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28 febbraio 2016. CinePaella al cinema Beltrade. Cinema e menù valenciano catalano

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paella-milano-citta-stato
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Dove: Cinema Beltrade, via Oxilia 10, Milano

Costo: 5 euro + 20 euro

Quando: domenica 28 febbraio dalle 12.30 alle 15.30

Questa domenica volete coccolarvi ed essere coccolati? Una possibilità è di andare a vedere un bel film e mangiare una buona paella a pranzo. Basta andare al cinema Beltrade e scegliere il film da vedere e prima o dopo il film gustare da PaellaMi i piatti tipici. Ci sono due alternative: alle 11 Ultima fermata di Giambattista Assanti, oppure alle 13.30 Bella e perduta di Pietro Marcello. Il cinema Beltrade e PaellaMi sono uno accanto all’altro, pochi passi per una domenica speciale.

5 motivi per cui mi piacerebbe andarci

#1. passare una domenica diversa, cibo spagnolo e cinema italiano, tutto di qualità

#2. vedere l’interpretazione di Elio Germano nel film Bella e perduta

#3. immedesimarmi nel personaggio di Rosa, scritto per Claudia Cardinale, nel film Ultima fermata

#4. dover scegliere tra due film che hanno vinto dei premi nei festival di cinema italiani e internazionali

#5. vedere i paesaggi dall’inquadratura di un treno

5 cose che mi piacerebbe trovare

#1. Elio Germano in sala

#2. il regista al termine del film

#3. una storia interessante e magari poetica

#4. delle nacchere da PaellaMi

#5. suonare le nacchere alla fine del film

27 febbraio 2016. Workshop I social media per i freelance

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workshop freelance milano
workshop freelance milano

Dove: Laltalena, via Ambrogio Binda 7, Milano

Costo: 90 euro più iva

Quando: sabato 27 febbraio, dalle 10 alle 13 e dalle 14 alle 17

Come è cambiato il modo di comunicare dai mass media ai social media? Lo spiegherà nel workshop I social media per i freelance Linda Ferrari, psicologa e fotografa. Fondamentale è il significato delle immagini come linguaggio universale nel web, oltre ad apprendere un vademecum sul corretto comportamento da avere nei social network principali (Facebook, Twitter, Instagram, Linkedin, Google+) verranno presentate un elenco di case history di professionisti di successo. Verrete anche messi alla prova, ci saranno alcune esercitazioni da fare in aula.

5 motivi per cui mi piacerebbe andarci

#1. per utilizzare al meglio strumenti che uso quotidianamente

#2. avere nuovi punti di vista sui social media

#3. imparare è sempre importante e stimolante

#4. psicologia e immagini, un connubio interessante e molto d’impatto

#5. per ora è il presente e il futuro della comunicazione

5 cose che mi piacerebbe trovare

#1. altri professionisti

#2. persone simpatiche

#3. dei nerd

#4. nuove informazioni sui social media

#5. qualcosa sullo storytelling

Hanno abbattuto il cavallo d’artista!

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cavallo sleipnir duilio forte milano citta stato
cavallo sleipnir duilio forte milano citta stato

Milano non ha cura dei suoi cavalli.
Dopo aver raccontato la storia della beffa del Cavallo di Leonardo, un nuovo fatto irrispettoso riguarda ancora una volta un cavallo donato al Comune di Milano.

Era il 2013 quando l’artista Duilio Forte veniva chiamato alla Fabbrica del Vapore di Milano per l’allestimento della mostra Mima – Milano Makers.  “La Fabbrica del Vapore ospita oggi e domani dalle 10 alle 19, negli spazi concessi dall’Assessorato alla Cultura, una due giorni di eventi organizzati da Mima – Milano Makers per festeggiare la donazione al Comune di Milano delle opere di Duilio Forte e del collettivo Materia Prima realizzate in occasione della mostra “Bla Bla dialogo virtuale” curata da Alessandro Mendini e allestita negli stessi spazi durante il fuorisalone 2013” scriveva con un certo entusiasmo la sezione Design de La Stampa.it, il 13 giugno 2013.
In occasione del’evento numerosi media hanno fotografato il monumentale cavallo di legno allestito in prossimità tra il bar e l’ingresso alla Cattedrale.

Sleipnir”, il cavallo di Odino, era alto circa 15 metri.
“Sleipnir fa parte di una mia personale ricerca sulla mitologia scandinava e i suoi personaggi, cui ho dedicato tante installazioni”, spiega l’artista Duilio Forte.
Il cavallo a otto zampe del dio Odino rappresenta una delle cifre identificative dell’opera di Duilio Forte. Questo in particolare era il numero 26 ed era stato realizzato appositamente per la mostra di Fabbrica del Vapore.

“Era”, al passato, continua ad usare come tempo verbale chi scrive, perché solo qualche giorno fa una ragazza che lavora all’Ordine degli Architetti, mentre si trovava in ufficio collocato proprio a fianco della Fabbrica del Vapore, ha chiamato l’artista per chiedergli se sapesse che lo Sleipnir era stato demolito.
“Mi è spiaciuto molto, non posso negarlo: non ho ricevuto nemmeno una telefonata che mi chiedesse se lo volessi indietro” commenta Forte al telefono.

Lontano da qualsiasi desiderio di polemica, prosegue: “Quelli che erano i responsabili al tempo del Salone del Mobile 2013 mi avevano invitato a lasciarla nel luogo per cui era stata creata domandandomi se volessi farne dono al Comune di Milano. Così ho fatto, pur non formalizzando mai l’atto ufficiale di donazione”.
Proseguendo nell’analisi dei fatti, emerge un’ulteriore triste verità: la persona che avrebbe voluto fare suo lo Sleipnir 26 e che aveva chiesto all’autore di lasciarlo alla Fabbrica del Vapore è stato mandato via solo qualche giorno prima della demolizione del Cavallo. Quindi, l’ordine dalla Cattedrale è avvenuto non appena “lasciato solo” il Cavallo.

COSA RESTA di quel lavoro d’arte di un milanese per Milano, fotografato, “instagrammato”, evocato da cultori della Design Week che era ormai parte del patrimonio di noi milanesi? Solo una catasta di legno in un angolo della Fabbrica del Vapore, ma verrà rimossa anche quella.

“Il mio ultimo Sleipnir, il numero 44, si trova al confine tra Polonia e Bielorussia, dove è stato richiesto per un festival di Land Art” prosegue Forte. “Peccato che Milano abbia distrutto il mio lavoro. Non dico che dovesse rimanere alla Cattedrale per sempre, certe installazioni hanno una vita limitata. Non voglio fare nessun rumor, prima o poi sarebbe stato da tirare giù; io stesso l’avrei smontato subito dopo la mostra ma, ripeto, non l’ho fatto su invito stesso di un responsabile del Comune. Ma, a giudicare dall’evoluzione dei fatti, almeno farsi sentire….”.

Duilio Forte ammette che non sa dove l’avrebbe ri-collocato, “dipende dai lavori che faccio”. Non resta che immaginare questo lavoro di fantasia e techè prendere il volo con le otto zampe nervose e forti, le briglie tese da Odino e indirizzate verso le mura di Asgard, la città degli dei. Dove almeno lì regna il rispetto per l’arte e per i doni dati alla comunità.

