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Quello che i romani dicono dei milanesi

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Ph. j_nnesk_sser

Dopo lo storico buzz provocato dall’articolo le 10 cose che i romani invidiano di Milano le nostre talpe disseminate nella capitale ci hanno fornito una nuova lista esclusiva della serie macchevelodicoaffà.

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Quello che i romani dicono dei milanesi

Credits tasya.filippova IG- Gladiatori romani

#1 Se la tirano tanto

“Anche le donne fanno le fighe, sanno tutto. Questo non è del milanese in quanto tale ma di chiunque metta piede a Milano. Già il solo stare a Milano è per molti un motivo di vanto, soprattutto se si viene da fuori

#2 Si credono chissacché

“I romani pensano che i milanesi vogliano sempre farsi credere importanti. A Roma l’importanza viene data dalle amicizie che si hanno, un mio caro amico è…, mentre il milanese si misura dal ruolo che occupa”

#3 Pensano che lavorano solo loro

Ai romani irrita l’atteggiamento che il milanesi ha nei loro confronti: “il fatto è che a Roma il lavoro non lo si ostenta come fanno i milanesi. Ad esempio, il milanese ti dice: Sono uscito alle 10, lo dice con soddisfazione, mentre il romano si lamenta”.
I milanesi se lavorano te lo dicono 100 volte di più

#4 Considerano Milano uno standard di eccellenza universale

“Ci giudicate sempre con un atteggiamento di superiorità. Il metro è Milano: per voi quello che si fa a Milano è il modo ottimale. Se ci si discosta in più o in meno significa essere inferiori. Specie sullo stile di vita: in realtà seguiamo semplicemente orari diversi”

#5 Ormai i romani copiano i milanesi

“Molti a Roma prendono a riferimento a Milano per vantarsi di ciò che fanno. Dicono: Eh, l’hanno fatta pure a Milano o c’è anche a Milano, come dire che allora è una cosa figa”

Credits Kookay-pixabay – Case a Roma

#6 I romani pensano che Milano sia il posto più figo d’Italia

“Per i lavori, i servizi e il divertimento. Milano è associata a New York
“A roma ci sono locali stupendi che se fossero a milano sarebbero pompati a mille”

#7 Se lo dice un milanese, allora è vero

I romani si fidano dei milanesi. Mia mamma dice che le uova a Milano sono più fresche, perché lo dicono i milanesi e se lo dicono i milanesi è vero”

#8 Al milanese dà fastidio che Roma sia capitale

“Roma sottolinea spesso che è la capitale perchè pensiamo che ai milanesi questa cosa dà fastidio. Stare sotto Roma è una cosa che vi fa andare di matto”

#9 Il romano accetta in fondo in fondo che il milanese sia avanti

“Anche se non lo ammetterebbe mai, la verità è che per il romano è assodato che Milano sia avanti. Se prova a dire il contrario lo fa solo per provocare”

#10 I romani sono innamorati di Milano

“Tutti i miei amici vorrebbero venire a vivere a Milano. Però non sanno che cosa li aspetta”

Continua la lettura con: Dove si potrebbe mettere via Roma a Milano?

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L’«isola delle rose»: la favola della libertà che incantò l’Italia

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Nella storia sono stati molti i tentativi di liberazione dalle regole e dal dominio degli Stati: guerre, rivoluzioni, manifestazioni. La libertà però a volte si può ottenere con gesti meno violenti ed eclatanti. È il caso dell’Isola delle Rose che più di 50 anni fa ha provato a realizzare il sogno dell’indipendenza e della libertà di una micronazione nata dal nulla.

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L’«isola delle rose»: la favola della libertà che incantò l’Italia

# Giorgio Rosa: il libertino per eccellenza che pensò in grande per difendere la sua libertà

@meteoriminiofficial

Giorgio Rosa era un ingegnere, ex soldato di Salò, con una sfrenata passione per la libertà. Il suo obiettivo principale era distaccarsi dalla cultura collettivista dell’epoca: Rosa era contrario al paternalismo della Chiesa e alle sue regole morali, alla Democrazia Cristiana e all’anticapitalismo comunista. Era un uomo che non credeva nelle istituzioni, insomma si sentiva un pesce fuor d’acqua. Cosa fare allora in un periodo come quello del ’68, in uno Stato completamente contrario alle tue idee? Cambiare Stato era un’opzione valida ma Rosa si rese subito conto che anche all’estero si sarebbe sentito soffocare dalle istituzioni presenti. Così maturò l’idea di costruire uno “Stato su misura”.

# L’isola delle Rose: l’annuncio dell’indipendenza

@david_vecchi

L’idea dell’ingegner Rosa era quella di costruire una piattaforma a 11 chilometri e mezzo dalle coste riminesi, fuori dalle acque territoriali. Dopo numerosi tentativi, vanificati dalle mareggiate ci riuscì. L’obiettivo di sostenibilità economica iniziale era sfruttare la curiosità delle persone e quindi il turismo: vendere benzina senza le accise, aprire un bar e un ufficio postale e infine emettere francobolli. Rosa aveva studiato bene, sapeva che lì la giurisdizione dello Stato Italiano non avrebbe avuto effetto e quindi poteva realizzare il suo progetto ambizioso, sulle orme dello Stato di San Marino. Nel ’67 l’isola è pronta, nessuno aveva fatto caso al suo progetto fino a quel momento. Tuttavia, quando viene aperta la pubblico richiama subito l’attenzione delle istituzioni e delle forze dell’ordine. Giorgio Rosa capisce allora che è il momento di arrivare a un gesto forte: dichiarare l’indipendenza della sua isola.

# Primo maggio 1968: nasce la Repubblica delle Rose 

L’Isola delle Rose diventa Stato il primo maggio del 1968, in un anno che già di per sé viene ricordato per la sua vivacità. Così nasce la Repubblica Esperantista dell’Isola delle Rose, perché il suo fondatore decide di usare come lingua ufficiale l’Esperanto. Da subito quella piattaforma di 400 metri diventa un’attrazione turistica e anche le navi sull’Adriatico cambiano rotta per avvicinarsi a questo curioso microstato.
Rosa aveva in mente cose più grandi però: voleva allungare la piattaforma e creare un mini aeroporto sul mare e costruire altri piani per negozi di souvenir.

# Dopo due mesi la Repubblica delle Rose finisce la sua avventura 

Allo Stato italiano però quest’idea non piace affatto: un mini Stato in mezzo al mare Adriatico che si basava sulla libertà era troppo per un periodo in cui il mondo era diviso in due blocchi. Dopo solo 55 giorni, a fine giugno, il governo invia una task force di carabinieri che circonda l’isola e la occupa. Serviranno più di 1000 kg di esplosivo e una burrasca a distruggere il sogno di Giorgio Rosa che capii definitivamente che in Italia un progetto del genere era irrealizzabile.

# Isola delle Rose oggi è un film prodotto da Netflix

@vargeon

Questa incredibile vicenda ha fatto nascere l’idea della produzione di un film che è uscito il 9 dicembre 2020 sulla piattaforma di Netflix. Il protagonista è Elio Germano nei panni di Giorgio Rosa e Matilda De Angelis nei panni della moglie Gabriella.

# Ma il progetto di Rosa è rinato un po’ più a Est: il caso di Liberland

 

La Libera repubblica di Liberland è una micronazione di circa 7 chilometri quadrati, che si trova tra Croazia e Serbia. Una terra che stranamente non è stata rivendicata da nessuno e che è diventata la mini Repubblica di Liberland, fondata nel 2015 da Vít Jedliãka e un suo gruppo di amici. La reazione di Serbia e Croazia non è stata delle più felici e hanno ritenuto illegale entrare in questo Stato non riconosciuto. Dopo vari arresti però Jedliãka gestisce ancora questa mininazione e le richieste di cittadinanza sono moltissime. Liberland è diventata un piccolo paradiso fiscale con tasse solo su base volontaria. Durante la pandemia, Liberland, tramite il Liberland Response Center, ha distribuito 600 visiere protettive come aiuti umanitari in Croazia e 600.000 respiratori per gli Stati Uniti. Questa è la prova che libertà non vuol dire egoismo, anzi, questo Stato ha dimostrato di essere veramente solidale.

# Milano Città Stato: il laboratorio perfetto per riprodurre gli elementi cardine di questo progetto

Milano Città Stato ha più volte dato prova di voler creare un progetto per acquisire maggior autonomia e libertà per la città di Milano, in modo da essere un modello per l’intero Paese. Una libertà che significhi consapevolezza e ancora più responsabilità personale, per costruire un’autonomia che metta al centro il singolo cittadino e il suo contributo naturale alla comunità di cui fa parte. Chissà che da una storia tra utopia e favola della Repubblica delle Rose non possa trovare forma proprio a Milano un nuovo e più evoluto rapporto tra cittadini e governanti?

