Qualche anno fa lessi un libro che si intitolava Strumenti per la Creatività (Il manuale completo di tecniche per generare velocemente nuove idee). Non era altro che un insieme di tecniche da utilizzare per sviluppare nuove idee. In questi tempi di crisi, di inconsueto, di speranze e paure mi è soggiunto alla mente uno di quei giochetti: “frutti futuri”. Non di certo fra i più curiosi o stravaganti contenuti nel libro, neanche probabilmente il più efficace, ma di certo il più adatto al momento in cui viviamo.
“Frutti futuri”: Quattro SOLUZIONI INNOVATIVE perchè Milano sappia far fronte al peggiore futuro possibile
Riassumendo in breve, “frutti futuri” consiste nell’elencare una serie di scenari futuri correlati ad una specifica opportunità o problematica, dal più pessimista al più positivo. L’obiettivo di “frutti futuri” risiede tanto nel stimolarti a generare idee innovative, a partire dai vari scenari, quanto nel preparare chi la usa ad affrontare tempestivamente stimoli altrimenti imprevisti. Solo Dio sa quante vite e quanti miliardi sarebbero stati salvati se i politici mondiali avessero giocato a “frutti futuri”, e avessero avuto pronto nel cassetto, con le conseguenti contromisure, uno scenario da “Covid 19”!
Un esempio di quello che sarebbe potuto essere è rappresentato da Taiwan.
Siccome non è mai troppo presto per prepararsi, in questi noiosi giorni di quarantena ho deciso che, se i nostri politici non lo fanno, giocherò io a “frutti futuri” per loro, e mi sono domandato: “Quale sarà il peggior scenario per Milano e per il mondo, per cui vale la pena di prepararsi?”.
“Quale sarà il peggior scenario per Milano e per il mondo, per cui vale la pena di prepararsi?”
Un’altra pandemia? Sì certo, ma abbastanza ovvia come risposta, serve spingersi oltre… Arrivo degli alieni? Forse un po’ troppo oltre… Che ne dite di shock politici, economici e sociali, nonché psicologici, causati da un annunciato innalzamento delle temperature e conseguente crollo economico? Per alcuni di voi questa è un’eventualità inverosimile, per altri invece è ormai data per assodata, quel che è certo è che analizzandola oggettivamente è uno scenario pessimista, vero, ma di certo possibile. Perfetto per il nostro scopo.
Tutti voi avrete sentito parlare di Greta Thunberg e dei Fridays for Future. Vi sarà capitato almeno una volta di aver fra le mani un articolo sui cambiamenti climatici. Magari i più interessati fra voi avranno addirittura letto qualche libro sull’argomento… Di certo tutti voi vi chiederete (come me) se sia vero che stiamo andando incontro ad un cambio epocale dei nostri stili di vita, e forse all’estinzione. Il bello di “frutti futuri” è che non importa se hanno ragione i 15.364 scienziati provenienti da 184 paesi che nel 2017 hanno scritto un articolo in cui si spiega che senza un intervento rapido e radicale, l’umanità rischia di estinguersi[1]. O se la ha il Presidente Trump che definisce tutto ciò come fesserie… lo scopo del nostro gioco è immedesimarsi, come se fosse vero, al solo scopo di prepararci!
Crisi ambientale e come affrontarla
Il tema dei cambiamenti climatici è relativamente recente e ancora tutto da scoprire, per questo la bibliografia che lo riguarda è in continuo arricchimento, sia dal punto di vista quantitativo che da quello della diversificazione degli approcci.