Foto Courtesy Duilio Forte – Instagram 

DA CITTADINI PER LO STATO A UNO STATO DI CITTADINI

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cittadini citta stato
cittadini citta stato

Perché c’è lo stato?
Gli stati si sono originati da possedimenti terrieri e la ragione principale che ha portato alla formazione di grandi stati unitari è stata la sicurezza: lo stato garantiva la difesa dai nemici esterni che mettevano a rischio i beni e la vita delle persone che abitavano un territorio.
Questa la ragion d’essere che ancor oggi spinge le persone a dare fiducia a uno stato. Eppure se si dà un’occhiata alla storia, è difficile affermare che l’attività prevalente degli stati sia stata quella di assicurare la sicurezza per i loro cittadini. Anzi. La storia degli stati è costellata da aggressioni per conquistare nuove terre o per estendere il proprio potere.
I governanti hanno sempre detto ai loro cittadini di volerli difendere, anche quando muovevano guerra a qualcuno, ma la ricerca di sicurezza non è sufficiente a spiegare cosa gli stati hanno fatto nel corso della loro storia e soprattutto come si sono organizzati al loro interno.
Se si considerano questi aspetti c’è un altro elemento che sembra assai più importante della sicurezza per giustificare la nascita e l’esistenza degli stati:il potere.
Lo stato è uno straordinario strumento di potere perché consente di concentrare in poche mani il potere che deriva da persone e beni presenti su un territorio.

Dal punto di vista filosofico lo stato moderno nasce come ente di cui il cittadino è strumento, non il contrario. Riprendendo la visione hegeliana, il singolo è strumento del popolo (Volk) e la forma spiritualmente più evoluta di popolo è lo stato. Il cittadino conta perché è parte di uno stato e in nome dello stato si può arrivare a sacrificare il singolo.
Questa visione è alla base di tutti i grandi stati nazionali contemporanei, specie di quelli europei. Ogni cittadino riduce la sua ricchezza, la sua libertà e i suoi poteri, in nome di un ente superiore: la patria, lo stato.
Questo primato dello stato sul cittadino ha giustificato la creazione di sistemi in cui il beneficiario dello stato non è il cittadino, né il popolo, ma chi riceve risorse e potere tolti ai cittadini. Questa impostazione ha generato degli stati in cui l’amministrazione è funzione di se stessa.

Per trovare dimostrazione di quanto detto, basta prendere il bilancio dello stato e osservare la composizione della spesa pubblica che mostra dove vanno a finire le risorse dei contribuenti. Quanto dello stato viene usato per investimenti in infrastrutture o per servizi ai cittadini e quanto invece viene impiegato per salari e stipendi?
Prendendo i dati della ragioneria di stato risulta che la spesa pubblica italiana assorbe più della metà della ricchezza prodotta nel paese ogni anno e le uscite correnti formano l’83% di tutto quello che viene speso dalla pubblica amministrazione.
Le spese correnti sono costituite sostanzialmente da stipendi, pensioni e interessi sul debito pubblico. A quanto invece ammontano gli investimenti pubblici? Sono meno del 3% della spesa pubblica complessiva: su 100 euro spese dallo stato meno di 3 vengono spesi per investimenti, ad esempio per infrastrutture, per stimolare l’economia o per alimentare il patrimonio pubblico.
Prendiamo uno dei settori in cui lo stato dovrebbe svolgere una funzione fondamentale: l’istruzione. I dati del Ministero dell’Istruzione mostrano la destinazione della spesa pubblica nella scuola: il 99,7% è destinato alle spese correnti, di cui circa il 91% è costituito da redditi da lavoro [1].
Il bilancio pubblico mostra che la priorità dello stato è pagare pensioni e stipendi ai funzionari pubblici.
Stipendi che, tra l’altro, sono accompagnati da una serie di garanzie supplementari rispetto a chi lavora nel settore privato.

Se si considerano poteri, responsabilità e risorse gestite, ogni sistema statale è costruito in funzione dell’amministratore, invece che del destinatario dei servizi.
È qualcosa che esiste da secoli e che se si guarda l’incremento nella spesa dei bilanci pubblici pare una tendenza inarrestabile. Forse è il momento di chiederci se la struttura degli stati nazionali sia la forma ottimale per il bene dei cittadini.
Forse ciò che va messa in discussione è proprio la ragione d’essere degli stati. Forse non è più la sicurezza la priorità che ricercano i cittadini, anche perché come si è visto nella storia, gli stati spesso non sono riusciti a salvaguardarla.
Invece della sicurezza ci deve essere altro su cui fondare l’amministrazione della cosa pubblica.
È da mettere al centro il cittadino, che non può più essere inteso come strumento di una burocrazia ma l’opposto: tutto lo stato dovrebbe essere riorientato sul cittadino, per lasciargli il massimo potere, la massima libertà e le massime risorse, nel rispetto delle esigenze del resto della comunità.
Occorre immaginare una nuova idea di stato che sostituisca l’amministrazione con il cittadino, come centro principale di interesse e di potere.

Prossimo articolo: È IL SISTEMA CHE DETERMINA IL POPOLO, NON IL CONTRARIO

[1] Dati tratti da: www.scenarieconomici.it

Home Farm: da Singapore un’idea per rendere attivi i nonni di Milano

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home farm milano citta stato
home farm milano citta stato

E se i geriatrici di Milano diventassero hub per la sostenibilità, fattorie urbane i cui operatori siano autentici “nonni rangers“?

Il progetto è già una realtà in una città stato: Singapore.

Qui, gli architetti della Sparck al World Architecture Festival hanno pensato di creare la loro Home Farm, una fattoria in cui gli spazi verdi urbani coincidono con quelli terapeutici di un istituto geriatrico. O per meglio dire: mentre gli anziani sono seguiti da professionisti, essi stessi possono aiutare la comunità coltivando prodotti biologici, ambienti green, creando un polo verde per la comunità stessa.

A Singapore l’idea è nata in considerazione di due aspetti: uno, l’aumento dell’età pensionabile; due, la difficoltà a produrre ortaggi che non siano d’importazione.

Gli obiettivi, poi, sono stati “quello di stimolare un senso di appartenenza, di comunità naturale tra i membri della struttura, favorendo il lavoro di gruppo e l’organizzazione dei ritmi colturali da parte degli anziani stessi. Il privilegio di consumare ortaggi coltivati in maniera biologica, inoltre, si farà valore aggiunto nelle vite degli ospiti della casa di riposo, unendosi alla soddisfazione di aver “prodotto” il cibo per sé e per i compagni.

Del progetto faranno parte: muri vegetali composti da esemplari edibili, l’arricchimento delle pareti curvilinee degli edifici con arbusti, fioriere e vegetazione a cascata, la presenza di un orto condiviso che connetterà i palazzi adibiti a casa di riposo, un’area intermedia ad uso libero degli anziani, una fattoria acquaponica, “che concilierà la coltivazione vegetale all’allevamento ittico”, un tetto-giardino come area ricreativa.

Bene, se tutto il mondo è Paese, allora anche Milano città stato non potrà farne a meno.

 

Fonte e cover: http://www.festivaldelverdeedelpaesaggio.it/casa-di-riposo-diventa-fattoria-urbana

10 cose che i milanesi vorrebbero importare da Londra

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10 cose da importare da Londra

C’è chi ha risposto “la regina”.

10 COSE CHE I MILANESI VORREBBERO IMPORTARE DA LONDRA


#1 la lingua

Per loro è facile. Con l’inglese comunicano con tutto il mondo senza dover imparare nessuna lingua straniera. Comunque Milano se vuole essere una capitale internazionale dovrebbe avere l’inglese come seconda lingua, almeno in tutti i luoghi pubblici.

#2 il congestion charge
Da noi si litiga ancora sull’Area C. Estenderla, ridurla, azzerarla? A Londra funziona benissimo anche perchè la qualità dell’aria è una delle 4 priorità assegnate dalla legge al sindaco.

#3 il regime fiscale e di semplificazione per le imprese
Sarà capitato a tutti di conoscere qualcuno che vive a Milano ma ufficialmente lavora a Londra. Già, perchè a Londra per avere una società basta avere una casella postale e qualche centinaia di sterline. E una volta aperta l’attività vi sono vantaggi infiniti rispetto al nostro sistema.

