Il nome SUDS (Sustainable Urban Drainage Systems) dirà poco. Diciamo che da vent’anni in qua Stati Uniti, Gran Bretagna e Australia hanno sfruttato al meglio le rispettive ricerche nel campo della gestione dei deflussi meteorologici e che i “Rain gardens”, letteralmente “giardini della pioggia”, sono quanto di meglio siano riusciti a realizzare – e a rendere replicabile – come modello di sostenibilità e manutenzione.
Detto in soldoni: hanno trovato il modo per rendere un successo una catastrofe, ovvero dare forma a spazi verdi, giardini appunto, che sfruttando la caduta dell’acqua piovana diventano
- una soluzione economica per combattere la contaminazione delle acque piovane;
- una soluzione per i danni connessi alle calamità naturali;
- uno strumento per rallentare e drenare il flusso delle acque in entrata nei terreni (tale da ridurre la possibilità di fenomeni alluvionali a valle, anche);
- uno strumento per filtrare e depurare il runoff inquinante (viene così definita la corsa dell’acqua piovana di ruscellamento e deflusso urbano);
- un habitat per la fauna selvatica in ambito urbano;
- un sistema drenante dell’acqua piovana;
- uno strato di pacciamatura: “è molto importante per rimuovere l’inquinamento organico grossolano e le particelle sospese contenute nell’acqua piovana, è utilizzato anche per mantenere umido il terreno così da garantire le giuste condizioni di vita per le essenze vegetali”, spiega la nostra fonte, Rinnovabili.it.
Qualche disegno che abbiamo selezionato in rete spiega come:
Come si riconoscono i “giardini della pioggia”? Si presentano come delle leggere depressioni del suolo ricoperte a verde simili a delle aiuole.
Quale acqua raccolgono? Quella piovana proveniente principalmente dai tetti degli edifici, dalle sedi stradali e dalle grandi aree pavimentate.
Esattamente come farebbe una foresta quando le radici trattengono gli scrosci d’acqua e, con le loro radici, filtrano la pioggia lasciandola penetrare a poco a poco nel terreno.
Non nella terra ma all’impianto fognario viene lasciata l’acqua dei Rain Gardens, che così affluisce on modo costante, meno impetuosa, più pulita.
“Così facendo, i Rain gardens, soprattutto se utilizzati su grande scala, aiutano sensibilmente a limitare il fenomeno dell’allagamento stradale e persino a ridurre del 30% la concentrazione di agenti inquinanti nel sistema idrico ricettore. Inoltre, è bene sottolineare che tali sistemi filtranti vegetati vengono progettati per avere tempi di drenaggio delle acque accumulate, dopo l’evento atmosferico, non superiori alle 12-24 ore, così da prevenire il ristagno delle acque e la proliferazione degli insetti”.
Isole verdi nel manto stradale che ci proteggono, oltre ad essere un bel vedere. Sarebbe bello se, con le dovute precauzioni, fossero usate anche su certe strade a veloce scorrimento di Milano. Voi, dove ve le immaginereste?
Per informazioni tecniche: http://www.rinnovabili.it/greenbuilding/rain-gardens-contrastare-allagamenti-ambito-urbano-543/