie e melodie familiari e magari dimenticate, ma anche gli italiani più attenti e curiosi, di tutte le età, che si fermano per Dylan e Cash, ma poi rimanfono ad ascoltare, sorpresi di scoprire che la cultura musicale che li ha nutriti è anche altro. Quindi l’avventura continua, per le strade e nei locali. https://soundcloud.com/michele-buzzi

3. Via Madonnina – Fronte civico n.27, lato civici pari: ANDREA GULLOTTA

Genere: Il suo appuntamento musicale offre la possibilità di vivere in maniera intima le emozioni delle più celebri melodie.
Chi è: Andrea Gulotta, classe 74, cantante e chitarrista, inizia la sua avventura per le strade italiane ed estere nel 1998. Sceglie proprio la strada per partire per il viaggio alla ricerca della sua arte e dei suoi talenti, “perché la strada è l’unico luogo dove la gente è davvero libera di ascoltarti. La strada è dura e non fa sconti. Impari che quanto ricevi è paragonato a quanto dai al pubblico. Ma quando il pubblico di fronte a te è tanto, capisci di essere sulla strada giusta; sai che hai raggiunto la tua anima, la tua arte“. Oggi ripropone in chiave acustica gli stessi brani di quelle band tra cui spiccano artisti quali Simon & Garfunkel, James Taylor, John Denver, Crosby Stills and Nash, Beatles.

4. Via Formentini – Civico n.8, lato civici dispari: VIRGADO – Virginia Veronesi & Riccardo Anfossi

Chi è Virginia: si è diplomata all’Accademia di Musical “MTS”. Cantante e performer di diversi musical italiani, diventa Testimonial per il talent show X-Factor nell’estate 2014, ottenendo un enorme successo in pochi giorni (+di 360.000 visualizzazioni) e facendosi conoscere sul mercato discografico con il primo singolo “When I Was you”. Nell’estate 2015 si esibisce in un piccolo tour “ON THE ROAD” (nel vero senso della parola) per Milano, attirando l’attenzione di passanti e riempiendo di musica le strade della città.
www.facebook.com/VirginiaVeronesi91
Chi è Riccardo Anfossi: diplomato in chitarra moderna, è chitarrista in numerosi progetti musicali e insegnante. Ha collaborato con vari artisti live e in studio. Accompagna la cantante Virginia Veronesi da circa un anno.

5. Piazza del Carmine – Fronte civico n.1, sotto statua: COCìDA

Genere: grandi successi rock pop e addirittura dance anni ’80/’90 per far ballare e divertire tutti quelli che passano, in modo coinvolgente e frizzante.
Chi sono: Davide Benecchi chitarra acustica, Mariano Ciotto Voce e ukulele,Fabrizio Carriero Percussioni. I COCìDA nascono nel 2007 e viaggiano per l’Italia portando il loro spettacolo encoinvolgente composto da cover pop/rock/funk spesso riarrangiate in versione unplugged. grandi successi. www.cocida.it.

6. Via Brera – Angolo Via Fiori Chiari: GL.EM ACOUSTIC DUO

Genere: due chitarre e due voci per arrangiamenti che spaziano dai Beatles a Ben Harper, dai Police a Cat Stevens, Oasis, Verve, Bob Marley, Stereophonics, fino i più recenti Bruno Mars, Avicii, Asaf Avidan.
Chi è Giulio: ottimo appeal sul pubblico, allo stesso tempo, rilassante e piacevole.
Chi è Enrico: rende unico l’arrangiamento dei pezzi utilizzando la sua esperienza e la sua creatività per personalizzare musicalmente le canzoni che hanno fatto la storia della musica degli ultimi decenni. Oramai conosciuti nella scena musicale Milanese.
https://vimeo.com/glem.

7. Via Brera civico n.23: ROBYBLUES (Roberto Pace)

Genere: Piace molto sia alla vecchia che alla nuova generazione.
Chi è: veterano della musica di strada e busker affermato, Robyblues dedica le sue performance al meglio gli anni ’70. Dai Pink Floyd a Santana, fino ai Deep Purple, colpisce la sua bravura nel maneggiare la chitarra. https://www.facebook.com/Robyblues-Blues-Connections-519951618028984/.

ZONA TORTONA

Via Tortona_ArtNightOut
Via Tortona_ArtNightOut

1. Via Tortona – Fronte Civico n. 27, lato civici pari: EDWIN ONE MAN BAND (Edwin Bischeri)

Genere: voce, Chitarra, armonica, kazoo, cajon e cembali.
Chi è: musicista e cantautore on man band. Edwin è un giovane musicista e cantautore di Milano, con alle spalle anni di esperienze live in gruppi e come solista a livello amatoriale. Dopo una carriera in ambito commerciale, abbandona il mondo economico per darsi totalmente alla sua vera passione, la musica. Da quasi quattro anni si presenta al pubblico sulla strada, nei locali e durante feste private, in veste di “one-man-band”, con un set acustico unico e originale. Ha all’attivo più di cinquecento concerti a Milano e in decine di piazze d’Italia. https://www.facebook.com/EdwinOneManBand

2. Via Tortona Ang. via Gasparre Bugatti: VALERIO PAPA GUITAR (Valerio Papa)

Genere: da 3 anni gira l’Italia con la sua chitarra elettrica proponendo i classici immortali del rock, come i Pink Floyd, Led Zeppelin, AC/DC, Deep Purple facendo del Busking uno stile di vita.
Chi è: Valerio Papa comincia a suonare la chitarra elettrica all’età di 10 anni. Suona con il suo gruppo in pub, piazze e qualche palco più importante, come apertura ai Litfiba al Viper Theater o Battle Of The Band all’Hard Rock Cafè di Firenze. A Milano entra in contatto con l’ambiente dei Busker che lo coinvolge molto rapidamente. https://www.facebook.com/valeriopapaguitar.

3. Via Tortona angolo via Bergognone – Sorpresa

4. Via Tortona 10 – Sorpresa

17 marzo 2016: 5 anni di Santeria Paladini con 5 letture inedite

5 scrittori santeria milano
5 scrittori santeria milano

Dove: via privata Ettore Paladini 8, Milano

Costo: ingresso libero

Quando: giovedì 17 marzo, dalle 19

Da 5 anni Santeria Paladini riempie le serate dei milanesi con appuntamenti diversi e sempre di qualità. Stasera, e per 5 giorni, si festeggiano i 5 anni dall’apertura di questo locale eclettico. Si festeggerà con 5 letture in 5 minuti di 5 autori diversi: ogni autore presenterà un libro inesistente di uno scrittore famoso (tipo il seguito del seguito di Shining, o un “inedito” di Kafka, eccetera).

La selezione dei 5 scrittori è stata fatta da Finzioni Magazine, www.finzionimagazine.it, portale digitale che tratta di libri.
Gli scrittori presenteranno, in cinque minuti, i loro “cinque libri della vita”.
La domanda che Santeria si è posta è questa: “questi libri di cui ci parleranno esistono già, o devono ancora essere scritti?” La seconda.

Una serata di inediti a sorpresa letti da 5 autori: Tito Faraci, Giorgio Fontana, Matteo B Bianchi, Sandrone Dazieri (via videomessaggio), Jacopo Cirillo.

5 motivi per cui mi piacerebbe andarci

#1. scoprire nuovi autori

#2. quali sono i loro libri della vita

#3. parlare di letteratura

#4. festeggiare i 5 anni di Santeria Paladini

#5. sentire che cosa si saranno inventati

5 cose che mi piacerebbe trovare

#1. altri scrittori oltre ai 5

#2. racconti ironici

#3. delle sorprese

#4. tanti lettori incuriositi

#5. un’ atmosfera piacevole

18 marzo 1848: iniziano le 5 GIORNATE della rivoluzione dei milanesi. Ecco la cronistoria degli studenti del Berchet

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Piazza Cinque Giornate, non solo “Il Coin”.
“Fare un Quarantotto”. 1848 e poi. Cosa è rimasto delle Cinque Giornate che segnarono la rivoluzione dei milanesi contro l’oppressore austriaco, in pieno Risorgimento?

Qualche cannonata visibile ancora sul muro di qualche palazzo di Corso XXII Marzo, dicono.

Qualche leggenda: si dice che dal 18 al 22 marzo anime di cani rognosi o di ribelli ancora alle barricate si agitino nei luoghi delle vicende.

Pubblichiamo la cronistoria dei fatti che è stata ricostruita dagli studenti del Liceo Berchet di Milano in una ricerca. “Da leggere tutto di un fiato….”, consigliano.