Continua la lettura con: I vantaggi a fare diventare Milano una città stato: i più votati dai milanesi

ANDRA STEFANIA GATU

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La triste storia di quello che fu il Vivaio Riva, il tesoro verde nel cuore di Milano

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La magia del Vivaio Riva, un secolo di storia nel cuore di Milano scrigno di verde e silenzio della metropoli, da 8 anni non c’è più. Del “Colosseo Verde”, da realizzare in memoria di quello esistito quando Milano era capitale dell’Impero Romano, ancora nemmeno l’ombra: solo montagne di terra rimossa e le poche rovine di un anfiteatro romano praticamente abbandonato. Quello che rimane è solo l’amarezza per la chiusura di un gioiello verde nel cuore di Milano che era un riferimento per i milanesi amanti della natura e del silenzio. 

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La triste storia di quello che fu il Vivaio Riva, il tesoro verde nel cuore di Milano

milano anfiteatro

Facendo due passi nel cuore della zona Ticinese, per oltre un secolo è esistito il Vivaio Riva, il più vecchio della città, uno scrigno verde dove la natura animava un silenzio che di milanese non aveva nulla. Si trovava a lato del Parco Archeologico, che mostra solamente alcune parti fondative di quello che era l’anfiteatro romano realizzato quando Milano era capitale dell’Impero Romano d’Occidente ed è sconosciuto quasi a tutti, turisti e milanesi stessi, racchiuso tra palazzi, una chiesa e cancellate. Inoltre quasi sempre chiuso.

Leggi anche: Nel cuore di Milano il PARCO più inaccessibile del mondo

# Una chiusura che lascia ancora l’amaro in bocca

Il parco vero e proprio é stato realizzato solo nel 2002 grazie ad un accordo tra la Sovrintendenza e il Comune di Milano, grazie anche all’utilizzo di fondi ministeriali, proprio perché sui terreni vige la parola della Sovrintendenza romana ed è proprio qui che nasce il problema. Ormai otto anni fa per decisione irrevocabile del sindaco Beppe Sala e della Sovrintendenza il Vivaio fu raso al suolo, revocando d’imperio la concessione alla signora Maria Luisa Riva.

Vivaio Riva

Già nel 2012 l’Associazione Vivaio, che pubblica questo sito, con l’iniziativa “Salviamo il Vivaio Riva” era riuscita a mantenerlo in vita per ulteriori 5 anni prima della definitiva dismissione, sarebbe servito che la politica si fosse presa la responsabilità di difendere un patrimonio storico, realizzando un bando che rispettasse le necessità della città per far proseguire alla famiglia la gestione di quell’oasi verde di Milano.

credits: arte.it

Al suo posto sarebbe dovuto esserci ora il “Colosseo Verde” ovvero una ricostruzione con siepi e arbusti dell’anfiteatro romano di Milano: ad oggi ci sono montagne di terra rimossa e quel che resta delle rovine di un anfiteatro romano praticamente abbandonato. E questo nonostante fosse stato annunciato in modo pomposo che i lavori sarebbero durati appena tre anni. 

# Che fine ha fatto il Colosseo verde di Milano?

Credits: Urbanfile – Progetto anfiteatro

Un progetto di archeologia green a Milano per il Parco archeologico dell’Anfiteatro romano, questo è quello che ancora è scritto sul sito della Sovrintendenza dei Beni Culturali. Nel dettaglio: “Un giardino farà rifiorire il Parco archeologico dell’Anfiteatro di Milano, dove insistono i resti dell’Anfiteatro imperiale, in origine di mt 155 per 122 e 36 di altezza. Qui sono iniziati i lavori per realizzare un inedito Amphitheatrum naturae, creato con elementi arborei della topiaria antica bosso, mirto, ligustri e cipressi): un grande giardino ellittico a delineare il sedime e la forma della pianta dell’anfiteatro perduto a contorno e completamento dei resti archeologici. Ciò sarà possibile estendendo l’area del parco a quelle esterne oggi abbandonate, su via Arena e su via Conca del Naviglio, tagliate fuori da muri di recinzioni, inaccessibili, dove imperversa vegetazione spontanea, incuria e degrado.

Evidentemente è stato rimosso, oltre al Vivaio Riva di quasi 4.000 mq, anche il fatto che lo stesso era l’ultimo “baluardo” che in quell’area garantisse l’accessibilità, pulizia e cura dell’ambiente naturale ovvero tutto il contrario di quanto la descrizione del progetto vuol far intendere. A dicembre sono iniziate del 2018 le opere di liberazione e pulizia dell’area, ma nonostante i costi dell’intervento siano coperti da uno sponsor rimane ancora una ferita nel cuore e nella storia di Milano, oltre a una pessima figura dell’amministrazione comunale.

Com'è oggi (ex Vivaio RIva)
Com’è oggi (ex Vivaio RIva)

Continua la lettura con: 5 meraviglie di Milano che si possono ammirare gratis

FABIO MARCOMIN

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“Sono tornato dall’anno 3906”: l’uomo che visse nel futuro. Ecco cosa ha visto capitare nei prossimi 2000 anni

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Credits monkeyandelf IG - Città del futuro

Un futuro utopistico nell’esperienza vissuta da un uomo del passato proiettato nel tempo. Vediamo come potrebbero essere i prossimi 2000 anni secondo il suo racconto.

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“Sono tornato dall’anno 3906”: l’uomo che visse nel futuro. Ecco cosa ha visto capitare nei prossimi 2000 anni

# Paul Amadeus Dienach nato a fine ottocento avrebbe vissuto nel 3906: ci ha lasciato un resoconto scritto dei prossimi 2000 anni

Credits djawanewscom IG – Paul Amadeus Dienach

Paul Amadeus Dienach, insegnante di tedesco e di francese, nasce a Zurigo nel 1884. Nel 1917 viene colpito per la prima volta da un’encefalite letargica, nel 1921 una seconda volta in una forma più violenta che lo manda in coma per anno intero. Dopo il suo risveglio in un ospedale di Zurigo, a seguito della diagnosi di tubercolosi decide di andare a vivere nella più salubre città di Atene per riprendere l’insegnamento di insegna tedesco e francese.

Qui fa la conoscenza dell’allievo Georgios Papachatzis a cui affiderà, in punto di morte nel 1924, la traduzione delle 800 pagine dei suoi diari dove rivela di aver vissuto nel futuro. Nei testi, che verranno pubblicati solo 50 anni dopo, Paul racconta di un anno avventuroso vissuto nel 3906, proprio quando era in un letto nell’ospedale di Zurigo, affetto dall’encefalite letargica. Ha davvero viaggiato nel tempo e sono solo i deliri conseguenti alle sue gravi patologie? 

# Cosa ha visto nel futuro?

Credits monkeyandelf IG – Città del futuro

Nei suoi diari Paul racconta di essersi risvegliato con il nome di Andreas nel 3906 e accudito da alcuni infermieri che parlavano una sconosciuta lingua nordica e dove il mondo era cambiato per sempre. Ecco alcune delle cose viste nel nostro secolo tratte dal libro “Chronicles from the Future”:

# Un’altra guerra mondiale, oppressione dell’uomo sull’uomo, mancato rispetto della natura

Il XX e XXI secolo sono funestati da guerre mondiali, dall’oppressione dell’uomo sull’uomo e dal mancato rispetto della natura. I valori cambiano e lo smodato consumismo distrugge il pianeta e le coscienze degli uomini.”

# Il Nuovo Ordine del Mondo regge il potere politico ed economico

“Sono anni dove il potere economico e politico è detenuto da un Nuovo Ordine del Mondo. Violenza e povertà dilagano, in particolare in Africa e in Asia.”

# La fuga su Marte finisce male

“Il pianeta è sovrappopolato e Marte diventa la meta di una colonia terrestre, che dura poco, perché dopo una sessantina d’anni un evento catastrofico spazzerà via tutti i 20 milioni di persone che lo abitano.”

# Cosa succede nei prossimi secoli

“Nell’anno 2309 il Vecchio Continente sarà quasi completamente annientato da una guerra nucleare. La popolazione sopravvissuta sul pianeta inizia a migrare, e nell’Europa del sud arrivano genti dal nord. Gli uomini sono ormai quasi privi di una qualsiasi forma di vita spirituale.”

“Segue l’età degli eroi che per i nostri posteri è l’Era Antica o Eldere, durante la quale, alla fine del XXIV secolo, nasce un governo mondiale, che porta legalità e ordine: il pianeta non è più diviso in nazioni, e tutti si sentono cittadini della Terra.”

“Il rinascimento inizia nel 2894, in un luogo tra Grecia e Macedonia chiamato Valle delle Rose, dove nasce il “Movimento dei Duecento”, dal quale riparte una nuova spiritualità ed anche un uomo nuovo dal punto di vista fisico, frutto di un modo di vivere diverso, più libero e gioioso.”