#4 la scena musicale
La capitale mondiale della lirica non può che morire d’invidia di fronte al successo della musica inglese.

#5 i musei gratuiti
Tutti i nostri musei sono a pagamenti, anche se molti di loro non arrivano a staccare 50 biglietti in gran parte delle giornate di apertura. Perchè non fare come a Londra dove ci sono magnifici musei statali che sono completamente gratuiti? Sarebbe davvero una così grave perdita?

#6 la tube

Su questo niente da dire: la magnificenza di Londra è sottoterra.

#7 il cosmopolitismo
Londra è una capitale mondiale anche per questo: per i mille colori che si trovano nella sua gente.

#8 il campionato di calcio
Eravamo il campionato più bello del mondo. Ora facciamo ridere.

#9 il sistema di istruzione
Anche in questo ci hanno superato. Un tempo eravamo noi a far nascere le università e ad essere considerati il meglio nella formazione dei giovani. Ma da allora sono passati secoli.

#10 la pulizia delle strade e i parchi
In generale il senso civico e l’educazione.

MILANO CITTÀ STATO, LA CHIAVE PER FARE RIPARTIRE L’ITALIA

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milano citta stato europa
milano citta stato europa

Milano è la città più aperta al nuovo in Italia. Se si considera solo il secolo passato, Milano è stata la città a dare vita ai movimenti che, nel bene o nel male, hanno avuto più impatto nella storia d’Italia.
È la città che ha dato origine al futurismo, al fascismo, è stata simbolo del miracolo economico e la massima espressione del craxismo degli anni ottanta, è la città che con l’inchiesta “mani pulite” ha segnato il tramonto della prima repubblica, almeno al vertice, e ha aperto la strada a vent’anni di berlusconismo.

A Milano ciò che è nuovo spesso è giudicato superiore, semplicemente perché è più nuovo. Ma l’apertura al nuovo di Milano, non basta: Milano è l’unica città in Italia dove il sistema di amministrazione pubblica può essere messo in discussione.
Milano è la città che ha più diffidenza per la burocrazia della pubblica amministrazione ed è la città dove i cittadini spesso si sono organizzati per sopperire alle carenze del pubblico.
A queste ragioni storiche se ne aggiunge una che potrebbe essere determinante: il momento straordinario che vive oggi Milano.

Milano è una città che si è radicalmente trasformata negli ultimi anni.
Expo è stata un momento simbolico, di presa di coscienza dei cittadini nella propria capacità di organizzarsi e di mostrarsi al mondo in modo unito, invece che diviso come si agiva in passato.
In pochi anni Milano è diventata una città collaborativa e trasversale.
È tramontata la città divisa in gruppi omogenei, stratificata in gerarchie, al suo posto ha preso vita una società dove tutti frequentano persone molto diverse da loro e dove ognuno può venire in contatto con personalità che in passato sembravano irraggiungibili.
È la città che inneggia alla partecipazione, che pretende di concorrere alle scelte più importanti per la comunità, invece che delegare in bianco all’amministrazione comunale.

È la città che ha visto nascere organizzazioni spontanee per intervenire dove la pubblica amministrazione non riesce ad intervenire: ci sono associazioni che aiutano chi è in difficoltà, associazioni che si prendono cura del bene comune, associazioni che sostengono progetti innovativi per la città.
Ci si occupa del bene comune per presa di coscienza che chi lo dovrebbe fare, il settore pubblico, non è in grado di farlo.
Milano, dopo aver vissuto per decenni concentrandosi quasi completamente sul successo personale e sul potere individuale, sta scoprendo la bellezza dell’occuparsi del bene comune insieme agli altri. Lo si fa non per ambizione personale ma per semplice e naturale desiderio di vivere in un luogo migliore. Non basta più come orizzonte quello di casa propria: oggi l’orizzonte dei milanesi è l’intera città.
Così come si vuole vivere in una casa più bella, si vuole vivere anche in una più bella città.

A Milano si vive un momento di portata storica che potrebbe segnare non solo la destituzione dell’impianto della prima repubblica ma perfino qualcosa di più ambizioso, qualcosa che potrebbe segnare un cambiamento epocale anche per il resto del mondo.
Milano può essere la prima città a segnare il tramonto delle ideologie e delle categorie politiche ottocentesche che, nonostante la caduta del muro di Berlino, restano ancora un elemento di divisione nelle società contemporanee. Si tratta di categorie figlie di un mondo che non c’è più, un mondo che nell’ottocento aveva problemi e caratteristiche radicalmente diversi rispetto a quelli delle nostre società.
Milano potrebbe essere la prima città che dimostra che affrontare i problemi e le esigenze della società di oggi con categorie ideologiche di una società che non esiste più, è qualcosa che non ha senso. E che invece di risolvere problemi, li rende ancora più grandi.
Milano è la città che potrebbe affrontare diversi tabù che dividono le comunità, che generano odio e aggressività inutili e che, soprattutto, bloccano le nostre società dal progredire, che è la vocazione a cui ogni comunità viene chiamata dalla storia.

Milano città stato è tutto questo. Prima di capire il come, si vuole chiarire il perché.
Il perché di Milano città stato è una situazione storica di profonda emergenza, dello stato italiano, e di grave arretratezza di pensiero politico, di tutto il mondo occidentale.
Nel momento in cui il sogno dell’Europa sembra svanire, sogno col quale sono cresciute le generazioni che oggi gestiscono economia, industria, amministrazione, università, serve un nuovo sogno, serve un nuovo progetto che possa essere di coesione non di divisione.
Questo progetto può inizialmente avere luogo solo su uno spazio limitato in cui i confini devono essere definiti e dove si possa sperimentare un’autonomia molto accentuata rispetto a ciò che sta fuori da tali confini. E il posto migliore per farlo è Milano.

Prossimo articolo: DA CITTADINI PER LO STATO A UNO STATO DI CITTADINI

25 febbraio 2016. Cock al Teatro Franco Parenti. Lui ama lui e lui si innamora di un’altra

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teatro milano citta stato
teatro milano citta stato

Dove: Teatro Franco Parenti, via Pier Lombardo 14, Milano

Costo: 25 euro

Quando: fino al 28 febbraio, alle 19.45 o 20.45 o 15.45

Si parla tanto di unioni civili, è un argomento super caldo, ma si parla poco d’amore. Ci vuole lo spettacolo Cock di Mike Bartlett per farci capire quanto l’amore possa essere complicato e quanto ci potrebbe far paura. Al teatro Franco Parenti di Milano, fino al 28 febbraio, il regista Silvio Peroni mette in scena questo testo avvincente grazie a quattro attori, Enrico di Troia, Fabrizio Falco, Sara Putignano, Jacopo Venturiero, che recitano all’unisono.

5 motivi per cui mi piacerebbe andarci

#1. ah l’amour…in tutte le sue forme

#2. scoprire com’è dal vivo Fabrizio Falco, premio Ubu 2015 come miglior attore under 35

#3. vedere uno spettacolo di qualità

#4. passare una serata piacevole a teatro

#5. imparare qualcosa di nuovo su qualcosa che non conosco

5 cose che mi piacerebbe trovare

#1. una sala comoda e confortevole

#2. intensità e profondità

#3. divertimento

#4. dei bei personaggi

#5. l’happy end sempre che sia possibile

PERCHÉ É ORA DI CAMBIARE LO STATO ITALIANO

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progetto milano citta stato progresso

L’Italia sta vivendo la sua più grande crisi del dopoguerra. Una crisi economica che è in realtà espressione di un fallimento più radicale. Un fallimento che ci portiamo dalla prima repubblica.
Vent’anni fa si è abbandonata la prima repubblica perché si è capito che era un sistema fatto di privilegi insostenibili e di corruzione dilagante. Il paradosso è che la prima repubblica è finita, ma il suo impianto è rimasto immutato.

