Il Battistero di Santo Stefano alle fonti, scoperto nel 1899, si riferiva all'antica Basilica Vetus: vi fu battezzato Sant'Ambrogio
Ogni volta che proviamo a dare di Milano una definizione che ne sintetizzi al massimo le peculiarità storiche, sociali e culturali, pensiamo immediatamente a definirla con le sole categorie della contemporaneità: moderna, ricca, efficiente.
Troppo spesso dimentichiamo che nel periodo tardo-antico, al principio di un medioevo connotato dal declino politico della Roma tardo-Imperiale, Milano è stata epicentro della germogliante civiltà cristiana occidentale, la quale non ha solo plasmato le coscienze dei nuovi fedeli, ma ha anche impresso – in maniera indelebile – il suo “marchio di fabbrica” sull’architettura civile e religiosa della città.
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El Domm prima del Domm: tre curiosità sulle chiese che sorgevano al posto del Duomo di Milano
Non mi riferisco alla Basilica Sanctae Mariae Nascenti, più comunemente chiamata Duomo, il cui candore stride con l’asprezza delle sue celeberrime guglie gotiche, bensì a ciò che letteralmente sta sotto di esso: la BASILICA VETUS.
#1 Basilica Vetus: gli esorcismi di Ambrogio
Costruita dal 314 d.c. per volere dell’Imperatore Costantino, essa aveva sede nel punto corrispondente al fulcro dell’attuale Duomo, ovvero proprio sotto la sua sacrestia, ed era curiosamente formata da due semplici aule, in una delle quali si narra che il nostro Sant’Ambrogio fosse solito praticare gli esorcismi... ma questa è un’altra storia.
Si tramanda che la seconda chiesa, la BASILICA NOVA, costruita stavolta in corrispondenza dell’attuale monumento a Vittorio Emanuele II, facesse da “contraltare estivo” alla precedente. Prima che fosse consacrata a Santa Tecla, era un vero e proprio covo di eretici Ariani. Dettaglio che potrebbe non stupire più di tanto, se pensiamo che negli stessi spazi di Santa Tecla vi era, secoli prima, un tempio consacrato alla divinità pagana Minerva.
#3 Battistero di San Giovanni alle Fonti: dove Ambrogio battezzò Sant’Agostino
Fra le due basiliche fu costruito infine, sul finire del IV secolo, il Battistero di San Giovanni alle Fonti, luogo in cui secondo la tradizione il nostro Ambrogio battezzò un altro illustre santo, vale a dire Agostino. Il battistero è stato individuato sotto il sagrato dell’attuale Cattedrale e qui si trovano, incisi nel pavimento, i confini dell’antico battistero i cui resti, insieme a quelli della Basilica Vetus e di Santa Tecla, sono oggi visibili nell’affascinante percorso di visita sotterraneo, in alcune vetrine della M1 e nel museo del Duomo.
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Abbiamo posto questa domanda ai milanesi: “Da cosa riconosci a Milano che qualcuno non è di Milano?”. Scopriamo i 10 segnali inequivocabili.
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Quei segnali inconfondibili: da che cosa si riconosce a Milano chi non è di Milano
#1 Non attende chi esce prima di entrare nella metro
Credits: bresciaoggi.it
La metropolitana è uno dei primi banchi di prova. Se una persona non rispetta la regola di attendere per entrare nel vagone solo dopo che sono usciti gli altri viaggiatori e di piazzarsi davanti alla porta bloccando l’uscita, anche se scenderà molte fermate più avanti, non può essere di Milano.
“Da come entra in metro senza lasciar scendere prima di salire e stando in mezzo alle porte impalato…” – Cit. Cristina B.
#2 Spinge il pulsante della porta per uscire dalla metro
Sempre in metropolitana per riconoscere un non milanese basta osservare se quando il treno si ferma spinge il pulsante delle porte per uscire: se lo fa è lampante.
“Preme il pulsante per aprire le porte della metro” – Cit. Cosmina Aloisio
#3 Si mette a sinistra sulle scale mobili
A sinistra sulle scale mobili
Un’altra delle regole da seguire in metropolitana e in tutte le scale mobili in città è solo una: rimanere sul lato destro per lasciare libero quello sinistro a chi ha più fretta.
“Non tiene la destra sulla scala mobile” – Cit. Giovanni S.
Riconoscere un non milanese in centro a Milano è molto facile, soprattutto nel weekend. Se è vestito in modo elegante, non può essere di Milano.
“Va in galleria vestito come ad un matrimonio” – Cit. Luca S.
#5 Sbaglia il genere dei mezzi del trasporto pubblico
Credits: pixabay.com – Tram Milano
Ritorniamo al trasporto pubblico. Il non milanese si riconosce subito se quando deve indicare una linea cittadina non usa correttamente gli articoli per i mezzi pubblici: a Milano l’autobus è femminile, esempio la 90, il tram è maschile, esempio il 24.
“Da che articolo usa davanti ai numeri degli autobus/tram” – Cit. Vanessa P.
#6 Non usa l’articolo prima del nome proprio
Durante una conversazione per cogliere in fallo chi non è Milano basta ascoltare quando parla in riferimento a un’altra persona: se non antepone l’articolo, come il Luca, la Giulia, è di sicuro forestiero.
“Non mettono l’articolo davanti ai nomi propri” – Cit. Clara B.
#7 Cammina lentamente
Credits: milanonordwalk.it – Camminare
Vige il detto chi va piano non è di Milano….
“Dal camminare lento” – Cit. Maria L.
#8 Non è stressato
Un’altra caratteristica del non milanese che salta immediatamente all’occhio è il fatto di avere un viso rilassato, coloritoe senza occhiaie. Chi è tranquillo non è di Milano.
“No occhiaie, no stress, calmo, sereno” – Cit. Odra T.
#9 Non si lamenta del ritardo dei mezzi
Credits: leggo.it – pensilina intelligente
Nonostante l’efficienza dei mezzi pubblici a Milano sia un vanto per i suoi cittadini, non appena si registra un piccolo ritardo il milanese è subito pronto a imprecare. Chi arriva da fuori Milano resta calmo anche di fronte a ritardi di minuti.
“Non si lamenta se il mezzo arriva in ritardo rispetto a ciò che indica il display” – Cit. Jacopo B.
#10 Chiama la brioche…cornetto
Credits: @gelateriacreamgarden – Cappuccio e brioches
Un cliente che per colazione al bar chiede un cornetto, insieme al caffè, non può essere di Milano. Per il milanesec’è solo la brioche, senza alcuna discussione.
“La mattina al bar…un cappuccino e un cornetto per favore” – Cit. Valeria C.
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Votato dal famoso blog di architettura ArchDaily come “il più bel condominio al mondo”, compie 5 anni. Ecco dove si trova e quali sono le sue caratteristiche.
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L’ «Albero Bianco» è il più “bel palazzo residenziale del mondo”
# ArchDaily ha eletto “l’arbre blanc” di Montpellier come il condominio più bello del mondo
Credits: world_walkerz IG
Inaugurato nel 2019, l’ “Arbre Blanc Residential Tower” è stato eletto famoso blog di architettura ArchDaily come il condominio più bello del mondo. Si trova ai margini del fiume costiero di Lez, tra il centro città e i quartieri recenti di Richter e Odysseum di Montpellier. Il progetto è stato curato da un gruppo di architetti formato da Dimitri Roussel, Manal Rachdi OXO architects, Nicolas Laisné, e Sou Fujimoto Architects e, come dice il nome, la sua forma ricorda quella di un albero di colore bianco.
# I balconi a sbalzo, lunghi fino a 7,5 metri, sono i rami dell’albero
priscillabalmer IG – Terrazzi Arbre blanc
La facciata si caratterizza per degli enormi balconi a fare da rami partendo dal tronco, che con una lunghezza fino a 7,5 metri sono stati i primi a sbalzo così lunghi nel mondo.
La curvatura dell’edificio consente un duplice vantaggio:
di proporre una facciata con maggiore esposizione;
non ostruire il punto di vista delle abitazioni.
La struttura è stata progettata come una forma naturale che l’acqua o il vento avrebbero potuto scavare nel tempo.
# Alto 55 metri, per 17 piani, con un rooftop bar panoramico
Il palazzo misura 55 metri in altezza e si sviluppa su 17 piani, nei primi due sono presenti una galleria d’arte, un ristorante e degli uffici.
Credits: welove_montpellier IG – Vista dal terrazza verso il fiume
Tutti i piani rimanenti, eccetto l’ultimo, sono occupati da un totale di 113 appartamenti, tutti dotati di balconi sospesi con una superficie che varia da un minimo di 7 mq a un massimo di 35 mq. In cima si svela un rooftop panoramico con bar che regala una vista panoramica della città, con il sottostante fiume Lez, e dei suoi dintorni, con il Pic Saint-Loup in lontananza.
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Un club con una storia lunga un secolo, con lo statuto scritto su pergamena. Rigorosamente in dialetto milanese. Sta per festeggiare i 100 anni anche la sua biblioteca, punto di riferimento per chi desidera approfondire la storia e la cultura milanese.
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Il club della Famiglia Meneghina compie 100 anni
# Lo statuto scritto in dialetto milanese
Libro Famiglia Meneghina
La storia del club della Famiglia Meneghina nasce 100 anni fa per la volontà di un gruppo di 29 autentici e illuminati milanesi. L’obiettivo? Conservare la storia, i costumi, della lingua e tutti gli aspetti della cultura milanese. Per capire quanto lo spirito milanese sia presente nell’associazione basti pensare che lo statuto è stato redatto rigorosamente nel dialetto cittadino su una pergamena custodita ancora oggi.
Questo il testo: Statutt – Scopo de la “Famiglia” – Art. 1 – El 9 de giugn del 1924 s’è costituida in Milan – e el 30 de l’istess mes l’è stada batezzada Famiglia Meneghina – ona Societàa per tegnì insèmma tutt’i veri Milanes, e per fa sentì la soa vos in di question de la Cittàa, per promoeuv, secondà, ajuntà quj iniziativ che poden servì al ben e a l’onor de Milan, a fà cognoss la soa storia e el so nomm; e per conservà e difend i bonn tradizion ambrosiann.