Le premesse

I fatti rivoluzionari delle cinque giornate furono preceduti da alcuni momenti di tensione con le autorità austriache che è bene ricordare. Il 10 dicembre del 1846 era morto il conte Federico Confalonieri, nobile patriota milanese che era stato imprigionato nel carcere dello Spielberg. Il conte Arese aveva raccolto tra i cittadini i fondi per il funerale che si sarebbe svolto nella chiesa di San Fedele; il 30 dello stesso mese, mentre Achille Mauri aveva curato l’epigrafe da porre sulla porta della chiesa, epigrafe che fu ridotta da un funzionario imperiale al solo: “A Federico Confalonieri”, senza nemmeno il titolo di conte.
Il giorno del funerale la straordinaria affluenza, singolare per quei tempi, destò preoccupazione nella polizia austriaca che tuttavia si trattenne dall’intervenire. La sera stessa, però, in segno di protesta i Milanesi si astennero dall’assistere allo spettacolo della Scala. In seguito l’episodio si sarebbe ripetuto ogni volta che la cantante fosse stata austriaca, e spesso si verificarono rimostranze antiaustriache nei teatri.

L’anno seguente alla morte dell’arcivescovo tedesco Gaisruck, il popolo e la municipalità chiesero con veemenza la nomina di un prelato italiano. La notizia dell’imminente nomina del vescovo Romilli, che rappresentava il ristabilimento della tradizione di italianità del seggio vescovile ambrosiano, e del suo arrivo a Milano fissato per il 5 settembre, diffuse grande entusiasmo nel popolo, che si preparò ad accoglierlo con un monumentale apparato scenografico. I progetti dei milanesi vennero, però, drasticamente ridotti dal governo austriaco, il quale temendo che l’accoglienza del neo-arcivescovo si trasformasse in una dimostrazione politica, addusse pretesti di tipo economico. La sera del 5 settembre si decise, comunque, per festeggiare, di illuminare piazza Fontana con luci a gas.

In quella atmosfera d’entusiasmo, il popolo esplose in grida inneggianti a Pio IX e all’arcivescovo. Non ci furono fortunatamente contrasti con la polizia, al contrario di quello che avvenne l’8 settembre quando per il primo pontificale del Romilli, si ripeté l’illuminazione. Infatti tra l’eccitazione della folla, un gruppo di giovani intonò un coro in onore dell’arcivescovo; la polizia, intollerante, sotto la guida del commissario Bolza, intervenne rapidamente contro i cittadini usando la forza. Questo fu il pretesto per dimostrare che qualsiasi tentativo di rivolta popolare sarebbe stato duramente represso dalla polizia imperiale.
Il peggio venne quando il primo gennaio del 1848 si mise in atto lo sciopero del tabacco. Infatti verso la fine di dicembre si era svolta un’opera di propaganda a favore dell’astensione dal fumo e dal gioco del lotto, monopoli imperiali, grazie soprattutto al professore Giovanni Cantoni. Nel volantino, che egli scrisse, si dimostrava che fumando ogni milanese avrebbe contribuito a un cospicuo aumento delle finanze austriache; con lo sciopero del tabacco l’Austria avrebbe subìto di fatto delle ingenti perdite. Lo sciopero proseguì senza complicazioni per due giorni, ma il 3 gennaio un decreto imperiale minacciò gravi punizioni per i cittadini che avessero proibito ad alcuno di fumare, ignorando quasi del tutto le proteste del podestà Gabrio Casati. Lo stesso giorno fu distribuito ai soldati tedeschi un falso volantino che riportava ingiurie contro le truppe dedite all’alcool ed al fumo. Nel pomeriggio i soldati lasciati volontariamente in libertà si abbandonarono ad atti di violenza ingiustificati contro i civili, provocando numerosi morti. Quest’episodio di violenza suscitò terrore e odio nei milanesi verso il governo austriaco e aumentò le forti tensioni represse a cui il popolo avrebbe dato sfogo di lì a poco.monforte_assalto

Dopo la violenta strage del 3 gennaio, a Milano regnava una calma sepolcrale per paura di nuove repressioni. I milanesi si astennero dalla vita pubblica rifiutandosi di andare a teatro o a balli di gala, ogni rapporto con gli austriaci fu interrotto, poiché i tentativi di protesta da parte del podestà erano stati del tutto inutili. Tuttavia il viceré bandì un proclama nel quale auspicava che si sarebbe mantenuto uno stato di quiete, al fine di evitare ogni ulteriore inasprimento dei rapporti col governo imperiale. L’episodio avvenuto a Milano ebbe ripercussioni: infatti a Pavia nei giorni 8 e 9 gennaio gli studenti scatenarono una rissa con alcuni poliziotti che fumavano sotto i portici dell’università, col risultato di due morti. Nel frattempo a Vienna si optava per una politica intransigente decisa a rafforzare il potere locale. Gli effetti di tale politica non tardarono a venire: il 22 gennaio si decretò l’arresto di Francesco Arese, Cesare Cantù, Gaspare Ordono de Rosales, Cesare Stampa Soncino e molti altri. Il 30 dello stesso mese fu proibito il transito di armi e di munizioni da guerra, mentre l’1 febbraio venne istituita la censura. A Pavia, di conseguenza, avvennero nuovi disordini e a Milano venivano arrestati l’8 sera Ignazio Prinetti e Linz Manfredi Camperio. Tuttavia non si ebbero sollevazioni popolari come non erano avvenute in seguito alle precedenti rivolte di Napoli e della Sicilia. Le costituzioni concesse dagli altri stati italiani, però, e in particolare quella concessa da Carlo Alberto, destarono nei milanesi la speranza, in caso fossero insorti, di un aiuto contro l’Austria. Si andava organizzando infatti una rivolta. La notizia dell’insurrezione a Vienna, giunta la sera del 17 marzo insieme al proclama imperiale, che aboliva la censura e indiceva un’assemblea per il 3 luglio allo scopo di evitare eventuali subbugli anche a Milano, fu il pretesto per organizzare il giorno successivo una manifestazione tutt’altro che pacifica.

La prima giornata: 18 marzo

I milanesi, seguendo il piano del Correnti, avevano deciso di riunirsi la mattina davanti al Palazzo del Municipio per costringere il podestà Gabrio Casati a richiedere il passaggio del governo alla municipalità. Il vice governatore O’Donnel, rimasto solo, poiché il governatore Spaur era fuggito la notte prima, preoccupato dalla gran folla nel Broletto e consultatosi col podestà sull’opportunità o meno di far intervenire le truppe, decise di ordinare a Radetzky di tenersi a disposizione. La folla attendeva intanto l’arrivo di Casati per accompagnarlo, volente o no, fino al Palazzo del Governo in corso Monforte. Il podestà costretto andò quindi nuovamente dal vice governatore, tuttavia la folla lo precedette e invase il palazzo. Quando Casati arrivò, insieme a Bellati e agli assessori Bellotti, Beretta, Belgioioso e Greppi, andò direttamente da O’Donnel, il quale non si capacitava della situazione. Sotto le pressanti richieste della delegazione municipale, il vice governatore firmò tre decreti in cui autorizzava la formazione di una guardia civica, stabiliva il passaggio del governo al Municipio e imponeva la restituzione delle armi della polizia alla municipalità. O’Donnel venne poi fatto prigioniero per iniziativa di Cernuschi e mentre i decreti venivano letti alla massa dei cittadini in tumulto, fu trasportato nel palazzo Vidiserti, ove si recò l’intera legazione. Il feldmaresciallo Radetzky faceva intervenire nel frattempo le truppe e dichiarando l’invalidità dei decreti estorti proclamava lo stadio d’assedio.

Nelle strade avevano luogo, invece, i primi combattimenti e nei pressi della chiesa di San Damiano si costruiva quella che fu la prima barricata. Le campane della chiesa presero a suonare a martello per richiamare al combattimento, e presto tutte le campane della città suonarono con tale veemenza che alcune si ruppero. Le truppe austriache mobilitatesi occuparono subito il Duomo, dall’alto del quale sparavano i cacciatori tirolesi, Palazzo Reale e l’Arcivescovado. In parte si apprestarono anche ad assaltare il palazzo del Municipio, pensando di trovarvi la legazione; Radetzky minacciò inoltre di usare i 200 cannoni che aveva a disposizione, nel tentativo di spaventare il popolo, anche se questo ormai era travolto da un impeto irrefrenabile. Le barricate sorgevano ovunque costruite con qualsiasi cosa fosse a disposizione: carri, carrozze, mobili, barili, tappeti e perfino banchi delle chiese. Ma occorrevano anche le armi, per questo furono messe a disposizione le collezioni dei nobili, furono svaligiati i musei, si recuperò qualsiasi arnese contundente e se ne inventarono di nuovi; dalle finestre intanto pioveva di tutto, dall’olio bollente alle tegole. Verso sera il palazzo del Municipio fu espugnato nonostante l’eroica difesa degli assediati; ma, con gran disappunto del feld-maresciallo, non fu trovata la legazione, che era invece a palazzo Vidiserti. D’altro canto furono fatti prigionieri circa duecento uomini o forse più, tra i quali il figlio del Manzoni, Filippo. Più tardi gli austriaci furono costretti a rientrare al Castello Sforzesco, loro quartier generale, a causa dell’impeto dei rivoluzionari. Al termine della prima giornata infatti, Radetzky era profondamente sorpreso dal carattere forte e unitario della rivolta, cui partecipò indistintamente ogni ceto, tanto da dire in seguito: “Il carattere di questo popolo sembra cambiato come per il tocco di una bacchetta magica“.