La struttura della prima repubblica è ancora in piedi e si basa sulla diffusione capillare di privilegi che assorbono la gran parte di risorse generate nel paese, che altrimenti potrebbero essere impiegate in modo più produttivo.
Prima repubblica è aver contratto un debito smisurato che penalizza l’economia di oggi non solo per l’enorme esborso in interessi ma anche come macigno sospeso sopra le nostre teste, macigno che potrebbe caderci addosso in qualunque momento e che ci tiene in balia di forze esterne, come l’Europa o i mercati internazionali. Prima repubblica sono tutte le pensioni che vengono pagate al di sopra dei contributi versati: questo significa che ci sono persone che ricevono soldi in regalo da parte di altri.
Prima repubblica significa la catena di privilegi all’interno del settore statale.

È un sistema difficilmente scalfibile al suo interno perché si tramanda da decenni e perché ormai la maggioranza delle famiglie ne ricava un vantaggio, o, meglio, crede di ricavarne un vantaggio. Crede, ma si sbaglia. Perché i privilegi del singolo vengono sostenuti a svantaggio di tutti gli altri e il costo di questo sistema è un’economia che da quindici anni è tra le ultime al mondo per tassi di crescita. Un’economia che penalizza chi produce ricchezza e lavoro, li spinge a trasferirsi all’estero, portando così via dall’Italia ricchezza, lavoro e intelligenza.

Negli ultimi governi ci sono stati parecchi tentativi di riforma. Ma, di fatto, il sistema figlio della prima repubblica è rimasto un moloch intoccabile, dove si è intervenuti solo su aspetti marginali, mentre l’impianto generale è rimasto tale e quale quello di allora.
Non solo. Il sistema centralista è talmente forte e radicato che per gran parte dell’opinione pubblica è l’unica nostra difesa di fronte alla globalizzazione, all’Europa e a quelle che vengono giudicate come le distorsioni del mercato.
In uno scenario del genere poco sorprende che ad ogni fallimento si risponda cercando un nuovo pilota che sia capace di gestire la macchina, senza invece capire che è la macchina stessa la fonte di ogni problema: se si ha una macchina scassata non serve a niente trovare il pilota migliore.
Se la macchina è scassata potrebbe sembrare che la soluzione sia di distruggerla definitivamente, di rottamarla. Ma anche questo è un modo sbagliato.

Se pensiamo alle grandi innovazioni della storia, non si sono verificate distruggendo ciò che ormai era superato. Chi ha inventato l’automobile non ha pensato prima di distruggere le carrozze. Semplicemente ha creato un mezzo di trasporto che era talmente migliore rispetto a quello usato in precedenza da renderlo superato. Le automobili hanno fatto sparire le carrozze perché erano superiori. Così è accaduto in altri settori, con il pc che ha sostituito le macchine da scrivere o l’iphone che ha determinato la rovina dei cellulari Nokia che in precedenza dominavano il mercato.

L’unico modo perseguibile per risolvere il problema del sistema generato nella prima repubblica è di costruirne uno nuovo.
A livello nazionale questo non sembra possibile: è un sistema talmente diffuso e ricco di meccanismi di autodifesa da sbarrare la strada a qualunque alternativa, anche se si sta indirizzando alla rovina.
L’unico modo per venirne fuori è ripartire a livello locale. Esattamente come un prodotto innovativo si deve testare su un piccolo mercato, così un nuovo modello di amministrazione dovrebbe essere sperimentato su base locale, prima di potersi estendere su scala più grande.
E il luogo ideale dove far nascere e sperimentare un nuovo sistema politico è Milano.

Prossimo articolo: MILANO CITTÀ STATO, LA CHIAVE PER FARE RIPARTIRE L’ITALIA

10 cose che i milanesi vorrebbero importare da Stoccolma

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Per sminuire quello che sembra un mondo fantastico si tende a ripetere che la Svezia è una terra di suicidi. La verità è che si tratta del paese con l’aspettativa di vita più alta e con il minore tasso di emigrazione in Europa. Segno che gli svedesi si lamentano del freddo e della luce ma amano restare a casa propria.
Anche perchè il loro è uno Stato che aiuta il cittadino invece che opprimerlo, come spesso fa il nostro. Comunque sia per Milano Città Stato la capitale svedese è un modello che può essere molto utile.

10 COSE CHE I MILANESI VORREBBERO IMPORTARE DA STOCCOLMA

 

#1 l’acqua
A Stoccolma se al ristorante provi ad ordinare acqua minerale naturale ti guardano con occhi spiritati. Perché l’acqua che esce dal rubinetto è come venisse da una sorgente alpina, senza i chicchi di calcare e il retrogusto del cloro che ha quella nostra, che quando la ingoi ti sembra raschiare la gola. Su questo non c’è partita: bisogna importare l’acqua del rubinetto di Stoccolma.

#2 l’aria
Anche in questo non c’è sfida. Da noi si boccheggia mentre da loro si respira a pieni polmoni come se si fosse in alta montagna. Lo smog è inesistente.

#3 il premio Nobel
E’ vero, siamo tutti molto affezionati all’ambrogino. Ma vuoi mettere il Nobel? Il premio più ambito, sognato da ogni persona che dedica la sua vita a un fine nobile. E tutto è nato da un uomo che ha deciso di ripagare l’umanità dei danni che aveva combinato con l’invenzione che lo aveva reso ricco: la dinamite. Ah, se anche i nostri imprenditori ragionassero allo stesso modo invece che lasciare il frutto della loro vita nelle mani di eredi che distruggeranno la loro ricchezza!

#4 il sistema fiscale che ti consente di detrarre tutto
In Svezia ci sono tasse alte sui redditi ma limitate sulle aziende. Ma soprattutto dove non c’è confronto è che in Svezia ti concedono di detrarre praticamente tutto, nell’ottica che se uno ha un’attività, praticamente ogni tipo di spesa rientra nella sua attività. Il rapporto stato cittadino è basato su rispetto e reciproca fiducia, non sulla gara tra chi frega di più l’altro.

#5 quando c’è sciopero dei trasporti il taxi viene rimborsato
Il Comune si fa carico di ogni disservizio che causa al cittadino. Un esempio sono gli scioperi: se capita uno dei rari casi in cui si ha uno sciopero dei mezzi pubblici interviene il Comune a ripagare il costo dei taxi. A Milano Città Stato dovrà esserci qualcosa del genere.

#6 la metropolitana
Sembra un hotel di lusso. Stazioni del metro che sono pulite come la villa di un re, silenzio, eleganza e raffinatezza.

#7 i tunnel automobilistici sotto la città
Da noi spesso le automobili sono trattate come galline dalle uova d’oro: strumento di vessazione per riempire le casse comunali e statali. Nemmeno a Stoccolma le amano particolarmente, ma invece di spremerle con le multe, cercano di nasconderle sottoterra.

#8 l’assenza di traffico
Anche per effetto del punto precedente, a Stoccolma il traffico pare scomparso. Rarissime le auto private, le strade hanno solo taxi, pedoni e biciclette. In una società che si basa sul rispetto reciproco anche andarsene in giro in automobile è un fastidio che si cerca di evitare.

#9 le luci alle finestre
Ogni via di Stoccolma la notte viene innaffiata di luce. Una piccola abat jour viene lasciata accesa vicina alla finestra, per donare un po’ di luce a una città che di luce ha fame.

#10 il silenzio
C’è sempre un momento in cui chiunque abbia vissuto a Stoccolma anche solo per pochi giorni rimpiange il suo silenzio.