“Arriva infine l’età della ragione che per i nostri posteri è la Nuova Era o Nojere, dove spicca un uomo Alex Volky, che nel 3382 libera gli uomini dal dolore e insegna loro a trovare una nuova spiritualità e una gioia immensa grazie alla meditazione, talmente forte da risultare mortale se non si è pronti a riceverla.”

“Nel 3842 sbocciano le prime rose blu di un saggio giardiniere, dopo cinquanta anni di tentativi, nella Valle delle Rose.“”

Paul Dienach descrive un futuro utopistico dove si lavora soltanto un biennio tra i 19 e i 21 anni, per poi essere liberi di occuparsi di quello che più ci piace. Sono spariti i concetti di proprietà privata e di matrimonio, a scapito dell’amore libero. L’unica cosa ad essere autorizzata dalla Stato è la procreazione, per scongiurare la sovrappopolazione della Terra.

Continua a leggere con: Glaciazione, carenza risorse, crollo in Borsa: in arrivo in inverno la MADRE di tutti i DISASTRI?

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Il mare a Milano? Che cosa succederebbe se tutti i ghiacciai si sciogliessero

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credits: rsi.ch

Lo scenario è questo: la temperatura terrestre aumenta, tutti i ghiacciai si sciolgono e il mare si alza inondando le terre emerse. No, non è il set di un film apocalittico, ma l’oggetto di molti studi che diversi istituti di ricerca stanno effettuando. Che cosa accadrebbe al mondo che conosciamo se tutti i ghiacciai si sciogliessero?

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Il mare a Milano? Che cosa succederebbe se tutti i ghiacciai si sciogliessero

# Se tutti i ghiacciai si sciogliessero, il livello del mare si alzerebbe di 60 metri: Milano si ritroverebbe sulle rive dell’Adriatico

credits: ehabitat.it

Secondo gli studi effettuati dalla NASA, lo scioglimento di tutti i ghiacciai causerebbe un innalzamento degli oceani di oltre 60 metri, con la conseguente sparizione di molte città e zone costiere. In questo panorama catastrofico, Milano, che come suggerisce il suo nome è al centro della pianura, rimarrebbe al riparo delle acque. Non solo, il capoluogo meneghino avrebbe mare e spiagge: si ritroverebbe infatti sulle rive dell’adriatico.

Questo scenario sembra essere ancora piuttosto lontano. Alcune stime prevedono che, se la terra dovesse scaldarsi di altri 3,5 gradi, entro il 2100, l’innalzamento oceanico sarebbe di circa un metro. E per quanto un metro, rispetto a sessanta, sembri un numero molto piccolo, avrebbe comunque serie conseguenze, costringendo almeno 150 milioni di persone ad abbandonare le proprie abitazioni.

# Come Atlantide: Roma, Londra e Stoccolma sprofonderebbero negli abissi

credits: focus.it

Già nel 2015, la rivista Focus pubblicava delle animazioni che mostravano le conseguenze del catastrofico scenario. Le immagini mostrano proprio come l’innalzamento del mare inghiottisca sempre più ampi lembi di costa, portando alla scomparsa di metropoli, atolli e addirittura interi stati, come ad esempio la Florida.

Il sito floodmap propone delle simulazioni del mondo in base al livello del mare selezionato. Con un innalzamento di 60 metri, si può così notare come, in Italia, buona parte dell’Emilia Romagna e del Triveneto verrebbe sommersa dall’ Adriatico. Il nostro bel paese si assottiglierebbe, anche la costa tirrenica infatti subirebbe gravi perdite e città come Napoli e Roma scivolerebbero negli abissi.

Nemmeno l’Europa ne uscirebbe illesa. Le proiezioni mostrano come intere nazioni, come Danimarca, Belgio e Olanda scomparirebbero sott’acqua e diverse capitali sprofonderebbero nel mare.

# Le altre conseguenze dello scioglimento dei ghiacci

credits: chetempochefa IG

Ma l’innalzamento dei mari non sarebbe l’unica conseguenza dello scioglimento dei ghiacci. Il volume totale del ghiaccio terrestre corrisponde infatti a 26 milioni di metri cubi, il 2% dell’acqua terrestre, non è quindi difficile immaginare le gravi ripercussioni che il loro scioglimento avrebbe sui movimenti della Terra in ambito cosmologico. I ghiacci contribuiscono di fatto a mantenere in equilibrio il pianeta con il suo asse di rotazione, il loro scioglimento pertanto porterebbe ad un’alterazione della rotazione che subirebbe un rallentamento.

Ondate di calore, desertificazione, fenomeni metereologici estremi e, appunto, scioglimento dei ghiacci sono solo alcuni dei pericoli legati al riscaldamento globale. Particolarmente suscettibili a tali fenomeni sono le regioni costiere, attualmente abitate da centinaia di milioni di persone. L’innalzamento dei mari, fino ad oggi in qualche modo contenuto artificialmente, diventerà sempre meno controllabile, rendendo inutili le misure attuali. John Englander, studioso britannico, afferma che “dobbiamo renderci conto che non possiamo stare con le mani in mano […] Dobbiamo avere un piano per affrontare il problema se, e quando, si presenterà”.

Insomma, magari il mare a Milano è il sogno di molti e, forse, una delle poche cose che manca davvero alla metropoli meneghina, ma se questo è il prezzo da pagare meglio accontentarci del nostro caro Idroscalo.

Continua a leggere: Da Milano al mare in treno in meno di un’ora

CHIARA BARONE

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Quando sei a Cortina e ti assale un attacco di velocità milanese

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Ci scatta sempre il turbo.

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SMAILAND, “il sorriso di Milano”: ogni giorno su milanocittastato.it

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Ritorno al futuro per l’Italia: tornare alle regioni romane o pensarne 3 nuove?

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Le 20 regioni italiane sono sempre esistite? No. Esisteranno per sempre? Ugualmente no. Dall’Impero romano a oggi le regioni sono cambiate radicalmente e, perché no, potrebbero cambiare ancora… Ma a che regione apparteneva Milano sotto l’impero? E di quale nuova regione potrebbe diventare la capitale? Scopriamolo.

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Ritorno al futuro per l’Italia: tornare alle regioni romane o pensarne 3 nuove?

# La visione romana dell’Italia

Fonte: Limes

Gli antichi Romani avevano già un termine per indicare l’Italia, ma il suo significato era distante da quello moderno. “Italia” rappresentava una terra benedetta, il centro della civiltà romana e della cultura latina: Virgilio, nell’“Eneide”, la descrive come il destino di Enea e dei suoi discendenti, un luogo privilegiato e centrale nel disegno divino del mondo romano.

Augusto, il primo imperatore, organizzò l’Italia in 11 regioni nel 7 a.C., una suddivisione che serviva per facilitare la gestione del territorio, la raccolta delle tasse e il controllo delle risorse. Questo assetto rafforzava l’idea dell’Italia come cuore pulsante dell’Impero. In epoca imperiale, grazie al processo di romanizzazione, gli abitanti della penisola italiana condividevano lingua, leggi e cultura, distinguendosi così dagli altri popoli dell’Impero.

Tuttavia, queste regioni non corrispondevano a quelle attuali. Basti pensare alla Lombardia e al Piemonte, oggi separate in due entità ben distinte, ma durante l’Impero erano unite sotto la stessa amministrazione. Milano, oggi capitale economica d’Italia, era inserita nella “Regio XI – Transpadania”, un territorio che comprendeva gran parte dell’attuale Piemonte e si estendeva fino alle Alpi occidentali.

# Mediolanum nella “Regio XI – Transpadania”

Durante l’Impero Romano, Milano era una città di grande importanza, ma la sua centralità era strettamente legata alla posizione geografica strategica e non ancora al suo ruolo economico e culturale, che emergerà secoli dopo. Inserita nella Regio XI – Transpadania, Milano faceva parte di un’unità territoriale sbilanciata verso il Piemonte, che comprendeva città come Torino (Augusta Taurinorum), Novara (Novaria) e Vercelli (Vercellae). Questa regione, posta a nord del fiume Po, includeva anche territori oggi appartenenti alla Liguria e al Trentino-Alto Adige.

La Transpadania era caratterizzata da una forte connessione con le Alpi, che rappresentavano una barriera naturale ma anche un corridoio per il commercio e il movimento di truppe. Milano, in particolare, grazie alla sua posizione, era un nodo fondamentale nelle reti di comunicazione dell’Impero. Tuttavia, questa sua centralità era più legata a funzioni logistiche e militari che politiche o amministrative.

# E se l’Italia fosse ancora divisa così?

Se l’Italia fosse ancora organizzata secondo le divisioni romane, Milano si troverebbe in una posizione completamente diversa rispetto a oggi. Essendo parte di una regione sbilanciata verso il Piemonte e tagliata fuori dalla pianura padana orientale, la città avrebbe probabilmente avuto poche opportunità di svilupparsi come grande metropoli economica e culturale. Milano avrebbe potuto guardare più verso il Piemonte e le Alpi occidentali, assumendo un ruolo più simile a quello di Torino.