Per celebrare il primo secolo di vita è stato stampato il volume celebrativo “La Famiglia Meneghina. Una voce lungo un secolo 1924 – 2024”, curato da Roberta Cordani e Alessandro Gerli, Tep Edizioni d’Arte, che raggruppa gli scritti di illustri studiosi, giornalisti, accademici di fama consolidata.
# Le iniziative dell’associazione
eleonorajelmini IG – Palazzo Spinola
La Famiglia Meneghina nel corso dei decenni ha trovato spazio in alcune dimore di straordinario valore architettonico e decorativo, come Palazzo Turati in via Meravigli e l’attuale Palazzo Spinola, dove dal 1998 è ospitata dalla Società del Giardino. Fin dai primi anni ha promosso la rinascita del Teatro Milanese, organizza congressi dei dialetti italiani e partecipato e allestito mostre d’arte ed eventi culturali. Nel 1994 viene fondata con atto notarile e nel 2010 cambia nome in Associazione Culturale Biblioteca Famiglia Meneghina-Società del Giardino. Alle iniziative si affianca infatti una ricca collana di libri milanesi arricchita dai lasciti dei soci.
# La biblioteca è un punto di riferimento per chi desidera approfondire la storia e la cultura milanese
Libro Famiglia Meneghina
La biblioteca, fondata nel 1926 e riconosciuta come una delle più specialistiche di Milano, festeggia i 100 anni di storia nell’anno delle Olimpiadi Invernali. È un punto di riferimento nel panorama bibliotecario e come centro di ricerca, studio e cultura, aperto a tutti coloro che desiderano approfondire la storia e la cultura milanese, con l’obiettivo di coinvolgere anche le nuove generazioni.
Biblioteca Famiglia Meneghina
Al suo interno sono è custodito un importante patrimonio letterario con tematica principale Milano e la Lombardia:
· 520 volumi antichi (dal 1501 al 1830)
· 11.000 volumi moderni (post 1830)
· 400 manoscritti di teatro dialettale milanese, per lo più inediti (anni 1870-1960 circa)
· 500 manoscritti moderni
· 240 testate di periodici
Pimpa
Tra gli ambiti di specializzazione in cui è articolato troviamo: storia, geografia, letteratura, poesia, teatro, dialetto, monumenti, economia, imprenditoria, diritto, editti, statuti, raccolte statistiche, chiesa milanese, arte, guide, tradizioni, usi, costumi, sport, esposizioni e mostre, persino il fumetto della Pimpa scritta in milanese.
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Singapore è stata la prima. Seguita a ruota da altre città, tra cui Montecarlo e Dubai. La sfida: costruire il «Quartiere dei Sogni». Se anche Milano seguisse la scia, come e dove potrebbe realizzarlo?
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Il «Quartiere dei Sogni» di Milano
# Il mito della città ideale: la sfida di Singapore, Dubai e Montecarlo
Una delle grandi intuizioni del Rinascimento italiano: la città ideale. In quell’epoca d’oro in cui l’Italia dava luce al mondo intero, le città erano tornate al centro, come motore di sviluppo economico e culturale. I grandi del tempo si sono così iniziati a interrogare su come dovesse essere la città ideale, un tema che ha affascinato tutti i grandi urbanisti nei secoli a venire. Fino ad oggi. Nel mondo contemporaneo le città più all’avanguardia si stanno sfidando per realizzare zone che seguano quei principi adattati ai tempi moderni. In prima fila ci sono Dubai, Montecarlo (con la creazione di un'”isola dei sogni”) e, soprattutto, Singapore che ha pianificato Tengah, un’area formata da 5 distretti che dovrebbero rappresentare il massimo livello di qualità della vita urbana. Se Milano raccogliesse questa sfida e riportasse a casa nostra il modello di città ideale, come potrebbe essere il quartiere delle meraviglie?
#1 Un «quartiere foresta»: sopra il verde, sotto le auto
Niente auto in superficie. Tutti i mezzi di trasporto dovrebbero essere messi sottoterra, come avviene per la metropolitana. Sia per il movimento che per il parcheggio. Sopra ci dovrebbero essere esclusivamente verde e zone di ristoro pedonali. Ancora di più: insieme a prati all’inglese ci dovrebbe essere una vera e propria foresta con tipi di piante capaci di rappresentare una vera e propria attrazioni per il territorio.
#2 Un «quartiere fattoria»: ecosistema di coltivazione e allevamento
Nel «quartiere foresta» si dovrebbe agevolare la semina di piante da frutto e di piantagioni per rifornire i cittadini del quartiere di prodotti a chilometro zero a cui si potrebbero dedicare per la coltivazione pensionati e bambini delle scuole per formarli a una vita più sana e funzionale. Non solo: la superficie dedicata alla foresta non dovrebbe solo corrispondere a un fine estetico e di benessere per il contatto con la natura ma anche riportare in vita l’ecosistema ancestrale dei villaggi di fattorie, attualizzato alla realtà di oggi. Animali da allevamento potrebbero vivere in armonia con i cittadini anche per stimolare una cultura più naturale nelle nuove generazioni, oltre che per produrre beni di consumo più genuini per i cittadini.
#3 Un bosco come “mura”
Riprendendo la tradizione delle città italiane, il quartiere potrebbe essere delimitato da mura. Ma che non dovrebbero essere di cemento ma formate da alberi. Il quartiere avrebbe così un bosco circolare realizzato sul modello del “parco orbitale“, progetto desiderato ma mai realizzato nel corso dell’ultimo decennio. Il bosco circolare avrebbe la funzione di proteggere l’ecosistema del quartiere dal resto delle aree urbane di Milano.
#4 Il «quartiere comunità»: partecipazione e responsabilità condivisa degli spazi comuni
Ultima innovazione fondamentale riguarda il ruolo del cittadino. Il Rinascimento ha dato vita alla figura del “cittadino moderno”, che sostituisse l’idea di suddito alla mercé del sovrano di turno. Una figura che oggi ha bisogno di un rinnovamento radicale e tornare al centro di ogni decisione politica sul territorio. Tutto quanto sia possibile deve essere spostato al livello più basso: ogni potere del territorio va esercitato attraverso il coinvolgimento e la responsabilizzazione di ogni cittadino, favorendo così lo sviluppo di una comunità in cui ogni partecipante alla cosa pubblica sia un protagonista invece che un semplice esecutore della volontà dell’autorità. Questa sarebbe la rivoluzione epocale che partendo da un singolo quartiere potrebbe estendersi all’intero mondo. Come accaduto ai tempi del Rinascimento.
# Dove costruirlo? A Milano Est
La zona dove sorgerebbe Milano Est
Come immaginato in questo articolo E se a Est sorgesse una nuova Milano?, lo spazio per costruire un nuovo progetto urbanistico esiste. Il quartiere dei sogni potrebbe diventare realtà in un’area compresa tra Segrate e Paullo. Non rappresenterebbe solo un’espansione fisica di Milano, ma una vera e propria “Milano parallela“, riprogettata per rispondere alle esigenze della “città madre” alla luce delle esigenze del mondo contemporaneo. Sarebbe un quartiere “sperimentale”, costruito ex novo, con una pianificazione orientata alla funzionalità e alla vivibilità:un nuovo centro grandioso e superverde.
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I prezzi degli affitti hanno registrato aumenti folli a Milano, anche superiori al 50% negli ultimi 5 anni in alcune zone, un trend che si sta vedendo anche nei comuni del primo hinterland. A questo si è aggiunto il fenomeno degli affitti brevi, che toglie dalla disponibilità del mercato molti immobili. Il risultato è che sempre più milanesi faticano a sostenere un canone di locazione e sono costretti a lasciare la città. Vediamo le soluzioni che hanno adottato queste tre capitali europee.
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Vienna, Berlino, Copenaghen: il problema degli affitti lo hanno risolto così
# A Vienna l’80% dei cittadini vive in case pubbliche o sovvenzionate
Dettaglio facciata ph. hundertwasser-haus.info
La capitale austriaca è riconosciuta da anni come una delle migliori città al mondo per la qualità della vita. Tra gli aspetti che hanno contribuito a questo successo ci sono le politiche abitative. A partire dagli anni ’20 del ‘900 sono state costruite 64mila alloggi popolari, pari al 10% del patrimonio immobiliare della città. In alcuni casi si tratta di interventi di alto livello, come il complesso artistico di Hundertwasser o Wohnpark Alterlaa con piscina sul tetto e spa. Oggi il 43% degli alloggiha prezzi degli affitti regolati in base ai costi di costruzione, con oltre 220mila in carico al Comune di Vienna e circa 200mila a cooperative con “scopo di lucro limitato” che porta ad avere l’80% delle persone in case pubbliche o sovvenzionate. Inoltre, per i nuovi immobili è prevista una quota del 20% degli nuovi immobili da affittare a prezzi molto bassi per famiglie disagiate.
# Mietpreisbremse”, la legge per mettere un freno agli affitti a Berlino: in determinate zone non possono superare del 10% i prezzi medi
Credits scholty1970-pixabay – Berlino
A Berlino si è provato a porre dei limiti al caro affitti con l’approvazione nel 2020 della legge ““Mietpreisbremse”, letteralmente “freno agli affitti”. Per cinque anni i proprietari non possono chiedere canoni di locazioni superiori del 10% alla media della zona, pena multe fino a 500mila euro e gli inquilini hanno diritto a ricorsi e rimborsi se pagano cifre eccessive. La soluzione sta funzionando nelle zone della città dove ne è prevista l’applicazione, ma ancora i controlli non sono sufficienti e questo ha portato ad alcune conseguenze negative: la scelta dei proprietari di virare sugli affitti brevi, riducendo la disponibilità di alloggi in centro, un aumento dei prezzi nelle zone periferiche non soggette alla legge e delle case sfitte.
