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Il «Riviera Express»: quando ripartirà il treno diretto Milano-Mosca?

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Prima per la pandemia, poi per il conflitto Russia-Ucraina uno dei viaggi in treno più suggestivi d’Europa, il più lungo da Milano senza cambi, è stato sospeso. Scopriamo il suo tragitto e la situazione attuale del servizio.

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Il «Riviera Express»: quando ripartirà il treno diretto Milano-Mosca?

# Il treno da Milano a Mosca è stato fermato dai tempi della pandemia

Credits nick_photoarchive-pixabay – Mosca Belorussky, stazione di arrivo

La pandemia da Covid-19 ha fermato il treno diretto a Mosca. Ormai dalla prima ondata, febbraio 2020, il convoglio in partenza la domenica mattina alle ore 4.37 da Milano Rogoredo non ha più viaggiato. Anche perché riassorbito lo choc del Covid ci si è messa di mezzo la guerra in Ucraina. Ma torniamo al viaggio Milano-Mosca. Vediamo quanto dura, quali Paesi attraversava e quanto costava un biglietto.

# 40 ore di viaggio senza cambi

Credits russianrail.com – Tragitto Treno Nizza-Mosca

Il viaggio in treno da Milano Rogoredo verso Mosca è il più lungo tragitto che si possa fare partendo dalla nostra città senza effettuare cambi, dura 40 ore, anche se il locomotore viene sostituito all’ingresso di ogni Paese. La partenza della linea che è attiva dal 2010, denominata Riviera Express, avviene da Nizza. Lungo i suoi 3.318 km ad una velocità media di 66km/h attraversa altri 5 Paesi oltre all’Italia prima del capolinea: Austria, Germania, Repubblica Ceca, Polonia e Bielorussia. Tra le fermate nel nostro Paese oltre a Milano, ci sono San Remo, Genova, Verona e Bolzano, per un totale di 26 stazioni sull’intero tracciato. Tutto questo è al momento sospeso. Ma quali sono le caratteristiche del mitico treno?

# Ci sono anche le carrozze lusso e il prezzo del biglietto può arrivare a superare i 1.000 euro

Il treno della Compagnia Federale dei Viaggiatori, filiale delle ferrovie russe RZD, si compone di 12 vagoni di cui 2 ristorante ed è dotato di cabine con letto e bagni con doccia, aria condizionata e riscaldamento, ma è assente il wi-fi per connettersi a internet. A bordo possono salire massimo 156 viaggiatori. Prima dello stop i prezzi partivano da 300 euro, per un posto nell’unica carrozza di seconda classe, per salire nelle 6 di prima classe fino a superare i 1.000 euro nelle 3 carrozze di lusso. In dotazione ad ogni passeggero, salvo che non sia incluso nella tariffa e quindi da pagare a parte, c’era la biancheria in pacchi sigillati: due lenzuola, una federa e un asciugamano.

Ancora più dettagli su questo treno li trovate qui: Da Rogoredo ogni settimana parte un TRENO diretto a MOSCA

FABIO MARCOMIN

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Come da Milano si immaginano le strade di Roma

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Horror metropolitano.

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Continua con: Quando ti svegli la notte e ti ricordi che hai parcheggiato in strada a Milano

SMAILAND, “il sorriso di Milano”: ogni giorno su milanocittastato.it

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Quando Umberto Eco arrivò a Milano

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Nato ad Alessandria, ha studiato a Torino, ha vissuto molto a Bologna ma è a Milano che è diventato davvero grande.

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Quando Umberto Eco arrivò a Milano

# Da contadino a intellettuale: una vita in trasformazione

Ph. @trabalhosujo IG

Quando Umberto Eco arrivò a Milano, bazzicando tra il Giamaica di via Brera e il Blu Bar di Piazza Meda, si vantava di essere un provinciale della “periferia” meridionale del Piemonte. Ben presto si accorse che nella metropoli, “capitale morale” d’Italia, l’atteggiarsi troppo da “contadino” che ce l’ha fatta a diventare un raffinato intellettuale, alla lunga non paga. Così nelle chiacchierate a base di scotch whisky o  Martini Dry, con il filosofo Enzo Paci, il pittore Enrico Baj, piuttosto che con il musicista Luciano Berio, Eco si affrettava a vestire i panni di chi è abituato a destreggiarsi nei salotti delle grandi città, parlando più dei propri vissuti torinesi (dove si era laureato in Filosofia nel 1954, ovviamente con lode) che delle origini alessandrine.

93 anni fa (il 5 gennaio 1932) nasceva Umberto Eco, da papà Gino e mamma Rita Bisio: da giovane era iscritto all’ Azione Cattolica, poi divenne un riferimento per la sinistra. In principio fu  estimatore di San Tommaso d’Aquino (ci ha fatto pure la tesi di laurea), successivamente passa all’ateismo più convinto. Umberto Eco non ha mai smesso i panni di colui che si forma e si trasforma, in un dinamismo a cavallo tra l’ingenuità di un provinciale e la furbizia dell’intellettuale. Eco, a quasi nove anni dalla scomparsa, rimane un punto di riferimento indelebile nella cultura, italiana ed internazionale.

Nacque ad Alessandria, da bambino frequenta l’oratorio di San Francesco, per le superiori sceglie il Liceo Classico della propria città, fino a pochi anni fa dedicato all’astronomo “Giovanni Plana” e oggi intitolato allo stesso Eco. Poi andò a Torino a studiare filosofia, sotto la guida di Luigi Pareyson, uno dei maggiori filosofi italiani del ‘900. Il primo libro Umberto Eco lo scrive all’età di 24 anni, riprendendo la tematica della tesi di laurea su San Tommaso e l’estetica. Nel 1954 entra alla Rai, come cronista, ma avendo l’incarico di creare una televisione in grado di offrire un prodotto innovativo e moderno, fa parte del team che studiava e pensava i programmi da offrire ad un’Italia in ricostruzione.

# Il Nome della Rosa

Quando Umberto Eco arrivò a Milano era la fine degli anni cinquanta, prese casa in via Luigi Canonica, il suo alloggio era spesso adibito ad eventi mondani e all’intrattenimento goliardico, ora cazzaro ora radical-chic. Nel capoluogo meneghino entra in contatto con Valentino Bompiani,  che lo assume nella omonima casa editrice: Eco ne diventerà anche condirettore editoriale e ci lavorerà per circa vent’anni. E’ il periodo in cui diventa uno dei maggiori rappresentati dell’avanguardia letteraria e artistica. Grazie a lui viene aperto il Dams a Bologna: è il 1971 e sentire parlare di  “discipline della arti, della musica e dello spettacolo” in una università, appare rivoluzionario. E forse lo era sul serio. Come innovativa fu l’introduzione, sempre grazie ad Eco, del corso di laurea in Scienze della Comunicazione. Umberto Eco fu giornalista (L’Espresso, Il Giorno, La Stampa, Il Corriere della Sera…), scrittore (Il nome della rosa, Il Pendolo di Foucault, Il Cimitero di Praga, Baudolino…), intellettuale capace di offrire un contributo prezioso nelle tematiche politiche di almeno mezzo secolo.

Tornando a Bompiani, nel 1980 da Milano parte la pubblicazione delle prime 30 mila copie del romanzo “Il nome della rosa”, che a distanza di un po’ di anni arrivarono a 50 milioni in tutto il mondo, tradotte in quaranta lingue.

Quaranta, come le lauree honoris causa assegnate ad Eco da università europee e americane. Esperto di estetica e semiotica, considerava quest’ultima “la riflessione più profonda sull’essere umano come animale che interpreta il mondo…l’animale umano ha la capacità di pensare e comunicare l’assenza. Questa è la radice della semiotica”.

# Eco a Milano

Umberto Eco morirà a Milano nel 2016, il 19 febbraio. Un tumore al pancreas lo affligge nel 2014, per spegnerlo in questa nostra città che lui adottò come il luogo più adatto alla propria dimensione.

In fondo a Milano ha scritto, ha riflettuto, ha dialogato, ha insegnato, si è evoluto, ha vinto, ha amato e si è divertito. Ad Alessandria è nato, ha studiato fino ai 19 anni, in una scuola che ora è dedicata a lui, ma quanta fatica per far accettare agli alessandrini di cambiare il Liceo “Giovanni Plana”, in “Umberto Eco”. Nelle poche volte in cui tornava nella terra natia era seguito da un codazzo di politici e giornalisti che gli dispensavano cortigiane adulazioni, ridendo servilmente alle sue annoiate e stanche battute sui suoi antichi ricordi goliardici, ma gli alessandrini, in generale, Eco non lo hanno mai particolarmente amato. Un po’ come un altro alessandrino adottato da Milano: Gianni Rivera.

Ultimamente l’intellettuale si era spostato nel palazzo storico di Piazza Castello al n. 13,  luogo davanti al quale fanno tappa tanti turisti. Il funerale fu cerimoniato laicamente al Castello Sforzesco, mentre le ceneri riposano al Cimitero Monumentale.