Si basa, comunque, su numerosi presupposti: innalzamento della temperatura, scioglimento dei ghiacci, inquinamento, diminuzione della biodiversità, acidificazione dei mari, siccità, aumento dei fenomeni naturali estremi, sovrappopolamento, iper-consumismo, economia malata, finanza senza controllo, terrorismo, migrazioni, fine delle risorse non rinnovabili, depressione… Si affiancano altrettante soluzioni. Alcuni, come Paul Mason nel suo Postcapitalismo (Una guida al nostro futuro), affrontando solo uno di questi temi, quello economico, immagina un futuro che non sia capitalista, ma basato sulla condivisione. Chi ne immagina addirittura 4 di differenti futuri: Peter Frese nel suo 4 modelli di futuro gioca come un alchimista con varie dosi di automazione e crisi ecologica per immaginare cosa ci attende. Di avvenire parla anche Il nostro futuro di Martin Rees: con più ottimismo di tutti, lascia intendere che le soluzioni tecnologiche a cui arriveremo ci assicureranno una lieta sopravvivenza. Similmente, anche J. N. Harari sostiene nel suo libro Sapiens che, come sempre nella storia nelle situazioni di crisi, la razza umana ha saputo trovare le risorse per andare oltre. Senza futuro è invece la visione di Timothy Morton nel suo visionario Dark Ecology. Secondo Morton ogni gesto che l’uomo compie sulla natura, persino cercare di preservarla, è un inaccettabile gesto di antropocentrismo, che va pertanto demistificato: ci resta solamente che sorseggiare Coca-Cola, compiacendoci della bellezza di oggetti kitsch ascoltando musica techno, aspettando la fine. Continuando su questo filone, Tra le ceneri di questo pianeta, di Eugene Thacker, è un libro intriso di pessimismo e nichilismo che intravede in un misticismo “inumano”, o “planetario”, la soluzione per una possibile esistenza dopo l’estinzione. Differentemente Donna Haraway nel suo Chthulucene intravede una possibile sopravvivenza dell’essere umano tramite un’ibridazione col mondo animale…
Abbiamo già l’attuale sistema economico a spaventare e deprimere l’essere umano. A correlare in modo netto economia e depressione è stato infatti Mark Fisher nel suo libro Realismo capitalista: ne riporta diretta testimonianza anche D. F. Wallace. Se poi Bifo nel suo Heroes Suicidio e omicidi di massa delinea il collegamento tra l’aumento esponenziale dei suicidi negli ultimi decenni, le politiche economiche e le dinamiche socio-culturali del Warholiano “15 minuti di fama”, figuriamoci cosa può generare nella psiche umana una crisi complessa e diffusa come quella ecologica. In UN’ALTRA FINE DEL MONDO È POSSIBILE, gli autori, introducendo al concetto di “collassosofia”, cercano proprio di affrontarne l’aspetto psicologico: “Il suo scopo non è quello di convincerci di un probabile collasso – esercizio del resto già completato – ma di prepararci intimamente ad affrontarlo e, in un certo senso, a superarlo, preparando sin d’ora il futuro, il mondo che, tra l’altro, dovrà essere ricostruito su nuovi principi” [2].
Tutto questo elencare libri solo per dire che l’argomento è oltremodo complesso e controverso: anche fra chi condivide la certezza di una imminente crisi ecologica, si apre una varietà ampissima di soluzioni da adottare.
Come affrontare la domanda che “frutti futuri” ci porta dinnanzi? Come affrontare la crisi ecologica? Chi ascoltare? Come trovare risposte concrete a problemi astratti?
#1 Un convegno per salvare Milano e il mondo
È fondamentale e oltremodo urgente che Milano organizzi ed ospiti un convegno per prepararsi alla prossima grande crisi che l’umanità si troverà ad affrontare: quella ecologica. Un luogo dove scambiarsi idee, affrontare problemi e proporre soluzioni. Dovranno partecipare filosofi, economisti, biologi, ecologi, botanici, climatologhi, chimici, fisici, imprenditori, capitani d’industria, architetti, ricercatori universitari di ogni campo, creativi, artisti e chiunque altro vorrà. Da tutto il mondo. Ogni esponente della cultura settorializzata sarà chiamato a dare un contributo, senza però dimenticare i cosiddetti dilettanti per professione[3] (ovvero quelle figure in grado di tradurre gli specialismi, di fare da intercessore fra le varie nicchie specialistiche).