In questo scenario surreale, Milano potrebbe essere una città meno cosmopolita e più legata all’industria locale, con un ruolo centrale nelle reti alpine ma meno influente nel contesto nazionale. Il suo sviluppo sarebbe stato fortemente condizionato da una visione regionale piuttosto che nazionale, e la sua identità si sarebbe modellata su quella del Piemonte anziché sulla Lombardia moderna.

# Aree omogenee e specializzazioni tematiche: l’Italia in tre macroregioni con forte autonomia per città e territori

Prendendo ispirazione dalla funzionalità delle divisioni romane, si potrebbe immaginare un’Italia moderna suddivisa in tre grandi regioni amministrative. Questa divisione, ancora più pratica e meno identitaria di quella romana, potrebbe rispondere alle esigenze di gestione del territorio contemporaneo, concentrando le risorse in centri nevralgici:

  • Italia Settentrionale: Comprenderebbe tutte le regioni a nord del Po, con Milano come capitale amministrativa. Questa regione sarebbe il motore economico del paese, con un focus su industria, innovazione e commercio internazionale.
  • Italia Centrale: Includerebbe Toscana, Umbria, Lazio e Marche, con Roma come capitale. Questa regione avrebbe una funzione amministrativa e culturale, grazie alla presenza della capitale storica e politica d’Italia.
  • Italia Meridionale e Insulare: Comprenderebbe tutte le regioni del sud e le isole, con Napoli come capitale. Questa macroregione si concentrerebbe sullo sviluppo turistico, sull’agricoltura di qualità e sul rilancio delle infrastrutture.

Le tre macroregioni sarebbero caratterizzate da una relativa omogeneità negli interessi e soprattutto da una spiccata valorizzazione delle caratteristiche distintive, rappresentando per l’Italia tre frecce diverse per lo stesso arco. 

All’interno di queste macroregioni poi il livello più efficiente dal punto di vista amministrativo sarebbero le singole città, per quelle di maggiori dimensioni, che avrebbero poteri simili alle città cantone della Svizzera o città stato del mondo germanico. Al di fuori delle aree urbane più grandi, invece, ci sarebbero unità territoriali simili ai cantoni elvetici. 

In uno scenario simile, Milano avrebbe l’opportunità di consolidare il suo ruolo di hub economico e innovativo, guidando l’Italia settentrionale verso una maggiore competitività internazionale. La centralizzazione delle risorse e delle funzioni in tre macroregioni potrebbe migliorare l’efficienza gestionale, riducendo i conflitti tra regioni e promuovendo una visione più unitaria, valorizzando al contempo le caratteristiche distintive di ogni area o territorio. 

Continua la lettura con: Una nuova Milano in Piemonte? Il centro complementare e strategico per renderci una vera metropoli internazionale

MATTEO RESPINTI

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I dieci effetti di Milano città stato più votati dai milanesi: al primo posto portare Milano a livello delle prime al mondo

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Che il 2025 sia l’anno buono? Ci riproviamo rilanciando questi risultati del sondaggio realizzato nel recente passato. 

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Cosa cambierà con Milano città stato (ossia dotare Milano di poteri da regione o da provincia autonoma)?

LA CLASSIFICA FINALE DEL SONDAGGIO TRA I MILANESI

#10 Ora: Le politiche nazionali stanno distruggendo la ricerca scientifica e facendo perdere al Paese i migliori ricercatori
Con Milano città stato: Si potranno avere più risorse da investire sulla ricerca scientifica (5,1%)

#9 Ora: Milano non ha autonomia di decisione né le risorse per poter riaprire i Navigli
Con Milano città stato: La decisione di riaprire i navigli dipenderà unicamente dall’amministrazione milanese (5,5%)

#8 Ora: Fisco e burocrazia italiani tengono lontani dall’Italia imprese e investitori
Con Milano città stato: Milano potrà adottare politiche fiscali ad hoc per nuove imprese e investitori (6,6%)

#7 Ora: Milano non ha possibilità di fare leggi introducendo norme sul suo territorio
Con Milano città stato: Milano potrà diventare un laboratorio di riforme da sperimentare (6,8%)

#6 Ora: Milano ha gli stessi poteri di qualunque comune italiano.
Con Milano città stato: Milano avrà gli stessi poteri delle altre regioni italiane (6,8%)

#5 Ora: L’accesso ai fondi europei è consentito alle Regioni, non ai Comuni
Con Milano città stato: Milano potrà accedere ai fondi europei e avrà più possibilità di vincere bandi europei (7,6%)

#4 Ora: Sul territorio di Milano ci sono tre poteri amministrativi, comune, città metropolitana, regione, oltre allo Stato
Con Milano città stato: Si potrà governare un territorio uniforme di 3,5 milioni di abitanti che produce oltre il 10% della ricchezza nazionale (11,3%)

#3 Ora: Milano, a fronte di circa 40 miliardi di tasse all’anno, riceve da Stato e Regione circa 450 milioni all’anno
Con Milano città stato: Milano potrà avere fino a 11 miliardi di risorse in più all’anno che ora vengono gestite dalla Lombardia (14,4%)

#2 Ora: Milano è soggetta alle leggi nazionali che risultano perdenti nella competizione internazionale
Con Milano città stato: Milano diventerà un magnete di attrazione per imprese, lavoratori e investitori internazionali (15,4%)

#1 Ora: A differenza di Milano, tutte le maggiori città del mondo hanno poteri e autonomia simili a una regione. Milano no.
Con Milano città stato: Milano avrà poteri simili a tutte le principali città del mondo (20,5%)

Per i Milano Città stato awards hanno votato 1496 persone. Le percentuali si riferiscono ai voti sulle 10 nominations. In collaborazione con Vivaio.

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Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità.

10 citazioni per capire l’anima di Milano

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Ph. Polette2

Milano ha un’anima? Certo. La si individua mettendo assieme queste 10 citazioni.

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10 citazioni per capire l’anima di Milano

#1. Milanesità è l’attitudine innata o acquisita di distinguere l’utile dall’inutile. Essere ambrosiano è quasi una filosofia che si identifica nel culto dell’efficienza e del decoro

Alessandro Manzoni, scrittore

#2 C’è della gente che parla male della nebbia di Milano. Io non conosco quella degli altri paesi, ma questa di Milano è una gran nebbia, simpatica, affettuosa, cordiale. Ti fascia tutto come una carezza.

Catene Invisibili, film del 1942 con Alida Valli

#3. I milanesi sono produttivi, con una profonda visione etica del lavoro, un forte senso della giustizia sociale, della trasmissione del benessere alle generazioni future e con un rispetto totale della civiltà, dei diritti, della tolleranza e della solidarietà.

Umberto Veronesi, medico

#4. Milano è un enorme conglomerato di eremiti.

Eugenio Montale, poeta

#5. Milano ha delle zone belle, è bella con la nebbia, è un po’ una donna con la veletta.

Ornella Vanoni, cantante

#6. Non è vero che sono brutta. Non è vero che sopra di me c’è sempre la nebbia. Non è vero che sono fredda e penso solo ai soldi. [..] Per chi mi avete preso? Io sono Milano. E sono una bella signora.

Un giorno a Milano, Raffaella Rietmann, Michele Tranquillini

#7. Sono russa, ma vivendo qui ho capito appieno la milanesità fatta di gentilezze silenziose e concrete. C’è una gran voglia di aiutare gli altri. Parlo in base alle mie esperienze. A Parigi o a Londra quando chiedi fanno finta di non capirti.

Natasha Stefanenko, conduttrice televisiva

#8. Sul marciapiede era ormai un misto di schifo e lastre di ghiaccio. Erano ventiquattro ore che non nevicava più ma il cielo prometteva bufere scandinave.
La città non riposava, comunque. Ubriachi di spirito controriformistico i milanesi sfidavano gli dei continuando ad andare al lavoro come fosse una qualsiasi giornata di primavera.

Gianni Biondillo, scrittore

#9. Vorrei che Milano tornasse la città insorta del 1848, piena di virgulti e voglia di cambiamento, una Milano dove l’interesse privato e particolare venisse messo da parte per fare spazio al bene comune.

Antonio Scurati, scrittore

#10. Tutt el mond a l’è paes | e semm d’accord | ma Milan l’è on gran Milan.
Tutto il mondo è paese | e siamo d’accordo | ma Milano è una gran Milano

La Madunina, canzone popolare

 

Continua la lettura con: Come riconoscere un milanese in vacanza

MILANO CITTA’ STATO

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La «casa ubriaca», la più strana del mondo

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Credits: unusualplaces.org

Potrebbe sembrare di guardare uno specchio deformante o che qualcuno si sia divertito ad usare qualche effetto di Photoshop… Passeggiando per le vie di Sopot, in Polonia, è normale mettere in dubbio ciò che i propri occhi osservano.