La seconda giornata: 19 marzo

L’indomani, la domenica di San Giuseppe, Milano si presentava come una città trincerata. Le barricate sorgevano ovunque; ve n’erano alcune singolari: quella di Porta Venezia, ad esempio era fatta con i lastroni di granito dei marciapiedi, mentre quella di piazza Cordusio, la più strana, era stata costruita con i libri presi dall’Ufficio del Bollo. Gli insorti si organizzavano sempre più. Era passata parola di fare incetta di viveri e di usarli con parsimonia; nelle case venivano praticate aperture per poter creare una rete di comunicazione; il passaggio dei dispacci da una barricata all’altra fu affidato ai martinitt, (i ragazzini dell’orfanotrofio), e le donne, se non combattevano vestite da uomo, rifocillavano gli insorti e cucivano tricolori. Intanto, poiché il podestà e la legazione nella notte si erano spostati dal palazzo Vidiserti in Casa di Carlo Taverna, facilmente difendibile, Radetzky non trovandoli nuovamente ebbe un’ulteriore delusione. La situazione per gli austriaci non era delle migliori: i loro approvvigionamenti si trovavano infatti al Castello, ma essi ritenevano troppo rischioso farseli inviare, temendo che cadessero nelle mani dei ribelli.

Inoltre le barricate ostruivano le già strette vie della città, impedendo il passaggio della cavalleria. Gli scontri più accesi quel giorno, si ebbero a Porta Tosa, Porta Orientale, Porta Comasina e Porta Ticinese. I Milanesi, se da una parte fallirono nel tentativo di riprendere il Broletto e di convincere alla diserzione alcune truppe ungheresi, riuscirono a conquistare piazza Mercanti e Porta Nuova. Qui risplendette l’eroismo di Augusto Anfossi, colonnello nizzardo che si trovava a Milano per caso, il quale riuscì a vincere un gruppo di artiglieri con pochi uomini. Il feldmaresciallo, dal canto suo, minacciò di nuovo di bombardare la città; avvenne, perciò, che i consoli stranieri residenti a Milano scrissero una nota a Radetzky perché si astenesse da un atto di tale disumanità. La petizione fu firmata dai consoli di Francia, d’Inghilterra, di Sardegna, dello Stato Pontificio e della Svizzera, ma non servì a molto. Al calar della notte si verificò inoltre un’eclissi di Luna che incuté brutti presagi.

La terza giornata: 20 marzo

Episodio_delle_cinque_giornate_(Baldassare_Verazzi)Il lunedì seguente, invece, fu una giornata positiva per i ribelli: le truppe imperiali abbandonavano il centro di Milano – il Duomo, Palazzo Reale, il Broletto, la Direzione di Polizia. Finalmente anche le campane del Duomo poterono suonare e, grazie alla temerarietà di Luigi Torelli, sulla Madonnina sventolò il tricolore che infuse nuovo coraggio nei cittadini. L’occupazione della Direzione di Polizia permise la liberazione di molti prigionieri e l’arresto dell’odiato commissario Bolza a cui Cattaneo salvò la vita dicendo: “Se lo uccidete fate cosa giusta se lo risparmiate fate cosa santa“. Mentre per le strade avvenivano questi fatti, in casa Taverna si presero importanti decisioni. La mattina si era costituito un Comitato di Guerra formato da Carlo Cattaneo, Enrico Cernuschi, Giulio Terzaghi e Giorgio Clerici; ed erano stati nominati dei collaboratori municipali. Verso mezzogiorno fu catturato sulle barricate il maggior Ettinghausen in circostanze non chiare: alcuni ricordano che, preso prigioniero, finse di aver una proposta d’armistizio da sottoporre ai capi dell’insurrezione, altri affermano che egli fosse stato realmente mandato da Radetzky per offrire la possibilità di una tregua. Fatto sta che, dopo esser stato bendato, portato a casa Taverna, dapprima discusse l’armistizio solo col podestà. Casati si dichiarò favorevole a patto che venissero accettate delle condizioni, tuttavia preferì consultarsi con gli capi. Entrarono quindi Cattaneo, Torelli, Borromeo, Correnti, Bonfadini e altri, che non riuscivano a mettersi d’accordo sull’opportunità di accettare o meno, quando giunse la notizia dell’eccidio compiuto da soldati tedeschi nella chiesa di San Bartolomeo; allora risolsero di non accettare e il podestà se ne dolse. Al maresciallo che chiedeva una risposta il conte Borromeo disse: ” I patrizi milanesi sono pronti a morire sotto le rovine dei loro palazzi”. Si racconta poi che il maresciallo, aspettando di essere bendato per venir condotto fuori dalla città, poiché fu lasciato libero di vedere come combattessero i milanesi, rispose: “Addio brava e valorosa gente“. Il popolo bisogna dire che fu felicissimo del rifiuto: ormai non sarebbe più stato possibile allontanarlo dalle barricate. Più tardi il Municipio assunse di fatto il governo della città. Quello stesso giorno Radetzky inviò una lettera ai consoli stranieri dicendo che se volevano fare qualcosa per i ribelli potevano assumersi il compito di mediatori in favore di una tregua di tre giorni; i consoli l’avrebbero proposta il 21 marzo. Era stata rifiutata così una prima tregua ma ne sarebbe stata rifiutata un’altra il giorno dopo?

La quarta giornata: 21 marzo

La situazione volgeva al peggio per gli austriaci che erano stati scacciati al di fuori della cerchia dei navigli tranne che per alcuni capisaldi, fra i quali il Palazzo del Genio. Contro di questi si diresse l’azione degli insorti. Intanto nel mattino, in casa Taverna, ci fu un tentativo prima privato da parte del barone Hubner in favore di un’interruzione dello scontro armato; in seguito i consoli in qualità di mediatori presentarono la proposta di tre giorni di tregua a condizioni, però, che parvero svantaggiose per i milanesi. Ebbene, entrambe le offerte furono rifiutate dopo aver sentito non solo il parere dei capi della rivolta ma anche dei combattenti, decisamente contrari. A mezzogiorno, a portare buone notizie fu invece il conte Martini che, inviato dal re Carlo Alberto per chiedere aiuto, riferì del sicuro intervento del re, a patto però che si fosse dichiarato il Governo Provvisorio. Dopo molte incertezze si accettò questa soluzione e insieme al Governo Provvisorio, di cui fu nominato presidente Casati e segretario Correnti, si istituirono: il Comitato di Vigilanza, il Comitato di Finanza, il Comitato di Sussistenza, il Comitato di Difesa e la Guardia Civica, il cui comando fu affidato a Pompeo Litta.

I membri del Governo erano: Luigi Anelli, Antonio Beretta, Vitalino Borromeo, Azzo Carbonera, Gabrio Casati, Cesare Correnti, Antonio Dossi, Giuseppe Durini, Giulini della Porta, Annibale Grasselli, Marco Greppi, Anselmo Guerrieri, Pompeo Litta, Pietro Moroni, Alessandro Porro, Francesco Rezzonico, Gaetano Strigelli e Girolamo Turroni.

Cinque_Giornate_di_Milano_01Tornando a seguire i fatti che avvenivano nel resto della città, ritroviamo gli insorti vincitori. L’assalto al Palazzo del Genio infatti, se pur con gravi perdite, morì anche Augusto Anfossi, portò alla cattura di 160 soldati tedeschi. Parte del merito va però a Pasquale Sottocorno, che, senza curarsi delle fucilate, zoppicando (era storpio), uscì allo scoperto per andare a incendiare il palazzo. Si fece onore anche Luciano Manara che sostituì Anfossi. Più tardi la caserma di San Simpliciano, il collegio di San Luca e l’ufficio di polizia a San Simone passarono nelle mani dei cittadini; e mentre Radetzky, ormai a corto di viveri, meditava la ritirata, si intensificavano i lanci di palloni aerostatici per informare le campagne e spingerle alla rivolta. Il feldmaresciallo si vedeva infatti costretto a preparare un piano per la ritirata; aveva deciso di abbandonare la città uscendo da Porta Romana, ma per far ciò era necessario, in primo luogo, abbattere gli edifici intorno alla Porta perché non vi si annidassero i milanesi, pronti ad ostacolarlo; e in seguito, tenere le Porte sud-orientali, in particolare Porta Tosa, per coprirsi la ritirata. Tuttavia Porta Tosa fu scelta anche dai ribelli come punto da forzare per poter comunicare con le campagne, e sia il feldmaresciallo che gli insorti avevano stabilito di agire il giorno successivo.

