La classifica delle 30 migliori spa al mondo: è la Top Destination Spa secondo i lettori di Condé Nast Traveler. Al primo posto il thailandese Chiva-Som International Health Resort, ma sono ben tre le strutture italiane a essere presenti in classifica. Una è ad appena due ore da Milano.
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Una delle “SPA più BELLE del mondo” è a due ore da MILANO
# Lefay Resort & Spa Lago di Garda con la sua infinity pool – Lombardia: 29esima nel mondo (e terza in Italia)
Credits instafallen IG – Lefay Resort & Spa Lago di Garda
La terza italiana è il Lefay Resort & Spa Lago di Garda in Lombardia: alla 29esima posizione nel mondo. Si trova a Gargnano, in provincia di Brescia. Una struttura in simbiosi con il paesaggio, con trattamenti originali, agopuntura, massaggio per dolci sogni, impacchi drenanti e la spettacolare infinity pool dello stesso identico colore del lago. Raggiungibile in sole due ore da Milano.
Le altre due italiane tra le più belle del mondo
# Terme di Saturnia Natural Destination Spa & Golf Resort, «la Spa naturale più bella al mondo» – Toscana: 22esima nel mondo (seconda in Italia)
Credits: viaggiare.mondo.info – Terme di Saturnia
La storica struttura Terme di Saturnia Natural Destination Spa & Golf Resort nel cuore della Maremma Toscana. A detta di molti è la Spa naturale più bella al mondo grazie all’acqua termale, calda e ricca di benefici per salute e psiche, e allo scenario da favola in cui si trova. Tra i punti di forza della struttura ci sono i trattamenti a base di fanghi termali, la verde campagna circostante e la cucina del territorio.
Il Lefay Resort & SPA Dolomiti Pinzolo è la prima Spa italiana in classifica, piazzandosi alla 12esima posizione. Una struttura di costruzione ecosostenibile dagli arredi avvolgenti e curati, le vetrate a tutt’altezza aperte sul paesaggio e una concezione del benessere capace di fondere le migliori lezioni di Asia e Occidente. Immersa tra boschi e picchi innevati dista da Trento meno di un’ora di auto.
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“Per capire Milano bisogna tuffarvisi dentro. Tuffarvisi, non guardarla come un’opera d’arte”. Così ha detto Guido Piovene, invitando tutti a immergersi nella bellezza del capoluogo lombardo, che nei secoli ha stregato i più grandi artisti, filosofi e viaggiatori da tutto il mondo. E tornerà presto a farlo attraverso le sue 7 meraviglie, uniche, magiche e irripetibili.
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La cattedrale gotica più spettacolare del mondo, monumentale nella sua immensa bellezza. Sembra una favola, al punto tale che il Maestro della fiaba Hans Christian Andersen ne ha parlato così: “Ovunque guardassi, da ogni angolo, accanto ad ogni guglia di cui l’edificio è disseminato, apparivano figure marmoree… Il meraviglioso mondo mistico qui si manifestava! Sì, questa è una chiesa di Dio!”. E Stendhal, famoso per la sindrome che fa svenire chi resta travolto dalla bellezza dell’arte: “Questa chiesa, rischiarata da una bella luna, offre uno spettacolo di bellezza straordinaria ed unica al mondo. L’architettura non mi ha mai offerto simili sensazioni”.
Da Bunuel nel suo film “Viridiana” a un episodio dei Simpson del 2005, da PeterGreenaway che ha firmato una performance live nel 2008, a Dario Fo che gli ha dedicato uno spettacolo, questo affrescodi Leonardo da Vinci è una delle opere d’arte più citate e imitate al mondo. Strepitoso per il dinamismo dei suoi personaggi e suggestivo per i misteri che ci sono nascosti, è al centro di un thriller di Dan Brown e ha perfino suggerito al musicologo Pala la ricerca di una partitura nascosta al suo interno, di cui ha scritto nel libro “La musica celata”. E come dimenticare poi gli altri omaggi cinematografici? Pier Paolo Pasolini in Mamma Roma del 1962, Robert Altman in M.A.S.H. del 1970, Norman Jewison in Jesus Christ Superstar del 1973, e Ciprì e Maresco in Totò che visse due volte del 1998 solo per citare i più famosi.
A quando il prossimo?
“È perenne ragione di compiacimento pei milanesi non solo pei tesori d’arte che racchiude, ma per gli esempi di disinteresse e d’intelligente attività cha alla storia della sua formazione son legati: il suo nome suona oggi quale uno dei maggiori santuari dell’arte nel mondo”. Così si esprime il più grande storico dell’arte dell’Ottocento, Francesco Malaguzzi Valeri, su uno fra i pochi musei italiani a ospitare grandi capolavori di diverse scuole.
Fu Napoleone a volere Brera come luogo rappresentativo di tutta l’arte italiana di ogni epoca e di ogni regione, accogliendo opere prelevate da chiese e conventi nell’ottica illuministica e “rivoluzionaria”, condivisa con il Louvre di Parigi, di mettere a disposizione del pubblico quadri fino allora difficilmente accessibili.
La magia del “non finito” che lascia all’immaginazione di vedere oltre, di sentire la vibrazione piena dell’anima che si identifica nell’immagine che lotta con la materia per definirsi. “Dobbiamo chiedere a Michelangelo di coinvolgerci nel movimento inarrestabile del corpo del Cristo morto dentro il corpo della Madre, così come egli li ha genialmente fusi nel sublime non finito della Pietà Rondanini” afferma il grande teologo Luigi Serenthà, stregato dalla bellezza del capolavoro acquistato dal Comune di Milano dopo la seconda guerra mondiale. L’allora sindaco Antonio Greppi ha creduto moltissimo nella potenza dell’arte per rendere Milano attrattiva nel mondo e ha fortemente voluto quest’opera di Michelangelo come simbolo delle collezioni pubbliche del rinnovato Castello Sforzesco, oggi uno dei luoghi imperdibili del turismo a Milano.
“Quindi lascia perdere i salotti coi talenti e le baldracche, vieni all’ombra dei cipressi dona amore, al pomeriggio a chi sospende la sua vita tra le urne amiche del monumentale, di realtà e d’irreale, vieni a fartene un’idea” cantano i Baustelle nella loro canzone “Monumentale”. La realizzazione del Cimitero più famoso di Milano iniziò nel 1866 per opera dell’architetto Carlo Maciachini.Oltre al sepolcro di Alessandro Manzoni e al monumento dedicato a Giuseppe Verdi, nel celebre Famedio si trovano lapidi che commemorano Arrigo Boito, Giuseppe Mazzini, Ugo Foscolo, Carlo Cattaneo, Francesco Hayez, Salvatore Quasimodo, fino a Dario Fo e Franca Rame.
La passeggiata dell’amore, fra vicoli stretti, case colorate, ponticelli e romanticismo. La loro riapertura è il sogno della Milano città d’acqua, fatto di miraggi e di progetti più concreti. “Ancora, e da anni, cara, ci ferma il mutarsi degli alberi stretti dentro la cerchia dei Navigli. Ma è sempre il nostro giorno e sempre quel sole che se ne va con il filo del suo raggio affettuoso” scrive Salvatore Quasimodo nella sua poesia “Quasi un madrigale”. E conclude: “Qui sull’argine del canale, i piedi in altalena, come di fanciulli, guardiamo l’acqua, i primi rami dentro il suo colore verde che s’oscura. E l’uomo che in silenzio s’avvicina non nasconde un coltello fra le mani, ma un fiore di geranio”.
“Il Teatro alla Scala è il salotto della città…. ‘ci vedremo alla Scala’ si dicono l’un l’altro per ogni sorta di affari…” scriveva Stendhal nel 1817, ammirato dalla sontuosa bellezza dei palchetti, del foyer, delle colonne neoclassiche dell’androne d’ingresso dell’opera architettonica del Piermarini, ultimata nel 1778 e da alloraTempiodella Lirica nel mondo. Qui hanno debuttato alcune delle opere più importanti della storia del melodramma, qui si sono uditi gli acuti più strepitosi di Maria Callas e Luciano Pavarotti, qui Arturo Toscanini ha diretto il concerto memorabile del 26 aprile 1946 con cui Milano ha salutato la rinascita dopo i bombardamenti della seconda guerra mondiale, che avevano distrutto in gran parte anche il teatro, ricostruito a tempo di record per celebrare la cultura come anima pulsante di Milano.
#7+1 Sant’Ambrogio
Basilica di Sant’Ambrogio, 379 – 1099
Vescovo di Milano in Italia e mentore di S. Agostino, Dottore della Chiesa e vescovo di Ippona, Ambrogio è il santo Patrono di Milano, vissuto tra il 340 e il 397, e il suo nome significa “immortale”, il migliore augurio possibile per la città. Ha perfino composto canzoni e le ha insegnate alla gente, che le cantavano insieme con lui.
La chiesa che porta il suo nome è stata voluta da lui e costruita mentre ancora era.
Uno degli edifici più antichi e affascinanti di Milano, in cui si vede la stratificazione degli stili, dal paleocristiano fino al neoclassico. La sua fama internazionale viene dal fatto che qui è ambientato il primo atto de I Lombardi alla prima crociata di Giuseppe Verdi, andata in scena al Teatro alla Scala l’11 febbraio 1843 e poi in tutto il mondo. Infatti, nel 1929, la basilica fu fonte di ispirazione per la costruzione della Royce Hall dell’Università della California di Los Angeles, la cui facciata richiama quella della basilica di Sant’Ambrogio.
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Nasce come negozio online, ma solo per questi giorni mette in vendita i suoi prodotti in un store fisico. Ecco che cosa vende, dove e fino a quando.
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Il temporary store più divertente e irriverente di Milano
# Insulti Luminosi: dall’online al negozio fisico
insultiluminosi IG
Tutto è nato dall’idea di Gabriele Locci, a cui è sembrato divertente utilizzare strisce led per comporre frasi ironiche. Nel 2022 nasce il brandInsulti Luminosi, sotto il cappello di Che Fatica SRL, che con il suo store online vende insegne led e prodotti personalizzati pensati per far ridere ed essere irriverenti. La pagina social si descrive come 40% imprecazioni e 60% luminosità.