Ma Krzywy Domek è reale, anche se il titolo di “casa più strana del mondo” gli si addice completamente.

Che cos’ha di speciale la “Casa Ubriaca” fuoriuscita direttamente dal mondo delle favole?

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La «casa ubriaca», la più strana del mondo

# Un edificio “liquefatto”, con linee curve e sinuose che ricordano le opere di Gaudì

Credits: @travelinagnes IG

Costruito nel 2004, questo palazzo “liquefatto” è stato volutamente progettato per apparire deformato e stravagante.

L’idea nacque dalla matita degli architetti Mrs. e Mr. Szotynscy che, nel 2001, si lasciarono influenzare proprio dalle illustrazioni e dai disegni fiabeschi dell’artista polacco Jan Marcin Szancer e del pittore svedese Per Dahlberg. Come è ovvio, parte dell’ispirazione deriva anche da Antoni Gaudì: le linee curve e sinuose donano alla “Casa Ubriaca” un aspetto malleabile e duttile.

# Krzywy Domek è piena di magia e di notte si trasforma completamente

Credits: @unlimitedideas IG

Con una superficie interna di 4.000 metri quadri, la “Casa Ubriaca” ospita al suo interno bar, negozi, saloni di bellezza, studi medici, uffici dove si riuniscono gli uomini d’affari e persino una stazione radio.

Ma di notte l’edificio si trasforma e l’atmosfera diventa più festaiola. Infatti, al suo interno ci sono anche discoteche, ristoranti e pub molto frequentati dai cittadini e dai turisti. E, sempre nelle ore serali, Krzywy Domek diventa ancora più suggestivo: le sue forme irregolari sembrano risaltare ancora di più grazie all’illuminazione.

# Un simbolo del mondo moderno, con un’architettura insolita ed innovativa che attira numerosi turisti ogni anno

Credits: @br.traveller IG

Simbolo del mondo moderno, la Crooked House polacca, grazie alla sua affascinante architettura insolita ed innovativa, è un edificio unico nel suo genere. E anche il portale Village of Joy l’ha premiata per la sua particolarità, inserendola al primo posto nella classifica dei 50 edifici più strani del mondo.

Ovviamente, Krzywy Domek è diventato l’edificio più fotografato della Polonia e, ogni anno, attira numerosi turisti da tutto il mondo. Ma i visitatori non si soffermano solo sullo strambo palazzo: nella città di Sopot c’è anche il molo di legno più lungo d’Europa che, con i suoi 512 metri di lunghezza, batte la concorrenza.

E, tra le tante proposte, un’altra è davvero particolare. Dalle menti degli stessi creatori della “Casa Ubriaca” è nato anche “The Wall of Fame”. Essenzialmente, si tratta di un muro su cui gli ospiti, invitati agli eventi importanti svolti nella Krzywy Domek, possono lasciare la loro firma, a testimonianza della propria presenza.

Continua la lettura con: La CASA a forma di WATER. Abitata da Mr. Toilet 

ALESSIA LONATI

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Quando si voleva abbattere il Castello Sforzesco… per farci questo

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Progetto in sostituzione del Castello Sforzesco

In copertina quello che ci poteva essere al posto del Castello: chi lo ha salvato e come è andata la vicenda?

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Quando si voleva abbattere il Castello Sforzesco… per farci questo

# Dal Castello bombe su Milano: il bombardamento ordinato da Radetzky durante le Cinque Giornate di Milano

bandierine atm
Le cinque giornate

Siamo nella prima metà dell’800. Durante la dominazione dell’Impero Austro Ungarico il Castello Sforzesco venne arricchito di cortine, passaggi, prigioni e fossati. Nel 1848 durante le Cinque Giornate di Milano divenne tristemente famoso quando, per fermare la rivolta dei milanesi, il maresciallo Radetzky diede ordine di bombardare la città proprio con i cannoni del castello. Dopo che Milano diventò prima sabauda nel 1859 e poi parte del Regno d’Italia nel 1861, la popolazione decise di invadere il castello saccheggiandolo in segno di rivalsa. 

# La proposta dei milanesi di demolire il Castello 

Credits: Andrea Cherchi – Castello Sforzesco

Per dimenticare i secoli di occupazione straniere e di giogo militare, 20 anni dopo si aprì un dibattito sul destino del Castello Sforzesco in quanto simbolo oltre che luogo principe dove veniva esercitato il potere sui milanesi. Molti cittadini erano favorevoli alla sua demolizione, tra cui il sindaco di allora Giulio Belinzaghi.

# Cosa si voleva costruire… anche per uno dei primi casi di conflitto di interesse del Regno d’Italia

Progetto in sostituzione del Castello Sforzesco

Ma cosa si voleva costruire al suo posto? Un enorme quartiere residenziale con nuovi condomini che avrebbe unito Piazza Cordusio e Corso Sempione. Belinzaghi, l’allora Sindaco di Milano, era anche uno dei principali azionisti dell’azienda di costruzioni interessata a rilevare l’area, r fece approvare nel 1884 una lottizzazione di 500mila mq sul terreno occupato dal castello, secondo quanto scrive lo storico Luigi Robuschi per la Società storica lombarda. Insomma una delle prime storie di conflitti di interesse tra affari e politica dal nascita del Regno d’Italia.

# Il “salvatore” del Castello

Credits wikipedia-Giovanni_Dall’Orto – Palazzo Beltrami

Appoggiavano l’azione del sindaco anche molti cittadini, ma il Castello viene salvato solo per l’insistenza dell’architetto Luca Beltrami. Milanese e titolare della cattedra di architettura a Brera, forma un comitato civico e grazie al sempre maggiore consenso dei cittadini ottiene dal Ministero della Pubblica Istruzione che il castello diventi “monumento nazionale” insieme al parco. In seguito a questa vicenda il Sindaco Belinzaghi cade e nella nuova giunta Beltrami viene nominato tra gli assessori. Non solo Beltrami riuscì a salvare il Castello: fu proprio lui ad essere incaricato del restauro della fortezza della città. Quasi una ricostruzione per farlo tornare alle forme della signoria degli Sforza, terminata nel 1905 con con l’inaugurazione della Torre del Filarete, rifatta sulla base dei disegni del XVI secolo. 

Continua la lettura con: Al Castello c’è la TOSA PORNO: la sua storia e il suo significato irriverente

FABIO MARCOMIN

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Le 3 anomalie irrisolte della metro di Milano

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Linea M3 rivista

Cosa si sarebbe potuto fare di diverso su alcune linee della metropolitana?

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Le 3 anomalie irrisolte della metro di Milano

# La linea M3: perché non ferma al Niguarda?

Linea M3 rivista

La linea M3 poteva avere un percorso diverso a nord? Tra le fermate “mancanti” quella dell’Ospedale Niguarda fa storcere il naso a molti ancora oggi. Ospedale voluto da Mussolini, è una delle eccellenze italiane: la classifica stilata della rivista americana “Newsweek” lo ha messo al 60esimo a livello mondiale nella graduatoria “best hospital 2023”. Oggi come “linea di forza” ferma solo il tram 4. La linea M3 prosegue infatti su Viale Stelvio per poi arrivare su Viale Imbonati. Dopo Dergano avrebbe avuto senso deviare la linea verso est per servire una delle più grandi strutture ospedaliere della città, prima di puntare su Affori?

# Gli interscambi fantasma della M4

M4-M3 l'interscambio mancante (fonte: urban file)
M4-M3 l’interscambio mancante (fonte: urban file)

Ma la regina delle stranezze è l’ultima arrivata. D’altro lato già il suo tempismo aveva suscitato scalpore: con il numero 4 ma arrivata anni dopo la numero 5. La cosa più strana e disdicevole è l’assenza di interscambi “veri” con le altre linee. E’ la linea dei mancati interscambi: all’inizio non incrociava nemmeno la M1, poi la scelta finale di realizzarli con doppio passaggio dai tornelli mentre con la M3 non c’è nemmeno un collegamento diretto. Praticamente per passare a un’altra linea si è sempre costretto a uscire in strada dove, tra l’altro, mancano anche cartelli che segnalino il percorso da prendere per lo scambio di linea. 

# La linea M4: perché salta il Palazzo di Giustizia e Corso XII Marzo?

Tracciato Centro-Est linea M4

Ancora M4. Il suo percorso ha fatto sin da subito discutere i milanesi. A questo si aggiunge, per molti, l’inspiegabile scelta di lasciare scoperto Corso di Porta Vittoria, tagliando fuori il Palazzo di Giustizia, tutto Corso XXI e Viale Corsica prima di innestarsi su Viale Forlanini e dirigersi a Linate. 

Leggi anche: METRO 4, una CIAMBELLA ancora senza BUCO: le QUESTIONI IRRISOLTE

Continua la lettura con: Altre fermate per la M4?