L’ultima giornata: 22 marzo

L’assalto a Porta Tosa fu durissimo e si protrasse per tutta la giornata, poiché ribelli e austriaci avevano schierato tutte le forze disponibili. A un certo punto sembrò perfino che gli insorti stessero per cedere, ma l’impeto e il coraggio di Manara rianimarono il combattimento. Egli riuscì infatti a dare fuoco alla Porta, da cui poterono entrare i contadini, anche se, dopo poche ore, le truppe tedesche se ne impadronirono di nuovo, tenendola fino a che non fosse completata l’uscita dell’esercito dalla città, il che avvenne verso mezzanotte. Durante il giorno invece, mentre parte delle truppe difendeva Porta Tosa, l’artiglieria attaccava dal Castello con un bombardamento durato sei ore, così che i milanesi vennero effettivamente impegnati su due fronti. Con l’aiuto dei contadini che a poco a poco riuscivano a entrare, si impadronirono però dapprima di Porta Comasina, poi seguirono Porta Nuova, Porta Orientale, e infine, quando gli austriaci si furono ritirati, a mezzanotte circa, come si è già detto, presero Porta Tosa e Porta Romana. All’alba i cittadini poterono constatare che il nemico aveva abbandonato Milano e la città era finalmente libera.

Per ricordare la vittoria di Porta Tosa in seguito fu ribattezzata la porta stessa, Porta Vittoria per l’appunto, e si indisse un concorso per il progetto del monumento celebrativo ai caduti che sarebbe sorto in luogo della porta. Tale concorso fu vinto da Giuseppe Grandi, a cui si deve l’obelisco, tuttora esistente, che simboleggia lo sforzo di un popolo per la libertà. Per celebrare i combattenti però non si fece solo questo: se ci si sofferma sulla toponomastica delle vie intorno, si possono ritrovare tutti i nomi dei valorosi patrioti che presero parte alla cacciata dello straniero. Sembra strano quanto un avvenimento accaduto oltre 160 anni fa in realtà sia presente, anche se apparentemente lontano dalle nostre coscienze.

Link e fonte: www.liceoberchet.it

“L’Impero di Guerre Stellari come è organizzato?” – L’ULTIMO DINOSAURO, VIDEO#3

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Terzo appuntamento con la video rubrica settimanale a cura di Giacomo Zucco: “L’ULTIMO DINOSAURO”.

In questa puntata, Giacomo Zucco risponde alla domanda: “L’Impero di Guerre Stellari come è organizzato?”

16 marzo 2016. Visita a Il castello di Fabius by Città nascosta Milano

FABIUS - MANI di ferro milano jpg
FABIUS - MANI di ferro milano jpg

Dove: Largo Gustav Mahler, Milano

Costo: € 18 – preacquisto obbligatorio al momento della prenotazione su http://www.cittanascostamilano.it/milano/evento/il-castello-di-fabius-5/

Quando: mercoledì 16 marzo 2016 alle 19, durata visita 90 minuti

A due passi dal Naviglio Pavese sorge Il castello di Fabius, casa dall’architettura lombarda e ottocentesca di due piani, in passato era una stazione di posta per cavalli e diligenze, oltre che per i muli o asini che trainavano da un argine all’altro del naviglio i barconi con le merci. Fabius adibisce a suo castello la parte centrale dell’edificio. Grazie all’associazione Città nascosta Milano, guidata da Alessandra Filippi dal 2010, www.cittanascostamilano.it, mercoledì 16 marzo 2016 sarà possibile visitare il castello guidati dallo stesso Fabius Tita, che per 90 minuti farà scoprire agli ospiti le stratificazioni presenti, le sculture giocose, il tempo che sembra essersi fermato.
Non resta che scoprire questo luogo fantastico.

5 motivi per cui mi piacerebbe andarci

#1. per scoprire uno dei 99 luoghi del libro di Manuela Alessandra Filippi Le chiavi per aprire – 99 luoghi segreti di Milano

#2. ammirare le sculture oniriche di Fabius

#3. entrare nel regno di Fabius, il suo antro da scultore, citando il libro “ha fatto del riciclo una filosofia di vita, un’opera d’arte…arreda reinventando mobili medievali e ottocenteschi, partendo dai rifiuti quotidiani ai quali, con magico tocco, restituisce la vita”

#4. rendermi conto della visione ecologista dell’arte di Fabius

#5. ammirare la cucina medievale con il grande camino funzionante

5 cose che mi piacerebbe trovare

#1. Fabius Tita in persona agghindato con qualcuno dei suoi oggetti scultorei

#2. dettagli inusuali da scoprire

#3. avvicinarmi al suo modo di lavorare “trasforma oggetti sconfitti in opere di perturbante bellezza; distilla unicità dall’ordinario, scarti ferrosi traditi dal tempo, in fenomeniche presenze di androidiana memoria”

#4. vederlo al lavoro

#5. farmi pervadere dalla meraviglia “il privilegio di essere accolti nel Castello è come fare un viaggio a ritroso che richiede abbandono…lasciarsi catapultare al centro di una vita sospesa tra la magia delle saghe medievali e il garbato fluire dei costumi ottocenteschi”

Foto cortesy: Città Nascosta Milano

L’ora della Terra: 5 regole per fare bene al pianeta

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Si celebra il 19 marzo 2016 l’Earth Hour (Ora della Terra) 2016, l’evento mondiale che, partendo dal gesto simbolico di spegnere le luci per un’ora, unisce cittadini, istituzioni e imprese nella comune volontà di dare al mondo un futuro sostenibile e vincere la sfida del cambiamento climatico.

Indetta dal WWF, questa decima edizione vede la collaborazione di Amazon che ha stilato 5 consigli ecologici, cinque semplici pratiche quotidiane realizzabili con prodotti di facile acquisto, per risparmiare sull’energia e sulla bolletta, sì, ma anche per fornire un aiuto concreto al nostro Pianeta.

5 REGOLE PER RISPARMIARE ENERGIA E FAR BENE ALLE CITTÀ E AL PIANETA

#1. Usare lampadine a risparmio energetico

 

Solo nei primi mesi di quest’anno, le vendite online di lampadine a risparmio energetico sono state il doppio rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Solo quelle vendute da Amazon.it nel 2016 sono sufficienti a illuminare un’area di 100km² (la città di Firenze), risparmiando oltre 570kg di emissioni di CO2 in un anno rispetto alle lampadine a incandescenza grazie al ridotto consumo.

#2. Usare le nuove tecnologie

 

Si può risparmiare energia sull’illuminazione preferendo lampade che utilizzano nuove tecnologie di rilevazione di presenza che attraverso il suono e la ricezione dell’eco di corpi in movimento accendono e spengono automaticamente le luci.
La MiniSun, per esempio, è un modello la cui luce si accende automaticamente quando il movimento viene rilevato nei limiti di 5 metri e nell’angolo del fascio (120°).

#3. Internet of Things

 

“L’Internet of Things ci permette di controllare da remoto il consumo energetico degli elettrodomestici” spiega Amazon. Il Contatore di Energia Wireless Efergy E2 Classic è in grado di misurare anche potenze di decimi di Watt – valido sia per privati che per aziende.

#4. Prese intelligenti

Permettono di accendere e spegnere tramite smartphone ciò che è loro collegato in modo da controllare gli apparecchi elettrici in qualsiasi momento e ovunque utilizzando semplicemente una app gratuita per smartphone e tablet.

#5. Termostati intelligenti

Consentono di risparmiare oltre il 30% dei costi energetici e grazie alla possibilità di controllo remoto, imparano le preferenze degli utenti, autoprogrammandosi e monitorando il consumo energetico.

Foto: Amazon

10 cose che i milanesi vorrebbero importare da Berlino

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Una decina di anni fa Milano era ricca e Berlino era con le pezze sul sedere. Oggi è il contrario. In soli dieci anni la città più indebitata e assistita di Germania è diventata la capitale d’Europa.
Forse è proprio questa la cosa che più vorremmo importare a Milano di Berlino: la capacità di cambiare. Vediamo le altre dieci.

10 COSE CHE I MILANESI VORREBBERO IMPORTARE DA BERLINO

#1 la metropolitana che funziona 24 ore su 24 nei weekend
Il milanese prova ansia in una sola occasione. Quando deve rientrare a casa la sera e ha il terrore di arrivare in metropolitana dopo l’ultima corsa. Nel week end questa è una vergogna.

#2 la totale libertà negli orari dei locali notturni

Eredità dei tempi della guerra fredda, Berlino ha mantenuto la piena libertà sugli orari dei negozi.

#3 i parchi aperti di notte

Molti stranieri, specie i più giovani, che vengono a Milano si stupiscono che da noi i parchi vengono chiusi al pubblico di notte. A Berlino non esiste.