# A Copenaghen il 40% delle case è di proprietà delle cooperative edilizie
ExplorerBob – Copenaghen
In Danimarca si punta sulle cooperative edilizie: il 20% degli alloggi totali sono di proprietà di società non profit dove gli stessi inquilini diventano comproprietari dell’immobile in cui vivono versando una quota. A Copenaghen la percentuale arriva al 40%. I vantaggi di questa soluzione è che i soci pagano un canone di locazione più basso della media, in quanto ponderato sui costi vivi di gestione, e al tempo stesso diventano titolari di una quota di proprietà con la possibilità di rivenderla a prezzo calmierato in caso di trasferimento.
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Fine del sogno dei taxi che volano? Al momento è solo uno stop, anche se l’ipotesi di farli debuttare in occasione delle Olimpiadi Invernali 2026 è già stata accantonata. Ecco cosa sta succedendo.
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I taxi volanti hanno perso le Olimpiadi. E all’orizzonte si è alzata la nebbia
# Per i primi voli si dovranno attendere ancora un po’ di anni
Lilium jet
Niente Olimpiadi Invernali 2026. Rispetto alle aspettative iniziali, l’orizzonte temporale di far viaggiare a Milano i taxi aerei elettrici si era già spostato almeno al 2027 a causa di ritardi nelle autorizzazioni e nelle forniture. Ora non si sa nemmeno se e quando ci sarà il primo volo. Nel corso dell’audizione in commissione Mobilità e Partecipate di Palazzo Marino nella mattinata di venerdì 6 dicembre, un’ulteriore conferma è arrivata dall’amministratore delegato e direttore generale di Sea, Armando Brunini: «Non è escluso che per le Olimpiadi Milano Cortina si possa fare qualche piccolo test ma sicuramente l’entrata in funzione non sarà quella che ci auspicavamo». Anche a Parigi, che avrebbe dovuto effettuare dei voli sperimentali nel corso delle Olimpiadi estivi 2024, non si è riusciti a fare alcuna prova nonostante le promesse.
E dire che dei passi in avanti erano stati fatti dagli enti interessati. Prima la delibera comunale del 2021 con oggetto “Linee di indirizzo per la sottoscrizione di un Protocollo di Intesa tra il Comune di Milano e SEA per lo sviluppo della Urban Air Mobility, poi quella del 2023 per la costituzione di una società a maggioranza pubblica per la costruzione di vertiporti. Nell’estate 2024 era arrivata la firma di un Memorandum of Understanding tra Lilium, produttore leader di aeromobili elettrici e pioniere della mobilità aerea regionale, Sea Milan Airports e Skyports Infrastructure, leader nelle infrastrutture per vertiporti per l’industria della mobilità aerea avanzata. Nel frattempo SEA ha anche costituito la società ma con un solo dipendente “antenna” perchè gli investimenti sono fermi e, nonostante l’ENAC stia lavorando per avere una regolamentazione adeguata, il settore almeno in Europa è in una fase di stallo e alcune aziende in crisi.
# La startup degli aerotaxi Lilium è in crisi, mentre Sea congela gli investimenti
Lilium interni
Proprio la startup tedesca Lililum che con i suoi jet avrebbe dovuto volare nei cieli milanesi, dopo il memorandum firmato proprio con SEA e Skyports Infrastructure, è una delle aziende in difficoltà. Sul portale della Sec è infatti stato comunicato che ha in corso un processo di ristrutturazione finanziaria guidato da Kpmg. Per questa serie di motivi la società partecipata che gestisce gli aeroporti milanesi ha deciso di congelare i 33 milioni di investimento iniziali previsti e di continuare a monitorare il settore in attesa di scenari migliori.
# Il progetto: 15-20 vertiporti in Lombardia, biglietti da 100 euro a persona nella tratta Linate-Malpensa
Taxi volanti Milano
Nei piani di SEA è prevista una prima rete di quattro veritiporti milanesi, a Linate, Malpensa, Scalo Romana e Citylife, per arrivare ad averne 15-20 per servire le principali località della Lombardia e istituire collegamenti con altre del nord Italia. Il servizio su larga scala era stato programmato per il 2035, anno in cui è previsto il pareggio di bilancio dell’azienda, ma ora è tutto da rivedere a data da destinarsi. Si stima una media di 200 persone trasportate al giorno già solo con i primi vertiporti di Milano. Le prime simulazioni tariffarie ipotizzano una cifra iniziale di 100-120 euro a persona, per un tragitto da Linate a Malpensa, ma con l’aumento dell’offerta il costo dei biglietti dovrebbe diventare più competitivo.
# Milano rischia di perdere nella competizione tecnologica sulla mobilità con le altre città, anche italiane
Ideogram IA – Aerotaxi fermo in piazza Duomo
Nell’attesa di capire se e quando si sbloccherà la situazione, Milano ancora una volta disattende gli appuntamenti per l’implementazione di innovazioni tecnologiche nel campo della mobilità. Nonostante sia riconosciuto come il luogo dove, almeno in Italia, le novità arrivano prima che altrove, altre città la stanno superando. È infatti sparita dai radar la navetta a guida autonoma che avrebbe dovuto fare la spola dalla stazione di LODI T.I.B.B. M3 facendo il giro dell’ex Scalo Romana e coprire un percorso non servito dai mezzi pubblici per interscambiare anche con il tram 24 e la circolare 90/91. A Torino stanno sono già stati fatti i primi test e un altro è in partenza su un percorso ad anello di 6 fermate attorno all’università.
Lo stesso discorso con i vertiporti. Allo scalo di Fiumicino ne hanno già realizzato uno e già effettuato il primo volo di prova con la stessa azienda, Volocopter, che dovrebbe effettuare i primi voli commerciali a Parigi.
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Salire su un treno veloce che collega Milano con Roma è uguale a prendere una metropolitana: nelle ore di punta le frequenze sono simili. Da circa un anno ci sono inoltre una coppia di treni Frecciarossa da record per partire a colazione e arrivare all’ora di pranzo. Questi i numeri del collegamento tra le due città.
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Milano – Roma, la «SuperMetropolitana» d’Italia: i nuovi record di frequenza e velocità dei Frecciarossa
# Come prendere una metropolitana: c’è un treno ogni 15 minuti
Frecciarossa Milano-Roma
La linea dell’alta velocità Milano-Roma è quella con il più alto numero di treni in circolazione. Prendendo in considerazione la frequenza di collegamento nelle fasce orarie di punta dei Frecciarrossa c’è un convoglio ogni 15 minuti, quasi come una metropolitana. Contando anche gli Italo di NTV circolano 160 treni veloci al giorno, ovvero 120 in più rispetto a Berlino e Monaco che si ferma 40, con una frequenza che scende a un convoglio ogni 10 minuti.
# 100 Frecciarossa al giorno sulla Milano-Roma
Credits Mood101-pixabay – Frecciarossa in Stazione Centrale Milano
Facendo il focus solo su Trenitalia conferma si contano quotidianamente 100 Frecciarossa sulla linea alta velocità Milano-Roma, se si includono i servizi in circolazione in entrambi i sensi di marcia con fermate anche nelle città meno battute dai treni veloci, come Modena e Parma. In totale sono oltre 50.000 i posti a sedere disponibili, grazie al Frecciarossa 1000 in doppia composizione nei giorni e negli orari più frequentati.
# 9 treni impiegano meno di 3 ore per il viaggio: compresi due treni da record (2 ore e 50 minuti)
Credits silvyghi IG – Frecciarossa Roma Termini
Si può viaggiare da una città all’altra in meno di tre ore, con 9 treni disponibili. Ai 7 collegamenti già presenti nell’offerta, con una durata di 2 ore e 59 minuti, si è aggiunta infatti una nuova coppia di Frecciarossa no-stop dalla Stazione Centrale di Milano a quella di Roma Termini con un collegamento record: 2 ore 50 minuti. Non ci sono fermate intermedie lungo il percorso, nemmeno a Rogoredo e Tiburtina:
il convoglio numero 9681 parte da Milano alle 20:35 e arriva a Roma alle 23:25
il convoglio 9682 parte da Termini da Roma alle 5:38 e arriva a Milano alle 8:30.
A questi si aggiungo altri 6 treni con una durata di viaggio da 3 ore 10 a circa 4 ore mezza in base al numero di fermate intermedie previste per le specifiche corse.
La tratta Milano-Roma è servita dal Frecciarossa 1000 che arriva a toccare i 300 km/h e mette a disposizione 4 livelli di servizio: Executive, con poltrone più grandi e carrozze dedicate, Business, Premium e Standard, con la tariffa low cost. Al centro del treno è disponibile il Bistrò Frecciarossa, mentre in tutti i vagoni sono presenti il wifi e i contenuti di intrattenimento del Portale Frecce visibili su pc, tablet e smartphone.
# Le nuove lounge alla Stazione Centrale e Roma Termini
Freccia Lounge
A giugno 2024 è stato portato a termine il restyling del Freccia Lounge in Stazione Centrale, dopo quello effettuato a Roma Termini, per offrire un’esperienza a 360 gradi ai titolari di CartaFRECCIA Oro e Platino. Lo spazio si sviluppa su una superficie di 445 mq e mette con 90 posti a sedere distribuiti nelle diverse aree, oltre a tre panche storiche. Ci sono quattro aree funzionali al suo interno: una sala di benvenuto e prima attesa, un’area caffetteria con tavolini dotati di prese per ricaricare i dispositivi, una sala giardino e una zona riunioni conduesale. Per quanto riguarda il concept architettonico sono stati integrati degli elementi decorativi vegetali agli elementi monumentali.
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Dall’aeroporto al centro storico della città in 12 minuti, quasi interamente immersi nella laguna. Tra le fermate previste anche l’isola di Murano. I dettagli di questo progetto concepito per meravigliare il mondo.
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Il favoloso progetto della «Metropolitana Subacquea» di Venezia
# Sei fermate allo studio: dall’Aeroporto all’Arsenale in 12 minuti
Credits: slideplayer.it/slide/193392/ – Tracciato sublagunare in rosso
Il progetto della «Sublagunare», la metropolitana di Venezia, nell’ultimo aggiornamento datato 2003 prevedeva un tracciato lungo 8,3 km, con 6 fermate da percorrere in 12 minuti. Queste le sei fermate:
#1 Stazione “TESSERA”: qui era prevista la realizzazione di un ampio parcheggio di interscambio per Bus e auto private. Questa fermata doveva essere l’attestazione in terraferma del servizio di trasporto merci
#2 Stazione “S.MATTIA” – realizzata con delle strutture portanti comprendendo anche una zona merci, per renderla operativa in un secondo tempo in caso di opere in superficie secondo i piani di sviluppo previsti dall’amministrazione comunale.