FABIO BUFFA

Continua la lettura con altri milanesi d’autore:

Carla Fracci, la leonessa della danza classica: le foto e i ricordi di uno storico incontro

Guido Nicheli, in arte Dogui, il cumenda del cinema

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Ghigo Agosti, pioniere del Rock’n’roll italiano, capostipite dei «cantanti urlatori»

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Frank Sinatra, quando “The Voice” ha stregato Milano

Angelo Morbelli, il pittore che ritrasse gli anziani del Trivulzio

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Mirko Stocchetto, l’inventore del Negroni Sbagliato

Guido Spadea, “il poeta di compagnia”; prestato alla recitazione

Mike Bongiorno, da San Vittore a “Re dei telequiz”

I 50 anni di “Romanzo Popolare” e la canzone “Vincenzina e la fabbrica”, uno degli inni della classe operaia

“Il Vedovo”: la “black comedy” milanese con Alberto Sordi e Franca Valeri

Rosetta, la prostituta della Ligera uccisa in circostanze misteriose

Renato Scarpa, il “caratterista” milanese diventato famoso nel cinema romano e napoletano

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Gruppo Italiano, la band più tropical di Milano

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Pietro Annigoni, il “pittore delle regine”

I “Gufi”, il gruppo musicale, dialettale e cabarettistico milanese più famoso di sempre

Gian Maria Volontè, l’attore impegnato “al di sopra di ogni sospetto”

Pierina Legnani, la prima milanese a diventare “prima ballerina assoluta”

Vera Vergani, l’attrice più amata del teatro degli anni ’20

Enrico Longone e Giacomo Campi, i due milanesi che portarono in occidente le ombre cinesi

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LELLA LOMBARDI, l’unica donna a punti in FORMULA UNO

DIDI PEREGO, la Sofia del film italiano candidato all’Oscar

MARCO MIGNANI, l’autore della pubblicità diventata FILOSOFIA di VITA a Milano

AMBROGIO FOGAR, l’ “Ulisse” di Milano

MARIA PIA ARCANGELI, “quella che canta le canzoni milanesi”

LUIGI MARANGONI, l’ultima vittima delle Brigate Rosse a Milano

SANDRA RAVEL, l’attrice-soubrette madre di Maurizio Gucci

PIPPO STARNAZZA, il jazzista che “milanesizzava” l’inglese

PAOLO GIORZA, il papà della “bella Gigogin”

I BALORDI, i precursori della “canzone demenziale”

D’ANZI, il papà della “bela Madunina”

GASPARE, ZUZZURRO e la brioche più celebre della TV

LUISELLA VISCONTI, la voce più bella del CINEMA

ANNA CARENA, la signora Marta in “Miracolo a Milano”

GAETANO SBODIO: il guerrigliero del dialetto

DINO RISI, uno dei grandi della commedia italiana

CINI BOERI, l’architettura come impegno sociale

TONY DE VITA, il re delle sigle televisive

LUCIA BOSÈ, la “tosa de Milàn”

JOHNNY DORELLI, una vita al massimo

EZIO BARBIERI, il Robin Hood di Isola

RENZO PALMER, la voce milanese dei grandi divi di Hollywood

MONTICELLI e MARCHESI, i due grandi “cantori evirati” della storia milanese

MARIA GAETANA AGNESI, la “donna più intelligente del Settecento”

GIUSEPPINA PIZZIGONI, la fondatrice della SCUOLA RINNOVATA

PIERO MAZZARELLA, personaggio simbolo di una Milano che non c’è più

LUCIANO BERETTA: “il POETA del CLAN CELENTANO”

ANTONIA POZZI: la POETESSA negli ABISSI dell’ANIMO UMANO

Elio FIORUCCI: the place to be nel cuore di MILANO

AGOSTINA BELLI, la “bella tosa” del cinema italiano

Enrico BERUSCHI…e allooora???

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Quando a Milano c’erano i BEATLES

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Quando, a Milano, VISCONTI girava “ROCCO E I SUOI FRATELLI”

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ADRIANO CELENTANO, il “molleggiato” nato a due passi dalla CENTRALE

GINO BRAMIERI, il RE delle BARZELLETTE

CLAUDIO ABBADO, il GENIO eternamente insoddisfatto

Quelli di VIA OSOPPO: la STANGATA di Milano

GIORGIO GABER, l’inventore del TEATRO CANZONE

ADRIANA ASTI, l’artista ribelle amata dai grandi del cinema e del teatro

GIANLUIGI BONELLI, il creatore di TEX WILLER, sempre in lotta contro il POTERE

LUISA AMMAN: un’OPERA d’ARTE di Milano

LUCIANO LUTRING: il bandito più popolare di Milano

BRUNO ARENA, il fico di Milano

Sandra MONDAINI: uno dei punti fermi della televisione italiana

TINO SCOTTI, il milanese del “Ghe pensi mi”

ORNELLA VANONI, Milano e Settembre

MARIANGELA MELATO, da “ranocchietta” a mito del cinema

MARTA ABBA: la musa di Pirandello

Quelle DIABOLIKE sorelle GIUSSANI

GIANNI MAGNI: il re del cabaret milanese

COCHI e RENATO: una coppia diventata il MARCHIO del CABARET

Giorgio AMBROSOLI: il RIVOLUZIONARIO in GIACCA e CRAVATTA che sfidò anche lo Stato

Peppin MEAZZA: il più grande MITO MILANESE del calcio mondiale

FRANCO CERRI: quel genio che partì suonando nei cortili

I KRISMA: la coppia più PUNK della storia di Milano

LILIANA SEGRE, la testimonianza milanese dell’Olocausto

MARIA CALLAS, la Scala e BIKI, quel legame che ha fatto la storia dell’arte

WALTER VALDI, cintura nera di dialetto milanese

LORENZO BANDINI, lo sfortunato campione adottato da Milano

ALEX BARONI, il “chimico” prodigio della musica

MICHELE ALBORETO, il “pilota gentiluomo”

BEPPE VIOLA: il geniale raccontatore del calcio

Storia di una GRANDE DONNA di Milano: ALDA MERINI

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Le strade più pittoresche e «magiche» di Milano

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Milano ha delle vie bellissime, alcune poco note e in quartieri lontani dal centro. Ecco una selezione di quelle che reputo più belle e pittoresche.

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Le strade più pittoresche e «magiche» di Milano

#10 Stretta Bagnera, la strada automobilistica più stretta di Milano e il suo macabro passato

Non è bella però la stretta Bagnera è pittoresca, se non altro perchè è la strada automobilistica più stretta d’Italia. Ma i brividi non sono solo per le fiancate dell’automobile. Sono anche per il suo macabro passato: qui operava Antonio Boggia, il più celebre serial killer di Milano, che fu anche l’ultimo condannato a morte della storia della città.

#9 Via Ottolini, come in una fiaba dei fratelli Grimm

In zona Bocconi, tra via Giambologna e via Castelbarco, sembra di ritrovarsi in un villaggio alsaziano con piccoli edifici d’epoca e villette con giardino, tra cui due spettacolari con travi esterne in legno.

#8 Via Santa Croce, con la Milano hi-street story

Strada pedonale che conduce da corso di Porta Ticinese a piazza Vetra. Una piacevole passeggiata a fianco di Sant’Eustorgio, tra opere di street gallery e giardini del centro. L’idea della street art è stata di don Augusto Casolo, parroco della Basilica di Piazza Vetra, che, nel 2014, ha deciso di affidare a undici artisti la decorazione di un muro con la storia della città. Sono stati coinvolti nell’operazione alcuni esponenti della street art milanese, facendo nascere la Milano hi-street story.

#7 Via Ventura, la strada della creatività

Strada resa celebre con il Fuorisalone di Lambrate, è uno dei luoghi culto della creatività milanese. Con l’East market, le sue vecchie fabbriche, i loft eleganti, i suoi terrazzi e le installazioni permanenti di arte contemporanea curate da Mariano Pichler e Made in Lambrate.

#6 Via San Marco, tra la Chiusa di Leonardo e il tunnel pedonale di Porta Nuova

Strada simbolo della vecchia Milano, con alcuni ristoranti storici della città, tra cui la mitica Latteria, raggiunge il culmine allontanandosi dal centro, con la chiusa di Leonardo e il tunnel pedonale che conduce a Porta Nuova.

#5 Via Cavalieri del Santo Sepolcro, alla ricerca del Sacro Graal

Unisce Piazza Papa Paolo Sesto a via Solferino, percorrendo i chiostri di San Simpliciano. Via aperta negli anni Quaranta, sembra quasi un sentiero tra i boschi, con piastrelle in pietra, è una delle più insolite del centro di Milano.

#4 Via della Spiga, la strada più adorabile del Quadrilatero 

La via del quadrilatero della moda a cui i milanesi sono più affezionati. E’ la versione più intima, e pedonale, di Montenapoleone di cui è parallela. Prende il nome dalla storica “contrada della Spiga“.

#3 Corso Garibaldi, la strada più identitaria della vecchia e della nuova Milano

Forse la strada che esprime meglio l’identità di Milano. Percorrerla è come fare un viaggio nel tempo. Venendo dal centro si passeggia tra case tipiche milanesi finché appare sullo sfondo lo skyline di Porta Nuova. Si può proseguire la passeggiata lungo corso Como fino a Gae Aulenti percorrendo la pedonale più lunga e affascinante della città.

#2 Vicolo dei Lavandai, l’angolo più pittoresco dei Navigli

Prende il nome da un lavatoio che fino agli anni ’50 era usato dalle donne per lavare i vestiti. Il vicolo è dedicato ai lavandai e non alle lavandaie perché nell’Ottocento ad occuparsi del servizio di lavaggio erano gli uomini, organizzati in una vera e propria associazione: la Confraternita dei Lavandai. E’ sicuramente il punto più pittoresco e visitato dei navigli.

#1 Via Lincoln, un po’ Burano, un po’ Cape Town

Sembra di essere a Burano o a Cape Town. Invece siamo a Milano nel quartiere arcobaleno in zona cinque giornate. La sua storia è curiosa: a fine ‘800 una cooperativa operaia progettò un Quartiere Giardino composto da piccole abitazioni a prezzi accessibili, destinate ai lavoratori della zona. Negli anni seguenti, gli abitanti hanno iniziato ad abbellire l’area, sfidandosi a chi trovava il colore più allegro per la propria facciata. A Primavera i colori vengono ancora più valorizzati dagli alberi in fiore.

Continua la lettura con: 12 città del mondo sono a Milano: ecco dove si trovano

ANDREA ZOPPOLATO

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Quando Milano ha perso: quelle 5 ferite ancora aperte

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Credits Tempo di libri FB - Tempo di libri

Milano si è sempre distinta per la sua capacità di eccellere, dall’organizzazione di eventi al design, passando per le infrastrutture. Nella storia recente ci sono anche dei buchi nell’acqua. Vediamo quali sono.