# Il temporary store più divertente e irriverente di Milano
megliounpostobello e francesca guatteri IG – Negozio Insulti luminosi
Per chi volesse provare per credere e vedere dal vivo una parte delle scritte luminose disponibili può farlo nel temporary store in zona Tortona. Si possono trovare slogan che fanno il verso a quelli delle pubblicità o delle canzoni, rivisitati con l’obiettivo di essere insolenti e irriguardosi, con insulti più o meno velati, oppure frasi dirette con l’obiettivo di essere sarcastici e pungenti. Tra queste ci sono: “Sai chi ti saluta tantissimo”, “Volano Madonne” e Pensati in pensione”. Rimane aperto fino a Natale.
# Gli zerbini di casa per accogliere gli ospiti nel peggiore dei modi
megliounpostobello e francesca guatteri IG – Insulti luminosi
Come new entry ci sono persino gli zerbini di casa, perfetti per accogliere nel peggiore dei modi i propri ospiti, con scritte come: “Se non ci vediamo mai un motivo ci sarà”, “Home & merd” o “Bastava una chiamata”. Si possono acquistare i prodotti a catalogo oppure farli realizzare a proprio piacimento. Un’idea alternativa come regalo da mettere sotto l’albero?
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Si dice che Milano sia una città calvinista. Una delle differenze tra calvinismo e religione cattolica è nel libero arbitrio. Per la Chiesa romana il peccato è una scelta e basta confessarsi per cancellarlo. Per Calvino l’uomo nasce vive e rimane peccatore, scontando su se stesso l’effetto delle sue cattive azioni e sperando nella grazia salvifica del Signore che potrebbe darla o non darla a suo piacimento. Questo forse spiega perché il milanese sia costantemente afflitto dai sensi di colpa.
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10 tipici sensi di colpa dei milanesi
#1 Ho lavorato troppo poco
Senso di colpa innato nel milanese. Lo colpisce al termine di ogni giornata lavorativa che finisca prima delle 23 e lo perseguita perfino in vacanza, quando si risveglia di soprassalto in una spiaggia assolata. Senso di colpa incurabile. Dicono che non vada via neppure con la pensione.
#2 Ho lavorato troppo
Senso di colpa che colpisce per lo più persone arrivate da poco a Milano.
#3 Ho fatto una pausa troppo lunga
Senso di colpa che coglie il milanese al rientro dal pranzo o dal coffe break. Per la vergogna non osa guardare i faccia i colleghi già attivi alla loro postazione. Si sente addosso i loro sguardi, nelle orecchie sente risuonare ancora la loro domanda: “Dove è finito quel lavativo?”. Senso di colpa che si prova anche se si lavora da soli. Lo si sconta proseguendo fino a mezzanotte.
#4 Sono andato in vacanza
Per sfuggire a questo senso di colpa i milanesi vanno in vacanza tutti assieme. Ad agosto prendono le stesse settimane di ferie e scelgono tutti assieme i week end in cui andare via, lasciando che Milano si svuota. Tutto per poter trascorrere qualche ora serena senza l’assillo di questo senso di colpa. Ma invano. Basta guardare su Facebook un post di qualcuno rimasto a Milano a lavorare che arriva il tracollo, con un irrefrenabile desiderio di fare qualcosa di produttivo. Anche se ci si trova su un’isola deserta.
#5 Mi sono ammalato
Il milanese vede la malattia come il segno rivelatore di un degrado fisico, psichico e soprattutto morale. Una vergogna inconfessabile.
#6 Non dedico abbastanza tempo ai miei figli (o alla mamma) (o alla nonna) (o al cane/gatto)
Il senso di colpa del milanese è implacabile anche sugli affetti. C’è sempre qualcuno che ci si sente di trascurare. Più il milanese vuole bene a qualcuno meno si gode la sua compagnia perchè è sempre più forte il senso di colpa per averlo trascurato. Colpisce i genitori con i figli, i fidanzati reciprocamente (specie l’uomo verso la donna, a dire il vero), e si manifesta fin dai primi anni per i ragazzi più sensibili come senso di colpa verso i genitori, i nonni o, più frequente, gli animali domestici.
#7 Ho speso troppo
Qui siamo al calvinismo alla massima potenza. Il riformatore svizzero diceva che arricchirsi era bene ma spendere troppo assolutamente no. Questo modo di pensare ha fatto la fortuna della Svizzera e delle sue banche. A Milano si tende a essere più goderecci degli amici elvetici: si spende per auto, tecnologia, vestiti, a volte anche per fare del bene agli altri. Tutto molto bello. Ma quando la sera a letto si spegne la luce rovina tutto il senso di colpa a forma di un estratto conto.
#8 Ho speso troppo poco
Il milanese conosce il valore del denaro e per questo non ne vuole spendere. Ma se spende poco si sente un pezzente e questo gli lascia un alone di disgusto addosso che lo mette in cattiva luce con gli altri. Ma soprattutto con se stesso.
#9 Mi sto trattando male
Il milanese prova vergogna con se stesso se mangia troppo o troppo male. Se un inglese o un tedesco si ubriacano, il giorno dopo si vantano del loro mal di testa e del loro vomito. Un milanese no. Il vero dolore è morale per essersi trattato male ed è preoccupato per i possibili contraccolpi sulla produttività al rientro al lavoro. Per combattere questo senso di colpa i milanesi si ammazzano in palestra.
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Milano non è solo centro. Se si esce dalla circonvallazione della 90/91 si possono trovare degli autentici tesori. Non solo, in periferia ci sono anche dei magneti che possono attirare più del centro. Qui la mia selezione dei 15 principali punti di attrazione che si trovano tra la circonvallazione e la tangenziale di Milano.
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C’è vita oltre la circonvalla: le 15 grandi attrazioni nella periferia di Milano (in senso orario)
Il più grande parco di Milano ospita oltre 100 diverse specie di alberi. Si possono incontrare anche conigli selvatici, gufi, civette, sparvieri e pure volpi.
Lo spazio espositivo più sottovalutato di Milano. Ospita bellissime mostre di arte contemporanea oltre alla grandiosa installazione permanente delle Torri Celesti di Anselm Kiefer. E’ pure gratis.
# Teatro Arcimboldi
E’ la «Scala del secondo millennio»: è stato infatti costruito per prendere il posto della Scala di Milano durante i suoi lavori di ristrutturazione dal 2002 al 2004.
Noto anche come Naviglio Piccolo, un tempo era la “Riviera di Milano”. Presenta degli scorci incantevoli. Alcuni tratti furono progettati da Leonardo da Vinci.
Come un’iniziativa privata può rilanciare un quartiere periferico più di molte politiche sociali.
# Forum di Assago
Anche se è di Assago, è comunque subito prima della tangenziale, raggiungibile con la metro. Può ospitare fino a 12.331 spettatori e fa parte della European Arenas Association (EAA), che riunisce le più prestigiose strutture indoor europee.
Milano
# San Cristoforo
Complesso costituito da due chiese era il “faro” d’ingresso a Milano per chi arrivava sul Naviglio.
Il terzo parco di Milano per dimensioni è caratterizzato da quattro bacini artificiali, oltre a boschi, corsi d’acqua, orti urbani e la cascina Linterno. Nelle vicinanze ci sono anche Trenno e Bosco in Città.
Intitolato a Peppino Meazza, per tutti è semplicemente “San Siro”, soprannominato la Scala del calcio o il Tempio del calcio. Uno degli stadi più celebri al mondo, è il più capiente d’Italia ed è stato inserito al secondo posto nella classifica degli stadi più belli del mondo redatta dal Times.
Progettato da Leonardo da Vinci dal 1482 al 1493 è la statua equestre in bronzo più grande del mondo. Si trova all’ingresso dell’Ippodromo, posizionamento criticato da molti.
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A cavallo del nuovo millennio Milano figurava tra le 10 mete più desiderate in Europa dagli studenti Erasmus. Poi un declino che sa di crollo. Almeno se si guarda l’ultimo studio che mette Milano solo al 14° posto tra le città universitarie italiane più desiderate dagli studenti. Cosa serve per invertire il trend?
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Milano solo 14ima tra le città universitarie più desiderate d’Italia! Per tornare in vetta serve una “Libera Repubblica degli Studenti”
# Le città più popolari tra gli studenti: il 14° posto di Milano
Lo studio di Preply ha misurato il livello di desiderio delle città università attraverso le ricerche online legate al binomio “Università + città”: queste sono le destinazioni accademiche più popolari tra i giovani italiani. Milano si trova appena 14ima, dietro città come Bergamo, Catania, Padova e persino Roma, che si piazza al 7° posto. Un risultato che sorprende, considerando l’eccellenza accademica del capoluogo lombardo e la presenza di atenei prestigiosi.
In cima alla classifica troviamo Bergamo, con 4.400 ricerche mensili, che si distingue per l’equilibrio tra offerta formativa e qualità della vita.Seguono Catania e Padova, con 3.600 ricerche ciascuna, città che vantano atenei storici (l’Università di Catania fu fondata nel 1434, mentre l’Università di Padova nel 1222) e, anche qui, un costo della vita ridotto.
Nella top 10 seguono Parma (3.100 ricerche), Torino (3.000), Napoli (2.900), Roma (2.900), Modena (2.400), Trento (2.400) e Bologna (2.400). Come dicevamo, Milano, con 1.900 ricerche mensili, si trova solo al 14° posto.
# Il costo della vita di Milano è un ostacolo per gli studenti
Uno dei principali fattori che rende Milano meno attraente per gli studenti universitari è il costo della vita. Secondo uno studio del think tank Tortuga, Milano è una delle città più care d’Italia: un giovane single ha bisogno di circa 1.175 euro al mese solo per coprire le spese essenziali, una cifra superiore del 23% rispetto alla media nazionale. Gli affitti, in particolare, sono proibitivi: un monolocale supera facilmente i 900 euro al mese, cifre insostenibili per molti studenti, soprattutto quelli provenienti da famiglie con redditi medio-bassi.
Città come Bergamo, Catania o Parma offrono una buona qualità accademica a un costo della vita nettamente inferiore. Nonostante la presenza di atenei d’eccellenza come il Politecnico e l’Università Statale, Milano è fuori portata per molti studenti che scelgono destinazioni dove possono permettersi affitto, cibo e vita sociale senza essere soffocati dalle spese.