FABIO MARCOMIN

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5 «meraviglie di Milano» che si possono ammirare gratis (anche se solo pochi lo sanno)

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Belvedere Palazzo Lombardia

Milano si sta conquistando le prime pagine per i prezzi sempre più stratosferici. Ma non tutti sanno che si possono ammirare queste meraviglie senza perdere un centesimo. 

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5 «meraviglie di Milano» che si possono ammirare gratis (anche se solo pochi lo sanno)

# I Palazzi Celesti di Kiefer

Il grande capolavoro di uno dei più grandi artisti del Novecento si può ammirare all’Hangar Bicocca.  I “sette palazzi celesti” sono grandi torri in cemento armato, alte tra i 14 e i 18 metri, che rimandano alla tradizione mistica ebraica: rappresentano  il cammino simbolico di iniziazione spirituale di chi si vuole avvicinare a Dio. 

Kiefer è un pittore e scultore tedesco tra i più celebri del ventesimo secolo. Ama realizzare opere grandiose inneggianti al lato eroico e divino dell’essere umano. I sette palazzi celesti sono giudicati il suo grande capolavoro. L’installazione si può visitare gratuitamente all’Hangar Bicocca.

Dove: via Chiese, 2

# Orto Botanico di Brera

brera
L’Orto Botanico di Brera

Nel cuore di Brera sul retro della Pinacoteca si trova un giardino storico visitabile gratuitamente. Un luogo magico, nascosto, che si riscopre soprattutto nel periodo del Fuorisalone quando è sede di installazioni di design. 

Dove: via Brera, 28

# Cimitero Monumentale

Credits: @anatoliy_como
Cimitero Monumentale di Milano

Il più grande museo a cielo aperto di Milano. Centinaia di monumenti realizzati per ricordare i propri cari. Tra i più interessanti ci sono: L’edicola Campari con la rappresentazione dell’Ultima Cena, l’Edicola Korner con il gruppo in bronzo di Adolfo Wildt, la Nike in ceramica azzurra di Lucio Fontana e il monumento di Giovanni Vittadini e Amalia Beretta di Giovanni Giudici. Tutte opere ammirabili gratis. 

Leggi anche: 7 tesori da non perdere al Cimitero Monumentale di Milano

# MUDEC (collezione permanente)

https://flawless.life/it/italia/milano/mudec-museo-delle-culture/

Il mondo in un giorno. Questo lo slogan della collezione permanente del MUDEC, il Museo delle Culture di Milano. Il percorso espositivo si articola sul tema dell’incontro con l’altro da sè: si sviluppa in sette sezioni che evidenziano come nel corso dei secoli la società occidentale si sia posta nei confronti delle culture extraeuropee.

Dove: Via Tortona, 56

# Belvedere Ultimo Piano di Palazzo Lombardia

Riaperto finalmente dopo anni di chiusura al pubblico, il 39esimo piano di Palazzo Lombardia rappresenta il Belvedere che nelle giornate serene consente di far spaziare lo sguardo su tutto l’arco alpino fino all’appennino tosco-emiliano. L’accesso è gratuito e libero sempre, anche se in date prestabilite. Le prossime date disponibili sono:

  • Sabato 4 gennaio 2025 ore 10.00 – 18.00
  • Domenica 5 gennaio 2025 ore 10.00 – 18.00
  • Lunedì 6 gennaio (Epifania) ore 10.00 – 18.00

Dove: Piazza Città di Lombardia, 1

# Altre curiosità e attrazioni gratuite

Credits re_mi_el IG – Castello Sforzesco

La città più cara d’Italia offre poi tanto altro gratuitamente a chi la visita. Sono poche le città del mondo che consentono l’accesso senza biglietto al loro castello più importante, in questo caso il Castello Sforzesco. Senza contare le chiese spettacolari, dal Duomo a Sant’Ambrogio fino a San Maurizio dentro cui si può ammirare la cosiddetta “Cappella Sistina di Milano”. I musei della città sono visitabili gratuitamente la prima domenica del mese. Non solo: sono gratuite anche Palazzo Morando, Palazzo Moriggia (Museo del Risorgimento) e le case museo Boschi-Di Stefano, Alda Merini e Casa Verdi  e ci sono diversi locali e ristoranti che offrono consumazioni omaggio a chi compie gli anni. 

Continua la lettura con: Dove si va a Milano se si hanno due ore libere

MILANO CITTA’ STATO

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Hai sostituito il tuo amico alla Scala e vuoi fare un figurone

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Tranquillo. Sono solo due colpi. 

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Continua con: Con la Milano a 30 all’ora serve una sola marcia

SMAILAND, “il sorriso di Milano”: ogni giorno su milanocittastato.it

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I sette «piatti della nonna» che i milanesi amano di più

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tavolartegusto IG - Tortelli alla zucca

Profumi e gusti che ci fanno aprire il cassetto dei ricordi. Queste le risposte dei milanesi a un nostro sondaggio. Un’idea per la cena del veglione?

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I sette «piatti della nonna» che i milanesi amano di più

# Tortelli di zucca

tavolartegusto IG – Tortelli alla zucca

Tra i piatti della nonna più amati dai milanesi ci sono i tortelli alla zucca mantovani. La ricetta è codificata addirittura dal Rinascimento e per questo si porta con sé il gusto deciso dell’epoca, un ripieno agrodolce e ricco caratterizzato dagli amaretti e la mostarda mantovana racchiuso in una sfoglia di pasta all’uovo. In Emilia Romagna esiste la versione senza amaretti, con un formato di cappelletto grande, dal nome di cappellacci alla zucca.

Leggi anche: La Gastro-Parade: i PIATTI TIPICI di Milano più AMATI dai MILANESI

# Ravioli con ricotta e menta

mary_flavors IG – Ravioli ricotta e menta

Dalla Sicilia, nello specifico dall’Isola di Pantelleria, arrivano i ravioli ricotta e menta. Da tradizione sono quadrati e misurano circa 5 cm per lato, vengono conditi con ragù di maiale e vengono preparati solitamente nelle occasioni speciali o nelle giornate di festa. 

# Risotto alla salsiccia

buonalombardia.it – Riso e luganega

Il risotto alla salsiccia è una variante brianzola del classico risotto allo zafferano milanese, al quale appunto vengono aggiunti dei “bocconcini” di carne maiale. In Brianza il consumo della luganega era diffuso già diversi secoli fa, quella di Monza più magra e ricca era già citata in alcuni documenti del 1.500 ed è quella usata ancora oggi nel piatto.

Leggi anche: I PIATTI MILANESI che i milanesi NON CONOSCONO

# Riso e latte

Riso e latte

Nella cucina tradizionale milanese troviamo il piatto a base di riso bianco e latte, intero e non pastorizzato, con aggiunta di una noce di burro e grana grattugiato. Un piatto povero, una via di mezzo tra un risotto e una minestra servito solitamente alla sera. La versione originale prevedeva solo un pizzico di sale alla fine. 

Leggi anche: Facili e a basso costo: i MAGNIFICI PIATTI POVERI della cucina milanese

# Vincisgrassi

mauriziotentella IG – Vincisgrassi

Il Vincisgrassi è un piatto tipico delle Marche. Una pasta al forno, simile alle lasagne con le quali ha in comune il condimento a base di ragù e besciamella. Il nome del piatto deriverebbe, in base a una tradizione, dal fatto che una cuoca di Ancona lo preparò in onore del generale austriaco Alfred von Windisch-Graetz che nel 1799 vinse l’assedio della città contro le truppe napoleoniche.

Leggi anche: Qui si MANGIA come ai tempi della NONNA. Con la COTOLETTA più GRANDE di Milano

# Pancotto

tavolartegusto IG – Pancotto

Il Pancotto è una pietanza tipica della cucina lucana, pugliese e toscana. Un primo piatto povero ed economico, una minestra di pane raffermo e acqua fatti andare insieme a cottura lenta per dar vita a una zuppa cremosa, delicata, saporita. Perfetta nei periodi invernali, da condire con parmigiano grattugiato e un filo di olio.

# Il gattò di ricotta e cioccolato al forno

bimby.planets IG – Gateaux di ricotta e cioccolato

Il gattò di ricotta dolce, dal francese gateau, si trova in diverse versioni in Italia. Tra queste c’è quella siciliana, preparata con latte, ricotta, vaniglia e gocce di cioccolato fondente. La torta si presenta dorata all’esterno, ricoperta anche da zucchero a velo, e con una consistenza morbida e cremosa. 

Continua la lettura con: La MILANO in TAVOLA che vorrei 

FABIO MARCOMIN

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L’isola in Europa che ogni sei mesi cambia nazionalità

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Credits: touringclub.it

Era il palcoscenico delle storie amorose tra i Re di Francia e Spagna. A distanza di secoli la disputa di allora ha ancora ripercussioni molto bizzarre. 