#3 Stazione “MURANO”: da qui – prevedendo la realizzazione di una passerella pedonale – un facile accesso verso la zona storica dell’isola di Murano vista la distanza di soli 250 metri dall’attuale fermata Actv di Murano Colonna. In questo punto si sarebbe potuto anche realizzare un interscambio con le linee di navigazione per realizzare un collegamento ,attraverso il canale di murano, con le zone a nord-est dell’isola
#4 Stazione “ FONDAMENTA NUOVE” Questo doveva essere invece il principale punto di accesso al Centro Storico di Venezia per la maggior parte degli utenti del nuovo collegamento 7696.
#5 Stazione “OSPEDALE”– prevista a servizio della struttura ospedaliera ma anche come secondo punto di accesso al centro storico della città visto che la zona di S.Marco –S.Zaccaria risulta raggiungibile con un percorso pedonale di circa 12/15 min.
#6 Stazione “ARSENALE”– fermata capolinea del sistema, attestato in prossimità dell’arsenale anche in vista degli sviluppi futuri previsti per quest’area.
Le stazioni “incrocio” invece sarebbero state un punto di interscambio previsto per permettere l’incrocio dei mezzi in con quelli provenienti dalla direzione opposta, tuttavia i sistemi di controllo della linea avrebbero garantito di realizzare gli incroci tra i mezzi evitando tempi di attesa. Prevista anche la predisposizione di una settima stazione “Murano S.Mattia”.
# I dati del progetto: 1.600-2000 passeggeri per direzione, velocità commerciale dei treni a 35 km/h, cadenza di 7/8 minuti. Costo totale dell’opera 250 milioni di euro
Credits: iuav.it
Il metrò-navetta, che avrebbe dovuto integrarsi con una linea di tram e con il sistema metropolitano di superficie, avrebbe corso sotto la laguna a 35km/h con tre carrozze dalla capacità di 200/300 passeggeri, consentendo una portata oraria di 1600/2000 passeggeri per direzione, a una cadenza di 7/8 minuti.
Credits: Christian Busato
Il costo di tutta l’opera era stato stimato in 250 milioni e si sarebbe dovuta inaugurare nel 2010, ma ad oggi il progetto è rimasto nel cassetto. Un peccato per un progetto che avrebbe potuto dare il rilancio ad una città oggi trattata come un museo e dove la mobilità costituisce un problema cronico. Non sarebbe da rilanciare?
Grazie per la segnalazione a Christian Busato
ANDREA ZOPPOLATO
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Ogni volta che viene annunciata i viaggiatori hanno un sussulto. Fermata Lodi T.I.B.B. Sulla M3. Ma che significa?
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Lodi T.I.B.B.: il curioso significato della sigla incomprensibile che dà il nome alla fermata della metro
# Per scoprirlo torniamo nella Milano di inizio Novecento…
Erano i primi del ‘900 e gli ipermercati non esistevano. In quella che oggi è l’area tra viale Umbria, via Sannio e Piazzale Lodi, c’era il piccolo mondo di un’azienda di progettazione e costruzione di treni, tram, rotabili ferroviari, impianti di segnalamento e sicurezza. Il suo nome era Tecnomasio Italiano Brown Boveri. Non esiste più perché confluita nella Bombardier Transportation Italy con sede a Roma.
Erano gli anni in cui Milano vedeva gli albori di quelle che sarebbero diventate le grandi aziende metalmeccaniche simbolo del made in Italy nel mondo. La Tecnomasio Italiano Brown Boveri era una di queste: lavorava a pieno regime e nel vicino scalo ferroviario di Porta Romana FS arrivavano merci e merci.
# Si voleva dare come nome quello della Stazione di Porta Romana, ma…
“Era stata scelta quest’area come sede della fabbrica proprio perché collegabile con lo scalo merci di Porta Romana”, racconta Lucia Landoni per Repubblica.it.
E così vicina era quella stazione che il 12 maggio 1991, quando venne inaugurata la stazione metropolitana di Piazzale Lodi, la fermata del metrò si sarebbe dovuta chiamare proprio Porta Romana FS.
Ma il nome era troppo simile alla stazione su Piazzale Medaglie d’Oro, “Porta Romana”. Per evitare confusione e in onore di quella storica industria Tecnomasio Italiano Brown Boveri si scelse l’acronimo: Lodi T.I.B.B.
# Che cosa resta della vecchia fabbrica
Oggi la fabbrica non esiste più. Quel che resta di quell”acronimo di una storia operaia‘ sono i racconti di chi c’era, ha sentito dire o ha letto il libro di Marina Moioli, “Il giro di Milano in 501 luoghi. La città come non l’avete mai vista”, Newton Compton Editori, che così descrive l’isolato:
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Il sogno di un viaggio come nelle narrazioni di Agatha Christie, come solo i ricchi potevano fare nel secolo scorso, è realizzabile grazie a tratte ferroviarie incredibili treni d’epoca riportati in vita da progetti di restauro.
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7 viaggi magici da vivere su treni di super-lusso
Scompartimenti lussuosi e un servizio impeccabile, questo è ciò che caratterizzava i viaggi dei pochi fortunati che potevano permetterselo quando l’unico modo per raggiungere mete lontane era la ferrovia. Dagli arredi agli oggetti di servizio, il recupero di quest’ambientazione magica garantisce un’esperienza altrettanto sensazionale all’interno di antichi vagoni, anche al giorno d’oggi. Un tuffo nel passato tra lusso e luoghi magnetici.
Credits: vsoetrain, IG
#1 Venice Simplon-Orient-Express
Il Simplon Orient comincia a viaggiare nel 1906, quando grazie il traforo del Sempione viene aperta la tratta Londra-Calais-Parigi-Losanna-Milano. Il capolinea diventa Venezia, città d’arte italiana conosciuta in tutto il mondo. Il tratto è stato reso nuovamente percorribile grazie al gruppo Belmond, che ha restaurato e riportato in vita il Simplon dopo la chiusura nel 1977, causata dalla concorrenza delle linee aeree. Il percorso è rimasto quello classico: Londra, Budapest, Istanbul, Praga, Stoccolma e Venezia. Tale tratta permette di ammirare tutte le sfaccettature del territorio europeo e di visitare capitali artistiche dalle storie più diverse. Per info e prenotazioni: belmond
Credits: vsoetrain, IG
#2 The Ghan
Con lo stesso stile e servizio di quando ha iniziato a viaggiare, in Australia si trova The Ghan. Il treno che da Adelaide arriva a Darwin, passando attraverso le zone desertiche dell’outback, dal 1929. Gli ospiti possono scegliere un servizio personalizzato e il tempo di percorrenza del viaggio, che può variare dal soggiorno di una notte a una permanenza di due settimane lungo tutti i 3000 chilometri del percorso. Il viaggio attraverso le terre selvagge del paese permette di immergere lo sguardo nei colori magici dell’entroterra australiano. Qui il sito ufficiale: The Ghan
Portatore di regine, tra cui Elisbetta II, presidenti e papi, il The Presidential attraversa la valle di Duoro in Portogallo, patrimonio dell’UNESCO. Partendo da Porto si arriva a Duoro su di un treno d’epoca, restaurato nel 2010, dopo il fermo dal 1970. I vagoni sono stati ricreati come nel 1890, anno della su costruzione, e permettono di godere delle scogliere e dell’entroterra portoghese, assaporando sapori locali serviti dalla cucina stellata presente sul treno. Qui il sito per info e prenotazioni: The Presidential
Credits: thepresidential, IG
#4 Golden Eagle Luxury Trains
Tra Mosca e Vladivostok, attraversando la tundra ghiacciata dei monti Urali, passa il treno russo Golden Eagle. Gli ospiti, all’interno di cabine riscaldate dotate di televisore e bagno privato, possono osservare i paesaggi surreali di cui l’inverno ricopre le lande desolate del paese. L’esperienza offre anche la possibilità di fare attività a terra, come la pesca sul lago Baikal e gite in slitta. Info e prenotazioni qui:Golden Eagle Trains
Dal 1989 Rovos Rail permette di viaggiare attraverso l’Africa su un vagone a cinque stelle. I soggiorni possono variare da una notte a 15 giorni e le 32 suite, finemente arredate, possono ospitare fino a 72 passeggeri, rendendo l’esperienza intima e speciale. I percorsi proposti sono diversi, da Cape Town alle Cascate Vittoria, dalla Namibia, passando attraverso i suoi safari, al Sud Africa, percorrendo la ferrovia dalla capitale amministrativa Pretoria alla città di Durban. Info e prenotazioni qui: Rovos.com
Credits: rovosrail, IG
#6 Eastern & Oriental Express
Della collezione Belmond fa parte anche l’Eastern & Oriental Express, che con un viaggio attraverso la natura dell’Asia, collega Bangkok, Kuala Lumpur e Singapore. Il servizio include cucina di alto livello e la possibilità di acquistare souvenir pregiati lungo il percorso, ad esempio sete tailandesi, ricami malesi e boiserie in legno. Oltre alla possibilità di viaggiare in cabine arredate secondo lo stile orientale. Info e prenotazioni qui: Belmond
In Perù è possibile attraversare le Ande su rotaie grazie all’Andean Explorer, che con cabine a cinque stelle attrezzate con riserve di ossigeno, offre un’esperienza indimenticabile. Il paesaggio mozzafiato raggiunge le mete più alte dei monti sudamericani, senza la necessità di una scalata con lo zaino in spalla. Info e prenotazioni qui: Belmond
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Il terminal dei bus di Lampugnano è considerato il peggiore in Europa per diversi fattori. La situazione attuale e come potrebbe migliorare.