# Più piccolo è meglio?
Le città nelle prime posizioni della classifica offrono un ambiente “a misura di studente”. Qui, l’università è parte integrante della vita cittadina, creando una sorta di “bolla accademica” che intensifica l’interazione tra studenti e la percezione di comunità. Questa concentrazione, che favorisce il fermento delle idee, è un vantaggio che Milano sembra non offrire ancora. Le università sono spesso isolate l’una dall’altra, e la città stessa, con la sua vocazione internazionale e il numero elevato di luoghi di ritrovo, biblioteche e locali, potrebbe star ostacolando la creazione di un vero ambiente universitario.
# La soluzione? La “Libera Repubblica degli studenti”: l’University District
La Statale sta completando il Campus Mind, dedicato alle matricole delle facoltà scientifiche, nell’exArea Expo. Il Politecnico di Milano sta sviluppando il nuovo Campus Goccia nella zona Bovisa. Il San Raffaele, inizialmente interessato a un campus a Sesto San Giovanni, sembra ora orientato verso una riorganizzazione dei propri spazi. Bicocca, invece, che dovrebbe incarnare l’integrazione tra città e distretto universitario, viene spesso percepita dagli studenti come una zona piuttosto asettica.
Ma perché non immaginare un vero distretto universitario autonomo e per certi aspetti autogestito? Perché no, nel cuore di Bicocca. Se si ispirasse al modello delle “piccole città universitarie”, diventerebbe immediatamente il centro pulsante della vita studentesca milanese, rappresentando al contempo un laboratorio di sperimentazione e di responsabilità per gli studenti.
# Le caratteristiche dell’isola degli studenti
In questo distretto, sensibilità scientifiche e umanistiche si dovrebbero fondere, stimolando collaborazioni tra università e studenti, coinvolgendo questi ultimi soprattutto nell’ideazione e nella gestione delle attività collaterali. Non solo: l’architettura dovrebbe giocare con elementi tradizionali e moderni per creare spazi che favoriscano la socialità e l’interazione, come sale studio comuni, caffetterie per discussioni informali e terrazze verdi per il relax e la riflessione. Un contesto in cui ogni studente, dall’ingegnere al filosofo, possa sentirsi a casa.
Il distretto sarebbe il risultato di una gestione condivisa tra le università milanesi, come Bicocca, Statale, Politecnico, Cattolica e Bocconi, e gli studenti. Una sinergia che darebbe vita a spazi aperti a tutti gli studenti, senza barriere tra le facoltà. Le biblioteche sarebbero miste e accessibili a tutti, mentre i campus ospiterebbero laboratori condivisi per progetti inter-ateneo. Spazi espositivi permetterebbero a studenti di diverse discipline di presentare le proprie idee, generando un flusso continuo di ispirazione e innovazione.
# La risposta al caro-vita
Una studentesca protesta contro il caro-affitti al Politecnico di Milano
Per rispondere al caro-vita di Milano, nel distretto, gli affitti dovrebbero essere calmierati per gli studenti che vengono da fuori Milano, potenzialmente proporzionali alla distanza dalla città di provenienza. Questo si dovrebbe ottenere attraverso un regime fiscale e burocratico agevolato, sulla falsariga di Expo che nel 2015 ospitava un regime di regole completamente differenti dal resto del Paese. Inoltre, il distretto dovrebbe includere sia un supermercato con beni di prima necessità sia negozi convenzionati con sconti per studenti, abbattendo ulteriormente il costo della vita. Per bilanciare l’investimento, gli studenti fuorisede che usufruirebbero del distretto, dovrebbero impegnarsi a rimanere nel capoluogo lombardo per almeno 5 anni dopo la laurea.
Il Comune di Milano potrebbe sostenere l’interazione e la collaborazione tra gli studenti, organizzando premi annuali per progetti interdisciplinari e inter-ateneo, come iniziative legate alla sostenibilità tecnologica o installazioni artistiche. Eventi culturali, conferenze e hackathon renderebbero il distretto un luogo stimolante e aperto, dove idee e progetti innovativi potrebbero prendere vita.
Milano sarebbe la prima metropoli italiana a ricostruire un vero ambiente universitario, perfino più di avanguardia rispetto ai migliori campus statunitensi, combattendo allo stesso tempo il costo della vita e assicurandosi i frutti migliori dell’innovazione e dell’inventiva degli universitari.
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Un dato allarmante emerge dall’ultimo report di Cushman & Wakefield: l’86% degli uffici di Milano è destinato a diventare obsoleto entro il 2030. Milano è al primoposto in Europa per arretratezza del patrimonio immobiliare a uso ufficio. Abbiamo immaginato 5 idee per rivoluzionare gli uffici milanesi, accompagnate da alcuni accorgimenti pratici per trasformare il lavoro in un’esperienza più piacevole.
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9 uffici milanesi su 10 sono antiquati: 5 visioni audaci per trasformare i luoghi di lavoro a Milano in un piccolo paradiso
# Il pessimo stato degli uffici milanesi
Un dato allarmante emerge dall’ultimo report di Cushman & Wakefield: l’86% degli uffici di Milano è destinato a diventare obsoleto entro il 2030. Questo pone la città al primoposto in Europa per arretratezza del patrimonio immobiliare a uso ufficio, seguita da Barcellona e Stoccolma.
A Milano, mentre distretti come Porta Nuova e Citylife hanno attratto investimenti in uffici di nuova generazione, gran parte degli spazi si trova in edifici costruiti decenni fa, spesso in aree periferiche. Il mercato immobiliare milanese, non solo degli uffici, è diviso tra spazi moderni con canoni altissimi e uffici obsoleti con tassi di sfitto elevati. La sfida per la città sta nell’immaginare gli uffici del futuro, rispondendo non solo alle esigenze di mercato, ma anche alla necessità di lavorare in ambienti e con modalità d’avanguardia.
# I 6 accorgimenti per rendere il lavoro quasi un piacere
Per trasformare l’ufficio in un luogo piacevole e stimolante, sarebbe fondamentale andare oltre la semplice funzionalità degli spazi.
#1 Si potrebbe pensare a creare momenti di socializzazione, come aperitivi aziendali o pause condivise, per costruire relazioni tra colleghi e migliorare il clima aziendale. Anche piccoli gesti, come la disponibilità di acqua e snack sani su ogni piano, potrebbero rendere l’ambiente di lavoro più confortevole, favorendo una pausa rigenerante senza interruzioni.
#2Dedicare spazi al relax multisensoriale, come sale con luci soffuse e aromaterapia, potrebbe offrire un’opportunità per ricaricare le energie e favorire il benessere psicofisico.
#3 Le attività ludiche in ufficio, come giochi da tavolo o angoli per il ping pong, rappresentano un altro modo per ridurre lo stress e stimolare la creatività.
#4 La possibilità di personalizzare le postazioni di lavoro, aggiungendo piante o decorazioni, aiuterebbe i dipendenti a sentirsi più coinvolti e migliorare il loro senso di appartenenza.
#5 Organizzare micro-eventi culturali, come concerti o mostre, potrebbe arricchire l’ambiente e offrire occasioni di svago, stimolando la mente durante le pause.
#6 Infine, per promuovere un benessere completo, sarebbe importante integrare spazi dedicati all’attività fisica, come mini-palestre o aree yoga, all’interno degli uffici.
Questi piccoli cambiamenti potrebbero fare una grande differenza, contribuendo a un ambiente di lavoro che non solo migliora la produttività, ma che potrebbe diventare un luogo dove il lavoro è percepito quasi come un piacere. E se Milano volesse osare ancora di più? Queste le cinque visioni più dirompenti per il luogo di lavoro del futuro.
Cinque visioni per i luoghi di lavoro del futuro a Milano
#1 Uffici nei parchi: se un’azienda comprasse il Parco Sempione?
Immaginate un’azienda che acquista ilParco Sempione per trasformarlo in un complesso di uffici immersi nella natura. Questa visione potrebbe sembrare audace, ma con la giusta progettazione, potrebbe portare enormi benefici al benessere dei dipendenti. Gli uffici, con strutture in vetro e linee sinuose, si integrerebbero perfettamente con l’ambiente, creando un’oasi di lavoro.
Grazie a impianti di oscuramento intelligente, che regolano la luce naturale, e a sistemi avanzati di illuminazione, i dipendenti potrebbero godere di un ambiente sano che stimola la produttività e migliora l’umore. Spazi esterni, come terrazzi e giardini pensili, favorirebbero la collaborazione e il relax, riducendo lo stress e creando un’atmosfera armoniosa.
#2 Uffici sotterranei: lavorare al riparo dal caos cittadino
Un’altra proposta d’avanguardia è quella di creare uffici sotterranei sotto alcune delle piazze più emblematiche di Milano, come Piazza Gae Aulenti o Piazza del Duomo. Questi uffici, progettati per isolarsi dal caos cittadino, sarebbero ambienti tranquilli e adatti alla concentrazione.
Il design potrebbe sfruttare tecnologie che simulano la luce naturale, alleviando il senso di claustrofobia. L’uso dell’energia geotermica per riscaldamento e climatizzazione renderebbe questi spazi ecologici e sostenibili. La flessibilità degli ambienti permetterebbe di adattarli a diverse esigenze aziendali, creando un’atmosfera di lavoro stimolante senza distrazioni esterne.
Un’idea che unisce la tradizione dei Navigli milanesi con l’innovazione è la creazione di uffici galleggianti. Queste strutture modulari in vetro e acciaio galleggerebbero sui canali della città, alimentate dall’energia solare, riducendo l’impatto ambientale. Gli uffici galleggianti potrebbero offrire spazi condivisi all’aperto per eventi e riunioni informali, con la vista sull’acqua che stimola la produttività e la creatività. Questi uffici rappresenterebbero un perfetto connubio di innovazione e rispetto per l’ambiente urbano.
#4 Uffici itineranti: smart working in movimento
Con l’aumento dello smart working, un’altra proposta affascinante è quella degli uffici itineranti. Tram e autobus trasformati in spazi di lavoro mobili potrebbero permettere ai lavoratori di essere produttivi mentre si spostano in città. Dotati di Wi-Fi ultra veloce, postazioni ergonomiche e aree relax, questi uffici ridurrebbero il tempo perso nel traffico, incentivando l’uso dei mezzi pubblici e aumentando l’efficienza.