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L’isola in Europa che ogni sei mesi cambia nazionalità

# L’isola dei Fagiani. Francia e Spagna se la scambiano ogni 6 mesi

Credits: touringclub.it

Le enclavi sono territori di una nazione compresa in uno Stato ma appartenente ad un altro. Un esempio, riferito più in piccolo, è San Colombano al Lambro che fa parte della provincia di Milano pur essendo circondata interamente dalla provincia di Lodi. A livello nazionale abbiamo Monte Campione che appartiene all’Italia anche se è circondata dal territorio elvetico. L’isola dei Fagiani è una di queste, ma rispetto agli atri casi ha una caratteristica unica al mondo: ogni anno cambia due volte la nazionalità. Vadiamo come mai accada questo, ripercorrendo la sua storia. 

# Tra fidanzamenti, instabilità politica e nuova pace per merito del Re Sole e Maria Teresa d’Austria

Credits: skuola.net

L’isola dei Fagiani si trova sul fiume Bidasoa che marca la parte nord del confine tra Spagna e Francia. In passato veniva utilizzata come punto di ritrovo per gli incontri di diplomatici dei due Stati. Alla fine del sedicesimo secolo, quando i matrimoni erano sinonimo di alleanze, Enrico IV di Francia e Filippo III di Spagna si accordarono su un doppio fidanzamento celebrato sull’isola dei Fagiani. Dopo vari vicende di fidanzamenti, dame promesse in sposa e matrimoni, si arrivò all’instabilità politica quando nel 1618 iniziarono le ostilità tra Francia e Spagna, durante la Guerra dei Trent’anni. Nel 1659 grazie al fidanzamento tra Maria Teresa d’Austria e Luigi XIV (noto come Re Sole) si riuscì a raggiungere la pace tra i due Stati. 

# I due vicerè responsabili dell’isola che si alternano ogni sei mesi

Credits: tierra.it

Nel 1856 con il Trattato di Bayonne, ratificato poi nel 1901, Spagna e Francia si accordarono sulla condivisione della sovranità dell’isola per un periodo alternato di sei mesi ciascuno. Dal 1° febbraio al 31 luglio spetta alla Spagna, mentre dal 1° agosto al 31 gennaio è sotto la sovranità Francese. Non sono presenti sull’isola sindaci o governanti per motivi di tempistiche: per la Spagna a reggere il potere è il comandante della base di Hondarribia mentre per la Francia il responsabile è il comandante della base dell’Adour. Ai due responsabili è stato attribuito il titolo di “viceré“.

# L’isola dei Fagiani rischia di sparire, chi può salvarla?

Credits: wikipedia.org

L’isola, completamente disabitata anche per la mancanza di ponti, è lasciata a se stessa dove anno dopo anno la vegetazione cresce indisturbata. Con la bassa marea è possibile raggiungere l’isola a piedi anche se la polizia è pronta a impedirvi il passaggio. Sull’isola è presenta solo il monumento in memoria del Trattato dei Pirenei del 1861 che, con le acque del fiume che lentamente stanno erodendo l’isola, potrebbe sparire insieme all’isola. L’isola si può salvare, ma chi si accollerà i costi e i progetti? Spagna o Francia?

Continua la lettura con L’ISOLA delle ROSE: la favola della libertà che incantò l’ITALIA

MARCO ABATE

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5 Monumenti di Milano da abbattere

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monumenti da abbattere

Abbiamo realizzato un sondaggio sui cinque monumenti che sarebbero da demolire a Milano. Ne sono usciti questi cinque. Di ognuno ho scritto una breve recensione.

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5 Monumenti di Milano da abbattere

#1 Monumento della Fiamma

monumenti da abbattere
Credits: tripadvisor.com

Se pur noi di Milano Città Stato nutriamo la massima stima per il servizio che l’Arma dei Carabinieri svolge per Milano e per il paese in generale, non si può dire lo stesso del Monumento della Fiamma in Piazza Diaz… a mio modesto avviso è un monumento senza lode e senza infamia. Pur con il massimo rispetto anche per l’autore, Luciano Minguzzi, che insegnò a Brera e apri il suo studio in via Solferino, se proprio volete rimuoverlo, rimuoviamolo ‍♂️

#2 Teatro Continuo

monumenti da abbattere
Credits: mymi.it

Il Teatro Continuo di Burri è un’opera che rende omaggio non solo a Milano e a Parco Sempione, in cui si trova, ma, in quanto metafora della città come macchina scenica sempre pronta all’uso, anche ai milanesi che in essa recitano un copione ispirato.
Sobrio e rigoroso in un parco del 1800 vattela a pesca… se proprio non piace lo toglierei per mettermelo io in giardino… anzi chiuderei Parco Sempione per farlo diventare il mio giardino e potermi godere quest’opera!

#3 Mela Reintegrata

monumenti da abbattere
Credits: panorama.it

Meglio che il mitico Pistoletto torni a fare gli specchi che gli riescono tanto bene e che tutti noi amiamo! La “mela reintegrata”, presentata in Piazza Duomo per l’apertura dell’Expo e poi spostata in Piazza Duca d’Aosta simboleggia, o meglio bisognerebbe dire auspica, l’inizio di una nuova era in cui natura (mela) e artificio (morso) ricongiungendosi generano una società in equilibrio… è mia convinzione che finché non considereremo l’uomo e la sua azione come già parte della natura, e non un elemento da lei scollegato, rimarrà insanato il deficit filosofico che frena la delineazione di un ambientalismo maturo. Perciò: RIMUOVERE IMMEDIATAMENTE!

#4 Ago, filo e nodo

monumenti da abbattere
Credits: turismo.it

Presa di coscienza e critica dell’epoca contemporanea avvolta in colori sgargianti, giocosità ed una certa dose di disarmonia spiazzante… Tipiche caratteristiche di un’opera pop! Io perciò penso che lo stridere di queste caratteristiche con l’idea romantica, elegante, e di totale sottomissione che i milanesi si sono costruiti nei confronti del centro storico di Milano, sia alla base dell’insuccesso di quest’opera. Una metafora che contrappone l’ago e il filo con i treni che entrano nelle gallerie sotterranee. A rafforzare l’idea progettuale avuta dall’autore svedese ma naturalizzato statunitense Claes Thure Oldenburg, e dall’architetto italiano Gae Aulenti, sono i collegamenti con la fiorente industria della moda di Milano e il simbolo della città: il Biscione.

#5 Monumento a Vittorio Emanuele II

monumenti da abbattere“Dove ci troviamo?” Risposta: “Sotto il culo del cavallo!”. Non ci sarebbe altro da dire, e forse non c’è perché questa è probabilmente l’opera più ignorata dai milanesi… ma per un parere più obiettivo lascio la parola all’amante dei Savoia Andrea Urbano: «Perché è un re che non ci appartiene, la casata dei savoia è imbarazzante, Milano si è ribellata a Barbarossa e agli austriaci per poi doversi inchinare alla statua di un re torinese che odiava Milano. Per rimodellare la piazza in Stile piemontese e metterci al centro una statua hanno distrutto l’antico centro storico». BOCCIATA.

Continua la lettura con: 10 monumenti di Milano da vendere

FEDERICO POZZOLI (Con il contributo di ANDREA URBANO)

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Apocalisse Lampugnano: il fotoreportage da incubo

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Ph. Manuele Mariani

No, non è una scena post bagordi di Capodanno. E neppure un luogo abbandonato in un paese devastato dalla guerra. Non siamo neanche nei dintorni di uno dei peggiori di bar di Caracas. Semplicemente questo è Lampugnano. Il terminal bus che ci fa vergognare di essere milanesi. Il fotoreportage di Manuele Mariani con i suoi commenti. E le idee per rilanciarlo. 

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Apocalisse Lampugnano: il fotoreportage da incubo

Sono anni ormai che periodicamente rinnoviamo l’appello a fare qualcosa per Lampugnano. Da Cristo si è fermato a Lampugnano , articolo del 2019, in poi, abbiamo provato in ogni modo a sensibilizzare sullo scandalo di avere un terminal bus internazionale in condizioni così disgraziate. Ma la situazione non cambia. Anzi. Se possibile diventa ogni anno peggio. Come mostrano le ultime foto realizzate da Manuele Mariani. Le pubblichiamo con i suoi commenti rilanciando, in fondo, alcune idee per riqualificare il luogo. 