PERCHÉ MILANO CITTÀ STATO

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rivoluzione milano citta stato

La storia d’Italia è la storia di grandi città. Roma, Genova, Venezia si sono fatte conoscere nel mondo con il loro nome, a capo di territori estesi fino a oltre i confini d’Europa. Anche altre città come Firenze, Milano, Ferrara, per citarne alcune, hanno avuto gloria internazionale per la loro civiltà, potenza o ricchezza. Questa è una caratteristica distintiva dell’Italia, altrove non è così: la storia all’estero è di Francia, di Inghilterra, di Germania, Spagna, Russia o Stati Uniti, non di Parigi, Londra, Berlino, Madrid, Mosca o New York.
L’Italia è la forza delle sue città, ma che non erano semplici città: erano città stato.
Città che avevano la funzione di veri e propri stati.

Il progetto di città stato per Milano si basa su due assunti:
1. La città stato è stata la massima rappresentazione dell’identità italiana.
Fa parte del nostro DNA, ma non solo. È parte della nostra massima espressione di civiltà nei secoli. Il primo assunto è dunque che la forza d’Italia è data dalla forza delle nostre città, non viceversa.
2. La città stato è la forma ottimale di gestione del potere nel mondo contemporaneo.
Sia se si parla di veri e propri stati, come il principato di Monaco o Singapore, sia se si parla di città stato inserite all’interno di uno stato nazionale, come Berlino o Hong Kong, si tratta sempre di modelli di eccellenza, il cui successo è rappresentato soprattutto dalla capacità di attrarre talenti e risorse da tutto il mondo.

Da questi due assunti di base si arriva alla tesi che la città stato è la forma ideale di modello di gestione amministrativa per Milano.
Ideale perché ne può segnare il rilancio, ma non solo: sperimentare un modello di maggiore capacità di gestione del potere su un determinato territorio sarà utile per l’intera Italia.
Milano città stato deve essere un modo di amministrare radicalmente diverso rispetto a quello messo in atto nell’attuale sistema. Solo così Milano città stato può aspirare a diventare un modello di città ideale che sia stimolo per il resto d’Italia e punto di riferimento per il resto del mondo.
Dal prossimo articolo affronteremo il progetto di Milano città stato, partendo dai motivi per cui occorre farla.

Prossimo articolo: PERCHÉ É ORA DI CAMBIARE LO STATO ITALIANO.

23 febbraio 2016. Inedito Dario Fo pittore

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dario fo milano
Dario Fo

Quando: 23 febbraio 2016, ore 18

Dove: Piccolo Teatro Studio Melato

Costo: ingresso libero (previa autorizzazione ufficio stampa)

Il Premio Nobel Dario Fo, colui che “ha inventato lo storyboard teatrale che si intreccia, fin dall’atto dell’ideazione, con la scrittura teatrale”, torna ad abbrcciare il suo pubblico al Piccolo Teatro di Milano. “I suoi storyboard, che in alcuni casi (come in Johan Padan e in Marino libero) diventano anche parte integrante della scena e dell’azione teatrali, sono un supporto fondamentale sia per la realizzazione dei copioni sia per le regie teatrali e televisive”.

L’occasione, è la presentazione del libro “Il teatro a disegni di Dario Fo con Franca Rame“, di Andrea Balzola, Marisa Pizza, con un video di Giuseppe Baresi (Collana: Esposizioni immaginarie, Formato 21 x 28 cm, 144 pagine a colori più un DVD allegato, ISBN 978-88-9947-306-8 25 euro, già disponibile in libreria).

Dopo aver seguito asso per passo, spettacolo dopo spettacolo, l’evoluzione della originalissima dimensione creativa di Fo, attraverso un dialogo mirato con lui e Franca Rame, hanno dato forma ad un volume illustrato dalle immagini di Fo, con una particolare impaginazione che accentua l’elemento visivo. Accompagnato dalla documentazione di Giuseppe Baresi, che presenta l’intervista-dialogo con Dario Fo e Franca Rame, e una visita-lezione di Fo all’Accademia di Brera, dove si è formato come artista, propone al pubblico un incontro one-to-one, come si dice oggi, con il Premio Nobel, padre del gramelot.

5 ragioni per cui mi piacerebbe andarci?

#1 incontrare Dario Fo dal vivo
#2 è la prima uscita pubblica dell’Archivio Rame-Fo, che si appresta a diventare un Museo-Archivio Multimediale con tutti i materiali realizzati
#3 il materiale dell’Archivio Fo (solitamente inaccessibile)
#4 tornare al Piccolo Teatro
#5 cercare di scoprire il talento di Dario Fo-pittore e illustratore carpendogli qualche battuta di persona

5 cose che mi piacerebbe trovare ?

#1 Dario Fo
#2 Dario Fo che voglia scambiare qualche battuta one-to-one
#3 qualche foto e video dell’Archivio in anteprima pubblica
#4 poca gente – così da assaporare l’incontro in tranquillità
#5 un’atmosfera bohemienne

Immigrati italiani a Berlino: la fine che rischiamo di fare se lo Stato va a rotoli – VIDEO

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Non solo Ginevra. Dopo la Dolce Vita, film cult del 1960 sulla bellezza di Roma ed il suo edonismo sfrenato, ecco La deutsche vita, film tragicomico con sottofondo di mandolino di alcuni italiani fuggiti a Berlino: sono i coautori e, nel primo caso, pure interprete, Alessandro Cassigoli e Tania Masi [www.ladeutschevitaderfilm.com, 2014].

La verità è che all’estero ci vedono così: in brache di tela.La Deutsche Vita
Luoghi comuni? Non proprio a giudicare dal video-documentario.

Pizza. Dialetto. La camera in più per quando viene in visita anche la mamma.
Il mito degli occhi scuri – altrimenti sembri un polacco. Tutti attori, musicisti, parrucchieri. Tutti filoberlusconiani.
Tutti sfigati. Ecco la fine che rischiamo di fare se lo Stato va a rotoli.

L’Internazionale, che proprio questa mattina ha rilanciato il film del 2014, commenta: “Le cifre parlano di oltre 20mila italiani a Berlino, con un’impennata di migranti di ultimissima generazione dal 2010 circa. Contando tutti quelli non registrati potrebbero essere almeno il doppio. […] Rispetto ai loro predecessori hanno aspettative e capacità di adattamento molto diverse, ma anche loro fuggono da un’Italia in crisi, oggi come nel dopoguerra, in cerca di un nuovo futuro sfidando pregiudizi, nostalgia, freddo e pessimo caffè.“.

Per evitare che scappino anche gli altri e che finiamo tutti a farci ridere dietro dal mondo, c’è una sola salvezza: Milano città stato

LA DEUTSCHE VITA_trailer eng subt from alcassi on Vimeo.

10 idee per accelerare l’ECONOMIA di Milano

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In un sistema economico che negli ultimi 15 anni ha tra gli ultimi tassi di crescita al mondo, è arrivato il momento che Milano provi a progettare qualcosa di nuovo: se si vuole rilanciare l’economia bisogna andare incontro alle esigenze di chi fa muovere l’economia, di chi crea lavoro e ricchezza senza gravare sui conti dello Stato.

10 IDEE PER ACCELERARE L’ECONOMIA DI MILANO


#1. Free zone per le nuove imprese
Chi crea un’azienda nuova deve potersi concentrare totalmente sul suo business. Non ha tempo per adempimenti fiscali, non ha soldi per commercialista e consulenti vari. Allora come fare? Come le oltre 3.000 free zone del mondo: per i primi tre anni si dovrebbe sostituire tutte le pratiche fiscali con un’imposta unica, fissa, che consenta un gettito simile a quello generato da tutte le start up attuali, in modo da non creare perdita per lo Stato, ma che consenta all’imprenditore di sbrigare per i primi tre anni ogni pratica fiscale da solo e in meno di un giorno.

#2. Burocrazia zero
Tutte le procedure devono poter essere espletate su Internet. E la priorità della burocrazia deve diventare quella di rendere ogni pratica il più semplice possibile.