#5 Uffici sospesi tra i grattacieli
Infine, gli uffici sospesi tra i grattacieli potrebbero essere un’altra idea futuristica. Queste strutture, sospese tra gli edifici di Porta Nuova o Citylife, offrirebbero ampi open-space con una vista mozzafiato sulla città. Questi uffici, con materiali innovativi e terrazzi panoramici, rappresenterebbero un’ulteriore evoluzione dell’architettura di Milano, pronta ad affrontare le sfide del futuro.
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“Questa notte la mia gola è messa peggio di via Gola” (Come Cose)
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A Milano una «notte di guerra». Quella che ha avuto luogo tra la notte del 23 e il 24 novembre in zona Corvetto tra via dei Cinquecento e piazzale Gabrio Rosa, con atti di vandalismo e incendi, inclusi cassonetti, un autobus della linea 93 e diverse auto. Quello che è successo ha acceso l’allarme rosso sul «rischio banlieue», ossia sulla possibilità che alcuni quartieri possano diventare teatro di proteste violente simili a quelle di scena al Corvetto.
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Allarme disordini a Corvetto: le altre 5 zone di Milano a «rischio banlieue»
# La «notte di guerra» al Corvetto
Disordini a Corvetto
A scatenare la rivolta è stato il decesso del diciannovenne egiziano Ramy Elgaml durante un inseguimento con i carabinieri: non si era fermato a un posto di blocco nel tunnel di viale Liberazione in zona Porta Nuova. Lo schianto fatale contro un muretto lungo via Ripamonti all’altezza di via Quaranta. I disordini che ne sono seguiti, da parte dei connazionali e altri immigrati di una delle zone più multietniche e difficili della città, hanno riportato alla ribalta il tema della sicurezza e il rischio di alcune aree di trasformarsi come le banlieue parigine. Ma quali potrebbero essere oltre al Corvetto?
#1 Via Padova, la zona più multietnica della città
Credits nolo.district IG – Via Padova
Quella più a rischio potrebbe essere l’area compresa tra via Padova e viale Monza, forse la più multietnica della città, con una significativa presenza di comunità provenienti dal Nord Africa e dall’America Latina. La zona Loreto-Casoretto-NoLo è infatti quella più stranieri a Milano, 14.583. Di notte è spesso terra di nessuno, con risse, accoltellamenti tra bande rivali e tra gli avventori dei locali presenti lungo la strada oltre a vari fenomeni di microcriminalità, nonostante negli anni siano stati portati avanti progetti di rigenerazione urbana.
#2 Il Quadrilatero di San Siro, con forte presenza di cittadini arabi e un diffuso sistema di racket delle case occupate
Credits fenice_associazione.noprofit IG – San Siro
Altra zona a rischio è quella di San Siro, in particolare il quadrilatero di caseggiati Aler attorno a piazzale Selinunte. Tristemente nota per occupazioni abusive, spaccio e condizioni di degrado sociale, criticità nella gestione dei rifiuti e della sicurezza, gli arabi hanno ormai superato per presenza gli italiani: solo di egiziani se ne contano 3.902. Esiste un diffuso sistema di racket delle case accompagnato da fenomeni e di violenza e microcriminalità.
#3 Quarto Oggiaro-Villapizzone, una delle aree con più presenza di immigrati
Credits ciaccini IG – Quarto Oggiaro
L’area compresa tra Quarto Oggiaro e Villapizzone rientra tra quelle potenzialmente a rischio di diventare come le banlieue parigine. Noto per problematiche legate alla criminalità organizzata e allo spaccio di droga, soprattutto tra gli anni ’80 e ’90, ancora oggi vive in uno stato di equilibrio precario. La presenza di immigrati è significativa,Villapizzone è seconda solo a via Padova-viale Monza per numero di residenti stranieri a Milano: 13.809. Da decenni si caratterizza per una marginalizzazione sociale e urbana anche per la presenza di alloggi a prezzi relativamente accessibili che prima hanno accolto persone dal sud saliti a Milano per lavorare nelle fabbriche e poi gli stranieri di bassa estrazione sociale.
#4 Giambellino-Lorenteggio, tra i quartieri popolari più grandi e più disastrati di Milano
Maps – Giambellino 150
Da poco meno di un mese la zona di Giambellino-Lorenteggio è raggiunta dalla linea M4, un collegamento rapido con il resto della città che è stato accompagnato da una riqualificazione delle aree superficiali nelle strade servite dalla nuova metropolitana, così come in quelle limitrofe. Stiamo parlando comunque di uno dei quartieri con la maggiore presenza di case popolari, spesso in condizioni raccapriccianti, e di residenti stranieri con redditi bassi o nulli. Nonostante alcuni interventi in corso, come la demolizione e ricostruzione di caseggiati per persone emarginate, spaccio, occupazioni abusive e altri episodi di criminalità sono ancora piuttosto frequenti.
#5 Chiesa Rossa-Stadera-Barona, non nuova a retate delle polizia contro gli abusivi delle case popolari
Maps – Via Neera, Stadera
Rimaniamo nel sud della città, nella macro area Chiesa Rossa-Stadera-Barona. In particolare la prime due, servite dalla fermata M2 di piazza Abbiategrasso e che, grazie anche alla presenza di alloggi sociali, ha visto nel corso dei decenni una crescita demografica soprattutto di famiglie provenienti da Africa, Sud America e Asia. Qui non sono mancanti, anche di recente, scontri tra le forze di polizia e gli occupanti abusivi delle case popolari. Delle vere proprie retate con tanto di camionette antisommossa a bloccare gli accessi alle strade.
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La vera ricchezza non è aggiungere, ma togliere. Eliminare il superfluo, ciò che non è necessario, quello che non si è più capaci di migliorare. Quali sono le cose che se tolte possono rendere Milano ancora migliore? Questi i risultati ricavati da un sondaggio condotto tra i milanesi. Foto cover: @milanographies IG
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Milano sarebbe la più bella dove vivere nel mondo se… non ci fossero queste 10 cose
#10 I limiti di orario della metropolitana
Un classico di Milano. “Amici, devo andare perché altrimenti chiude la metro”. Spesso usata come scusa elegante per filare via, ma comunque la questione dell’orario limitato della metro tarpa le ali alla città che non dorme mai. Almeno nel fine settimana si potrebbe osare di più per rendere più simile a città come Berlino, Londra, Parigi o Copenaghen che mostra che ATM riesce a gestire anche una metro 24h.
il dogui, il principe, (anche se non era di Milano)
Anche se a qualcuno (non milanese) possono far ridere, la stragrande maggioranza dei milanesi li inserisce tra le cose da eliminare: gli sbruffoni, i maleducati, gli arroganti, in una parola gli “imbruttiti”. Quella macchietta di milanese superficiale, spaccone, che vive pensando solo a fatturare rappresenta una Milano provinciale ma lontana per fortuna dal reale spirito di Milano. Il milanese vero è con il cuore in mano, sobrio, raffinato, gentile.
Da qualche tempo sulla mobilità infuria un derby. Più che un derby si rasenta la guerra civile. Bici contro auto, automobilisti contro ciclabili, tutti contro i monopattini. Ci verrebbe da dire: diamoci una calmata!
La logica di una città è la capacità di far convivere in uno spazio limitato persone che si odiano. Quindi bisogna prima di tutto sopportare che ci siano persone diverse da noi che fanno cose diverse da noi. Abbandonando i toni da papà, è indubbio però che molte delle ciclabili non hanno senso: intasano il traffico e sono pericolose per i ciclisti che spesso preferiscono correre sui marciapiedi. Così come è vero che non si possa lasciare la città ingolfata dalle auto è anche vero che non si può fare la guerra a chi deve usare l’automobile per muoversi o per raggiungere Milano. La soluzione? Forse un piano strategico sulla mobilità che cerchi soluzioni ottimali per tutti evitando guerre di religione.
Molti preferiscono girare la testa dall’altra parte. Ma è indubbio che la miseria stia aumentando in città. Basta camminare la sera tardi o la mattina presto per vedere il gran numero di persone che dormono in strada. Così come le code fuori dalle sedi di distribuzione di pasti gratuiti fanno male al cuore. Sappiamo di molte famiglie in difficoltà. Si tratta di un problema nazionale ma la città con il residuo fiscale più alto del mondo dovrebbe pretendere più autonomia e più soldi da trattenere sul suo territorio per evitare il dilagare della povertà. Una povertà che incombe come spettro anche sulla fascia media.
Non è un mistero. Anche se è stato eletto con una percentuale record il primo cittadino attira su di sé insoddisfazione tra molti milanesi. Molti milanesi che hanno risposto al sondaggio indicano Sala come elemento da togliere per migliorare Milano. Lamentano una certa ipocrisia, la sua sensibilità ideologica verso cause molto amate dall’intellighenzia e dalla ricca borghesia che si accompagna a un’indifferenza verso dei bisogni reali dei cittadini, specie di chi fa parte di categorie poco considerate dai riflettori dei media. Ma quello che emerge in generale dalle risposte al sondaggio c’è un evidente malcontento dei milanesi verso una “cattiva politica”: quella politica imperante in Italia, ancora più simile all’epoca borbonica che a una moderna democrazia europea, quella politica dove l’eletto si sente un privilegiato da onorare invece che un funzionario al servizio della comunità.
#5 La divisione in caste
Credits: milanopost.info Area B
Altra spaccatura che crea divisione tra i cittadini e tra cittadini e chi viene da fuori. Iniziative molto amate da chi vive nel centro storico che dagli altri vengono già giudicati dei privilegiati. L’area B e l’area C rappresentano qualcosa che va oltre uno strumento contro l’inquinamento. Mostrano una tendenza purtroppo molto diffusa nel nostro paese di dividere il mondo in due, da una parte i privilegiati e dall’altra i reietti, da isolare o estromettere, spesso solo perché non hanno i mezzi o le stesse idee di chi è più amato dal potere. Forse Milano dovrebbe guidare una vera rivoluzione culturale: invece che creare muri e steccati, specie contro chi arriva da fuori città, creando caste di privilegiati, dovrebbe perseguire qualcosa di più proattivo per contrastare il traffico, come tunnel stradali, parcheggi vasti e gratuiti presso i capolinea della metro, più coraggio sui mezzi pubblici premendo per una circle line esterna come avviene nelle grandi città europee. Forse si dovrebbe battere di più i pugni sul tavolo nelle trattative con i forti (il governo di Roma), specie in tempi di PNRR, invece di prendersela con i deboli (i cittadini meno ricchi).