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Quando Milano ha perso: quelle 5 ferite ancora aperte

#1 “Tempo di libri”, la fiera del libro milanese, durata solo due edizioni e surclassata dal Salone del Libro di Torino 

Credits Tempo di libri FB – Tempo di libri

Spesso si fallisce a causa della hybris. Quella superbia che spinge a oltrepassare i propri limiti. Milano ha provato a realizzare un salone del libro per fare concorrenza a Torino e mettere ancora una volta in mostra le proprie capacità organizzative e imprenditoriali. “Tempo di Libri”, la fiera del libro milanese, è rimasta in piedi solo per due edizioni. Sarebbe dovuta ripartire con una nuova formula nel 2020 ma, complice la pandemia e gli scarsi risultati ottenuti nel 2017 e nel 2018, è stata bocciata definitivamente.

#2 EMA persa per un sorteggio e per l’autosabotaggio

Credits geopatrinos IG – EMA

L’assegnazione a Milano dell’EMA, l’Agenzia Europea del Farmaco, avrebbe generato un indotto di miliardi per il territorio e dato ancora maggior prestigio visti anche gli ultimi anni in cui la pandemia e l’approvazione di farmaci e vaccini ha dettato l’agenda dei Paesi europei e del mondo. In vantaggio fino all’ultimo giro, il governo non ha messo in campo le forze migliori per ottenere i voti necessari a trasferire l’ente da Londra alla nostra città, e così Milano ha perso in favore di Amsterdam per uno sfortunato sorteggio, dopo aver bruciato un consistente vantaggio.

#3 Il mezzo flop di Malpensa

Photo by Skyler Smith on Unsplash – Malpensa

Milano non è riuscita a costruire un sistema aeroportuale di livello europeo. Linate è troppo piccolo per competere ma al contempo toglie spazio a Malpensa, che avrebbe il potenziale per diventare l’hub per il sud Europa. Purtroppo ad oggi rimane un miraggio anche a causa di altri due problemi: la distanza dalla città, con infrastrutture di collegamento non adeguate, e la bocciatura dei piani di ampliamento. A questo si aggiunge il freno tirato a più riprese dal governo di Roma come quando ha tolto da Malpensa la compagnia di bandiera. 

#4 Gli interscambi “fantasma” della M4

Credits: Luigi Costanzo Fb – Piano tornelli metro 4 Linate

La M4, la quinta linea metropolitana milanese, ha rischiato per anni di inserirsi tra i più grandi flop della città. Avrebbe dovuto inaugurare per intero entro Expo2015 assieme alla M5, poi solo le tre fermate con servizio navetta da Linate e infine rimase tutto in sospeso. Non solo, tra ritrovamenti archeologici, riprogettazione e in ultimo la pandemia la data di apertura è stata progressivamente posticipata.

Finalmente è stata inaugurata ma i milanesi hanno comunque avuto una brutta sorpresa. Non ci sono interscambi! O meglio, per andare da una linea all’altra bisogna uscire dai tornelli, finire in strada e indovinare il percorso adatto per ritrovare una nuova linea. Una brutta macchia nel sistema delle metropolitane milanesi che si aggiunge all’orrendo design delle stazioni.

Leggi anche: Interscambi della M4

#5 La riapertura dei Navigli: rilanciata in campagna elettorale, rimessa nel cassetto da ogni giunta

Credits: Urbanfile – Rendering naviglio riaperto lungo via Sforza

La riapertura dei Navigli è stato uno dei cavalli di battaglia di Sala nel primo mandato. Il progetto della linea blu della metropolitana è stato addirittura pensato per consentire il passaggio dei canali sul tratto della cerchia interna, dove un tempo scorrevano i Navigli, e poter realizzare i lavori durante i cantieri della stessa linea. Ad oggi non è stato riaperto nemmeno un metro e anzi sembra che tutto il sogno della riapertura sia stato riposto in un cassetto, forse per sempre. Nel 2022 Milano avrebbe potuto avere un tratto dei canali nuovamente aperti assieme alla nuova linea blu, invece non avrà nulla di tutto questo. Un flop inconcepibile per la città riconosciuta da tutti come la più efficiente d’Italia.

Continua la lettura con: GRATIS a Milano: 7 DESIDERI da realizzare SENZA PAGARE

MILANO CITTA’ STATO

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I 5 modi di vivere degli anni ’90 da ripristinare a Milano

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Credits: @mammaena_madda72 (INSTG)

Temi come la Milano da bere, paninari e yuppies di fine anni’80/inizio anni’90 sono stati affrontati più volte, oggi però ci soffermiamo a viso aperto su ben altri ricordi: la presenza di alcune regole d’oro, che si sono un po’ perse per strada e andrebbero ripristinate, dato che ci permetterebbero di vivere certamente meglio. Ve lo ricordate come si viveva, no? Quando non c’erano telefonini, si aspettava a casa per la telefonata della ragazza che ci piaceva e si leggevano solo news da quotidiani cartacei. Andiamo dunque a vedere quali erano le regole di vita anni’90 che ci piacerebbe riportare in auge. 

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I 5 modi di vivere degli anni ’90 da ripristinare a Milano

#5 Stare di più all’aria aperta

Credits: baulevolante.it

Non che non si faccia anche ai giorni nostri, beninteso. Ma una volta, senza smarthpone e con al massimo una console di videogames a farci divertire fra le mura di casa, si stava molto ma molto più tempo all’aria aperta. E in gruppo. Ma soprattutto, si avevano meno cefalee per la piega del collo e lo sguardo fisso sui nostri mille devices. All’epoca chi aveva il telefonino poteva essere solo un ricco magnate, e di certo non aveva schermi per poter chattare o giocare ai videogames. Almeno fino a che la Nokia non sfoderò fuori il 3210, il caro vecchio telefonino con lo snake (quello sì che non tornerà mai più)

#4 Leggere libri cartacei

Credits: culturaeculture.it

Come sopra. Si pensava che la tecnologia avrebbe ucciso l’editoria cartacea, e in parte l’ha tramortita pesantemente, disarcionandola con un clic dalla nobile posizione che occupava negli anni ’90. Ma per fortuna i libri esistono ancora e, anche se le librerie non vendono più come allora, resistono strenuamente al passare dei tempi. Certo però che tutti noi potremmo dar loro una mano, che dite? La ricetta è semplice, dunque. Più libri, meno tecnologia.

#3 Andare in bagno senza telefono

Credits: huffingtonpost.it

Su questo il telefonino non ha alibi e l’isolamento è d’obbligo. Una volta si leggeva la gazzetta o le cronache rosa, si fumava o si beveva il caffè. Ora sfogliare il proprio diario di Facebook o vedere mille foto su Instagram è diventato uso comune. Cioè, probabilmente si fuma e si beve ancora il caffè, sia chiaro, ma gli smartphone ormai sono il primo pensiero quando ci sediamo lì. Il momento “toilet” è un momento sacro, per cui non ci sentiamo di prendere posizione. Voi cosa preferite?

#2 Vivere con più serenità

Credits: community.velvetmag.it

Una cosa che rimpiangono quelli che sono stati giovani in quegli anni era che c’era molta più libertà e molto meno paura. Erano anni sereni, in cui uscire per strada non era fonte di angoscia, come fare viaggi o essere irriperibili per giorni. Confrontando quei giorni con i nostri tempi, per certi aspetti ci siamo trasformati nella società del terrore diffuso. O no?

#1 Parlarsi

Credits: corsiecmbenessere.it

In quegli anni tendenzialmente c’era più tempo per chiacchierare, comunicare a viso aperto e anche discutere senza prevalere. Forse perché i social network hanno velocizzato e in parte avvelenato buona parte delle comunicazioni odierne. Che siano col partner, con i genitori o con colleghi. Nn sarebbe bello tornare all’emozione di parlarsi tra sconosciuti in giro per Milano?

Continua la lettura con: Le 5+1 REGOLE NON SCRITTE nella METROPOLITANA MILANESE

CARLO CHIODO

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I 10 luoghi migliori dove vivere in pensione

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Credits: pixabay.com

Sempre più pensionati scelgono di lasciare l’Italia e andare a vivere all’estero. International Living ha realizzato una lista di paesi che soddisfano le aspettative per qualità della vita, assistenza sanitaria e clima. Ecco i luoghi migliori dove ritirarsi in pensione.

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I 10 luoghi migliori dove vivere in pensione

#10 Vietnam

Vivere in Vietnam è poco costoso, anche in città come Hanoi o Dan Nang, i servizi sono ottimi, infatti negli ultimi anni sono stati costruiti nuovi palazzi residenziali e ospedali. Il paese asiatico è in via di sviluppo, perciò offre servizi pubblici nuovi e allo stesso tempo il costo della vita è basso. Il clima è subtropicale, ciò significa generalmente caldo, con piogge nella stagione invernale.

#9 Malta

Per chi preferisce un clima mediterraneo invece c’è Malta, isola di lingua inglese ma in cui si parla anche italiano, in cui il costo della vita è più basso rispetto all’Italia ma la qualità dei servizi assistenziali, sanitari e commerciali è la stessa. Il piccolo stato inoltre garantisce la presenza del mare in ogni suo confine e una ricca cultura artistica.

Credits: pixabay.com

#8 Francia

Se la scelta è quella di rimanere in Europa, vicino a famigliari e amici, il luogo migliore è la Francia. Ovviamente non si può pensare di vivere a basso costo in una città come Parigi, ma si può nella campagna francese, in particolare nel Sud (Provenza e Midì). Questa offre una moltitudine di alternative immobiliari accessibili, un clima mediterraneo, caldo d’estate e freddo d’inverno, e la possibilità di raggiungere l’Italia in modo agevole e veloce.

Credits: d.ou.u IG

#7 Malesia

In Malesia il costo basso degli affitti, della vita e il clima caldo fanno in modo che i pensionati italiani possano vivere da ricchi con una pensione di 2000 euro per coppia. Inoltre le città sono molto ospitali e ben servite dai mezzi pubblici. Ad attirare sono anche le bellezze faunistiche e floreali che invadono il paese, i costumi e la cultura differenti da quelli europei.