#3. Eliminazione delle licenze
A furia di difendere le corporazioni, il nostro Paese sta fallendo, lasciando campo scoperto a chi delle licenze se ne frega, come Uber o Airbnb. Chiunque voglia aprire un’attività, in ogni settore, dovrebbe poterlo fare senza dover acquistare una licenza o chiedere una serie di autorizzazioni che stroncano ogni attività sul nascere.

#4. Autonomia fiscale e legislativa da Roma (Milano città stato)
Milano come Madrid, come Berlino o come Hong Kong, dovrebbe avere un sistema fiscale e legislativo indipendente dal potere centrale: ciò che è in grado di fare meglio per il cittadino è giusto che lo faccia lei. E lasci allo Stato solo ciò che non è in grado di fare.

#5. Estensione del principio di silenzio assenso (per ogni pratica)
Perché si dovrebbe pensare che il controllo preventivo di un burocrate sia più efficace di quello del mercato? Questo pregiudizio blocca sul nascere un’infinità di attività che potrebbero portare lavoro e ricchezza. Invece bisogna capovolgere il controllo: ognuno deve essere libero di fare ciò che vuole nel rispetto della legge e l’amministrazione deve intervenire controllando ex post che la legge venga rispettata. Farlo ex ante fa perdere soldi e tempo, è inutile e dannoso.

#6. Sistemi di incentivi per la realizzazione di esternalità positive (benefici per la comunità) da parte delle imprese

Immaginiamo due imprese. L’impresa A produce ma per farlo inquina, distrugge il territorio e sposta parte della produzione (e delle tasse) all’estero.
L’impresa B produce tutto sul territorio, invece di inquinare si prende cura dell’area dove opera, sponsorizza iniziative culturali e sociali per la comunità.
Il sistema attuale di fatto premia di più l’azienda A che l’azienda B. E’ assurdo. E va cambiato.

#7.Introduzione di sistema di arbitrati privati per dirimere cause tra le imprese e/o con la pubblica amministrazione
I potenziali investitori internazionali stanno alla larga dal nostro Paese soprattutto per due motivi: per il fisco e per la giustizia.
Ogni imprenditore non può vivere nell’incubo dell’azione della magistratura né nell’incertezza di un diritto che ci mette tempo e pratiche infinite per arrivare a compimento. Dove il pubblico non riesce ad agire, occorre introdurre modalità semplificate scelte liberamente dai privati. Anche dove fosse coinvolta la pubblica amministrazione.

#8.Creazione di un hub facendo leva sulle comunità straniere per agevolare l’export delle imprese milanesi nei loro paesi di origine

Milano ha una ricchezza enorme ma che non viene utilizzata: sono le sue comunità straniere. Sono la porta su mercati dove le imprese potrebbero operare facilmente con successo. Invece a Milano le comunità straniere vengono scoperte solo per le elezioni.

#9. Creare un sistema integrato nei trasporti urbani e interurbani (introducendo l’alta velocità verso Genova e la Svizzera)

I trasporti sono la chiave per il successo di un’area geografica. Questo lo si sa da secoli. Ma a Milano a volte sembra che gli amministratori se lo siano dimenticati e gestiscono i trasporti locali in modo disgiunto da quelli interurbani.
Milano dovrebbe prendere a riferimento Berlino, Londra o Parigi che hanno introdotto sistema integrati tra trasporto cittadino e trasporto interurbano, in modo che la città faccia da regista su tutto il territorio su cui ha influenza. E una delle direttrici da potenziare è quella con la Liguria. Come lo si può fare? Ad esempio, coinvolgendo la Svizzera nella progettazione e nella realizzazione di una linea che è prioritaria anche per loro.

#10.Valorizzare l’offerta culturale della città promuovendola in modo integrato in Italia e all’estero
Milano deve essere una capitale mondiale della cultura. Non può accontentarsi a niente di meno. Per arrivare ad esserlo il primo passo è quello di mutare gli orizzonti che non possono essere quelli della tangenziale, ma devono essere quelli del mondo.
Occorre puntare ad offrire cultura all’altezza di un pubblico internazionale e cercare di promuoversi anche e soprattutto all’estero. In 7 anni vissuti a Berlino ho visto promuoversi Madrid, Barcellona, Londra e tantissime altre città europee piccole o grandi. Mai ho visto traccia di Milano. E’ ora di cambiare.

ANDREA ZOPPOLATO

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10 città stato del mondo che possono ispirare Milano
* E ora Milano Città Stato! Se non lo fa l’Italia, si può chiederlo all’Europa
Milano Città Stato sarebbe un bene soprattutto per l’Italia
Primo passo del consiglio comunale verso Milano Città Stato
Corrado Passera: Milano Città Stato è il più interessante progetto che ci sarà in Europa nei prossimi anni
“Proviamoci. Mi impegnerò personalmente”. Beppe Sala a Milano Città Stato

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22 febbraio 2016. Wine-sharing: il nuovo aperitivo di Milano

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Quando: Ecco il programma
LUNEDì 22 FEBBRAIO. Barolo Cavallotto Riserva Bricco 2004 – 25,00 euro pax
LUNEDì 29 FEBBRAIO. Oasi degli Angeli, Montepulciano Kurni 2013 – 18,00 euro pax
LUNEDì 14 MARZO. Chateau de Pommard 2004 – 17,00 pax
LUNEDì 21 MARZO. Amarone Trabucchi Riserva 2004 – 19,00 euro pax
LUNEDì 4 APRILE. Le Macchiole Scrio 2011 – 18,00 euro pax
LUNEDì 11 APRILE. Henri Boillot Corton Charlemagne Grand Cru 2008 – 36,00 euro pax
LUNEDì 18 APRILE. Champagne Bruno Paillard NPU 1999 – 45,00 euro pax

Dove: Bicerìn, via Panfilo Castaldi 24

Costo: dai 18 ai 45 euro

Condividere la stessa, pregiata, bottiglia di vino in sei persone. Farlo sapere a tutti sui social network. Fare community. Dare vita ad un nuovo modo di intendere l’aperitivo milanese: in enoteca, in condivisione.

Il Bicerìn di via Panfilo Castaldi inaugura stasera un appuntamento di-vino: Wine-Sharing.

(Quasi) tutti i lunedì di febbraio, marzo, aprile 2016 si potranno degustare etichette D.O.C. a prezzi democratici. Sì perché, il gioco sta tutto nel “formare il tavolo” prenotando su Facebook – info@bicerinmilano.com – Tel. 02/84258410
www.bicerinmilano.com.

5 ragioni per cui mi piacerebbe andarci?

#1 assaggiare un vino prezioso che da solo non potrei permettermi
#2 incontrare nuove persone
#3 finalmente un aperitivo diverso dal solito
#4 è un nuovo modo di intendere l’happy hour
#5 è la prima volta di una cosa nuova

5 cose che mi piacerebbe trovare?

#1 qualcuno che mi spieghi il vino che sto bevendo
#2 bella gente che cerca un’alternativa ai soliti lunedì
#3 parcheggio per arrivare in tempo (alle 20.00 si comincia!)
#4 bei compagni al tavolo di lavoro
#5 un buffet abbondante e goloso

Per info: http://www.bicerinmilano.com/wine-sharing-bicerin/

24 febbraio 2016. Subsonica in concerto al Fabrique

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concerto subsonica fabrique milano
concerto subsonica fabrique milano

Dove: Fabrique, via Fantoli 9, Milano

Costo: 25 euro

Quando: mercoledì 24 febbraio, dalle 21.30

Una foresta nei club è il nome del nuovo tour dei Subsonica. Dopo 7 anni il gruppo torinese torna a suonare e sceglie uno dei club più alla moda di Milano per esibirsi senza barriere.
Da non perdere per: 3 brani per ogni disco dei Subsonica dagli anni ’90 a oggi e finale a sorpresa.