#4 Il traffico
credit: cicloriparo.wordpress.com
Come scritto sopra è il problema dei problemi. Anche se forse la situazione è migliorata negli ultimi anni, è ancora qualcosa che si vorrebbe eliminare del tutto. I miglioramenti sono stati determinati dalla diffusione dei mezzi in sharing, dal potenziamento dei mezzi e, in generale, dal fatto, che a Milano si sia diffusa la cultura di evitare se possibile di usare l’auto. Anche perché tra traffico e mancanza di parcheggi girare in città con la propria auto è un incubo soprattutto per chi la guida.
#3 Lo smog
Ormai lo hanno capito anche i sassi. Milano è al centro di una conca che nei mesi invernali condensa l’aria più inquinata d’Europa. Forse è una piaga irrisolvibile, ma come spesso abbiamo scritto ci piacerebbe che almeno fossimo all’avanguardia per trovare soluzioni per depurare l’aria o per aumentarne la circolazione. Considerando quanto la cattiva aria incida su salute e qualità della vita auspichiamo maggiori sforzi che non possono limitarsi a blocchi del traffico nelle giornate da bollino rosso. Dopo decenni di tentativi a vuoto di migliorare il problema riducendo le emissioni forse è il caso di cambiare strategia, puntando alla depurazione dell’aria.
Uno dei temoni della città. Il prezzo degli affitti in rapporto agli stipendi è tra i più alti in Europa. Uno dei fattori che rischia di tenere lontani da Milano giovani e chi è a inizio carriera ma con le spalle scoperte. Come allontanare questo problema? Da anni si ripropongono diverse proposte in auge in altre città:
Assegnare gli appartamenti sfitti (oltre centomila in città) a prezzi calmierati
Anche se forse la cosa migliore sarebbe portare gli stipendi di Milano all’altezza delle grandi città europee. La bacchetta magica esiste: si chiama Milano Città Stato.
Una cosa che tutti vorremmo via da Milano: la sporcizia. Purtroppo è ancora molto diffusa, con una responsabilità comune tra cittadini e amministrazione. Al di sopra delle Alpi infatti la cura degli spazi comuni è spesso maggiore, assicurata anche da amministrazioni molto efficienti nell’occuparsene. Ci vorrebbe un patto tra amministrazione e cittadini: più responsabilità, fiducia e premi potrebbero agevolare una maggiore presa di coscienza nelle persone.
# Premio della critica (menzioni speciali)
Fontana di Piazza San Babila
Sopra sono state rielaborate le proposte più gettonate tra quelle che si vogliono eliminare dalla città. Meritano però una menzione ad hoc le idee più pittoresche segnalate da alcuni lettori. Alcune fanno sorridere, altre fanno pensare:
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Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità.
Stop forzato al servizio della linea di people mover gestita da ATM e poco conosciuta dai milanesi. Questo il suo percorso, come funziona e quando dovrebbe riprendere la circolazione del treno.
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MeLa: la “metro fantasma” di Milano si è fermata
# Un unico binario, un unico treno che fa avanti e indietro con un “biglietto speciale” e due sole stazioni
mhdzastavka IG – MeLa
La linea è stata inaugurata nel 1999 e collega la stazione della M2 Cascina Gobba all’Ospedale San Raffaele. Una Metropolitana Leggera Automatica, da qui l’acronimo MeLa, di tipo people mover realizzata con la tecnologia della società Poma Italia, oggi Agudio. Si compone di un unico binario e un unico treno che circola avanti e indietro tra la stazione di Milano Est e l’ospedale per una lunghezza del tracciato di 682 metri e due sole stazioni: in superficie quella di Cascina Gobba collegata nel piano superiore con il binario 1 dell’omonima stazione della linea M2 tramite un sovrappasso, interrataquella dell’ospedale San Raffaele nel “Centro Servizi”.
# A guida automatica con velocità massima di 35 km/h
mhdzastavka IG – La MeLa
Il convoglio è costituito da una o tre vetture ed è a guida automatica, il centro di controllo si trova al piano inferiore della stazione di Cascina Gobba, con una velocità massima prevista di 35 km/h. A gestire il servizio della MeLa è ATM, ma non sono validi gli abbonamenti o i classici biglietti. Occorre acquistare un ticket dedicato di 1,30 euro, valido 24 ore ma consente di fare solo due viaggi, andata e ritorno.
# Il più comodo collegamento tra Cascina Gobba e San Raffaele oscurato da una linea di bus
Credits: tplitalia.it MeLA
La prima corsa della MeLa milanese è da Cascina Gobba alle 6:40, dal lunedì al sabato, e alle 13:09 la domenica e festivi. L’ultima corsa dal San Raffaele è sempre alle ore 20:00. La metro passa con una frequenza minima di 6 minuti e massima di 15: ogni 7/9 minuti fino alle 8:00, ogni 6/8 minuti dalle 8:00 alle 10:00 e dalle 16:00 alle 18:00, un massimo di 10 minuto dalle 10:00 alle 16:00 e ogni 10/15 minuti dalle 18.:00 alle 20:00.
mhdzastavka IG – Interno MeLa
Nonostante l’utilità del servizio come mai non è tanto conosciuto dai milanesi o da chi è diretto all’Ospedale San Raffaelle? La linea più utilizzata è infatti l’autobus 925 Redecesio (Segrate)-Cascina Gobba con due delle 16 fermate dedicate: via Olgettina, davanti all’ingresso dell’ospedale, e Ospedale San Raffaele.
Cascina Gobba M2 – Ospedale San Raffaele
Uno dei motivi è la mancanza dell’opzione consigliata dalle mappe stradali per raggiungere il polo ospedaliero con i mezzi pubblici: esiste solo la 925.
# I motivi dello stop forzato
Atm – MeLa
Da giugno la linea non funziona più: lo stop forzato dopo che un operaio è rimasto coinvolto in un incidente. L’interruzione era comunque prevista nei giorni successivi, all’inizio di luglio. Questa la comunicazione sul sito di ATM: “il servizio è sospeso (manutenzione all’infrastruttura). In alternativa, usate il bus 925. I bus fermano nel piazzale della stazione M2 di Cascina Gobba e da via Olgettina, a pochi passi dall’ingresso dell’ospedale. Il percorso pedonale che collega la stazione di Cascina Gobba e l’ospedale è aperto dal lunedì al venerdì, dalle 6:30 alle 20:30. Rimane chiuso il 25 dicembre.”
# Un anno di lavori prima della ripresa del servizio
mhdzastavka IG – MeLa verso San Raffaele
Il Ministero del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti ha infatti caldeggiato lavori di manutenzione straordinaria, come riportato da Il Giorno, a causa di problemi infrastrutturali. La proprietà delle strutture della linea è dell’Ospedale San Raffaele. I lavori dovrebbero durare almeno un anno, non si tratta quindi di una breve interruzione. Il servizio dovrebbe riprendere per l’estate 2025.
Articolo di BEATRICE BARAZZETTI aggiornato dalla redazione
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Quale metropoli oltre frontiera può vantare simili attrazioni?
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I 7 luoghi nei dintorni di Milano dove ogni milanese deve esserci stato almeno una volta nella vita
La “Piccola Toscana”. L’Oltrepò Pavese è terra di tradizioni vinicole, tra i vini più pregiati ci sono il Pinot Nero, il Barbera e il Bonarda, paesaggi naturali colline, boschi, fiumi e prati, borghi e castelli medievali. Deve il suo nome al fatto di trovarsi a sud del fiume Po, in pieno Appennino Settentrionale, territorio geograficamente e morfologicamente molto simile a quello appartenente all’Emilia con scorci da colline toscane. Serve circa un’ora di auto per arrivarci.
Credits: unviaggioinfinitemozioni.it – Villa Carlotta
Il terzo lago più grande d’Italia viene considerato in ogni classifica internazionale tra i più belli del mondo. A un’ora di distanza da Milano, il Lago di Como offre panorami spettacolari grazie alle montagne da cui è circondato, oltre a borghi suggestivi e ville con giardini storici come Villa d’Este e Villa Carlotta.
Il primo parco fluviale d’Europa si sviluppa in prevalenza in Lombardia. Riserva naturale protetta dal 1974 e primo parco regionale ad essere stato costituito in Italia, forma una cintura verde da Ovest fino a Sud di Milano. Nel suo territorio si può osservare una grande varietà di paesaggi naturali, tra cui boschi, praterie, laghi e fiumi, e specie di animali protette come il lupo e la lontra, ma anche andare alla scoperta di borghi storici come Bereguardo, Cassinetta di Lugagnano e Morimondo.
Almeno una volta nella vita si deve andare al “mare dei milanesi”. Costruito negli anni ’20 per ospitare idrovolanti e offrire una base di atterraggio per voli a lunga distanza, al suo interno si può nuotare, fare canoa, perfino surf grazie alla onda artificiale stazionaria alta fino a 1,6 metri e larga 10 del wakeparadise. Posto ottimo anche solo per prendere il sole, correre o camminare tra le opere d’arte di giovani artisti nel parco che lo circonda. C’è persino un’isola delle rose.
Difficile trovare un milanese che non sia mai stato in quello che è diventato il “Palasport di Milano”. Anche se si trova fuori città. Il Forum di Assago è la casa degli sport indoor dei milanesi: ci gioca la Pallacanestro Olimpia, ospita eventi musicali con gli artisti italiani e internazionali più importanti e alcuni show televisivi. Questo grande complesso polifunzionale al confine con Milano, nel primo hinterland, è stato inaugurato nel 1990, ha ottenuto il Premio Europeo di Architettura per impianti sportivi, ed è raggiungibile tramite il tratto cittadino dell’A7 o comodamente in metropolitana con la linea verde.