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Cristo si è fermato a Lampugnano: il progetto per rilanciare il peggiore Bus-Terminal d’Europa
# Il peggiore terminal bus tra le grandi città d’Europa
Polignano o Lampugnano? (@ milanobelladadio)
Il terminal di Lampugnano, dove è presente anche l’omonima fermata della M1 e il parcheggio di interscambio, è la stazione di arrivo e partenza per chi si muove da e verso all’estero in pullman, una delle porte di accesso dei turisti stranieri a Milano insieme alla Stazione Centrale e quella di Porta Garibaldi. Dovrebbe trasmettere quindi un’immagine di efficienza e decoro e invece è uno spettacolo raccapricciante: sporcizia, degrado e una struttura da terzo mondo.
Lampugnano
Anche la sicurezza è scarsa per la presenza di sbandati che si aggirano per compiere furti e scippi, bivacchi e un traffico quotidiano di decine di immigrati clandestini che passano la frontiera salendo sui bus internazionali. Senza dubbio si tratta del peggior terminal bus facendo un confronto con quelli presenti nelle altre grandi città europee.
# L’attesa per la riqualificazione dell’ex Palasharp
Credits emanuele_fitdaddy IG – Palasharp
Non è solo la stazione il problema. Attorno ci sono altre cose che contribuiscono ad accentuare il degrado, tra queste c’è l‘ex-Palasharp. In abbandono da anni, fino a poco tempo fa usato come moschea, sarebbe dovuto rinascere in occasione delle Olimpiadi Invernali di Milano-Cortina 2026 come Milano Arena Hockey. Ma tutto si è arenato e ora il futuro appare incerto, anche se l’ultima novità parla della sua trasformazione in abitazioni a canone agevolato. Qui il progetto: da Palazzetto a condominio. Ma torniamo al terminal dei bus.
# La suggestione di Yom Design Studio per il rinnovo della stazione e dell’area antistante
Suggestione Stazione Lampugnano Yom Design Studio
Yom Design Studio ha provato ad immaginare come trasformare un luogo di transito in un grande hub infrastrutturale e una sorta di piazza pubblica dove incontrarsi e socializzare. Purtroppo oggi il degrado delle strutture, la mancanza di progettualità e l’insicurezza degli spazi sono inadeguati alle esigenze di un luogo con tali potenzialità.
Sala d’attesa Lampugnano Yom Desing Studio
Nel progetto si vede una sala d’attesa con le indicazioni dei bus in arrivo e partenza e il contestuale rinnovo dell’edificio del terminal, un’area esterna caratterizzata da panchine, alberi, aiuole, stalli per biciclette e uno nuovo disegni dei flussi della mobilità.
# L’alternativa: un hub moderno nei pressi di un capolinea della metro
Se Lampugnano invece viene considerato ormai irrecuperabile, un’altra soluzione è di costruire un nuovo terminal, magari nei pressi di un capolinea della metropolitana: ad esempio da RHO/PERO nei pressi del futuro Human Technopole agli imbocchi delle autostrade, raggiunta dai treni e dal tram.
Un terminal dotato di ampio parcheggio, una struttura che permetterebbe inoltre l’alleggerimento del traffico dei tanti bus che arrivano in stazione Centrale o in altre zone della città ben poco adatte.
L’hub per i collegamenti internazionali dei bus è il biglietto da visita di ogni città. Non può essere un simbolo di degrado.
Leicester Bus Station Ph: Matt Short (c)Madrid Bus Stationbratislava rendering futura stazione bus
Ogni grande città è divisa in quartieri che, in qualche modo, diventano dei piccoli paesi e dove gli abitanti si trasformano da romani, torinesi, napoletani o milanesi in abitanti di Testaccio, Porta Palazzo, Vomero o di Isola.
I quartieri delle grandi città sono stati negli anni anche teatro di episodi spiacevoli che a volte sfioravano la legalità, zone dove non ti saresti avventurato, sia di giorno e soprattutto di notte, neanche sotto tortura. Eppure col passare degli anni le cose sono cambiate, i quartieri sono più vivi, alcune cose negative sono state spazzate via e per loro è cominciato un rilancio che li ha fatte saltare all’attenzione della cronaca come esempi di modernità, innovazione e anche condivisione multiculturale e multietnica.
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Quattro quartieri di Milano: una volta non ci mettevi piede, ora sono tra i più amati
# Isola
Vecchia Isola
Una volta era tutta campagna. Poi, tra il diciannovesimo e il ventesimo secolo, hanno iniziato a costruire case, palazzi e uffici che hanno cambiato radicalmente l’aspetto della zona. Il più grande impianto edificato fu la stazione di Porta Garibaldi da dove si partiva per andare verso le zone settentrionali della Lombardia (Varese, Como..) e la stessa stazione è stata per anni luogo di spaccio e violenza. Ad esclusione di Corso Como, la zona che stava dietro la stazione (Piazza Minniti, Piazzale Lagosta, Via Borsieri) per anni è stata abitata da anziani “sciuri” milanesi, con pochi spazi verdi, e chi passava in queste strade, ci veniva per lavorare o per partire, lasciando campo aperto alla ligera, così veniva chiamata la malavita molto attiva in questa parte della città. Negli ultimi decenni, a partire dalla costruzione di Palazzo Lombardia, il quartiere ha subito una progressiva rivalutazione ed è stata protagonista di un restyling architettonico e di lifestyle.
Il Bosco Verticale -Isola
Sono state costruite diverse aree verdi, da un rudere industriale e abbandonato è nata la Fondazione Catella che è diventata uno dei centri più importanti per iniziative culturali e di aggregazione. Architetti e costruttori hanno visto nel quartiere delle grosse potenzialità e hanno deciso di progettare e costruire qui la nuova immagine di Milano, ridisegnando un nuovo skyline: Bosco Verticale, Torre Diamante e tutta la piazza Gae Aulenti ne sono un esempio.
foto andrea cherchi
Via Borsieri è diventata una delle zone più vive di tutta Milano, sono stati aperti centinaia di negozi, pizzerie, birrerie che ospitano mostre, incontri e concerti. Tempo fa era circolata la notizia che si stava cercando di organizzare un mega concerto rock proprio in una delle piazze del quartiere, purtroppo la cosa non è andata a buon fine, ma questo è un altro segnale che il quartiere è vivo, pieno d’idee e iniziative. E da isola della malavita è diventato un punto di riferimento per la scena culturale della città.
Spostandoci di pochi chilometri arriviamo in piazzale Loreto. Da qui si diramano due vie molto discusse: via Padova e viale Monza. Negli anni ’60/’70 erano strade abitate dalla borghesia milanese medio alta e ancora oggi, gli anziani che mi parlano di quei decenni, la ricordano come strade bellissime, negozi e botteghe. Dalla metà degli anni ottanta le cose sono cambiate radicalmente.
Viale Monza – vecchia Milano
L’immigrazione clandestina, e non, ha fatto arrivare in Italia centinaia di migliaia di persone provenienti da zone dilaniate da guerre, fame, carestie e altre problematiche. Le due strade sono diventate nel giro di qualche anno sede di negozi etnici e i palazzi sono stati affittati principalmente a famiglie non italiane. C’è chi si è integrato perfettamente e lavoro o studia, ma c’è anche il lato opposto della medaglia legata alla delinquenza. Insomma per farla in breve, il quartiere diventa anche tristemente noto come teatro di scontri e di prostituzione.
La storia recente di questo quartiere ha avuta una svolta. La multietnicità della zona è diventata il punto di forza da cui ripartire ed è nato NoLo (Nord di Loreto).
Il quartiere si sviluppa tra le zone di Pasteur, Rovereto, Turro, Gorla e si estende fino a Casoretto. A questo progetto hanno lavorato architetti che si sono ispirati a zone come Soho a Londra e Tribeca a New York e in cinque anni, la sua fama di quartiere di condivisione e cooperazione ha attirato l’interesse di designer, artisti, giornalisti e scrittori. Durante gli ultimi anni si sono tenuti concerti, presentazione di libri, mostre e infine Radio NoLo che ha inaugurato la sua nuova sede.
Da segnalare Piazza Arcobaleno, una zona che è stata chiusa al traffico, colorata e trasformata in area giochi, un’idea che è stata imitata in altri quartieri milanesi.
Dai milanesi conosciuta anche come Ortiga. Originariamente non era un quartiere milanese, ma faceva parte dell’antico comune di Lambrate.
Il suo nome deriva dal fatto che in quegli anni il quartiere non era altro che un’enorme distesa di campi irrigati dal vicino fiume Lambro, poi quando è cominciata l’urbanizzazione generale, sono stati costruiti palazzi, case a ringhiera e piano piano il quartiere si è popolato di botteghe, pizzerie e bar e seppur facente parte del comune di Milano, la sua anima continua a restare quella di un paesino staccato dalla metropoli.
Diversi sono i personaggi storici che gravitavano attorno all’Ortica, il primo fra tutti è sicuramente Enzo Jannacci che non solo qui esercitava il medico di quartiere, ma, da cantante, l’ha omaggiata in un brano romantico e comico che parlava di una banda criminale che viveva proprio all’Ortica.
Il quartiere è rimasto sempre un po’ in disparte da quello che in realtà accadeva intorno, ha sempre mantenuto una certa riservatezza e anche per questo lo rendeva una zona poco frequentata e anche un po’ pericolosa. Le cose sono cambiate da qualche anno e sono ancora in atto numerosi operazioni che puntano a trasformare il quartiere in una zona rinomata.
La costruzione della palestra Virgin è stato il primo tassello, poi le mura che circondano il quartiere sono state tutte areografate dando al quartiere il nome di “quartiere museo”.
Credits: daniele rossi foto – “Palazzo di Cristallo” ex fabbrica Innocenti-Maserati al Rubattino
Una volta Rubattino era un luogo dove la fabbrica Innocenti aveva trovato il terreno adatto dove produrre le sue macchine. Un luogo dove sorgeva la sede dei Martinitt. Una volta Rubattino era solo uno dei tanti ingressi per la tangenziale. Insomma un luogo dove non c’era nulla di particolare e dove trovava terreno fertile la miseria e lo spaccio degli stupefacenti, sicuro di trovarsi in un luogo appartato, certo di non essere visto, consapevole che lì nessuno lo avrebbe disturbato.