5 motivi per cui mi piacerebbe andarci

#1. finalmente vado a vedere un concerto dei Subsonica!
#2. cantare a squarciagola le canzoni delle serate più sfrenate
#3. farmi pervadere dal ritmo della loro musica e dalle loro parole
#4. godermi l’atmosfera di un club
#5. mi dicono essere generosi: chissà cosa mi regaleranno!

5 cose che mi piacerebbe trovare

#1. una foresta nel club
#2. i best of – così le so tutte !
#3. il posto sotto al palco
#4. gente simpatica
#5. colori sul palco e tutto intorno a me

Milano città stato e città metropolitana: due opposti modi di costruire il futuro di Milano

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La gestione unificata ed autonoma delle grandi metropoli è un obiettivo importante a scala globale. Non esiste quasi Paese che non abbia perlomeno tentato di elaborare un quadro amministrativo specifico per le aree metropolitane, con esiti diversi ed alterne fortune.
Le difficoltà incontrate in questo percorso discendono in gran parte dal fatto che la reale dimensione delle metropoli di tutto il mondo trascende spesso e volentieri i confini amministrativi tradizionali e preesistenti.

Tali confini (municipali, comunali, provinciali, regionali, statali, distrettuali, di contea ecc.) sono il più delle volte inadeguati alle reali dimensioni e ‘forma urbis’ delle città, il più delle volte troppo ristretti, in alcuni casi troppo allargati. La questione è tutt’altro che banale in quanto questa difformità tra i confini amministrativi ex lege e quelli funzionali reali crea enormi complicazioni nella pianificazione delle infrastrutture e dei servizi, nella gestione delle risorse sul territorio e nelle politiche fiscali, con grande dispendio di tempo e denaro. L’Italia è in ritardo in materia di legislazione inerente le città metropolitane. 

La legge di riferimento, la L.142/90 è stata redatta quando gestioni intercomunali delle aree metropolitane esistevano ormai in tutt’Europa e solo nel 2015 ha iniziato ad essere tradotta in pratica con la creazione delle Città Metropolitane. Ma in maniera del tutto deludente per due motivi essenziali:
1) La scorretta individuazione delle aree metropolitane, che ha riesumato obsolete perimetrazioni amministrative anziché creare ex novo nuove funzionali all’esistente;
2) La totale scarsità e confusione in materia di fondi e competenze fiscali, che minaccia di rendere le Città Metropolitane enti del tutto superflui ed impotenti.

Il caso di Milano, maggiore area metropolitana e ‘capitale economica’ d’Italia, tra le quattro più grandi metropoli e terza per prodotto lordo in UE, è emblematico.
Com’è noto l’Area Metropolitana Milanese trascende di molto i confini comunali. Trascende pure quelli provinciali, problema ulteriormente acuito con la creazione della Provincia di Monza&Brianza.
La Città Metropolitana era l’occasione ideale per rimediare a questo errore storico in un’area così importante e strategica. Ed è stata parzialmente persa con l’erronea decisione di far corrispondere con precisione manichea i confini della Città Metropolitana con quelli già da tempo inadeguati della preesistente Provincia di Milano, che non hanno senso alcuno: così facendo infatti la Città Metropolitana non comprende Monza e la Brianza, né l’area Busto Arsizio – Saronno – Gallarate – Malpensa; comprende invece in maniera assurda il Comune di San Colombano al Lambro nella bassa Padana, a decine di km di campagna da Milano e prossimo al Po e Piacenza.

La Città Metropolitana di Milano nasce dunque priva del suo primo, storico asse di conurbazione industriale (Milano-Monza), di gran parte del suo più vasto Distretto Industriale (Sempione) e addirittura del suo aeroporto intercontinentale.
La Città Metropolitana di Milano invece, come confermato da più studi urbanistici e statistici ad opera di ISTAT, Eurostat, ONU, Demographia, Politecnico di Milano e molti altri Enti illustri e qualificati che basano le loro perimetrazioni su criteri scientifici e funzionali anziché su retaggi politico-amministrativi, si estende su circa 1.890 kmq con oltre 5,25 milioni di abitanti, occupando tutta la ex provincia di Milano meno il Comune di San Colombano al Lambro, tutta la Provincia di Monza&Brianza, l’area Busto Arsizio – Saronno – Gallarate – Malpensa della Provincia di Varese e alcuni comuni delle province di Como e Lecco con una densità media di circa 2.780 ab/kmq, tipicamente urbana e nettamente superiore a quella del Comune di Roma.

La configurazione di questo territorio come ‘Città Stato’, come avviene per esempio per Londra o Singapore, è senz’altro un’azione auspicabilissima in quanto consentirebbe alla più forte area economica italiana, vero motore del Paese e tra le aree di punta dell’Unione Europea, di sfruttare appieno questo suo enorme potenziale, oggi mortificato dall’arretratezza infrastrutturale e di servizi causato dalla capacità di spesa modestissima e vincolata per procura al Governo centrale. Si avrebbe in tal modo un enorme beneficio per tutti i suoi abitanti (quasi 1/10 della popolazione italiana) ed un grande vantaggio competitivo per il Paese intero grazie al suo motore economico che girerebbe finalmente a pieno regime.
A patto però che i confini siano quelli giusti: quelli del Comune di Milano e dell’attuale Città Metropolitana (ex Provincia) sono assolutamente limitativi e del tutto inadeguati.

Continua la lettura con: La popolazione di Milano? Dipende

Dott. Arch. Andrea Bruschi

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Perché HONG KONG sarebbe il miglior modello per Milano Città Stato

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1 luglio 1997. Dopo 156 anni di dominio britannico, la Gran Bretagna trasferisce la sovranità di Hong Kong alla Repubblica Popolare Cinese. Che ne sarà di uno dei simboli del libero mercato dopo l’annessione al più grande e potente sistema comunista del mondo?
Considerando la storia e la struttura dell’ordinamento statale cinese, Hong Kong sembra spacciata. Eppure a quasi vent’anni di distanza, il “porto profumato” gode ancora grande fortuna. Forse anche più di allora.

Formalmente è difficile definirla una città stato, anche perché non sarebbe ammissibile una simile concessione all’interno della Repubblica Popolare Cinese, però assieme a Macao, Hong Kong ha acquisito la qualifica di “Regione amministrativa speciale” (SAR) con la possibilità di avere un sistema politico diverso dallo stato cinese, grazie al principio sancito ai tempi della restituzione dalla Gran Bretagna di “un solo paese, due sistemi”.
L’autonomia concessa ad Hong Kong la rende di fatto una città stato, anzi una delle forme più spinte al mondo di questo modello. Può decidere liberamente leggi, moneta (dollaro di Hong Kong), politiche d’immigrazione, corti d’appello, dogana, estradizione e non fa uso della struttura amministrativa della Repubblica Popolare Cinese. La magistratura funziona sul modello del Common Law britannico, le elezioni sono a suffragio universale, il sistema è multipartitico e garantisce un alto livello di libertà civili e di salvaguardia dei diritti umani.
Ci sono solo due competenze che lo stato cinese non ha concesso ad Hong Kong: relazioni estere e difesa nazionale.