A una cinquantina di chilometri da Milano si entra nella nazione più libera e ricca del mondo. Dal punto di vista amministrativo e fiscale rappresenta una Milano che ce l’ha fatta. E forse mostra come sarebbe potuta diventare se avesse dato retta a Carlo Cattaneoinvece che ai Savoia. Territori da secoli legati ai milanesi, facevano parte del Ducato di Milano, offrono paesaggi suggestivi tra lago e montagne, luoghi di relax come il Lido di Locarno sulle rive del Lago Maggiore, il Lido di Lugano o la Val Verzasca, le Maldive di Milano. A questo si affiancano le proposte culturali come il Lugano Arte e Cultura, il moderno centro culturale cittadino, il Festival del cinema di Locarno o altre attrazioni storiche come i tre castelli di Bellinzona nell’elenco dei siti Patrimonio dell’Unesco. Per la lingua sembra di essere in Italia. Per tutto il resto no.
E se la bellezza dei dintorni non basta, attorno a Milano ci sono tre aeroporti con collegamenti nazionali e internazionali. Dai due terminal dell’aeroporto internazionale in provincia di Varese, partono voli verso Europa, Nord America, Asia e Africa. In auto o con il Malpensa Express si arriva in circa 50 minuti allo scalo. Anche in questo caso praticamente impossibile vivere a Milano senza essere mai stati qui.
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Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità.
Per poter entrare e uscire in area B ho comprato una Smart di seconda mano. Non mi è andata bene, ma mi poteva andare peggio.
Mi hanno rubato il volante dell’auto e ho scoperto che…
# Il furto del volante in zona Portello
Credits Andrea Cherchi – Parco Portello dall’alto
26 novembre. Zona Portello. La prima notte passata in strada della Smart di seconda mano appena comprata per poter entrare e uscire in area B, cosa che non posso più fare con il mio vecchio Diesel. Ma il risveglio non è stato dei più felici. Esco per prendere l’auto per un appuntamento e, aperta la portiera, mi appare l’immagine in copertina. Strabuzzo gli occhi. Manca il volante. Per un attimo penso di essere entrato nell’auto sbagliata, vivo qualche attimo di straniamento, poi torno in me e capisco. Sì, mi hanno rubato il volante. Per fortuna tutto il resto sembra a posto. A quel punto chiamo un meccanico che conosco che viene a recuperare l’auto per portarla in officina. Nell’attesa posto la foto sui social. Dai commenti ho scoperto che…
# Dopo il furto ho scoperto che…
Ph. MartinPhotography
… potrebbero avere staccato il volante per rubare l’auto (per poi scappare per motivi misteriosi)
… però è smontato a regola d’arte. A Milano abbiamo ladri professionali
… c’è chi va in giro con il motorino fintamente scassato per non farselo rubare
… la sicurezza non è un problema di percezione
… si capiscono i prezzi folli dei parcheggi custoditi
… il business dei demolitori è soprattutto nella rivendita dei pezzi di ricambio
… queste cose non succedono nei paesini di montagna
… “purtroppo il volante delle Smart viene rubato in continuazione… il problema è trovarne uno nuovo: io lo aspetta da mesi” (Daniele)
… “è mai possibile che la smart abbia la sicurezza di un pacchetto di caramelle? Vedo tantissime auto in strada compresa la mia ma la maggior parte delle auto aperte e danneggiate (anche più sere di seguito ) sono le smart… probabilmente hanno chiusure da rivedere già alla fabbrica” (Luisa)
… “un amico mi ha raccontato che ormai con le partite allo stadio è il momento di “raccolta” per quanto riguarda i furti su auto di 10-15-20 anni” (Mario)
… “ste robe succedevano a Napoli 25 annu fa” (Carmine)
… la classifica che mette Milano in testa nella qualità della vita forse sotto-pesa il parametro della sicurezza
… denunciare serve solo se hai l’assicurazione contro gli atti vandalici
… a molti è andata peggio: è sparita tutta l’auto
… il prossimo sindaco sarà chi avrà una proposta convincente per la sicurezza dei cittadini
# Qualche idea per rendere la vita a Milano più sicura (almeno per le auto parcheggiate)
A proposito dell’ultimo punto, può essere utile immaginare qualche soluzione. Quando capita un fatto del genere a Milano, molti commentano che il problema è che Milano è troppo grande per garantire standard di sicurezza tipici dei paesi più piccoli. Forse è proprio questa la chiave: suddividere Milano in tante aree piccole autogestite proprio come piccoli comuni. Anche perchè già un municipio di Milano è più grande della maggior parte dei capoluoghi della regione. Ma come farlo in pratica?
Si potrebbero aumentare poteri e responsabilità a quartieri o a singoli condomini, offrendo sgravi fiscali sulle tasse comunali in cambio di servizi di controllo (es. telecamere e guardie giurate). Non solo: come funziona nei paesi piccoli (e come sperimentato con il lockdown) è fondamentale il “controllo” da parte dei singoli cittadini: bisognerebbe premiare e agevolare segnalazioni di atti vandalici da parte di cittadini. Per avere un pronto intervento, invece di una tendenziale sottovalutazione dei piccoli reati, potrebbe essere utile istituire in ogni municipio una centrale di pronto intervento contro la microcriminalità.
Inoltre altre idee potrebbero essere rivolte al problema dei parcheggi, ad esempio:
obbligare i costruttori a costruire un dotare di un parcheggio auto per ogni nuovo appartamento
agevolare la disponibilità notturna delle aree private con grandi spazi per il parcheggio auto, come supermercati e centri commerciali.
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Il milanese riserva parecchie sorprese. Specie sulle parole apparentemente più trasgressive. Grazie a Gualtiero Strano sveliamo come sono nate due delle parole più popolari e curiose del dialetto di Milano.
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BALABIOT e CIUCIAMANUBER, quando il MILANESE suona SCABROSO: l’origine di queste due parole così POPOLARI
# L’origine “francese” dei Balabiot, quelli che “ballavano nudi”
credit: laregione.ch
“Per quanto riguarda “balabiot” a me risulta che per la prima volta questa parola venne usata nella grande festa organizzata nel 1796 dalle truppe francesi – appena entrate in città – nel grande spazio del Lazzaretto, oggi non più esistente, dove era stato eretto l’Albero della Libertà simbolo della Rivoluzione.
Finiti i festeggiamenti ufficiali e partite le autorità, lo spazio si affollò di tutti i derelitti, i vagabondi, gli ubriaconi e i poveri di Milano e del territorio dei Corpi Santi che fino ad allora, probabilmente, erano stati tenuti a distanza. Molti erano discinti e molti, in preda all’alcol, si denudarono ballando in una festa pagana e popolare imitando e schernendo le danze ufficiali. Furono definiti allora come “balabiot”, gente che danza nuda, dando alla parola un senso dispregiativo: in pratica persone senza ritegno e di cui non fidarsi, asociali”
# Giuana Sgagnamanuber
Su “ciuciamanuber” io conosco una spiegazioni più cruda di quella proposta che mi sembra edulcorata. Nel linguaggio popolare milanese indica una donna dedita al sesso orale. Senza entrare nel dettaglio, penso che si comprenda bene cosa possa essere il “manuber” nel gergo dei bassifondi.
Ricordo anche che negli anni tra le due guerre e poi anche fino ai primi anni Cinquanta del secolo scorso, a Milano due prostitute abbastanza note erano soprannominate una “Maria Tripirla” e l’altra, appunto “Giuana Sgagnamanuber”. Erano le specialità sessuali delle due prostitute che ognuno, credo, può immaginare con facilità.
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La suddivisione geografica delle regioni non rispetta sempre le differenze distintive a livello storico, culturale e linguistico del nostro Paese. Per rimediare si potrebbe iniziare costituendo queste 7 nuove regioni.
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Le 7 nuove regioni che potrebbero nascere in Italia
#1 Romagna
Credits: wikipedia.org – Romagna geopolitica
Non è un mistero che la voglia di staccarsi dall’Emilia sia molto diffusa tra i romagnoli. La Romagna è una regione storica, geografica e linguistica dell’Italia settentrionale che per quasi la sua totalità forma la regione amministrativa dell’Emilia-Romagna insieme all’Emilia. A livello geografico però la Romagna sconfina nelle Marche con alcune zone della Provincia di Pesaro e Urbino, nella città metropolitana di Bologna, comprende parte della città metropolitana di Firenze e della provincia di Arezzo in Toscana anche la Repubblica di San Marino. Escludendo quest’ultima in quanto stato indipendente, la nuova regione sarebbe più identitaria se scorporata dall’Emilia.
#2 Salento
Credits: iz2daw.com – Salento
Il Salento, il tacco dello stivale d’Italia, si considera una regione a sé stante rispetto alla Puglia. Comprende l’intera provincia di Lecce, gran parte di quella di Brindisi e parte di quella di Taranto. I salentini si distinguono dagli altri pugliesi soprattutto per caratteristiche glottologiche e culturali, mentre il clima è più umido per assenza di catene montuose. La costituzione di una Regione del Salento sarebbe anche un ritorno al passato, quella dell’epopea della Messapia, la terra tra i due mari.
La Valtellina in provincia di Sondrio, corrispondente al bacino idrico del fiume Adda a monte del lago di Como, è forse una della grandi regioni geografiche alpine più sottovalutate e meno valorizzate d’Italia. Suddivisa in tre comunità montane, ospita famose località sciistiche come Livigno e Bormio, ma non ha il richiamo ad esempio della Valle d’Aosta che è invece una regione a statuto speciale e che ha quindi possibilità di investire sulla promozione turistica. Potrebbe così diventare una regione autonoma sul modello di quelle di confine.
Il Friuli coincide in gran parte con la provincia di Udine. Un territorio molto diverso dal resto della regione. Separare la regione del Friuli da quella del Venezia-Giulia vorrebbe dire ripristinare una suddivisione molto antica. Le due aree infatti vennero accorpate in una regione a statuto autonomo soltanto tra il 1954 e il 1975. Il territorio regionale è composto dalla regione storico-geografica del Friuli, che costituisce la larghissima maggioranza della sua superficie, e dalla parte di Venezia Giulia rimasta all’Italia, di fatto le province le ex province di Gorizia e Trieste. Il resto della Venezia Giulia, l’Istria e Fiume, fa parte di Croazia e Slovenia.