#4 la musica elettronica

E’ la patria della musica elettronica che da noi si suonerà solo tra qualche mese e relegata in postacci.

#5 le discoteche
I berlinesi si vantano delle loro discoteche come noi ci potremmo vantare dei nostri monumenti.

#6 i prezzi delle case
Dieci anni fa erano una cosa indecente. Si potevano acquistare case in pieno centro pagandole meno di 1000 euro a metro quadrato. Con 400 euro si pagava un affitto per un bilocale in una zona centrale. Oggi sono aumentati ma non c’è ancora confronto con i prezzi di Milano.

#7 la forte identità di ogni quartiere

Un berlinese non si definisce berlinese ma con il nome del quartiere di dove vive. Ogni quartiere ha suoi confini ben chiari, delimitati da cartelli, un suo municipio e un suo borgomastro. Da noi non si capisce ancora di quale zona si è. 7 o 8? E dove finisce una e inizia l’altra? Mistero.

#8 la metropolitana senza tornelli
Ora da noi bisogna timbrare anche per uscire. Non ci danno tregua. Tornelli, controlli, telecamere. A Berlino non è così. Si entra in metropolitana liberamente, così puoi portare anche biciclette e roba varia, senza problemi. Ci si fida. Ma se poi uno viene beccato senza biglietto sono lacrime.

#9 le startup
Pochi anni fa non esisteva uno straccio di un’azienda. Oggi è una capitale europea delle startup. Ogni nuova azienda che nasce sogna di conquistare il mondo, altro che spopolare fino in Brianza. E ogni famiglia investe dal 5 al 10% dei suoi risparmi in startup, invece che metterle in titoli di stato a tasso ridicolo o in immobili che tanto non verranno mai affittati. Un altro mondo che sembra però più Milano della Milano di oggi.

#10 il fatto che è città stato
Berlino ha una sua Costituzione che si apre proclamando la sua autonomia. Belino è città stato. Decide in autonomia il sistema con cui gestirsi, ha suoi rappresentanti al parlamento nazionale ed europeo, può contrattare con lo Stato ogni disposizione che la riguarda, senza dover intervenire con una apposita legge. Berlino è una città libera, Berlino è città stato.

Andare al mare a Milano: 5 cose da non perdere

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mare_Passage_courtesyMAMMAFOTOGRAMMA-milano

Il Mare a Milano è il titolo della programmazione di appuntamenti dal 15 al 20 marzo 2016 in Triennale Expo Gate, centro propagatore della prossima, attesa, nuova Triennale di Milano.

Il mare è arrivato a Milano ovviamente in forma metaforica: per tale si allude alla marea di eventi culturali ai quali la città è tutta invitata. Si tratta di incontri, workshop, l’esposizione del plastico di via Novara 75, video installazioni, laboratori, live set, aperitivi, degustazioni, dj set e musica dal vivo in una sei giorni intensa, dalla mattina alla sera.

Appuntamento in via L. Beltrami 1, Milano con un palinsesto di occasioni “per scoprire quali opportunità possono nascere dall’avere finalmente il mare a Milano“.

 

5 COSE DA SAPERE SUL MARE DI MILANO DAL 15 AL 20 MARZO

# 1. CHE COS’E’ IL MARE URBANO DI MILANO

E’ un centro di produzione artistica che arriva in zona 7, a Milano, all’interno di due spazi dismessi nei pressi dello Stadio San Siro: Cascina Torrette di Trenno, aperto al pubblico da maggio, e via Novara 75, in costruzione nel 2016 sull’area messa a bando dal Comune di Milano nel 2014.

# 2. MARE D’EUROPA: COSA VUOL DIRE?

Questo nuovo polo culturale è stato costruito sul modello di alcuni importanti centri europei e qui si integrano ricerca artistica e progettazione sociale, “attivando processi di innovazione culturale, progetti di inclusione sociale e pratiche di rigenerazione urbana, con un forte interesse per la dimensione locale e uno sguardo aperto su quella internazionale”.

#3. QUALI SONO I CONFINI DEL MARE DI MILANO?

Temporali: dal 15 al 20 marzo 2016.
Fisici: nelle periferie ovest e fin negli spazi di Triennale Expo Gate di fronte al Castello Sforzesco. Qui, si terranno tavoli di lavoro con esperti italiani e internazionali.

#4. COSA SI FA AL MARE DI MILANO?

Lo studio Mammafotogramma presenterà il video che ha realizzato per raccontare gli spazi di mare con un linguaggio eterogeneo, dall’olio su video al render 3D di Google Earth, dalla più sofisticata ripresa con drone alla rappresentazione pitto-animata dell’edificio, al time-lapse del modellino di via Novara 75.

“Nell’arco dei 5 giorni successivi verranno approfondite alcune tematiche care all’attività di mare, grazie alla partecipazione di esperti italiani e internazionali provenienti dall’ambito istituzionale e da quello indipendente”, spiegano gli organizzatori.

#5. MARE NOSTRUM O DI CHI?

Delle culture urbane: “Sharing urban cultures” (mercoledì 16 e giovedì 17 marzo) è uno degli appuntamenti per metterle in contatto. In questo senso, non mancheranno videoproiezioni, showcooking, workshop, incontri con poeti, economisti, e pure la rassegna, dal 15 al 19 marzo, intitolata “mollo tutto e vado al mare, ovvero 5 giorni di feste, aperitivi… e molto altro ancora”.


INFORMAZIONI:
maremilano.org | info@maremilano.org
facebook – linkedin: mare culturale urbano / twitter – instagram: maremilano

Photo: mare_Passage_courtesyMAMMAFOTOGRAMMA

15 marzo 2016. Ave Cesare

GIULIO CESARE ph Luca del Pia
GIULIO CESARE ph Luca del Pia

Dove: CRT Teatro dell’arte La Triennale di Milano, viale Alemagna 6, Milano

Costo: 25 € + Prevendita

Quando: Dal 15 al 20 marzo 2016. Martedì ore 21.00. Mercoledì – Sabato ore 19.00 e ore 21.00. Domenica ore 18.00 e ore 20.00. Durata 45 minuti.

Nel 1997 ci fu il debutto del Giulio Cesare della Socìetas Raffaello Sanzio firmato da Romeo Castellucci. Allora lo spettacolo e il nome della compagnia segnarono profondamente la scena teatrale e imposero all’attenzione internazionale Castellucci insieme a Chiara Guidi e Claudia Castellucci.
Tratto da Shakespeare e dagli storici latini, ispirato alla tragedia di Shakespeare, torna sulle scene riallestito in “frammenti”: una nuova forma per evocare uno spettacolo irripetibile.

Il regista e drammaturgo di Cesena, che adora rappresentare l’irrappresentabile lo riporta in scena, optando per una versione più corta, scegliendo una serie di momenti emblematici, dei “pezzi staccati per un intervento drammatico su Shakespeare”, come recita il sottotitolo.

Se vi piace il teatro e amate la sperimentazione non fine a se stessa, questo spettacolo non potete proprio perdervelo. Nel salone d’onore della Triennale, meraviglioso! Dal 15 al 20 marzo, più repliche la stessa sera.

5 motivi per cui mi piacerebbe andarci

#1. rivedere la Socìetas Raffaello Sanzio

#2. vedere uno spettacolo unico in un luogo speciale e suggestivo, il Salone d’onore della Triennale

#3. riflettere sui tradimenti quotidiani grazie al Giulio Cesare di Shakespeare,
un dramma esistenziale

#4. rievocare emozioni e ricordi passati

#5. vedere uno spettacolo di qualità

5 cose che mi piacerebbe trovare

#1. persone interessate a un certo tipo di teatro

#2. un pubblico attento e rispettoso

#3. l’amico che mi fece conoscere la Socìetas Raffaello Sanzio

#4. piacere nel vedere lo spettacolo

#5. suggestione da un luogo scenografico di per sè

GIULIO CESARE ph Luca del Pia

Lubiana, capitale green d’Europa

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Lubiana car free
Lubiana car free

L’ambizione è simile a quella di Milano città stato: il modo in cui Lubiana, piccola capitale slovena di matrice medievale, sia riuscita a trasformare se stessa in una città metropolitana di taratura europea e un modello di eccellenza nel settore delle politiche “green”.

LUBIANA. LA STORIA RECENTE.

Collocata sulle sponde del fiume Ljubljanica, che la attraversa delicatamente conferendo a certi stretti passaggi e ponti un carezzevole rumore di ciottoli rotolanti, la capitale della Slovenia è una di quelle capitali d’Europa ancora da scoprire.

“Tutto è molto cambiato da  10 anni in qua” riporta D’Antonio su Citiscope.org.

