In molti paesi del Mediterraneo e del Sudamerica l’autorità è considerata onnipotente.
Si vota e poi si lascia che il governante di turno possa disporre senza limiti della libertà dei cittadini. Ma esistono paesi in cui questo non avviene.
Ad esempio nelle democrazie dell’estremo oriente non è così. Ma forse l’esempio più lampante è dato dalla Gran Bretagna e dai paesi del Nord Europa.
In questi paesi è il governante a essere in libertà vigilata.
Forse è un effetto della riforma protestante. Nei paesi cattolici l’autorità religiosa è insindacabile. E regna a livello spirituale su un popolo di peccatori che hanno bisogno dell’autorità sacerdotale per potersi redimere.
Nel mondo protestante il rapporto con la divinità del singolo è più diretto, non esistono forme di autorità che si arrogano il potere sulle anime, bensì sono dei pastori che devono aiutare a orientare i fedeli lasciandoli comunque in totale autonomia.
Nei paesi scandinavi si aggiunge una tradizione ancora più antica. I re vichinghi erano sempre a rischio perché il popolo non era disposto a perdonare facilmente i loro errori.
Nel mondo nordico il governante è al servizio del cittadino, non viceversa. E la sua autorità deriva in ogni istante dalla volontà popolare e non solo al momento del voto.
Questo lo si vede negli organi di informazione che nei paesi del Nord e nella stessa Inghilterra sono un vero contropotere governativo e non un amplificatore del potere costituito come avviene da noi.
Riprendendo Freud per crescere occorre “uccidere il padre”, intendendo che per diventare adulti occorre superare l’autorità incondizionata e l’insieme di stereotipi che ci ha trasmesso. Forse lo stesso dovrebbe avvenire a livello di popolo: bisogna arrivare a uccidere l’idea di governante che abbiamo, portandola da autorità illimitata nelle cui mani deporre il nostro destino a interlocutore e amministratore del nostro Paese.
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