#5 Tuscia
Credits: meteomarta.altervista.org – Tuscia
Tuscia è il nome di una terra che discende dagli Etruschi, popolo pacifico, di contadini, di artigiani, di musicisti goderecci. Nell’uso contemporaneo il nome Tuscia è utilizzato per indicare i territori dell’Alto Lazio e delle aree confinanti di Toscana e Umbria, uno dei punti più strategici e panoramici d’Italia. Questa area del Paese è ancora oggi un luogo poco turistico ma ricco di storia e bellezze naturali. La sua unicità storica e naturalistica andrebbe meglio valorizzata se fosse una regione.
La Ciociaria è un’area geografica che non ha confini definiti, ma si può circoscrivere alla provincia di Frosinone nel basso Lazio, fatto salvo le parti a ovest e a sud. Il nome è riconducibile alle ciocie, le caratteristiche calzature portate un tempo da contadini e pastori, una specie di sandalo a punta con una suola in cuoio e allacciato alla gamba con stringhe come nelle calzature dei legionari romani. La vita di questo territorio è stato reso celebre da numerosi film tra cui “La Ciociara” vincitore di un premio Oscar, con Sophia Loren come migliore attrice protagonista.
#7 Lunigiana
Credits: sigeric.it – Lunigiana
La Lunigiana è una regione storica compresa tra Toscana e Liguria, nelle province di Massa Carrara e La Spezia, che trae il proprio nome dall’antica città romana di Luna, influente a tal punto da divenire il porto più importante del mar Ligure. A livello geografico corrisponde al territorio compreso nel bacino idrografico del fiume Magra, in passato arrivate a comprendere anche il basso parmense. I borghi e i castelli segnano il carattere dominante di un territorio ancora in gran parte incontaminato, dominato da fitti boschi di castagno e faggio. Questa peculiaritàmeriterebbe diessere riconosciuta all’interno di un unico ente amministrativo regionale.
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Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità.
Si viene catapultati indietro nel tempo e si può provare una cotoletta da record.
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Qui si mangia come ai tempi della nonna. Con «la cotoletta più grande» di Milano
# Un tuffo nei favolosi anni ’60
Credits westwing.it – Risoelatte
Entrando in questo locale si viene catapultati letteralmente in un’atmosfera d’altri tempi. Per essere precisi ai favolosi anni ’60. Risale infatti a quell’epoca lo stile dell’arredamento, degli oggetti e delle stoviglie di RisoeLatte, come quelli presenti nelle case dei nostri nonni.
Credits yara65smile IG – Jukebox
Persino la musica arriva da un giradischi completo di 45 e 33 giri nel caso del locale in Ticinese o da un jukebox in quello a due passi dal Duomo. Nel bagno si trovano una vestaglia, le pattine, la schiuma da barba e la pubblicità dei prodotti di quel periodo appese alle pareti.
# Si può mangiare una cotoletta gigante
Credits risoelatte IG – Riso e latte
Come mangiare ai tempi della nonna. Si possono infatti mangiare anche alcuni piatti cucinati come negli anni ’60, ad esempio il riso cotto nel latte, e il pasto si conclude con il caffè preparato con la moka.
Credits yara65smile IG – Cotoletta
La vera chicca però è la cotoletta alla milanese gigante, forse la più grande di Milano, il piatto non riesce nemmeno a contenerla.
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A Milano puoi trovare sorprese dove meno te l’aspetti. Perfino sottoterra.
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Il «Tempio della Notte» di Milano
La Milano sotterranea: non solo la metropolitana. Ospita anche cunicoli, cripte e passaggi segreti: da quelli medievali ai bunker di epoca bellica. Ma una delle sorprese più misteriose si trova a Gorla: nel parco di Villa Finzi, uno dei più antichi della città, costruito per abbellire la villa. In una grotta artificiale si trova il “Tempio della Notte”. Ma qual è la sua storia?
# Villa Finzi
Uno scorcio del parco Betthyàny-Finzi visto dalla Martesana (Credits: divinamilano.it)
La storia ha inizio quando nell’allora borgo di Gorla, a poche migliaia dai Bastioni di Porta Orientale (oggi porta Venezia), c’era, ancora visibile oggi, un edificio splendido, noto come Villa Finzi. La villa apparteneva al conte ungherese AntonioGiuseppe Batthyàny, alto ufficiale degli Ussari, la cavalleria ungherese, che lui usava come “buen retiro” di campagna, dimora di delizia, luogo di piacere. La proprietà confina col canale della Martesana(allora Naviglio Piccolo), offrendo degli scorci romantici davvero unici.
Villa Batthyàny negli anni Trenta (oggi Villa Finzi)
Nella sua villa di Gorla il conte AntonioGiuseppe Batthyàny organizzò, tra le molte attività festose, anche il fastoso ricevimento di benvenuto in onore del principe Ranieri Giuseppe d’Asburgo-Lorena (fratello dell’Imperatore Francesco e vicerè del Regno Lombardo-Veneto) e della Principessa Elisabetta di Savoia-Carignano (sorella del futuro re di Sardegna Carlo Alberto) in occasione del loro passaggio per Milano, dopo le nozze celebrate a Vienna il 28 maggio 1820.
# La nascita di uno dei parchi più antichi di Milano
La villa era in origine senza giardino. Per estendere il suo terreno, nel 1826 il conte decide di acquistare dei terreni agricoli confinanti con la sua proprietà. Poiché i terreni acquisiti erano attraversati dal fontanile dell’Acqualunga chiese al suo architetto, Gaetano Brey, di progettare un giardino paesaggistico o giardino all’inglese. Così fece costruire un vasto parco con laghetto che divenne così uno dei più antichi parchi di Milano.
# Il Tempio dell’Innocenza
Credits: divinamilano.it/
Non si limitò al laghetto e a decorazioni floreali. Il conte fece costruire pure il Tempio dell’Innocenza, un tempietto in stile neoclassico, visibile ancora oggi nel parco. Una costruzione a pianta circolare, a cielo aperto, con otto colonnine in pietra, su un basamento a gradoni, in origine eretto su un isolotto in mezzo al laghetto, raggiungibile con una piccola barca. Ma questo non è l’unico tempio che fece costruire il conte. A questo, alla luce del sole, dedicato all’Innocenza, contrappose il suo opposto. Realizzato sottoterra. Era il Tempio della Notte.
# Il Tempio della Notte: la scoperta
Il secondo tempietto viene fatto nascosto sottoterra, sotto il parco. E’ il Tempio della Notte, unico esempio a Milano di architettura massonica ipogea, un gioiello del Neoclassicismo lombardo. Il tempio fu realizzato all’interno di una struttura sotterranea preesistente, usata come ghiacciaia, una sorta di neviera, e venne individuato la prima volta nel 1991 in circostanze accidentali dallo speleologo Celestino Ghezzi, che stava esplorando il percorso del fontanile Acqualunga. Anche se solo nel 2005 il tempio venne scoperto nella sua interezza grazie all’opera di un altro speleologo, Andrea Thum.
L’unico altro esempio simile esistente in Italia si trova in Lombardia: a Cernusco sul Naviglio, nel parco della villa del Conte Ambrogio Uboldo, di qualche anno antecedente al Tempio di Gorla. In Europa, al di fuori dell’Italia, esiste un unico altro esempio: nel parco del Castello di Schönau an der Triesting, nella bassa Austria, il Tempio della Notte fu costruito nel 1796 dal barone Peter von Braun, uno degli uomini più ricchi d’Austria a quell’epoca.
# Il Tempio della Notte: l’utilizzo passato e la leggenda delle notti di luna piena
Tutti templi sotterranei fatti di colonnati, capitelli, volte e nicchie varie, costruiti rispettando particolari posizioni astrali. Ricevono la luce ai solstizi d’inverno e d’estate da un’imboccatura posta sulla volta. Pare piuttosto che siano stati costruiti per ospitare riunioni massoniche e riti di iniziazione che avvenivano attraverso il passaggio simbolico dalle tenebre alla luce.
Il tempio oggi non è valorizzato come dovrebbe. Si narra che nelle notti di plenilunio ospiti messe nere e riti satanici. Sarà solo una oscura leggenda?
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Area B, Area C, ZTL e riduzione dei parcheggi… Milano ha intrapreso una strada che, se percorsa fino in fondo, potrebbe trasformarla in una città senza auto. Non si tratta di un complotto, è semplicemente una visione condivisa da parte dalla cittadinanza milanese, che vuole una città a misura di pedone. Ma come sarebbe davvero una Milano senza auto? Abbiamo immaginato i pro e i contro di un futuro di questo tipo.
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Milano senz’auto? Sarebbe così
# Contro: la perdita di valore delle auto e il mercato immobiliare
Se Milano diventasse una città senza auto, la domanda di veicoli privati crollerebbe, facendo precipitare il loro valore di mercato. Le automobili, oggi simbolo di status e bene di consumo per molte famiglie milanesi, perderebbero gran parte del loro valore. I proprietari, trovandosi con veicoli che non possono più utilizzare, potrebbero tentare di venderli, ma il mercato, ormai saturo, non sarebbe in grado di assorbirli, spingendo i prezzi verso il basso.
In questo scenario, il resto d’Italia potrebbe approfittare della situazione, approfittando delle vendite delle auto a Milano a prezzi stracciati. Le famiglie fuori Milano, vedendo una convenienza nell’acquisto, potrebbero acquistare a prezzi ben al di sotto del valore di mercato, danneggiando chi ha investito in un veicolo. Senza una pianificazione adeguata, un simile cambiamento rischierebbe di amplificare le disuguaglianze economiche, creando un divario tra chi possiede e chi non possiede mezzi privati.
# Pro: una città più vivibile
Immagina le strade di Milano finalmente libere dal traffico. Senza automobili, l’inquinamento atmosferico (causato principalmente da veicoli a benzina e diesel) scomparirebbe quasi del tutto. Questo porterebbe a una qualità dell’aria decisamente migliore, con un impatto positivo sulla salute dei cittadini, in particolare per i più vulnerabili come anziani e bambini.