Credits: pixabay.com

#6 Ecuador

Il paese con il più basso costo dove vivere dopo aver ottenuto la pensione è l’Ecuador, paese tropicale del Sud America, offre la possibilità ad una coppia di vivere con soli 1300 euro al mese. Certamente le splendide spiagge, le montagne e il clima non guastano.

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#5 Portogallo

Il Portogallo è stato soggetto di una vera e propria emigrazione di pensionati dall’Italia. Negli ultimi tre anni, infatti, numerosi sessantenni si sono trasferiti nel paese, per via della convenienza economica, del clima temperato che, oltre alle caratteristiche di un clima mediterraneo ma con vista sull’oceano. Ad attirare le coppie che hanno smesso di lavorare è anche una recente agevolazione sulle tasse in relazione alle pensioni promossa dal governo. Certamente bisogna evitare le grandi città come Porto e Lisbona, dove la vita è più cara, ma i servizi pubblici sono efficienti anche nelle piccole città del paese europeo.

Credits: pixabay.com

#4 Colombia

La Colombia, come altri paesi Centro e Sud Americani offre ad una coppia di pensionati di vivere in diverse città con una spesa di 1600 euro al mese. Un ottimo luogo dove poter trascorrere la pensione in tranquillità. A scoraggiare però la scelta è l’instabilità politica dei governi.

Credits: pixabay.com

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#3 Messico

Il Messico è uno dei migliori posti al mondo dove vivere la pensione: i prezzi degli immobili e dell’alimentazione sono bassi, il clima è ottimale e inoltre ci sono numerose residenze per pensionati, in cui si può far richiesta di abitare anche se non si è locali.

#2 Panama

Si resta in Centro America con Panama dove si trovano spiagge magiche e l’azzurro dell’Oceano, la vita è poco costosa e comprare casa è facile. Il Paese centroamericano vanta la distesa d’acqua azzurra su entrambi i lati e un clima caldo ma ventilato tutto l’anno.

Credits: pixabay.com

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#1 Costa Rica

La Repubblica di Costa Rica, in America Centrale, attrae da sempre chi ama il clima tropicale e l’Oceano, è il posto ideale per trascorrere la pensione: il costo della vita è molto basso, le offerte immobiliari sono vantaggiose e il clima contribuisce ad uno stile di vita salutare.

 

Continua la lettura con: Le 3 migliori città dove studiare all’estero 

SARAH IORI

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Milan-Inter United: quando le due squadre sono state unite a rappresentare Milano

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La rivalità calcistica cittadina, da quando nel 1908 l’Inter fu fondata da quarantaquattro soci dissidenti del Milan, è sempre stata sentita e accesa. Per questo è impensabile immaginare che i giocatori rossoneri e nerazzurri abbiano potuto giocare insieme con la stessa maglia. Invece è successo. Vediamo quando Milan e Inter sono state una sola squadra.

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Milan-Inter United: quando le due squadre sono state unite a rappresentare Milano

# Il primo match per il trofeo dell’amicizia italo-britannica: Milano – Chelsea 2-1

Credits quando i calciatori avevano le facce da calciatori – MilanInter United

I casciavit e i bauscia, Il Diavolo e il Biscione: questo sono stati e sono ancora oggi Milan e Inter. Una rivalità calcistica che dura da oltre 110 anni, in Italia e in Europa, e che rende difficile anche solo immaginare come i giocatori delle due squadre abbiano potuto disputare una partita con la stessa maglia. Invece è successo e per ben 5 volte, tutti match amichevoli allo stadio di San Siro.

La prima occasione fu nel 1965 per il trofeo dell’amicizia italo-britannica dedicato al principe Filippo di Edimburgo presente in tribuna, anche se ci furono altre partite tra il 1929 e il 1949, quando una squadra mista dal nome MilanInter United batté il Chelsea per 2-1. In panchina c’erano Herrera e Liedholm e in campo Schnellinger, Guarneri, Trapattoni, Corso, Suarez, Picchi e altri. A segnare per la compagine milanese l’ex interista Angelillo, appena approdato al Milan, e Peirò.

# La partita per celebrare il gemellaggio tra le città di Lione e Milano: 7 a 1 al Lione

La seconda partita venne disputata nel 1969. In questo caso si celebrava il gemellaggio tra le città di Lione e Milano e il risultato finale fu di 7-1 in favore della squadra milanese. Sugli scudi Gianni Rivera, fresco vincitore della Coppa Campioni con il Milan, e in panchina prima il Paron Rocco e a seguire Peppino Meazza. La squadra era composta in prevalenza da giocatori rossoneri in quanto quelli nerazzurri erano impegnati in un concomitante trofeo con la Juventus e l’Inter mandò solo una serie di riserve.

# Le sfide degli anni ’80: 3 sconfitte e tante litigate

 

Le ultime sfide si disputarono negli anni ’80. Quella contro il Bayern di Rummenigge e Breitner fu una partita benefica per dare un piccolo aiuto agli sfollati del devastante terremoto dell’Irpinia. Tra le fila della squadra milanese c’erano tra gli altri i due Baresi, Altobelli, Oriali, Collovati, Beccalossi, Bordon, Antonelli, autore dell’unica rete del MilanInter United, e Prohaska. Finì 2-1 per il Bayern ma la sconfitta più pesante arrivò dagli spalti dove i tifosi di Inter e Milan si insultarono per tutti i novanta minuti segnando di fatto la fine di questa bella iniziativa.

Ci furono però altre due partite, senza nazionali, nel 1982: due sconfitte contro Perù per 2 a 0 e contro la Polonia per 2-1 con in campo Serena, Beccalossi, Tassotti e Novellino. Erano gli anni del Milan in serie B in attesa di una rinascita e in cui Milano si scopriva un po’ più dura e forse non più adatta a questo genere di esperimenti.

Continua la lettura con: Le caratteristiche distintive di milanisti e interisti

FABIO MARCOMIN

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Alessandro Manzoni morì in seguito a una caduta sugli scalini di San Fedele

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6 gennaio 1873. Forse per il ghiaccio, Alessandro Manzoni scivolò sui gradini della chiesa di San fedele e picchiò violentemente la testa.

Ormai molto anziano, aveva 88 anni, faticò a recuperare finchè fu colpito da meningite che lo condusse alla morte il maggio seguente.

Il più grande romanziere italiano per tutta la vita fu angustiato dall’ipocondria e dalla paura della morte. Era afflitto da frequenti attacchi di panico che lo portarono ad evitare situazioni stressanti, tra cui gli eccessivi assembramenti. 

Sulla piazza antistante la Chiesa dove avvenne la fatal caduta è stata eretta una statua che lo raffigura.

Fonte: Milano insolita e segreta di Massimo Polidoro (Jonglez editore)

MILANO CITTA’ STATO

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Vivere in collina a due passi da Milano: i 5 posti più belli nei dintorni

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Credits: @comunedibergamo Città alta Bergamo

Sogni una fuga dalla città? Ecco i luoghi migliori dove stabilirsi non lontano da Milano.

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Vivere in collina a due passi da Milano: i 5 posti più belli nei dintorni

# Zavattarello, uno dei borghi più belli della Lombardia (Pavia)

Credits attangelox IG – Borgo di Zavattarello

Una della classiche soluzioni per vivere in collina non lontano da Milano è l’Oltrepò pavese. Ci sono molti luoghi. Uno particolare è Zavattarello che sorge in alta Val Tidone. Famoso per la sontuosa Rocca dei Dal Verme e circondato da un immenso parco, questo paesino di poco meno di 1.000 abitanti è uno dei borghi più belli della Lombardia. Oltre al silenzio e alla natura incontaminata tra le attrazioni da vedere ci sono anche l’Oratorio trecentesco di San Rocco e la Pieve di San Paolo.

 

# Montevecchia, il “monte di Milano” (Lecco)

Credits giuliamasoli IG – Montevecchia

Il “monte di Milano”. Il comune di Montevecchia, con poco più di 2.700 abitanti, dista una trentina di km da Milano. Sorge attorno ai 500 metri s.l.m. e sul punto più alto si erge il santuario della Beata Vergine del Carmelo, di origini medievali. Noto per la produzione di erbe aromatiche, di vini e formaggi di latte vicino Montevecchia è il luogo ideale per i nostalgici di Milano: da qui infatti, nelle giornate terse, si gode una vista magnifica sulla città.

 

Leggi anche: 7 buone ragioni per andare a MONTEVECCHIA, il “monte di Milano” con le sue piramidi misteriose

# San Colombano, il vino di Milano 

Credits dariussefan IG – Vigneto San Colombano al Lambro

Per ritrovarsi in collina non bisogna per forza uscire dalla città metropolitana di Milano. Se si va verso sud est si trova l’exclave di Milano. Anche se è al di fuori dei confini della provincia, si rientra nella città metropolitana. Trovando quello che all’interno dei confini ci manca: come la produzione di vino e, soprattutto, un paesaggio di colline che sembra di essere in Toscana. 

Leggi anche: I 7 BORGHI più belli della LOMBARDIA

# Canzo, la porta d’accesso del Triangolo Lariano

Ph. @mirkoreda76 Ig
Ph. @mirkoreda76 Ig

«Il borgo di Canzo è posto all’imboccatura della Valassina, a’ piedi della tanto conosciuta montagna dei Corni, così chiamata dalla sua cresta, che la natura foggiò biforcuta, arida, rigida, d’un colore bigio cinereo, e qual veramente si conviene alla forma ed al colore delle corna, da cui prese il nome.» (Giovanni Biffi, La Ghita del Carrobbio, 1863)

Per stare in collina non si può evitare il Triangolo Lariano di cui Canzo costituisce una delle porte di accesso. Un luogo ben collegato a Milano: il paese è capolinea della linea Milano-Asso, gestita dal Gruppo FNM. Ma non solo: presenta alti standard per la vivibilità: Canzo è risultata al 7º posto fra i comuni italiani come qualità di vita sotto il profilo delle attività personali, come scrive Cesare Cantù «Canzo ha belle vie e pulite, ricchezza d’acque e fontane, caffè, teatro, musica.»