Il primo passo verso la grande trasformazione di Lubiana è stata l’intera pedonalizzazione del centro storico,che ha regalato il piacere della scoperta della città – piccola, a dire il vero – alla portata di pedoni, ciclisti, i taxi elettrici (i Kavilir, gratis per anziani, disabili i mamme con bambini), e ai pochi bus consentiti.

Come fanno i residenti che abitano nel centro storico? Parcheggiano nel grande garage sotterraneo situato appena fuori dall’area car-gree. “La paura che questo avrebbe potuto uccidere l’economia locale non è mai sorto a nessuno; piuttosto, l’economia e il turismo sono cresciuti nel centro storico“, prosegue l’analisi del giornalista.

La politica di lotta al traffico di Lubiana è una delle ragioni della sua elezione a European Green Capital 2016 dalla Commissione Europea di Bruxelles, titolo che frequentemente è stato conferito a città “green come Copenaghen, Stoccolma o Amburgo.

La scelta della piccola capitale della Slovenia dimostra che: anche città di modeste dimensioni hanno una loro lezione da proporre. E rivela che pure le città più piccole possono compiere uno sconcertante numero di cambiamenti in poco tempo.

LA SVOLTA: IL SINDACO DI LUBIANA – 2006-2016.

“Il merito di questo va a a Zoran Janković, sindaco di Lubiana dal 2006“, prosegue D’Antonio. “Prima della sua elezione, Janković era CEO di Mercator, la principale catena di negozi dei Balcani. In qualità di sindaco, Janković ha steso un piano a lunga gittata per migliorare la qualità della vita della sua città, conosciuta come Vision 2025“.

I suoi punti: trasporti sostenibili, conservazione degli spazi verdi, riciclo, “dando anche la linea guida a dozzine di progetti sulle infrastrutture e altre scelte politiche arrivate in seguito. Fu il sindaco Janković a decide di chiudere il centro città al traffico ben prima che l’idea diventasse popolare”.

In un’intervista proprio a Citiscope, poi, Janković ha dichiarato: “Quando sono stato eletto, non avevo idea della struttura della città. Quando ho steso il nostro programma, l’ho impostato esattamente come se fosse un’azienda, con una strategia e dei target”.

La scelta più coraggiosa e criticata è stata quella della chiusura al traffico del centro cittadini, che Janković ha implementato nel suo primo anno di mandato.

“In questo modo, la campagna della sua seconda elezione si è incentrata sui residenti del centro, che hanno avuto l’opportunità di sperimentare i benefici di un’aria più salubre, strade più sicure, una maggiore quiete negli spazi pubblici. […] Janković è stato eletto per altri tre mandati successivi […].”

“All’inizio non avevo il 100% dei consensi, perché quella del centro cittadino interamente pedonalizzato non era una decisione facile da prendere”, ha ammesso il sindaco di Lubiana, “ma dopo 8 anni posso dire che se oggi chiedessimo con un referendum ai miei cittadini se volessero aprire di nuovo il centro, sicuramente il 90% di loro preferirebbero rimanere nella condizione attuale”

IL CENTRO DI LUBIANA: I 10 PUNTI DEL LABORATORIO GREEN (IN PROGRESS)

  1. La vibrante vis del centro e l’eredità architettonica di Lubiana: da preservare.
  2. Foreste, boschi, aree verdi tutto intorno (circa il 50% dell’area su cui insiste Lubiana).
  3. La Slovenia è stato il primo Stato a ottenere l’indipendenza dopo la Guerra di Yugoslavia (1991).
  4.  La Slovenia è stato il primo Paese dei Balcani a diventare un membro della Comunità Europea, nel 2004.
  5. Contando sull’università locale, Lubiana è una città giovane: 287,000 studenti su 43,000 residenti.
  6. La città è diventata un crocevia di idee e pratiche virtuose prese a prestito dai vicini Italia, Austria e Ungheria.
  7. La denominazione di Green Capital ha attribuito a Lubiana maggiore appeal verso il mercato del turismo e ispira maggiore orgoglio e senso civico da parte dei suoi cittadini.
  8. Eventi locali e attività pianificate nel corso del 2016 sono differenti e affrontano diversi temi (“ad esempio, a gennaio si è lavorato sulla gestione degli sprechi“, continua Citiscope.org).
  9. Il premio ha portato a Lubiana maggior peso anche nei confronti delle altre città: “Prima di essere European Green Capital era impossibile per me visitare il sindaco di Parigi o di Berlino”, ha ammesso Janković, “Dopo il premio europeo ho avuto qualunque porta aperta”.
  10. Negli ultimi mesi, città europee come Bruxelles, Madrid e Oslo hanno annunciato i loro piani di chiusura del centro cittadino, sull’esempio di Lubiana, che prosegue il suo laboratorio per rendere, se possibule, ancora migliore il proprio plan. “Lubiana oggi ha costruito un garage sotterraneo fuori dal centro e ne sta pianificando la costruzione di altri. La città sta anche creando un sistema “park-and-ride” dove i pendolari possono lasciare la loro auto privata; il costo del parcheggio include il biglietto del bus da e per il centro“.

Perché Lubiana incoraggia l’uso della bicicletta: dal 2011, la stessa card usata per far funzionare una bici è utile anche a pagare le tariffe di transito, il parcheggio o l’ingresso in biblioteca. Le bici possono circolare nell’area pedonale – se a passo lento (un’anomalia rispetto alle altre città d’Europa dove, nota D’Antonio, i ciclisti sono tenuti a smontare dalla loro due ruote e procedere a piedi).

Ma il laboratorio procede. Ulteriori approfondimenti su :http://citiscope.org/story/2016/how-ljubljana-turned-itself-europes-green-capital#sthash.VUEK22bl.dpuf

14 marzo 2016. “Percorsi diVersi”, una giornata dedicata alla poesia

percorsi diversi milano 2016
percorsi diversi milano 2016

Dove: in metropolitana, in Galleria e al Piccolo Teatro Grassi (via Rovello 2, Milano)

Costo: a teatro ingresso libero con prenotazione (tel. 0287387707 rsvp@fondazionecorriere.it)

Quando: lunedì 14 marzo, dalle 12.30. Alle 20.30 al Piccolo Teatro Grassi

E’ quasi primavera, si aprono i cuori, oggi facciamoli aprire alla poesia. La Fondazione Corriere della Sera e la Lettura in collaborazione con Atm e Piccolo Teatro Grassi, organizzano a Milano “Percorsi diVersi”, una giornata dedicata alla poesia.

La giornata avrà inizio alle 12.30 con Lisa Capaccioli, Gilberto Giuliani e Simone Tangolo, attori diplomati alla scuola del Piccolo Teatro, che daranno voce a brevi recital di un quarto d’ora, nei mezzanini della metropolitana, prima dei tornelli. Le stazioni toccate dall’iniziativa saranno nove, ognuna abbinata a un poeta. Per i viaggiatori solo il piacere della poesia.

Ecco il programma:
Linea gialla M3:
12.30 a Crocetta Neruda – 13.15 a Missori Whitman – 14.00 a Turati Montale
Linea rossa M1:
12.30 a Cairoli Baudelaire – 13.15 a San Babila Leopardi – 14.00 a Porta Venezia Borges
Linea verde M2:
12.30 a Lanza Merini – 13.15 a Moscova Dickinson – 14.00 a Garibaldi Achmatova

Nel pomeriggio, alle 18.30, un flash mob in Galleria Vittorio Emanuele coinvolgerà i milanesi, che potranno portare un libro da cui leggere la propria poesia preferita.

Per terminare in bellezza la sera, alle 20.30, al Piccolo Teatro Grassi di via Rovello alcuni ospiti proporranno i versi del cuore accompagnati dalle immagini colorate e sorprendenti di Giulio Peranzoni. Sul palco si alterneranno Guido Catalano, Gino e Michele, Giancarlo Majorino, Salvatore Natoli, don Gino Rigoldi, Nadia Toffa e Andrea Vitali. Condurrà la serata la giornalista del Corriere della Sera Serena Danna. L’ingresso è libero solo con prenotazione (tel. 0287387707, rsvp@fondazionecorriere.it).

In metropolitana, in Galleria e a teatro risuoneranno i versi della poesia.

5 motivi per cui mi piacerebbe andarci

#1. una giornata di sole e la poesia, un’accoppiata perfetta

Percorsi DiVersi locandina
Percorsi DiVersi locandina

#2. essere stupita in metrò, di fretta, da un quarto d’ora di ascolto di versi inaspettati

#3. scoprire quali versi di Leopardi siano stati scelti

#4. partecipare a un flash mob “poetico” in un luogo super suggestivo, la Galleria

#5. la curiosità di vedere le immagini accoppiate alle poesie, al Piccolo teatro Grassi

5 cose che mi piacerebbe trovare

#1. persone in metrò che si fermano ad ascoltare nonostante la fretta e gli impegni

#2. lo stupore e la gioia negli occhi dei viaggiatori

#3. in Galleria persone che con cura hanno scelto i propri versi

#4. l’ascolto educato della lettura delle poesie

#5. una serata speciale

Le 10 frasi sintomo di PAZZIA tipiche delle milanesi

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Sembrano banali, quasi inoffensive. Ma ci cascano tutti.

donne milanesi

Le 10 frasi sintomo di pazzia tipiche delle donne milanesi.

