Tutti auspicano come un arrivo dell’età dell’oro l’introduzione a tutti i livelli della società della meritocrazia.
Il principio è quello di selezionare le persone in base alle loro capacità e non in base ad altri parametri classici, come le conoscenze, l’appartenenza a un gruppo ideologico, alla Massoneria o al club delle auto d’epoca.
Se accadesse, la società si dividerebbe in persone capaci e persone incapaci o diversamente capaci. Dando per scontato che i capaci occuperanno tutti i ruoli possibili, dove si collocheranno gli altri?
Questo è il grande tema della società occidentale di oggi in cui con la mediocrizzazione e il rovinoso abbassamento dell’istruzione la maggior parte ricade nella seconda categoria, un grande esercito di persone non meritevoli alla ricerca di un possibile ruolo nella società.
Se da un lato il reddito di cittadinanza potrà assorbire una parte di questa moltitudine, gli altri con ancora una dignità e aspirazioni di un ruolo attivo nella società, come potranno essere impiegati?
La cosa che risulta evidente è che la meritocrazia è un parametro di scelta auspicabile e possibile solo in una società in cui le unicità dei singoli partecipanti siano messa in rilievo e sviluppate nel miglior modo possibile, attraverso l’istruzione attenta alle capacità distintive di ognuno per mettere in evidenza i punti di forza individuali e aiutare a superare i freni.
Perché, invece, introdurre il criterio della meritocrazia in una società massificata e portata alla omologazione porterebbe solo a una prevaricazione da parte di chi eccelle nello standard imposto, amplificando la distinzione tra ricchi che interpretano al meglio i valori omologati e i poveri che risultano al di sotto dei parametri dominanti del sistema.
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