Rubattino però col tempo ha saputo risollevarsi, la costruzione dell’Esselunga e di Mediaworld ha dato il via alla riqualificazione urbana della zona e in breve tempo si sono visti sorgere palazzi, strutture commerciali, spazi pubblici e aree verdi.
Il quartiere ha saputo anche proporre vendite di appartamenti a prezzi concorrenziali che possono essere un’ottima alternativa ai prezzi più elevati del vicino quartiere di Città Studi, ma pare, leggendo sul sito del Comune di Milano, che la macchina edilizia non abbia intenzione di fermarsi ancora: sono ancora in fase di approvazione la costruzione di un polo scolastico elementare e medie e infine di un enorme parco urbano.
Girovagando per il quartiere ci si può ancora imbattere in situazioni critiche, ma il quartiere e i suoi abitanti, una volta un po’ più scettici, ora parlano della loro zona con affetto e questo dimostra ancora una volta la grande rinascita di Rubattino.
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Credits: @spazio.70
Milano, Piazza del Duomo (1972)
Di seguito alcune tappe degli anni Settanta e, in fondo, la fotogallery.
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La Milano degli anni Settanta: i ricordi e le foto della città
# Una Milano violenta
Credits: youtube.com (@polizia di stato) Anni di piombo a Milano
La Milano degli anni ’70 inizia in anticipo. Con la strage di Piazza Fontana. Il 12 dicembre 1969 la sede della Banca Nazionale dell’Agricoltura in Piazza Fontana è teatro di un attentato che uccide 17 persone e ne ferisce altre 87. Si tratta dell’attentato terroristico più violento dai tempi della Guerra, una giornata di cinque attentati nell’arco di 53 minuti distribuiti nelle due città più importanti del Paese, Milano e Roma. Ed è solo l’inizio di un decennio violento di cui Milano sarà protagonista. Sono gli “anni di piombo”, anni irrequieti, dove violenze politiche e scontri in piazza sono all’ordine del giorno. Non solo. Sono anche anni duri con una criminalità sempre più incattivita e, come ricorda Mauro Colombo sul sito Milanoneisecoli, “più vera e cruenta rispetto a quella alla quale ci si era abituati in precedenza”. Due gruppi contrapposti: destra e sinistra estrema si combattono in nome dei loro ideali, seminando paura nelle piazze. Una contrapposizione violenta che si manifesta anche con look chiaramente identificabili.
# San Babila e i giovani fascisti milanesi
Credits: @ippolito_ferrario_scrittore manifestazione neofascista a Milano
In questa atmosfera tesa e violenta, San Babila diventa uno dei luoghi simbolo della città. È proprio nella prima metà degli anni ’70 che giovani neofascisti dal look inconfondibile, occhiali a goccia, stivaletti a punta, jeans, giubbotto militare o giacca in pelle, rendono la piazza il loro punto di incontro, opponendosi ai “capelloni” (ragazzi e ragazze che si potrebbero definire in un mix tra i figli dei fiori e i rockettari). Stili inconfondibili che esprimono l’appartenenza politica, da un lato l’estrema destra e dall’altro la sinistra. Nei primi anni Settanta i sanbabilini, così sono chiamati gli appartenenti al movimento giovanile della destra radicale “Giovane Italia”, seminano paura. Il 72 e 73 sono forse gli anni peggiori e terminano con il “giovedì nero di Milano”. Il 12 aprile 1973 una protesta in piazza si trasforma in una pioggia di pietre, spranghe, ferro, bottiglie di vetro e bombe. Si spera che il terrore possa finire con questa giornata, ma l’anno seguente un giovane viene ucciso per aver staccato un manifesto fascista da un palo della luce… Il clima di paura, violenza e estremismo politico pericoloso è appena iniziato. Si respira aria da guerra civile.
Ma gli anni Settanta iniziano anche con quel fervore portato dal famoso Sessantotto, l’anno per eccellenza delle rivoluzioni studentesche dove i giovani criticavano i metodi di insegnamento e chiedevano libertà di parola sui problemi della società. Sono anni dove si rivendicano le proprie libertà e si cerca di affermare la diversità di pensiero.
# La sinistra estremista a Milano: tra l’ Avanguardia Operaia e le Brigate Rosse
Credits: milano.corriere.it Covi brigate rosse a Milano
Nel biennio delle lotte studentesche 1968-1969 nasce a Milano anche uno dei gruppi della sinistra extraparlamentare più influenti di sempre: Avanguardia Operaia. Una nuova sinistra che sostituisce quella più “tradizionale e istituzionale”, che accoglie il cambiamento e che mette in discussione la società. Avanguardia Operaia protesta contro le disparità sociali e la sottomissione culturale, nonché lotta per le condizioni dei lavoratori. Ma pian piano, come tutte le organizzazioni della nuova sinistra a metà anni Settanta, Avanguardia Operaia sfocia nella militarizzazione e nella violenza e decide quindi di prendere la strada istituzionale. Di ideologia comunista, nel 1975 AO presenta le sue liste unitarie come “Democrazia Proletaria” in sei regioni italiane.
Ma gli anni ’70 sono anche quelli dominati dalle Brigate Rosse. Il gruppo terroristico comunista opera in Italia per quasi vent’anni e nasce proprio a Milano, città che sarà poi una delle colonne del movimento, insieme a Roma, Genova e Torino. I bersagli delle BR sono legati alla politica, alle forze dell’ordine, allo stato, e a tutto ciò che, secondo le teorie dell’organizzazione, ostacolava la rivoluzione in Italia. La loro attività inizia con una propaganda armata e continua con sequestri e attentati. Il caso più importante è stato il rapimento e la successiva uccisione di Aldo Moro, avvenuto a Roma 16 marzo del 1978.
# Entra in campo la M2, in strada si accende il problema del traffico e dell’inquinamento
Credits: atm.it Inaugurazione M2
Siamo ora al 2 dicembre 1973, in Italia viene imposto il divieto di circolazione delle auto private nei giorni festivi. Sono i giorni dell’austerity. L’obiettivo era ridurre il consumo energetico dopo l’impennata dei prezzi legata alla crisi petrolifera e agli scenari geopolitici internazionali. Mentre 50 anni dopo affrontiamo lo stesso problema, anche se le cause sono diverse, i giovani di allora si ricordano con un po’ di nostalgia i weekend in bicicletta e pattini in mezzo alle strade.
Ma rimanendo sempre in tema spostamenti, i primi anni ’70 sono gli anni in cui i milanesi possono prendere per la prima volta la M2 per spostarsi fino a Centrale. La prima tratta della M2 che andava da Caiazzo a Cascina Gobba viene ufficialmente inaugurata il 4 ottobre 1969, ma già nel 1970 si prolunga la linea fino a Centrale. È la prima volta che due stazioni urbane delle Ferrovie dello Stato vengono collegate: Lambrate e Centrale. I prolungamenti della verde fino a Cadorna continuano nel corso del decennio e nel 1978 si decide di portarla fino a Porta Genova. Anche la M1 prosegue il suo percorso e a fine anni ’70 da Sesto Marelli si poteva arrivare fino a San Leonardo e Inganni.
# Foto degli anni ’70
Ma la Milano degli anni ’70 è anche quella delle macchine che attraversano piazza Duomo, dello stadio di San Siro con soli due anelli dove si cercava di entrare gratis arrampicandosi sui cancelli, del quartiere Bicocca con il suo stabilimento Pirelli, dei barconi che passano per la Darsena. Non c’erano piani regolatori e si poteva solo intuire che, se tra una serie di case ottocentesche c’era un (brutto) edificio moderno, questo serviva spesso a coprire i buchi creati dalle bombe di guerra. È la Milano del cinema al mattino, la città vissuta dai giovani, studenti nelle piazze, nei bar, sui marciapiedi a chiacchierare perché magari quel giorno non bastavano gli spiccioli per comprare una birra o una bibita e sedersi al caldo nei locali. È la Milano forse non ben divisa in quartieri, non esistono le zone dove si lavora, dove ci diverte o i cosiddetti quartieri dormitori che ci sono oggi, ma è una Milano dove in ogni sua zona si respira l’atmosfera di un piccolo paese.
Milano anni Settanta
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Credits: @Milanosparitaedaricordare FB
Austerity a Milano
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Austerity a Milano
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Corteo di "indiani metropolitani"
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Corteo di "indiani metropolitani"
Credits: ilgiornale.it
Sanbabilini
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Sanbabilini
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Milano, Corso Sempione, 1977
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Milano, Corso Sempione, 1977
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Anni di piombo a Milano
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Anni di piombo a Milano
Credits: @Milàn l'era inscì Urbanfile Flicker
Esselunga viale Zara anni '70
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Esselunga viale Zara anni '70
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San Siro anni '70
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San Siro anni '70
Credits: Milano sparita e da ricordare Fb
Austerity Milano
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Austerity Milano
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Milano, Piazza del Duomo (1972)
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Milano, Piazza del Duomo (1972)
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Darsena anni '70
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Darsena anni '70
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I treni del sud
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I treni del sud
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Milano, anni '70. Modelle Fiorucci in piazza San Babila.
Credits: @spazio.70
Milano, anni '70. Modelle Fiorucci in piazza San Babila.
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Una delle stazioni più importanti di Milano, la porta di accesso per chi arriva in città da sud. Qual è il suo stato attuale e come potrebbe essere migliorata.
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Rogoredo, l’ultima frontiera: la possibile riqualificazione della «Porta Sud» di Milano
# La «Porta Sud» di Milano
Openstreetmaps – wikipedia – Milano Rogoredo
La stazione di Rogoredo è la porta sud di Milano. Il fabbricato attuale fu costruito durante la realizzazione della linea M3, che qui incrocia la ferrovia con l’omonima fermata, in sostituzione di quello realizzato alla fine dell’Ottocento. Dotata di 13 binari, di cui 8 passanti e 5 tronchi, presenta una grande pensilina in vetro a copertura, un edificio viaggiatori con bar, biglietteria con sala d’attesa e un presidio della Polizia di Stato ripristinato da qualche anno.