 

#1 “Andiamo a prendere un caffè a Bellagio?”

Bellagio è il posto più scomodo da raggiungere su lago di Como. Tu azzardi: “Ma non possiamo fare tutto il week end?”. Risposta di lei: “No, mi va solo un caffè”.

 

#2 “Ci sono i collant in offerta da Calzedonia a Serravalle”

Tu: “Cazzo, sono 100 km ad andare, 100 a tornare, con quello che spendo ti regalo tutte le calze che vuoi”

Ma lei: “Sì, ma hanno proprio l’offerta del colore che voglio io”

 

#3 “Vediamoci stasera. Sei libero?”

Tu rispondi:  “Sì certo. Dammi solo 10 minuti”. In quei 10 minuti sposti gli appuntamenti con primi ministri, papi e persone con cui ci sono voluti 5 mesi per avere l’appuntamento. Ma quando sei pronto ad uscire, lei: “Scusa ma possiamo fare un’altra volta? C’è il gatto che non sta bene”. Alle tue rimostranze, lei, gelida: “Tanto avevi detto che eri libero”

 

#4 “……”

Tu: “Tutto bene?”. Silenzio. “Perché non rispondi?”. Silenzio. “Cosa ne faccio dei biglietti di Formentera?”. Silenzio. Il silenzio di lei è calato all’improvviso, senza segnali premonitori, perdura di fronte a qualunque domanda, nessun cenno di vita malgrado tuoi tentativi infiniti di sapere almeno se è viva.

Dopo questo periodo che va dai tre mesi ai due anni lei riappare, sulla chat di Facebook, con la frase: “Ciao, come stai?”

 

#5 “Saremo solo noi due”

Lei insiste per andare a Sankt Moritz promettendo mari e monti e soprattutto intimità. Per tutto il viaggio ti fai strani viaggi, mentre lei parla di baite e di amplessi al suono del camino. Arrivati c’è la parata degli ex, con code come all’Expo per salutarla che vanno avanti tutto il fine settimana. Non riesci a stare solo con lei neppure in seggiovia. Anzi, non puoi nemmeno assentarti 5 minuti perché rischi che se la faccia qualcuno. E che diventi lo stambecco dell’hotel.

 

#6 “Ma perché mi fidanzo sempre con quelli sbagliati?”

Tu vorresti risponderle: “Perché ti fidanzi con tutti tranne che con me!”. Però intanto sei l’unico pirla a tirarla su alla fine di ogni storia sbagliata.

 

#7 “Dimostrava più della sua età”

Lui 15 enne.

 

#8 “Devo preparare le valigie”

Finalmente si parte per la vacanza che hai pagato tu. Il primo segno è che si prende una giornata intera per preparare le sue cose. Tu devi lasciare le tue cose, tipo la tavola da surf nonostante andiate nel paradiso dei surfisti e dove dovrai noleggiarne una per lasciare spazio alle sue valigie.

E quando le fai notare che hai portato qualcosa in meno, lei fa la vittima: “Ma non hai visto che ho portato meno costumi?”

 

#9 “Chiamami quando esci di casa”

Tu chiami, parti, arrivi, aspetti sotto e aspetti. Lei ha il telefono occupato. Non risponde al citofono. Tu aggiorni lo status 15 volte. Vedi vari video su Youtube. Le mandi messaggi. Alla fine basta, cedi e vai a casa. Dopo due ore lei manda il messaggio: “dove sei finito?”.

Poi spiega: “Ho dovuto chiarire con il mio ex”

 

#10 “Facciamo una follia d’amore”

Questa è la fine di tutto. Partire all’improvviso, arrivare a destinazione, percorrere tutta la costa per trovare l’hotel giusto, perché non va bene niente, nonostante siate nel posto più ricco di disponibilità del mondo, non si riesce a trovare nulla, uno non va bene perché è troppo isolato, nell’altro c’è troppa gente, uno è sporco, l’altro sembra un ospedale, uno è da barbone, l’altro è troppo pettinato, a questo punto meglio tornare a casa.

Leggi anche: Coltelli, machete in centro a Milano e una generazione che continuiamo a non volere ascoltare

MILANO CITTA’ STATO

12 marzo 2016. Morte di Danton diretto da Martone al Piccolo Teatro Strehler

morte di d'anton
regia mario martone 2016 gennaio teatro stabile di torino

Dove: Piccolo Teatro Strehler, Largo Greppi 1, Milano

Costo: platea 33 €, balconata 26 €

Quando: fino domenica 13 marzo 2016, sabato 19.30 – domenica 16.00

Solo fino a domenica 13 marzo 2016 è possibile vedere al Piccolo Teatro Strehler Morte di Danton – La Rivoluzione vista da Georg Büchner con la regia e l’allestimento di Mario Martone.

Oltre alla maestria del regista Martone è possibile ammirare in scena una compagnia di grandi interpreti, tra cui: Giuseppe Battiston (nel ruolo di Georges Danton), Paolo Pierobon (Robespierre), Iaia Forte (Julie, moglie di Danton), Paolo Graziosi (Thomas Payne), Alfonso Santagata (Lacroix), Roberto De Francesco (Philippeau). Lo spettacolo, che vede impegnati in palcoscenico 30 attori e 20 tecnici, è prodotto dal Teatro Stabile di Torino – Teatro Nazionale.

In soli ventiquattro anni di vita, Georg Büchner ha lasciato alcuni tra i testi più significativi del teatro moderno come Woyzeck. Scritto a 21 anni in sole cinque settimane tra il gennaio e il febbraio del 1835, Morte di Danton (Dantons Tod) descrive l’atmosfera degli ultimi giorni del Terrore, la caduta di Georges Jacques Danton nel 1794 e l’antagonismo con Maximilian Robespierre.

La morte di Danton ha avuto rari allestimenti in Italia, è stato messo in scena da Giorgio Strehler, Jean Vilar e più recentemente da Robert Wilson, Thomas Ostermeier, Christoph Marthaler.

Siate curiosi quindi di vedere la messa in scena di Mario Martone di quest’opera molto contemporanea nella nuova traduzione per Einaudi di Anita Raja.

5 motivi per cui mi piacerebbe andarci

#1. “assaporare” l’allestimento e la regia di Mario Martone

#2. osservare e capire la contrapposizione tra i due protagonisti della Rivoluzione francese, compagni prima e avversari poi

#3. ammirare Giuseppe Battiston in un ruolo storico, il rivoluzionario Danton

#4. capire la furia giacobina e rivoluzionaria di Robespierre

#5. interpretare sotto una nuova luce la Rivoluzione francese, dal punto di vista di Georg Büchner

5 cose che mi piacerebbe trovare

#1. una ghigliottina

#2. un testo ricco di passione verso un ideale forte

#3. libertà di pensiero e di azione

#4. la coscienza di trovarsi dalla parte giusta della storia

#5. un testo e una realtà super contemporanea

CITTA’ STUDI – 10 motivi per amarla!

Luigi Lorenzo Secchi - Piscina Romano - via Ampere 20 - Ph. Modalitademode

Città Studi: ci sono nata e ci sono nati i miei genitori quindi sì, sono Città Studi doc!
Ne sono orgogliosa perché è una zona di Milano ricca di storie e suggestioni diverse.
Ecco a voi i miei 10 motivi per amare questo quartiere di Milano, e se vi va e credete che ne abbia dimenticato qualcuno, aggiungetene.

10 MOTIVI PER AMARE CITTÀ STUDI

#1. Attraversata da parchi e giardini

È verde….ci sono tanti parchi facilmente raggiungibili anche con i mezzi e giardini pubblici, oltre a tutta una serie di condomini e villette con giardini privati.

#2. Caratterizzata da diverse generazioni

giardini piazza leonardo www.z3xmi.it
Vi convivono generazioni diverse a stretto contatto. Di giorno è letteralmente invasa, soprattutto d’estate e in primavera, dagli studenti. È bello vederli stesi sui prati di piazza Leonardo da Vinci a studiare, rilassarsi, mangiare. Durante la giornata i pensionati la percorrono, magari lamentandosi che qualcosa non va, ma ci sono. La sera è tranquilla, si riposa.

#3. Il motivo del suo nome

Citta_studi_1930
Citta_studi_1930

Non a caso si chiama Città Studi: il Politecnico e tutte le facoltà scientifiche abitano edifici storici e moderni.

