Quando c’è da prendere una decisione ci sono due possibili strade. Una è la mediazione che consiste nel trovare un punto di accordo che renda scontente tutte le parti in modo equanime. L’altra strada è il sistema autoritario in cui le decisioni vengono imposte di imperio e scontentano solo una parte.
Non a caso durante il periodo repubblicano a Roma il dictator era nominato per scadenza, in quanto dovevano essere chiari i confini e i limiti della sua azione, altrimenti sarebbe stato subito deposto.
In questo periodo abbiamo interventi straordinari che non hanno nessun limite, né temporale né di mediazione. Questo automaticamente li pone nell’alveo degli interventi di matrice dittatoriale.
Molti in Italia subiscono il fascino dell’idea dell’uomo forte al comando, dando per scontato che scelga sempre il meglio e che esista una scelta in assoluto migliore di tutte le altre.
Invece l’arte della politica è nella capacità di mediazione. In ogni momento trovare la soluzione ottimale che sia una sintesi tra tutte le istanze, anche quelle apparentemente contrapposte.
E c’è un motivo reale per cui la mediazione è la formula ottimale di gestione del potere rispetto all’imposizione di una volontà individuale. Il motivo è che l’intelligenza collettiva supera di gran lunga l’intelligenza individuale.
Quindi il governante più capace è quello in grado di valorizzare al massimo l’intelligenza collettiva attraverso l’arte della mediazione, focalizzata alla risoluzione dei problemi e non sulla loro moltiplicazione.
Perché quasi sempre un’imposizione autoritaria, anche trainata dall’esigenza di risolvere un problema, determina la proliferazione di nuovi problemi, come ampiamente dimostrato dai vigili urbani quando gestiscono il traffico.
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