Credits laeriiika IG – Stazione di Rogoredo
Nel 2008 è diventata una delle stazioni del passante e del servizio suburbano: oggi transitano le linee S1, S2, che qui fa capolinea, S12 e S13. Dal 2012 è una delle fermate milanesi dell’Alta Velocità con Frecciarossa di Trenitalia e Italo di NTV: è diventata così la stazione di accesso in città per chi arriva da sud e snodo importante per i treni da e verso la Liguria.
# Gli interventi per migliorare la stazione: dove sono le scale mobili?
Credits davidepezzoni IG – Milano Rogoredo
Per garantire un servizio migliore, visto che sono passati ormai 30 anni dalla sua costruzione e oltre 10 dalla sua ultima riqualificazione, la stazione di Rogoredo avrebbe bisogno di alcuni interventi. Per prima cosa una riqualificazione degli ingressi, sia quello con affaccio sull’area pedonale del nuovo edificio Spark One che quelli su via Cassinis. A livello di accessibilità, oltre agli ascensori già presenti su tutte le banchine, si potrebbe prevedere l’accesso con scale mobili, che risultano ancora assenti in tutta la stazione. Anche la copertura delle banchine avrebbe forse bisogno di essere “rinfrescata” così come andrebbe ripensato l’orrendo parcheggio esterno magari con qualche aiuola e albero.
# Il progetto di trasformazione “scomparso”
Credits ilgiornale – Progetto Stazione di Rogoredo
Nel 2018 era stato presentato un progetto da parte del Municipio 4 che contemplava lo spostamento del tratto di via Cassinis in direzione Chiaravalle, per farla costeggiare al cavalcavia di via Pontinia e l’arretramento dell’accesso veicolare alla stazione. In questo modo si sarebbe potuto realizzare una grande piazza pedonale di circa 65×65 metri lineari con verde aree di sosta.
Gli interventi a carico di Anas prevedevano invece la costruzione di un edificio con funzioni terziarie e private con servizi al cittadino, tra cui info-center, ristorazione e spazi di sosta, un’adeguata dotazione di parcheggi sotterranei. A questo si sarebbe dovuto affiancare il riordino della viabilità e l’ampliamento del mezzanino della metropolitana.
Per la stazione era invece stato previsto un ponte commerciale a scavalco dei binari e delle pensiline per rendere più attrattiva e viva la stazione e per riconnettere il piazzale su Cassinis a quello sul lato di Santa Giulia. La riqualificazione così come ipotizzata sembra scomparsa dai radar: verrà riproposta in futuro?
Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità.
In Europa sono 24 i Paesi che hanno almeno una città con un servizio di trasporto pubblico che utilizza linee della metropolitana. Questa la classifica dei primi sette che presenta alcune sorprese.
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La classifica delle nazioni che hanno più città con la metropolitana: sorpresa Italia!
#7 Regno Unito: oltre a Londra, la metropolitana più antica del mondo e seconda più lunga in Europa, solo altre 2 città hanno una rete.
Credits: guidaconsumatore.it
Al settimo posto, ultimo tra i grandi paesi europei, troviamo con stupore il Regno Unito. Londra infatti ha la più antica metropolitana del mondo, inaugurata nel 1863: con 12 linee e 405 km da sola ha la rete estesa il doppio di quella italiana. Le altre due città del Regno Unito ad avere almeno una linea sono Newcastlein Inghilterra con 2 e Glasgow in Scozia con una linea circolare.
#6 Germania: 4 città hanno la metropolitana, quasi 400 km di binari. La rete di Monaco di Baviera supera di poco quella di Milano
Credits jakob5200-pixabay – Metro Berlino
Altra sorpresa: solo sesta la superpotenza d’Europa. La Germania ha solo 4 città con la U-bahn. Berlino con 9 linee e 155 km ha la rete più estesa, segue Monaco di Baviera con 8 linee e 103,1 km, Amburgo con 4 linee e Norimberga con 3. In totale la rete tedesca è estesa per 398 km.
Nelle città senza una vera U-Bahn, tra cui Hannover, Düsseldorf, Francoforte sul Meno e Stoccarda, la Stadtbahn, con i suoi tunnel, fornisce un’alternativa più economica alla costruzione di un sistema sotterraneo completo come quelli di Berlino o Monaco. Questi sistemi utilizzano anche segnali con una “U” bianca su sfondo blu, simili alle vere linee della U-Bahn in Germania, anche se sostanzialmente il servizio è esercitato da tram. Discorso a parte la S-Bahn, che è equivalente al nostro servizio ferroviario suburbano e gestita principalmente dalla Deutsche Bahn.
#5 Turchia: 5 città con la metropolitana. Instanbul ha quasi raddoppiato la rete negli ultimi 5 anni
Credits: tunneltime.io
Che smacco per la grande Germania: è alle spalle della Turchia, paese che ha fornito molti emigranti in terra tedesca. Turchia che entra in classifica grazie al lembo di terra europea che fa parte del suo territorio. Istanbul, proprio a cavallo tra Europa e Asia, è la più fornita con 11 linee metropolitane e 243 km. Subito dopo viene la capitale Ankara che conta 3 linee per 52 km. A seguire le città di Bursa con 2 linee, Adana e Smirne con una sola, per un totale di 5 città fornite di metro.
#4 Francia: 6 città con la metropolitana. La sola rete di Parigi supera l’estensione di tutte le italiane messe assieme
telomartius57 IG – Metro Marsiglia
Molti probabilmente si sarebbero aspettati di trovarla più in alto nella classifica. Invece la Francia si deve accontentare del quarto gradino in classifica. Parigi domina la scena nazionale con 245 km di linee e 16 linee, ma ci sono altre 5 città con una rete metropolitana: Lione ne ha 4, Lilla con 2 è la seconda più estesa dopo la capitale con 60 km di binari. Sempre con 2 linee Marsiglia e Tolosa e infine Rennes con una linea inaugurata nel 2002.
#3 Spagna: 6 città ma con 700 km di rete complessiva ha il doppio dei binari della Francia. Per lunghezza della rete ha il record in Europa
Credits: avilacphotos IG
In terza posizione c’è la Spagna che con 6 città eguaglia la vicina Francia, ma la surclassa con il doppio di km di binari, 700 per l’esattezza. Madrid ha il primato con 16 linee e 294 km di estensione, a ruota segue l’altra grande metropoli spagnola Barcellona con 12 linee e poco più della metà di binari con 166 km. Valencia ha 6 linee, Bilbao 3, Palma de Maiorca 2 e Siviglia una soltanto.
#2 Italia: 7 città con la metropolitana, 4 al nord, 1 al centro e 2 al sud anche se per “soli” 206 km complessivi
Metro Catania
Un po’ a sorpresa, l’Italia si posiziona al secondo posto. Addirittura al primo se si considera solo l’Unione Europea. Con 7 città vanta il maggior numero di città con la metropolitana a pari merito con la prima. La differenza sostanziale è che sconta 500 km di rete in meno e questo le costa la prima posizione. La regina italiana è Milano che ha 5 linee attive che sfiorano i 110 km, seguita da Roma con 3, Napoli con 2, Brescia, Torino, Genova e Catania con 1 linea.
#1 Russia: 7 città per un totale di 28 linee e 672 km di binari. Mosca ha la rete più estesa d’Europa e la quarta del mondo
Metro Mosca – Ph. @darianatali83 IG
Al primo posto nel vecchio continente troviamo la Russia, che ha lo stesso numero di città con almeno una linea metropolitana dell’Italia, ma stravince come numero di km complessivi. Oltre al sistema di metropolitane della capitale Mosca, che con le sue 17 linee e 275 stazioni raggiunge i 466 km posizionandosi al primo posto in Europa e al quarto nel mondo per estensione, in Russia ci sono altre 6 città ad avere una rete di trasporti nel sottosuolo: San Pietroburgo ne ha 5 ed ha la seconda rete più estesa della nazione con circa 120 km, poi Novosibirsk e Nižnij Novgorod che ne hanno 2 a testa, Ekaterinburg, Kazan e Samara si fermano a una linea.
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Si parla sempre più dei milanesi che se ne vanno perché la città costa troppo. Molti parlano del rischio che Milano diventi una città solo per ricchi, citando anche il caso dei molti milionari stranieri che investono nella metropoli. «Milano la città preferita dai paperoni inglesi» ha titolato Corriere Economia. Si tratta di un trend inevitabile e, per alcuni, inesorabile? In realtà pare di no. Ci sono più di un segnale che dicono che ad andarsene non siano solo i più poveri, ma anche i più ricchi. Anche se per motivi diversi dal caro vita. In un prossimo futuro la classe dirigente di Milano vivrà fuori Milano? In parte è già così. E questo rischia di trasformare radicalmente Milano. Vediamo come.
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La «Upper Class» di Milano sta andando via da Milano?
# La fuga dei milionari per motivi fiscali: il boom di Canton Ticino, Montecarlo e Dubai
Montecarlo – ph. MrJayW
Spesso, per i più ricchi il primo strumento di attrazione di un luogo è di tipo fiscale. Si parla degli stranieri che investono in Italia, e a Milano in particolare, per i benefici fiscali a loro riservati. Ma questa è una piccola goccia se confrontata al mare di ricchi e ricchissimi italiani che per lo stesso motivo hanno lasciato il Paese. Per un milionario milanese il primo punto d’approdo è il vicino Canton Ticino. Sempre più milanesi benestanti si muovono oltre la frontiera di Chiasso: sono i motivi fiscali e lavorativi (una diretta conseguenza) che hanno portato gli italiani a essere la comunità più numerosa della Confederazione Elvetica, dove i nostri connazionali sono 338mila con una crescita di oltre 20mila nell’ultimo anno. (Fonte: tvsvizzera.it). E la rilevanza del fisco per la scelta della residenza viene testimoniata anche dalla quota rilevante di italiani presenti nell’altro “paradiso fiscale” a due passi dal confine: Montecarlo. Nel Principato di Monaco, la comunità italiana è la più numerosa dopo quella francese: sono oltre 8mila i ricchissimi italiani approdati alla corte del Principe Alberto. Da ultimo, sta rappresentando un richiamo irresistibile tra i ricchi di casa nostra anche il nuovo super paradiso fiscale: Dubai. Una città dove la tassazione sul reddito è pari a zero. Ma la tendenza che sta portando sempre più milionari a lasciare Milano non è solo di tipo fiscale. La grande novità di questi ultimi anni è questa: si lascia Milano per motivi ambientali.