# «La prima immagine dello stato pietoso in cui è ridotto il bus terminal di Lampugnano. Sembra un apocalisse nucleare»

Ph. Manuele Mariani

# «L’interno: in pratica, una discarica»

Ph. Manuele Mariani

# «Un degno benvenuto ai turisti in arrivo nella città della Moda, del Design e delle prossime Olimpiadi invernali»

Ph. Manuele Mariani

# «E non ho le foto della biglietteria o della sala d’attesa… roba da mettersi le mani nei capelli»

Ph. Manuele Mariani

«Scenari da sottosviluppo»

Ph. Manuele Mariani

«Però ho la foto dell’addetta ATM all’assistenza/accoglienza dei passeggeri…»

Ph. Manuele Mariani

«… una zingara che rivende illegalmente biglietti della metro»

Ph. Manuele Mariani

«E dire che cose da fare ce ne sarebbero. Questi per esempio sono ambienti chiusi inutilizzati (di proprietà ATM) che si potrebbero sfruttare per raddoppiare gli spazi sottodimensionati della sala d’attesa e della biglietteria»

Ph. Manuele Mariani

# Come riqualificare il Terminal Lampugnano? La suggestione di Yom Design Studio per il rinnovo della stazione e dell’area antistante

Suggestione Stazione Lampugnano Yom Design Studio

Ripubblichiamo la suggestione di Yom Design Studio che ha provato ad immaginare come trasformare un luogo di transito in un grande hub infrastrutturale e una sorta di piazza pubblica.

Sala d’attesa Lampugnano Yom Desing Studio

# L’alternativa: un hub moderno nei pressi di un capolinea della metro

Se Lampugnano invece viene considerato ormai irrecuperabile, un’altra soluzione è di costruire un nuovo terminal, magari nei pressi di un capolinea della metropolitana: ad esempio da RHO/PERO nei pressi del futuro Human Technopole agli imbocchi delle autostrade, raggiunta dai treni e dal tram.
Un terminal dotato di ampio parcheggio, una struttura che permetterebbe inoltre l’alleggerimento del traffico dei tanti bus che arrivano in stazione Centrale o in altre zone della città ben poco adatte.

L’hub per i collegamenti internazionali dei bus è il biglietto da visita di ogni città. Non può essere un simbolo di degrado.

Leicester Bus Station Ph: Matt Short (c)
Madrid Bus Station
Madrid Bus Station
bratislava rendering futura stazione bus
bratislava rendering futura stazione bus
 
Lampugnano
Lampugnano

Continua la lettura con: Cristo si è fermato a Lampugnano: il progetto per rilanciare il peggiore Bus-Terminal d’Europa

MILANO CITTA’ STATO

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La Milano anni ’80 dei metallari, dei dark e dei paninari

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Fra le varie subculture che hanno attraversato la nostra città, ce ne sono tre che hanno segnato soprattutto il decennio degli anni’80 e si sono distinte per outfit, usanze e stili musicali.

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La Milano anni ’80 dei metallari, dei dark e dei paninari

 # I dark: il lato oscuro dei colorati anni Ottanta

Una cultura “ombrosa ma non violenta”: si diffuse a Milano e poi nel resto d’Italia a partire dai primi anni Ottanta. Fattore distintivo: il nero. Almeno, questo è l’interessante spaccato basato su un reportage urbano dei due giornalisti Emanuela Zuccalà e Simone Tosoni, che nel loro testo Creature simili – il dark a Milano negli anni ’80 disegnano queste figure scure e misteriose grazie a interessanti interviste dei giovani di allora. Il movimento nato nel Regno Unito durante il periodo post-punk rappresentava un malinconico disagio nei confronti della società dell’epoca estremamente scintillante e consumistica, la società della moda e della Milano da bere tanto decantata da economisti, stilisti e pubblicitari. Le loro idee e i loro look composti da cinghie, spille, croci e capelli cotonati, così come le audiocassette e i primi cd-rom dei Cure o dei Joy Division ebbero grande diffusione anche in provincie lombarde come ad esempio il varesotto, in periodi in cui di certo incontrare un dark per strada non era il massimo della tranquillità e in cui l’eroina la faceva purtroppo da padrone fra le cronache nere. Ma il movimento dark sembrò non esser toccato da questa piaga: erano tendenzialmente pacifici e mentre tutte le subculture dagli skin ai punk strillavano la rabbia verso il mondo al di fuori, i dark urlavano dentro.

# I metallari: il rifiuto “senza trucchi” della società borghese

Il nero è stato adottato anche dalla nostra seconda figura di quegli anni, con l’aggiunta di jeans e tonalità argentate conferite da borchie, anelli/catenoni e cinture di vario tipo, tutti segni distintivi del genere musicale più scatenato che si sia mai ascoltato assieme al già citato punk: il metal e l’heavy-metal. Figli dell’hard-rock musicale degli anni’70, anche i metallari erano tendenzialmente persone e personalità dagli abiti lugubri ma dalle idee ben chiare sul rifiuto della società borghese, in particolare di quella media borghesia che non sapeva dove e come collocarsi all’interno delle classi sociali meneghine del tempo, e i loro codici stilistici erano il perfetto biglietto da visita nei confronti di tutti gli altri gruppi. Se dovessimo sceglierne uno, non posso che far riferimento al mitico Chiodo, ovvero il giubbotto simbolo dei metallari ormai praticamente sparito da tutti i radar. I metallari però a differenza dei dark o darkettoni non avevano alcuna passione per il trucco. E per quanto riguarda i gruppi principe di questo genere e stile, Judas Priest, Iron Maiden e Metallica la facevano da padrone rispettivamente in Inghilterra e Stati Uniti d’America, diffondendo poi urla e costumi di questo singolare stile in tutto il mondo, anche se lo scettro di “padrino” del metal spetta a sua maestà Ozzy Osbourne.

Leggi anche: La Milano dei metallari

# I paninari

Paninari

Ma sempre negli anni ’80 emergeva un fenomeno che rappresenta l’esatto opposto dei metallari e che da Milano si è diffuso nel resto d’Italia e non solo. Stiamo parlando dei paninari, conosciuti più al nord Italia e soprattutto a Milano dove si incontravano alla fermata di San Babila e dintorni, per essere più precisi di fronte allo storico Burghy. E se come detto non erano esattamente etichettabili con un genere musicale definito, di certo i paninari facevano parte di quella media-alta borghesia tanto osteggiata da dark e metallari. I loro tratti distintivi erano le moto da enduro, bandana, giubbotti di jeans o piumini double-face. Come musica si riconoscevano nel pop di lingua inglese, soprattutto quello della British Invasion della prima metà degli anni Ottanta, con Duran Duran, Spandau Ballet, Wham! e le altre hit del momento. Hanno rappresentato l’identità principale degli anni da bere e non è un caso che Raf dedicò a quella decade e in un certo senso anche ai paninari la sua famosa hit Cosa resterà degli anni’80. Nel cui videoclip si vede tutto ciò che abbiamo dipinto poco sopra.  

Leggi anche: Quando Milano era la capitale dei paninari

Continua la lettura con: Le foto della Milano negli anni ’80

CARLO CHIODO

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La verità sul toro portafortuna

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Credits Andrea Cherchi - Sulle palle del toro in Galleria

Al centro della galleria Vittorio Emanuele II c’è un mosaico raffigurante un toro che mette in mostra anche i propri attributi. Si dice che porti fortuna porre il piede sopra gli attributi e compiere una rotazione ad occhi chiusi, facendo perno sul piede. Ma pochi conoscono la sua verità. 

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La verità sul toro portafortuna

# Come e quando si deve girare sul toro

Migliaia di turisti li schiacciano come portafortuna. E questo comporta anche problemi: periodicamente, infatti, occorre rimettere a posto i gioielli del toro con un’azione di ripristino. Però, attenzione: solo pochi sanno che secondo la tradizione il gesto deve seguire scupolosamente questa regola. 

Credits Andrea Cherchi – Toro in Galleria

Secondo la leggenda questo gesto porterebbe fortuna solo se compiuto con una rotazione di 360° con il tallone del piede destro sui testicoli del toro e solo la notte di San Silvestro (il 31 dicembre). 

Ma che cosa significa il toro? 

# Perché si schiaccia il toro?

 

La leggenda nasce dal significato originario del toro raffigurato sul pavimento della Galleria: in realtà non simboleggia l’animale in sé. In corrispondenza dell’ottagono centrale infatti, attorno allo stemma di Casa Savoia, sono raffigurati gli stemmi di tutte le città che sono state capitali del Regno d’Italia: lo scudo crociato per Milano, il giglio per Firenze, la lupa per Roma e il toro per Torino.

Schiacciare le palle del toro è nata come tradizione dei milanesi per “vendicarsi” contro lo storico tradimento di Casa Savoia compiuto in seguito alle cinque giornate quando la Milano liberata dagli austriaci si offrì al re del Piemonte con il plebiscito del 12 maggio 1848. Il 14 luglio arrivò anche Garibaldi. I giochi sembravano fatti ma re Carlo Alberto tradì i milanesi: il 6 agosto firmò l’armistizio con gli austriaci riconsegnando così Milano al nemico di sempre.

Si dice che il detto sui torinesi “falsi ma cortesi” sia nato dopo quelle misere vicende così come il rito di calpestare le balle del toro, simbolo di Torino in Galleria. 

Continua la lettura con: Carlo Cattaneo contro i Savoia

MILANO CITTA’ STATO

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