# Bergamo, la città in collina più vicina a Milano

Milano vista da Bergamo – Scatto di Moris Lorenzi (c)

Non si poteva che chiudere con Bergamo. Alta, of course. La città più città tra quelle in collina a breve distanza da Milano. Un’autostrada direttissima per arrivare a Milano in mezzora. Treni come se piovessero. Perfino uno dei tre aeroporti di Milano e ha una squadra in champions. Che dire? Manca solo una fermata della metro per essere perfetta. 

Aeroporto Bergamo-Milano in treno

Continua la lettura con: I LUOGHI dell’AMORE: dove fare “LA” dichiarazione a MILANO

FABIO MARCOMIN

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Agorà Milano, il coffee shop dove sui tavoli si servono le idee

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Agorà

Nello stare al passo con la tendenza globale, la Milano del terzo millennio sta perdendo la fisicità e la socialità tra i suoi cittadini, che era un suo tratto distintivo. La soluzione potrebbe essere quella di importare qualche best practice…

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Agorà Milano, il coffee shop dove sui tavoli si servono le idee

# Le impressioni di due generazioni diverse: millenials e boomers

L’impatto di un mondo sempre più spersonalizzato e virtuale, sembra aver investito anche Milano: non ci sono sufficienti spazi fisici dove residenti e outsider, possano riappropriarsi dell’esperienza tangibile e non solo virtuale, della città. Per capire meglio il problema e mettere in luce quello che si potrebbe fare, ho raccolto le impressioni di due generazioni diverse: millenials e boomers.

# La Milano da bere… in solitaria: la storia di Jacopo (millenial)

Agorà, quartiere Montrose a Houston

“Sono approdato a Milano qualche mese fa, dopo circa 4 anni di Houston, in Texas – racconta Jacopo, classe ’94 – Ricordo la sensazione di smarrimento nel passaggio da Charlottesville, una cittadina universitaria della Virginia, alla capitale dell’Oil&Gas. La mia àncora di salvataggio è stata Agorà, un coffee shop nella zona di Montrose, analoga alla Brera di Milano. In poco tempo, da un “latte macchiato”, mi sono ritrovato in una comunità fatta di persone di tutte le età, con le quali interagire, spaziando da un tema all’altro, giocando a scacchi. A Milano, città proiettata verso il futuro, mi aspettavo di trovare una soluzione simile, con gli innumerevoli locali sparsi ovunque. Ma aldilà del posto carino e abilitato al wi-fi, non c’è alcuna possibilità di fare gruppo”.

# C’era una volta la tecoteca di via Magolfa…: il ricordo di Davide (boomer)

Via Magolfa, Milano negli anni ‘80

Non c’è un locale dove far salotto, ricordo che una volta, a metà degli anni ’80, in Via Magolfa, c’era la Tecoteca col ponticello sulla roggia, che si prestava abbastanza alle interazioni sociali. Conosco persone che ci passavano interi pomeriggi, ma non c’è più da tanti anni, i tempi sono cambiati. A Milano ormai si corre sempre senza un perché umanamente valido” – spiega Davide, professionista, classe ’69, nato e cresciuto in zona S. Ambrogio ma di origine calabrese, motivo che lo rende nostalgico verso la perdita di quei valori legati alle tradizioni e ai rapporti interpersonali tipici della sua Calabria, come mi ha poi confessato.

# Un’Agorà inclusiva e innovativa per la Milano del futuro

Agorà

Il termine Agorà nel greco antico significa “raduno” e se i greci, nel lontano VI a.C. hanno pensato bene di espanderlo in “polis”, fino a diventare il luogo della democrazia per antonomasia, ispirata dal passato ma con uno sguardo al futuro, l’Agorà milanese potrebbe spingersi oltre la creazione di una caffetteria, con delle iniziative che cavalcano l’attuale contesto storico/culturale.

Ecco alcune proposte:

  • Ripristinare la cultura dei caffè letterariche, tra la fine del Seicento e l’inizio del Settecento, fungevano da luoghi di ritrovo per gli intellettuali dell’epoca e che, ai sorsi di caffè, alternavano il confronto, come leva di conoscenza e arricchimento personale;
  • Creare un ambiente inclusivo che riconosce e valorizza le diversità e incoraggia il superamento di bias cognitivi;
  • Limitare la presenza di schermi TV, wi-fi o utilizzo di cellulari, a favore del dialogo vis-à-vis;
  • Offrire spazi dedicati a start up, dove giovani studenti o neoimprenditori possano divulgare le proprie idee trasformandole in progetti concreti

Con l’apertura di un primo Agorà, Milano potrebbe essere pioniera della fondazione di un network capace di unire la tradizione millenaria dell’antica Grecia, con la vocazione di una metropoli che voglia essere davvero all’avanguardia, non solo in termini tecnologici ma anche a livello di relazioni interculturali.

“Senza dialogo non c’è comunicazione, e senza comunicazione non c’è vera comunità” (Norberto Bobbio)

Continua la lettura con: La cascata in città: un’idea per Milano?

PAOLA ARPINO

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Le mura medievali di Milano sono ancora osservabili in un unico tratto: lo sapete dove?

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credit: UrbanFile (blog.urbanfile.org)

A Milano le mura medievali non esistono più… o quasi. C’è un tratto che è sopravvissuto al tempo. Dove si trova? Foto cover e immagini articolo: UrbanFile (blog.urbanfile.org)

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Le mura medievali di Milano sono ancora osservabili in un unico tratto: lo sapete dove?

Nella città che guarda al futuro, c’è ancora spazio per ammirare il passato. Bisogna sapere dove cercare ma tra le vie di Milano si nasconde un ultimo tratto rimasto delle antiche mura medievali. Qual è la sua storia e dove si trova?

# Quante mura difensive ha avuto Milano?

Milano ha avuto in totale tre differenti cinte murarie: le originarie mura romane vennero sostituite durante il medioevo, prima con una palizzata in legno e poi con delle effettive mura, che poi furono cambiate a loro volta con quelle spagnole, grazie alle quali Milano ha ottenuto la sua particolare forma a cuore.

Tutto iniziò perché all’inizio dell’epoca medievale a Milano c’era un problema: le mura difensive romane escludevano dalla loro “protezione” alcuni borghi che si erano creati fuori dalle cinta attorno ad alcune chiese e conventi. Ad esempio erano escluse dai confini protetti della città la basilica di Sant’Ambrogio, la basilica di San Lorenzo Maggiore, la basilica di Sant’Eufemia, la basilica di San Babila e quella di San Simpliciano, per citarne alcune.

# Dalle mura romane a quelle medievali

credit: blog.urbanfile.org

Per non lasciare alcune aree senza la giusta protezione si decise di ampliare le mura, includendo anche i borghi circostanti. Inizialmente si fece costruire una grande palizzata in legno – poiché Milano era piuttosto distante dalle cave di pietra – dotata di un canale che veniva alimentato proprio come i fossati romani. Questo canale con il tempo si trasformò in quella che noi oggi chiamiamo Cerchia dei Navigli… ma torniamo alle mura. Barbarossa distrusse la palizzata per assediare Milano nel 1162, dimostrando che per difendere la città non bastava certamente il legno. Ed è così che iniziarono i lavori per le mura medievali in pietra che sono visibili ancora oggi.

credit: blog.urbanfile.org

# Dove si trova l’unico tratto ancora visibile?

credit: blog.urbanfile.org

Sfortunatamente delle mura medievali non resta che un breve tratto: ogni attento passante può ancora osservare nei pressi della Basilica di San Babila un originario tratto di muro. Questo inaspettato resto si trova precisamente in via San Damiano, in una di quelle zone che erano escluse dalle cinta romane e che vennero inglobate dalle mura medievali. La cosa incredibile è che fino al 1930 le mura erano ancora circondate dai Navigli e i milanesi, passando di là, avevano l’opportunità di tornare davvero indietro nel tempo a quando attorno alle cinta c’erano i fossati.

Oggi il muro costeggia un marciapiede ma è comunque molto suggestivo fare un tour di Milano inseguendo i resti medievali, come ad esempio l’arco di Porta Nuova, l’Arco di Porta Ticinese e quello della Pusterla di Sant’Ambrogio.

Fonte: UrbanFile

Continua la lettura con: Luogo nascosto #50 – I SEGRETI della piazza più FUMOSA di Milano

ROSITA GIULIANO

copyright milanocittastato.it

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E se a Milano si costruisse un passante fatto di tram?

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credits: @Riccardo Mastrapasqua

Rilanciamo una proposta apparsa tempo fa sul Gruppo CantiereUrbanFile per migliorare Milano e renderla più efficiente, sollevandola dal costante traffico nel centro cittadino per darle un po’ di respiro.

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E se a Milano si costruisse un passante fatto di tram?

# Via i tram dal centro di Milano?

Dal gruppo Facebook “Cantiere UrbanFile“, Riccardo Mastrapasqua ha avanzato la proposta di una riforma tranviaria che porterebbe alla “scomparsa dei tram dalle vie del Centro”. L’idea di base è quella di velocizzare, sistemare e rendere più fruibili le aree di superficie, andando inoltre a ridurre i tempi di percorrenza. Sarebbe la scelta giusta per la città di Milano o forse rimarrà un altro progetto troppo ambizioso che mai verrà compiuto?

# Un unico “passante” adiacente al Duomo

credit: clubmilano.net

La proposta è chiara: eliminare definitivamente i tram dal centro, e con loro tutti i cavi “che suddividono il cielo come nelle tele dei futuristi”, gli ingorghi e le file di veicoli che provocano ogni giorno. Liberando le strade, si potrà dare spazio alla costruzione di nuove aree pedonali, viali alberati, piste ciclabili e allo stesso tempo, ipotizzando un percorso tranviario adiacente al Duomo, ridurre i tempi di percorrenza sull’asse Est-Ovest e rendendo tutto molto più efficiente.