Le strade, ora occupate dai mezzi motorizzati, potrebbero essere riconquistate dai pedoni. I ristoranti, i bar e i caffè potrebbero estendere i propri spazi all’aperto, invadendo i marciapiedi e trasformando i vialoni in luoghi di incontro e socializzazione. Le zone centrali, come il Quadrilatero della moda, potrebbero diventare veri e propri salotti urbani, dove chiacchierare sorseggiando un caffè o un aperitivo all’aperto diventa parte della vita quotidiana. Un futuro più green, dove le arterie che ospitano il traffico oggi diventano parchi urbani, piste ciclabili e giardini pubblici, offrendo spazi di svago e relax a tutti.
# Contro: il lavoro e la mobilità pubblica
Tuttavia, un futuro senza auto presenta anche numerosi svantaggi, a partire dal mondo del lavoro. I tassisti, che a Milano rappresentano una fetta importante della forza lavoro legata alla mobilità cittadina (4.855), si troverebbero a perdere il loro impiego. Questo richiederebbe politiche per riqualificare i lavoratori e assorbire i disoccupati in altre attività, ma la transizione non sarebbe semplice né rapida.
Inoltre, senza auto, i milanesi sarebbero costretti a fare affidamento esclusivamente sui mezzi pubblici e, tra i mezzi pubblici, in realtà unicamente sulla metro, dato che autobus, pullman e tram sarebbero equamente banditi.
Se oggi il trasporto pubblico cittadino è già sotto pressione, con autobus e tram che spesso non riescono a soddisfare la domanda, l’introduzione di una grande massa di cittadini privi di alternative personali rischierebbe di mandare in tilt il sistema. Le metropolitane, non progettate per gestire un così grande afflusso, dovrebbero almeno triplicare le corse e ampliare le proprie capacità. Questo comporterebbe enormi sfide logistiche, costi elevati e potenziale sovraffollamento anche sui mezzi pubblici.
# Pro: nuove soluzioni di mobilità
In un futuro senza auto, potrebbero emergere nuovi modelli di trasporto, ispirati a quelli che vediamo in alcune città asiatiche. I tuc tuc, ad esempio, potrebbero diventare una delle alternative più diffuse per brevi spostamenti. E non parliamo di tuc tuc a motore, ma di versioni più ecologiche, magari spinti da pedali o elettrici. Questo tipo di trasporto potrebbe rappresentare una soluzione pratica, economica e sostenibile per coprire le distanze brevi, magari in quartieri residenziali o nelle zone centrali.
Inoltre, la maggiore disponibilità di piste ciclabili e spazi pedonali potrebbe incentivare l’uso della bicicletta come mezzo principale per spostarsi in città. Con un sistema di bike sharing diffuso e un’infrastruttura che favorisce la mobilità sostenibile, Milano potrebbe diventare una delle capitali mondiali della mobilità “verde” e ciclistica.
# Contro: emergenze e accessibilità
Una grande incognita sarebbe la gestione delle emergenze. Come si raggiungerebbe un ospedale nel bel mezzo della notte, senza la possibilità di utilizzare un’auto? Le ambulanze, fondamentali per garantire il soccorso in tempo reale, potrebbero trovarsi in difficoltà se le strade sono occupate esclusivamente da pedoni e ciclisti. Un sistema capillare di trasporto per le emergenze sarebbe essenziale, ma ci sarebbero inevitabilmente dei rallentamenti.
Inoltre, se le ambulanze potessero circolare, ciò significherebbe che le strade non sarebbero completamente libere da veicoli motorizzati, e quindi la visione di una Milano interamente pedonale e verde sarebbe compromessa. La soluzione a questo dilemma potrebbe essere l’introduzione di tunnel sotterranei.
Un sistema di tunnel sotterranei potrebbe risolvere molte delle problematiche legate alla mobilità in una Milano senza auto. Le auto potrebbero circolare sotto terra, consentendo di mantenere le strade libere per i pedoni e garantire un sistema di trasporto rapido ed efficiente. I taxi, le ambulanze e i mezzi di emergenza potrebbero continuare a operare senza intaccare la visione di una città verde e a misura di pedone.
In questo modo, i cittadini non sarebbero costretti a buttare via le loro auto, i tassisti potrebbero mantenere il loro lavoro e la città potrebbe risolvere il problema delle emergenze. Allo stesso tempo, la superficie della città resterebbe un luogo vivibile, sicuro e pieno di spazi sociali.
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L’ultimo report dai cantieri dell’opera da record. Qualche ostacolo sposta la data di inaugurazione: quando dovrebbe entrare in funzione la linea dell’alta velocità e cosa manca per andare da Milano a Genova in meno di un’ora.
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Milano- Genova in un’ora? L’ultimo report con la nuova data del primo viaggio super-veloce per il mare
# 27 chilometri di galleria e 90 di tunnel per andare da Milano a Genova in meno di un’ora
Credits webuildgroup IG – Terzo Valico
I lavori per realizzare l’imponente infrastruttura proseguono: sono attivi attualmente 12 grandi cantieri. Il progetto complessivo del Terzo Valico vede come opera principale la Galleria di Valico, che con una lunghezza di 27 chilometri è in predicato di diventare la galleria più lunga d’Italia, superando di poco quella in costruzioni tra Napoli e Bari. A questo si aggiungono il Nodo ferroviario e lo scalo merci di Campasso, per un totale di 90,7 km di tunnel, con 53 km che collegano Genova a Tortona, di cui 37 km saranno sotterranei.
terzovalico.it – Cantieri
La nuova linea AV/AC prevede l’attraversamento delle province di Genova e Alessandria, consentendo ai treni di raggiungere una velocità massima di 250 km/h e garantendo un collegamento tra Milano e il capoluogo ligure in meno di un’ora. Tra i vantaggi dell’infrastruttura ferroviaria ci sono anche il miglioramento del traffico merci e una notevole diminuzione delle emissioni di CO2.
# L’ultimo report dai cantieri: completato il 100% degli scavi delle gallerie nel Nodo di Genova e l’89% di quelle del Terzo Valico
ferrovie.it – Rivalta Scrivia
All’inizio dell’estate è stato attivato anche il secondo binario sulla nuova tratta ferroviaria di 8,5 kmtra Rivalta Scrivia e Tortona, nel tratto finale verso nord della futura linea, concludendosi i lavori sia sulla tratta Bivio Pozzolo – Rivalta Scrivia – Tortona che per lo scalo merci ferroviario. In questo modo la Stazione di Rivalta Scrivia è disponibile anche per il servizio passeggeri. Il 20 settembre è stato abbattuto l’ultimo diaframma della galleria, del Terzo Valico, del cunicolo di ventilazione dell’interconnessione di Genova Voltri: un’infrastruttura lunga 630 metri, profonda circa 360 metri e con un diametro di scavo di circa 12 metri, necessaria per collegare le gallerie di interconnessione del Terzo Valico con il pozzo di aerazione. L’ultimo report segnala il completamento del 100% degli scavi delle gallerie nel Nodo di Genova e dell’89% di quelle del Terzo Valico.
# L’apertura della linea slitta al 2027
Terzo Valico tracciato
Alcune criticità negli scavi degli ultimi chilometri di galleria del Terzo Valico in provincia di Alessandria stanno rallentando l’apertura dell’opera: ci sono quattro fronti di scavo fermi, su nove, due per delle frese bloccate e due per rinvenimenti di gas oltre la soglia. A fare il punto della situazione è Rfi, con un comunicato inviato alla redazione internet di Primocanale.itin risposta all’intervento ospitato sulla stessa testata da parte di Maurizio Rossi, già componente della Commissione Trasporti del Senato nella legislatura 2013-2018, indirizzata al vicedirettore generale operazioni di Rfi e commissario straordinario per il Terzo Valico/Nodo di Genova, Vincenzo Macello.
Rispetto all’ultimo cronoprogramma,il 2026 non sarà l’anno del primo viaggio, ma quello della conclusione di tutti gli interventi infrastrutturali, a cui seguiranno la fase di collaudi, le prove e il pre-esercizio. Il primo viaggioslitta quindi al 2027, con la conferma che i treni inizialmente opereranno su una sola canna: sarà transitabile al 75% e verrà completata negli anni successivi. Sempre nello stesso anno dovrebbe essere definito il modello di esercizio.
# Cosa serve per avere una vera linea veloce: le opere da realizzare tra Milano e Tortona
Credits: RFI – Quadruplicamento Milano Pavia
Anche al completamento di tutto il progetto del Terzo Valico la linea dell’alta velocità sarà comunque monca, mancano infatti diversi da tasselli nella tratta tra Milano e Tortona. Nello specifico:
per il quadruplicamento dei binari tra Milano Rogoredo e Pavia, nella prima fase è programmato solo la costruzione del tratto di 11 km fino a Pieve Emanuele. I lavori dovrebbero concludersi nel 2026, dato che il finanziamento è sostenuto dal PNRR, anche se i cantieri sono alle fasi preliminari. Per il tratto successivo di 18 km fino a Paviaè in corso l’iter autorizzativo e il reperimento delle risorse per indire il bando di gara;
per il raddoppio della tratta di linea successiva, tra Pavia e Voghera, deve essere invece ancora portata a termine la redazione del documento di fattibilità per scegliere la migliora alternativa progettuale. In questo caso nessuna ipotesi sulle tempistiche delle fasi successive;
per il quadruplicamento tra Tortona e Voghera si attende la convocazione della Conferenza dei Servizi per la fine del 2024 e l’approvazione del progetto entro l’estate 2025;
l’adeguamento del nodo di Tortona come sbocco nord del Terzo Valico è fase di realizzazione e i lavori dovrebbero terminare entro il 2026.
# Il sogno di andare dalla M6 al mare grazie all’hub dell’alta velocità di Opera
Per la nuova linea M6 di Milano non è stato ancora elaborato un tracciato definitivo, ma tra le le ipotesi sul tavolo c’è quella di un percorso che scenda a sud lungo Via Ripamonti per attestarsi nel Comune di Opera, dove è in valutazione la stazione per Frecciarossa e Ntv e interscambiare proprio con la futura M6.
Localizzazione della possibile stazione AV Opera
L’obiettivo è stato confermato poco più di un mese fa dal Vice Ministro dei Traporti, Alessandro Morelli, in occasione dell’apertura della M4 fino a San Cristoforo Fs. Se si realizzasse basterebbe scendere dalla metro e prendere un treno per arrivare al mare della Liguria in 56 minuti.
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