#4. Tradizione e innovazione coesistono

Ci sono una varietà di vecchie botteghe, negozi e negozietti, trendy e non solo, tanti ristoranti e locali, le gallerie d’arte sono delle chicche da scoprire.

#5. Vivacità

È una zona della città viva, rispecchia e contraddistingue un’anima di Milano, riservata ma operosa, dinamica e tranquilla.

#6. Il nuovo design

Durante il salone del mobile la zona Ventura-Lambrate, ai confini di città studi, è il luogo più interessante della manifestazione, questo grazie a editori illuminati che ne hanno fatto già anni fa, insieme a galleristi, il loro quartier generale.

Luigi Lorenzo Secchi, Piscina Romano, via Ampere 20 - Ph. Modalitademode
Luigi Lorenzo Secchi, Piscina Romano, via Ampère 20 – Ph. Modalitademode

#7. Curiosità

Invoglia a scoprirla, cercando i suoi luoghi verdi, angoli e scorci inattesi. Penso per primo al “Cremlino”. In piazza Leonardo da Vinci angolo via Colombo, si trova un edificio bizzarro, simile al Cremlino. Venne così definito dal mitico prof. Drugman, docente di Storia e Museografia alla facoltà di Architettura del Politecnico.

#8. Senso di appartenenza

Qui i locali resistono nel tempo e si migliorano, c’è una radice storica e di appartenenza forte. Penso al Pub Matricola e al birrificio di Lambrate.

#9. Architettura da scoprire

È un bel quartiere residenziale tranquillo ma vivace.

Credits: modalitademode – Chiesa di San Luca Evangelista

#10. La posizione privilegiata

Ci sono molti mezzi pubblici (metro, bus, tram) che collegano a tutta la città e in 15 minuti a piedi si è in pieno centro.

MICHELA TARTAGLINO MAZZUCCHELLI

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Corrado Passera: Milano Città Stato è il più interessante progetto che ci sarà in Europa nei prossimi anni
“Proviamoci. Mi impegnerò personalmente”. Beppe Sala a Milano Città Stato

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Londra, tunnel sotto la città contro lo smog – VIDEO

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Mobilità sostenibile e reimpiego di intere zone della città in stato di degrado sono due problemi che affliggono molte metropoli.

A Londra la soluzione è arrivata dallo studio di architettura Gensler – in collaborazione con PaveGen Systems e Momentum (London Planning Awards), ma “è soltanto uno dei progetti di mobilità sostenibile che dovrebbero vedere la luce a Londra nel prossimo futuro”, spiega Thenexttech.startupitalia.eu

“London Underline”: è questo il nome del progetto di piste ciclabili sotterranee, green e ipertecnologiche che mira al decongestionamento del traffico cittadino e al riutilizzo di vecchi tunnel dismessi della vecchia linea metropolitana, migliorandoli per sicurezza, utilizzo e fruibilità (all’interno, sono stati aperti anche negozi, ristoranti e bar).

Se la proposta di andare a vivere sotto il mare era parsa alquanto curiosa, ad altri la (ri)creazione della massiccia rete sotterranea e inutilizzata è parsa manna dal cielo.

I benefici auspicati da London Underline

  • moltiplicare le possibili soluzioni per il decongestionamento delle città
  • ridurre il traffico
  • diminuire l’inquinamento
  • recuperare intere aree dismesse della città
  • offrire nuove opportunità di impiego (anche professionale) agli abitanti
  • garantire aria più salubre e trasporti più agevoli
  • proporre alternative al traffico a costo 0, che fanno bene alla salute  e alle tasche [“A fronte di 28 minuti e una spesa di ventotto sterline in taxi a Londra, la stessa destinazione può essere raggiunta in sella alla nostra due ruote in soli sette minuti, senza spendere neanche un penny e praticamente azzerando le emissioni di co2″, spiega Thenexttech.startupitalia]

A Londra, la Underline mira ad andare dal centro alla periferia in 30 Km in per quella che potrebbe diventare la pista ciclabile più lunga d’Europa (ma una proposta c’è anche a Milano, ricordate Vento?).

A tutto questo dovrebbe aggiungersi anche la SkyCycle di Norman Foster: “una ciclabile sopraelevata che, sviluppandosi al di sopra delle linee ferroviarie suburbane, promette di non intralciare il traffico cittadino”, prosegue la nostra fonte.

Il bello, è che questa “città sotto la città” sarebbe completamente autosufficiente:  

  • per la pavimentazione “energetica”: “si chiama Pavegen la superficie dotata di sofisticati sensori che, sfruttando il movimento di pedoni e ciclisti, è in grado di convertire l’energia cinetica in elettrica e stoccarla per usi futuri” (Thenexttech).
  • perché muove l’economia: “L’affitto di spazi commerciali poi, con il proliferare di negozi e centri culturali, oltre a rendere i tunnel più attraenti e sicuri, dovrebbe portare nelle casse comunali il denaro sufficiente per la sua manutenzione”(Thenexttech).
  • perché migliora la metropoli bike friendly.  «Ora che Londra ha raggiunto il livello più alto di popolazione nella sua storia (è la città più popolosa d’Europa con quasi 8 milioni e mezzo di abitanti, ndr.) abbiamo bisogno di pensare in modo creativo a come massimizzare le potenzialità delle nostre infrastrutture», sottolinea Ian Mulcahey, co-direttore di Gensler London.” (Thenexttech)

Il recupero dei vecchi tunnel della metro da trasformare in vere e proprie piste ciclabili sotterranee, corredate dalla presenza di negozi, bar e ristoranti. nonché “l’adeguamento delle gallerie della metropolitana dismesse e di binari ferroviari in eccedenza –” rappresenta un’alternativa salubre sotto molti aspetti, oltre a confermare il ruolo di capitale bike friendly di cui la città del Tower Bridge va così orgogliosa.

Ad oggi, diversi sono stati i tunnel individuati dal team Gensler per la riconversione: sulla Piccadilly Line – che va da Holborn alla stazione abbandonata di Aldwych – e la Jubilee Line, da Green Park a Charing Cross. Per collegare destinazioni pedonali strategiche poi, si è pensato anche a dei percorsi minori, come a Goodge Street – in pieno centro città – e a Stockwell, nel sud di Londra.

Ecco come sarà Londra – in questo video. E Milano!?

(Fonte: Gensler; Thenexttech.startupitalia)

Le 5 cose più amate dai ragazzi di Milano

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Sei un ragazzo milanese? Dimmi la verità, quanto ti piace lavorare?

Poche cose riempiono di gioia i ragazzi milanesi più di dire che in questo periodo stanno lavorando molto. Ovviamente con il termine lavorare si intende passare del tempo in ufficio. Quindi non serve realmente portare a termine dei compiti, basta consumare più di tre caffè alla macchinetta o al bar e può essere considerato lavoro.

Dopo tutto questo caffè serve un po’ di svago.

Vediamo quali sono le 5 cose più amate dai ragazzi di Milano.

ragazzi di milano

#1. Derby allo stadio.

Non importa come sta andando il campionato di Inter e Milan. Non importa se la tua squadra del cuore è l’Ascoli. Non importa se la tua ragazza minaccia di tradirti con il postino se domenica sera la lasci sola per andare allo stadio. Il derby ha un sapore inconfondibile.

È calcio distillato, è la quinta essenza della sfida. Non si può raccontare a parole l’emozione di un derby vissuto nel vivo del Meazza. Ma vi assicuro che può dare dipendenza.

 

#2. Calcetto con gli amici (o altri sport sempre con gli amici)

Passando dallo sport guardato a quello giocato, il campo diventa più piccolo. Il calcetto tra amici è l’unico vero momento di aggregazione maschile che mette tutti d’accordo.

Molti milanesi sostengono che i veri amici sono quelli che non ti lasciano mai solo quando ti manca il decimo.

 

#3. Avere un invito gratuito dove normalmente costa un sacco

La parola d’ordine è “evento esclusivo”. Di solito è esclusivo nel senso che non puoi permetterti di andarci perché costa troppo.

Ma cosa succede quando scopri che puoi entrare gratis?

In questo caso il milanese viene colto dall’impulso di esserci costi quel che costi (anche perché in questo caso non costa nulla) per vedere da vicino la gente ricca.

 

#4. Trovare parcheggio

Niente ti fa sentire potente quanto dire a chi ti chiede se liberi il parcheggio che non stai andando via.

Tu sei l’automobilista giunto nel luogo poco prima di lui, e grazie a questi pochi secondi di anticipo ora la tua macchina è parcheggiata.

 

#5. Provarci con una

I milanesi amano farsi belli. Però questo desiderio apre un dilemma gnoseologico: come posso essere sicuro di essere bello?

Non posso dirmelo da solo, sarebbe troppo facile. Il modo migliore è quello di farselo dire da una ragazza.

Ne consegue che devo provarci con il maggior numero di ragazze possibile per capire in modo statisticamente significativo se sono bello oppure no.


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