# La mappa del progetto: i tunnel per velocizzare la circolazione e rendere più vivibile la superficie

credits: @Riccardo Mastrapasqua

Il vero fulcro di questo progetto, dunque, è la costruzione di “una serie di tunnel in cui far correre (nel vero senso della parola) le linee tranviarie che attraversano il Centro.” Un concetto che riprende la struttura urbanistica di numerose città dell’Europa Centrale, in particolar modo quelle tedesche.
Riccardo Mastrapasqua, l’ideatore del progetto, si è rimboccato le maniche e ha preso in mano la situazione, tracciando un ipotetico percorso su mappa che potrebbe svilupparsi attraverso ben nove accessi e convogliare le linee verso Piazza del Duomo, rimanendo comunque fedele all’impostazione degli itinerari originali proprio per sottolineare le grandi potenzialità di quest’idea.

“Oltre a garantire un ottimo funzionamento del sistema tranviario milanese, questa infrastruttura permetterebbe di risistemare e rendere più fruibili gli spazi in superficie, come accennavo. Pensiamo ad esempio al Cordusio, a Missori, a via Larga senza l’ingombro dei tram. L’unica linea a rimanere in superficie, anche come richiamo storico-turistico sarebbe l’1″.

# Un progetto faraonico: le principali criticità

credits: @Riccardo Mastrapasqua

Lo stesso autore fa notare le numerose problematiche che potrebbero sorgere nel caso in cui il Comune di Milano prendesse davvero in considerazione la sua idea. Definito “un progetto faraonico” con non poche difficoltà che potrebbero intaccare: il substrato archeologico, creare interferenze con le linee della metropolitana (soprattutto Lanza e Cordusio), disagi durante la costruzione (linee tagliate e deviate, strade inaccessibili, disagi per i commercianti).

Mastrapasqua ha tenuto conto di questi possibili impedimenti “affrontabili con diverse soluzioni ingegneristiche. Ad esempio, prevedrei un rifacimento completo della stazione “Lanza M2″, per permettere la costruzione del tunnel tranviario, più superficiale, e dell’interscambio tra tranvie e metropolitana (roba non da poco, sia chiaro)”.

# Il progetto ha fatto nascere nuovi spunti

storia trasporto pubblico

La proposta avanzata ha scatenato un’interessante discussione sulla sua possibile praticabilità, portando anche alla nascita di nuove idee e suggerimenti altrettanto interessanti. Molti non si sono trovati d’accordo con l’eliminazione dei tram nel Centro in superficie, per via della loro storicità e del loro valore turistico. Altri ritengono sia un progetto troppo complesso per essere concretizzato, altri ancora invece propongono soluzioni alternative come Papàntalei Simone che scrive: “forse è meglio il contrario. Lasciare i tram che sferraglino in centro, un centro però personalizzato e inibito alle auto, e toglierli dal resto della città. I tram vecchi e tutte quelle robe li, piacciono un sacco ai turisti”.

Fonte: Riccardo Mastrapasqua – Cantiere UrbanFile

Continua a leggere con: La tram parade: le linee più desiderate dai milanesi

SELENE MANGIAROTTI

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A Milano servono tunnel e parcheggi: le auto vanno messe sottoterra, non eliminate dal pianeta

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Ph. @thepagez IG

Cosa differenzia città come Zurigo, Marsiglia, Bruxelles, Boston o Sidney da Milano? La politica nei confronti delle auto. Le altre città hanno deciso che le auto sono linfa vitale per lavoro e commercio ma, per la qualità della vita di tutti, vanno messe sottoterra. Per questo hanno costruito tunnel che portano il traffico sotto le città, spesso collegati a maxi parcheggi per consentire a chi arriva o si muove in città di circolare con l’auto come fosse in metropolitana e di lasciarla a destinazione. Milano agisce invece con la guerra alle auto. Una politica rischiosa anche perché le auto sono anche la fortuna di una grande città. Possibile non immaginare una politica simile alle gemelle oltre frontiera?

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A Milano servono tunnel e parcheggi: le auto vanno messe sottoterra, non eliminate dal pianeta

tunnel
Hawthorne Tunnel, il primo (sperimentale) della The Boring Company di Elon Musk

L’idea di spostare le automobili sotto la città sta prendendo sempre più piede: attualmente il miglior esempio resta il Big Dig a Boston, un megaprogetto terminato nel 2007 che ha riconvertito l’Interstate 93, la principale arteria cittadina, in un tunnel sotto la metropoli lungo 5.6 km.

Dopo la sua inaugurazione si è assistito alla immediata scomparsa del traffico in centro, insieme al subitaneo e drastico miglioramento delle condizioni ambientali, con una fortissima riduzione del rumore e un netto miglioramento della qualità dell’aria. La successiva demolizione della vecchia Interstate 93 ha permesso una netta trasformazione estetico-ambientale e la costituzione di spazi verdi, oltre al ricongiungimento del centro storico con la zona mercantile e la costa.

Il tutto è costato circa 14 miliardi di dollari, ma ha generato gli incommensurabili benefici di cui sopra, visibili nelle due immagini sottostanti.

tunnel
Il centro di Boston prima e dopo il Big Dig

# Molte grandi metropoli si sono già attrezzate

Sulla falsariga del Big Dig, sono stati costruiti il Cross City Tunnel a Sydney, il Port Tunnel a Dublino e il Carmel Tunnel a Haifa, in Israele. Nel 2019, aprirà un gigantesco tunnel sotto la città di Seattle, coronando un lavoro partito nel 2013.

Altri esempi meno mastodontici, ma comunque indirizzati sulla buona strada, sono la messa sotterranea dell’A86 a Parigi, dell’M30 a Madrid, dell’A10 ad Amsterdam. Simili esempi ci sono anche a Marsiglia o Zurigo dove con dei tunnel si passa dall’autostrada al cuore della città. 

Oltre ai vantaggi già elencati nel caso di Boston, l’uso degli spazi sottoterra porta anche ad un migliore uso dell’energia dovuto all’isolamento naturale del terreno, capace di assorbire il rumore, e alla possibilità di conseguire più efficienti modalità di controllo della temperatura degli ambienti, insieme ad una grande capacità di protezione da condizioni climatiche estreme, con una maggiore sicurezza complessiva per le funzioni che necessitano di particolari protezioni da agenti atmosferici.

Il Sound Tube di Melbourne è un esempio di road tunnel che coniuga efficienza e meraviglia

# Il progetto dei tunnel sotto al centro di Milano

In Lombardia abbiamo il modello monzese del tunnel della Valassina, una galleria urbana lunga 1805 metri, cifra che ne fa il tunnel del suo genere più lungo d’Italia e tra i più lunghi in Europa.

Tra il 2008 e il 2009 si parlò di mettere sotto terra traffico e smog milanesi grazie ad un tunnel di 4 km che avrebbe collegato piazza Repubblica con Forlanini, ispirandosi a Madrid o al gigantesco tunnel di San Cristóbal a Santiago, in Cile. Il costo all’epoca era stimato sugli 800 milioni di euro, ricavabili grazie alla formula del project financing, cioè capitali privati di italiani e stranieri che, in cambio della realizzazione dell’opera, avrebbero ricevuto la concessione del tunnel per 48 anni.

Si discusse anche di investire due miliardi di euro, dei quali il 40% pubblici, per un tunnel di 14.5 chilometri che dall’aeroporto di Linate avrebbe dovuto portare al quartiere dell’Expo, per poi concludersi a Molino Dorino.

tunnel
Il progetto per potenziare l’offerta di mobilità tra Linate e la Fiera

# Da Arco della Pace a Medaglie d’Oro, da Porta Venezia a Piazza Napoli

Non se n’è fatto niente.

Noi abbiamo pensato di riproporre con forza questa idea, immaginandoci due tunnel passanti sotto al centro storico, il primo dall’Arco della Pace a piazza Medaglie d’Oro (un percorso di circa 4 km), il secondo da Porta Venezia a piazza Napoli (poco più di 5 km).

Alimentando l’annoso problema dell’inquinamento, a Milano ogni giorno transitano più di 470.000 macchine (al 2° posto in Italia, molto distaccata da Roma, e al 145° nel mondo), che però su un’area non certo molto estesa come quella meneghina arrivano ad arrecare per forza di cose disagio, causando congestionamenti e mal’aria.

Leggi anche: Come abbattere lo smog milanese

Come visto, senz’altro i costi per la realizzazione dei tunnel non saranno indifferenti, ma l’innalzamento della qualità della vita, il virtuoso prosperare dell’atmosfera nel centro città, uniti al riappropriamento dei luoghi cardine di Milano, sono tutti fattori che non hanno prezzo.

tunnel
Il percorso dei tunnel sotto al centro di Milano immaginati da Milano Città Stato

Continua la lettura con: I due tunnel per portare Milano fuori dal traffico

HARI DE MIRANDA

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Quando ti svegli la notte e ti ricordi che hai parcheggiato in strada a Milano

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La rivedrò?

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Continua con: Sulla metro hai pagato con il contactless ma ti sei dimenticato di ripassarlo all’uscita

SMAILAND, “il sorriso di Milano”: ogni giorno su milanocittastato.it

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7 tipi e tipe che incontro all’Esselunga

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Credits kappaelleemme IG - Esselunga

Milano ha poche certezze. Una di queste è chi si incontra all’Esselunga.

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7 tipi e tipe che incontro all’Esselunga

Credits Alimentandoinfo -Esselunga

#1 Il manager frettoloso

Lo si vede solo in pausa pranzo o dopo le 18. Cappottino aderente e auricolare incorporato, fa la spesa in prevalenza al reparto gastronomia, comprando cibi pronti mentre affronta al telefono problemi di lavoro, acquisizioni, strategie, fusioni transfrontaliere, opa e massimi sistemi.

#2 La pseudonutrizionista

Compra solo prodotti veg, proteici, barrette, riso, pasta integrale e kefir. Guarda con disgusto il mio carrello con le buste di patatine fritte. Addirittura si gira dall’altra parte. Forse sta per sentirsi male.