Le migliori menti di tutto il mondo, riunite con l’obiettivo di redigere un documento la cui attuazione possa salvare la città da una crisi che altrimenti non le lascerebbe scampo. A confronto quella da Covid 19 sembrerà una piacevole anticipazione: alla perdita del lavoro, di riferimenti e abitudini, alla povertà e alla paura, si sommerà la scarsità di cibo, senza più però la prospettiva della riapertura, del vaccino, e che tutto torni come prima.
Io immagino la Triennale come ente ospitante, una grande Agorà ad accogliere figure scientifiche provenienti da tutto il mondo, che si interfaccino con le peculiarità sociali, culturali e le istanze lavorative locali, per stilare un piano che possa governare il cambiamento.
Se poi le soluzioni emerse da questo convegno mondiale potranno/dovranno essere adottate senza aspettare l’imminente catastrofe, tanto meglio. Ci permetterà di rendere Milano all’avanguardia nella corsa green di questi anni, preparandoci non solo a parole, ma nei fatti, nel caso lo scenario delineato della crisi ecologica si realizzasse.
#2 Rivoluzione della mentalità
Urge trovare soluzioni pratiche a problemi che non solo sono astratti, e per certi versi lontani, pertanto percepiti come non urgenti, ma anche di una vastità che sfugge all’immaginazione umana. L’obiettivo di questo convegno infatti non sarebbe quello di far firmare malvisti accordi a sindaci e governanti di tutto il mondo, in modo da imporre limiti irrispettabili alle emissioni, ma quello di studiare strumenti e tecniche di potere da mettere in atto immediatamente. Si è dimostrata per più e più volte la non efficacia nel porre dei limiti a chi non vuole o non sa come rispettarli. Ha più senso suggerire piani pratici, inerenti a cultura, economia, mondo produttivo, sfera ecologica, mobilità… che i governanti possano semplicemente adattare al territorio ed applicare.
C’è molto da fare: modificare la città, incentivare nuovi comportamenti, studiare ed adottare nuovi paradigmi di misurazione dell’economia (abbandonando il PIL), studiare ed organizzare filiere end-to-end sul territorio, predisporre un’economia circolare, ideare e realizzare una poderosa campagna di informazione seria e responsabile, convertire processi produttivi non sostenibili, innovare prodotti, fondare start-up, modificare e convertire la mobilità, incentivare comportamenti socio-culturali positivi, adottare nuove tecnologie energetiche, aumentare la resilienza delle città, aumentare la coscienza ecologica, ma sopratutto, inventare nuove soluzioni pratiche…
Stiamo parlando di cambiamenti epocali per problemi epocali: nuove occasioni di impresa, più ricerca scientifica, un nuovo movimento culturale, più lavoro per tutti insomma… ma un lavoro nuovo, innovativo, che arricchisca non solo l’uomo, ma anche l’ambiente.
A confronto, il piano presentato il 24 aprile dal Comune di Milano per affrontare la ripartenza dopo la pandemia rispettando l’ambiente sembrerà acqua fresca. Intendiamoci, tutti provvedimenti doverosi e positivi. La maggior parte sono però modificazioni morfologico-viabilistiche che si dibattono ed attendono da ANNI. È dovuta arrivare una pandemia mondiale per vedere qualche chilometro di piste ciclabili in più…
Serve prepararsi per tempo per non dover subire, come successo con la crisi da Covid-19, bensì governare il cambiamento.