La scelta di consentire a Hong Kong di percorrere la sua strada in piena autonomia dallo stato centrale ha condotto a risultati di grande spessore. È uno dei centri finanziari più importanti con una valuta che è tra le prime dieci più scambiate del mondo. È ai primi posti per reddito pro capite e in numerose classifiche come quelle della libertà economica, nello sviluppo umano e nella qualità della vita. È la prima città al mondo per numero di consolati, il suo aeroporto è tra i primi per traffico ed è stato definito il migliore al mondo. Oltre il 90% dei trasporti urbani avviene tramite mezzi pubblici, la più alta percentuale al mondo, ed è ai vertici mondiali per aspettativa di vita.
Ma forse il fatto più straordinario della sua storia recente non è tanto il mancato impatto su Hong Kong dell’annessione. Ma il contrario. Ciò che stupisce è vedere che a distanza di vent’anni chi dei due risulta essere stato più influenzato dall’altro è proprio la Repubblica Popolare Cinese.
Non solo la Cina è risultata nel complesso assai rinforzata dal rientro di due piazze così importanti, come Hong Kong e Macao, ma ha saputo aprire il suo sistema economico creando al suo interno delle aree che per libertà e capacità di attrarre lavoro e investimento stanno insidiando il primato di Kong Kong. Invece di indebolire i territori annessi, il governo cinese li ha tutelati nei suoi punti di forza, prendendoli da stimolo per fare crescere zone più arretrate.

Hong Kong costituisce l’esempio più utile per le ambizioni di Milano città stato. Non tanto per il suo funzionamento ma per le modalità con cui si è venuta a creare la sua autonomia dallo stato cinese e per gli effetti che ha prodotto su entrambi.
Il motivo per cui scelgo Hong Kong è perché il problema di partenza mi sembra simile. Il grande problema che abbiamo si chiama stato italiano. Ha difficoltà a funzionare, produce debito, sta di fatto rinnegando i suoi principi fondanti. Siamo in uno stato che non riesce più a fare lo stato, secondo la sua accezione più idealistica. È uno stato che sta perdendo la sfida con la competizione internazionale ed è in un declino ormai decennale che ci sta portando ai margini del panorama internazionale, sotto ogni punto di vista. Stiamo perdendo terreno nello sviluppo economico, nell’imprenditoria, nella giustizia, nell’innovazione, nel pil, nel debito, nei servizi sociali, nell’istruzione, dovunque volgiamo lo sguardo, se ci confrontiamo con i paesi più sviluppati ne usciamo a pezzi. E la crisi della burocrazia statale si sta riversando sulle sue componenti.
Sempre più persone stanno fuggendo la paese e chi non lo può fare vede peggiorare la sua condizione, anno dopo anno. Anche le città. Tra queste città forse l’unica che si sta opponendo a questo declino è Milano che sembra restare aggrappata al treno dell’Europa, intesa come bacino di interessi e di opportunità. Ma se continua a restare imprigionata in un sistema inefficiente, anche Milano rischia di perdere la sua forza.

È questo il motivo per cui il caso Berlino non si può applicare a Milano. Perché è maturato in una situazione opposta alla nostra. Berlino era “il malato”, non il resto della Germania. Per questo Hong Kong sembra una situazione lontanissima dalla nostra, per motivi geografici, storici e culturali, tuttavia offre gli spunti più positivi.
Anche in quel caso il malato è il gigante. Lo stato cinese. Oggi sta volando ed è diventata la seconda economia del mondo, ma vent’anni fa non era così. Al momento in cui Hong Kong ha smesso di essere una colonia inglese, la Cina era ancora una economia sottosviluppata. Erano gli anni di Tienanmen, in cui sembrava che anche lei fosse destinata a crollare così come era successo ai paesi di economia socialista. Uno stato con una burocrazia inefficiente e centralista si poneva dunque a che fare con una delle più alte espressioni del libero mercato.
A quel punto si potevano scegliere infinite strade. Si poteva procedere a uniformare l’ex colonia al resto del paese, oppure contrattare tutte le diverse ipotesi di autonomia. Ciò che è stato alla fine deciso è quello che farebbe il meglio per Milano e per il resto d’Italia.
Si è deciso di lasciare alla città ogni libertà, con la sola esclusione dell’appartenere allo stato nazionale, che mantiene come ultime deleghe la rappresentanza all’estero e la difesa.
Questa è la decisione coraggiosa che il governo cinese ha preso, rischiando di minare le fondamenta ideologiche dello stato, ma che a distanza di vent’anni ha prodotto straordinari vantaggi per Hong Kong e per la Cina intera.

È proprio questo che serve al nostro paese per risollevarsi. Il coraggio. Di lasciare a Milano la massima autonomia, per consentirle di concepire un modello di amministrazione che rilanci la città e che contagi positivamente tutto il paese. Senza paura di andare contro pregiudizi, rigidità e logiche su cui si fonda l’amministrazione pubblica ma che grande danno stanno arrecando al paese.
Può sembrare un assurdo ma è da Hong Kong che può ripartire Milano. Dal suo pragmatismo illuminato e dalla sua utopia che si è fatta realtà.

MILANO CITTA’ STATO

20 febbraio 2016. San Maurizio e le torri di Mediolanum

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torri romane di milano

Dove: Primo chiostro del Museo Archeologico di Milano su prenotazione obbligatoria a eventi@visiteguidatepertutti.it; www.visiteguidatepertutti.it

Costo: 12 euro: comprende visita guidata e l’omaggio del libro “Alla scoperta della Milano romana”, 176 pagine – Meravigli edizioni.

Quando: Sabato 20 Febbraio, ore 16.30. E’ consigliato arrivare circa 15 minuti prima dell’orario indicato. Durata: 90 minuti circa – Percorso in esterno.

Milano non è la città turrita per eccellenza, ma le sue chicche le ha… eccome!
Sabato 20 febbraio 2016, le torri del museo archeologico, quella quadrata e quella poligonale, ci aspettano per raccontarci le storie dell’antica Mediolanum e delle trasformazioni che subirono quando l’area si trasformò nel monastero di San Maurizio (“la Cappella Sistina di Milano”).

“Dalla torre quadrata potremo anche osservare il panorama della città ma anche immaginare quello antico”, spiegano gli organizzatori che si premurano di avvisare: “L’accesso, per ragioni architettoniche non è consentito a chi ha disabilità motorie e problemi di deambulazione”.

5 ragioni per cui mi piacerebbe andarci?

#1 scoprire un luogo tornato a Milano dopo la recente ri-apertura
#2 sentirmi Indiana Jones per un pomeriggio
#3 scattare foto di Milano dall’alto
#4 guardare il panorama dall’alto
#5 vedere i tetti di Milano sopra Corso Magenta

5 cose che mi piacerebbe trovare?

#1 un campanaro
#2 una guida che mi spieghi aneddoti che non conosco di Milano
#3 scale non troppo ripide
#4 la luce giusta per “la foto” della vita
#5 un attimo romantico

21 febbraio 2016. Lindy Hop, Jazz Battle e double Vinyl session al MIB

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swing milano citta stato

Dove: MIB, via Gaetano Negri 10 (Piazza Affari)

Costo: 15 euro con drink

Quando: domenica 21 febbraio, dalle 18.30

Pensate di arrivare una sera di febbraio in Piazza Affari. Nella maestosità della piazza scorgete il dito medio di Cattelan illuminato e poi scendete una rampa di scale. Eccovi al MIB…. e in un’atmosfera d’altri tempi: gli anni ’20 e ’30.
Volete stringervi ma essere agili nel ballo? Eccovi nel posto giusto la sera giusta: SWING, CHARLESTON, DIXIELAND, BOOGIE… orchestra dal vivo e Vinyl dj exhibition.
E si torna subito agli anni del proibizionismo americano.

5 motivi per cui mi piacerebbe andarci

#1. ballo da 20 anni lo swing, serata imperdibile
#2. ho voglia di mettermi i tacchi, gonna e calze velate nere con la riga dietro
#3. voglio danzare e danzare
#4. mi piace essere in una Cave sotto piazza affari e uscendo vedere il dito medio di Cattelan
#5. scegliere di mangiare alla carta con sottofondo di musica dal vivo anni ’30

5 cose che mi piacerebbe trovare

#1. camerieri in smoking
#2. un’orchestra dal vivo di qualità
#3. qualche gangster
#4. macchine d’epoca
#5. Marco Swing con cui ballare


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