#3 Anziana con badante

Si trascina tra i reparti biascicando con un linguaggio incomprensibile cosa vuole. Ed in effetti la badante ben poco ha compreso, visto che riempie il carrello con qualunque cosa, eccetto ciò che effettivamente serviva alla rassegnata donna. Eppure sembra andar bene così… Misteri della scienza.
 

#4 Le ragazzine 

A qualunque ora, le trovi al reparto beauty a contemplare profumi e rossetti come se comprare un fondotinta potesse risolvere i problemi del mondo. Poi si spostano al reparto bevande dove fanno incetta di coca cola e quant’altro, come se non assumessero liquidi da decenni.
 

#5 La sciura

Elegante, ondeggia fiera ed austera fra i reparti. Guarda infastidita chi le sbarra la strada alzando gli occhi al cielo e bofonchiando qualcosa. A volta esclama scocciata che la gente dorme. No sciura, la gente vuole semplicemente fare la spesa con calma.

#6 Il bello sbadato

Un ragazzo bello, occhiali scuri, jeans over e cardigan enorme. Si aggira fra gli scaffali con sguardo incerto e confuso con in mano un pacco di fazzoletti e basta, quasi non si capisce perché sia entrato. Il mistero si infittisce.

#7 La mamma

Piazza il pupo nel carrello e subito gli affibbia un pacco di biscotti così sta buono e può scatenare tutta la sua materna premura familiare riempiendo il carrello di ogni ben di dio – ma siamo in guerra e non lo sapevo? –
Alla cassa, scatta l’urlo di rito:“domiciliooooo!”
 
antonio_colombo IG – Esselunga a casa

Continua la lettura con: 7 cose che i milanesi amano da impazzire

ALESSANDRA GURRIERI
 

copyright milanocittastato.it

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La «Tram Parade»: le 7 linee più desiderate dai milanesi

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credit: perappunto.wordpress.com

Uno dei sondaggi del cuore: qual è il vostro tram preferito? I risultati sono diventati la Tram Parade con le 7 linee più amate.

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La «Tram Parade»: le 7 linee più desiderate dai milanesi

I tram sono un simbolo della città di Milano dal 1893 e la nostra rete tranviaria è la più estesa d’Italia, raggiungendo ogni angolo della città. Per questo abbiamo chiesto ai lettori sulla nostra fan page quale fosse il loro tram preferito, ed ecco il risultato: la Tram Parade con i 7 tram più amati dai milanesi.

Credit: Wikipedia – MAPPA RETE TRANVIARIA MILANESE

#7 Il 12: Da Roserio a V.le Molise

credit: Milano Weekend

In settima posizione della nostra Tram Parade c’è il 12, che collega Viale Molise a Roserio, dove ha sede l’Ospedale Sacco. Insomma, questo tram ogni giorno porta i milanesi dalla periferia Nord Ovest a quella Sud Est, percorrendo in circa un’ora 37 fermate, passando anche per il centro da Lanza, Cordusio e Duomo.  

#6 Il 24: Da P.zza Fontana a Vigentino

credit: milanopost.info

Al sesto posto il 24. Parte da piazza Fontana e percorre 18 fermate, in buona parte lungo Ripamonti, fino ad arrivare al Vigentino in 30 minuti. Una curiosità: per diversi anni il 24 arrivava invece allo stadio di San Siro

#5 Il 15: dal Duomo a Rozzano

credit: Twitter

In quinta posizione un altro tram che un tempo arrivava allo stadio: il 15. Questa linea è entrata nel cuore dei cittadini perché ogni giorno porta i suoi passeggeri dalla periferia sud di Milano – spingendosi fino a Rozzano – al centro città, raggiungendo il Duomo come ultima fermata. La linea 15 ha 32 fermate e un tragitto che viene percorso in circa 50 minuti

#4 Il 33: da P.le Lagosta a Rimembranze di Lambrate

credit: perappunto.wordpress.com

Al quarto posto si posiziona il 33, tram che collega quotidianamente la periferia nord est al quartiere Isola. Accompagna i propri passeggeri da Rimembranze di Lambrate fino a Piazzale Lagosta, passando per Porta Venezia e Garibaldi. La linea ha 23 fermate e un tragitto totale di circa 35 minuti.

#3 Il 19: Da Lambrate a P.zza Castelli

credit: milanopost.info

Terzo in classifica è il 19, linea che ha conservato alcune delle 125 vetture novecentesche tipicamente meneghine. Il tram percorre un super tragitto accompagnando ogni giorno i milanesi dalla zona nord ovest a quella nord est della città, da Lambrate a Cagnola, lungo 43 fermate per circa un’ora e 5 minuti di viaggio. 

#2 Il 14: da Lorenteggio a Monumentale

credit: tg24.sky.it

Al secondo posto l’inconfondibile ferro di cavallo che caratterizza il percorso del 14, uno dei tram più frequentati a Milano. Con i suoi 13 chilometri di lunghezza attraversa la città in un’ora e dieci minuti, partendo da Lorenteggio arrivando in centro e terminando poi al Cimitero Monumentale dopo 46 fermate. Insomma, un bel giro che ogni giorno accompagna i passeggeri, e loro lo ricambiano con amore. Matteo infatti commenta descrivendolo: “quello chiamato desiderio”.

#1 L’1: da Greco a Roserio

credit: clubmilano.net

Come dice Federica: L’1, tutta la vita” aggiungendo l’immancabile cuoricino. Al primo posto non poteva che esserci lui: il mitico 1. Una vera “linea panoramica”, perché fa il giro del centro città attraversando moltissimi luoghi simbolo come il Teatro alla Scala o l’Arco della Pace, terminando a Roserio dopo circa 60 minuti e 43 fermate.

Fonte: FanPage Milano Città Stato

Leggi anche: L’EVOLUZIONE del TRAM a Milano

ROSITA GIULIANO

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Le città più internazionali e aperte al mondo sono delle città stato come #Amburgo #Madrid #Berlino #Ginevra #Basilea #SanPietroburgo #Bruxelles #Budapest #Amsterdam #Praga #Londra #Mosca #Vienna #Tokyo #Seoul #Manila #KualaLumpur #Washington #NuovaDelhi #HongKong #CittàDelMessico #BuenosAires #Singapore

Le 5+1 parole gergali usate a Milano ma che non sono milanesi

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Credits otta.s ig - Sticazzi

Ci sono alcuni termini che vengono utilizzati dai milanesi quotidianamente ma che di milanese non hanno niente. 

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Le 5+1 parole gergali usate a Milano ma che non sono milanesi

#1 Minchia

Minchia è un termine originario della lingua siciliana, di derivazione dal latino mencla, formula volgare di mentula, per indicare l’organo sessuale maschile. Nell’Italia settentrionale, in particolare a Milano, la parola si è diffusa per via dell’ingente immigrazione di cittadini provenienti dalla Sicilia come espressione di esclamazione, di disprezzo, di apprezzamento o di stupore.

Leggi anche: 5 MODI DI DIRE tipicamente MILANESI

#2 Sticazzi 

Credits otta.s ig – Sticazzi

L’espressione “sticazzi” è di origine romana ma da anni è entrata nel comune gergo milanese, solo che il suo utilizzo è esattamente l’opposto. A Roma infatti è un’espressione di scherno, significa “e a me cosa importa?”, mentre a Milano esprime stupore.

#3 Daje

Credits:
@romanzogiallorosso (INSTG)

Anche il termine dialettale “daje” è stato importato dalla capitale. Conosce diverse varianti e modi d’uso, a Milano è usata per caricare, dare coraggio o festeggiare un risultato raggiunto.

#4 Rosicare

Stai a rosicà” è un’espressione molto usata a Roma. A Milano viene usata in italiano con lo stesso significato, per sottolineare come una persona sia invidiosa di qualcuno o di una situazione e si stia rodendo il fegato dalla rabbia. L’unica differenza rispetto all’originale romano è che a Milano si pronuncia anche l’ultima sillaba

#5 Rumenta

Di origine genovese la parola “rumenta” viene anche utilizzata a Milano per indicare la spazzatura. Deriva da “ramenta”, un lemma del tardo Latino, nato dalla trasformazione di “fragmenta”, originario del Latino classico, che vuol dire “frammenti” e utilizzato quindi per indicare avanzi, scarti, resti.

#5+1 A muzzo

Amuninni Credits: unaparolasicilianaalgiorno IG

Dalla Sicilia arriva un altro termine diffuso a Milano, “a muzzo”. La traduzione letterale è mucchio, insieme di cose prive di identità. Per estensione anche inutile, a vanvera “Parrari a’ muzzu (parlare a vanvera). Viene usata a Milano per indicare cose fatte a caso, a casaccio, senza logica.

Continua la lettura con: Le parole del DIALETTO MILANESE derivate da lingue STRANIERE

FABIO MARCOMIN

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Il giorno dell’indipendenza: le 7 possibili nuove Repubbliche autonome dentro l’Italia

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Ph. RobertoSFR

Periodicamente nella storia torna in auge la voglia di indipendenza e di autodeterminazione dei territori. Al momento siamo in un periodo di forze contrarie, con gli stati arroccati sulla difesa dello status quo e che guardano con terrore qualunque rivendicazione autonomista. Ma come insegna la storia, il vento spesso cambia direzione.

Non solo San Marino e Città del Vaticano: quali sono i territori italiani che potrebbero auspicare a diventare degli stati indipendenti? E con quali motivazioni. 

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Il giorno dell’indipendenza: le 7 possibili nuove Repubbliche autonome dentro l’Italia

#1 Isola d’Elba: da sempre un unicum nel Tirreno, potrebbe competere con le Baleari 

Credits elbacaposantandrea IG – Isola d’Elba

L’Isola d’Elba è la più grande delle isole dell’arcipelago toscano, la terza più grande d’Italia. Fa parte di Livorno a livello amministrativo ma è in grado di sostenersi in modo autonomo da provincia e regione. Ospita anche un piccolo scalo aereo che la collega a Milano e ad alcune città della Svizzera.