#3 Network delle città per la rinascita
Uno degli aspetti positivi che questa disarmante pandemia sta portando con sé è quello di mostrarci che è possibile collaborare a livello mondiale in maniera più matura e responsabile. Albania, Cina, Stati Uniti hanno inviato materiale per aiutarci. La Germania ha ospitato diversi malati italiani di Covid-19 nelle sue terapie intensive. La Russia ha inviato una squadra per la disinfezione delle RSA e degli ospedali… Quello che serve capire però è che è vitale una condivisione non solo a livello materiale, ma anche di idee. Per esempio ci sarebbe la possibilità di giungere in maniera più rapida ad un vaccino, se gli stati del mondo mettessero in rete i loro laboratori. L’idea del sindaco di New York di pedonalizzare strade per dare più spazio ai pedoni in tempo di distanziamento sociale è stata ripresa ed adattata a Milano. Qualche giorno fa da questo sito partiva la proposta di copiare le strategie adottate da Berlino per una migliore ripresa.
Alcuni pensano che sharing sia la parola del futuro. Di certo, se ci aiutiamo a vicenda condividendo idee e saperi, riusciremo non solo ad uscire prima e più forti tutti insieme da questa pandemia, ma anche a prepararci più efficacemente a sfide future.
Il sindaco di Milano è stato scelto per presiedere la “Global Mayors COVID-19 Recovery Task Force”, la task force dei sindaci del mondo per la ripresa post emergenza coronavirus della rete internazionale C40 Cities. Questa è una straordinaria occasione da non lasciarsi scappare.
In una prima fase questo tavolo garantirebbe di coinvolgere le maggiori città europee e mondiali, al fine di scambiarsi pratiche, protocolli, innovazioni, soluzioni e idee da includere nel documento finale della Commissione. Come detto, il potere della condivisione e dello sharing è immenso.
In una ipotetica seconda fase quello che è stato studiato, redatto ed approvato a Milano potrà essere testato in città sparse in tutto il mondo. Sicuramente ci saranno città più avanti in alcune buone pratiche, mentre potrebbero essere carenti in altre, un’attivazione personalizzata delle soluzioni individuate garantirebbe una maggiore velocità ed efficacia.
Milano comunque si costituirebbe come città sperimentatrice e pertanto come esempio mondiale da seguire.
#4 Milano Città Stato
Le città sono l’ecosistema ideale per agire in modo diretto e rapido sulle cause del cambiamento globale. Nonostante siano uno dei luoghi maggiormente responsabili dell’inquinamento a livello globale, sono anche l’ambiente con più innovazione. In esse si intrecciano relazioni e nascono idee. Spesso il problema è parte integrante della soluzione.
Le città hanno soppiantato lo stato nazionale come place to be, per questo si sono dotate in giro per il mondo degli strumenti legislativi e finanziari necessari per prendere decisioni comparabili al livello di importanza che oggi ricoprono a livello mondiale.
Milano può subito attivarsi per organizzare un simile convegno, ma non avrebbe né l’autonomia, né le risorse economiche, né gli strumenti per attuare le soluzioni individuate. E ciò sarebbe un vero peccato.
Per evitare la beffa di essere la città che ha ideato e promosso parte della soluzione ecologica, non potendola però poi applicare, è necessario equiparare Milano alle sue colleghe: Berlino, Madrid, Vienna, Mosca Hong Kong… È per questo che Milano Città Stato promuove l’idea, in accordo all’articolo 132 della costituzione Italiana, di equiparare l’Area Metropolitana Milanese a Regione. Questo sarebbe l’unico modo per non ripetere la dannosa inattività in cui è stata costretta in questa crisi. La doterebbe di tutti i mezzi per prepararsi in modo adeguato al cambiamento che ci aspetta e raccogliere i tanto sperati “frutti futuri”.
[1] William J. Ripple et al., World Scientists’ Warning to Humanity. A Second Notice, “BioScience”, 2017, 67, 12, pp. 1026-1028.
[2] Pablo Servigne. Un’altra fine del mondo è possibile (Visioni), Treccani.
[3] https://www.minimumfax.com/shop/product/la-cultura-in-trasformazione-1924; pag 71
FEDERICO POZZOLI
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