# Non più solo per il fisco: si lascia Milano anche per ragioni ambientali
Ph. BÙI VĂN HỒNG PHÚC
Chi se lo può permettere sceglie di andare via da Milano non solo per motivi fiscali. Anzi. Negli ultimi anni prende quota un’altra esigenza, ritenuta ancora più importante. Quella ambientale. Non è una novità assoluta. Era già successo negli anni Settanta, quando alcune delle famiglie più importanti della città lasciarono Milano per cercare luoghi più sicuri. In quel periodo a fare paura erano il terrorismo e i rapimenti. Ora invece a spaventare è la micro criminalità, oltre che un senso di degrado che sembra aumentare ogni anno. Non solo: ambiente significa anche la ricerca di luoghi a maggiore contatto della natura.
Questo trend ha avuto inizio ai tempi del Covid. Come riportava La Repubblicadal 2020 le classi più abbienti di Milano hanno iniziato a trasferirsi sempre di più in località di montagna. “La lenta crisi delle città: l’upper class si trasferisce montagna“, così titolava un servizio del quotidiano romano, identificando come luoghi di approdo in montagna per i super ricchi, località come Gstaad, Crans-Montana e St. Moritz in Svizzera, Courchevel, Megève e Saint-Gervais-les-Bains in Francia, o Courmayeur e Cortina d’Ampezzo in Italia. Lasciare la città per andare in montagna non riguarda solo i ricchissimi milanesi, ma anche gli omologhi di Parigi, guarda caso spesso presa a riferimento come città modello dalla nostra Giunta, come documentato da un reportage del Financial Times. E se questo trend diventasse sempre più diffuso che cosa ci potremmo attendere da Milano?
# La decadenza del centro dopo lo shopping: Milano sarà una nuova Detroit?
ph. TheOtherKev
Cosa significa una Milano in cui la classe dirigente vivrà sempre di più fuori Milano? Gli scenari più probabili sono due. Di caratteristiche esattamente opposte. Il primo scenario, più pessimista, è che se Milano perde la sua classe dirigente, potrebbe avvenire un processo simile a quello di alcune grandi città americane, la cui più celebre è Detroit. Spesso, negli Stati Uniti i centri urbani delle grandi città si sono trasformati in un porto franco di degrado, delinquenza e miseria estrema. C’è chi le ha definite il regno degli “Zombie metropolitani”. Un segnale di questo a Milano è la decadenza del centro cittadino dopo l’orario di ufficio: mentre fino a qualche anno il centro era un magnete di attività culturali, con cinema e teatri, oggi sta somigliando sempre più a un deserto, quando si spengono le luci dello shopping.
# La città di servizi short-term: Milano diventerà una metropoli immateriale?
Milano, metropoli immateriale
L’altro scenario invece è più ottimista. Vede una Milano che si trasforma in una città ideale per la permanenza “short term”, con servizi d’avanguardia e su misura di chi la vive per sfruttare al meglio le sue opportunità: di lavoro, di relazione, di crescita, di appartenenza sociale. Una città capace di trasformarsi da luogo fisico a comunità diffusa che condivide mentalità e iniziative. Se saprà abbracciare questo cambiamento, invece di rispondere con una rigida e ottusa opposizione ideologica, Milano potrebbe diventare un’avanguardia di città immateriale del XXI secolo. Una città in cui non sarà uno scandalo che la sua classe dirigente, e non solo lei, abiti fuori città. Spesso anche in altri Paesi. Ma tenendo cervello e cuore a Milano in un legame sconfinato con tutti quelli che si riconosceranno parte della comunità.
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Un cambio di prospettiva radicale: e se i rivoluzionari tunnel di Musk fossero una semplice declinazione di quelli utilizzati per la metro? Che cosa succederebbe, allora, se si adattassero i tunnel della metropolitana di Milano per estenderli al traffico stradale?
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Un cambio di prospettiva radicale: macchine nei tunnel della metro di Milano?
# I tunnel stradali di Elon Musk
I tunnel sotterranei progettati da Elon Musk con The Boring Company promettono di rivoluzionare la mobilità urbana, offrendo una soluzione alternativa al traffico di superficie. A Las Vegas, i veicoli elettrici regolati dall’intelligenza artificiale percorrono i tunnel sotterranei con efficienza, bypassando la congestione.
L’idea, nata nel 2016 da un tweet di Musk bloccato nel traffico di Los Angeles, è diventata un business globale. Con un investimento iniziale di 300 milioni di dollari, Musk fondò nel 2017 The Boring Company per creare una rete di tunnel sotterranei a costi drasticamente ridotti. Nonostante lo scetticismo iniziale, l’azienda è cresciuta fino a valere oltre 100 miliardi di dollari, firmando contratti significativi come quello per il sistema sotto il Las Vegas Convention Center.
Nel 2018, The Boring Company completò il primo tunnel di prova a Hawthorne, in California, dimostrando la fattibilità di progetti sotterranei a basso costo. Grazie a macchine da scavo più efficienti e a un diametro ridotto dei tunnel, i costi sono passati da 1 miliardo a soli 10 milioni di dollari per miglio. E i tunnel della metro? Se non ci ha pensato Elon potrebbe farlo Milano.
# Milano ha già i tunnel: perché non estenderli alle auto?
La metropolitana di Milano rappresenta un pilastro fondamentale del trasporto pubblico cittadino. Con oltre 1,3 milioni di passeggeri al giorno e circa 400 milioni all’anno, i tunnel della metro sono un esempio di efficienza e capacità di assorbire il traffico urbano. Tuttavia, l’infrastruttura è dedicata esclusivamente al trasporto su rotaia, mentre in superficie le strade soffocano sotto il peso di migliaia di automobili.
Ma i tunnel, già esistenti o in progetto, rappresentano uno spazio prezioso e inutilizzato in termini di versatilità. E se fosse possibile adattarli per un doppio uso, permettendo non solo alla metro, ma anche alle automobili, di sfruttarli?
Un’idea simile potrebbe trovare la sua prima applicazione nel progetto della linea M6, che rappresenta una pagina bianca sulla quale immaginare il futuro della mobilità milanese. Si potrebbe progettare un unico tunnel polifunzionale, sviluppato verticalmente: sul fondo, un percorso dedicato alle auto, mentre sopra, una struttura sopraelevata per i binari della classica metro. Questa configurazione permetterebbe di sfruttare al massimo lo spazio, senza compromettere la sicurezza o l’efficienza del trasporto pubblico.
In alternativa, si potrebbe prevedere la costruzione di due tunnel paralleli, uno per i treni e uno per le auto. Questa soluzione richiederebbe un investimento maggiore, ma offrirebbe maggiore flessibilità operativa.
Per le linee esistenti, invece, il discorso è più complesso ma non impossibile. Una volta concluso il progetto della M6, si potrebbe valutare la conversione delle altre linee, magari partendo dai tratti più vecchi, adattandoli per un uso misto. L’opzione del tunnel unico potrebbe risultare più praticabile.
Affinché un sistema simile possa funzionare, sarebbe indispensabile prevedere parcheggi interrati collegati alle stazioni della metropolitana. Ogni fermata dovrebbe essere dotata di un silos sotterraneo, dove i veicoli potrebbero essere lasciati temporaneamente o prelevati per accedere ai tunnel. Per contenere i costi iniziali, si potrebbe partire con un silos ogni tre fermate, per poi estendere gradualmente la rete in base alla domanda.
Questi parcheggi sotterranei non sarebbero solo un elemento funzionale, ma un tassello fondamentale per rendere il sistema sostenibile e pratico. Grazie ai silos, i cittadini avrebbero un punto di accesso comodo e rapido al sistema sotterraneo, senza congestioni o complicazioni.
# Taxi e cittadini: chi usa i tunnel?
Come ogni grande innovazione, anche questa richiederebbe una fase sperimentale. I primi utenti potrebbero essere i taxi, che rappresentano un elemento essenziale del trasporto urbano. Grazie ai tunnel, i taxi potrebbero ridurre significativamente i tempi di percorrenza, offrendo un servizio più rapido ed efficiente, a costi potenzialmente inferiori.
Una volta testato il sistema, potrebbe essere aperto anche ai cittadini. L’accesso ai tunnel potrebbe avvenire attraverso un abbonamento ATM, trasformandolo di fatto in un’estensione del trasporto pubblico. Questo non solo alleggerirebbe il traffico in superficie, ma permetterebbe agli automobilisti di entrare in Area C senza interferire con pedoni e ciclisti. Si potrebbe persino riservare l’accesso ai residenti milanesi, garantendo una mobilità più fluida per chi vive in città.
# Tecnologia e sicurezza nei tunnel
Un aspetto cruciale sarebbe la modalità di guida nei tunnel. Due le opzioni principali:
Guida tradizionale: le auto si muoverebbero in autonomia, seguendo un percorso regolato da segnaletica e limiti di velocità. Questa soluzione, però, sarebbe più lenta e meno sicura.
Trasporto automatico su nastri: una tecnologia più innovativa potrebbe prevedere che le auto vengano caricate su nastri trasportatori automatici, regolati da un sistema di intelligenza artificiale. Gli automobilisti dovrebbero semplicemente indicare in anticipo la fermata desiderata, ad esempio attivando la freccia, e il sistema farebbe il resto. Questo approccio garantirebbe maggiore sicurezza, efficienza e sostenibilità.
La possibilità di adattare i tunnel della metro per un uso misto è un’idea che unisce innovazione e pragmatismo. Non si tratta di costruire da zero, ma di sfruttare al meglio le infrastrutture esistenti o in via di realizzazione. Certo, ci sarebbero sfide tecniche ed economiche da affrontare, ma i benefici – in termini di traffico, inquinamento e qualità della vita – sarebbero enormi.
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