Storicamente è sempre stata un’isola considerata a se stante rispetto al resto d’Italia: nel mondo viene abbinata a Napoleone. 

Trasformata in uno stato indipendente, l’Isola d’Elba potrebbe accrescere ancora di più il fascino generato dai suoi paesaggi naturali e attirare ancora più turismo, potendo così competere con le Baleari come isola della libertà. 

Leggi anche: Da Milano all’isola d’ELBA in un’ORA

#2 Pantelleria e Lampedusa: uno stato ponte tra Europa e Africa, nuova oasi fiscale alternativa a Malta

Credits @laura_manfredi IG – Lampedusa

Lampedusa e Pantelleria si trovano all’estremo limite sud dei mari di competenza italiana, al largo delle coste africane. Oggi sono considerate un corpo estraneo, anche geograficamente sono più vicine all’Africa che all’Italia. Soprattutto Lampedusa è anche soffocata dal problema immigrazione selvaggia che forse da Roma sono troppo lontani per gestirla con efficacia. 

Se fossero indipendenti potrebbero valorizzare e proteggere al meglio le proprie risorse naturali e assumere un ruolo di peso nello scenario internazionale in quanto crocevia tra Italia e Africa. Oltre a poter dotarsi di una propria normativa fiscale che possa renderle più attrattive per residenti facoltosi e per nuove aziende. In competizione con la vicina Malta. 

#3 Lunigiana: il territorio compresso tra Toscana e Liguria potrebbe rinverdire i suoi gloriosi fasti

Credits paola_zirattu IG – Lunigiana

La Lunigiana è una regione storica compresa tra Toscana e Liguria, che trae il proprio nome dall’antica città romana di Luna, e corrisponde geograficamente al territorio compreso nel bacino idrografico del fiume Magra.

L’influenza della città di Luna, diventata il porto più importante del mar Ligure, fu così grande in epoca romana da connotare col proprio nome l’intero territorio circostante. L’indipendenza la farebbe tornare agli antichi fasti di un tempo e potrebbe bilanciare il principato di Monaco all’altra estremità della Liguria. 

#4 Trieste: una città in declino, trascurata dall’Italia, potrebbe diventare la Montecarlo dell’Est Europa 

Credits: italymypassion IG

Trieste è il capoluogo della regione a statuto speciale del Friuli-Venezia Giulia.  Una città ricca di storia e da sempre un incrocio di culture, a confine con la Slovenia, dopo la Seconda Guerra Mondiale ci fu un tentativo per rendere Trieste indipendente. Come previsto dall’articolo 21 del trattato di Parigi fra l’Italia e le potenze alleate firmato nel 1947, si sarebbe dovuto costituire lo Stato indipendente “Territorio Libero di Trieste”, ma la mancata attivazione delle procedure per la costituzione degli organi costituzionali lo impedì. Con l’indipendenza le verrebbe riconosciuto il suo ruolo storico di città di confine tra Europa dell’ovest e dell’est,  trasformando una città in declino e ormai marginale, nella Montecarlo dell’Est. 

Leggi anche: Questa piazza è il “SALOTTO” d’Italia

#5 Livigno: già ora zona franca, accrescerebbe la sua attrattività anche a vantaggio dell’Italia

Livigno, località montana della provincia di Sondrio a 2000 metri d’altezza, in qualità di zona franca di confine ha già l’esenzione di imposte come Iva e accise che lo rendono il “Duty Free” più alto del mondo. Se diventasse indipendente sarebbe solo un percorso naturale di crescita verso un totale autonomia che la renderebbe più attrattiva e di conseguenza la migliore porta d’accesso per l’Italia dal nord

Leggi anche: TREPALLE di nome e di fatto: è il paese più FREDDO d’Italia

#6 Provincia di Bolzano: l’unica eccezione realmente autonomista in Italia

Credits: viaggi.corriere.it – Bolzano

Il territorio di Bolzano è quanto di più simile al modello di città stato diffuso in tutta Europa e per questo l’indipendenza potrebbe considerarsi solo lo step finale di un lungo processo. Bolzano è già uno dei territori più ricchi d’Italia con un Pil pro-capite di 42.500 euro, con la disoccupazione più bassa al 3,1% e la possibilità come provincia autonoma, di trattenere sul territorio i 9/10 delle tasse riscosse. Se fosse indipendente completerebbe la sua autonomia al 100% e potrebbe accrescere il suo ruolo politico in Europa. 

Leggi anche: Modello BOLZANO: PIL pro capite PIÙ ALTO d’Italia e 9/10 delle proprie TASSE TRATTENUTE sul territorio

#7 Milano: sarebbe la Singapore d’Europa

Il progetto di Milano Città Stato, ossia di dare a Milano poteri da regione, anno dopo anno sta diventando più popolare: il 66% dei milanesi in un recente sondaggio ha dichiarato di volere per Milano i poteri da regione o provincia autonoma.

Nel caso in cui venissero frustrate ancora le richieste di Milano di avere un’autonomia degna delle principali città d’Europa, si potrebbe arrivare a uno strappo ancora più radicale. Se avvenisse, Milano come stato indipendente potrebbe diventare una delle città più ricche del mondo, come una nuova Singapore all’interno dell’Europa. Città stato della libertà e del benessere. 

Leggi anche: Sondaggio Ipsos: 2 MILANESI su 3 vogliono per MILANO poteri da REGIONE o PROVINCIA AUTONOMA!

Continua a leggere con: SAN MARINO: da quasi mille anni simbolo mondiale di LIBERTÀ

FABIO MARCOMIN

copyright milanocittastato.it

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7 cose che l’Italia invidia ai milanesi

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Credits: @paolo_streetshooting IG

Abbiamo chiesto quali sono le cose che il resto d’Italia invidia a Milano e ai milanesi: ecco quali sono emerse.

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7 cose che l’Italia invidia ai milanesi

#1 I soldi

Via Montenapoleone

La ricchezza è forse uno dei primi fattori oggetto di invidia da parte del resto del Paese e non c’è da stupirsi. Il reddito pro capite a Milano è arrivato a sfiorare i 50.000, quasi il doppio rispetto alla media italiana di 26.000. Anche il quartiere più ricco d’Italia è a Milano, mentre il comune più ricco d’Italia è Basiglio, nell’hinterland milanese.

C’è chi ammette che quando vede passare un milanese gli viene voglia di rigargli la macchina. 

Leggi anche: La mappa della RICCHEZZA di Milano: il quartiere più ricco d’Italia e quelli più poveri della città

#2 La dimensione internazionale

Fuorisalone 2019. Credits: @licialupelli (INSTG)

Milano è una delle capitali mondiali della moda, il centro degli eventi per eccellenza, ospita due delle fiere più visitate, il Salone del Mobile e del motociclo. Qui hanno sede il maggior numero di multinazionali e società finanziarie in Italia. Solo a Milano ci sente anche in Europa, una vera città cosmopolita. In una Italia malata di “campanile” si fatica ad accettare che ci sia una città che si confronta più con le grandi metropoli europee che con altre parti d’Italia. 

#3 Le opportunità di lavoro

Credits: nuvola.corriere.it

Nessun altra città in Italia offre tante opportunità di lavoro e di sviluppo delle proprie idee imprenditoriali. Milano mette chiunque nelle condizioni di crescere professionalmente e crearsi una carriera lavorativa di successo grazie anche alla facilità di creare reti e connessioni tra persone.

Un’Italia in crisi e in difficoltà professionale spesso Milano appare come il luogo dove invece ogni sogno di carriera diventa possibile. 

#4 Le coppe dei Campioni

Credits uefa – ac_milan_inter_milan

Milano batte il resto d’Italia 10 a 2 come numero di Coppe dei Campioni o Champions League, il più importante trofeo calcistico per club in Europa. Il Milan con 7 coppe e l’Inter con 3 surclassano l’unica altra città con questo trofeo, Torino con la Juventus ferma a 2, mentre tutte le altre sono a zero. Milano è ancora l’unica città d’Europa ad aver vinto la champions con due squadre diverse. Con il resto d’Italia non c’è proprio partita.

#5 La possibilità di fare di tutto 

surf all'idroscalo
surf all’idroscalo

L’offerta culturale variegata, dal Teatro Parenti al Teatro alla Scala, dal Museo del Novecento al Mudec, ristoranti e locali con tutte le cucine d’Italia e del mondo, la possibilità di fare ogni tipo di sport dal surf all’Idroscalo all’esperienza di volo all’Aero Gravity. Qui si possono sperimentare tutte le novità, dai nuovi fashion brand internazionali alle nuove tendenze in tema di food che scelgono sempre la nostra città come approdo italiano. A Milano la noia non è di casa. 

Leggi anche: Quello che NATURA non le ha dato Milano se l’è CREATO

#6 La rete di mezzi efficienti

Mappa ATM 2021

La rete dei trasporti milanesi è per distacco la più efficiente e capillare d’Italia. Si impiega in media meno di 8 minuti per percorrere un km, camminando solamente per il 12% del percorso totale. Con l’apertura della quinta linea di metropolitana avrà da sola più km di rete di tutte le altre città messe insieme, circa 115 km, ha la rete più estesa di tram e i mezzi su gomma percorrono più km per abitante. 

Leggi anche: La NUOVA MAPPA della METRO: le 4 novità e che cosa manca per essere perfetta

#7 La capacità di organizzazione

1 maggio 2015: inaugurazione Expo (Foto: Andrea Cherchi)

Milano e i milanesi hanno nell’organizzazione uno dei fattori di eccellenza. Lo si vede dalle piccole situazioni quotidiane di svago e di lavoro alle grandi manifestazioni internazionali, l’ultima in ordine di tempo è stata l’Expo2015. In un Paese dove tra il dire e il fare c’è di mezzo un oceano, Milano può innescare grande invidia per la sua capacità di passare ai fatti e di mantenere le promesse. 

Continua a leggere con: I 7 DIFETTI dei MILANESI

FABIO MARCOMIN

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